Fisiologia Apparato Cardiovascolare - PDF

Summary

Questo documento fornisce una panoramica della fisiologia dell'apparato cardiovascolare, concentrandosi sull'anatomia del cuore, le valvole e il sistema circolatorio. Spiega i processi di trasporto nel sangue e la funzione dei diversi componenti. Un utile riassunto per studenti di medicina o scienze della vita che studiano questo argomento.

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FISIOLOGIA - primo semestre 1 | Fisiologia dell’apparato cardiovascolare Il sistema circolatorio è in grado di fornire con sufficiente rapidità a tutte le cellule le sostanze di cui hanno bisogno e di rimuovere altrettanto rapidamente le sostanze di scarto. La funzione dell’apparato cardiovascolare...

FISIOLOGIA - primo semestre 1 | Fisiologia dell’apparato cardiovascolare Il sistema circolatorio è in grado di fornire con sufficiente rapidità a tutte le cellule le sostanze di cui hanno bisogno e di rimuovere altrettanto rapidamente le sostanze di scarto. La funzione dell’apparato cardiovascolare è dunque quella di trasportare il sangue in entrambe le direzioni fra cuore e tessuti. Il sistema cardiocircolatorio, di tipo doppio e completo, è costituto da tre componenti: (1) il cuore, situato all’interno della gabbia toracica che agisce come una pompa muscolare, generando così il flusso sanguigno nei vasi; (2) i vasi sanguigni, condotti che formano un sistema chiuso di conduttore di distribuzione e raccolta, entro le quali il sangue circola; (3) il sangue, un fluido che circola nei vasi sanguigni di tutto l’organismo fornendo determinate sostanze alle cellule e allontanandone altre. 1.1 Anatomia del cuore Il cuore è localizzato al centro della cavità toracica, appena sopra il diaframma, il muscolo che separa la cavità toracica dalla cavità addominale. Ha all'incirca le dimensioni di un pugno e pesa approssimativamente 300-350 grammi nei maschi e 250-300 grammi nelle femmine. Il cuore è rivestito dal pericardio, un sacco membranoso al cui interno si trova il liquido pericardico che lubrifica il cuore. Il pericardio ha la funzione di proteggere il muscolo cardiaco e di ridurre la frizione tra il cuore e le strutture con esso confinanti. Il cuore è un muscolo capace di generare la forza necessaria per la propulsione del sangue nei vasi sanguigni ed è formato da quattro camere. Le due camere superiori, gli atri, ricevono il sangue che ritorna al cuore dai vasi venosi, le due inferiori, i ventricoli, ricevono sangue dagli atri e producono la pressione necessaria a spingerlo nelle grandi arterie. Ogni cavità svolge un ruolo nel processo che porta alla continua circolazione del sangue. Il cuore può essere funzionalmente diviso in una metà sinistra e una destra: l'atrio e il ventricolo di sinistra costituiscono il cuore sinistro; l'atrio e il ventricolo di destra il cuore destro. Gli atri e i ventricoli delle due metà sono separati da una parete detta setto, che impedisce al sangue del cuore sinistro di mescolarsi con quello del cuore destro. La porzione di setto che separa l'atrio di destra da quello di sinistra è chiamata setto interatriale; la porzione che separa il ventricolo di destra da quello di sinistra è chiamata setto interventricolare. Oltre a possedere un lato destro e uno sinistro, il cuore possiede una base, collocata nell'ampio polo superiore e un apice, collocato nel più ristretto polo inferiore. Le due metà del cuore, destra e sinistra, lavorano come due pompe, assicurando un'efficiente distribuzione di ossigeno e nutrienti a tutto l'organismo. 1.1a Parete del cuore La parete del cuore è formata da tre strati: lo strato esterno, chiamato epicardio, è formato da tessuto connettivo; lo strato intermedio, chiamato miocardio, è formato da tessuto muscolare cardiaco; lo strato interno, chiamato endocardio, è formato da cellule endoteliali (l'endotelio è il tessuto che riveste la parete interna dei compartimenti contenenti sangue, quindi sia i vasi sanguigni che le camere cardiache). L'attività di pompa del cuore consiste in un ritmico alternarsi di contrazione e rilasciamento del muscolo cardiaco. Quando la muscolatura della parete di un atrio o di un ventricolo si contrae, la pressione esercitata sul sangue all'interno della camera aumenta. Al contrario, quando la muscolatura di una camera cardiaca si rilascia, la pressione al suo interno diminuisce. Il muscolo ventricolare è notevolmente più spesso del muscolo atriale. Questa differenza riflette il fatto che i ventricoli devono pompare il sangue anche in vasi molto lontani (e non solo nella camera sotto-stante, come fanno gli atri), pertanto essi devono produrre pressioni più elevate per poter pompare un determinato volume di sangue. Inoltre, la muscolatura del ventricolo sinistro è più spessa di quella del ventricolo destro. Questo consente al ventricolo sinistro di sviluppare una pressione maggiore di quanto non possa fare il ventricolo destro. La maggiore pressione sviluppata dal ventricolo sinistro consente di pompare il sangue a tutti gli organi del corpo: il ventricolo destro genera una pressione inferiore perché invia il sangue solo ai polmoni. 1.1b Valvole cardiache Il battito cardiaco è in realtà un'onda di contrazione che si muove rapidamente attraverso le fibre (cellule) muscolari cardiache in maniera ordinata e coordinata. Sebbene il muscolo cardiaco funzioni come un'unità, il muscolo atriale (miocardio atriale) e quello ventricolare (miocardio ventricolare) sono fisicamente ancorati a uno strato di tessuto connettivo fibroso, chiamato scheletro fibroso del cuore, che li tiene separati. Lo scheletro fibroso forma anche anelli di ancoraggio e posizionamento per le valvole cardiache. La serie di eventi che si susseguono in un battito cardiaco si chiama ciclo cardiaco, dove la contrazione degli atri precede quella dei ventricoli. Durante il ciclo cardiaco le pressioni nelle camere cardiache variano e, ancora più importante, le variazioni dei gradienti di pressione tra compartimenti determinano lo spostamento del sangue. È fondamentale che il flusso sanguigno nelle camere cardiache sia unidirezionale. Perciò, il flusso sanguigno nella direzione opposta deve essere impedito, anche in presenza di un gradiente pressorio favorevole. A questa funzione assolvono le quattro valvole cardiache, assicurando che il sangue scorra secondo una precisa direzione, sia all'interno del cuore che fra il cuore e le arterie ad esso direttamente connesse, l'aorta e il tronco polmonare. Gli atri e i ventricoli di ciascun lato sono separati dalle valvole atrioventricolari (valvole AV), che permettono al sangue di fluire dall'atrio al ventricolo, ma non in direzione opposta. Le valvole AV si aprono e si chiudono passivamente in risposta alle variazioni cicliche della pressione che avvengono ad ogni battito. Quando la pressione atriale è più elevata di quella ventricolare, le valvole si aprono; quando la pressione ventricolare diviene più elevata di quella atriale, le valvole si chiudono. La valvola AV di sinistra è costituita da due lembi, o cuspidi, di tessuto connettivo e perciò è chiamata valvola bicuspide o, più comunemente, valvola mitrale. La valvola AV di destra ha tre cuspidi ed è chiamata valvola tricuspide. Quando il ventricolo si contrae, l'aumentata pressione ventricolare esercita una forza verso l'alto contro la valvola AV. A causa di questa forza, esiste un potenziale pericolo che una o più cuspidi valvolari possano spingersi negli atri, creando una condizione chiamata prolasso. Se questo dovesse accadere, i margini delle cuspidi non sarebbero più in contatto per tutta la loro lunghezza e la valvola potrebbe non essere più in grado di chiudersi ermeticamente. Il prolasso delle valvole AV normalmente non avviene, perché le cuspidi delle valvole sono tenute al loro 1 FISIOLOGIA - primo semestre posto da filamenti di tessuto connettivo (conosciuti come corde tendinee) che si estendono dai margini delle cuspidi fino ai muscoli papillari, che protrudono dalla parete ventricolare. Durante la contrazione ventricolare, anche i muscoli papillari si contraggono, esercitando una tensione sulle corde tendinee. Le corde tendinee tirano verso il basso le cuspidi valvolari, permettendo alle valvole AV di chiudersi completamente in opposizione alla forza verso l'alto generata dall'aumento della pressione ventricolare. Oltre alle valvole AV, vi sono altre valvole, chiamate valvole semilunari, poste tra i ventricoli e i corrispondenti sbocchi arteriosi. Le valvole semilunari sono costituite da tre lembi di tessuto connettivo che formano una sorta di coppa. La valvola semilunare aortica è localizzata tra il ventricolo sinistro e l'aorta, mentre la valvola semilunare polmonare è localizzata tra il ventricolo destro e il tronco polmonare. La funzione di queste valvole è simile a quella delle valvole AV, ovvero permettere al sangue di scorrere in avanti prevenendone il movimento in direzione opposta. Le valvole aortica e polmonare si aprono quando la pressione ventricolare supera quella arteriosa (quando il ventricolo è contratto). Ciò consente al sangue di fluire dai ventricoli alle arterie. Quando i ventricoli si rilasciano e la pressione ventricolare diviene più bassa della pressione arteriosa, il sangue contenuto nell’aorta e nel tronco polmonare riempie i tre lembi valvolari e le valvole si chiudono; questo impedisce che il sangue fluisca all'indietro, dalle arterie nei ventricoli. 1.2 Il sistema circolatorio Il sistema circolatorio è l’insieme ordinato dei vasi destinato a portare il sangue dal cuore ai vari organi e tessuti ed a riportarlo poi al cuore. Possiamo riconoscere: - vasi di allontanamento e distribuzione, ovvero le arterie, che trasportano quindi il sangue lontano dal cuore, verso i tessuti; - vasi di scambio all’interno dei tessuti, ovvero i capillari, che premono sostanze nutrienti e scaricano sostanze di scarto; - vasi venosi, ovvero le vene, che riportano il sangue verso il cuore. Il sistema circolatorio consiste di due circuiti: il circolo polmonare, costituito dall'insieme dei vasi che dal cuore si dirigono ai polmoni e che dai polmoni tornano al cuore, e il circolo sistemico, costituito da tutti i vasi che si dirigono alle restanti parti del corpo. Queste due divisioni, polmonare e sistemica, ricevono sangue da differenti parti del cuore. Il circolo polmonare riceve sangue dal cuore destro, mentre il circolo sistemico dal cuore sinistro. Va notato che il sangue di un lato non si mescola mai con quello dell'altro. Entrambe le circolazioni, polmonare e sistemica, sono dotate di una densa rete capillare, chiamata letto capillare, dove avvengono gli scambi di nutrienti e gas (ossigeno e anidride carbonica). Nei capillari polmonari, l'ossigeno contenuto nell'aria presente nei polmoni diffonde nel sangue, mentre l'anidride carbonica lascia il sangue. Il sangue che abbandona i capillari polmonari è quindi ricco di ossigeno, ed è definito sangue ossigenato. I letti capillari del circolo sistemico sono presenti in tutti gli organi e i tessuti, ad esclusione dei polmoni. In questi capillari l'ossigeno diffonde dal sangue alle cellule, mentre l'anidride carbonica diffonde dalle cellule al sangue. Il sangue che abbandona i capillari sistemici è definito deossigenato, perché è povero di ossigeno. Il sangue ossigenato presenta una colorazione diversa (rosso brillante) rispetto a quello deossigenato (rosso scuro). Questo fenomeno dipende dalla differente colorazione che assumono i globuli rossi in funzione della quantità di ossigeno legata all'emoglobina. Il sangue nel circolo polmonare e in quello sistemico si muove in serie, ritornando al cuore ad ogni ciclo. 1. il ventricolo sinistro, attraverso la valvola aortica, pompa il sangue ossigenato nell'aorta, la principale arteria, le cui diramazioni trasportano il sangue ai letti capillari di tutti gli organi e tessuti del distretto sistemico. 2. in seguito agli scambi con i tessuti, nei capillari sistemici il sangue viene deossigenato e ritorna al cuore tramite i vasi venosi, che convogliano nelle vene cave, due grandi vene che sboccano nell’atrio destro. La vena cava superiore trasporta il sangue proveniente dalle parti del corpo poste superiormente al diaframma, mentre a vena cava inferiore trasporta il sangue refluo dai tessuti periferici sottostanti il diaframma. 3. dall’atrio destro, il sangue passa nel ventricolo destro, attraverso la valvola tricuspide. 4. il ventricolo destro, attraverso la valvola semilunare polmonare, pompa il sangue deossigenato nel tronco polmonare, che si dirama quasi subito nelle arterie polmonari destra e sinistra dirette ai polmoni. 5. il sangue viene ossigenato nei polmoni e, attraverso le vene polmonari, rientra nell'atrio sinistro. 6. dall'atrio sinistro, il sangue passa attraverso la valvola bicuspide nel ventricolo sinistro, da dove siamo partiti, e il ciclo si ripete. Nel circolo sistemico e in quello polmonare il sangue circola in serie l'uno dopo l'altro. Pertanto, il sangue deve attraversare in sequenza i due circuiti prima di ritornare al punto di partenza. Tuttavia, il flusso nei due circuiti avviene simultaneamente; infatti, il cuore destro pompa sangue ai polmoni nello stesso momento in cui quello sinistro lo pompa agli organi sistemici. Se il circolo sistemico o quello polmonare vengono considerati singolarmente, si nota che il flusso sanguigno al loro interno è un flusso in parallelo, perché i distretti vascolari degli organi sistemici sono disposti in parallelo gli uni con gli altri. Nel circolo sistemico, il sangue non scorre da un organo al successivo, ma scorre nell'aorta e nelle arterie che da essa si diramano, ognuna verso un organo, per poi raggiungere le vene, che convergono nella vena cava inferiore o superiore. Inoltre, anche all'interno dei diversi organi sistemici, compresi i polmoni nel circolo polmonare, il flusso sanguigno è in parallelo, perché le arterie si diramano nelle arteriole, che a loro volta si diramano nei capillari e così via. Il cuore, nel circolo sistemico, lavora in parallelo con gli altri organi. Sebbene il cuore pompi un grande volume di sangue, quello contenuto nelle camere cardiache non è sufficiente a rifornire il muscolo cardiaco di quantità significative di ossigeno e nutrienti. Pertanto, il muscolo cardiaco riceve la maggior parte dei nutrienti dal sangue delle arterie coronarie, che si diramano in prossimità della base dell'aorta e penetrano all'interno di tutto il muscolo cardiaco. L'organizzazione in parallelo dei distretti vascolari degli organi sistemici presenta due vantaggi: - ciascun organo, essendo perfuso da una propria arteria, riceve sangue completamente ossigenato e non impoverito di ossigeno come avverrebbe se avesse già irrorato un altro organo. - il flusso diretto agli organi attraverso un sistema vascolare in parallelo può essere regolato indipendentemente e adeguato alle diverse esigenze metaboliche di ciascun organo. 2 FISIOLOGIA - primo semestre Sebbene il flusso in parallelo rappresenti la norma per la circolazione sistemica, vi sono delle eccezioni nelle quali il sangue scorre in serie attraverso due letti capillari. Un'eccezione è la circolazione portale, quella nella quale il sangue passa da un letto capillare ad un altro prima di tornare al cuore (flusso sanguigno tra ipotalamo e ipofisi anteriore, tra l'intestino e il fegato). 1.3 Attività elettrica del cuore Affinché il cuore pompi adeguamente il sangue nel sistema circolatorio, il muscolo cardiaco deve contrarsi in maniera altamente coordinata- le contrazioni cardiache sono coordinate da uno specifico sistema di conduzione che determina la sequenza dell’eccitazione delle cellule muscolari cardiache. Il muscolo cardiaco, al contrario di quello scheletrico, non riceve comandi dal sistema nervoso centrale per contrarsi. Infatti, le contrazioni del muscolo cardiaco sono generate da segnali che originano all'interno del muscolo stesso. Per tale ragione, l'attività contrattile del muscolo cardiaco è chiamata miogena (l'attività contrattile del muscolo scheletrico è chiamata neurogena, perché il segnale per attivare la contrazione non è intrinseco ma proviene dai motoneuroni). La capacità del cuore di generare segnali che attivano la sua contrazione in modo ciclico, generando un ritmo, è chiamata autoritmicità. Le cellule del cuore prendono il nome di miociti e hanno quattro caratteristiche funzionali: 1. eccitabilità (batmotropismo), ovvero sono in grado di generare potenziali d’azione e cioè di dare origine ad un fenomeno elettrico propagato; 2. automatismo (cronotropismo), la capacità di dare origine ad un’eccitazione ritmica, indipendente dall’innervazione estrinseca; 3. conducibilità (dromotropismo), la capacità di propagare il fenomeno elettrico all’intera massa del miocardio; 4. contrattilità (inotropismo), la capacità di accoppiare il fenomeno elettrico al fenomeno meccanico L'autoritmicità del cuore è dovuta all'azione di una piccola percentuale di cellule muscolari modificate, chiamate cellule auto-ritmiche, che non generano una forza contrattile, ma che sono essenziali per avviare e coordinare il ritmo dei battiti cardiaci. Vi sono due tipi di cellule autoritmiche: (1) le cellule pacemaker, che avviano i potenziali d'azione e stabiliscono il ritmo cardiaco, e (2) le fibre di conduzione, che conducono i potenziali d'azione e li propagano nel cuore con una sequenza altamente co-ordinata, ovvero le cellule nodali (specializzate nell’automatismo e batmotropismo) e le cellule del Purkinje (specializzate nella conducibilità). Nel loro complesso, tali cellule costituiscono il sistema di conduzione del cuore. Le cellule che invece generano la forza contrattile sono chiamate cellule contrattili. 1.3a Cellule pacemaker Le contrazioni del cuore si avviano grazie alle proprietà elettriche delle cellule pacemaker, che generano spontaneamente i potenziali d'azione. Le cellule pacemaker, generando potenziali d'azione spontanei e regolari, stabiliscono il ritmo o passo del battito cardiaco. Sebbene cellule con attività pacemaker siano presenti in quasi tutte le regioni del cuore, esse sono principalmente concentrate in due specifiche regioni del miocardio: il nodo senoatriale (nodo SA), localizzato nella parete superiore dell'atrio destro, in vicinanza dello sbocco della vena cava superiore, e il nodo atrioventricolare (nodo AV), posto nel setto interatriale in prossimità della valvola tricuspide. Le frequenze di scarica spontanea delle cellule del nodo SA e del nodo AV sono differenti. Infatti, le cellule del nodo SA hanno una frequenza di scarica più elevata di quella delle cellule del nodo AV. Poiché i due nodi sono connessi da fibre di conduzione, la frequenza di potenziali d'azione del nodo SA comanda"le altre cellule pacemaker situate a valle nella via di conduzione, cioè quelle del nodo AV, e quindi di tutto il cuore, stabilendone così il ritmo di contrazione. Pertanto il nodo SA è definito come il pacemaker dominante, o primario, del cuore. 1.3b Fibre di conduzione Le fibre di conduzione sono specializzate nel condurre velocemente i potenziali d'azione generati dalle cellule pacemaker da un punto all'altro del miocardio, innescando e coordinando così le contrazioni del muscolo cardiaco. Sebbene tutte le fibre del muscolo cardiaco siano capaci di trasmettere potenziali d'azione, le fibre di conduzione differiscono da quelle del miocardio comune perché sono di diametro più grande e pertanto possono condurre i potenziali d'azione più rapidamente. In alcune parti del sistema di conduzione i potenziali d'azione possono viaggiare ad una velocità di 4 metri al secondo, mentre nella maggior parte delle fibre del muscolo cardiaco la velocità di conduzione è di 0,3-0,5 metri al secondo. 1.3c Propagazione dell’eccitazione I potenziali d'azione generati nelle cellule pacemaker, si propagano rapidamente e in modo coordinato come un'onda di eccitazione lungo le fibre di conduzione. L’onda si muove dapprima attraverso gli atri, causandone la depolarizzazione e la contrazione sincrone e successivamente attraverso i ventricoli, causandone la depolarizzazione e la contrazione. La rapida trasmissione dei potenziali d'azione dalle cellule pacemaker alle fibre di conduzione e alle cellule contrattili è possibile perché tutte le cellule muscolari cardiache sono collegate tra loro da giunzioni comunicanti, che consentono alla corrente elettrica di fluire (sotto forma di ioni) da una cellula all'altra. Nel cuore, le giunzioni comunicanti sono concentrate in strutture chiamate dischi intercalari, che formano le connessioni tra fibre muscolari adiacenti. I dischi intercalari, oltre alle giunzioni comunicanti, contengono anche un elevato numero di desmosomi, che formano un legame fisico tra i dischi di cellule adiacenti e conferiscono resistenza meccanica. Questa proprietà è importante perché in tal modo il miocardio è in grado sia di resistere allo stiramento, che si verifica quando il cuore si riempie di sangue, sia di opporsi alla tensione, che si genera quando il cuore si contrae. La sequenza degli event elettrici che in condizioni normali sono responsabili del battito cardiaco è la seguente: 1. un potenziale d’azione insorge nel nodo SA. Dal nodo SA, l’impulso si dirige al nodo AV lungo le vie internodali, facenti parte del sistema di conduzione e che si diramano nelle pareti degli arti, e contemporaneamente anche nella massa muscolare degli atri per mezzo delle vie interatriali. 3 FISIOLOGIA - primo semestre 2. l’impulso viene condotto alle cellule del nodo AV, dove i potenziali d’azione viaggiano meno velocemente che nelle altre cellule del sistema di conduzione; pertanto, l’impulso, nell’attraversare il nodo AV, viene ritardato di circa 0,1 secondi (ritardo nodale AV), prima di procedere in avanti. 3. dal nodo AV, l’impulso viaggia lungo il fascio atrioventricolare, chiamato anche fascio di His, un fascio compatto di fibre di conduzione che scende lungo il setto interventricolare verso l’apice del cuore. Il nodo AV e il fascio di His sono la sola connessione elettrica esistente tra gli atri e i ventricoli, che altrimenti sono separati dallo scheletro fibroso. 4. il segnale viaggia solo per un breve tratto lungo il fascio atrioventricolare prima che questo si divida nelle due branche di destra e di sinistra, che conducono l’impulso, rispettivamente, al ventricolo di destra e a quello di sinistra. 5. dalle due branche, l’impulso viaggia attraverso un’estesa rete di ramificazioni chiamate fibre del Purkinje, che lo diffonde nel miocardio ventricolare dall’apice verso le valvole, posizionate in alto alla base del cuore. Da queste fibre l’impulso s propaga nelle restanti cellule miocardiche. Sebbene i nodi SA e AV siano entrambi capaci di generare spontaneamente potenziali d'azione, il battito cardiaco è prodotto normalmente dagli impulsi che originano dal nodo SA. Il nodo AV solo raramente genera le contrazioni, per due ragioni. La prima è che i potenziali d'azione che originano nel nodo SA vengono condotti al nodo AV e continuano la propagazione fino ai ventricoli; in questa situazione, le cellule del nodo AV entrano nel periodo refrattario, durante il quale esse non possono generare alcun potenziale d'azione. La seconda ragione è che il nodo SA ha una frequenza spontanea di potenziali d'azione più elevata di quella del nodo AV, circa 70 impulsi/minuto per il nodo SA contro i 50 impulsi/minuto per il nodo AV. Pertanto, il nodo AV in condizioni fisiologiche non è in grado di generare un potenziale d'azione spontaneo. Tuttavia, se il nodo SA cessa di generare potenziali d'azione o se la sua frequenza rallenta drammaticamente, il nodo AV può iniziare a generare potenziali d'azione che si propagano lungo il sistema di conduzione, fino ad innescare una normale contrazione ventricolare. Il nodo AV può anche prendere il controllo del battito cardiaco se, per qualche ragione, la conduzione tra i nodi è bloccata o rallentata. In questi casi, il nodo AV funziona come un sistema di emergenza che permette ai ventricoli di contrarsi. Se, per qualche ragione, il nodo AV è incapace di attivare la contrazione ventricolare, il cuore ha ancora un altro sistema di emergenza: alcune cellule nelle fibre di Purkinje possono assumere il controllo del battito cardiaco. Tuttavia, la frequenza cardiaca di queste cellule è molto bassa, circa 30-40 impulsi al minuto. 1.3d Attività elettrica delle cellule pacemaker Il battito cardiaco è generato dai potenziali d’azione spontanei delle cellule pacemaker, i quali si propagano nel muscolo cardiaco in modo ordinato e riproducibile. Una cellula contrattile cardiaca genera un potenziale d'azione solo quando è depolarizzata da uno stimolo soglia. Normalmente lo stimolo è rappresentato da una corrente elettrica presente nelle cellule vicine e che diffonde attraverso le giunzioni comunicanti, inducendo così la depolarizzazione. Le cellule pacemaker possono generare potenziali d'azione in assenza di uno stimolo esterno, ad intervalli regolari e con una data frequenza. Una cellula pacemaker è capace di generare potenziali d'azione spontaneamente e ritmicamente perché non ha un potenziale di riposo stabile. Infatti, subito dopo un potenziale d'azione, il potenziale di membrana della cellula pacemaker va incontro ad una lenta e continua depolarizzazione spontanea, fino a raggiungere il potenziale soglia, che innesca un altro potenziale d'azione. Al termine del potenziale d'azione, quando il potenziale di membrana della cellula è intorno ai -60/-70 mV, inizia un'altra lenta depolarizzazione spontanea (chiusura canali per il potassio e apertura canali funny che si aprono dopo che la cellula si è ripolarizzata), seguita da un altro potenziale d'azione, e così via. Le depolarizzazioni lente spontanee che innescano il potenziale d'azione sono chiamate potenziali pacemaker. Nelle cellule pacemaker e nelle altre cellule muscolari cardiache, gli eventi elettrici sono provocati da variazioni della permeabilità della membrana plasmatica agli ioni in seguito all’apertura e alla chiusura di specifici canali ionici. Quando la permeabilità della membrana ad un particolare ione aumenta rispetto a quella di altri ioni, il potenziale di membrana si sposta verso il potenziale di equilibrio di quello ione. Nelle cellule muscolari cardiache, le variazioni più importanti di permeabilità coinvolgono gli ioni sodio, potassio e calcio (rispettivamente Na+, K+ e Ca2+). Le concentrazioni ioniche nelle cellule muscolari cardiache sono simili a quelle presenti nelle altre cellule: il liquido intracellulare è ricco di ioni potassio ma povero di ioni sodio e calcio rispetto al liquido extracellulare. Così, il potenziale di equilibrio dello ione potassio è negativo, mentre i potenziali di equilibrio degli ioni sodio e calcio sono entrambi positivi (i valori approssimativi sono EK = -94 mV, ENa = +60 mV ed ECa = +130 mV). Quindi, un aumento della permeabilità agli ioni sodio o calcio tende a portare questi ioni all'interno della cellula e a spostare il potenziale di membrana a valori più positivi, mentre un aumento della permeabilità allo ione potassio tende a farlo uscire dalla cellula, spostando il potenziale di membrana a valori più negativi. Nelle cellule pacemaker, i segnali elettrici sono generati dalle variazioni di PK, PNa e PCa. La prima fase della lenta depolarizzazione del potenziale pacemaker è dovuta alla chiusura di canali per il potassio e all'apertura dei cosiddetti canali funny. I canali per il potassio si erano aperti al picco del potenziale d'azione (sono responsabili della fase di ripolarizzazione della membrana) e si chiudono quando la membrana ritorna alla polarizzazione di partenza. I canali funny si aprono dopo che la cellula si è ripolarizzata e sono selettivi sia allo ione sodio (che entra nella cellula) che allo ione potassio (che esce dalla cellula); dato che a - 60 mV la forza elettromotrice per lo ione sodio è molto maggiore rispetto a quella per lo ione potassio (che si trova più vicino al suo potenziale di equilibrio), la corrente netta dovuta all'apertura dei canali funny è una corrente di cariche positive in entrata nella cellula, con effetto depolarizzante. Quindi, gli eventi che caratterizzano la prima fase del potenziale pacemaker sono la chiusura dei canali del potassio e l'apertura di quelli funny; si innesca così la depolarizzazione spontanea. I canali funny rimangono aperti per un breve periodo di tempo e si chiudono quando il potenziale di membrana è ancora inferiore al valore soglia (circa -55 mV) per la generazione di un potenziale d'azione. Tuttavia, la fase iniziale di depolarizzazione attiva l'apertura di canali per il calcio voltaggio-dipendenti chiamati canali di tipo T (transient), inducendo una corrente di calcio in ingresso, che caratterizza la seconda fase di depolarizzazione del potenziale pacemaker. In questa fase, inoltre, si è evidenziato un 4 FISIOLOGIA - primo semestre contributo significativo del rilascio di calcio dal reticolo sarcoplasmatico: questo rilascio di calcio, infatti, attiva lo scambiatore sodio-calcio, che fa uscire 1 ione calcio ed entrare 3 ioni sodio, generando una corrente netta in ingresso di cariche positive, con ulteriore effetto depolarizzante. Nel complesso, questi eventi, che caratterizzano la seconda fase di depolarizzazione spontanea, portano il potenziale della cellula pacemaker al valore soglia per l'attivazione dei canali del calcio voltaggio-dipendenti di tipo L (long-lasting) o dei canali voltaggio-dipendenti del sodio (nelle cellule alla periferia del nodo), con conseguente sviluppo della fase di salita rapida del potenziale d'azione. Una volta raggiunto il picco del potenziale d'azione, si riaprono i canali per il potassio, quindi aumenta la PK e il potenziale di membrana ritorna al valore di riposo. Poiché il cuore dà origine ai propri potenziali d’azione non è richiesto un segnale nervoso per avviare la contrazione. Tuttavia, i neuroni del sistema nervoso autonomo esercitano un controllo sulla forza e sul ritmo di queste contrazioni. 1.3e Attività elettrica delle cellule contrattili cardiache Il potenziale d'azione delle cellule contrattili è diverso da quello delle cellule pacemaker e i potenziali d'azione delle cellule contrattili di regioni diverse del cuore non sono uguali. Queste differenze dipendono dal tipo e dal numero dei canali ionici presenti nelle cellule contrattili e dalle loro dimensioni. Le cellule contrattili hanno un potenziale di membrana di riposo più negativo (circa -90 mV) di quelle pacemaker; inoltre questo potenziale è stabile. Il potenziale d'azione di una cellula cardiaca contrattile viene suddiviso in cinque fasi, descritte da 0 a 4: fase 0 ® la fase 0 consiste nella depolarizzazione della membrana, che attiva l'apertura dei canali per il sodio voltaggio-dipendenti, innalzando la PNa e incrementando il flusso degli ioni sodio nella cellula. Di conseguenza, il potenziale di membrana diventa più positivo, inducendo l'apertura di molti più canali per il sodio, che, a sua volta, aumenta ulteriormente la PNa e la depolarizzazione, e così via. La depolarizzazione inoltre è favorita dal blocco dei canali del potassio rettificanti in ingresso. II risultato è una rapida depolarizzazione del potenziale di membrana, che raggiunge il picco tra + 30 e + 40 mV. fase 1 ® i canali per il sodio voltaggio-dipendenti che si erano aperti nella fase 0 iniziano ad inattivarsi, riducendo la PNa. Inoltre si ha una rapida e transiente ripolarizzazione, causata da una corrente di potassio, dovuta all'apertura di specifici canali del potassio voltaggio-dipendenti. fase 2 ® questa fase, detta di plateau, è caratterizzata dalla permanenza del potenziale di membrana per circa 200 ms su valori intorno allo 0 mV. La cellula rimane depolarizzata in uno stato di refrattarietà assoluta per un lungo periodo: la cellula cardiaca avrà il tempo di completare il suo fenomeno meccanico di contrazione e rilasciamento senza essere investita da altri segnali elettrici; dunque, per tutta la durata della contrazione non potrà essere nuovamente eccitata. La depolarizzazione costante e prolungata dipende dai seguenti eventi: sono aperti i canali del calcio voltaggio-dipendenti di tipo L, che portano una corrente di ioni calcio all'interno della cellula (calcio necessario per la contrazione muscolare), si chiudono i canali del potassio rapidi e iniziano ad attivarsi i canali del potassio voltaggio-dipendenti rettificanti tardivi. Come effetto di questi eventi, il potenziale di membrana si stabilizza intorno allo 0 mV, per circa 200 ms. Nella cellula muscolare scheletrica questo fenomeno non avviene, nella quale la refrattarietà assoluta termina ancora prima che inizi la contrazione. La cellula muscolare scheletrica sarà investita da un treno di potenziale d’azione, dando origine dal punto di vista meccanico all’origine di una contrazione massiva prolungata nel tempo, la tetanospasia. Nel muscolo cardiaco, questo meccanismo non può avvenire. fase 3 ® al termine della fase di plateau, aumenta la permeabilità al potassio e contemporaneamente diminuisce la permeabilità al calcio, perché i canali del calcio di tipo L si inattivano. Questi eventi portano il potenziale di membrana verso valori più negativi. Inoltre, la ripolarizzazione determina la riapertura dei canali rettificanti in ingresso; di conseguenza, aumenta ulteriormente la PK e il potenziale di membrana ritorna a valori intorno ai -90 mV. fase 4 ® questa fase corrisponde al potenziale di riposo: PK, PNa e PCa sono ai loro valori di riposo. 1.3f Elettrocardiogramma L’elettrocardiogramma (ECG) è la registrazione alla superficie del corpo degli eventi elettrici che accompagnano il propagarsi dell’onda di eccitamento della massa cardiaca. La propagazione dell’eccitamento nella massa cardiaca causa una separazione di cariche in quanto le regioni eccitate hanno un eccesso di cariche negative all’esterno delle membrane cellulari mentre il contrario avviene nelle regioni non eccitate. Si formano così dei flussi di corrente elettrica tra le membrane cellulari delle regioni cardiache eccitate e quelle delle regioni a riposo. La procedura per la registrazione standard dell’ECG è basata su un immaginario triangolo equilatero costruito attorno al cuore. Gli angoli del triangolo si trovano sul braccio destro, sul braccio sinistro e sulla gamba sinistra, un modello conosciuto come triangolo di Einthoven. Gli elettrodi vengono posizionati sulla cute in corrispondenza degli angoli del triangolo e collegati in coppia ad un misuratore di voltaggio. Alle coppie di elettrodi sono riferite le derivazioni, indicate con numeri romani. Ciascuna specifica derivazione misura la differenza di potenziale elettrico, sulla superficie cutanea, tra l'elettrodo positivo e quello negativo: - I derivazione misura la differenza di potenziale tra il braccio sinistro e il braccio destro; - II derivazione misura la differenza di potenziale tra la gamba sinistra e il braccio destro; 5 FISIOLOGIA - primo semestre - III derivazione misura la differenza di potenziale tra la gamba sinistra e il braccio sinistro. La direzione delle onde registrate (verso l'alto o verso il basso) dipende dalla differenza di potenziale tra i due elettrodi, che può essere positiva (deflessione verso l'alto) o negativa (deflessione verso il basso). Nell'elettrocardiografia clinica, gli elettrodi sono posizionati sia sulla gabbia toracica sia sugli arti, in modo da ottenere 12 differenti derivazioni. Ciascuna derivazione fornisce una differente registrazione dell'attività elettrica del cuore. L'ECG viene registrato su carta millimetrata alla velocità di 25 mm/ sec, con un'ampiezza di 1 mV/cm. Generalmente mostra tre caratteristiche forme di onda: (1) l'onda P, una deflessione verso l'alto dovuta alla depolarizzazione atriale; (2) il complesso QRS, una serie di deflessioni a punta verso l'alto e verso il basso, che sono espressione della depolarizzazione ventricolare; (3) l'onda T, una deflessione verso l'alto dovuta alla ripolarizzazione ventricolare. Durante il battito cardiaco i potenziali d'azione vengono generati dalle cellule in tempi diversi e l'ECG esprime il pattern di scarica dei potenziali d'azione dell'intera popolazione di cellule che costituiscono il muscolo cardiaco. Oltre alle onde, alcuni intervalli e segmenti possono fornire importanti informazioni sulla funzionalità del cuore. L'intervallo P-Q o P-R corrisponde al tempo compreso tra l'inizio dell'onda P e l'inizio del complesso QRS ed è una stima del tempo di conduzione nel nodo AV. L'intervallo Q-T corrisponde al tempo che intercorre tra l'inizio del complesso QRS e la fine dell'onda T ed è una stima della durata della contrazione ventricolare, chiamata sistole ventricolare. Il segmento T-Q corrisponde al tempo che intercorre tra la fine dell'onda T e l'inizio del complesso QRS ed è una stima del tempo di rilasciamento ventricolare, chiamato diastole ventricolare. L'intervallo R-R corrisponde al periodo compreso tra i picchi di due successivi complessi QRS e rappresenta l'intervallo tra due battiti successivi. La frequenza cardiaca può essere ricavata dividendo l'unità di tempo, 60 secondi, per l’intervallo R-R. 1.4 Ciclo cardiaco Il ciclo cardiaco comprende tutti gli eventi meccanici associati con il flusso del sangue durante un singolo battito cardiaco, ovvero quando un potenziale d’azione nella cellula pacemaker investe l’intera massa cardiaca, portando alla contrazione e al rilasciamento delle camere cardiache, fenomeni di modificazione di pressione che permettono il movimento del sangue. Il ciclo cardiaco può essere suddiviso in due fasi, a loro volta suddivise in due sottofasi: 1. sistole, il periodo di contrazione ventricolare; 2. diastole, il periodo di rilasciamento ventricolare. Nel cuore la tensione sviluppata dalla contrazione genera pressione all’interno delle camere cardiache. Il gradiente di pressione che si viene a sviluppare tra atri e ventricoli e arterie (aorta e arterie polmonari) determina il passaggio di sangue tra atri e ventricoli e tra ventricoli e arterie. Il ciclo cardiaco è un processo ciclico: per convenzione, si comincia a descrivere il ciclo cardiaco dalla fase di riempimento ventricolare (ritorno venoso e contrazione atriale), che corrisponde alla seconda parte della diastole. Dopo di che, inizia la sistole ventricolare: la fase della contrazione isovolumetrica e la fase di eiezione ventricolare. Il ciclo cardiaco termina con la prima parte della diastole, ovvero il rilasciamento isovolumetrico. 1.4a Fase di riempimento ventricolare Durante la. seconda metà della diastole, il sangue torna al cuore attraverso le vene sistemiche e quelle polmonari, entra negli atri rilasciati e attraverso le valvole AV aperte riempie il ventricolo. Infatti, con il rilasciamento, la pressione ventricolare scende al di sotto della pressione dell’atrio. Questo permette l’apertura della valvola atrioventricolare, in modo che il sangue possa fluire dall’atrio al ventricolo per gradiente di pressione. La pressione ventricolare si aggira intorno ai 10 mmHg. Durante la fase di riempimento, il sangue passa da un volume 60 ml (quota di sangue fissa che è sempre all’interno del ventricolo e che serve per mantenere le caratteristiche geometriche del ventricolo) a un volume di 130 ml (ingresso 70 ml di sangue nel ventricolo). La gran parte di questo sangue passa unicamente per gradiente di pressione: infatti, questa prima componente di riempimento ventricolare è definita fase di riempimento passivo, perché avviene semplicemente grazie al gradiente di pressione positivo tra atri e ventricoli. Durante la parte terminale, l’ultima quota di sangue (10-20%) viene spinta dal potenziale d’azione generato dalle cellule pacemaker dalla contrazione degli atri. Questa fase termina con la chiusura delle valvole atrioventricolari: queste si chiudono perché la pressione del ventricolo supera quella dell’atrio. A questo punto inizia la sistole, la contrazione ventricolare. La fase di riempimento ventricolare dura circa 500 millisecondi. 1.4b Fase della contrazione isovolumetrica La prima parte della sistole prende il nome di contrazione isovolumetrica: per poter spingere il sangue all’interno dell’aorta, i ventricoli continuano a contrarsi per poter aprire la valvola semilunare aortica. Per fare ciò, il ventricolo deve generare una pressione che sia superiore a quella atriale. La pressione dell’aorta ha un valore minimo di 80 mmHg e un valore massimo di 120 mmHg, mentre quella del ventricolo ha un minimo di 10 mmHg e un massimo di 120 mmHg. L’aorta, costituita da tessuto elastico, permette di mantenere un flusso continuo di sangue in sistole e diastole. Quando la pressione ventricolare supera quella atriale, le valvole AV si chiudono; le valvole semilunari sono ancora chiuse, perché la pressione ventricolare non è abbastanza alta da determinarne l’apertura. In questo momento, il sangue non può fluire né all’interno né all’esterno del ventricolo, perché tutte le valvole sono chiuse. Così, anche se i ventricoli sono contratti, il volume di sangue al loro interno resta costante. Questa fase termina quando la pressione ventricolare è abbastanza alta da superare quella atriale e forzare l’apertura delle valvole semilunari, così che il sangue possa lasciare i ventricoli. La fase di contrazione isovolumetrica ha una durata di 50 millisecondi. 1.4c Fase di eiezione ventricolare Il ventricolo continua la sua contrazione fino a generare una pressione di 120 mmHg: continuando a contrarsi, esso aumenta anche la pressione all’interno dell’aorta, facendo fluire il sangue nel canale aortico. Si completa la contrazione dei ventricoli e inizia il rilasciamento, con 6 FISIOLOGIA - primo semestre l’abbassamento della pressione. Nella restante parte della sistole il sangue viene pompato nell’aorta e nell’arteria polmonare attraverso le valvole semilunari aperte e il volume ventricolare diminuisce. Durante questa fase la pressione ventricolare raggiunge il suo picco massimo e quindi inizia a diminuire: quando quest’ultima diviene minore della pressione aortica e delle arterie polmonari, le valvole semilunari si chiudono, dando inizio alla diastole. La fase di eiezione ventricolare dura 300 millisecondi. 1.4d Fase di rilasciamento isovolumetrico All’inizio della diastole, il miocardio ventricolare è rilasciato. C’è ancora un po’ di sangue nei ventricoli ed è ancora sotto pressione poiché la tensione nel muscolo ventricolare richiede tempo per tornare a 0. La pressione ventricolare è troppo bassa per aprire le valvole semilunari e troppo alta per permettere l’apertura delle valvole AV. Quando la pressione ventricolare diviene abbastanza bassa da consentire alle valvole AV d aprirsi di nuovo, dagli atri l sangue fluisce ne ventricoli. Questo segna l’inizio di un nuovo ciclo cardiaco. La fase di rilasciamento isovolumetrico ha una durata di 80 millisecondi. Grafico pressione volume A ® inizio riempimento e apertura valvola atrioventricolare (mitrale) A ® B riempimento e contrazione atriale B ® chiusura valvola atrioventricolare (mitrale) B ® C contrazione isovolumetrica C ® apertura aortica C ® D eiezione ventricolare D ® chiusura valvola aortica D ® A rilasciamento isovolumetrico La pressione nell’aorta costituisce la pressione arteriosa del sangue. La pressione arteriosa varia durante il ciclo cardiaco; la pressione massima raggiunta durante la sistole prende il nome di pressione sistolica (120 mmHg), dove il ventricolo si sta contraendo fino al massimo, facendo defluire il sangue in aorta, mentre quella minima, che si ha nella fase di diastole, viene definita pressione diastolica (80 mmHg). La pressione diastolica non è mai uguale a 0 per il ritorno elastico. Se il cuore smettesse di battere, la pressione in aorta scenderebbe verso 0 e dunque mancherebbe la pressione necessaria per mantenere il flusso di sangue durante tutto il ciclo cardiaco. Il volume telediastolico costituisce il volume massmo di sangue contenuto nel ventricolo alla fine della diastole (130 ml), mentre il volume telesistolico costituisce il volume minimo di sangue contenuto nel ventricolo alla fine della sistole (60 ml). Il volume di eiezione ventricolare costituisce il volume di sangue eiettato durante una sistole dal ventricolo nell’aorta. La frazione di eiezione si ricava dal rapporto tra il volume telesistolico e il volume telediastoico (60 ml/ 130 ml) e rappresenta un parametro di efficienza cardiaca. 1.5 Gittata cardiaca La capacità del sistema cardiocircolatorio di distribuire in modo efficiente il sangue agli organi dipende dalla frequenza e dalla forza con cui si contraggono i ventricoli. In condizioni di riposo, i ventricoli destro e sinistro pompano nella circolazione sanguigna ciascuno una quantità di circa 5.4 litri al minuto. Il volume di sangue pompato da un ventricolo in un minuto viene chiamato gittata cardiaca (CO) ed è normalmente espresso in litri al minuto. In ciascun battito cardiaco, i ventricoli destro e sinistro si contraggono simultaneamente. Dunque, il numero delle contrazioni per minuto (cioè la frequenza cardiaca, FC) è lo stesso per entrambi i ventricoli. La gittata cardiaca è determinata dalla frequenza cardiaca e dal volume di eiezione ventricolare (gittata sistolica): gittata cardiaca (CO) = frequenza cardiaca (FC) x volume di eiezione ventricolare (SV) Per un adulto a riposo, la frequenza cardiaca normale è di circa 72 battiti/minuto e il volume di eiezione ventricolare è 70 ml. La gittata del ventricolo sinistro indica il flusso ematico attraverso il circolo sistemico, mentre quando si parla di gittata del ventricolo destro si indica il flusso ematico attraverso il circolo polmonare. Le gittate cardiache destra e sinistra devono essere uguali, altrimenti un certo volume di sangue dal circolo sistemico si accumulerebbe in quello polmonare, o viceversa. 1.5a Controllo gittata cardiaca La gittata cardiaca non è un valore stabile, ma dinamico, che dipende dall’apporto di ossigeno ai tessuti. È necessario dunque un sistema di regolazione. Sebbene le contrazioni del cuore non siano innescate da stimoli provenienti dal sistema nervoso centrale, il sistema nervoso è in grado di modulare vari aspetti della funzione cardiaca, inclusi la frequenza e la forza di contrazione del muscolo cardiaco. Per questa ragione, gli stimoli nervosi diretti al cuore esercitano un'influenza significativa sulla gittata cardiaca. Inoltre, la gittata cardiaca è anche modulata da ormoni presenti nel circolo sanguigno. La regolazione della funzione cardiaca (o di ogni altro organo o tessuto) mediante stimoli nervosi o ormonali, o mediante un qualsiasi altro fattore che origini all'esterno dell'organo, viene chiamata controllo estrinseco. Per contro, la regolazione di un organo o di un tessuto da parte di fattori che originano nello stesso organo o tessuto, è definita controllo intrinseco. Il cuore è sottoposto sa a un controllo estrinseco che a un controllo intrinseco. Il controllo nervoso del cuore è attuato dal sistema nervoso autonomo: fibre del sistema nervoso autonomo regolano sia la frequenza cardiaca che il volume di eiezione ventricolare. Il sistema nervoso è organizzato in un sistema nervoso centrale e in uno sistema nervoso periferico. Il sistema nervoso periferico è funzionalmente diviso nelle componenti afferente, vie con cui l’informazione viene trasmessa dai sistemi sensoriali al SNC per la percezione, ed efferente, vie con cui le informazioni vengono trasmesse dal SNC agli organi effettori. Il sistema nervoso efferente ha due branche: il sistema nervoso autonomo, che controlla ghiandole e i muscoli degli organi interni, ed il sistema 7 FISIOLOGIA - primo semestre nervoso somatico, che controlla i muscoli scheletrici. Il sistema nervoso autonomo è una branca in uscita che va a controllare e modificare l’attività cardiaca. Il SNA è costituito da due porzioni anatomicamente e funzionalmente distinte, ma sinergiche: il sistema nervoso simpatico e il sistema nervoso parasimpatico. Esso ha la funzione di regolare l’omeostasi dell’organismo ed è un sistema non influenzabile dalla volontà che opera con meccanismi appunto autonomi, relativi a riflessi periferici sottoposti al controllo centrale. Il sistema nervoso autonomo regolala muscolatura liscia (vasi ematici ed organi viscerali), l'attività cardiaca e l'attività secretoria ghiandolare. Entrambe le divisioni del SNA innervano la maggior parte degli organi (duplice innervazione). Gli effetti della stimolazione simpatica e parasimpatica sono opposti (antagonisti) e le due divisioni sono attivate in modo complementare. Il sistema simpatico è attivo durante i periodi di eccitazione o intensa attività fisica quando coordina una serie di risposte note come reazioni di attacco e fuga. La frequenza e la contrazione del muscolo cardiaco aumentano, il flusso ematico viene deviato dagli organi gastrointestinali ai muscoli scheletrici ed al cuore e vengono mobilizzati i depositi di energia. Il sistema parasimpatico, invece, è al massimo della sua attività in condizioni di riposo quando stimola gli organi digestivi e inibisce il sistema cardiovascolare. Il SNA consiste di vie efferenti formate da due neuroni organizzati in serie tra il SNC e gli organi effettori. I neuroni comunicano tra di loro mediante sinapsi localizzate in strutture periferiche chiamate gangli del SNA. I neuroni che collegano il SNC ai gangli sono definiti neuroni pregangliari; quelli che collegano i gangli agli organi effettori sono i neuroni post-gangliari. I due neurotrasmettitori del SNA sono acetilcolina e noradrenalina. L’acetilcolina è rilasciata dai neuroni pregangliari simpatici e parasimpatici e dai neuroni post gangliari parasimpatici (sinapsi tra primo e secondo neurone di entrambe le vie). La noradrenalina è il neurotrasmettitore usato dai neuroni simpatici post gangliari (sinapsi tra secondo neurone e cellula effettrice). I recettori nicotinici sono recettori con cui viene mediata un’eccitazione nel sistema autonomo simpatico, mentre i recettori muscarinici possono avere attività eccitatoria o inibitoria nel sistema autonomo parasimpatico. Le modificazioni dell’attività del SNA si realizza attraverso l’attivazione dei riflessi viscerali, cambiamenti automatici nelle funzioni degli organi in riposta a mutate condizioni dell’organismo. I centri di controllo del SNA si trovano nel tronco dell’encefalo (ponte e midollo allungato). Il SNA controlla sia la frequenza cardiaca sia il volume di eiezione ventricolare. La branca simpatica innerva il tessuto cardiaco, aumentando la frequenza cardiaca (aumenta la depolarizzazione spontanea), mentre la branca parasimpatica innerva l’attività elettrica, ovvero il nodo senoatriale e il nodo atrioventricolare, riducendo la frequenza cardiaca. Il simpatico aumenta la frequenza di scarica del nodo senoatriale e velocizza la trasmissione dell’impulso attraverso il sistema di conduzione. La contrattilità è la capacità del muscolo di generare forza. Ogni fattore capace di indurre i ventricoli a contrarsi con più forza tende a far aumentare il volume di eiezione ventricolare aumentando la GC (GC = frequenza cardiaca x volume di eiezione). I neuroni simpatici si proiettano anche alle cellule muscolari che costituiscono la massa del miocardio. 1.5b Controllo del volume di eiezione ventricolare Il volume di eiezione ventricolare è controllato attraverso un meccanismo del cuore stesso (controllo intrinseco). Infatti, la forza di contrazione non dipende solo dal controllo estrinseco, ma varia anche in risposta all’entità dello stiramento che il miocardio ventricolare subisce quando il ventricolo si riempie di sangue. Nel cuore la relazione tensione-lunghezza diventa una relazione pressione-volume (volume telediastolico). Il volume telediastolico determina la tensione passiva delle fibre miocardiche (precarico). Esiste un valore ottimale di precarico, a partire dal quale il muscolo cardiaco è in grado di sviluppare il valore più elevato di forza contrattile. All’aumentare del volume telediastolico, le fibre si allungano e si avvicinano al valore di lunghezza ottimale, potendo produrre così una tensione (forza di contrazione) maggiore. Il controllo ntrinseco della funzione cardiaca e la relazione pressione volume in condizioni di isometria nel cuore isolato fu dimostrata da Frank nel 1884 ed enunciata da Starling nel 1918. La legge di Frank-Starling descrive che la forza di contrazione sviluppata dalle fibre cardiache durante la sistole, e quindi la quantità di sangue espulsa dal ventricolo, dipendono dalla lunghezza iniziale delle fibre, cioè dal volume telediastolico. Quando il flusso del sangue che proviene dai vasi venosi (cioè corrisponde al ritorno venoso) e che riempie il cuore varia, il cuore aggiusta automaticamente il flusso in uscita per adattarlo a quello in ingresso. Se aumenta il volume telediastolico, la forza di contrazione ventricolare aumenta, producendo un incremento del volume di eiezione ventricolare e, quindi della gittata cardiaca. Se il volume telediastolico diminuisce, la forza di contrazione diminuisce e si crea così una diminuzione del volume di eiezione ventricolare e quindi della gittata cardiaca. L’aumento del volume telediastolico provoca un allungamento delle fibre del miocardio ventricolare: lo stiramento provoca un aumento della forza di contrazione. Le fibre si avvicinano così alla lunghezza ottimale di contrazione (la lunghezza ottimale del sarcomero per il muscolo cardiaco è superiore alla lunghezza di riposo). Lo stiramento delle fibre aumenta l’affinità delle troponina verso il calcio (aumento numero ponti trasversali attivi). La curva di Starling o curva della funzione cardiaca in condizioni normali è la curva tracciata assumendo che l’effetto del simpatico e gli altri fattori che influenzano il volume d’eiezione siano costanti. Le variazioni sia dell’attività del simpatico che del volume telediastolico influenzano la forza di contrazione ventricolare. Questa curva mostra gli effetti della lunghezza della fibre muscolare miocardica, stabilita dal volume telediastolico sulla tensione che si sviluppa a seguito della sua contrazione, misurabile dal volume di eiezione. La lunghezza massima della fibra non viene mai raggiunta in un cuore sano; ne consegue che un aumento del volume telediastolico causa sempre un maggiore volume di eiezione. Se aumenta l’attività simpatica, la curva di Starling si sposta verso l’alto. Il volume di eiezione ventricolare per quel dato volume telediastolico aumenta, rispecchiando l’aumento della contrattilità indotta dal sistema nervoso simpatico. Grazie all’effetto Starling il cuore regola la propria dimensione aggiustando il volume di eiezione ventricolare al ritorno venoso. Se questo non succedesse e il volume di eiezione ventricolare rimanesse stabile nonostante l’aumento del ritorno venoso (e quindi del volume telediastolico), ad ogni battito il cuore accumulerebbe quantità crescenti di sangue e si dilaterebbe, portando uno svantaggio dal punto di vista funzionale. 8 FISIOLOGIA - primo semestre L’effetto negativo dell’aumento di dimensioni del cuore sull’azione di pompa deriva da un principio fisico. La legge di Laplace spiega come l’aumento delle dimensoni del cuore comporti una diminuzione nella funzione di pompa del cuore. La legge d Laplace descrive come la tensione che si sviluppa nella parte cardiaca per generare una certa pressione dipende dalle caratteristiche geometriche dell’organo cavo. tensione ∞ P X D La pressione che si genera nelle cavità cardiache dipende dalla tensione T sviluppata dalla parete muscolare, dal raggio r della camera ventricolare e dallo spessore della parete delle camere cardiache. 𝟐𝐓𝐝 P= 𝐫 La legge di Laplace spiega perché, nel caso di dilatazione ventricolare, il cuore sia meccanicamente svantaggiato. Infatti, deve sviluppare una tensione maggiore per ottenere la stessa pressione. Se si considera un cuore dilatato e spessore della parete invariato si ha che per avere la stessa pressione intraventricolare la parete deve sviluppare una tensione doppia. Questo è quello che succede nel caso patologico di insufficienza cardiaca. I ventricoli, se diventano troppo grandi, a causa di caratteristiche geometriche svantaggiose, sono incapaci di sviluppare una pressione tale da poter mantenere una gittata cardiaca adeguata. Secondo la legge di Starling la forza della contrazione ventricolare aumenta o diminuisce all’aumentare o diminuire del volume telediastolico. Il volume telediastoslico viene determinato principalmente dalla pressione telediastolica detta precarico perché sviluppa la tensione (il carico) sul miocardio prima che inizi a contrarsi. Il volume telediastolico dipende da vari fattori: - tempo di riempimento, dipendente dalla frequenza cardiaca; - pressione atriale, dipendente dal ritorno venoso e dalla contrattilità atriale. Il volume di eiezione ventricolare è qundi condizionato da: - contrattilità ventricolare; - volume telediastolico; - postcarico, ovvero la pressione che i ventricoli devono vincere per produrre lavoro (spingere sangue all’interno del circolo). Il volume di eiezione ventricolare dipende non solo da quanta forza il muscolo ventricolare sviluppa, ma anche da quanta forza si oppone al passaggio di sangue nei tronchi arteriosi. Quando il cuore pompa il sangue il muscolo ventricolare lavora contro la pressione arteriosa. L’aumento della pressione arteriosa tende a far diminuire il volume di eiezione ventricolare. Poiché la pressione arteriosa genera un carico sul miocardio che si manifesta dopo l’inizio della contrazione viene definita postcarico. 1.6 Leggi fisiche che regolano il flusso e la pressione del sangue Il sistema vascolare può essere assimilato ad un sistema complesso di condotti e sfrutta leggi fisiche che regolano il flusso di un liquido in un tubo. 1. principio di continuità ® per qualsivoglia circuito chiuso di condotti vale la legge della continuità: il volume di liquido che nell’unità di tempo attraversa una qualunque sezione trasversa del circuito è costante. Nel sistema cardiocircolatorio (che è un circuito chiuso) operano due pompe (cuore di sinistra e cuore di destra) che sono poste in serie e che quindi devono essere bilanciate in modo che ciascuna delle due immetta, nell’unità di tempo, nella rispettiva arteria (aorta e polmonare) lo stesso volume di sangue. 2. il flusso che attraversa un condotto è uguale al prodotto tra la velocità del fluido e la sezione del condotto flusso = velocità x sezione 9 FISIOLOGIA - primo semestre 3. il flusso di un liquido è direttamente proporzionale al gradiente di pressione lungo il tubo e inversamente proporzionale alla resistenza al flusso ∆𝐏 flusso = gradiente d pressione/resistenza= 𝐑 Il gradiente pressorio è la differenza di pressione che si registra tra l’inizio del circolo e la fine del circolo. La funzione principale del cuore è di dare origine ad una pressione che diriga il flusso sanguigno nei vasi. Grazie alla sua azione di pompa, il cuore innalza la pressione arteriosa media creando una differenza di pressione tra arterie e vene che consente al sangue di scorrere. All’inizio del circolo arteriosa la pressione arteriosa media è di circa 90 mmHg. Alla fine del circolo, nelle grosse vene della cavità toracica che riportano il sangue al cuore, la pressione, definita pressione venosa centrale, è di circa 2-8 mmHg. È la differenza tra le due pressioni (gradiente pressorio) che permette al sangue di fluire nel circolo sistemico. Nel circolo polmonare il gradiente è minore perché la pressione nelle arterie polmonari è più bassa di quella aortica. La pressione di un liquido in movimento diminuisce con la distanza percorsa. Infatti, quando il fluido incomincia a scorrere attraverso il sistema, la pressione diminuisce con la distanza per l’energia persa a causa dell’attrito. Ciò accade anche nel sistema circolatorio. La pressione sistemica media va da un massimo di 93 mmHg nelle grosse arterie, a un minimo di pochi mmHg nelle vene cave. 4. relazione pressione-flusso ® il flusso Q è proporzionale alla differenza tra pressione di ingresso Pi e pressione di uscita Pu Q ∝ Pi - Pu 5. flusso e pressione sono legati dalla resistenza che incontra un liquido che fluisce in un condotto. L’intensità del flusso di un fluido in un condotto dipende dalla pressione esercitata sul fluido e dalla resistenza esercitata dal condotto ∆𝐩𝐫𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 (𝐦𝐦𝐇𝐠) Q (ml × s-1) = 𝐫𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐧𝐳𝐚 (𝐦𝐦𝐇𝐠∙𝐦𝐥!𝟏 ∙𝐬) Per resistenza periferica totale si intende la resistenza al flusso offerta da tutto il circolo sistemico, considerato come un condotto unico che origina all’aorta e termina alle vene centrali. La resistenza periferica si può calcolare misurando il flusso e il gradiente pressorio tra ingresso e uscita del condotto. La resistenza periferica per l’intero letto circolatorio: ∆9 9# < 9$% R 9: = ; = => 6. legge di Poiseuille ® mette in relazione il flusso di un liquido attraverso la sezione di un condotto con la pressione che lo determina, le caratteristiche del condotto (lunghezza, raggio) e le proprietà fisiche del liquido (viscosità) (𝑷𝟏 < 𝑷𝟐 ) 𝛑 𝒓𝟒 F= 𝟖𝛈𝐥 dove P1 e P2 sono la pressione all’inizio e alla fine del condotto, r è il raggio, l è la lunghezza del condotto e η è la viscosità del liquido. I condotti che possono cambiare di calibro sono quelli che nella loro parete hanno tessuto muscolare liscio, ovvero le arteriole. Il tessuto muscolare liscio delle arteriole mantiene un tono di contrazione, che può essere aumentato o ridotto. Quando il tono viene aumentato, il calibro del vaso si riduce: si parla di vasocostrizione. Quando invece il tono basale di contrazione si riduce (tessuto si rilassa), il calibro del vaso aumenta: si parla di vasodilatazione. La vasocostrizione in qualsiasi punto del sistema vascolare tende ad aumentare la resistenza dell’intero sistema vascolare, mentre la vasodilatazione la riduce. La viscosità invece è un parametro che rimane più o meno costante: i principali determinanti della viscosità sono determinati dalla concentrazione degli elementi figurati e delle proteine plasmatiche. In un essere umano normale, anche la lunghezza del sistema è fissa, quindi la viscosità del sangue e il raggio dei vasi hanno gli effetti maggiori sulla resistenza. 1.7 Struttura dei vasi sanguigni I vasi sanguigni sono classificati sulla base della direzione del flusso sanguigno in essi contenuto rispetto al cuore e sulla base del loro calibro. In funzione della direzione del flusso, si definiscono vasi arteriose (arterie e arteriole) quelli che trasportano il sangue dal cuore verso i capillari, vasi venosi (venule e vene) quelli che riportano il sangue al cuore. Le arteriole, i capillari e le venule sono vasi di calibro inferiore e costituiscono perciò la cosiddetta microcircolazione. Tutti i vasi sanguigni possiedono una cavità detta lume, nella quale scorre il sangue. il lume dei vasi sanguigni è delimitato da una parete, che varia in spessore e composizione secondo il tipo di vaso. Arterie, vene e capillari sono organi cavi costituiti di tre tonache sovrapposte; dall’interno verso l’esterno sono: - tonaca intima ® è formata da un tessuto epiteliale pavimentoso semplice (endotelio) che poggia (come tutti gli epiteli) su uno strato di tessuto connettivo. Esiste tanto in arterie, quanto in vene e capillari; - tonaca media ® è costituita da tessuto muscolare liscio. Le fibre di questi muscoli sono disposte su più strati concentrici e sono più o meno tonici secondo l’arteria o la vena. Questa tonaca è più sviluppata in arterie, meno nelle vene e assente nei capillari. - tonaca avventizia ® è lo strato più esterno che avvolge e protegge i vasi sanguigni. È formata, come tutte le tonache esterne degli organi, da tessuto connettivo lasso. Questa tonaca contiene anche i nervi che portano gli ordini alla tonaca muscolare (contrazione e rilassamento) e i capillari che portano nutrimento ai muscoli ed al connettivo della tonaca intima. 1.7a Arterie Le arterie allontanano il sangue dal cuore e lo conducono ai tessuti: esse hanno un diametro e uno spessore della parete relativamente grandi. Le arterie più grandi offrono poca resistenza al flusso e pertanto hanno un compito soprattutto di conduzione del sangue. La loro parete contiene grosse quantità di tessuto fibroso ed elastico, che consente loro di sopportare le pressioni sanguigne presenti al loro interno. Man mano che le 10 FISIOLOGIA - primo semestre arterie si suddividono in vasi più piccoli, la componente di tessuto elastico nella loro parete diminuisce, mentre la quantità di muscolatura liscia aumenta. Le arterie aventi diametro inferiore a 0,1 mm perdono le proprietà elastiche e vengono definite arterie muscolari. Lo spessore della parete e l’abbondanza di tessuto elastico conferiscono alle arterie una certa rigidità e una buona capacità di espandersi e restringersi per ritorno elastico al variare della pressione sanguigna in seguito a ciascuna contrazione ventricolare. Queste caratteristiche sono alla base della funzione principale delle arterie, cioè agire come serbatorio di pressione, assicurando la continuità di sangue lungo i vasi. Le arterie con maggiore diametro sono definite come arterie elastiche. L’aorta e le grandi arterie hanno notevole capacità di allargare il proprio calibro, di espandersi ogni volta che il volume di sangue eiettato durante la sistole entra nel letto vascolare. Le grandi arterie hanno un diametro di circa 2 centimetri e devono essere elastiche per dare spazio al sangue di fluirvi dentro durante il battito cardiaco. Tali vasi si espandono ed immagazzinano temporaneamente il sangue, che, durante la diastole, viene spinto avanti e sposta la colonna del sangue che lo precede, creando un flusso continuo. La pressione in aorta oscilla da un valore massimo (sistole ad uno minimo (diastole isometrica). Le proprietà elastiche delle grandi arterie si possono valutare considerandone la distensibilità o complianza. Si può descrivere la complianza di un vaso come il coefficiente angolare della retta che descrive la deformazione di un vaso in relazione alla pressione su di esso esercitata: ∆𝑽 c = ∆𝑷 Nei vasi con bassa complianza, come le arterie, un piccolo incremento di volume di sangue causa un’espansione di modesta entità, che si accompagna però ad una variazione elevata della pressione. Le vene hanno complianza 20 volte maggiore rispetto alle arterie, e possono quindi accogliere maggiori volumi di sangue con piccole variazioni di pressione al loro interno. La pressione arteriosa è la forza esercitata dal sangue sulle parete delle arterie mentre pompa dal cuore attraverso il sistema circolatorio. Viene misurata in millimetri di mercurio e solitamente espressa con due numeri: la pressione sistolica e la pressione diastolica. La pressione sistolica dipende soprattutto dalla gittata sistolica e dalla velocità di riempimento delle grandi arterie elastiche. È indice della forza di contrazione del cuore e della elasticità di aorta e delle grandi arterie elastiche. La pressione diastolica dipende soprattutto dalla resistenza periferica e dalla velocità di svuotamento del sistema elastico. È indice dell’elasticità delle pareti dei vasi e della resistenza periferica. I fattori che determinano la pressione arteriosa possono essere arbitrariamente divisi in fattori fisici e fattori fisiologici: i fattori fisici sono il volume del sangue e la complianza (proprietà elastica) del sistema, mentre i fattori fisiologici sono la frequenza cardiaca, la gittata cardiaca (prodotto della frequenza cardiaca per la gittata sistolica ) e la resistenza periferica. Il valore medio della pressione aortica che si registra durante il ciclo cardiaco è conosciuto come pressione arteriosa media (MAP). La pressione arteriosa media è una variabile estremamente importante nella fisiologia cardiovascolare perché è un indice della forza che fa circolare il sangue nel circolo sistemico. Le variazioni complessive della pressione aortica durante il ciclo cardiaco sono di gran lunga inferiori rispetto a quelle che avvengono nel ventricolo sinistro. Durante la fase di eiezione, le pressioni aortica e ventricolare sono virtualmente identiche, perché l'aorta e il ventricolo sono in comunicazione attraverso la valvola aortica. Durante la restante parte del ciclo, tuttavia, la differenza fra le pressioni aortica e ventricolare diviene considerevole: la pressione ventricolare cade rapidamente, mentre la pressione aortica rimane elevata e diminuisce lentamente. La pressione arteriosa media può essere stimata con la seguente equazione: 𝐒𝐏F(𝟐 ∙𝐃𝐏) MAP = 𝟑 IIJF(K ∙LJ) I valori riferiti ad un soggetto adulto, giovane e sano sono i seguenti: MAP = = 88,3 mmHg. M Qualsiasi valore che modifica la gittata cardiaca o la resistenza periferica totale, va a influenza la pressione arteriosa media. La MAP è mantenuta costante qualora siano mantenute costanti la gittata cardiaca (CO) e la resistenza periferica totale (TPR). La MAP aumenta all’aumentare della gittata cardiaca. La MAP aumenta all’aumentare della resistenza periferica totale. Questi squilibri tra flusso in entrata e in uscita dall’aorta sono transitori. Appena la MAP si innalza, anche il flusso in uscita aumenta e generalmente uguaglia quello in entrata, così la MAP diventa costante. La pressione arteriosa media è controllata da: - sistema nervoso autonomo ed ormoni circolanti (controllo estrinseco); - regolazione a breve termine (si attiva nel giro di pochi secondi o minuti); - regolazione a lungo termine (coinvolge il rene, manifesta in minuti o giorni). Il sistema nervoso è in grado di rilevare, attraverso sensori, il valore di pressone arteriosa media. Se la pressione arteriosa media cambia dalla condizione di riposo, le risposte regolatori si attivano per riportarla al valore di partenza. Si parla di feedback negativo. Questi sensori prendono il nome di barocettori arteriosi, recettori neurosensoriali posti nei vasi sanguigni e nel cuore che rispondono a variazioni del grado di stiramento della parete delle arterie, a sua volta provocate da variazioni di pressione sanguigna. Quando la pressione arteriosa sale, le arterie si espandono, la parete delle arterie e le terminazioni dei barocettori vengono stirate, portando alla depolarizzazione dei terminali barocettivi. I barocettori arteriosi sono localizzati nell’arco aortico e nei seni carotidei delle arterie carotidi: sono posti in una posizione strategica, perché la pressione nell’aorta influenza il flusso di sangue in tutti gli organi del circolo sistemico e la pressione nelle carotidi influenza il flusso di sangue all’encefalo. I barocettori arteriosi sono importanti nella regolazione della pressione arteriosa media, perché essi inviano le informazioni relative alla pressione al sistema nervoso centrale, il quale esercita un controllo sulla funzione cardiovascolare attraverso nuclei del sistema nervoso autonomo localizzati nel midollo allungato. Il controllo nervoso della pressione arteriosa media avviene nel midollo allungato (bulbo, tronco dell’encefalo). Il centro regolatore riceve impulsi da barocettori arteriosi, barocettori di bassa pressione nel cuore e grosse vene (pressione venosa), chemocettori (posti nel cervello e nelle carotidi) che rilevano le concentrazioni di ossigeno, anidride carbonica e ioni idrogeno nel sangue arterioso, e aree cerebrali superiori (ipotalamo). 11 FISIOLOGIA - primo semestre Quando una persona passa in fretta dalla posizione sdraiata (clinostatica) a quella eretta (ortostatica), l'accumulo di sangue nella parte bassa del distretto venoso provoca una caduta della pressione venosa, che a sua volta induce una caduta della pressione arteriosa media. Poiché questa diminuzione della pressione riduce il flusso sanguigno all'encefalo, di frequente molte persone accusano dei capogiri alzandosi in piedi. Nel giro di pochi secondi, ruttavia, il capogiro scompare, perché la pressione ritorna normale. Ciò succede perché la caduta della pressione arteriosa viene rilevata dai barocettori arteriosi, i quali, una volta stimolati, incrementano l'attività simpatica e deprimono quella parasimpatica, causando un aumento della frequenza cardiaca, della contrattilità del miocardio e della resistenza vascolare. Questa successione di eventi costituisce la risposta del riflesso barocettivo ad una caduta della pressione arteriosa. 1.7b Arteriole Le arterie si ramificano in arteriole, di diametro sempre più ridotto, che possono sfociare in un letto capillare oppure in metarteriole, le quali, a loro volta, confluiscono direttamente nelle venule. Quindi, le arteriole fanno parte del microcircolo e fungono da passaggio per il sangue consentendogli l’accesso ai capillari, dove avviene lo scambio tra sangue e tessuti. Nelle loro pareti scarseggia il tessuto elastico, ma abbonda il tessuto muscolare liscio: è appunto per la presenza di questo tipo di muscolatura, che contraendosi e rilassandosi, che può variare il lume del vaso. Per questo motivo, le arteriole rappresentano le principali componenti di regolazione della resistenza al flusso del sangue. Le arteriole vengono così definiti i rubinetti della circolazione: cambiando il loro diametro le arteriole possono alterare il flusso. La caduta di pressione per ogni segmento del letto circolatorio è indice della resistenza al flusso. La caduta di pressione (ΔP) è massima a livello delle arteriole perché qui la resistenza al flusso (R) è massima. Se la muscolatura si contrae il raggio dell’arteriola diminuisce e la resistenza al flusso sale. Se la muscolatura si rilascia il raggio aumenta e si ha una riduzione della resistenza. I meccanismi di controllo sono intrinseci (metaboliti locali) ed estrinseci (sistema nervoso autonomo ed ormoni). I meccanismi di controllo estrinseco sono responsabili di una pressione arteriosa sufficiente per portare il sangue verso tutti gli organi. I meccanismi di controllo intrinseco regolano il flusso secondo le necessità di un dato organo. Il sangue non si distribuisce in maniera uniforme in tutti gli organi ma secondo le loro necessità. Il controllo intrinseco è attuato mediante dilatazione o costrizione delle arteriole. I meccanismi intrinseci sono importanti soprattutto nella regolazione del flusso ematico al cuore, al cervello e ai muscoli scheletrici. Le cellule della muscolatura liscia sono sensibili alle condizioni LEC (ossigeno, anidride carbonica, ioni). Variazioni associate ad una aumentata attività metabolica provocano vasodilatazione e variazioni associate ad una minore attività metabolica provocano vasocostrizione. Le cellule della muscolatura liscia vascolare delle arteriole sono sensibili alla composizione dl liquido extracellulare e rispondono a variazioni della concentrazione di una vasta gamma di sostanze chimiche, che comprendono ossigeno, anidride carbonica, ioni potassio, ioni idrogeno e altro ancora. Queste variazioni dipendono dall’attività metabolica del tessuto irrorato e la muscolatura liscia arteriolare si contrae o si rilascia in base all’aumento o alla diminuzione della concentrazione di particolari sostanze. In condizioni di riposo l’ossigeno viene rilasciato dal sangue nei tessuti parallelamente al suo consumo, mentre l’anidride carbonica viene rimossa dai tessuti e passa nel sangue. man mano che viene prodotta. Quando il metabolismo aumenta, la quantità di ossigeno consumato è maggiore di quella rilasciata, e la produzione di anidride carbonica supera la quantità rimossa; di conseguenza, mentre la concentrazione di ossigeno tissutale diminuisce, quella dell’anidride carbonica aumenta. Si parla di ipossia: l’ossigeno viene utilizzato più rapidamente di quanto non venga fornito dal sangue. in altre parole, il flusso sanguigno diventa insufficiente a sostenere la domanda metabolica e una tale insufficienza del flusso ematico crea una condizione nota come ischemia. La minore concentrazione di ossigeno e l’aumentata concentrazione di anidride carbonica agiscono sulla muscolatura liscia, facendola rilasciare e provocando così vasodilatazione. La vasodilatazione facilita il flusso sanguineo: l’ossigeno che arriva alle cellule aumenta e l’anidride carbonica viene rimossa più efficacemente. L’aumento del flusso ematico in seguito ad un aumento dall’attività metabolica è detto iperemia attiva (flusso ematico superiore alla norma). Nell’iperemia attiva aumenta la concentrazione di CO2 e diminuisce la concentrazione di O2 per aumento metabolismo locale. Tali concentrazioni possono alterarsi anche per variazioni del flusso. Se il flusso si riduce (shock circolatorio), viene messa in atto vasodilatazione. 1.7c Capillari I capillari sono le strutture dove avvengono gli scambi di nutrienti e cataboliti tra il sangue ed i tessuti. I capillari sono i vasi più piccoli e numerosi (diametro 5-10 μm, parete 0.5 μm, numero 10 miliardi) e la loro parete è composta da uno strato di cellule endoteliali e dalla lamina basale. Lo scambio è facilitato dalla parete sottile e dall’area della sezione capillare totale disponibile (600 metri quadrati). La permeabilità dei capillari dipende dalla parete: si distinguono capillari continui e capillari fenestrati (varia da regione a regione). Nei capillari continui, le cellule endoteliali sono tra loro ravvicinate. Sono altamente permeabili a sostanze di piccole dimensioni e liposolubili e meno permeabili a sostanze idrosolubili. La 12 FISIOLOGIA - primo semestre permeabilità è molto bassa a proteine e grosse molecole. Nei capillari fenestrati, le cellule endoteliali presentano pori relativamente larghi (fenestrature) che sono particolarmente adatti al passaggio di proteine e sostanze di grosse dimensioni. Questi tipi d capillari si trovano principalmente in organi la cui funzione dipende dal movimento rapido di materiali 1.7d Venule e vene Le venule si trovano dopo i capillari e sono più piccole delle arteriole. Le loro pareti contengono poca muscolatura liscia e si gettano poi nelle vene. Le vene hanno lo stesso diametro delle arterie, ma parete più sottile, che riflette il fatto che la pressione è minore. Le vene sono dei vasi che presentano un’elevata complianza (piccolo incremento di pressione provoca un grande componente di volume): la gran parte del sangue è contenuto nel distretto venoso. Le vene hanno la caratteristica di presentare delle valvole che mantengono l’unidirezionalità del flusso (sangue verso il cuore, no reflusso). Le valvole sono presenti nelle vene periferiche (localizzate al di fuori della cavità toracica) e non nelle vene centrali. Le vene possono perdere un buon volume di sangue prima che la diminuzione della pressione venosa provochi diminuzione della pressione ventricolare telediastolica e quindi della gittata. Se le vene avessero una bassa compliance, la perdita di un dato volume di sangue causerebbe una maggior diminuzione della pressione venosa e della gittata cardiaca. Quando bisogna aumentare la gittata cardiaca entrano in gioco meccanismi che aumentano il ritorno venoso. I fattori che influenzano la pressione venosa centrale e, quindi, il flusso ematico agli organi, sono: - pompa muscolare scheletrica ® quando i muscoli scheletrici si contraggono comprimono le vene che decorrono nel tessuto, innalzando la pressione all’interno. L’aumento di pressione forza le valvole distali a chiudersi e le prossimali ad aprirsi; così, il sangue progredisce verso il cuore; - pompa respiratoria ® anche il movimento inspiratorio che si accompagna all’esercizio fisico facilita il ritorno venoso; - volume ematico ® un incremento del volume ematico provoca un aumento pressione venosa, mentre la diminuzione volume ematico (emorragia) provoca la riduzione pressione venosa; - tono venomotorio ® la muscolatura liscia delle vene si contrae o si rilascia in risposta allo stimolo proveniente da nervi autonomi o da agenti chimici. 13 FISIOLOGIA - primo semestre 2 | Il sangue Il sangue è un vero e proprio organo e non è altro che un tessuto connettivo allo stato liquido. Per tessuto connettivo si intende un tessuto che fornisce un supporto strutturale metabolico e protettivo ad altri tessuti. Perché abbiamo bisogno di sangue? Con il progredire della differenziazione cellulare, e dunque con l’avanzare dell’evoluzione, gli organismi sono diventati più complessi, trasformandosi da organismi unicellulari ad organismi pluricellulari. Per questo motivo gli organismi hanno sviluppato un meccanismo di scambio tra cellula e cellula, ovvero il sangue. Il sangue è un elemento molto importante dal punto di vista omeostatico, perché permette il mantenimento delle condizioni ottimali dei tessuti. Una buona parte del sangue è costituita da acqua: infatti, il sangue è uno dei compartimenti idrici (come l’acqua si distribuisce nell’organismo) del corpo umano. Il corpo umano è costituito dal 60% di acqua (42 litri circa), distribuita tra liquido intracellulare (28 litri circa, 67%), ovvero il liquido racchiuso all’interno della membrana plasmatica, quindi la quantità di acqua contenuta all’interno del citosol di tutti gli organismi, e il liquido extracellulare (15 litri circa, 33%). Il liquido extracellulare è suddiviso a sua volta in: - liquido interstiziale (10,5 litri), ovvero il liquido presente tra cellula e cellula; - liquido linfatico, ovvero il liquido del sistema linfatico contenente proteine, linfociti, lipidi, sostanze rimosse dall’interstizio dei tessuti, che viene poi riportato al sistema cardiovascolare; - liquido transcellulare (0,5 litri), cioè il liquido presente all’interno degli spazi potenziali; - liquido plasmatico (3 litri), la porzione liquida del sangue. L’acqua all’interno di questi compartimenti idrici ha un’alta proprietà dinamica, ovvero viene scambiata tra un compartimento e l’altro. Gran parte delle interazioni e comunicazioni tra i diversi compartimenti idrici è garantita dal plasma, ed è qui che risiede la funzione omeostatica del sangue. In condizioni di stasi, i liquidi che entrano nell’organismo sono uguali a quelli che escono (circa 2,3 litri al giorno). La gran parte dei liquidi che escono dall’organismo lo fanno sotto forma di urine, grazie al sistema renale, l’unico sistema che è rigorosamente controllato, da una serie di elementi estrinseci e dal sistema ormonale, per quanto riguarda l’eliminazione di acqua. Alcuni ormoni agiscono infatti direttamente o indirettamente sull’eliminazione di acqua (vasopressina, aldosterone). 2.1 Caratteristiche del sangue Il sangue ha un peso specifico di 1,057-1,062 g/ml, una viscosità di 3,5-5,5 cP e una pressione oncotica di 25 mmHg. Tutti questi elementi intervengono direttamente sulla proprietà del sangue di scambiare elementi nutritivi o di scambio con i tessuti. La quantità di sangue presente nell’organismo è di circa 5,5 litri. Poiché il sangue possa esplicare tutte le sue funzioni, deve avere un pH altamente controllato, tra 7,3 e 7,4. Il pH viene controllato mediante una serie di sistemi tampone presenti nella parte liquida del sangue. Il sangue è costituito da due parti: una parte liquida, il plasma, pari a circa il 55%, e una parte corpuscolata, detta coagulo, pari al 45 %. Il plasma contiene il siero, ovvero la parte liquida del sangue senza le proteine che intervengono nella coagulazione. Il coagulo è costituti dagli elementi corpuscolati o figurati del sangue, ovvero i globuli rossi, detti anche eritrociti (41%), le piastrine, dette anche trombociti (3%) e i globuli bianchi, detti anche leucociti (1%). In generale, il sangue ha proprietà dinamiche ed è importante per: - le sostanze che entrano nell’organismo, come l’ossigeno, i nutrienti e l’acqua; - le sostanze che si spostano tra cellula e cellula, come le sostanze di scarto del metabolismo cellulare, i nutrienti immagazzinati in determinati tessuti e gli ormoni; - le sostanze che lasciano l’organismo, come i prodotti di scarto, il calore e l’anidride carbonica. 2.2 Fase liquida del sangue La porzione liquida del sangue, il plasma, è una soluzione acquosa nella quale si trova disciolta una grande quantità di soluti. Esso è costituto principalmente da acqua (92%), dagli elettroliti (sodio, potassio, calcio, magnesio, cloro, ione carbonato) che costituiscono l’0.8%, dai lipidi, utilizzati come fonte energetica ed elemento strutturale (0.6%), dai glucidi (0.1%), dalle proteine (6-8%) e dall’azoto non proteico derivante dalle vitamine, aminoacidi ed enzimi (0.1%). Le proteine presenti nel plasma possono essere differenziate mediante l’elettroforesi e si distinguono in sieroglobuline (2.5%), fibrinogeno (0.3%) e albumine (4.2%), la proteina più importante rappresentata percentualmente del sangue. L’albumina viene prodotta a livello del fegato ed ha innumerevoli funzioni: una delle più importanti è quella di trasporto attraverso il torrente ematico di tutte quelle sostanze (liposolubili) che non si disciolgono nella parte liquida del sangue. Le proteine del sangue hanno delle funzioni specifiche e aspecifiche. Tra le funzioni specifiche vi sono il ruolo centrale nella coagulazione, il trasporto di CO2, metalli, O2, vitamine liposolubili ed elettroliti (formando scorte disponibili), il trasporto di farmaci, il trasporto ormonale, la partecipazione ai meccanismi di difesa immunitari, la riserva proteica per rinnovare le proteine tissutali, l’attività enzimatica variabile in fisiopatologia (es. amilasi, transaminasi...). Tra le funzioni aspecifiche vi sono invece il mantenimento della pressione colloidosmotica (oncotica), l’azione tampone nel controllo del pH, il contributo alla viscosità del sangue, proprietà importante perché determina la velocità con cui si spostano gli elementi corpuscolati all’interno del torrente ematico e il substrato metabolico. I glucidi rappresentano la quantità di glucosio nel sangue e sono molto importanti perché rappresentano una forma di immagazzinamento di energia. I glucidi determinano la glicemia, la quale viene controllata da due ormoni sintetizzati e rilasciati dalle cellule delle isole di Langerhans del pancreas, ovvero l’insulina, rilasciata dalle cellule beta, e il glucagone, rilasciato dalle cellule alfa. Questi due ormoni 14 FISIOLOGIA - primo semestre lavorano insieme per mantenere il livello di glucosio nel sangue stabile, tra 80 e 110-115 mg per 100 ml. Quando i livelli di glicemia si abbassano, viene liberato glucagone, così che il glucosio possa essere rilasciato, mentre quando i livelli di glicemia si alzano, viene liberata insulina. 2.2 Porzione corpuscolata L’ematocrito è definito come il volume percentuale della porzione corpuscolata rispetto al volume totale di sangue. dove hct indica l’ematocrito, hc l’altezza della colonna della parte corpuscolata e htot l’altezza della colonna totale. L’ematocrito è un elemento diagnostico molto importante perché ha un impatto funzionale sulla velocità con cui possono avvenire gli scambi a livello del microcircolo. Negli uomini, l’ematocrito normale è compreso tra 42 e 52, il che significa gli eritrociti occupano il 42-52% del volume del sangue intero. Un valore basso (30%) indica che nel sangue ci sono meno eritrociti della norma (oligocitemia); quando invece l’ematocrito aumenta al di sopra della norma (70%), si crea una condizione di policitemia. Un ematocrito alto aumenterà la viscosità del sangue e la probabilità di avere trombosi, processo patologico che consiste nella formazione di trombi (accumulo di sostanze) nei vasi sanguigni, che ostacolano o impediscono la normale circolazione del sangue e quindi ridurre l’apporto d ossigeno ai tessuti. Tutti e tre gli elementi che costituiscono il coagulo hanno un’origine comune, ovvero l’emopoiesi, l’insieme di eventi che portano alla formazione degli elementi figurati. L’emopoiesi avviene a livello del midollo osseo, un organo disperso contenuto nelle ossa lunghe e piatte. Esso è distinto in midollo osseo rosso (elevata presenza di emoglobina), in cui avviene l’emopoiesi, e midollo osseo giallo (tessuto sostituito da cellule adipose). Tutti gli elementi figurati del sangue vengono sintetizzati a partire da un tipo di cellula proveniente dal midollo osseo rosso, ovvero la cellula staminale pluripotente. 2.2a Eritrociti Gli eritrociti sono gli elementi più abbondanti del sangue. Essi sono cellule che scorrono a livello dei capillari e sono responsabili dello scambio gassoso che avviene a livello del microcircolo. Sono cellule altamente elastiche che possono adattarsi al flusso di sangue e al diametro dei capillari, grazie alle proprietà della loro membrana plasmatica e del citoscheletro sottostante. I globuli rossi sono infatti ricchi di spettrina, importante per la plasticità e per la forma della cellula stessa. La morfologia biconcava e discoide permette una maggiore superficie di scambio e permette alla cellula di fluire all’interno del torrente ematico in modo veloce. In generale, gli eritrociti hanno una vita media relativamente bassa (100-120 giorni) e sono cellule molto semplici: infatti, non hanno nucleo, mitocondri e ribosomi. L’eliminazione dei globuli rossi, che prende il nome di eritrocateresi, avviene a livello della milza, del fegato, dei linfonodi e del midollo osseo. La proteina più importante a livello funzionale dei globuli rossi è l’emoglobina. L’ormone che controlla la sintesi di globuli rossi è l’eritropoietina (EPO), la cui produzione avviene a carico delle cellule interstiziali del rene. Tra i fattori che spingono alla produzione di eritropoietina, e quindi alla produzione di globuli rossi, vi sono tutte quelle situazioni in cui vi è una diminuita propensione agli scambi gassosi: un ridotto volume ematico, una bassa concentrazione di emoglobina, il rilascio degli ormoni cortisone, testosterone ed ormone della crescita GH, patologie polmonari, condizioni di anemie e la presenza di interleuchine. Elementi che portano ad una inibizione della sintesi e del rilascio dell’eritropoietina sono un alto ematocrito, un’alta ossigenazione tissutale e un alto apporto ematico, Per anemia si intende una riduzione patologica dell’emoglobina, che porta quindi a un ridotto trasporto di ossigeno a livello tissutale. Vi sono diverse tipologie di anemia: - l’anemia microcitica, un'anomala riduzione del volume corpuscolare medio dei globuli rossi (piccoli globuli rossi); 15 FISIOLOGIA - primo semestre - l’anemia falciforme (basi genetiche), che porta ad una alterazione morfologica dei globuli rossi che assumono una morfologia frastagliata a falce, riducendo la capacità di scambi gassosi; - l’anemia megaloplastica, un difetto di maturazione dei globuli rossi; - eritroblastosi fetale, causata dalla trasmissio

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