Giovanni Falcone - Il diritto dell'economia e le sue fonti PDF
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This document is a study on the law of economics, focusing on its definitions, sources, and the economic constitution. It covers different theoretical approaches to the topic of economic law. The document is intended for academic purposes.
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Giovanni Falcone - Il diritto dell’economia e le sue fonti Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’auto...
Giovanni Falcone - Il diritto dell’economia e le sue fonti Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 1 di 12 Giovanni Falcone - Il diritto dell’economia e le sue fonti Indice 1. LA DEFINIZIONE DI “DIRITTO DELL’ECONOMIA”................................................................... 3 2. LE FONTI DEL DIRITTO DELL’ECONOMIA.............................................................................. 7 3. LA “COSTITUZIONE ECONOMICA”....................................................................................... 9 BIBLIOGRAFIA.......................................................................................................................... 12 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 2 di 12 Giovanni Falcone - Il diritto dell’economia e le sue fonti 1. La definizione di “diritto dell’economia” Il primo problema posto dal diritto dell’economia, paradossalmente, è quello della sua stessa definizione. Si tratta di una disciplina che ha iniziato a enuclearsi come scienza giuridica autonoma agli inizi del secolo scorso: ma la concreta identificazione di una nozione comune e condivisa di diritto dell’economia non può dirsi definitivamente raggiunta. Così, ad esempio, si distingue tra “diritto economico”, “analisi economica del diritto” o “economia del diritto” e “diritto dell’economia”; così ancora taluni distinguono un “diritto pubblico dell’economia” e un “diritto privato dell’economia” (mentre altri negano legittimità a questa distinzione). In una prima approssimazione, possiamo definire il diritto dell’economia come la disciplina che il diritto appresta per regolare i fenomeni economici. Secondo la convincente definizione di Matteo Ortino “il diritto dell’economia può essere definito come il diritto che regola l’economia. Come tale esso comprende le norme e gli istituti che devono realizzare l’ordinamento economico generale”, con la precisazione che “il diritto viene qui inteso come uno strumento specifico volto ad analizzare, sistemare e interpretare le norme giuridiche che plasmano e organizzano la vita economica, in conformità ai valori e ai principi fondamentali su cui l’ordinamento giuridico generale si basa e si deve sviluppare”1. In particolare, l’autore appena citato ha voluto distinguere il diritto dell’economia, come appena definito, dal “diritto economico”, intendendo con quest’ultimo concetto non una disciplina giuridica specifica, ma una sorta di “diritto ispiratore della produzione normativa capace di condizionarla e orientarla in maniera più o meno precisa”, ogni era economica, che è caratterizzata da un proprio “paradigma”, e che si avvia al verificarsi di una rivoluzione economica (a sua volta determinata “dagli effetti delle variazioni biologiche o delle innovazioni tecnologiche sui processi di produzione, scambio, consumo di beni e servizi), ha il suo “diritto economico”2. 1 M. ORTINO, Il diritto economico, in Scritti in onore di Francesco Capriglione, I, Padova, 2010, 27, 2 M. ORTINO, op. cit., 16 definisce quindi il diritto economico come “quella particolare disciplina giuridica volta alla ricerca della legge originaria immanente alle singole ere economiche avvicendatesi durante l’intera nostra evoluzione”. Esso “indaga la logica immanente ai sistemi tipici di produzione di beni di una singola era economica al fine di ricavare da quella logica immanente il principio regolatore di tutto il diritto che si forma durante quella era economica”. In ultima analisi, secondo l’A., il diritto economico è quella “scienza che studia, secondo un proprio metodo e specifici principi, l’ordinamento giuridico corrispondente alla logica, ai principi e alle regole di ciascuna era economica”. Pertanto “la specialità del diritto economico non riguarda l’individuazione di una normazione settoriale all’interno dell’ordinamento giuridico generale nel senso tradizionale della partizione del diritto, quanto piuttosto Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 3 di 12 Giovanni Falcone - Il diritto dell’economia e le sue fonti Si tratta, peraltro, di una disciplina la cui nascita è, come già detto, relativamente recente: all’interno del diritto dell’economia, infatti, vengono studiati sia istituti riconducibili al diritto commerciale che istituti riconducibili al diritto amministrativo. In cosa consiste l’intervento dello Stato nei fenomeni economici? Pensiamo a un fenomeno “naturale” come il mercato: pur essendo un fenomeno naturale, il mercato, lasciato “a sé stesso” non tende a realizzare spontaneamente un funzionamento di natura concorrenziale, tendendo, ad esempio, verso forme di monopolio o di oligopolio: al riguardo è fortemente suggestiva una espressione di Fabio Merusi: “il mercato ha le sue leggi che non sempre sono le stesse del legislatore”3. È vero, peraltro, come osservato dall’insigne autore appena citato, che spesso il legislatore deve “rincorrere” il mercato (anche se, nella sua prospettazione, il mercato avrebbe in già, in se stesso, dei meccanismi di funzionamento “giuridici”)4. Ecco, quindi, una prima ragione dell’esistenza di un diritto dell’economia: intervenire su un fenomeno economico quale il mercato per “correggerne il funzionamento” attraverso l’applicazione di regole; oppure anche per assecondarne le proprie naturali tendenze, sempre attraverso delle regole. Di qui il dibattito, originato dall’opera di un insigne studioso, sul c.d. “ordine giuridico del mercato”5: è il legislatore che disciplina il mercato, oppure il legislatore deve operare nell’ambito dei solchi tracciati dall’economia? Diverse, chiaramente, sono le forme attraverso l’intervento dello Stato sui fenomeni economici si manifesta: in dottrina è stata, ad esempio, proposta, una sorta di “catalogazione”, che individua queste l’individuazione di norme appartenenti alle più diverse branche del diritto suscettibili di estrinsecare in termini giuridici i nessi tra il sistema di produzione e di scambio di beni e servizi e un nuovo spazio antropologico”. 3 F. MERUSI, Le leggi del mercato, Bologna, 2002, 7. 4 Spiega F. MERUSI, op. cit., 10-11: “non è solo il mutare delle dimensioni e della composizione del mercato che impone nuove leggi al legislatore o ne produce direttamente di nuove se il legislatore non si adegua con tempestività, è anche la legge stessa del mercato che si oppone al legislatore disattento o che persegue finalità innaturali per il mercato. Ciò fa presupporre l’esistenza di una “legge del mercato”, cioè una nozione giuridica, oltre che economica, di mercato; di per sé può sembrare una contraddizione (…). Ma, come al solito, tutto dipende dalla “natura della cosa”. E il mercato concorrenziale ha una natura intrinsecamente giuridica al di là dei risultati di fatto descrivibili e valutabili secondo i criteri della scienza economica. E’ composto di regole che sono ricostruibili per astrazione e, come tali, riferibili a un modello ideale. Secondo il modello ideale il mercato concorrenziale assomiglia a un tribunale: è un luogo dove le parti esercitano il contraddittorio ad armi pari e dove, se esiste, come quasi sempre accade, una pluralità di contendenti, questi vengono introdotti nel contraddittorio con la tecnica del litisconsorzio. E poiché il modello ideale è spesso corrotto dalla realtà o, in molti casi, non è neppure parzialmente calato nella realtà, per difendere il modello, o per crearlo ex nihilo, vengono nominate delle autorità di regolazione (…). Se non ci sono il contraddittorio e le sue regole non c’è mercato concorrenziale, anche se si imitano gli istituti giuridici del mercato. Se c’è regolamentazione questa non può essere che finalizzata alla difesa della concorrenza o alla simulazione con strumenti giuridici di una concorrenza inesistente. Con l’avvertenza che a monte c’è sempre una decisione giuridica sulla conservazione o sulla realizzazione della legge del mercato, sulla conservazione o sulla realizzazione di un mercato concorrenziale”. 5 Ci si riferisce a N. IRTI, L’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari, 1998. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 4 di 12 Giovanni Falcone - Il diritto dell’economia e le sue fonti forme in: a) quelle in cui lo Stato pone vincoli all’esercizio di attività produttive (interventi indiretti sull’economia, fondati sull’art. 41 Cost.); b) quelle in cui lo Stato decide di svolgere direttamente delle attività economiche (c.d. “Stato imprenditore”); c) quelle dello Stato che appresta delle politiche di ausilio per le attività economiche (c.d. “Stato finanziatore”); d) quelle in cui lo Stato si limita a stabilire in maniera imparziale delle regole per lo svolgimento delle attività economiche (c.d. “Stato regolatore”)6. Da un punto di vista teorico, si è evidenziato come la regolazione pubblica sia uno strumento con il quale orientare l’economia e, viceversa, come l’economia possa orientare la regolazione7. Più in particolare, si è evidenziato come storicamente si assista, nel nostro paese, al “passaggio da una regolazione dirigista-finalistica ad una regolazione condizionale, per poi abbandonare il mito della regolazione residuale”8. Per comprendere il senso di questa importante analisi, è necessario ripercorrere, sia pur per “istantanee”, le tappe della regolazione dell’economia in Italia e, soprattutto, i diversi atteggiamenti dello Stato nei confronti di questa regolazione (dove per regolazione si intendono tutti i diversi livelli di intervento normativo da parete dello Stato o di una Pubblica Amministrazione). Per rendere quanto più semplice tale fenomeno si può dire che si è passati da una forma di intervento pubblico nell’economia di tipo dirigistico ad una forma di intervento pubblico di tipo unicamente regolatorio. Con il primo tipo di approccio, lo Stato interviene nel mercato come un operatore economico. Il secondo tipo di approccio ha comportato l’apertura di un periodo di liberalizzazioni e privatizzazioni, oltre che l’affermazione del divieto di aiuti di Stato alle imprese. Le autorizzazioni, dove previste, non hanno carattere discrezionale, ma sono ancorate al riscontro di elementi oggettivi. Questo tipo di approccio è quello che viene definito, dall’autrice prima citata, come di “regolazione condizionale”, vale a dire una regolazione “che si limita a porre le condizioni dell’agire”. È stato peraltro notato come l’approccio della “regolazione condizionale” non riduca le regole, ma, in realtà le aumenta per una molteplicità di ragioni. Afferma infatti Nicoletta Rangone: “in primo luogo, l’aumento dei livelli di produzione: in quasi tutti gli ambiti rilevanti per l’economia, alle regole nazionali si aggiungono quelle regole comunitarie, internazionali e globali. In secondo luogo, il riconoscimento di nuovi valori (come l’ambiente) e diritti (come quello alla privacy), così come l’esigenza di fronteggiare nuovi rischi (per la salute e l’ambiente, la stabilità dei mercati finanziari, ecc.) portano ad un aumento esponenziale 6 M. GIUSTI, Fondamenti di diritto pubblico dell’economia, Padova, 2013, 8. 7 N. RANGONE, L’incidenza della regolazione sull’economia e…viceversa, in G. LEMME (a cura di), Diritto ed economia del mercato, Milano, 2020, 383. 8 N. RANGONE, op. cit., 401. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 5 di 12 Giovanni Falcone - Il diritto dell’economia e le sue fonti delle regole. In terzo luogo, l’aumentata complessità dei rapporti tra operatori economici, richiede nuove regole; cosicché, ad esempio, i servizi pubblici economici liberalizzati sono oggetto di numerosissime regole (…) a fronte delle poche norme che prevedevano una riserva e imponevano obblighi di prestazione ad un solo o pochi soggetti”9. 9 N. RANGONE, op. cit., 391-392. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 6 di 12 Giovanni Falcone - Il diritto dell’economia e le sue fonti 2. Le fonti del diritto dell’economia In dottrina10 si è voluto evidenziare come il diritto dell’economia rappresenti un territorio all’interno del quale il sistema delle fonti presenta numerosi aspetti problematici, quali in particolare: il generale carattere frammentario di queste fonti, che rende difficoltoso definire un ordine gerarchico delle stesse; il fatto che le norme non sono prodotte soltanto dallo Stato; l’esistenza di fonti alternative; la rilevanza del diritto comunitario; la rilevanza delle deliberazioni delle autorità indipendenti; la rilevanza delle cc.dd. “fonti fatto” (usi e consuetudini); la rilevanza della giurisprudenza e della nozione di “diritto vivente”; la rilevanza del c.d. “soft law”; la presenza di autoregolamentazioni di settore; la diffusione di codici di condotta; l’elaborazione di modelli contrattuali da parte di associazioni di imprese. In questa prospettiva, quindi, si è al riguardo parlato di vero e proprio “policentrismo normativo” e di “contesto di diffusa “liquidità””11, e si conclude affermando che “il quadro attuale delle fonti del diritto dell’economia si caratterizza per una molteplicità di centri di imputazione, difficili da individuare ancor più da classificare secondo un ordine gerarchico, oggi se non svanito quanto meno assai appannato”12. Ci si chiede, poi, se tra le fonti del diritto dell’economia, possano essere ricomprese “regole private non preventivamente validate né prefigurate né controllate dall’autorità”, intese come “regole nate dalla prassi che disciplinano in via autonoma, ma di fatto vincolante per la convinta e libera adesione delle parti interessate, spazi lasciati liberi dalla normazione primaria”13. Soprattutto ci si chiede come interagiscono queste norme con quelle invece riconducibili alle vere e proprie “fonti del diritto” riconosciute dall’ordinamento. 10 F. MAIMERI, Le fonti nel diritto dell’economia, in Diritto della banca e del mercato finanziario, 2020, 351-352. 11 F. MAIMERI, op. cit., 352-353. 12 F. MAIMERI, op. cit., 374. 13 F. MAIMERI, op. cit., 354. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 7 di 12 Giovanni Falcone - Il diritto dell’economia e le sue fonti In dottrina si è sostenuto che l’integrazione tra queste due diverse tipologie di “fonti” possa avere luogo facendo riferimento ai criteri di proporzionalità e di ragionevolezza14. Inoltre, si è sottolineato il ruolo, nell’ambito delle fonti del diritto dell’economia, del c.d. “diritto vivente” (cioè, da quel particolare fenomeno per cui è la stessa giurisprudenza che si pone talora come fonte del dirittto), e, in particolare, del ruolo al riguardo della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea15. Un altro aspetto del diritto dell’economia che è stato posto in evidenza dagli interpreti è il suo carattere “multilivello”: esso sarebbe contraddistinto, secondo la ricostruzione di Picozza16: a) al vertice, dai principi di diritto internazionale pacificamente condivisi; b) in seguito, dall’ordinamento giuridico comunitario: a tale riguardo si è evidenziato come “il suo diritto dell’economia pubblico e privato si è ampiamente sostituito ed integrato ai diritti dell’economia nazionali”: tutto ciò è avvenuto anche per effetto della giurisprudenza della Corte di Giustizia (soprattutto per la prevalenza dei principi di diritto comunitario e di armonizzazione delle legislazioni nazionali). Quest’ultimo principio è d’altra parte affermato anche dalla Costituzione italiana, nel primo comma dell’art. 117, secondo cui “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”; c) infine, dal diritto interno del singolo Stato (che a sua volta viene distinto tra normazione che fa capo direttamente allo Stato e normazione che fa capo ai poteri pubblici locali. Come si vede, il diritto dell’economia è in qualche misura “esponenziale” di tutte le principali linee evolutive del sistema giuridico: un sistema delle fonti tendenzialmente “non gerarchico”, multilivello, dove trovano cittadinanza anche “fonti atipiche”: tutto questo è il portato indiretto delle profonde modificazioni indotte, per tornare alla espressione di Matteo Ortino, dalla attuale “era economica”, a sua volta innescata da una “rivoluzione economica”, quale quella innescata dalle nuove tecnologie, in particolare quelle che hanno contribuito e che contribuiscono al fenomeno della globalizzazione. 14 F. MAIMERI, op. cit., 356. 15 F. MAIMERI, op. cit., 357 ss. Al riguardo l’Autore fa riferimento, esemplificativamente, a due recenti vicende giudiziarie: quella relativa alla Sentenza 19 marzo 2019, con cui il Tribunale UE ha dichiarato erronea la valutazione della Commissione Europea che aveva impedito il salvataggio della Banca Tercas S.p.A. mediante l’intervento del Fondo di Tutela dei Depositi, assumendo che tale intervento realizzasse un aiuto di Stato; e il caso della Sentenza della Corte di Giustizia UE dell’11 settembre 2019 (c.d. caso “Lexitor”), in merito alla interpretazione delle disposizioni relative alla applicazione delle commissioni di estinzione anticipata di prestiti. Nel primo caso, spiega, l’A., ci troviamo di fronte a una “revisione di una decisione della Commissione”, nel secondo, ad una “rilettura di un articolo di una direttiva”. In entrambi i casi, però, il risultato è identico: “il ribaltamento di una situazione ermeneutica consolidata”. 16 E. PICOZZA, Il diritto dell’economia, in E. PICOZZA – V. RICCIUTO, Diritto dell’economia, Torino, 2013, 47-51. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 8 di 12 Giovanni Falcone - Il diritto dell’economia e le sue fonti 3. La “costituzione economica” Per comprendere quali siano i “margini di azione” del legislatore rispetto all’economia (cioè: per comprendere se il legislatore concepisce sé stesso come un soggetto che “interviene” correggendo certi meccanismi economici, oppure come un soggetto che li deve assecondare) occorre fare riferimento alle norme di carattere costituzionale17. Scrivono al riguardo Frosini e Raffiotta: “è nella Costituzione, quindi, che vanno individuati i principi che regolano le scelte economiche di una comunità. È nella Costituzione, infatti, che si radica la forma di Stato attraverso la quale si determinano i rapporti tra individuo e autorità e si modella un sistema di interventismo più o meno ficcante dello Stato in economia. È nella Costituzione, ancora, che si sviluppano quell’insieme di principi fondamentali sui quali si basano, in un ordinamento giuridico, i particolari istituti giuridici che reggono i processi di produzione e distribuzione della ricchezza. E l’insieme di questi principi fondamentali si raccolgono intorno al nucoleo della c.d. “costituzione economica””18. Sul significato della espressione “costituzione economica”, peraltro, occorre intendersi; come ha evidenziato un autorevolissimo studioso del fenomeno19, si può parlare di “costituzione economica” in almeno tre accezioni: a) le norme che la Costituzione repubblicana dedica ai rapporti economici (considerando, peraltro, in questa accezione anche norme contenute in leggi ordinarie, ma di rilevanza costituzionale”; b) “un insieme di istituti che, pur facendo parte del diritto, non appartengono necessariamente alla Costituzione scritta”; c) le norme che riguardano i rapporti economici che si rinvengono non soltanto nella Costituzione o nelle leggi, ma anche negli atti amministrativi. Nell’ambito della Costituzione scritta italiana, una norma assolutamente fondamentale per lo studio del diritto dell’economia è l’art. 41, di cui vale la pena ricordare la formulazione testuale: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i 17 T. E. FROSINI – E. C. RAFFIOTTA, Carte costituzionali ed economia, in G. LEMME (a cura di), Diritto ed economia del mercato, Milano, 2020, 114. 18 T. E. FROSINI – E. C. RAFFIOTTA, op. cit., 114-115. 19 S. CASSESE, La nuova costituzione economica, Roma-Bari, 2007, 3-5. Lo stesso A, in Lo spazio giuridico globale, Roma- Bari, 2006, 40-41, ripercorre le origini storiche del concetto di “costituzione economica”, situandolo temporalmente nel 1924, con la costituzione della Repubblica di Weimar, e ricorda che è stata la c.d. “scuola di Freiburg” a sviluppare questo concetto, la cui importanza si deve non soltanto al fatto che “ha fissato la nozione di costituzione economica e stabilito il nesso in essa implicito tra diritto ed economia, ma anche perché si devono ad essa il posto rilevante riconosciuto e l’approccio scelto per la disciplina della concorrenza nel trattato istitutivo della Comunità europea (1957) e l’importanza attribuita all’apparato della Commissione europea che se ne interessa”. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 9 di 12 Giovanni Falcone - Il diritto dell’economia e le sue fonti controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”. Come si vede, all’interno di questa norma emergono sia principio privatistico (l’inziativa economica privata è libera) che un principio “pubblicistico” (fissazione di limiti a quella iniziativa). La dialettica tra questi due poli è stata ed è oggetto di molti approfondimenti da parte degli interpreti. È da tenere presente, peraltro, anche una interpretazione secondo la quale non si tratterebbe di due poli opposti, ma convergenti. È l’opinione manifestata da Giuliano Lemme: “l’iniziativa economica, in generale, è sempre socialmente utile, in quanto contribuisce all’accrescimento del benessere della collettività nell’ambito della quale essa viene svolta. L’utilità sociale è, in altri termini, già comunque insita nella libertà di impresa. Il discorso, dunque, diviene non quello di stabilire se la compressione dell’iniziativa imprenditoriale sia giustificata in termini di utilità pubblica, ma semmai quando la prima, per le concrete modalità di svolgimento, crei più disutilità che utilità”20. Si mette anche in evidenza come il concetto di “utilità sociale” sia stato differentemente interpretato a seconda del momento storico, e che l’interpretazione di questo concetto rifletta sostanzialmente la concezione che si abbia dell’intervento dello Stato nell’economia. Così, ad esempio, mentre nel primo periodo di applicazione della Costituzione l’utilità sociale è stata declinata soprattutto nella massima diffusione del benessere collettivo, più recentemente è stata interpretata come tutela di un mercato efficiente e concorrenziale (interpretazione che parrebbe oggi essere maggiormente sostenuta ed avvalorata dai principi della normativa europea). A questo bisogna aggiungere che oggi si parla, giustamente, anche di “costituzione economica europea”, i cui principi essenziali – destinati ad integrarsi con quelli delle “costituzioni economiche” degli Stati membri - sono individuati da Sabino Cassese21 in: a) unità del mercato (e divieto di discriminazione), che comporta l’istaurazione di un “campo di gioco livellato” (level playing field), e la comparazione con gli altri sistemi economico-giuridici; b) diritti fondamentali (proprietà, impresa, lavoro, consumatori; c) le quattro libertà (libertà di circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali); d) liberalizzazione dei servizi pubblici; e) privatizzazione delle imprese pubbliche; f) l’armonizzazione delle legislazioni; g) l’orientamento della politica economica degli Stati agli obiettivi comunitari; h) le finanze pubbliche sane (con il connesso “Patto di Stabilità”; i) azioni pubbliche nell’ambito di specifici settori (politiche agricole, politiche dell’occupazione, politiche commerciali, protezione dei consumatori, reti transeuropee, politiche 20 G. LEMME, L’art. 41 e il multiforme concetto di “utilità sociale”, in G. LEMME (a cura di), Diritto ed economia del mercato, Milano, 2020, 146. 21 S. CASSESE, Lo spazio giuridico globale, Roma-Bari, 2006, 39-51. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 10 di 12 Giovanni Falcone - Il diritto dell’economia e le sue fonti industriali, politiche di coesione economica, cooperazione allo sviluppo); h) politica monetaria (che è stata trasferita dagli Stati all’Unione Europea). Da ultimo si tenga conto che il diritto dell’economia è forse il settore del diritto che maggiormente risente del fenomeno della globalizzazione: quest’ultimo si caratterizza per il venir meno dell’elemento della territorialità, fenomeno che viene ulteriormente amplificato dal diffondersi sempre più pervasivo delle nuove tecnologie, che per loro stessa natura travalicano quelli che sono gli ambiti territoriali degli Stati e degli ordinamenti22. 22 Sul punto A. SCIARRONE ALIBRANDI, Luoghi e non-luoghi dell’economia. Considerazioni introduttive, in A. ANTONUCCI – M. DE POLI – A. URBANI (a cura di), I luoghi dell’economia. Le dimensioni della sovranità, Torino, 2019, 3 ss. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 11 di 12 Giovanni Falcone - Il diritto dell’economia e le sue fonti Bibliografia M. Bussani, Il diritto dell’Occidente. Geopolitica delle regole globali, Torino, 2010 S. Cassese, La nuova costituzione economica, Roma-Bari, 2007 S. Cassese, Lo spazio giuridico globale, Roma-Bari, 2006 M. Giusti, Fondamenti di diritto pubblico dell’economia, Padova, 2013 G. Lemme (a cura di), Diritto ed economia del mercato, Milano, 2018 F. Maimeri, Le fonti nel diritto dell’economia, in Diritto della banca e del mercato finanziario, 2020, 351 ss.; F. Merusi, Le leggi del mercato. Innovazione comunitaria e autarchia nazionale, Bologna, 2002; M. Ortino, Il diritto economico, in G. Alpa – S. Amorosino – A. Antonucci – G. Conte – M. Pellegrini – M. Sepe – V. Troiano (a cura di), Scritti in onore di Francesco Capriglione, I, Padova, 2010, 5 ss.; E. Picozza – V. Ricciuto, Diritto dell’economia, Torino, 2013 N. Rangone, L’incidenza della regolazione sull’economia e… viceversa, in G. Lemme (a cura di), Diritto ed economia del mercato, Milano, 2020, 383 ss. G. Rossi, Il gioco delle regole, Milano, 2006 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 12 di 12