Complicanze Trombo-Emboliche in Oncologia PDF
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Università per Stranieri di Perugia
2024
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Anna Carola Ceccon, Elisabetta Burini
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This document discusses thrombo-embolic complications in oncology patients, including epidemiology, diagnosis, and therapy. The document also mentions the incidence of these complications in adults, the correlation with age, and the role of immobility and comorbidities.
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ONCOLOGIA SBOBINATORE: ANNA CAROLA CECCON 21/10/2024 2°ORA REVISORE: ELISABETTA BURLINI COMPLICANZE TROMBO-EMBOLICHE IN ONCOLOGIA Oggi parliamo di complicanze trombo-emboliche in pazienti...
ONCOLOGIA SBOBINATORE: ANNA CAROLA CECCON 21/10/2024 2°ORA REVISORE: ELISABETTA BURLINI COMPLICANZE TROMBO-EMBOLICHE IN ONCOLOGIA Oggi parliamo di complicanze trombo-emboliche in pazienti con cancro: epidemiologia, diagnosi e terapia. Con TROMBO-EMBOLISMO VENOSO si intende una complicanza trombotica, quindi la formazione di un coagulo, all’interno del sistema venoso (anche se esistono le trombosi arteriose, più rare e che oggi non tratteremo) e che comprende sia la trombosi venosa profonda (sia agli arti inferiori che superiori o quella viscerale) sia l’embolia polmonare. L’incidenza negli adulti è di circa 1 su 1000. C’è una correlazione con l’età: aumento nella popolazione generale sopra ai 45 anni ed è più frequente negli uomini rispetto alle donne, soprattutto dopo una certa età. Al di fuori delle complicanze in oncologia, prima dei 40 anni l’incidenza è di 1 su 10.000, aumenta dopo i 45 anni fino ad avere un’incidenza annuale di 5-6 su 1000 verso gli 80 anni. L’immobilità e le comorbilità giocano un ruolo molto importante. Vedete che se prendiamo tutti gli episodi di trombo- embolismo venoso, gli episodi di embolia polmonare con o senza t rom bos i v e nos a e la trombosi venosa profonda senza l’embolia polmonare, l’incidenza per 100.000 abitanti a ume nta con l’aumentare dell’età. 1 di 16 Le trombosi che possono essere rilevate nel paziente oncologico sono nel 50% trombosi viscerali (asintomatiche e che scopriamo durante gli esami di stadiazione), poi trombosi agli arti inferiori, meno frequenti sono le trombosi agli arti superiori, normalmente catetere-correlate. In termini di probabilità di avere un’embolia polmonare, le trombosi agli arti superiori hanno una probabilità minore mentre le trombosi pelviche o agli arti inferiori o a livello della vena renale hanno una maggiore probabilità. La migrazione del trombo ha probabilità alta in caso di trombosi degli arti inferiori (vena femorale, vene gemellari tibiali), del sistema venoso pelvico e del sistema venoso renale. Meno frequentemente l’embolo arriva dagli arti superiori o dal cuore destro. Con embolia polmonare si intende la migrazione del trombo da una sede profonda (le t rombos i superficiali non sono il vero problema) che raggiunge l’arteria polmonare o uno dei suoi rami. Di seguito c’è una TC dove vediamo lo sterno, l’arco aortico, l’arteria polmonare con un difetto di riempimento, indice di un’embolia polmonare prossimale dei vasi maggiori. 2 di 16 Ci sono anche altre sedi che possono essere interessate da una trombosi venosa profonda: vene sovraepatiche (sindrome di Budd-Chiari), circolo venoso portale, circolo venoso cerebrale. I fattori di rischio sono: triade di Virchow (stasi, ipercoagulabilità e danno endoteliale), immobilizzazione, chirurgia o trauma recente, storia di trombo-embolismo venoso, tumore, patologie respiratorie o cardiache, età>60 anni, patologie infiammatorie, presenza di catetere venoso centrale, obesità, fumo, i pe r t e n s i o n e , gr a vi d an z a, te r a p i a estroprogestinica nella donna. La presenza di cancro in anamnesi è uno dei fattori di rischio più importanti per la genesi di una TVP; accanto abbiamo anche altri fattori che aumentano ulteriormente il rischio di TVP e embolia polmonare (che vedremo dopo). 3 di 16 Dunque in caso di cancro esiste una trombofilia acquista e un maggiore rischio di TVP e embolia polmonare rispetto alla popolazione generale e all’interno della popolazione oncologica esiste una fascia di pazient i con un ris chio particolarmente alto. In generale nei pazienti oncologici, il 20% sviluppa un evento trombo-embolico. Se andiamo però a valutare le sede autoptiche, il tasso è anche più alto, quindi in una buona percentuale di casi tali complicanze rimangono non diagnosticate. Le complicanze trombo-emboliche nel paziente oncologico sono rilevanti perché, secondo il registro della Duke University, se noi prendiamo pazienti ambulatoriali che ricevono chemio, si stima che il trombo-embolismo adiposo e le infezioni siano la seconda causa di morte nei pazienti oncologici dopo la progressione del tumore. La presenza di un cancro aumenta sensibilmente rispetto alla popolazione generale il rischio di TVP e embolia polmonare, oltre che il rischio di morte. Quanto appena detto è confermato da tale tabella: se consideriamo la mortalità nella popolazione generale nei soggetti che non presentano nè cancro nè evento trombo-embolico e la consideriamo come popolazione di riferimento, vediamo come il rischio di morte è 2,6 volte maggiore in chi sviluppa un evento trombo-embolico, 4 di 16 7,4 volte maggiore in chi presenta solo cancro e 31 volte superiore in chi ha cancro e sviluppa un evento trombo-embolico. Quindi esiste una sinergia negativa tra la presenza del cancro e lo sviluppo del trombo-embolismo venoso in termini di mortalità: il trombo-embolismo venoso identifica un gruppo di pazienti oncologici che ha una prognosi peggiore. Questo è uno studio fatto su un registro di popolazione in Olanda, dove vediamo come, considerando la popolazione generale, il rischio di sviluppare una trombosi è 22 superiore nei pazienti con tumore del polmone, 20 volte superiore in pazienti con tumore GI, 28 volte superiore in caso di tumore ematologico e in caso di malattia metastatica 20 volte superiore. Nell’ambito della malattia metastatica il rischio è nettamente superiore rispetto a chi presenta una malattia limitata. La maggior parte degli eventi trombo-embolici si sviluppa nei primi 6 mesi di malattia dalla diagnosi e inizio delle terapie. Quindi istotipo tumorale, metastasi e il timing della diagnosi e dell’inizio delle terapie correlano con lo sviluppo dell’evento trombo-embolico. FATTORI DI RISCHIO Vediamo altri fattori di rischio per lo sviluppo di eventi trombo-embolici in pazienti con cancro: 1. FATTORI LEGATI AL PAZIENTE: comorbilità, vene varicose, precedenti eventi trombo-embolici, fattori ereditari come mutazione del fattore V di Leiden. 2. FATTORI LEGATI AL TRATTAMENTO: chemioterapia, agenti anti-angiogenici, chirurgia recente, immobilità e ospedalizzazione, catetere venoso centrale e immunoterapia. 5 di 16 3. FATTORI LEGATI AL CANCRO: tumore dello stomaco e del pancreas (rischio molto alto), tumore del polmone, ematologico, cerebrale primitivo, renale, vescica (rischio alto); c’è anche una correlazione con il grading, ovvero più il tumore è indifferenziato maggiore sarà il rischio, con lo staging, ovvero le forme metastatiche hanno un rischio superiore rispetto alla forma limitata, infine con il tempo della diagnosi, dal momento che i primi 6 mesi sono quelli a maggior rischio. 4. FATTORI LEGATI AI BIOMARKER: non esiste un biomarcatore circolante che da solo identifichi, in assenza dei dati clinici, pazienti che hanno maggiore rischio di sviluppare TVP. (D-dimero, P- selectina, protrombina, PCR etc.). Nell’ambito della storia clinica dei pazienti il rischio cambia, in quanto il paziente diagnosticato presenta un rischio 6 volte maggiore, in quello ospedalizzato il rischio aumenta sensibilmente, in colui che è andato in remissione completa il rischio si riduce e aumenta di nuovo in caso di recidiva e metastasi. 6 di 16 La complicanza trombo-embolica nei pazienti con cancro è problematica anche nell’ambito del trattamento. Questo è uno studio in cui osserviamo come i pazienti che assumono antagonisti della vitamina K (Cumadin o Warfarin) presentano un rischio di recidiva della trombosi anche durante la terapia anticoagulante 3,2 volte superiore rispetto ai pazienti senza cancro. Però è da considerare che contemporaneamente i pazienti oncologici, oltre che avere un maggior rischio di recidiva di TVP, hanno anche un maggiore rischio di avere eventi emorragici. Quindi è un problema rilevante, perché oltre ad avere una trombofilia, una tendenza a sviluppare trombosi e a recidivare con l’evento trombo-embolico durante la terapia anticoagulante, hanno anche un rischio maggiore di emorragia. Dunque scoagulare un paziente e fare un buon trattamento è particolarmente sfidante. Le chemioterapie aumentano il rischio di sviluppare trombosi, soprattutto in pazienti con tumore del polmone, pancreas, ginecologici, stomaco, SNC. La terapia ormonale somministrata da solo aumenta di poco il rischio. La terapia di combinazione aumenta il rischio soprattutto nei tumori che sono associati a una trombo- embolia acquisita particolarmente rilevante. 7 di 16 Qua vediamo come in pazienti sottoposti ad immunoterapia c’è un aumento del rischio. Il rischio aumenta ulteriormente quando l’immunoterapia viene combinata con la chemioterapia oppure quando vengono fatti due checkpoint inibitori in combinazione. DIAGNOSI DI TVP Quando? La TVP deve essere sospettata in ogni paziente con cancro che si presenta con edema importabile con fovea monolaterale alla caviglia o alla regione tibiale anteriore che può essere accompagnato da dolore, calore, eritema. È un dolore spesso descritto come crampo, soprattutto a livello del polpaccio. In realtà i sintomi nella maggior parte dei casi sono sfumati, quindi se in ambulatorio trovate un paziente con cancro in fase avanzata che ha un edema all’arto inferiore, anche senza dolore, senza eritema e senza calore, sospettate comunque che possa avere una TVP e quindi chiedete una valutazione per escluderla. La forma sintomatica si riscontra in una minoranza di casi! 8 di 16 In semeiotica vengono descritti: l’edema monolaterale che valuto con un centimetro da sarto, il segno di Homans (evoco dolore con dorsiflessione a livello della caviglia), segno di Bauer (evoco dolore con la compressione del polpaccio). Questi ultimi due segni possono essere presenti ma la loro assenza non esclude la TVP. Come? Dopo aver valutato la clinica, è necessario fare esami di imaging in quanto nella maggior parte dei casi non osservo eritema, calore e functio laesa che mi possano confermare o orientare molto nella diagnosi. Usiamo o l’ultrasonografia con compressione (CUS) o l’eco-color- doppler. Il vantaggio della CUS è che è disponibile 24 ore su 24 ed è facilmente eseguibile anche al letto del malato, mentre l’eco-color-doppler richiede un professionista con molta esperienza. 9 di 16 L’imaging per l’embolia polmonare è basato sulla TC con mdc (Angio-TC). In caso di paziente con dispnea di recente insorgenza, saturazione bassa, anche se senza dolore toracico, riduzione della capacità di sforzo, è necessario fare: - EGA - Angio-TC in urgenza - Doppler venoso profondo per identificare la sede di insorgenza della trombosi, a meno che non si tratti di una trombosi viscerale a livello pelvico o a livello renale - Ecocardiogramma perché bisogna distinguere due tipi di pazienti: pz a basso rischio senza disfunzione ventricolare destra e pz ad alto rischio con disfunzione ventricolare destra. Il paziente ad alto rischio deve essere immediatamente ospedalizzati. 10 di 16 Le trombosi venose profonde possono anche insorgere a livello degli arti superiori, nel 10% dei casi, con incidenza nettamente inferiore rispetto alle TVP degli arti inferiori. Nella maggior parte dei casi si tratta di pazienti più giovani e in più del 90% dei casi questi presentano o un PICC o un Port-a-cath, quindi trombosi catetere-relate. Differente è il caso in cui si verifica una compressione ab estrinseco da parte del tumore sull’asse venoso dell’arto superiore (del tronco brachiocefalico, della vena succlavia ascellare, allo sbocco della VCI) che possa essere responsabile dell’insorgenza di TVP dell’arto superiore. Come si presenta il paziente: - Edema dell’arto superiore interessato - Evidenza del reticolo venoso superficiale: si verifica a causa della congestione, il sangue viene “scaricato” superficialmente - Differenza di dimensione tra i due arti dx e sx - Nelle fasi acute l’edema può essere accompagnato da calor e rubor Diagnosi: Eco-Doppler ed eventualmente TC nel caso in cui ci sia sindrome mediastinica con compressione della vena cava superiore. Il rischio di sviluppare embolia polmonare è pari al 6% da TVP dell’arto superiore vs il 15-32% da TVP dell’arto inferiore. La recidiva si verifica anch’essa più frequentemente in seguito a TVP dell’arto inferiore e la sindrome post-trombotica è meno frequente per le trombosi superiori rispetto a quelle inferiori. 11 di 16 La sindrome post-trombotica è un problema che può svilupparsi in circa la metà di tutti i pazienti che sviluppano una TVP dell’arto inferiore. Questi sono esempi di sindrome post-trombotica in cui si riscontrano edema, discromia, sofferenza cutanea, varici, teleangectasie. Queste ultime sono legate alla disfunzione venosa e al fatto che il ritorno venoso è impedito. Lo sfiancamento delle vene e delle valvole a nido di rondine che determinano stasi, la quale è responsabile delle manifestazioni cliniche. Il trattamento ottimale di un TVP è una terapia che evita sia l’insorgenza dell’embolia polmonare sia lo sviluppo della sindrome post-trombotica a lungo termine. TRATTAMENTO TVP Fino a qualche anno fa il trattamento si basava esclusivamente su eparine a basso peso molecolare (EBPM/LMWH), somministrate per via sottocutanea in dose 100 IU/kg 2 volte al giorno (Se il pz pesa 60kg 6000 IU 2 volte die). 12 di 16 Sono usciti dei nuovi farmaci che sono gli antagonisti del fattore Xa (decimo attivato). Da studi su pazienti internistici, quindi non disegnati per il cancro, si è osservato come rispetto alle EBPM, questi nuovi farmaci davano un’efficacia simile. Farmaci anti-Xa si somministrano tutti per os e sono: Rivaroxaban, Apixaban, Edoxaban. Schemi di trattamento: - Edoxaban: trattamento con EBPM per almeno 5gg seguito da Edoxaban 60mg/die. I pazienti che fanno Rivaroxaban o Apixaban iniziano direttamente con l’anti-Xa senza la necessità di fare EBPM nella prima parte. - Rivaroxaban: 15nmg 2 volte al die per 3 settimane, seguite da 20 mg/die. - Apixaban: 10 mg 2 vv die per 7gg, seguiti da 5mg 2 volte al die. Sono stati fatti degli studi specifici nei pz oncologici che evidenziano che i fattori anti-Xa sono egualmente efficaci rispetto alle EBPM, ma hanno un rischio di sanguinamento maggiore nei pz con tumori luminali in sede quindi a livello dello stomaco, del colon, del tratto genito-urinario quando il primitivo non è stato resecato. In questi pz sono da preferire le EBPM, negli altri pz è chiaramente meglio accettato un trattamento per os rispetto al sottocutaneo dell’eparina, anche perché il trattamento viene fatto per 6 mesi dall’episodio di TVP e nei pz ad alto rischio viene addirittura fatto un mantenimento per tempo indefinito, soprattutto se il pz ha indicazione ad eseguire chemioterapia. 13 di 16 Il trattamento inziale può quindi essere fatto con EBPM o con i DOAC (anticoagulanti orali diretti). Queste sono le linee guida AIOM (Associazione Italiana Oncologia Medica): paziente sottoposto ad una chirurgia maggiore addominale, pelvica, toracica senza controindicazione alla tromboprofilassi fa: - Eparina a basso peso molecolare ad alto dosaggio. La dose, nel caso della profilassi, non è legata al peso del pz. L’enoxaparina si somministra alla dose di 4000 UI e rimane questa dose sia che il paziente pesi 60/70/80 kg. Dalteparina 5000 UI. La profilassi si prolunga fino a 4-5 settimane dall’intervento, quindi anche dopo la dimissione. Nel paziente che fa chemioterapia in regime ambulatoriale la profilassi viene considerata solitamente nel paziente ad alto rischio. Nel paziente con CVC correttamente posizionato non è indicata la tromboprofilassi primaria. Nel paziente con trombosi associata a CVC si fa il trattamento con eparina a basso peso molecolare per almeno 3 mesi e poi se il CVC è funzionante e non infetto allora potrà essere mantenuto. 14 di 16 Il paziente con malattia metastatica eseguirà un trattamento a lungo termine con antagonisti del fattore Xa (Apixaban, Edoxaban, Rivaroxaban) o con EBPM per almeno 3-6 mesi. La dose di EBPM è terapeutica nel primo mese, cioè 100 UI/kg 2 volte al die, mentre tra il secondo e il sesto mese viene ridotta al 75-80% della dose iniziale. Se per esempio il paziente sta facendo 6000 UI x 2 volte al die per il primo mese, dal secondo al sesto farà complessivamente durante la giornata 10000 UI. Riassumendo: Se si inizia con EBPM (il professore dice di lasciar perdere il Fondaparinux) 100 UI/kg 2 volte al die, poi si fa il mantenimento che se si fa con Edoxaban 60mg/die. Edoxaban a 30mg/die nel caso in cui il pz abbia Cl-Crea (clearance della creatinina) = 30-50 mL/min oppure nei pz sottopeso < 60kg. Se viene fatto Rivaroxaban = 15mg x 2 die x 3 sett seguite da un mantenimento a 20 mg. Apixaban = 10 mg x 2 die x 7 giorni seguiti da un mantenimento di 5 mg x 2 die. Questi approcci si dovrebbero effettuare fino al 90° giorno, ma nella maggioranza dei pazienti lo si fa fino a 6 mesi. 15 di 16 La durata della terapia è paziente-specifica: - Pz senza cancro, giovane, senza co-morbidità, ma che ha avuto un trauma e che ha sviluppato una trombosi la terapia anticoagulante si fa per 3 mesi e poi si sospende. - Pz più anziano con comorbidità che sviluppa TVP la terapia si prolunga, in assenza di controindicazioni, a 6 mesi. - Se la trombosi è idiopatica, cioè non c’è un tumore, non sono presenti fattori di rischio ma insorge casualmente in alcuni di questi pz viene fatto anche un trattamento a lungo termine. - Se la trombosi è provocata da neoplasia ed essa è attiva e il pz fa chemioterapia, il trattamento anticoagulante si fa a tempo indefinito. Gli inibitori tirosin-chinasici, somministrati in modo cronica, possono interferire con il metabolismo dei farmaci anti fattore X attivato. 16 di 16