Lezione 1 - Apparato Respiratorio PDF
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Università della Calabria (UNICAL)
Prof. Corrado Pelaia
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These lecture notes cover the respiratory system, discussing its anatomy and physiology, as well as respiratory insufficiency. The document also mentions an exam and its format. The keywords of this document are: apparato respiratorio, anatomia respiratoria, fisiologia respiratoria, medicina.
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Apparato Respiratorio C.I di Malattie Cardiache e Respiratorie Apparato Respiratorio – Lezione 1 Introduzione al corso e Insufficienza respiratoria Prof. Corrado Pelaia– Data: 19/11/2024 – Sbobinatore: Maio Alessandr...
Apparato Respiratorio C.I di Malattie Cardiache e Respiratorie Apparato Respiratorio – Lezione 1 Introduzione al corso e Insufficienza respiratoria Prof. Corrado Pelaia– Data: 19/11/2024 – Sbobinatore: Maio Alessandro e Flavia Ricco Introduzione Programma: - Anatomia e fisiopatologia respiratoria - Insufficienza respiratoria - Prove di funzionalità respiratoria - Patologie disventilatorie ostruttive - Patologie disventilatorie restrittive - Bronchiectasie - Patologie respiratorie infettive - Ipertensione polmonare - Tromboembolia polmonare - Edema polmonare Modalità di svolgimento dell’esame: - Prova valutativa in itinere (15 domande con 5 opzioni di risposta, 60 minuti) - Prova orale N.B. Se il risultato è soddisfacente, la prova potrà essere considerata valutativa e quella parte del programma non sarà trattata ulteriormente durante l’esame finale. Tuttavia, partecipare alla prova è facoltativo, e chi non è soddisfatto del voto ottenuto potrà affrontare l’intero programma durante l’esame finale. L’esame conclusivo sarà composto da una prova orale, strutturata sugli argomenti non coperti dalla prova intermedia. Materiale didattico: - Slide - Santus P, Radovanovic D. Malattie dell’apparato respiratorio. Idelson Gnocchi, 2022. Insufficienza respiratoria Anatomia L’apparato respiratorio si divide in due principali sezioni: le vie aeree e gli organi respiratori. Le vie aeree si suddividono ulteriormente in: - Vie aeree superiori: o Cavità nasali: rivestite da mucosa respiratoria con epitelio ciliato e cellule mucipare, filtrano, riscaldano e umidificano l'aria inspirata; o Seni paranasali: cavità ossee comunicanti con le cavità nasali, contribuiscono alla risonanza della voce; o Faringe: condotto comune all’apparato respiratorio e digerente, suddivisa in rinofaringe, orofaringe e laringofaringe. Vie aeree inferiori: o Laringe: struttura cartilaginea (composta da cartilagini tiroidea, cricoidea ed epiglottide), contiene le corde vocali e regola il passaggio dell’aria verso la trachea; o Trachea: tubo flessibile con anelli cartilaginei incompleti, rivestita da epitelio ciliato che intrappola e rimuove particelle estranee; o Bronchi: si dividono in bronchi principali, bronchi lobari e segmentari, con una struttura simile alla trachea ma progressivamente più sottile. Apparato Respiratorio C.I di Malattie Cardiache e Respiratorie Gli organi respiratori sono i polmoni, situati nella cavità toracica, essi sono ricoperti dalla pleura, una membrana sierosa con due foglietti (viscerale e parietale) che riducono l’attrito durante le respirazioni. Ogni polmone è suddiviso in lobi (tre a destra, due a sinistra) e ulteriormente in segmenti bronchiali. Gli alveoli, unità funzionali del polmone, sono strutture microscopiche dove avviene lo scambio gassoso. Sono circondati da una fitta rete di capillari e rivestiti da cellule epiteliali specializzate (pneumociti di tipo I e II). La respirazione è permessa grazie all’intervento di muscoli respiratori, tra i quali: - Diaframma: muscolo principale della respirazione, separa la cavità toracica da quella addominale; - Muscoli intercostali: si dividono in esterni (per l’inspirazione) e interni (per l’espirazione forzata); - Muscoli accessori: come il muscolo sternocleidomastoideo e i muscoli scaleni, intervengono in condizioni di respirazione forzata. Infine, la vascolarizzazione comprende le arterie polmonari, che trasportano sangue deossigenato per l'ossigenazione, e le vene polmonari, che riportano sangue ossigenato al cuore, mentre l’innervazione è assicurata dal nervo vago (parasimpatico) e dalle fibre del sistema simpatico, che regolano broncocostrizione e broncodilatazione. Fisiologia L’apparato respiratorio si distingue ulteriormente in vie di conduzione, che trasportano l’aria, e la zona di respirazione, dove avviene lo scambio gassoso. Le vie di conduzione, definite come la "autostrada dell'aria", non si limitano a trasportare l’aria ma svolgono altre funzioni importanti. Queste includono la filtrazione delle particelle nocive, grazie al sistema immunitario locale, il riscaldamento dell’aria per evitare irritazioni da temperature basse, e l’umidificazione, che aumenta il contenuto di vapore acqueo nell’aria inalata. Questi processi garantiscono un ambiente respiratorio più sicuro e adeguato allo scambio gassoso a livello della zona di respirazione. La miscela di aria che respiriamo è composta per il 21% da ossigeno e per il restante 79% da azoto. La zona in cui avviene lo scambio gassoso, denominata "zona respiratoria", è costituita dai bronchioli respiratori e dagli alveoli. Ad ogni atto respiratorio, mobilitiamo un volume corrente di circa 500 ml di aria. Tuttavia, non tutta questa aria partecipa agli scambi gassosi: soltanto 350 ml raggiungono la zona respiratoria, mentre i restanti 150 ml rimangono nella zona di conduzione, dove non avviene scambio gassoso. Lo scopo principale della respirazione è portare ossigeno nel sangue e rimuovere l’anidride carbonica. Questo processo richiede un accoppiamento tra ventilazione (l’aria mobilitata) e perfusione (il sangue che passa attraverso i capillari polmonari). In un mondo ideale, il rapporto tra ventilazione e perfusione sarebbe di 1:1. Facendo un calcolo teorico: Ogni minuto si compiono circa 15 atti respiratori, ciascuno dei quali mobilita 350 ml di aria per gli scambi gassosi, per un totale di circa 5,2 litri di aria al minuto. Parallelamente, il cuore batte circa 75 volte al minuto, espellendo una gittata sistolica media di 70 ml per battito. Questo porta a un flusso sanguigno totale di circa 5,2 litri al minuto. Ma nella realtà il rapporto medio è di 0,8-0,9, a causa di piccoli shunt fisiologici e disomogeneità del flusso sanguigno. Questo accoppiamento tra ventilazione e perfusione è cruciale per garantire un'efficace ossigenazione del sangue. Lo scambio gassoso avviene attraverso la membrana alveolo- capillare, una sottile interfaccia tra aria e sangue. Questa membrana permette il passaggio di ossigeno nel sangue e la rimozione dell'anidride carbonica, assicurando l'equilibrio dei gas nel corpo. La diffusione dei gas attraverso la membrana alveolo-capillare è regolata dalla legge di Fick, che stabilisce che il flusso di diffusione di un gas dipende da vari fattori: Superficie di scambio: maggiore è la superficie disponibile per gli scambi gassosi, maggiore sarà il flusso di gas; Spessore della membrana: un aumento dello spessore riduce l'efficienza della diffusione; Apparato Respiratorio C.I di Malattie Cardiache e Respiratorie Gradiente di pressione parziale: il passaggio di gas avviene da un'area ad alta pressione parziale a una a bassa pressione parziale; Coefficiente di diffusione: proprietà intrinseca della molecola del gas (ad esempio, la CO₂ è circa 20 volte più diffusibile dell'O₂ grazie alla sua maggiore liposolubilità). Ricapitolando, la ventilazione e la perfusione sono elementi fondamentali della respirazione, ma è altrettanto essenziale un terzo fattore: la meccanica ventilatoria. L'ossigeno raggiunge gli alveoli grazie alla pressione negativa generata dal diaframma, che svolge un ruolo cruciale durante l'inspirazione, un processo attivo. Durante questa fase, il diaframma si contrae e si abbassa, mentre i muscoli intercostali espandono la gabbia toracica, facilitando l'ingresso dell'aria nei polmoni. L'espirazione, invece, è generalmente un processo passivo, determinato dal ritorno elastico dei polmoni e della gabbia toracica. Tuttavia, in caso di condizioni patologiche o durante sforzi intensi, l'espirazione può diventare un processo attivo, richiedendo l'intervento dei muscoli espiratori accessori. La meccanica ventilatoria non è autonoma ma dipende da un sistema localizzato a livello encefalico, in particolar modo a livello del tronco encefalico (midollo allungato e ponte), dove sono localizzati i centri nervosi della respirazione, che regolano il ritmo della respirazione. Ci sono, quindi dei segnali che dicono al nostro sistema che è necessario andare a ventilare, questi segnali vengono trasmessi a livello centrale e, attraverso delle fibre efferenti, inducono la contrazione muscolare, in particolare del diaframma e dei muscoli intercostali. Il principale stimolo alla ventilazione è rappresentato dall’aumento della pressione parziale di CO₂ (ipercapnia). La CO₂, essendo liposolubile, attraversa facilmente la barriera emato-encefalica e, una volta all'interno del liquido cerebrospinale, si converte in acido carbonico, liberando protoni (H⁺). Sono proprio questi protoni a stimolare i centri respiratori centrali, situati nel ponte e nel bulbo. Esistono anche stimoli secondari alla ventilazione, rilevati dai recettori periferici localizzati nel glomo carotideo e nell’arco aortico. Questi recettori rispondono all’ipossiemia (ridotti livelli di ossigeno nel sangue). Tuttavia, lo stimolo ipossico è meno potente rispetto a quello ipercapnico e si attiva principalmente in condizioni critiche, come a basse pressioni atmosferiche (ad esempio in alta quota) o in caso di malattie respiratorie avanzate. La respirazione è un processo vitale regolato da un complesso sistema di controllo, che si basa sull'interazione tra stimoli ventilatori, meccanica respiratoria e processi di ossigenazione del sangue. A livello fisiologico, il principale stimolo per la ventilazione è rappresentato dall'aumento della PaCO2, rilevato dai chemocettori centrali nel midollo allungato. Tuttavia, in condizioni patologiche come l'ipercapnia cronica (ad esempio nei pazienti con BPCO), il corpo inizia a fare affidamento sull’ipossia come stimolo primario, fenomeno noto come drive ipossico. Questa condizione ha importanti implicazioni cliniche, poiché una somministrazione eccessiva di ossigeno può sopprimere il drive ipossico, portando a ipoventilazione e acidosi respiratoria. La regolazione della ventilazione avviene attraverso i centri respiratori del midollo e del ponte, che coordinano l'attivazione dei muscoli inspiratori, come il diaframma e gli intercostali esterni, per garantire l’ingresso dell’aria nei polmoni. Durante sforzi fisici o situazioni di ipossia, si attivano anche i muscoli accessori, consentendo una ventilazione forzata. Questo processo è fondamentale per mantenere un adeguato livello di ossigenazione nel sangue, essenziale per la sopravvivenza cellulare. L'ossigeno viene trasportato nel sangue principalmente legandosi all’emoglobina (98-99%), con una piccola parte disciolta nel plasma. L’emoglobina ha una struttura α2-β2, che è una proteina addetta al trasporto dell’ossigeno, perché ha uno ione ferroso ed un gruppo eme; nel momento in cui l’ossigeno si lega essa viene attivata e si ha un cambiamento strutturale. Inoltre, essa è in grado di ospitare 4 molecole di ossigeno, allora se l’ossigeno viaggia legato all’emoglobina per valutare la quantità dell’ossigeno, è possibile utilizzare la saturazione dell’emoglobina (SpO2), in quanto essa riflette la percentuale di molecole di emoglobina che trasportano ossigeno e rappresenta un Apparato Respiratorio C.I di Malattie Cardiache e Respiratorie parametro cruciale nella valutazione della funzione respiratoria. Valori normali di SpO2 si attestano tra il 95% e il 100%, mentre una riduzione al di sotto del 90% indica ipossiemia (insufficienza respiratoria) e la possibile necessità di interventi medici. Questo parametro non è sufficiente per fare diagnosi di insufficienza respiratoria, poiché essa è una stima indiretta; pertanto, è necessario un valore preciso della quantità di ossigeno presente nel sangue, attraverso l’emogasanalisi arteriosa; essa permette di misurare in modo esatto il numero di molecole di ossigeno e si esprime in pressione parziale di ossigeno. Pertanto, il 90% di saturazione al dito corrisponde al 60% di PaO2, questo perché dipende dalla curva di dissociazione della desossiemoglobina. La relazione tra la PaO2 e la saturazione dell’emoglobina è rappresentata dalla curva di dissociazione della desossiemoglobina, una curva sigmoidea che evidenzia come, a pressioni parziali elevate (60-100 mmHg), l'emoglobina rimanga quasi completamente satura, garantendo una riserva di ossigeno anche in caso di lievi fluttuazioni. Al contrario, a pressioni parziali più basse, l’emoglobina rilascia rapidamente l’ossigeno, permettendo di soddisfare le necessità metaboliche dei tessuti in ipossia. Un altro valore da ricordare è la cosiddetta P50, è quel valore di PaO2 che corrisponde ad una saturazione in percentuale 50%, che è circa 26-27 mmHg a pH fisiologico (7,4), a temperatura normale (37 °C) e con una concentrazione normale di CO2. Esistono però diverse condizioni che possono spostare questa curva, in particolare: - un aumento di H⁺ (acidosi), della CO2, della temperatura o del 2,3-DPG (2,3-bisfosfoglicerato) sposta la curva a destra, riducendo l'affinità dell’emoglobina per l’ossigeno e facilitandone il rilascio ai tessuti. Questo è vantaggioso in condizioni di stress metabolico, come durante l’esercizio fisico o la febbre; - Al contrario, una riduzione di H⁺ (alcalosi), della CO2 o della temperatura sposta la curva a sinistra, aumentando l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno e riducendo il rilascio ai tessuti, un fenomeno potenzialmente svantaggioso in situazioni critiche. Dunque, quando la curva si sposta a sinistra, l’affinità aumenta e pertanto l’emoglobina trattiene più ossigeno, se invece si posta a destra, l’affinità diminuisce e dunque l’emoglobina cede ossigeno. Alterazioni metaboliche, come acidosi o alcalosi, giocano un ruolo cruciale nella regolazione della ventilazione e dell’ossigenazione. Ad esempio, l’acidosi metabolica (accumulo di H⁺) può verificarsi in condizioni di insufficienza respiratoria o in stati di stress metabolico, mentre l’alcalosi metabolica, in cui è difficile che vi siano condizioni patologiche è tendenzialmente più preoccupante, è una possibile complicanza dell’uso di diuretici, che inducono la perdita di H⁺ e K⁺. Questa condizione altera la capacità dell’emoglobina di rilasciare ossigeno ai tessuti, peggiorando l'ossigenazione periferica, soprattutto in pazienti critici. Lo spostamento a sinistra della curva è indotto da un aumento del pH. Nel complesso, l'interazione tra stimoli ventilatori, regolazione nervosa, meccanica respiratoria e ossigenazione del sangue rappresenta un sistema interdipendente e dinamico, che consente al corpo di adattarsi a una vasta gamma di condizioni fisiologiche e patologiche. In condizioni normali, l’ossigeno inspirato passa dagli alveoli al sangue grazie a un’efficace ventilazione e alla diffusione attraverso la membrana alveolo-capillare, mantenendo valori normali di PaO2 e PaCO2. Tuttavia, patologie come l’enfisema, la fibrosi polmonare, l’edema polmonare e l’asma alterano profondamente questo equilibrio. - Enfisema: è caratterizzata dalla distruzione dei setti interalveolari, che riduce la superficie di scambio per i gas. Secondo la legge di Fick, la quantità di gas che può diffondere è direttamente Apparato Respiratorio C.I di Malattie Cardiache e Respiratorie proporzionale alla superficie di scambio e inversamente proporzionale allo spessore della barriera. In questa patologia, la riduzione della superficie porta a un calo della PaO2 nel sangue, anche se la concentrazione di ossigeno negli alveoli può rimanere normale. - Fibrosi polmonare: Nella fibrosi polmonare, l’ispessimento della membrana alveolo-capillare ostacola la diffusione dei gas, in particolare dell'ossigeno. Nelle fasi iniziali della malattia, la PaO₂ può rimanere nei limiti normali grazie alla maggiore capacità diffusiva dell’ossigeno rispetto alla CO₂. Tuttavia, con l’avanzare della malattia, si sviluppa un’insufficienza respiratoria ipossiemica caratterizzata da una riduzione della PaO₂. Quando i livelli di ossigeno scendono, si attiva un aumento della ventilazione come meccanismo compensatorio. Questo incremento della ventilazione, pur essendo in risposta all’ipossiemia, si verifica spesso in presenza di livelli normali di CO₂ nelle prime fasi, portando così a ipocapnia dovuta all’eccesso di eliminazione di anidride carbonica. Se si riduce la CO2 il pH si alza, e dunque la curva si sposta a sinistra, ed è svantaggiosa perché aumenta l’affinità dell’emoglobina nei confronti dell’ossigeno. - Edema polmonare: nell’edema polmonare, il liquido si accumula tra gli alveoli e i capillari, aumentando lo spessore della membrana alveolo-capillare e ostacolando la diffusione dell'ossigeno. Sebbene inizialmente la CO2, essendo più diffusibile, non accumuli, in fasi avanzate può manifestarsi ipercapnia. - Asma: l’asma grave è caratterizzata da un’ostruzione delle vie aeree inferiori, che impedisce un'adeguata ventilazione degli alveoli. Questo provoca una diminuzione dell’ossigeno disponibile negli alveoli e, di conseguenza, nel sangue. Il concetto di gradiente alveolo-capillare si riferisce alla differenza tra la concentrazione di ossigeno negli alveoli polmonari e quella nel sangue capillare. In condizioni normali, questo gradiente è di circa 15 mmHg. Nella fibrosi polmonare, tuttavia, il gradiente aumenta. Sebbene la quantità di ossigeno negli alveoli rimanga normale, l'ossigeno non riesce a passare adeguatamente nel sangue a causa dell’ispessimento del parenchima polmonare, che ostacola il processo di diffusione. In contrasto, in una patologia neuro-muscolare, come la miastenia gravis o la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), il gradiente alveolo-capillare rimane normale. In queste condizioni, sia la concentrazione di ossigeno negli alveoli che nel sangue è ridotta, ma la capacità di diffusione attraverso la membrana alveolo-capillare non è compromessa. Come si definisce l’insufficienza respiratoria? L’insufficienza respiratoria (IR) è una condizione nella quale il sistema respiratorio non riesce a garantire gli scambi gassosi alveolo-capillari, e dunque a mantenere un adeguato livello di ossigeno e/o anidride carbonica nel sangue. In base alle modalità̀ di insorgenza l’IR si distingue in: - Acuta (IRA); - Cronica (IRC); - Acuta su Cronica o cronica riacutizzata. Meccanismi fisiopatologici del’IR L’insufficienza respiratoria è definita come l’incapacità del sistema respiratorio di garantire scambi gassosi adeguati, con conseguente ipossiemia (PaO2 < 60 mmHg) e/o ipercapnia (PaCO2 > 50 mmHg). Si distingue in: 1. Insufficienza respiratoria di tipo (ipossiemica): Caratterizzata da una bassa PaO2 con PaCO2 normale o ridotta, Apparato Respiratorio C.I di Malattie Cardiache e Respiratorie come nelle patologie che alterano la membrana alveolo-capillare (es. fibrosi polmonare). 2. Insufficienza respiratoria di tipo 2 (ipercapnica): causata da ipo-ventilazione alveolare, che si verifica in patologie neuromuscolari (es. SLA, miastenia gravis) o deformità della gabbia toracica. Quadro clinico dell’IRA - Segni clinici caratteristici dell’ipossiemia o Iperventilazione e dispnea; o Cianosi; o Sudorazione; o Tachicardia; o Aumento della pressione arteriosa; o Irritabilità, insonnia, agitazione psicomotoria. - Segni clinici caratteristici dell’ipercapnia o Tachipnea, bradipnea; o Cefalea frontale; o Sudorazione; o Vasodilatazione periferica; o Tremore; o Progressivo deterioramento dello stato di coscienza à Coma Dunque, i pazienti con insufficienza respiratoria ipossiemica sono spesso agitati, cianotici e iperventilano per compensare l’ipossiemia. Al contrario, i pazienti con insufficienza respiratoria ipercapnica possono presentare sonnolenza, confusione e, nei casi gravi, coma, a causa dell'accumulo di CO2 e degli effetti neurologici associati. Il gold standard per la diagnosi di insufficienza respiratoria è l’emogasanalisi. Esso è un esame che misura i livelli di gas nel sangue arterioso, come ossigeno (O₂), anidride carbonica (CO₂) e il pH. Fasi: 1. Preparazione: o Assicurarsi che il paziente sia stabile e a riposo. o Indossare guanti e preparare il materiale: siringa eparinata specifica per emogasanalisi, ago, garze sterili, disinfettante, e cerotto. o Informare il paziente sulla procedura. 2. Scelta dell’accesso arterioso: o Arteria radiale (preferita): posizione superficiale e facile compressione. o Altri accessi: arteria brachiale o femorale, usati se la radiale non è accessibile. o Eseguire il test di Allen per verificare la perfusione collaterale della mano (nel caso dell’arteria radiale). 3. Prelievo: o Disinfettare accuratamente la zona scelta. o Localizzare l'arteria palpandola e inserire l'ago con un angolo di 30-45° rispetto alla pelle. o Aspettare che la siringa si riempia spontaneamente grazie alla pressione arteriosa. o Rimuovere l'ago e applicare una pressione diretta sulla zona per almeno 5 minuti (più a lungo se il paziente è anticoagulato). 4. Post-prelievo: o Rimuovere eventuali bolle d'aria dalla siringa per evitare alterazioni dei valori. o Misurare il campione immediatamente o conservarlo in ghiaccio (massimo 30 minuti). 5. Analisi: o Inserire il campione nell’emogasanalizzatore per ottenere i risultati. Precauzioni: Evitare di comprimere eccessivamente i tessuti circostanti durante il prelievo. Usare aghi sottili per ridurre il rischio di ematomi. Monitorare il paziente per eventuali complicazioni come ematomi o spasmi vascolari. Apparato Respiratorio C.I di Malattie Cardiache e Respiratorie L’emogasanalisi integra i dati forniti dalla curva di dissociazione dell’emoglobina e dai parametri gassometrici per diagnosticare il tipo di insufficienza respiratoria, guidare l’ossigenoterapia o il supporto ventilatorio, e monitorare le risposte terapeutiche. Lo “scontrino” dell’emogasanalizzatore permette di conoscere parametri come: pH, il quale indica se il sangue è in uno stato di acidosi (pH < 7,35) o di alcalosi (pH > 7,45). PaO2 (pressione parziale di ossigeno arterioso): normalmente compresa tra 75 e 100 mmHg, fornisce indicazioni sull’ossigenazione del sangue e può rivelare la presenza di ipossiemia quando è al di sotto del valore normale. PaCO2 (pressione parziale di anidride carbonica arteriosa): varia normalmente tra 35 e 45 mmHg. Un’ipercapnia suggerisce ipoventilazione (acidosi respiratoria), mentre un’ipocapnia indica iperventilazione (alcalosi respiratoria). Inoltre, una PaCO2 ridotta può comparire come meccanismo compensatorio in caso di acidosi metabolica, dove il polmone tenta di bilanciare la perdita di bicarbonati eliminando una quantità maggiore di CO2. Bicarbonati (HCO3-). I valori normali (22-26 mEq/L) possono ridursi in condizioni di acidosi metabolica, come insufficienza renale, perdita di basi (es. diarrea), alcalosi respiratoria o chetoacidosi diabetica. In questi casi, il polmone entra rapidamente in azione aumentando la ventilazione per compensare l’eccesso di acidità. Questo meccanismo di compenso respiratorio è particolarmente rapido e si manifesta entro poche ore. D’altro canto, un aumento dei bicarbonati indica un’alcalosi metabolica, che può derivare da perdite prolungate di acidi (ad esempio, in caso di vomito prolungato), dalla ritenzione renale di basi, da un’acidosi respiratoria cronica compensata o un’assunzione continuativa di alcuni farmaci, come i diuretici (es. furosemide). Anche in questa situazione, il corpo tenta di compensare attraverso il sistema respiratorio, riducendo la ventilazione, pur con limiti legati alla necessità di mantenere un’adeguata ossigenazione. Infine, è importante sottolineare che il tempo necessario per il compenso varia a seconda del sistema coinvolto. Il compenso respiratorio, come accennato, è rapido e avviene in poche ore. Al contrario, il compenso metabolico richiede un periodo più lungo, solitamente 48-72 ore, per manifestarsi pienamente. È importante ricordare che la PaCO2 risulta elevata sia nell’acidosi respiratoria che nell’alcalosi metabolica per cui, per distinguerle, bisogna verificare il valore di ph: - In caso di acidosi respiratoria, anche se compensata, il ph risulterà leggermente basso (7,36 – 7,37) - In caso di alcalosi metabolica, anche se compensata, il ph risulterà leggermente alto (7,43 – 7,44) Insufficienza respiratoria: cause Le cause principali dell’insufficienza respiratoria possono essere Apparato Respiratorio C.I di Malattie Cardiache e Respiratorie ricondotte a quattro meccanismi fondamentali: Ipoventilazione: riduzione globale della ventilazione alveolare. Causa ipercapnia ed è, quindi, un’insufficienza respiratoria di tipo 2. Alterata diffusione: riduzione dello scambio di gas tra alveolo e capillare a causa di un ispessimento della membrana alveolo capillare, tipica della fibrosi polmonare (insufficienza respiratoria di tipo 1). Alterazione del rapporto ventilazione/perfusione: squilibrio tra aria inspirata e flusso sanguigno, che si verifica in condizioni come l’embolia polmonare. Per cui la ventilazione è presente, ma la perfusione è assente, ed è per questo che prende il nome anche di “ventilazione sprecata”. (insufficienza respiratoria di tipo 1). Il valore fisiologico del rapporto ventilazione/perfusione è 0.8. Effetto shunt: Uno shunt si verifica quando c'è un'anomalia anatomica che permette la mescolanza di sangue venoso e arterioso, come in alcuni difetti cardiaci congeniti. In questo caso, il sangue deossigenato passa direttamente dalla circolazione venosa a quella arteriosa senza passare attraverso gli alveoli polmonari, dove avviene l'ossigenazione. L'effetto shunt, invece, si riferisce a una mescolanza di sangue venoso e arterioso causata da un'anomalia funzionale, senza alterazioni anatomiche. In questa situazione, l'ossigeno non riesce ad entrare nell'alveolo a causa di un ostacolo fisico, come la presenza di muco o un'infiammazione, che impedisce la ventilazione di alcune aree polmonari. Di conseguenza, quando il sangue deossigenato arriva in queste zone non ventilate, non avviene alcuno scambio gassoso, e il sangue rimane deossigenato. Questo sangue deossigenato si mescola con quello ossigenato che scorre attraverso altre aree del polmone, riducendo l'efficacia dell'ossigenazione complessiva. Esempi di condizioni che causano l'effetto shunt includono malformazioni congenite del cuore, polmoniti o atelettasie, in cui alcune aree del polmone non sono adeguatamente ventilate. L’effetto shunt rappresenta una sfida terapeutica significativa, poiché non risponde all’ossigenoterapia in quanto il sangue venoso non entra in contatto con l’ossigeno alveolare. Al contrario, l’alterazione del rapporto ventilazione/perfusione risponde all’ossigenoterapia, ma il trattamento deve essere mirato a correggere l’evento causale, come il miglioramento della perfusione in caso di embolia. Domanda 1 Un paziente con ipossiemia e PaCO2 normale, con aumento del grad. A-a di O2 non corretto dall’ossigenoterapia, non può essere affetto da: A. Polmonite B. Atelettasia C. Patologia neuromuscolare D. Shunt intracardiaco E. Crisi asmatica La risposta giusta è C poiché è possibile escludere tutte le altre opzioni: - Nella polmonite si può verificare un effetto shunt in quanto il muco che si va ad accumulare negli alveoli impedisce lo scambio gassoso Apparato Respiratorio C.I di Malattie Cardiache e Respiratorie - Nell’atelettasia vi è un vero e proprio collasso dell’alveolo, che quindi crea un effetto shunt - Nello shunt intracardiaco è autoesplicativa la presenza della mescolanza di sangue ossigenato e deossigenato - Nella crisi asmatica, soprattutto in presenza di quadri gravi, comporta un effetto shunt Per cui solo nel caso della “patologia neuromuscolare” si ha un’insufficienza respiratoria di tipo “pump failure”, che si manifesta con ipoventilazione, mentre nelle rimanenti quattro opzioni abbiamo “lung failure” del tipo effetto shunt. Domanda 2 Paziente di 73 anni si reca al PS per dispnea. EGA arteriosa: pH 7.31, PaO2 52 mmHg, PaCO2 76 mmHg, HCO3- 37 mmol/l, grad. A-a O2 11 mmHg. Quale è la causa più probabile? A. Embolia polmonare B. Ipoventilazione C. Insufficienza cardiaca D. Ostruzione parziale delle vie aeree E. Polmonite acquisita in comunità Osservando il valore del ph, si constata che il paziente è in acidosi respiratoria non compensata, ma con tentativo di compenso da parte del rene (bicarbonati elevati). Successivamente si osserva il valore della CO2; notando che è elevata, possiamo concludere che si tratta di un’insufficienza respiratoria di tipo 2 (ipercapnia da ipoventilazione). Ossigenoterapia: strumenti e strategie Capire il tipo di insufficienza respiratoria è fondamentale per scegliere il trattamento più adatto. In caso di ipossia, si può somministrare ossigeno attraverso diversi dispositivi, suddivisi in due - categorie: - SISTEMI A BASSO FLUSSO Cannule nasali Maschera semplice Maschera Reservoir - SISTEMI AD ALTO FLUSSO Maschera di Venturi Humidified High Flow Nasal Cannula (HFNC) CANNULE NASALI Vantaggi Economiche Di facile uso, direttamente collegabili al gorgogliatore Non determinano rebreathing Consentono di mangiare e parlare Non determinano claustrofobia Svantaggi Determinano secchezza delle mucose nasali, fino all’ulcera Adatte solo ai bassi flussi 2-3 l/min Epistassi Valutazione della FiO2 (frazione ispirata di ossigeno; fisiologicamente è del 21%) approssimativa; secondo una proporzione molto approssimativa, per ogni litro di ossigeno somministrato, la FiO2 aumenta del 3% (es. se si prescrive un litro di O2, la FiO2 aumenterà al 24%, se ne somministrano due litri, la FiO2 sarà al 27%) Possono non funzionare se il naso è congesto o ostruito Apparato Respiratorio C.I di Malattie Cardiache e Respiratorie MASCHERA SEMPLICE Vantaggi A flussi >5 l/min, previene la ritenzione dei gas esalati Svantaggi Attenua la voce Non consente l’assunzione di cibo Ingombrante negli spostamenti del viso Si disloca durante il sonno MASCHERA CON RESERVOIR La FiO2 massima erogabile è compresa fra 0.60 e 0.90 ed il flusso di O2 deve essere compreso fra 6 e 10 l/min Queste maschere sono dotate di un reservoir di 600-1000 ml Attualmente sono usate molto raramente MASCHERA DI VENTURI Il suo funzionamento si basa sul principio di Venturi. Vantaggi - FiO2 stabile, determinata dagli ugelli: tanto più l’apertura dell’ugello è piccola, maggiore sarà la FiO2, perché la quantità d’aria presa dall’esterno sarà minore. L’augello verde garantisce la FiO2 più alta possibile, ovvero del 60% - Non determina rebreathing - Disponibile per tracheostomizzati Svantaggi In corso di pronunciata iperventilazione, la FiO2 può essere sovrastimata Interferisce con l’alimentazione Rischio di inalazione in caso di vomito HUMIDIFIED HIGH FLOW NASAL CANNULA (HFNC) - Si tratta di un sistema di fornitura dell’ossigeno ad alto flusso, riscaldato (fino a 37 °C), in modo da evitare danno alle muscose del naso, con circuito aperto, nel quale viene impostata una FiO2 (variabile dal 21% al 100%) e un flusso di gas fino a 60 l/min. - Il dispositivo include una cameretta da inserire in un “fornetto” (es. AIRVO2), alla quale far affluire acqua pura che, una volta riscaldata, genera vapore acqueo, andando a riscaldare ed umidificare l’ossigeno, somministrato al paziente tramite gli occhialini. È estremamente importante usare l’acqua pura e non la fisiologica perché il sale andrebbe a irritare le vie aeree - Consente di generare una pressione positiva nelle vie aeree, seppur a bassi livelli, con riduzione dei fenomeni atelettasici, della dispnea/tachipnea e del lavoro respiratorio - La possibilità di umidificare le secrezioni garantisce un maggiore tolleranza e la fluidificazione delle secrezioni https://www.google.com/search?q=airvo+2+video&oq=airvo+2+vi&gs_lcrp=EgZjaHJvbWUqCQg BEAAYExiABDIGCAAQRRg5MgkIARAAGBMYgAQyCggCEAAYExgWGB4yCggDEAAYEx gWGB4yCggEEAAYgAQYogQyCggFEAAYgAQYogQyCggGEAAYgAQYogQyCggHEAAYgA QYogQyCggIEAAYgAQYogTSAQk5MDc4ajBqMTWoAgiwAgE&sourceid=chrome&ie=UTF- 8#fpstate=ive&vld=cid:a8354a5e,vid:uGZ8GGYxLhs,st:0 Continuous Positive Airway Pressure (CPAP) Applicazione di una pressione continua positiva (sia durante l’inspirazione che durante l’espirazione) alle vie aeree del paziente. La CPAP non è una vera metodica di ventilazione meccanica polmonare in quanto è il paziente a compiere tutto l’atto ventilatorio da sé, ma lo fa ad una pressione appena più alta, così da evitare che gli alveoli collassino. Proprio perché la CPAP non è una vera metodica di ventilazione meccanica polmonare, va usata quando i livelli Apparato Respiratorio C.I di Malattie Cardiache e Respiratorie di CO2 sono nei limiti. Le indicazioni principali dei sistemi CPAP in acuto sono: Edema polmonare acuto cardiogeno Atelectasie polmonari Polmoniti severe Weaning dalla ventilazione meccanica invasiva Broncoscopia in caso di IRA EFFETTI EMODINAMICI Riduzione del precarico Riduzione del postcarico Aumento della frazione di eiezione Riduzione del consumo di ossigeno nel miocardio EFFETTI VENTILATORI Redistribuzione dell’edema e reclutamento alveolare Aumento della ventilazione alveolare Aumento della compliance toraco-polmonare Riduzione del lavoro respiratorio NON INVASIVE VENTILATION (NIV) La NIV si caratterizza sempre più come supporto nel trattamento dell’IRA. La corretta scelta del timing contribuisce in alcuni casi ad evitare la progressione dello stato patologico e, quindi, l’intubazione endotracheale. Il paziente più idoneo dovrebbe essere identificato come segue: o Dispnea moderata/severa con Frequenza Respiratoria >25 apm o Acidosi respiratoria con pH 45 mmHg o Aumento improvviso della PaCO2 di 15-20 mmHg rispetto al baseline La metodica spontanea più utilizzata è la BiLevel, una ventilazione su due livelli di pressione, con una pressione positiva superiore in fase inspiratoria (IPAP) ed una inferiore in fase espiratoria (EPAP). Tanto più è alta l’IPAP, tanto più si ventila e di conseguenza, maggiore sarà la CO2 espulsa; infatti, la NIV è particolarmente adatta nei pazienti che presentano ipercapnia. Esempio di monitor Tipologie di interfacce e circuiti Esistono diverse tipologie di interfaccia attraverso cui l’ossigeno viene somministrato al paziente, tra cui: Casco Maschera oro-nasale (scelta più frequente) Maschera nasale MASCHERA ORO-NASALE Vantaggi Perdite ridotte Necessita scarsa collaborazione Apparato Respiratorio C.I di Malattie Cardiache e Respiratorie Possibile posizionamento secondo comfort del paziente Svantaggi Claustrofobia Escoriazioni nasali Difficoltà a parlare e tossire Dopo che un paziente è stato sottoposto ad una ventilazione non invasiva, attraverso l’emogas, si valuta il prosieguo del suo percorso terapeutico: - Se si sono verificati miglioramenti, si continua con la ventilazione non invasiva - Se non si sono verificati miglioramenti, si ricercano le cause di ciò e si può pensare di optare per una ventilazione invasiva NIV: Indicazioni Come si nota dalla tabella, la NIV è estremamente utile nei quadri di ipercapnia, altrimenti una valida alternativa può essere la CPAP. Per esempio, in un paziente con edema polmonare, la CPAP o la NIV sono entrambi in grado di fornire una pressione positiva che avrà come effetto quello di spingere il liquido verso le pareti dell’alveolo, riducendo così l’edema. NIV: Contro-indicazioni In rosso vi sono le controindicazioni assolute mentre in giallo quelle relative. L’arresto cardiaco o respiratorio e il coma sono controindicazioni assolute perché nella NIV è necessaria la collaborazione del paziente nell’atto respiratorio, in quanto questo tipo di ventilazione è solo di supporto. Nel caso di un’ostruzione delle vie aeree l’ossigeno fornito non può raggiungere i bronchi. Infine, se il paziente non è in grado di tollerare l’interfaccia scelta e non vi sono ulteriori alternative, l’unica possibilità è intubare. FATTORI PREDITTIVI DI SUCCESSO DELLA NIV pH 7.25 - 7.35 Ipossiemia moderata (PaO2/FiO2>200) e ipercapnia