Media digitali e tecnoculture maschili PDF

Summary

Questo documento analizza come la cultura digitale sia stata plasmata da elementi culturali e sociali e dal genere. Descrive l'influenza dei processi sociali nella nascita dell'informatica e nel suo sviluppo e presenta un'analisi di come la cultura hacker sia stata profondamente influenzata dalle dinamiche di genere. I temi chiave includono la padronanza, la semplicità e il senso di conquista.

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Media digitali e tecnoculture maschili. LA NASCITA DELL’INFORMATICA E GLI HACKER DELLA COMPUTER CULTURE. La narrazione storica dell'informatica è strettamente legata alla costruzione di una cultura dominata dal genere maschile, influenzata da processi culturali e sociali piuttosto che da una condizi...

Media digitali e tecnoculture maschili. LA NASCITA DELL’INFORMATICA E GLI HACKER DELLA COMPUTER CULTURE. La narrazione storica dell'informatica è strettamente legata alla costruzione di una cultura dominata dal genere maschile, influenzata da processi culturali e sociali piuttosto che da una condizione originaria. L'informatica nasce in contesti di guerra durante la Seconda Guerra Mondiale, con il Regno Unito che utilizza il Colossus per la decifrazione e gli Stati Uniti con l’ENIAC per calcoli balistici. In questo scenario, le donne, come le Wrens in Gran Bretagna e le ENIAC Girls negli Stati Uniti, dimostrano capacità eccezionali, ma i loro contributi vengono percepiti come lavori di basso livello, manuali più che intellettuali. Negli anni Sessanta, con l'informatica che si sposta nel settore aziendale, la programmazione diventa professionale e viene deliberatamente associata a caratteristiche stereotipicamente maschili come l'individualismo e l'autonomia. Questo rafforza l’idea che i programmatori ideali siano uomini, con personalità eccentriche e antisociali, interessati alla logica e alla matematica. La mascolinizzazione dell’informatica ha due principali conseguenze: 1. Allontana le donne dalla cultura informatica, rafforzando l’idea della tecnologia come dominio maschile. 2. Alimenta la nascita di una sottocultura maschile, come i computer boy e il movimento hacker, che rimangono quasi esclusivamente maschili, caratterizzati da dinamiche di competizione e un gergo tecnico che esclude implicitamente le donne. Questa narrazione ha contribuito a plasmare lo stereotipo dell’utente medio di Internet (un uomo bianco, di classe media, con un approccio tecnico alla tecnologia) e ha reso l’informatica un settore in cui l’inclusione di altre identità è stata storicamente limitata. La cultura hacker degli anni Ottanta, è stata profondamente influenzata dalle dinamiche di genere e si intreccia con la diffusione del PC. Sherry Turkle, una delle voci principali sul tema, identifica tre pilastri della cultura hacker: 1. Padronanza: gli uomini tendono a sviluppare una "padronanza rigida" nel loro rapporto con i computer, cercando il controllo assoluto sulle macchine. Al contrario, le donne privilegiano una "padronanza morbida", basata sulla negoziazione e l'interazione con il mezzo. Questo divario illustra come, in contesti tecnici, i maschi siano più propensi a rivendicare una padronanza dominante, mentre le femmine sviluppano abilità relazionali. 2. Semplicità: molti hacker, spesso adolescenti o giovani adulti, evitano le complessità delle relazioni umane e trovano rifugio in microcosmi strutturati come i sistemi informatici. Ellen Ullman descrive questa immersione nel mondo digitale come una forma di evasione dalle sfide del mondo fisico e sociale, riflettendo il desiderio di controllare e dominare. 3. Senso della conquista: è radicato nell’immaginario dell’hacker come eroe ribelle e individualista, simile alla figura del pioniere del selvaggio West. Questo mito della frontiera, permeato da ideali maschili di libertà, coraggio e sfida all’autorità, permea l’immagine degli hacker e del cyberspazio come territori selvaggi da esplorare e conquistare. In questo contesto, la tecnologia e la sua cultura emergente sono viste come territori plasmati da una mascolinità dominante che esclude sistematicamente le donne e celebra l’individualismo maschile. LA MASCHILITÀ NEGLI SPAZI DIGITALI: NERD, GEEK, TROLLING E MANOSPHERE. Negli anni Novanta si pensava che Internet potesse diventare un luogo più democratico e inclusivo, ma le ricerche di Susan Herring mostrano che non è così. Herring evidenzia che uomini e donne adottano stili comunicativi diversi: - Gli uomini prediligono un approccio aggressivo e competitivo, usando sarcasmo, espressioni emotive forti e spesso indulgendosi nel flaming, cioè litigi accesi. - Le donne preferiscono una comunicazione collaborativa e rispettosa, che cerca di creare un clima positivo e di supporto reciproco, evitando il confronto diretto. Questa differenza di stili, però, non porta a pari opportunità di partecipazione. Gli uomini tendono a monopolizzare il dibattito, scrivendo più messaggi, introducendo nuovi argomenti e attirando più risposte. Inoltre, usano strategie per sminuire le voci femminili, come ignorarle, distorcerne i messaggi o ridicolizzarle. Se questi metodi falliscono, possono accusare le donne di voler dominare la conversazione, anche quando i loro interventi sono quantitativamente inferiori. Questi comportamenti online riflettono le stesse disuguaglianze che si osservano nelle interazioni face to face, dove gli uomini dominano spesso il discorso, mentre le donne sono ignorate o non prese sul serio. Lo studio di Lori Kendall analizza come uomini e donne negozino i ruoli di genere in un ambiente digitale specifico, il MUD BlueSky, una comunità online frequentata principalmente da giovani uomini bianchi, appassionati di tecnologia. Kendall si concentra sulla figura del NERD, che rappresenta un modello di maschilità particolare. Questo stereotipo, nato dalla cultura hacker degli anni Sessanta, combina tratti di vulnerabilità sociale (come la mancanza di forza fisica e carisma) con una forte valorizzazione dell’intelletto e della competenza tecnologica. Sebbene il nerd sembri distanziarsi dai canoni tradizionali di mascolinità, riafferma una supremazia maschile basata sulla superiorità intellettuale, che esclude le donne e chi non condivide queste caratteristiche. => Nel contesto di BlueSky, Kendall identifica due strategie principali che rendono questo ambiente ostile al femminile: 1. L’esibizione del sapere tecnologico: gli utenti associano la competenza tecnologica al maschile e scoraggiano la partecipazione attiva delle donne. 2. Il modo in cui i nerd si rappresentano come emarginati sociali, prendendo le distanze dai modelli maschili tradizionali, ma senza promuovere una reale inclusività di genere. Anzi, questo atteggiamento si traduce spesso in sarcasmo e vittimismo verso le donne, percepite come inaccessibili e complici di un sistema che privilegia altri tipi di uomini. Queste dinamiche rendono difficile per le donne inserirsi in ambienti come i MUD, a meno che non accettino di conformarsi a modelli maschili, adottando comportamenti e atteggiamenti mascolinizzati. Gli studi successivi a Kendall confermano che Internet favorisce principalmente giovani uomini bianchi, escludendo spesso donne e minoranze, e uno degli strumenti più emblematici di questa dinamica è il TROLLING. I troll, attivi fin dagli anni Ottanta, disturbano le conversazioni con messaggi provocatori o assurdi, cercando di suscitare disagio e reazioni emotive. Il loro scopo principale è il lulz, ovvero il piacere derivante dal creare scompiglio. Questo comportamento genera un’asimmetria di potere: il troll controlla il tono e il senso della conversazione, mentre il bersaglio si trova in difficoltà, senza poter comprendere chiaramente le sue intenzioni. Come evidenzia Whitney Phillips, il trolling è praticato soprattutto da uomini bianchi con un certo privilegio economico e spesso si dirige contro donne, persone di colore e comunità LGBTQ+. Piattaforme come 4chan hanno consolidato questa cultura, rafforzando un atteggiamento maschile che silenzia le voci non conformi. Il trolling esprime una maschilità attraverso tre caratteristiche principali: 1. Aggressività e competitività nelle discussioni, dove conta dominare piuttosto che cercare la verità. 2. Dissociazione emotiva, ignorando le conseguenze reali delle loro azioni online. 3. Logica di privilegio tecnologico, percependo Internet come un territorio maschile, dove l’anonimato e la libertà d’azione diventano diritti assoluti. Questo comportamento è particolarmente evidente nei videogiochi, un settore ancora segnato da una visione maschile dominante, nonostante la crescente presenza femminile. Il prototipo del gamer è spesso associato alla figura del GEEK, un maschio "beta" che non incarna gli ideali tradizionali di mascolinità, come il prestigio sociale o il successo con l’altro sesso. Per molti geek, videogiochi, fumetti e tecnologia diventano rifugi identitari, strumenti per riaffermare il proprio valore in uno spazio che premia abilità alternative, come la competenza tecnica e la passione per i giochi. Tuttavia, questa maschilità alternativa tende a escludere chi non si conforma ai suoi criteri, soprattutto le donne, viste come una minaccia alla coesione di questi ambienti maschili. - Un esempio emblematico di questa tensione è il Gamergate, una campagna di odio esplosa nel 2014, quando Zoe Quinn, una game designer, fu accusata infondatamente di aver manipolato un giornalista per ottenere recensioni positive del suo gioco. Sebbene l’accusa fosse priva di basi, la vicenda venne usata da una cerchia di giovani gamer maschi bianchi per attaccare le donne nel settore videoludico. Amplificato dall’hashtag omonimo, degenerò rapidamente in una campagna di odio caratterizzata da minacce di stupro, doxxing, diffamazione e trolling organizzato. Questo evento rappresentò un momento cruciale nella cultura di Internet per due motivi principali: 1. Le tattiche di odio usate durante il Gamergate si diffusero e divennero un modello per altre forme di violenza online. 2. Il fenomeno portò il sessismo delle sottoculture geek fuori dall’anonimato di piattaforme come 4chan e Reddit, influenzando il dibattito pubblico e persino la politica americana. Il Gamergate ha rappresentato non solo un momento cruciale nelle dinamiche di odio online, ma anche il catalizzatore per il consolidamento della MANOSPHERE, una galassia di comunità maschiliste e antifemministe che condividono una narrativa basata sulla presunta crisi del ruolo maschile nella società contemporanea. Questi gruppi, sebbene diversi nelle loro specificità, convergono sull’idea che gli uomini siano discriminati e svantaggiati in molteplici ambiti, e che il femminismo sia responsabile di questa condizione. La manosphere comprende quattro principali sottogruppi: 1. Attivisti per i diritti maschili (MRA). Nati negli anni Settanta con un approccio inizialmente ispirato al femminismo, gli MRA miravano a liberare gli uomini dalla pressione della mascolinità tossica. Col tempo, però, una parte del movimento ha cominciato a vedere il femminismo come responsabile dell’oscuramento delle problematiche maschili, come depressione, isolamento sociale e alti tassi di suicidio. Oggi, gli MRA alternano discorsi costruttivi su salute e benessere maschile a sentimenti di risentimento verso le donne, accusate di ricevere un trattamento privilegiato. 2. Pick-up artist (PUA). I PUA si concentrano su tecniche di seduzione che combinano psicologia, motivazione e manipolazione, proponendo una visione stereotipata e conservatrice dei rapporti di genere. Gli uomini sono descritti come alpha dominanti, mentre le donne sono presentate come prede da conquistare. Questa narrativa, pur non apertamente antifemminista, perpetua dinamiche di potere diseguali, rafforzando stereotipi misogini. 3. Incel (Involuntary Celibate). Gli incel, nati inizialmente come una comunità di supporto per uomini incapaci di instaurare relazioni affettive o sessuali, si sono trasformati in una sottocultura tossica alimentata da odio e nichilismo. La loro visione, basata sulla black pill, sostiene che le donne siano attratte solo da uomini con caratteristiche superiori, escludendo gli "uomini comuni". Questa frustrazione, espressa prevalentemente online, ha talvolta portato ad atti violenti, come la strage di Isla Vista del 2014, compiuta da Elliot Rodger, una figura simbolica per il movimento. 4. MGTOW (Men Going Their Own Way). I MGTOW sono uomini eterosessuali che decidono di vivere evitando relazioni con le donne, viste come manipolatrici e problematiche. Alimentano nei loro spazi online discorsi denigratori e sessisti, rifugiandosi in una narrativa che giustifica l'isolamento volontario come una forma di autodifesa contro una società percepita come squilibrata a favore delle donne. Un concetto centrale nella manosphere è la metafora della red pill, tratta dal film Matrix (1999). "Essere redpilled" significa scoprire la presunta verità sulle dinamiche di potere di genere e rigettare il femminismo, percepito come un sistema di oppressione contro gli uomini. Questa metafora, adottata anche dalla destra alternativa (alt-right), ha rafforzato il legame ideologico tra la manosphere e movimenti reazionari, trasformando la critica culturale in una rete ideologica che si estende fino all’odio organizzato. La diffusione della manosphere ha trasformato Internet in un terreno fertile per misoginia, disinformazione e divisioni sociali. Il discorso sul "maschio in crisi" viene utilizzato per giustificare posizioni ostili verso il femminismo e perpetuare una narrativa che minimizza le disuguaglianze di genere, contribuendo a una polarizzazione sempre maggiore nelle discussioni online e offline.

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