Lezione 1 e 2 di Ecotossicologia PDF
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Questi appunti trattano i concetti di base di ecotossicologia, includendo definizioni, interazioni tra ecosistemi e fattori abiotici e biotici. La lezione esamina gli effetti delle sostanze tossiche sugli ecosistemi, e la tossicologia ambientale. Il documento spiega concetti chiave come ecosistema, tossicologia e fattori ecologici.
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Lezione 1 L’ecotossicologia è una disciplina molto giovane multidisciplinare. La prima volta che è stato utilizzato questa terminologia è nel 1969, durante un convegno dove si parlava di due discipline differenti, ovvero l’ecologia e la tossicologia classica. 1- La prima definizione fu data da T...
Lezione 1 L’ecotossicologia è una disciplina molto giovane multidisciplinare. La prima volta che è stato utilizzato questa terminologia è nel 1969, durante un convegno dove si parlava di due discipline differenti, ovvero l’ecologia e la tossicologia classica. 1- La prima definizione fu data da TRUHAUT nel 1969, affermando che l’ecotossicologia si occupa di valutare la tossicità delle sostanze che vengono immesse nell’ambiente. Non tanto sul luogo, bensì sull’ecosistema. Rachel Carson con il suo libro Primavera Silenziosa, afferma che tutto quello che viene immesso nell’ambiente può provocare dei danni o squilibri nei sistemi ambientali in cui queste sostanze vengono introdotte. Quindi, invita attraverso questo manifesto pubblico a pensare ai costi e ai benefici che in qualche modo l’impatto dell’uomo ha sull’ambiente. Come definiamo L’ECOSISTEMA? L’insieme di componenti biotiche e abiotiche che interagiscono tra loro. Biotiche → organismi vivi che hanno un impatto nel modellare l’ecosistema Abiotiche → componenti di un ecosistema che non hanno vita Per l’ecosistema vale il “principio delle proprietà emergenti”, che definisce che l’ecosistema come un qualcosa in più della somma delle singole componenti, dobbiamo avere una considerazione generale del funzionamento dell’ecosistema. 2- Un’altra definizione, più recente è quella di NEWMAN del 1998 che fa riferimento alla biosfera. Definisce l’ecotossicologia come la scienza che definisce gli effetti delle sostanze tossiche sugli ecosistemi, con lo scopo di proteggere l’intero ecosistema e non solo i componenti isolati. Biosfera → voleva dare la massima globalità a vari problemi. Infatti, con la biosfera comprende tutti gli organismi viventi Egli estende il concetto di valutare gli effetti non sul singolo ecosistema, ma su tutti gli ecosistemi presenti sul nostro pianeta e non valutare solo cosa accade al singolo componente in maniera isolata. 3- Recentemente, viene definita come quel campo di studio che va a valutare gli effetti non sul singolo ma su tutto l’ecosistema. Vado a valutare il destino dell’elemento che introduco nell’ambiente, quindi sapere in che modo entra, con chi interagisce, come si muove, come viene trasformato. L’ecotossicologia ha anche l compito di fornire previsioni sul destino e sugli effetti dei contaminanti. Fobes per primo riconobbe l’importanza della presenza o assenza di specie e comunità quale indicatore della qualità dell’ambiente. Fornì anche un primo sistema di classificazione dei fiumi in aree inquinate sulla base della tolleranza delle specie. In conclusione, l’ecotossicologia è una materia multidisciplinare, composta da: - Concetti della tossicologia classica → che valuta gli effetti sull’uomo - Concetti della chimica ambientale → cioè il destino delle sostanze nell’ambiente - Ecologia → perché non parliamo del singolo individuo ma di ambiente, interazione tra componenti abiotiche e biotiche. Ecologia → studia il destino, gli effetti di sostanze nell’ambiente con strumenti predittivi. Tossicologia ambientale → ha lo scopo di identificare e quantificare i danni sui sitemi biologici. Entrambe le materie utilizzano dei saggi, ma in modo diverso. TOSSICOLOGIA → Ha come obiettivo la protezione del singolo individuo e viene effettuato su topi, ratti, conigli, cane, scimmia (ovvero una singola specie (uomo). ECOTOSSICOLOGIA → Ha come obiettivo il mantenimento delle proprietà strutturali e funzionale dell’ecosistema e viene effettuato su acquatici (alghe, daphnia, pesci), su terresti (piante, lombrichi, api, uccelli), ovvero tutte le specie delle comunità biologiche degli ecosistemi. Gli obiettivi dell’ecotossicologia o scopo, sono: - Studiare la modalità di diffusione delle sostanze inquinanti tra i vari comparti degli ecosistemi, in particolare i fenomeni di ingresso, diffusione e accumulo nelle catene trofiche. - Definire la tossicità acuta e cronica delle sostanze di sintesi su tutte le componenti biotiche degli ecosistemi. - Definire livelli ammissibili di emissione o di concentrazione ambientale delle sostanze prodotte o mobilitate dall’uomo - Diagnosticare in tempo utile il verificarsi di fenomeni di inquinamento nei sistemi naturali - Proporre tecniche per il risanamento ambientale a seguito di fenomeni di inquinamento L’ecologia è la disciplina che studia l’ambiente considerandolo come l’insieme della componente vivente (biotica) e non vivente (abiotica), tenendo conto delle interazioni tra le diverse componenti e le relazioni. Studia l’ecosistema, cioè un sistema ambientale che ha una struttura e un suo funzionamento e oltre ad essere costituito da una componente viva e biologica che interagiscono tra di loro, l’ecosistema è caratterizzato da una struttura e un suo funzionamento, ovvero ogni organismo ha un suolo ruolo. Si parte dallo studio del singolo individuo, per capire cosa succede in una situazione più ampia. Popolazione →è un gruppo di individui della stessa specie e che vivono in una medesima area Specie → in una determinata area e sono in grado di riprodursi. ECOSFERA → parte della Terra dove si trovano gli organismi viventi che interagiscono tra loro e con l’ambiente non vivente. BIOMA → insieme di ecosistemi, la cui vegetazione e fauna dipendono dalle condizioni climatiche. Un’ECOSISTEMA è un sistema biologico che si occupa di ambiente. In generale un sistema biologico è un sistema aperto, che riceve e cede, ma soprattutto ho dei movimentiti di energia e di materia all’interno del sistema. L’ecosistema ha un flusso di energia e un riciclo della materia che garantiscono il funzionamento dell’ecosistema. Questo significa che l’ecosistema, come tutti i sistemi biologici tende verso l’equilibrio, ma nel momento in cui si parla di cellule, tessuti, organi, questo equilibrio può anche on funzionare più. Ci sono dei sistemi di controllo per questi equilibri, ovvero i feedback o sistemi di retroazione positivi o negativi che sono statici. Anche nel caso dell’ecosistema abbiamo un equilibrio, solo che non parliamo di omeostasi (caso precedente), ma parliamo di equilibrio dinamico, ovvero omeoresi. Anche in questo caso si tende verso un certo tipo di funzionamento, verso una certa quantità di energia che fluisce, una certa velocità di riciclo della materia. In questo caso parliamo di dinamismo. Per capire meglio il concetto di equilibrio dinamico possiamo parlare dell’evoluzione, poiché ci consente di osservare nuovi movimenti verso nuovi equilibri, è definito anche come un rincorrere se stessi, dall’ipotesi della regina rossa, ovvero l’ipotesi che ci definisce che l’ecosistema corre continuamente per raggiungere un suo equilibrio. Il nostro pianeta GAIA, cioè l’ecosfera, è in grado di automantenersi grazie alle relazioni e le influenze tra la parte viva e quella non viva. Questa ipotesi afferma che tutti i microorganismi e loro componenti inorganiche sono strettamente integrati per formare un unico sistema complesso autoregolante che mantiene in tal modo le condizioni di vita sul pianeta. INPUT > OUTPUT —> Il sistema si accresce INPUT < OUTPUT —> Il sistema decresce INPUT = OUTPUT —> Stato stazionario Lezione 2 L’ecosistema è un sistema biologico che è caratterizzato da una sua struttura e da un suo funzionamento, legato, come per tutti i sistemi biologici, al passaggio di energia e materia. Come è fatto un ecosistema. La fonte essenziale di energia per un ecosistema è il “sole”. Il sole viene sfruttato dalle piante attraverso il processo fotosintetico possono trasformare l’energia solare in energia chimica, che poi viene sfruttata. Questa energia chimica, questa materia che si forma, viene in qualche modo riciclata grazie al sistema dei decompositori, questo garantisce il movimento dell’energia e il riciclo della materia, ovvero garantisce il funzionamento dell’ecosistema. FATTORI ECOLOGICI. Sappiamo che l’ecosistema ha una componente VIVENTE e una componente NON VIVENTE, ovvero: - VIVENTE → è costituita da organismi che sono in grado di sfruttare l’energia solare, di consumare e di trasferire questa energia chimica che si forma o di riciclare materia. - NON VIVENTE → è costituita dall’acqua, dal suolo, dalla luce, dai nutrienti etc. Queste componenti interagiscono fortemente tra di loro e quindi possiamo definire il fattore ecologico come “una qualsiasi variabile di natura fisica, chimica o biologica che interviene nella vita di un organismo vivente, almeno in una fase del ciclo vitale”. Quando parliamo di fattori ecologici, non parliamo di variabili di natura fisica, chimica, quindi non solo temperatura, non solo presenza di piombo, ma anche variabili biologiche, ovvero che il pesce non vive da solo nello stagno. Quindi possiamo distinguere: - Fattori abiotici —> luce, nutrienti, temperatura - Fattori abiotici —> relazioni tra organismi appartenuti alla stessa specie e relazioni tra organismi apparenti a specie diverse. Ciascun fattore ecologico ha un suo ambito di tolleranza, nel quale un organismo riesce a svolgere le sue funzioni vitali, ovvero parliamo di un range di valori nel quale un organismo riesce a vivere. Esempio Prendiamo in riferimento la temperatura, l’ambito di tollera delle rane per la temperatura è da 0-15°C, dove le rane svolgono le loro funzioni vitali in maniera efficiente. Al di fuori di questo range, il fattore si dice limitante, ovvero l’organismo muore, non riesce più a svolgere nessuna delle sue funzioni. E’ importante capire che molte sostanze che noi immettiamo nell’ambiente posso essere dei fattori ecologici che garantiscono la sopravvivenza dell’organismo in certi range di valori, ma che diventano limitanti e vanno a influenzare la sopravvivenza dell’organismo se sono al di fuori del range. Nel grafico illustrato sopra possiamo vedere tre fasi diverse, che sono: - Sopravvivenza - Accrescimenti - Riproduzione Come abbiamo detto precedentemente le rane hanno bisogno di una temperatura di 0- 15°C per avere un ambiente non limitante, ma se supero o mi trovo al di sotto di questi valori abbiamo delle situazioni di stress, ovvero il mio organismo si trova a dover spendere energia per poter sopravvivere, più che per poter svolgere tutti le altre funzioni vitali. Perché il suo fine è quello di riprodursi. In situazioni di stress, l’energia che sarà convogliata verso la riproduzione sarà più scarsa, perché l’energia servirà all’organismo per combattere in qualche modo, per attivare tutti i meccanismi di protezione che ha verso temperature troppo base o verso temperature troppo alte. Man mano che si avvicinerà invece alla parte ottimale, ovvero la parte centrale di questa curva, saranno favoriti sia all’accrescimento che la riproduzione. Generalmente per ciascun ambito di tolleranza, per ciascun fattore ecologico si parla di optimum quando si fa riferimento alla massima fitness, cioè quando si fa riferimento alla massima capacità riproduttiva di una certa specie. Fino ad ora abbiamo parlato di un solo fattore ecologico ovvero la temperatura, organismo che vive in un certo ambiente in realtà non si confronta solo con i valori di un solo fattore ecologico, devono coincidere tanti fattori ecologici, che si sovrappongono e sono non limitanti. Per capire meglio possiamo vedere nel grafico riportato ci sono 3 Ovuli, dove sono rappresentati i tre ambiti di tolleranza, ovvero tre fattori ecologici non limitanti. La sopravvivenza è associata all’intervallo di N fattori ecologici nessuno dei quali deve essere limitante. NICCHIA ECOLOGICA → dove un organismo può lavorare ottimamente, è uno spazio multidimensionale o di iper volume all’interno del quale l’ambiente permette ad un individuo o una specie di sopravvivere indefinitamente. Professione della specie, ovvero ruolo funzionale di un determinato organismo in un ecosistema. La nicchia tiene considerazione tutti i fattori ecologici che permettono all’organismo non solo di sopravvivere ma anche di funzionare, cioè di poter svolgere il suo ruolo nel funzionamento dell’ecosistema. HABITAT → è il luogo fisico nel quale l’organismo riesce a vivere, non tiene in considerazione solo il luogo fisico ma fa riferimento a ciò che l’organismo fa per l’ecosistema ovvero qual è il ruolo che l’organismo svolge nel funzionamento complessivo dell’ecosistema. Indirizzo della specie, ovvero luogo dove una specie vive. Abbiamo detto che l’ecosistema è un sistema aperto, con energie e materia che possono essere scambiati, un’altra cosa importante per gli studi sono gli ambienti di input e gli ambienti di output. Che cosa entri e che cosa esce da un ecosistema? Energia e materia, ma non solo quella che puoi mettere l’uomo come prodotto della propria attività, ma anche quelle energie e quella materia che già stata in qualche modo maneggiata e trasformata in altri ecosistemi. Come ne sappiamo energia solare è la fonte essenziale, la fonte primaria di energia di qualsiasi ecosistema, ma non entra solo questo tipo di energia, entra anche materie organica, materia già formata. L’energia solare viene trasformata dalle piante nell’energia chimica, cioè in biomassa, in un ecosistema può entrare anche biomassa vegetale proveniente da un altro ecosistema, così come possono entrare animali erbivori o organismi che si occupano del riciclo. Per cui può entrare ed uscire donne ecosistema energia e materia che è già stata trasformata, così come può entrare ad uscire calore che è una forma di energia dell’ecosistema. ENERGIA → si trasforma passando da una componente all’altra MATERIA → si può riciclare Lo studio delle grandezze degli ambienti di ingresso e in uscita di un ecosistema può dare una serie di informazioni. - Se io ho un ecosistema che è un input molto grande, cioè richiama all’esterno energia e materia in grosse quantità e quindi l’input è più grande di ciò che esce, l’input è più grande dell’ambiente di uscita, questo significa che l’ambiente sta crescendo. - Se l’input è l’output invece sono abbastanza simili, ovvero in equilibri, ho un sistema stazionario. - Se ho un input che è un più basso dell’output ho un sistema che sta invecchiando. Come funziona un ecosistema? L’energia si muove in un ecosistema e viene utilizzata dalle varie componenti di un ecosistema in modo unidirezionale, partendo dall’energia solare che viene trasformata in energia chimica e passando attraverso le varie forme viventi. L’ energia chimica attraversa, cioè, viene utilizzata dai vari organismi che sono presenti in un ecosistema, che possono utilizzarla direttamente, immagazzinata, o esportarla verso altri organismi o addirittura verso altri ecosistemi, ma la stessa energia non è mai riutilizzata. Partiamo da un fotone di luce, questo fotone non può essere riutilizzato, anche quando viene qualcosa di diverso. Questo sta a significare che anche gli ecosistemi rispettano quelle che sono le leggi della termodinamica, ovvero l’energia non si crea e non si distrugge ma si trasforma e in queste trasformazioni c’è produzione di calore che viene generalmente dissipato, perso. In questo schema vediamo la semplificazione di un ecosistema. Il solo è la fonte essenziale di energia che entra nel sistema e viene trasformata, in questi passaggi dell’energia da una forma all’altra, da un organismo all’altro che costituiscono l’ecosistema, rappresentati in questa slide dalle lettere A, E , D. In questo flusso unidirezionale dell’energia ci sono perdi di calore. La lettera A, sta per AUTOTROFI → che sono in grado di produrre da soli il loro nutrimento, ovvero di produrre da soli carboidrati/materia organica. Autotrofi per eccellenza sono i foto-autotrofi, ovvero gli organismi in grado di fare fotosintesi. Gli organismi che sfruttano energia solare, e, e che partendo da componenti inorganiche come l’anidride carbonica e l’acqua, sono in grado di avere produzione di carboidrati, di zuccheri, di materia organica. La lettera E, sta per ETEROTROFI → organismi che non sono in grado di produrre da soli il loro cibo, tecnicamente non in grado di produrre materia organica a partire da componenti inorganiche. In questo caso abbiamo 3 categorie + quella esagonale, e sono: - E1 → che sfruttano direttamente la materia organica prodotta dagli autotrofi - E2 → e sfruttano la materia organica proveniente dai primi eterotrofi e così via … Tutti è tre livelli sono consumatori, perché non producono da soli ma consumano la materia organica prodotta da altri. La lettera D → sta per detritivori e decompositori e sono organismi che sfruttano la materia organica che arriva da vari comparti. In questo schema vediamo anche le RISERVE di materia organica, quindi di detrito organico, di componenti inorganiche, di nutrienti e vediamo anche LIBERAZIONE DI CALORE per ciascun passaggio: flusso unidirezionale di energia, cioè lo stesso fotone di luce verrà trasformato in energia potenziale di legame, ma lo stesso fotone di luce non verrà più riutilizzato, quell’energia chimica passa da un organismo all’altro e in questi passaggi c’è sempre produzione di calore. Se considero la fotosintesi, l’energia solare A che entra sarà uguale a B+C, dove B=carboidrati prodotti quindi l’energia chimica, C=calore che si produce. Quindi l’energia non si produce, non si distrugge ma si trasforma. A=B+C, non ho perdita, ho solo trasformazione e in questa trasformazione ho sempre calore, cioè B (carboidrati) non sono uguali ad A, ma sono minori di A di una quantità pari al calore perso. B ed A sono tanto più piccoli quanto più grande è la quantità di energia dissipata sotto forma di energia. Quando parliamo di struttura di un ecosistema, facciamo riferimento alla trofia di quell’ecosistema: il passaggio dell’energia e della materia è legata all’alimentazione, ovvero alle RETI TROFICHE. Gli Autotrofi, tutti gli organismi in grado di trasformare l’energia luminosa in energia chimica o di sintetizzare sostanze organiche complesse partendo da componenti organici semplici. E distinguiamo: - FOTOAUTROTROFI →sono appunto le piante superiori o comunque tutti gli organi che in qualche modo fanno fotosintesi. - CHEMIOAUTOTROFI → sono quelli che non sfruttano l’energia solare ma direttamente l’energia chimica, ad esempio quelli che trasformano l’ammoniaca in nitriti, i nitriti in nitrati e questa energia la utilizzano per fare biomassa. Gli Eterotrofi, e tutti gli organismi che consumano, trasformano tutte le sostanze organiche complesse: Quindi i consumatori diretti di ciò che viene prodotto dagli autotrofi, o via via consumatori di altri livelli, fino ad arrivare a quella D. E distinguiamo: - BIOFAGI →tutti quegli organismi che si nutrono di materia viva, quindi erbivori che mangiano direttamente le piante, carnivori che mangiano gli erbivori o altri carnivori. stiamo parlando di organismi che si nutrono di materia organica viva - SAPROFAGI → organismi che sfruttano materia organica morta, cioè la micro- massa (quella D che vediamo nello schema semplificato dell’ecosistema) cioè quegli organismi che ricevono, che sfruttano materie organica di tutti quanti gli altri livelli, ovvero quelli che abbiamo definito decompositori e detritivori. In questo grafico riportiamo gli stessi concetti citati prima, ovvero: L’energia solare viene utilizzata dagli autotrofi, ovvero i produttori, gli unici in grado di produrre da soli il loro cibo. Questo corrisponde al primo livello trofico. Il primo livello trofico è fonte di cibo per il secondo livello trofico, che sono i consumatori primari, a questi seguono i consumatori secondari, cioè i carnivori e così via. A chiudere la catena trofica ci sono i TOP PREDATOR, consumatori finali, organismi che hanno delle prede ma non vengono mai predati (sono predatori ma mai prede): aquila, coiote, iene, avvoltoi, non vengono mai predati ma che hanno un ruolo importante nell’ecosistema. Schema alla base dell’ecologia, schema del flusso di energia attraverso i livelli trofici formulato da ODUM. La grandezza dei corridoi non è casuale. I fotoautotrofi trasformano l'energia solare in energia chimica, producendo materia organica. Di tutta l'energia luminosa disponibile, solo una parte viene effettivamente convertita in energia chimica; un'altra parte viene dissipata sotto forma di calore e un'altra ancora non viene utilizzata. Dell'energia chimica prodotta, solo una frazione viene assimilata dalla pianta e utilizzata per la sua crescita, diventando biomassa. Una parte significativa dell'energia viene invece consumata nei processi respiratori, necessari per la sopravvivenza della pianta stessa. Della biomassa prodotta, solo una parte viene utilizzata dal livello trofico successivo, ossia dagli erbivori, che ne assimilano solo una quota. Anche qui, una parte dell'energia viene persa come calore o nei processi respiratori. Lo stesso schema si applica ai livelli trofici successivi, come i carnivori. Quindi, lungo la catena trofica, osserviamo una diminuzione della quantità di energia disponibile ad ogni livello. Tuttavia, l'efficienza con la quale viene utilizzata questa energia aumenta, migliorando qualitativamente. Per spiegare meglio, le piante trasformano l'energia solare in energia chimica attraverso un processo che comporta costi energetici elevati. Quando un erbivoro, come un coniglio, consuma la pianta, deve trasformare il tessuto vegetale in tessuto animale, un processo che richiede anch'esso un grande dispendio energetico. Al contrario, un carnivoro che si nutre di un erbivoro, ad esempio un lupo che mangia un coniglio, non deve affrontare una trasformazione così significativa. La qualità dell'energia tra il coniglio e il lupo è più simile, rendendo il trasferimento energetico più efficiente. In sintesi, quando analizziamo l'energia in un ecosistema, vediamo che la quantità di energia diminuisce da un livello trofico all'altro. Per esempio, possiamo passare da 3000 kcal/m²/giorno a soli 0.3 kcal/m²/giorno. Tuttavia, la qualità dell'energia che fluisce attraverso i livelli trofici migliora, aumentando l'efficienza del flusso energetico. Produzione prima lorda è la quantità di materia organica prodotta per fotosintesi. PPL → Produttività primaria lorda → La velocità alla quale l’energia luminosa viene convertia in energia chimica. Produzione primaria netta → è la quantità di materia organica prodotta per fotosintesi meno quella consumata con la respirazione. PPN → produttività primaria netta → velocità di accumulo nella biomassa della materia organica prodotta. Sono stati introdotti i concetti di produttività e produzione, ma un altro concetto di cui bisogna tener conto è il concetto di riciclo. Nel riciclo il processo fondamentale è la degradazione della materia organica. Nei vari livelli trofici vengono prodotti dei detriti, questo significa che alla morte degli organismi in un sistema naturale la materia o rifiuto organico vengono attaccati da organismi detti decompositori. Durante la decomposizione succedono due cose fondamentali: - Degradazione o anche mineralizzazione che significa partire da una materia complessa per ottenere composti inorganici semplici. - Umificazione non tutto viene mineralizzato però, molto spesso lo scopo importante della decomposizione è creare riserve sia organiche (humus) che inorganiche. L’hummus non è “eterno”, perché al cambiare delle condizioni ambientali o degli organismi che sono presenti questo può andare verso la mineralizzazione secondaria. L’humus è però è materia organica fortemente stabilizzata. (riserva organica del nostro suolo). Che cosa influenza la velocità di decomposizione? Sono diversi i fattori: - Il clima; - La specie Si degrada prima una foglia o un animale morto? Ovviamente l’animale morto che si degrada velocemente e non da hummus. Nel materiale vegetale invece sono presenti composti come lignina, cellulosa ecc.… che sono complessi e quindi la decomposizione avviene più lentamente. - L’ambiente - L’attività dell’uomo. CICLO BIOGEOCHIMICO Il riciclo in realtà è specifico per ogni elemento. Gli elementi (26 nello specifico) sono utilizzati più volte, vengono riciclati con percorsi ciclici specifici per ciascun elemento; gli elementi si accumulano o sono rimossi dai comparti degli ecosistemi, passando da una forma all’altra attraverso vari processi. Ciascuna forma di vita ha bisogno di questi 26 elementi nel momento e nella forma giusta. Quindi i cicli biogeochimici servono proprio a questo, cioè fare in modo che ci siano nell’ecosistema gli elementi di cui gli organismi hanno bisogno nella quantità e nella forma giusta e soprattutto nel momento giusto. (Modalità con cui gli organismi possono assumere questi elementi). Quindi i cicli biogeochimici mantengono il funzionamento dell’ecosistema. Il ciclo globale di un elemento si divide in due parti: - ciclo esterno quando intervengono nel ciclo biogeochimico comparti come l’atmosfera, la litosfera o l’idrosfera. Prendono parte al ciclo esterno le piogge, le polveri, la formazione delle rocce o il sollevamento, sedimentazione, quindi tutti quei meccanismi chimici e fisici che muovono un elemento da un comparto ad un altro senza l’intervento degli organismi. - ciclo interno si va a considerare cosa succede nell’ambito della biosfera, cioè i processi che coinvolgono gli organismi viventi. Quindi ci si riferisce alla fotosintesi, alla decomposizione, alla respirazione, al passaggio lungo la catena trofica (es. predazione, erbivoria) Lezione 3 Inquinante/Contaminante ambientale →Sostanza chimica presente a livelli superiori rispetto a quelli considerati normali per una particolare componente ambientale. Un inquinante può essere come qualsiasi sostanza chimica che è presente in concentrazioni relativamente elevate rispetto a quello che è il background, cioè quella che è la normale presenza di quella sostanza nell’ambiente. Se mi trovo a parlare di metalli pesanti su suoli vulcanici, ovviamente la mia normalità, la mia linea di base, il mio background sarà un po’ più alto rispetto ad altri suoli con origine differente. Tutti distinguono l’inquinante e contaminante: - Inquinante → normalmente non c’è ma è introdotto dall’attività antropica - Contaminate → già presente nell’ambiente Una delle distinzioni che possiamo fare e quella di prendere in considerazione l’origine di queste sostanze chimiche, perché: - Contaminante → qualsiasi sostanza presente nell’ambiente in concentrazioni superiori rispetto a quelle che definisco normali. - Inquinante → è una sostanza estranea a quell’ambiente che deriva dalle attività antropiche. Quindi, una distinzione che spesso viene fatta fra contaminante e inquinante, vede l'inquinante come una sostanza di sintesi cioè, il pesticida è sostanzialmente un inquinante, il metallo pesante è un contaminante. Un’altra distinzione può essere fatta basandosi sull’effetto, ovvero: - Contaminante → è quella sostanza che viene immessa in un ambiente, in un comparto ambientale e che va in qualche modo a interagire con una risorsa ma che rende quel comparto, quella risorsa ancora utilizzabile. - Inquinante → è quella sostanza che, immessa in un certo ambiente, messa in un certo comparto, fa in modo che quel comparto non sia più fruibile, non-sia più utilizzabile, che quella risorsa non possa essere più utilizzata. Quindi, questo tipo di definizione pone più l'attenzione sul danno, sull'effetto che la sostanza ha su un certo ambiente, su un certo organismo, su una certa popolazione. Se prendiamo in considerazione questa classificazione, tenendo conto del termine danno, spesso possono essere visti come sinonimi, perché o, un contaminante sostanzialmente, anche se è presente ad una concentrazione più elevata di quello che io definisco normale, non esercita un effetto dannoso, un inquinante invece sì, ma quello che può non esercitare un effetto dannoso in un comparto o su una popolazione o su una specifica comunità può esercitarlo su un'altra popolazione, in un altro ambiente e quindi ciò che è contaminante in un certo momento, in una certa sede, verso un certo organismo, può diventare un inquinante in un momento successivo in un ambiente diverso o su un organismo differente. Danno→ Alterazione chimica o fisiologica che influenza negativamente la nascita, lo sviluppo, la crescita o la percentuale di mortalità di un individuo o di una popolazione. Possiamo parlare anche di: - Danno indiretto → il composto agisce modificando l’ambiente di vita degli organismi - Danno diretto → il composto agisce direttamente sul sito d’azione e l’organismo Che cos’è una sostanza tossica? È una qualsiasi sostanza che produce una risposta, un’alterazione, un effetto negativo in un sistema biologico, danneggia la sua struttura, le sue caratteristiche strutturali, morfologiche, una funzione o ne induce sostanzialmente la morte. Quindi, è una sostanza che va cambiare quello che è il normale stato dell'organismo, anche di una singola molecola, anche di una singola cellula, di un organo, o se voglio salire come scala gerarchica, ovviamente posso parlare di alterazioni dello stato normale di una popolazione e di una comunità fino ad arrivare all'ecosistema. Negli studi ecologici, la sensibilità verso una sostanza tossica aumenta con la riduzione della complessità: molecole, cellule, tessuti e organi sono più sensibili rispetto a individui, popolazioni ed ecosistemi. Ciò significa che sono necessarie concentrazioni più elevate per osservare effetti a livello di comunità o ecosistema rispetto a quelle necessarie per osservare effetti su organi, tessuti o cellule. La tossicità di una sostanza dipende da fattori qualitativi (le proprietà della sostanza) e quantitativi (la concentrazione della sostanza) nonché dalla durata dell'esposizione. Esposizioni singole ad alte concentrazioni o esposizioni prolungate a basse concentrazioni possono entrambe causare danni. Esistono diverse classificazioni per le sostanze tossiche, una è quella di distinguere: - Sostanza pericolosa →quelle infiammabili, esplosive, irritante, acido, caustico. - Sostanza velenosa → possono agire in maniera generica o molto specifica. Spesso dannose anche in concentrazioni diluite. Abbiamo inoltre una distinzione sulla base della provenienza della sostanza, ovvero: - Sostanze naturali → Tossine → sostanze che sono prodotte naturalmente - Sostanze di sintesi → Tossici → sono sostanza di origine antropica L’ecotossicologia si occupa prevalentemente di tossici, anche se negli ultimi anni molta attenzione è stata data alle tossine, perché ci si è resi conto che molto spesso le sostanze che vengono prodotte naturalmente possono essere più dannose di quelle che noi utilizziamo per cercare di bloccare la loro produzione. La classificazione può essere diversa, ovvero: 1- Fonte: tossine naturali o sostanze di sintesi 2- Uso: fitofarmaci, solventi, additivi alimentari 3- Organo bersaglio 4- Effetto: mutazioni, cancro, danno epatico Classificazione basata sull’effetto. Ad gli allergeni e le neurotossine, cioè quelle sostanze che rivolgono la propria azione sul sistema immunitario oppure sul sistema nervoso, ma anche questa classificazione è abbastanza generica perché alla fine si possono avere più classi di composti che agiscono sul sistema immunitario o agiscono sul sistema nervoso ma magari con un'azione differente. - Allergeni → sostanze che agiscono sul sistema immunitario - j → classe speciale di sostanze che agiscono in modo specifico sulle cellule nervose. Classificazione in base al danno. In base a quello che è il danno, a quello che è l'effetto nocivo che quelle sostanze possono arrecare all’organismo o agli organismi. - Mutagene → - Teratogene → - Cancerogene → Le sostanze immesse nell’ambiente per specifici scopi ed in varia maniera si muoveranno (distribuzione) dal punto di immissione (fase ambientale: aria, acqua, suolo) verso la loro destinazione finale (non tutte), ossia il comparto ambientale per il quale hanno la maggiore affinità. Tale comparto può bloccare o semplicemente fungere da serbatoio (temporaneo o definitivo) cosicché le sostanze chimiche possono essere trasferite nuovamente verso altri comparti. Durante la loro distribuzione esse possono andare incontro a trasformazioni. Il comparto dove si accumula quella sostanza può agire da serbatoio, da riserva, ma questo comparto ambientale (suolo, aria, acqua, quindi un comparto da un punto di vista ecologico) può essere un serbatoio definitivo o solo temporaneo, cioè dal quale quella sostanza può essere in qualche modo rimossa e magari si può muovere nuovamente verso un altro comparto. Durante questi movimenti la sostanza può subire delle trasformazioni quindi, per esempio, il mercurio che può essere gassoso, può essere solido, può essere organicato e diventare metilmercurio, quindi in questo movimento, in questa distribuzione nell'ambiente ovviamente le sostanze possono subire una serie di trasformazioni. Nella slide sopra sono messi in evidenza i processi principali che sono coinvolti in questo movimento, in questa distribuzione, diffusione dell'inquinante nell'ambiente. - Aria → volatilizzazione, deposizione - Suolo – Acqua → lisciviazione, dilavamento, trasporto via corrente - Suolo – Biomassa → immobilizzazione Adsorbimento → avviene principalmente nel biota Adsorbimento → avviene principalmente sulle superfici di particolato sospeso, sedimenti e suolo. A differenza delle molecole assorbite, le molecole adsorbite possono ancora essere degradate. - Degradazione, che può essere: Chimica: idrolisi, ossidazione e riduzione; Fisica: fotolisi, dissociazione e ionizzazione ; Biologica: metabolizzazione Un momento chiave da un punto di vista della gestione, dell'introduzione di queste sostanze chimiche nell'ambiente è dato sicuramente dal Regolamento europeo della sicurezza delle sostanze chimiche, il cosiddetto REACH, che è nato nel 2006, entrato in vigore nel 2007 ed è stato il primo momento di reale controllo dell'immissione delle sostanze prodotte, importate, commercializzate in Europa da parte del Parlamento europeo e quindi segna sicuramente una pietra miliare da questo punto di vista. Questo regolamento ha subito una serie di cambiamenti e ovviamente sono state introdotte nuove regole. Il destino dei contaminanti in un ecosistema dipende da 4 fattori: - La localizzazione - La persistenza - Bioaccumulo e biomagnificazione - Biodisponibilità Ci sono diversi fattori correlati con un agente tossico e come questi influenzano la sua distribuzione e persistenza. Caratteristiche dell'agente tossico/Fattori correlati con l’agente tossico - Chimiche e fisiche: Sono fondamentali per identificare l'agente tossico, come una "carta d'identità" che deve essere fornita all'Agenzia europea delle sostanze chimiche. - Purezza: Importante sapere se la sostanza viene rilasciata pura o mischiata con altre sostanze. - Stabilità: Riguarda la capacità della sostanza di rimanere intatta o di degradarsi nell'ambiente. - Movimento e trasporto: L'agente tossico può muoversi da un comparto ambientale a un altro e può entrare nella matrice biologica. Distribuzione ambientale: Le proprietà chimico-fisiche degli inquinanti e le caratteristiche del comparto abiotico determinano quanto tempo ed in che forma una sostanza si troverà o si muoverà da/per un dato comparto. - Persistenza → è il tempo di permanenza di un inquinante in un determinato comparto, qualunque sia la via cui questo viene rimosso - Resistenza alla degradazione → La capacità della sostanza di rimanere inalterata nel tempo. È misurata tramite l'emivita ambientale (tempo di dimezzamento). - Degradazione → Fenomeno che determina la scomparsa di una sostanza pe reazione. La degradazione può essere: Biologica. La biodegradazione coinvolge microrganismi come funghi e batteri, mentre la metabolizzazione coinvolge organismi superiori che trasformano la sostanza in metaboliti escreti. Abiotica → Fotodegradazione, idrolisi, ossido-riduzione. Compartimenti ambientali: - Idrosfera, atmosfera, litosfera, biosfera: Sono i principali comparti che costituiscono l'ecosfera. L'agente tossico può essere rilasciato in uno o più di questi comparti e in ciascuno può manifestare la sua tossicità. Il destino dei contaminati in un ecosistema dipende da quattro fattori: - Localizzazione (concentrazione in un comparto e diluizione come soluzione) - Persistenza (isotopi radioattivi con persistenza variabile) - Bioaccumulo e biomagnificazione - Biodisponibilità Localizzazione La pericolosità di una sostanza aumenta quando la sua concentrazione supera il livello di Background. Quindi la concentrazione di una sostanza diventa importante. Questo ci può portare a pensare che avere una distribuzione omogena dell’inquinante su tutto il pianeta può causare un danno inferiore da un punto di vista ambientale. In realtà, questo ha portato a tutta una serie di errori di valutazione, perché partendo da questo presupposto si è pensato che una soluzione al problema dell'immissione di certe sostanze potesse essere la diluizione. E questo, per esempio, ha fatto pensare che aumentando l'altezza delle ciminiere delle industrie, queste liberavano le sostanze in un'area più aperta, in un'area più grande e quindi ci poteva essere una maggiore probabilità di diluizione di quelle sostanze nell'aria che potevano quindi causare meno problemi. La stessa cosa quando si convogliavano gli scarichi in mare aperto. Ma ovviamente questa non è assolutamente la soluzione. Anche perché, per esempio, ci dimentichiamo del fatto che ci possono essere delle localizzazioni preferenziali, cioè che un certo inquinante può localizzarsi in maniera preferenziale, può avere una maggiore affinità per un certo luogo che ha certe caratteristiche o per un certo tessuto, per un certo organo e quindi magari esplicitare maggiormente la propria tossicità in quella sede. Persistenza È il tempo che una certa sostanza permane inalterata in un certo tessuto, in un certo comparto, in un certo ecosistema. Per esempio, per gli isotopi radioattivi io posso dire che è una persistenza estremamente variabile, cioè, possono avere un’emivita, un tempo di dimezzamento di pochi secondi e di pochi minuti oppure di migliaia e milioni di anni. È una caratteristica che può cambiare moltissimo a seconda della sostanza che prendo in considerazione, ma può cambiare anche a seconda dell'ambiente nel quale mi trovo o della possibilità che queste sostanze hanno di interagire con altre componenti. Bioaccumulo e Biomagnificazione. Bioaccumulo → rappresenta una sorta di progressivo arricchimento di una certa sostanza in un organo, in un organismo rispetto a quello che è il mezzo circostante, quindi, il bioaccumulo è associato a una particolare affinità che la sostanza ha rispetto ad un certo comparto o un certo organo, ma anche a particolari processi che in qualche modo garantiscono questa assunzione, questo accumulo. Per esempio: pensate agli organismi che hanno una conchiglia calcarea; ovviamente questi organismi hanno necessità di assorbire e di trattenere calcio, ma ci sono anche altre sostanze che hanno delle affinità chimiche al calcio, come per esempio piombo e stronzio. Queste sostanze seguono lo stesso percorso del calcio. Biomagnificazione → quando facciamo riferimento ai livelli trofici, cioè un accumulo della sostanza, andando dal livello trofico più basso al livello trofico superiore. Oggi si parla di biomagnificazione per un numero di sostanze inferiori rispetto a quello che si riteneva in passato, perché si è compreso che ci sono tutta un'altra serie di meccanismi e di processi che vanno presi in considerazione. Biodisponibilità E’ la forma nella quale io trovo una certa sostanza, ovvero quella forma in cui è biodisponibile nel momento in cui può essere assimilata dall'organismo, e può influenzare il metabolismo e la fisiologia degli organismi in questione. Quindi, la biodisponibilità di un inquinante sicuramente dipende molto da quella che è la forma chimica che ha in quello specifico momento. Nel conteso dei cicli biogeochimici, abbiamo identificato tre fasi fondamentali: - Dispersione nell’ambiente → elementi come nutrienti, carbonio e azoto vengono rilasciati e diventano biodisponibili. Questo avviene attraverso meccanismi chimici e fisici, come incedi naturali, emissioni vulcaniche, deposizioni atmosferiche - Concentrazione nella biosfera → Le sostanze rilasciate vengono assorbite dagli organismi e integrate nella loro biologia, accumulandosi nei tessuti e diventando parte della catena alimentare. - Rilascio delle sostanze nell’ambiente → Le sostanze vengono liberate nuovamente nell'ambiente, completando il ciclo. Le attività umane possono influenzare significativamente questo processo, ad esempio, aumentando la concentrazione di certe sostanze nel biota attraverso pratiche industriali e agricole Le attività umane modificano il ciclo biogeochimico introducendo sostanze nell’ambiente che poi vengono assimilate dagli organismi. Questo rilascio può essere accidentale, come nel caso di attività minerarie e industriali, o intenzionale, come nell'applicazione di pesticidi e altri prodotti chimici. Per quanto riguarda l'inquinante, vediamo che cosa può succedere tra un inquinante che viene liberato in atmosfera, uno che viene liberato in acqua, uno che viene liberato nel suolo. L’inquinamento può essere: - Localizzato → si verifica in un’area specifica, come vicino a una ciminiera industriale o allo scarico di una città - Diffuso → riguarda aree molto vaste Una volta in atmosfera, le sostanze possono trasformarsi e interagire tra loro, creando nuovi inquinanti chiamati inquinanti secondari. Lo smog fotochimico è un esempio di questo tipo di inquinanti, prodotti da reazioni chimiche in atmosfera. Le reazioni che possono venire fuori da queste interazioni sono: - Reazione antagonistica → - Reazione additiva → l'effetto tossico di due sostanze si somma. Ad esempio, i ratti esposti sia a piombo che ad arsenico hanno una tossicità doppia rispetto a quella causata da uno solo di questi elementi. - Reazione sinergica → L'effetto combinato di due sostanze è maggiore della somma dei singoli effetti. Per esempio, un fumatore esposto all'amianto ha un rischio di cancro al polmone molto più alto rispetto a un non fumatore o a una persona esposta solo all'amianto. Quando una sostanza viene rilasciata nell'atmosfera, può assumere varie forme: gas, particolato, spray o goccioline. La velocità e il tipo di movimento di queste sostanze dipendono dalle loro caratteristiche. Ad esempio, il particolato tende a depositarsi più velocemente rispetto ai gas. Le condizioni climatiche, come vento, temperatura, pioggia e neve, influenzano significativamente il destino degli inquinanti in atmosfera. Ad esempio, i venti prevalenti possono trasportare gli inquinanti da una regione all'altra. In Italia, le Alpi e gli Appennini possono bloccare alcune correnti d'aria, limitando il trasporto degli inquinanti. La pioggia e la neve possono "ripulire" l'aria, facendo ritornare gli inquinanti sulla superficie terrestre. Questo fenomeno è particolarmente rilevante nelle aree con abbondanti precipitazioni. Per quanto riguarda l'Italia, dobbiamo fare una distinzione tra quello che accade nella troposfera e quello che accade nella stratosfera. Troposfera → La troposfera è la parte più bassa dell'atmosfera, che si estende fino a circa 10-20 km sopra la superficie terrestre. Qui avvengono i moti verticali dell'aria (aria calda che sale e aria fredda che scende) a causa delle variazioni di temperatura e pressione. Questo movimento verticale è chiamato trasporto verticale dell'aria. Gli inquinanti presenti in questa zona sono influenzati dai moti ascendenti e discendenti dell'aria, e quindi tendono a rimanere più vicini alla superficie terrestre. Stratosfera → La stratosfera è lo strato atmosferico subito sopra la troposfera. Qui si trovano le scie degli aerei e il famoso strato di ozono. Lo strato di ozono nella stratosfera ci protegge dalla radiazione ultravioletta del sole. Alcuni composti molto volatili possono raggiungere la stratosfera. In questa zona, il trasporto delle sostanze è determinato dal movimento delle grosse masse d'aria, che può causare trasporti a lunga distanza. Le masse d'aria tendono a muoversi dall'Equatore verso i poli. Questo movimento influenza anche il trasporto degli inquinanti nella stratosfera. La rotazione della Terra da ovest verso est causa uno spostamento delle masse d'aria verso destra nell'emisfero settentrionale e verso sinistra nell'emisfero meridionale. Questo causa un comportamento diverso nel movimento dell'aria tra l'emisfero australe e l'emisfero boreale. Lezione 4 Da stime abbastanza recenti il problema dell’inquinamento dell’idrosfera, degli ecosistemi acquatici riguarda prevalentemente il mare. Le acque di falda per il 75% sono acque di buona qualità e questo è positivo perché il 40% del fabbisogno antropico è associato all’acqua di falda. La situazione cambia completamente nel momento in cui andiamo a prendere in considerazione le acque dolci superficiali, cioè i fiumi e i laghi perché più del 50% ha problemi legati all’inquinamento e diventa ancora più grave la situazione nel momento in cui andiamo a considerare il mare e gli oceani perché gran parte degli inquinanti non arrivano direttamente in mare ma vengono trasportati o dalle terre emerse o dall'acqua dei fiumi, dei laghi o dalle acque sotterranee verso il mare. Il destino delle sostanze che vengono immesse in un corso d’acqua, in un fiume in particolare ma anche in mare, nell'oceano dipende dalla forma con la quale è immessa nel sistema acquatico, cioè, se è una sostanza disciolta in acqua o una sostanza per esempio in sospensione. Nel caso delle sostanze in sospensione è molto importante la grandezza di queste sostanze, la densità di questo materiale perché una sostanza più grande e pesante tende più facilmente a sedimentare e quindi ad essere allontanata dalla corrente rispetto a una sostanza invece più leggera o che è disciolta che viene trasportata con estrema facilità. Il concetto di "scarico" in un corso d'acqua, che rappresenta il punto di immissione di un inquinante. Questo punto è fondamentale per capire come l'inquinante si comporterà e si diffonderà lungo il corso d'acqua. Quando un inquinante viene immesso in un fiume, la sua concentrazione diminuisce man mano che ci si allontana dal punto di immissione. Questa diminuzione dipende dalle caratteristiche dell'inquinante stesso e del fiume in questione. La riduzione della concentrazione è importante perché comporta anche una diminuzione del potenziale danno ecotossicologico, ovvero l'impatto negativo su produttori primari (come le alghe) e consumatori all'interno dell'ecosistema acquatico. In altre parole, più ci si allontana dal punto di immissione, meno tossico sarà l'effetto dell'inquinante sull'ecosistema. La durata dell'effetto dipende dal tipo di inquinante e dalle caratteristiche del corso d'acqua. Conoscere il punto di immissione è cruciale per prevedere e monitorare il destino dell'inquinante. Un esempio significativo è la contaminazione del fiume Reno nel 1969, dove insetticidi immessi nel fiume sono stati ritrovati a 500 km di distanza in Olanda. Questo evento ha fornito dati utili per sviluppare modelli previsionali di contaminazione fluviale. A volte, ci possono essere più punti di immissione lungo lo stesso corso d'acqua per lo stesso inquinante. In questi casi, vengono sviluppati modelli che simulano cosa succede tra un punto di immissione e l'altro per valutare gli effetti combinati degli inquinanti. Questo permette di capire se gli effetti sono additivi o sinergici. Il testo menziona anche un modello previsionale comune, chiamato "piuma", che viene spesso utilizzato per rappresentare la diffusione degli inquinanti nei corsi d'acqua. La "piuma" rappresenta graficamente come la concentrazione dell'inquinante si diffonde e si diluisce man mano che ci si allontana dal punto di immissione. In un lago, la situazione è diversa rispetto a un fiume perché non c'è corrente o il movimento delle acque è molto lento. Tuttavia, l'acqua di un lago non è completamente ferma: esistono movimenti minimi dovuti ai punti di immissione e uscita dell'acqua, oltre al movimento superficiale causato dal vento. Questo significa che, sebbene l'acqua ristagni più di quanto accada in un fiume, c'è comunque un certo grado di movimento. In un lago, la diffusione di un inquinante è limitata, rendendo la situazione più grave rispetto a un fiume. Le aree non contaminate sono poche e c'è una maggiore probabilità di interazioni tra diversi inquinanti e fenomeni di eutrofizzazione. La diluizione dell'inquinante è quindi molto più limitata rispetto a quella che si potrebbe avere in un fiume. Nei fiumi, la velocità dell'acqua varia lungo il corso. Alla sorgente, la corrente è più rapida e il ricambio d'acqua è veloce, facilitando la diluizione degli inquinanti. A valle, la corrente è più lenta e la qualità dell'acqua può peggiorare a causa dell'accumulo di inquinanti provenienti da diversi punti di immissione. Di conseguenza, il potere di diluire l'inquinante è maggiore alla sorgente rispetto alla foce. In un lago, l'acqua è più statica e ci sono fenomeni di sedimentazione più pronunciati. Il movimento superficiale dell'acqua causato dal vento può incidere sulla circolazione e sul rimescolamento dell'acqua, influenzando il destino degli inquinanti. Nel mare, le correnti svolgono un ruolo cruciale nel trasporto di sostanze, comprese quelle tossiche. L'upwelling, ovvero il movimento verticale dell'acqua, favorisce il mescolamento di acque a diverse temperature e il trasporto di nutrienti e inquinanti. Le correnti superficiali e profonde, influenzate dal vento e dalle masse d'aria, determinano la distribuzione di sostanze tossiche negli oceani. Le caratteristiche chimiche e fisiche di una sostanza, come la solubilità, la massa molecolare, la tensione di vapore e il coefficiente di ripartizione, sono fondamentali per valutare il suo comportamento nell'ambiente. La solubilità in acqua è una proprietà chiave, influenzata dalla temperatura e dalla pressione. La solubilità in acqua (idrosolubilità) determina la rapidità con cui una sostanza può essere trasportata nell'ambiente e all'interno degli organismi. Le sostanze idrosolubili si muovono facilmente e vengono rapidamente eliminate dagli organismi. Le sostanze liposolubili, invece, hanno bisogno di un carrier per muoversi nell'ambiente e possono accumularsi nei tessuti biologici. Questo può portare a fenomeni di bioaccumulo e biomagnificazione, dove la sostanza si accumula lungo la catena trofica. Il bioaccumulo si verifica quando una sostanza aumenta la sua concentrazione all'interno di un organismo o di un tessuto specifico rispetto all'ambiente esterno. Le sostanze liposolubili possono diventare più pericolose se trasformate in forme più lipofile, come nel caso del mercurio organico. L'accumulo di sostanze liposolubili può non dare immediatamente effetti tossici, ma può causare danni quando raggiunge una certa soglia o viene rilasciata dai tessuti in seguito a cambiamenti fisiologici. Una sostanza si muove tra i vari compartimenti in funzione delle sue dimensioni molecolari, della sua solubilità, stabilità e reattività. Per rappresentare matematicamente questi movimenti, abbiamo: - Modelli descrittivi I modelli utilizzati per studiare la distribuzione e il destino degli inquinanti nell’ambiente, esistono due principali tipi di modelli: - Modelli Termodinamici: Questi modelli si concentrano su come una sostanza si distribuisce in base agli equilibri termodinamici. Considerano principalmente gli stati di equilibrio tra diversi comparti ambientali. - Modelli Cinetici: Questi modelli, invece, tengono in considerazione il fattore tempo. Forniscono informazioni sulla velocità con cui avvengono i processi, considerando sia il trasferimento di sostanze tra comparti sia le loro trasformazioni nel tempo. Uno dei modelli più rilevanti dal punto di vista ecologico e ambientale è il "modello dell'unità di mondo". Formulato negli anni '80, questo modello multi-comparto fornisce informazioni sulla distribuzione e la diffusione di un inquinante da un comparto ambientale all'altro (aria, acqua, suolo, litosfera, biosfera). Generalmente, si considera un'unità di mondo come un'area di 1 km² per stabilire il destino di un inquinante. Un concetto chiave in questo modello è la fugacità, ovvero la capacità di una molecola di lasciare una fase per entrare in un'altra. Questo concetto include processi come la volatilizzazione, la lisciviazione e la sedimentazione, considerando che i flussi di queste sostanze sono bidirezionali (ad esempio, dall'acqua all'aria e viceversa). Il modello dell'unità di mondo può essere applicato a diversi livelli di complessità: - Primo Livello: Considera l'unità di mondo come un sistema chiuso, con un solo input di sostanza e senza ulteriori ingressi o uscite. Si basa sull'equilibrio termodinamico, presupponendo una distribuzione costante della sostanza tra i vari comparti. Tuttavia, è un sistema altamente semplificato e poco realistico. - Secondo Livello: Introduce input e output costanti, prevedendo processi di trasformazione e degradazione. Non si raggiunge un equilibrio termodinamico, ma uno stato stazionario, con equilibri dinamici tra i comparti. Questo livello offre una visione più realistica rispetto al primo, ma ancora limitata. - Terzo e Quarto Livello: Questi livelli considerano una scala regionale, includendo fattori climatici e orografici specifici del territorio. Sono modelli più dettagliati e complessi, che richiedono informazioni specifiche e accurate sulle caratteristiche intrinseche del sistema. A questo livello, le proporzioni tra i comparti ambientali possono variare significativamente rispetto alla media terrestre, influenzando i bilanci di massa e le velocità di flusso. Inquinanti organici e inquinanti inorganici. Quando parliamo di immissione intenzionale di inquinanti, ci riferiamo a sostanze come insetticidi, erbicidi e fungicidi, utilizzate volutamente per raggiungere specifici obiettivi, come il controllo dei parassiti o delle infestanti. L'immissione non intenzionale, invece, include sottoprodotti industriali e sostanze usate per la cura della persona, che finiscono nell'ambiente senza una volontà diretta di farlo. Quando parliamo di contaminanti inorganici, ci riferiamo a sostanze come: - metalli pesanti (ad esempio piombo, mercurio), - isotopi radioattivi - anioni (come nitriti e nitrati). Questi contaminanti sono spesso presenti in concentrazioni più elevate rispetto ai composti organici e possono derivare da fonti industriali, agricole o urbane. L'accumulo di questi contaminanti può avere impatti significativi sulla qualità dell'ambiente e sulla salute umana, specialmente se non gestiti correttamente. Nel contesto ecologico, è importante distinguere tra metalli essenziali e non essenziali. I metalli essenziali, come lo zinco, sono vitali per il funzionamento degli organismi viventi, partecipando attivamente a processi metabolici fondamentali come la sintesi di proteine e il funzionamento degli enzimi. Tuttavia, è cruciale mantenere queste sostanze in concentrazioni ottimali; concentrazioni troppo basse possono limitare la crescita degli organismi, mentre concentrazioni troppo alte possono diventare tossiche. - Gli organismi non possono crescere e completare il proprio ciclo vitale in loro assenza - Non possono essere sostituiti da altri elementi - Hanno una influenza diretta sull’organismo e sono coinvolti nel suo metabolismo Una considerazione importante riguarda la terminologia quando si parla dei metalli (pesanti), cioè con densità vicina o superiore a 5 kg per decimetro cubo. Quando parliamo di metalli pesanti ci riferiamo anche ai metalloidi e ai metalli di transizione. La tossicità dei metalli è associata alla disponibilità, alcuni metalli possono avere un background molto alto (concentrazione non proprio in traccia) ma non è questo che determina la disponibilità, ma la frazione disponibile per essere assimilata. Un altro aspetto da considerare è la diversa capacità che questi inquinanti hanno di reagire con altri elementi e formare composti. I Metalli possono essere divisi in 3 gruppi: - nel primo abbiamo CALCIO, MAGNESIO, MANGANESE ecc (capaci di legarsi all'ossigeno); - nel secondo abbiamo i metalli capaci di legarsi con zolfo e azoto - nel terzo gruppo hanno proprietà intermedie fra i primi due. Questo aspetto dei legami che formano è molto importante, in quanto determina una diversa disponibilità di quell'elemento nell'ambiente ed una diversa capacità che quell'elemento può avere di distribuirsi e muoversi nell'ambiente, entrando anche nelle matrici biologiche. Molto spesso questi inquinanti possono fare sorgere problemi di eutrofizzazione, cioè una eccessiva proliferazione di alghe ed organismi (fioritura algale) che colpisce principalmente sistemi idrici con maggiore staticità, maggiore chiusura del bacino idrico e scarsa presenza di correnti. Questa crescita del primo livello trofico (alghe) è dovuta ad un surplus di nutrienti...questa crescita di primo livello, non è accompagnata da una crescita degli altri livelli e quando queste alghe muoiono, non riescono ad essere smaltite dal livello trofico successivo, cioè dai consumatori, quindi si decompongono, consumando ossigeno e creando stati di marciscenza (cattivo odore). Questo stato ovviamente intacca poi la flora e la fauna presente nelle maggiori profondità, oltre al fatto che dopo la loro morte queste alghe possono rilasciare sostanze di per sé tossiche. Ad es nitriti e nitrati possono causare problemi dal punto di vista della sopravvivenza degli organismi in quanto vanno a danneggiare quello che è il trasporto di ossigeno da parte dell'emoglobina oppure ancora l'ammoniaca ( uno dei rifiuti azotati degli organismi che vivono in acqua ma può anche essere immesso da fonti antropiche come fertilizzanti o clorazione delle acque) o il boro (importantissimo in ambiente acquatico ma le stesse quantità in ambiente terrestre possono essere considerate tossiche, contaminanti). Questi elementi sono contaminanti inorganici definiti essenziali, insieme ad esempio ai fosfati, ma se vengono liberate nell’ambiente in maniera troppo elevata creano questi problemi (eutrofizzazione). Per i contaminanti inorganici facciamo una distinzione tra essenziali e non essenziali, i primi sono importanti per gli organismi in un certo range, i secondi non sono importanti. Se ho una concentrazione troppo bassa degli elementi essenziali questo comporta una mancata crescita, mancata capacità riproduttiva o la morte per gli organismi, ma si può dire la stessa cosa per concentrazione troppo alte. Ci sono quindi range che garantiscono la massima efficienza delle funzioni dell’organismo e zone di stress. Il range ottimale dipende moltissimo dall’organismo preso in considerazione. Un elemento essenziale può quindi esplicare un effetto tossico soprattutto ad alte dosi in cui viene considerato un inquinante. Contaminanti organici Le proprietà chimiche di questi composti dipendono in gran parte dalla loro polarità: - i composti costituiti solo da Carbonio, o da Carbonio e idrogeno, hanno polarità bassissima o nulla in quanto elettricamente neutri - ho invece delle molecole capaci di formare legami con ad es azoto e ossigeno, la loro polarità sarà elevata, così come la loro capacità di movimento e la capacità di essere assorbiti da una matrice biologica e la capacità di reagire con il metabolismo di un certo organismo. Una distinzione per i contaminanti organici riguarda la differenza tra composti aromatici (anelli benzenici) e alifatici. Gli idrocarburi, una categoria importante di composti organici presenti nell'ambiente, caratterizzati dalla bassa polarità e alta lipofilicità, rendendoli solubili in oli e solventi organici non polari. Gli idrocarburi sono composti esclusivamente da carbonio e idrogeno, e si presentano principalmente sotto forma di liquidi o solidi, tranne poche eccezioni gassose a basso peso molecolare. Esistono due distinzioni principali tra gli idrocarburi: - alifatici → Gli idrocarburi alifatici includono alcani, alcheni e alchini, mentre gli idrocarburi aromatici contengono uno o più anelli benzenici. Questi ultimi sono spesso generati da combustioni, sia naturali (come eruzioni vulcaniche) che antropiche (combustioni incompleti o con scarse quantità di ossigeno), e variano in reattività e tossicità in base al loro peso molecolare, grado di insaturazione e ambiente circostante. - Aromatici → Gli idrocarburi aromatici come il benzoapirene sono noti per la loro elevata diffusione e attività cancerogena, servendo anche come indicatori della presenza di altri IPA nelle miscele trasportate dalle correnti atmosferiche. Gli IPA possono legarsi ad altri inquinanti, formando composti più pericolosi degli IPA originali. Questi inquinanti possono entrare nel corpo umano attraverso l'inalazione di particelle atmosferiche o l'assorbimento cutaneo, con il loro destino dipendente dalla capacità dell'organismo di metabolizzarli. Le reazioni di metabolizzazione possono generare prodotti più pericolosi dei composti di partenza, aumentando il rischio di cancerogenicità e mutagenicità. Gli idrocarburi possono depositarsi sul suolo o su superfici vegetali, come le foglie degli alberi, dove la loro assorbimento è proporzionale alla superficie di contatto della foglia. Questo ciclo di deposizione può influenzare la qualità del suolo e degli ecosistemi circostanti, con il suolo che gioca un ruolo cruciale nella mobilità e disponibilità degli inquinanti. Lezione 6 Il biomonitoraggio è una tecnica che utilizza piante e animali per valutare la qualità dell'ambiente e comprendere gli effetti dei contaminanti sugli ecosistemi. Questa metodologia è fondamentale poiché fornisce informazioni preziose sui cambiamenti ambientali nel tempo e nelle diverse aree esaminate. Grazie al biomonitoraggio, è possibile monitorare la salute degli ecosistemi in modo dettagliato e continuativo, osservando come vari fattori inquinanti influenzino la flora e la fauna in un determinato arco temporale. Rispetto alla rilevazione strumentale, che utilizza centraline dotate di sensori e misuratori per ottenere dati immediati sugli inquinanti, il biomonitoraggio offre un'alternativa più economica e a lungo termine. Sebbene le centraline siano precise e rapide nel fornire informazioni sugli incrementi di inquinanti, i loro costi elevati e la capacità limitata di rilevare simultaneamente diversi tipi di inquinanti rappresentano dei limiti. Inoltre, le centraline sono spesso programmate per misurare solo specifici inquinanti in determinati periodi, riducendo la continuità e completezza dei dati raccolti. Esistono diverse tipologie di centraline: alcune misurano vari inquinanti come ossidi di azoto, zolfo e idrocarburi policiclici aromatici (IPA) in combinazione con parametri meteorologici; altre sono dedicate esclusivamente alla misurazione delle polveri. La selezione dei sensori delle centraline viene effettuata con attenzione in base alla fonte di emissione, il che aiuta a ridurre i costi di installazione e gestione, ma non fornisce una visione completa della qualità dell'aria. In questo contesto, l'integrazione del biomonitoraggio con la rilevazione strumentale diventa particolarmente utile. Gli organismi biomonitori possono fornire informazioni dettagliate sulla contaminazione da inquinanti organici e inorganici, solidi, liquidi e gassosi. Inoltre, sono in grado di rilevare variazioni stagionali nell'emissione di certe sostanze e di evidenziare gli effetti morfologici, biochimici e fisiologici degli inquinanti su piante e animali. Questo consente una comprensione più approfondita e sfumata degli impatti ambientali rispetto ai dati ottenibili esclusivamente con le centraline. Il biomonitoraggio utilizza due principali categorie di organismi per valutare la qualità ambientale: i bioindicatori e i bioaccumulatori. - Bioindicatori: Sono organismi che rispondono rapidamente e in modo specifico ai cambiamenti nella concentrazione di determinati inquinanti. Questi organismi mostrano effetti visibili, come cambiamenti morfologici o fisiologici, quando esposti a livelli variabili di contaminanti. I bioindicatori possono essere ulteriormente suddivisi in: ➔ Bioindicatori di presenza: Forniscono informazioni sulla qualità ambientale basandosi sulla presenza o assenza della specie. La loro presenza indica un certo livello di qualità dell'aria o dell'acqua, mentre la loro assenza può suggerire un ambiente contaminato. ➔ Bioindicatori di reazione: Mostrano effetti specifici in risposta a determinati inquinanti o all’aumento delle loro concentrazioni. Questi effetti possono includere danni visibili come decolorazione o necrosi delle foglie. La loro elevata sensibilità consente di correlare direttamente la causa (inquinante) con l'effetto (danno). - Bioaccumulatori: Sono organismi che accumulano sostanze chimiche nel loro corpo, permettendo di ottenere informazioni quantitative sul grado di contaminazione ambientale. Ad esempio, riescono ad accumulare idrocarburi policiclici aromatici (IPA), e non devono essere troppo sensibili per fornire dati quantitativi accurati. I bioaccumulatori offrono un quadro chimico dettagliato della contaminazione. Caratteristiche degli Organismi Biomonitori Gli organismi utilizzati nel biomonitoraggio devono soddisfare diversi criteri: - Ampia distribuzione: Devono essere largamente presenti nell'area di studio. Ad esempio, il leccio è diffuso nel territorio di Napoli. - Mobilità limitata: Devono essere quasi immobili o avere una mobilità molto limitata per rappresentare accuratamente la contaminazione in una specifica area. Questo è uno dei motivi per cui la flora è spesso preferita alla fauna. - Ciclo di vita lungo: Gli organismi devono avere un ciclo di vita relativamente lungo per monitorare le variazioni ambientali nel tempo, come il leccio, che è sempreverde. Tipi di Biomonitoraggio Il biomonitoraggio può essere: - Passivo: Utilizza organismi già presenti nell'area di studio. - Attivo: Implica l'introduzione di organismi di cui si conoscono la sensibilità e la risposta a specifici inquinanti nell'ambiente da esaminare. Questo metodo consente di trovare relazioni con gli effetti degli inquinanti più rapidamente, poiché la reazione degli organismi utilizzati è già nota. Metodologia del Biomonitoraggio Per essere efficace, il biomonitoraggio deve seguire metodi standardizzati: - Campionamento: Deve essere eseguito in modo rappresentativo e considerando il momento stagionale specifico. Le foglie e altri campioni devono essere raccolti correttamente. - Analisi: Devono essere effettuate con criteri rigorosi. Se si utilizza un metodo di analisi differente, questo deve essere dichiarato e giustificato. Importanza dei Bioindicatori Le piante vascolari sono ottimi bioindicatori per la loro alta sensibilità agli inquinanti. È importante che i bioindicatori abbiano: - Sensibilità specifica: Devono essere sensibili a un inquinante specifico e mostrare una relazione precisa causa-effetto. - Correlazione dose-danno: Deve esserci una chiara relazione tra la dose dell'inquinante e il danno osservato. - Resistenza agli stress: Devono avere una bassa sensibilità ad altri stress, come parassiti o malattie, per garantire che i danni osservati siano associati agli inquinanti e non ad altri fattori. Studio sull’ozono a Napoli. Questo studio fatto per la città di Napoli circa l'ozono. Di ozono ne esistono due tipi, uno presente nella stratosfera che ci protegge dalle radiazioni e un ozono presente nella troposfera. L'ozono troposferico è un inquinante prodotto da una serie di attività antropiche ed è un inquinante secondario. Questo studio prevedeva l'utilizzo di piante di trifoglio come bioindicatori, collocati in due siti differenti della città di Napoli, l'ospedale pellegrini e l'osservatorio astronomico, dove erano state collocate delle centraline che riportavano le concentrazioni di ozono. Sono poi stati valutati i danni subiti dalle piantine di trifoglio, a causa delle elevate concentrazioni di ozono. In questo caso parliamo di biomonitoraggio attivo perché non è detto che queste piante crescano in questa area. Sono state collocate le piantine accanto a delle centraline di inquinamento dell’area che registravano la concentrazione di ozono per confermare la sensibilità di queste specie all’ozono. Accanto alle piante vascolari, anche muschi e licheni sono considerati ottimi bioindicatori. Questi organismi presentano una superficie completamente assorbente che funge da filtro per l'atmosfera circostante. Non avendo radici né apparati escretori, assorbono le sostanze ambientali con tutta la loro superficie. Muschi e licheni sono adatti sia per il biomonitoraggio passivo, utilizzando organismi già presenti, sia per quello attivo, introducendo gli organismi nelle aree di studio. Vantaggi e Limiti di Muschi e Licheni Muschi e licheni hanno dimensioni ridotte e sono facili da trasportare. Tuttavia, presentano alcune limitazioni: è difficile risalire all'età dei licheni e quindi all'accumulo di sostanze nel tempo, e i licheni sono soggetti a stress ambientali come l'aridità. I muschi, al contrario, possono essere utilizzati per periodi di monitoraggio di circa tre anni. Questi organismi sono utilizzati come bioaccumulatori per valutare le concentrazioni di inquinanti e per monitorare la presenza o assenza di specifiche sostanze. Licheni e muschi devono essere posizionati ad una certa altezza dal suolo, solitamente tra la chioma e il tronco degli alberi, per evitare l'influenza dell'umidità del suolo. È importante datare il periodo di esposizione degli organismi per quantificare e standardizzare il tempo di monitoraggio, permettendo così un confronto accurato dei dati. Monitoraggio degli Anfibi Gli anfibi sono considerati buoni biomonitori o biosentinelle, poiché forniscono informazioni sia sugli ambienti acquatici sia su quelli terrestri. Un esperimento condotto su rane in un fiume algerino ha dimostrato una buona corrispondenza tra la concentrazione di metalli pesanti nell'acqua e nel suolo e l'accumulo di tali metalli nei corpi degli anfibi. Questo è dovuto alla loro elevata capacità di assorbimento attraverso la pelle. Le aree peri-urbane risultano essere le più inquinate secondo questo studio. In conclusione, il biomonitoraggio utilizza vari organismi per valutare la qualità ambientale e gli effetti degli inquinanti. Le piante di trifoglio, muschi, licheni e anfibi offrono diverse prospettive e metodi per monitorare e comprendere l'impatto delle attività antropiche sull'ambiente. Fattori correlati alla tossicità ambientale La tossicità ambientale dipende da una combinazione di fattori legati all'agente tossico, all'organismo esposto e alle modalità di esposizione. Esploriamo ciascuno di questi aspetti in dettaglio. 1- Fattori correlati con l’agente tossico 2- Fattori correlati con l’organismo 3- Fattori correlati con l’esposizione Fattori correlato con l’agente tossico. Facciamo riferimento a proprietà chimico fisiche: solubilità, massa molecolare, tensione di vapore, coefficiente di ripartizione (Agenzia Europea delle sostanze chimiche) - Solubilità→ Rappresenta la capacità di una sostanza di sciogliersi in acqua, viene indicata dal rapporto tra la quantità soluto ed il volume del solvente, nella pratica ambientale rappresentato dall'acqua. - è un parametro caratteristico della sostanza – che varia al variare delle condizioni di temperatura e di pressione e viene generalmente espresso in mg/l o in moli/l. Le sostanze possono essere suddivise in due classi principali: - quelle che si sciolgono più facilmente in acqua (SOSTANZE IDROSOLUBILI) si muovono velocemente nell’ambiente perché l’acqua è ubiquitaria, tendono anche ad accedere facilmente alla maggior parte delle cellule del corpo perché tutte le cellule sono bagnate da soluzioni acquose (escrezione in 24/48 ore) Tossicità LIMITATA. - quelle che si sciolgono più facilmente nei lipidi (SOSTANZE LIPOSOLUBILI). Le sostanze liposolubili richiedono generalmente un trasportatore (carrier) per muoversi nell'ambiente, entrare nell'organismo e spostarsi al suo interno. Una volta entrate, penetrano facilmente nei tessuti e nelle cellule perché le membrane cellulari sono composte da composti liposolubili, facilitando così il bioaccumulo. Il trasporto delle sostanze attraverso la membrana plasmatica può avvenire in diversi modi: tramite carrier, trasporto attivo o passivo. Gli organismi presentano affinità e comportamenti diversi che influenzano le vie di assorbimento. Negli organismi acquatici, come i pesci, l'assorbimento diretto di sostanze tossiche dall'acqua è predominante rispetto all'ingestione di acqua o cibo. Perciò, i test di tossicità su questi organismi espongono gli organismi a determinate concentrazioni di sostanze tossiche piuttosto che somministrarle oralmente. Diversa è la situazione per uccelli e grossi predatori. Le sostanze liposolubili tendono ad accumularsi nei tessuti perché le dosi assunte non vengono eliminate prima di una nuova esposizione. Questo accumulo non implica necessariamente un immediato effetto tossico, poiché spesso avviene in tessuti inerti come durante diete o in condizioni di ipertiroidismo. Coefficiente di ripartizione Ottanolo/Acqua (Kow) Esprime e la ripartizione di una sostanza tra la componente acquosa e quella lipidica. Descrive il comportamento di una sostanza in soluzione acquosa a contatto con una membrana biologica. rapporto della sostanza all’equilibrio tra le due fasi che generalmente sono molto diverse. Una sostanza può attraversare la membrana plasmatica in base al suo coefficiente di ripartizione. - Se questo coefficiente è minore o uguale a 1, la sostanza può attraversare facilmente la membrana. - Se è maggiore di 1, diventa più difficile. - Valori maggiori di 1 indicano che la sostanza è liposolubile, mentre valori minori di 1 indicano idrosolubilità. Tuttavia, non esiste un valore ottimale: una sostanza molto lipofila attraversa rapidamente la membrana ma non si muove bene nel citosol (che è acquoso), mentre una sostanza troppo idrofilica potrebbe avere problemi a attraversare la membrana. Bisogna anche considerare le caratteristiche biologiche e le condizioni ambientali come pH e temperatura. Questi diversi coefficienti misurano come le sostanze chimiche si distribuiscono e interagiscono nell’ambiente: 1. Coefficiente di ripartizione Carbonio organico/acqua – KOC = Cs/C Indica quanto una sostanza tende ad adsorbirsi su materiali solidi organici come suoli, sedimenti o particelle organiche rispetto alla sua concentrazione in acqua. Questo dipende principalmente dalla presenza di materia organica nell'ambiente. Se il suolo ha poca materia organica, ci saranno meno luoghi disponibili per l'adsorbimento delle sostanze, indipendentemente dalle caratteristiche specifiche di queste sostanze. In altre parole, KOC fornisce informazioni sull'affinità di una sostanza chimica verso i solidi organici presenti nell'ambiente naturale. 2. Coefficiente di partizione Kd Considera i fenomeni di adsorbimento-desorbimento - indica la tendenza di un composto a aderire alla matrice solida o a passare in soluzione. Nel caso in cui il comportamento sia lineare e reversibile il fenomeno viene indicato come coefficiente di distribuzione ed è dato dal rapporto tra la concentrazione sul solido CS e quella sul liquido CW. 3. Coefficiente di ripartizione aria/acqua – Kaw Rapporto tra la concentrazione del soluto nell’aria e la sua concentrazione in acqua all’equilibrio 4. Coefficiente di ripartizione ottanolo/aria- KOA rapporto tra le concentrazioni di una sostanza organica all’equilibrio tra ottanolo e aria e indica il livello di ingresso di una sostanza nella catena trofica. 5. La ripartizione di una sostanza tra l’aria e l’acqua può essere stimata dalla costante di Henry, definita come il rapporto tra la pressione parziale del soluto nell’aria e la sua concentrazione in acqua all’equilibrio. La costante di Henry (KH) quantifica la tendenza relativa di un composto a fuggire dal sistema acquoso e immettersi nella fase gassosa in opposizione a quella di disciogliersi nella fase liquida. Composti con elevati valori di KH tenderanno a volatilizzarsi, composti con bassi valori tenderanno a condensarsi nel mezzo acquoso. È importante l’interfaccia acqua-aria (es. tensione superficiale, viscosità) e le resistenze che le sostanze possono trovare a prescindere dalla loro affinità. Lezione 7 Cosa intendiamo per fattori correlati con l’organismo? Ogni organismo ha una propria sensibilità verso un determinato agente tossico. Una volta che l’agente tossico è stato assunto è importante comprendere come quest’ultimo viene metabolizzato o accumulato dall’organismo. La risposta dipende da diversi fattori, come sesso, età, peso, qualità della vita, condizioni di stress, polimorfismi ecc.. In che modo può avvenire l’assunzione di una sostanza tossica? - Attraverso la membrana plasmatica → Sistemi di trasporto passivo (diffusione semplice e filtrazione) e Sistemi di trasporto attivo (trasporto attivo, diffusione mediata o facilitata, endocitosi); - Apparato tegumentario → La penetrazione avviene per diffusione passiva e favorisce le sostanze lipofile; lo stato di idratazione è discriminante; - Tratto gastrointestinale (attraverso l’alimentazione) → Presenta meccanismi di riconoscimento delle sostanze più specifici e una forte influenza del pH; le sostanze possono essere immesse nel circolo ematico o metabolizzate ed escrete; - apparato respiratorio (sia molecole gassose che particolato) → Attivo assorbimento di molecole gassose e di aerosol condizionato dalla dimensione e dalla solubilità in acqua delle sostanze In che modo una sostanza attraversa la membrana plasmatica? Nella maggior parte dei casi il trasporto è mediato da carrier, oppure mediante trasporto attivo o passivo. I diversi organismi hanno affinità e comportamenti diversi che influenzano le vie di assorbimento. - Se mi trovo in un sistema acquatico e prendo in considerazione organismi unicellulari io prenderò in considerazione il passaggio mediato dall’acqua attraverso la membrana cellulare - Se prendo in considerazione degli organismi pluricellulari ( pesci) le vie di accesso da prendere in considerazione sono sicuramente gli apparati (tegumentario, digerente, respiratorio). Negli organismi acquatici l’assorbimento diretto di sostanze tossiche dell’acqua è predominante rispetto all’ingestione di acqua o di cibo; perciò test di tossicità su organismi acquatici si fanno esponendo gli organismi a determinate concentrazioni di sostanze tossiche piuttosto che per somministrazione orale. Diversa è la situazione per uccelli e grossi predatori. Il trasporto attraverso la membrana cellulare: - Processi di trasporto carrier-mediated (più diffusi) → sono mediati da un trasportatore: alcune proteine (L) formano con il metallo (M) un complesso solubile nei lipidi (ML), che diffonde entro la membrana. Il metallo può essere rilasciato nel citosol. La maggior parte dei metalli entra nella cellula attraverso questo percorso. - Processi di trasporto attraverso canali proteici → Ioni del metallo possono essere trasportati mediante proteine che si estendono lungo la membrana cellulare e che presentano molti gruppi idrofilici. - Processi di trasporto per diffusione passiva → tipica di metalli (non molto grandi) solubili nei lipidi (non polari) di membrana che la attraversano rapidamente. - Processi di trasporto per endocitosi → una regione della membrana cellulare può invaginare ed avvolgere una particella contenente il metallo formando una vescicola intracellulare. Le vie di esposizione sono diverse: - L’esposizione è definita acuta quando l’individuo viene a contatto con una sostanza una singola volta o poche volte a concentrazioni molto elevate - L’esposizione cronica invece prevede esposizioni frequenti, periodiche a basse concentrazioni; - L’ esposizione subcronica si quando l’individuo è esposto per una durata intermedia tra l’acuta e la cronica e l’assunzione della sostanza avviene in fasi molto sensibili del ciclo vitale dell’organismo Quando parliamo di breve termine e lungo termine, però è sempre rapportato al ciclo vitale delle specie prese in considerazione; se ad esempio mi concentro su una popolazione batterica la mia esposizione acuta sarà all’incirca di un minuto poiché hanno un ciclo vitale molto rapido. Gli effetti al termine dell’esposizione il danno può essere reversibile (il danno scompare dopo la somministrazione) o irreversibile ( il danno permane dopo la somministrazione o l’esposizione). Quando una sostanza tossica entra in un organismo, essa può essere immagazzinata, metabolizzata o espulsa. Ogni organismo ha siti specifici per il metabolismo, lo stoccaggio e l’escrezione delle sostanze. Negli ecosistemi, il flusso di energia e il ciclo delle materie seguono un equilibrio, ovvero: - Produttori → assorbono una grande quantità di energia - Consumatori → ad ogni livello trofico l’energia diminuisce Non tutta l'energia o la materia assimilata da un organismo viene utilizzata per la crescita, la riproduzione e la sopravvivenza; una parte viene eliminata. Questo crea un equilibrio tra l'energia e la materia che entra e quella che esce. Ergo-cinetica → Studia come l'energia viene assunta, accumulata, distribuita, trasformata ed eliminata negli organismi. Tossico-cinetica → Studia la velocità delle reazioni ambientali, concentrandosi sui processi di assunzione, accumulo, distribuzione ed eliminazione delle sostanze tossiche (xenobiotiche) negli ecosistemi. Una sostanza per arrecare danno ad un organismo deve penetrare e diffondersi al suo interno; fanno eccezione agenti ad azione caustica ed irritante che hanno effetti diretti. In ecotossicologia si riferisce a situazioni in cui un organismo deve bilanciare tra due o più esigenze o vantaggi contrastanti in risposta a esposizioni a sostanze tossiche. In poche parole, il trade off implica che il miglioramento in una particolare funzione o caratteristica può comportare un costo o un peggioramento in un’altra. Il concetto di trade-off in ecotossicologia si riferisce ai compromessi che gli organismi devono fare quando affrontano stress ambientali o esposizioni a sostanze tossiche. In altre parole, quando un organismo è esposto a condizioni avverse, come inquinanti chimici, deve allocare le sue risorse limitate (energia, nutrienti, tempo) tra diverse funzioni vitali come crescita, riproduzione, difesa contro i predatori e mantenimento della salute. Il termine trade-off in Ecotossicologia intende il bilancio globale di materia e quindi d'energia che un sistema biologico realizza durante la sua esistenza. Quando parliamo di questo bilancio energetico di un sistema biologico dobbiamo tenere in considerazione quelle che sono le reazioni anaboliche, catabolitche e metaboliche: - Anabolismo →L’anabolismo è il processo attraverso cui il corpo assimila (assorbe) il cibo ingerito. Questo dipende da quanto cibo viene mangiato e dalla sua qualità. Il coefficiente di assimilazione, indicato con β, rappresenta la parte del cibo che viene effettivamente assorbita dal corpo. Il valore di β può variare da 0 a 1: - 0 significa che il cibo non viene assimilato affatto. - 1 significa che il cibo viene completamente assimilato. La parte di cibo che non viene assimilata (1 - β) viene eliminata attraverso le feci. Misurando la quantità di cibo non assimilato nelle feci, si può determinare il coefficiente di assimilazione. - Catabolismo alimentare → Il catabolismo alimentare è il processo attraverso il quale il corpo utilizza energia per svolgere le attività necessarie a procurarsi, ingerire e digerire il cibo, rendendo disponibili i nutrienti alle cellule. Questo processo include: L'energia spesa per cercare, catturare e mangiare il cibo. L'energia utilizzata per trasformare il cibo in composti utili ed energia per le cellule. Durante questi processi, l'energia viene dissipata sotto forma di calore e di sostanze di scarto (come le urine). Questo calore prodotto è chiamato "Heat Increment" (HI). Le sostanze di scarto, a basso contenuto energetico, derivano dalla decomposizione e ricostruzione delle molecole nel corpo. In sintesi, il catabolismo alimentare può essere misurato osservando quanta energia viene persa sotto forma di calore e nelle urine. - Metabolismo basale → Il metabolismo basale è l'energia necessaria per mantenere in vita un organismo a riposo, senza considerare l'energia usata per l'alimentazione. Viene anche chiamato "catabolismo a digiuno". Questo processo include: L'energia utilizzata per respirare e far circolare il sangue. La perdita di peso dell'organismo dovuta a queste attività energetiche. Il metabolismo basale è indipendente dall'alimentazione e viene misurato in relazione al peso dell'organismo. L’equilibrio di ogni sistema biologico è associato a questi processi anabolici, catabolici e metabolici e questi processi sono importanti anche in riferimento all’assunzione (uptake) di una sostanza tossica. Poiché l’inquinante, la sostanza potenzialmente tossica viene introdotta in un sistema biologico che segue questo equilibrio con una certa energia che deve sostenere questi sistemi metabolici. Quando entra uno xenobiotico, ma anche quando si viene in contatto con qualche tipo di stress va ad interferire e ad opporsi alla normale sopravvivenza al normale equilibrio di un dato organismo, dunque, i processi vitali subiscono un rallentamento fino ad essere completamente inibiti. Gli inquinanti devono messo in relazione con il concetto di “Scope for Growth” ossia come differenza tra accumulo di energia e perdite metaboliche totali. Maggiori sono le difese mese in atto dall’organismo a contatto con uno xenobiota maggiore sarà il rallentamento del suo equilibrio e l’inibizione dei processi vitali. Un composto xenobiotico è definito come un composto estraneo ad un organismo ossia che non ha un ruolo essenziale nei processi biochimici di quell’organismo. Un composto chimico normale per un organismo piò essere xenobiotico per un altro. L’esistenza naturale di composti xenobiotici che potremmo considerare aggressivi chimici è di considerevole interesse (Es. meccanismi di detossificazione che gli animali hanno sviluppato nei confronti di xenobiotici prodotti da piante). In ecotossicologia, ci si occupa, fondamentalmente, dei composti xenobiotici non naturalmente prodotti ma di quelli originati dall’attività industriale. La chemio-bio-cinetica è una parte fondamentale dell’ecotossicologia perché permette la comprensione e la previsione del comportamento di sostanze inquinanti negli organismi viventi. In un animale, la quantità di sostanze ingerite è proporzionale alla superficie corporea assorbente, che a sua volta, dipende dalla taglia di un animale. I processi di assunzione ed escrezione si esprimono come velocità di accumulo e di depurazione, rispettivamente. La velocità con cui si verificano i due processi dipendono anche dalle caratteristiche biologiche dell’organismo (sesso, taglia, età, stadio del ciclo vitale). Una volta nell’organismo la sostanza xenobiotica può occupare diversi siti: - I siti di azione tossica → dove la sostanza xenobiotica interagisce con una macromolecola endogena (es.: una proteina o DNA) o con una struttura biologica (es.: la membrana cellulare) portando a manifestazioni tossiche nell’intero organismo. - I siti del metabolismo → rappresentati da enzimi che metabolizzano le sostanze xenobiotiche. Di solito il processo metabolico porta alla detossificazione di tale sostanza. In alcuni casi, il processo metabolico porta all’attivazione (aumento della tossicità) del composto. - I siti di stoccaggio → dove la sostanza xenobiotica viene resa inerte dal punto di vista della attività tossicologica (granuli di metallo, per esempio). - I siti d’escrezione → L’escrezione può riguardare la sostanza xenobiotica originale inalterata, sebbene, generalmente viene escreto il prodotto di biotrasformazione (metabolita o composto coniugato) La velocità di accumulo e di depurazione sono molto importanti poiché condizionano la concentrazione di uno xenobiotico nell’organismo. Se presuppongo che un organismo è costantemente esposto ad una sostanza xenobiotica e vado a valutare come cambia nel tempo la sua concentrazione noto che c’è un incremento relativamente rapido della sostanza soprattutto nelle prime fasi di uptake e; nel momento in cui ho un assorbimento registro un incremento della concentrazione ma per poter valutare l’escrezione della sostanza dovrà passare un tempo più o meno lungo perché la sostanza dovrà essere messa prima in circolo prima di raggiungere i siti di escrezione. Quindi nel caso di un’esposizione continua la prima fase è l’assunzione, poi l’incremento della concentrazione per arrivare poi ad una fase che viene definita stazionaria ossia raggiungerò una fase nella quale l’assunzione e l’eliminazione si equivalgono (sono in equilibrio) e la concentrazione dipenderà dall’equilibrio di queste due fasi. Se l’esposizione termina avrò una riduzione lineare della mia concentrazione, da dove mi potro calcolare il P50 ossia il tempo necessario affinché la sostanza assorbita viene eliminata. Come si può notare la curva della fase stazionaria è sovrapposta ad una curva che presenta delle onde, queste onde o picchi rappresentano (dato che è poco probabile che l’esposizione ad una sostanza sia di tipo continuo ma avrò necessariamente degli intervalli di tempo nel quale non sarò a contatto con quella sostanza) le fasi in cui non c’è assunzione ma solo escrezione. Quando si va a considerare la distribuzione di una sostanza xenobiotica all’interno di un organismo le cinetiche sono molteplici, nel grafico la distribuzione è rappresentata secondo la cinetica del primo ordine; dunque, la situazione nella realtà è molto più complessa. La distribuzione di una sostanza nel corpo avviene attraverso vari sistemi di trasporto: - Nei vertebrati, la sostanza viene trasportata tramite il sangue, il sistema linfatico e l'acqua interstiziale e intracellulare. - Negli invertebrati, il trasporto avviene attraverso l'emolinfa e l'acqua interstiziale e intracellulare. - Nelle piante, la distribuzione avviene tramite floema, xilema e acqua interstiziale e intracellulare. - Negli organismi unicellulari, il trasporto avviene tramite l'acqua intracellulare. Questi sistemi permettono alla sostanza di raggiungere diversi siti di accumulo, attivazione e metabolizzazione. Per l’uomo l’assunzione di una sostanza tossica può essere spiegata in modo più dettagliato: una sostanza tossica penetra attraverso l’apparato o digerente o respiratorio o tegumentario attraversare i siti di metabolismo e viene espulso attraverso l’escrezione. I siti di bioaccumulo ossia il tessuto osseo, i tessuti molli e il tessuto adiposo rappres