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DIRITTO PROCESSUALE PENALE.pdf

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Arianna Ferraresi DIRITTO PROCESSUALE PENALE 20/02/2024 - Introduzione La procedura penale consiste in un insieme di regole che disciplinano una sequenza di atti giuridici ordinati, un insieme di attività regolate dalla legge, ricche di intersezioni reciproche. È una d...

Arianna Ferraresi DIRITTO PROCESSUALE PENALE 20/02/2024 - Introduzione La procedura penale consiste in un insieme di regole che disciplinano una sequenza di atti giuridici ordinati, un insieme di attività regolate dalla legge, ricche di intersezioni reciproche. È una disciplina dinamica: si descrive un procedimento, una successione di attività in cui tutto è connesso. Il termine procedura penale, utilizzato per lungo tempo, è mutato successivamente (’88-’94) in diritto processuale penale: è una materia che dietro ai meccanismi nasconde profondi valori. La legge processuale penale regola il procedimento mediante il quale si accerta sia stato commesso un fatto di reato. Il diritto processuale penale è il complesso delle norme di legge che disciplinano le attività dirette all'attualizzazione del diritto penale nel caso concreto e ha una funzione strumentale rispetto al diritto penale sostanziale. Lo scopo della sequenza di atti ordinata e consecutiva è applicare il diritto penale sostanziale: è un rapporto di strumentalità necessaria tra le due materie. Il processo è indispensabile se il diritto penale deve trovare applicazione, che vive per forza mediante il processo: fuori da esso, il diritto penale non produce effetti tangibili. Al contrario, il diritto privato produce effetti anche a prescindere dal processo (ad esempio il matrimonio ha effetti giuridici senza che intervenga la giurisdizione civile), per questo si dice che il processo interviene in momenti eccezionali e patologici. Le norme penali vietano dei comportamenti, ma restano un diritto invisibile se non viene violato: solo se la norma viene trasgredita, il diritto penale entra in gioco. Per essere applicato è indispensabile l’intervento di un giudice: tutte le norme penali riportano l’espressione “è punito”: colui che punisce è il giudice penale, previa instaurazione di un procedimento penale. Le norme penali non hanno effetto se non alla fine del processo, quando si è definitivamente concluso: il processo è un passaggio imprescindibile per applicare una norma penale, è un percorso di conoscenza e accertamento per capire se una norma penale è stata violata e chi l’ha violata. Anche se il colpevole dovesse confessare subito e si consegnasse alle autorità, non sarebbe possibile punirlo senza instaurazione del processo penale e successivo accertamento. Al termine del processo, il giudice avrà il dovere di punire chi risulti responsabile di un reato tramite un potere che deriva dalla legge: il potere di punire è il massimo potere che l’autorità pubblica può esercitare sugli individui (violenza punitiva). Nel processo non ci sono mai due individui in conflitto: da una parte c’è lo stato e dall’altra un individuo che deve difendersi dalle accuse. È un rapporto conflittuale che rischia di essere sbilanciato. L’individuo è sospettato di aver commesso un reato, ma deve essere verificato tramite accertamento, che si realizza tramite le prove. L’attività di raccolta delle prove comporta delle attività molto delicate mentre il processo è in corso: comportano lesioni di diritti fondamentali tutelati dalla carta costituzionale, come la privazione della libertà. Se le attività non fossero compiute all’interno del processo penale, sarebbero dei reati, mentre in tal modo sono lecite (il processo penale opera come una scriminante). La legge dà la possibilità di esercitare questo “potere terribile” (- Montesquieu). Essendo un potere così forte, al centro della legge penale sta la legge stessa: la legge concede tale potere ma allo stesso tempo lo limita, delinea l’area dell’esercizio lecito. Corrisponde al principio di Arianna Ferraresi legalità processuale: il processo non è giusto se non è regolato dalla legge. La legge sta nel codice di procedura penale. È il fondamento dello stato di diritto: uno stato che limita sé stesso. Il fenomeno lascia emergere delle forti tensioni tra valori contrapposti che entrano in conflitto: qualcuno ha violato norme che violano beni fondamentali, per cui è in gioco la repressione e il sacrificio di beni fondamentali dell’individuo (es libertà). Dietro ad ogni regola si riconoscono degli importanti valori in conflitto, tra i quali si cerca di mediare e trovare dei punti di equilibrio. Si definisce un diritto processuale penale perché nasconde delle funzioni delicate: vi è un intimo legame tra il rendere giustizia e le forze, i modi e i limiti con cui si fa tale giustizia. La giustizia c’è solo se si procede in un certo modo: devono essere giuste le modalità ancora prima della punizione. Scopo non è solo applicare il diritto penale, ma farlo in un certo modo. “La caccia vale più della preda.” – Cordero Salvatore Satta racconta una storia ambientata negli anni successivi alla rivoluzione francese: era stato da poco istituito un tribunale rivoluzionario e si stava giudicando, nella sala delle udienze, a Parigi, un capo delle guardie del re, e si sapeva già che fosse spacciato. Durante l’udienza, un’orda di rivoluzionari fanno irruzione ed entrano nelle carceri, aprendo le sbarre delle guardie svizzere che avrebbero dovuto testimoniare a favore dell’imputato, e iniziando a sgozzarle, ma tutto ciò non interrompe l’udienza al piano superiore. Il presidente del tribunale ferma gli invasori, intimando loro di rispettare la legge e l’imputato: i massacratori ripiegano verso la porta, perché hanno compreso che l’opera che svolgono verrà compiuta sui loro seggi. La storia mostra i diversi modi di fare giustizia: quella “giusta” del tribunale, e quella brutale degli invasori. L’aula di udienza è uno spazio quasi rituale, ha una sua sacralità: ci sono degli arredi, una disposizione precisa dei mobili, c’è chi veste dei costumi che rappresentano una funzione. Il processo penale frappone uno schermo che impedisce il prevalere della collera, della vendetta, dell’emozione, è uno spazio asettico e formale che serve a stemperare la violenza, ad accurare dei fatti gravi con razionalità. Gli sfondi costituzionali sono fondamentali: la costituzione disciplina molte delle attività processuali. È molto importante saper leggere dietro alle norme processuali penali, il perché di quelle scelte. I modelli di processo penale Ci sono diverse modalità per realizzare la giustizia, ma anche degli elementi comuni ai vari ordinamenti: un’accusa: un rappresentante dello stato; un accusato: l’imputato che deve difendersi perché sospettato di reato; un organo che giudica e che decide; una fase investigativa preliminare e segreta; un pubblico dibattimento che si chiude con una decisione; i controlli: eventualmente le impugnazioni. Data l’ossatura possono cambiare: a. gli organi giudicanti: o giudici professionali: un rappresentante dello stato tecnico; Arianna Ferraresi o giurie: dei rappresentanti del popolo chiamati a giudicare. In Italia abbiamo i magistrati, ossia dei tecnici del diritto, ma è presente anche un sistema misto in Corte d’Assise, in cui sono presenti i giudici popolari: una giuria che siede insieme dei giudici togati, considerati come giudici professionali, che emettono non un verdetto ma una sentenza. La Corte d’Assise opera per i reati più gravi. Questo sistema è definito sistema dello scabinato. b. il ruolo del giudice all’interno del processo, il suo rapporto con le parti, con la prova, il metodo di accertamento: o processo accusatorio: il ruolo di protagonisti attivi durante il processo è dato alle parti, il giudice è passivo nel percorso di conoscenza, assiste allo scontro dialettico tra visioni contrapposte e prende posizione solo alla fine. Le diverse versioni dei fatti sono portate dalle parti, che portano le prove (parità delle armi), che poi il giudice dovrà utilizzare per la decisione. In tal modo è garantita l’equidistanza. È centrale la fase del dibattimento, in cui occorre impressionare la giuria. Le caratteristiche: Iniziativa di parte: il giudice non può procedere d'ufficio nel determinare l'oggetto della controversia perché altrimenti si dimostrerebbe parziale. L'iniziativa del processo penale deve aspettare soltanto alle parti. Iniziativa probatoria di parte: una volta che si è accolto il principio dialettico, ne derivano che i poteri di ricerca, ammissione e valutazione della prova non possano essere attribuiti ad un unico soggetto, bensì devono essere divisi e ripartiti tra il giudice, l'accusa e la difesa, in modo che nessuno di essi possa abusarne. Il giudice deve soltanto decidere se ammettere o meno il mezzo di prova che viene richiesto. Contraddittorio: assicura che prima della decisione il giudice permetta alla parte interessata di sostenere le proprie ragioni. Oralità: permette di valutare in modo pieno la credibilità e attendibilità di un testimone. Limiti di ammissibilità delle prove: viene in rilievo il metodo attraverso il quale si giunge a formare una prova. Presunzione di innocenza: chiunque accusa una persona deve convincere il giudice mediante prove che questa è colpevole. Limiti alla custodia cautelare: l'imputato è presunto innocente fino alla condanna definitiva, e non può essere trattato come un colpevole, però gli può essere applicata una misura cautelare. Limiti alle impugnazioni: lo scopo è quello di controllare se in primo grado siano stati rispettati i diritti delle parti e il diritto alla prova; o processo inquisitorio: protagonista è il giudice, anche in fasi precedenti alla decisione, quando si formano le prove (le conoscenze su cui costruire la decisione). Le parti discutono di conoscenze già raccolte dal giudice nella fase istruttoria: colui che svolge le indagini è il giudice istruttore, che redige poi dei verbali scritti che verranno poi passati al giudice del dibattimento. È un processo prevalentemente scritto. Arianna Ferraresi Per molti secoli il sistema inquisitorio è stato utilizzato contro le eresie, condotto da organi pubblici: era caratterizzato da indagini segrete, da una limitazione immediata della liberta dell’accusato e dall’uso legittimo della tortura ai fini della confessione. Oggi si è evoluto, ma resta l’idea della centralità del giudice e della vicinanza tra giudice e pubblico ministero, le cui funzioni sono quasi indistinguibili. Il sistema inquisitorio si basa sul principio di autorità secondo cui la verità è tanto meglio accertata quanto più potere dato al soggetto inquirente, il giudice inquisitore, in cui si cumulano tutte le funzioni processuali. Le caratteristiche: Iniziativa d'ufficio: deve spettare al giudice Iniziativa probatoria d'ufficio: la ricerca delle prove non deve aspettare alle parti, bensì al giudice stesso. Segreto: l'inquisitore ricerca la verità senza utilizzare la contrapposizione dialettica tra le parti. Scrittura: delle disposizioni di raccolta dall'INQUISITORE è redatto un verbale che riporta l'interpretazione che l'inquisitore dà alle frasi pronunciate. Nessun limite all'ammissibilità delle prove: quello che conta è il risultato da raggiungere e non il metodo con cui lo si persegue. La presunzione di reità: è sufficiente aver raccolto alcuni indizi contro un imputato o anche soltanto una denuncia anonima perché l'imputato sia chiamato a discolparsi. Carcerazione preventiva: poiché l'imputato è presunto colpevole in mancanza di prove di innocenza, può essere sottoposto a custodia preventiva in carcere. Molteplicità delle impugnazioni: il giudice inquisitore può sbagliare; o Il sistema misto: è adottato dalla maggior parte degli ordinamenti ed è formulato sulla base di un cumulo dei vantaggi del sistema accusatorio e del sistema inquisitorio. Tende a contemperare le esigenze che ispirano i due sistemi: la tutela della società dal crimine e la difesa dell'imputato. L'istruzione è prevalentemente inquisitoria, perché segreta e condotta da un giudice, mentre il dibattimento è prevalentemente accusatorio, perché fondato sul contraddittorio. L'istruzione è svolta dal giudice istruttore e inizia dopo che il pubblico ministero ha fatto formale richiesta al giudice istruttore, mentre termina dopo che il pubblico ministero ha chiesto il proscioglimento o il rinvio a giudizio. La fase del dibattimento è temperata da principi: le domande ai testimoni sono rivolte dal Presidente della Corte, gli atti compiuti in segreto prima del dibattimento possono essere letti e su di essi può essere fondata la decisione. Dietro ai due modelli stanno dietro idee diverse della verità: 1. Modello inquisitorio: verità oggettiva → è una verità si riesce a trovare da sola, e che viene trovata dal solo giudice istruttore, senza necessario intervento delle parti, attraverso le indagini; 2. Modello accusatorio: la verità è più complessa → si trova solo grazie allo scontro tra visioni contrapposte, non è un dato oggettivo ma un percorso di conoscenza in cui lo scontro aiuta la ricostruzione dei fatti. Tutti contribuiscono alla sua realizzazione, perché tutti fanno domande, e solo ciò che resisterà ai tentativi di falsificazione della tesi avversa sarà certo. Arianna Ferraresi 21/02/2024 – La funzione della procedura penale Nella storia può cambiare la funzione delle regole di procedura penale, della sua disciplina. Le tensioni dietro ogni norma processuale possono essere raggruppate in due categorie: 1. Crime control: nelle norme di procedura penale prevale l’esigenza di scoprire la verità a qualunque costo e reprimere il reato con gli strumenti più forti possibili, di dare poteri forti per arrivare ad un accertamento veloce, che rassicuri l’opinione pubblica sul fatto che la giustizia si muova. È un’esigenza di difesa sociale, che inizia già durante il processo: le norme servono a difendere la società dal crimine; 2. Due process: le norme processuali servono a garantire un giusto processo, la repressione scatterà alla fine; durante le indagini le norme servono ad assicurare un giusto processo all’imputato. Sono norme di difesa dell’imputato, non di difesa pubblica: garanzie individuali. È il dilemma moderno delle procedure penali: le esigenze possono entrare in conflitto. La risposta degli ordinamenti statali è cambiata nel corso del tempo e dello spazio: quanto si è disposti a far soffrire prima di accertare la colpevolezza? Si erano date diverse risposte già nell’illuminismo. Possiamo distinguere tra: Scuola classica liberale: protenderebbe verso l’idea del due process (Francesco Carrara sosteneva che lo scopo primario è la tutela dell’innocenza e la salvaguardia dell’imputato). La funzione sarebbe quella di tutelare l’individuo da possibili eccessi dell’uso del potere statale in quanto parte più debole. Carrara diceva che il diritto penale è il diritto dei malfattori: nel prevedere le norme penali ci si concentra su comportamenti contrari alla legge penale, e su quali sono le pene successive; ma il diritto processuale penale è il diritto dei gentiluomini: non si può sapere fino alla fine del processo se è un gentiluomo o un malfattore (presunzione di non colpevolezza). È un diritto che serve far sì che non si tratti una persona già come colpevole. Si pone la questione del chi punire, e lo si scoprirà solo alla fine del percorso di conoscenza; Scuola positivistica di fine ‘800: prevale la funzione di crime control, in cui il processo penale ha come funzione primaria gli obiettivi di controllo sociale e sicurezza collettiva già durante il processo penale, attenuando le garanzie dell’individuo di fronte all’autorità pubblica (Enrico Ferri e Manzini). Si arrivò a dire che non ci fosse alcun antagonismo in processo, perché tutti vanno verso un ideale di giustizia, per la quale tutti devono collaborare, negando la tensione tra valori contrapposti. Il dilemma è risolto dalle carte fondamentali dei diritti? L’idea maggiormente diffusa in questo secolo liberale e democratico è che lo scopo della materia è porre garanzia contro discriminata applicazione della legge penale e contro il trattamento arbitrario delle persone sospettate di aver commesso un reato. Queste garanzie sono previste e create per applicare e dare corpo ai diritti costituzionali delle persone sospettate e degli imputati, cominciando fin dai primi contatti con la polizia e continuando con le successive fasi. ➔ “Criminal procedures are safeguards against the indiscriminate application of criminal laws and the wanton treatment of suspected criminals. Specifically, they are designed to enforce the constitutional rights of criminal suspects and defendants, beginning with initial police contact and continuing through arrest, investigation, trial, sentencing, and appeals.” Arianna Ferraresi Le carte: Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino: tra i primi articoli si sostiene che nessuno deve esser accusato, arrestato o detenuto nei casi previsti dalla legge; CEDU: ➔ Art. 5: Diritto alla libertà e alla sicurezza 1. Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà, se non nel casi seguenti e nel modi previsti dalla legge: (Libertà e sicurezza sono intesi nei confronti dei poteri statati e repressivi. ) 2. Ogni persona arrestata deve essere informata, al più presto e in una lingua a lei comprensibile, dei motivi dell'arresto e di ogni accusa formulata a suo carico, 3. Ogni persona arrestata o detenuta, conformemente alle condizioni previste dal paragrafo 1 c del presente articolo, deve essere tradotta al più presto dinanzi a un giudice o a un altro magistrato autorizzato dalla legge a esercitare funzioni giudiziarie e ha diritto di essere giudicata entro un termine ragionevole o di essere messa in libertà durante la procedura. La scarcerazione può essere subordinata a garanzie che assicurino la comparizione dell'interessato all'udienza. 4. Ogni persona privata della libertà mediante arresto o detenzione ha il diritto di presentare un ricorso a un tribunale, affinché decida entro breve termine sulla legittimità della sua detenzione e ne ordini la scarcerazione se la detenzione è illegittima. 5. Ogni persona vittima di arresto o di detenzione in violazione di una delle disposizioni del presente articolo ha diritto a una riparazione. ➔ Art. 6: Diritto a un equo processo. 1. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da Un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia. 2. Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata. 3. In particolare, ogni accusato ha diritto di. Patto internazionale sui diritti civili e politici (ONU): ➔ Art. 9: 1. Ogni individuo ha diritto alla libertà o alla sicurezza della propria persona. Nessuno può essere arbitrariamente arrestato o detenuto. Nessuno può esser privato della propria libertà, se non per I motivi e secondo la procedura previsti dalla legge. 2. Chiunque sia arrestato deve essere informato, al momento del suo arresto, dei motivi dell'arresto medesimo, e deve al più presto aver notizia di qualsiasi accusa mossa contro di lui. 3. Chiunque sia arrestato o detenuto In base ad un'accusa di carattere penale deve essere tradotto al più presto dinanzi a un giudice o ad altre autorità competente per legge ad esercitare funzioni giudiziarie, e ha diritto ad essere giudicato entro un termine Arianna Ferraresi ragionevole, o rilasciato. La detenzione delle persone in attesa di giudizio non deve costituire la regola, ma il loro rilascio può essere subordinato a garanzie che assicurino la comparizione dell'accusato sia ai fini del giudizio, in ogni altra fase del processo, sia eventualmente, ai fini della esecuzione della sentenza. 4. Chiunque sia privato della propria libertà per arresto o detenzione ha diritto a ricorrere ad un tribunale, affinché questo possa decidere senza indugio sulla legalità della sua detenzione e, nel caso questa risulti illegale, possa ordinare il suo rilascio. ➔ Art. 10: 1. Qualsiasi individuo privato della propria libertà deve essere trattato con umanità e col rispetto della dignità inerente alla persona umana. Sono tutte norme che vanno tradotte in legge. Costituzione: ➔ Art. 13: La libertà personale è inviolabile. La procedura penale ha lo scopo di tutelare l’imputato, per fare giustizia ma senza eccessive compressioni dei diritti individuali da parte del potere pubblico. Non tutti sono innocenti, ma la procedura serve per tutelare l’innocente. I CODICI Si sono susseguiti diversi codici nel corso della storia: 1. Codice 1865: era utilizzato il modello inquisitorio; 2. Codice 1913: di stampo più liberale, introduce nuove garanzie per l’individuo, ma ebbe vita breve a causa della 1GM; 3. Codice 1930 “Rocco”: aderente alle idee della scuola positiva, di forte impronta inquisitoria, tipico della tradizione orientale; la fase più importante è quella delle indagini, in cui si forma la prova, ossia materiale che il giudice potrà utilizzare per la sua decisione. Le prove si raccolgono durante le indagini, svolte dal giudice istruttore, che lavora da solo e in segreto, interroga le fonti, ed era affiancato dal pubblico ministero. Quest’ultimo era rappresentante del potere esecutivo presso l’ordine giudiziario (oggi magistrato). Le prove raccolte verranno consegnate sottoforma di verbali, che verranno affidati al giudice del pubblico dibattimento: in dibattimento si discuterà di tale materiale e servirà per chiedere conferma e chiarimenti dei materiali raccolti. Le indagini erano affidate anche in gran parte alla polizia, il sospettato veniva quasi subito privato della sua libertà e il ruolo della difesa era ridotto. Quando entra in vigore la costituzione, molti parti del codice erano contrarie ad essa, per cui si inizia a pensare di doverlo rifare, ma essendo una grande fatica, si decise di tenerlo e di abrogare tutte le parti incompatibili con la carta, dando luogo al modello garantismo- inquisitorio: un codice inquisitorio con una serie di garanzie per il sospettato imposte dalla costituzione. Il codice si riteneva corretto. Si coltivava però ancora l’idea di rifarlo completamente per abbandonare il sistema inquisitorio e abbracciare il processo accusatorio. Nel 1962 il ministro della giustizia affida a Carnelutti, il compito di progettare un nuovo codice su base accusatoria: si aprono decenni di dibattiti, studi e comparazioni, si presentano progetti che non passano, fino a quando un progetto va in porto. 4. Codice 1988: il ministro della giustizia Vassalli nomina una commissione e viene emanata una legge delega che impone una riforma in senso accusatorio del processo penale, e nel 1988 viene varato il nuovo codice, unico codice nel nostro ordinamento di ordine repubblicano. Arianna Ferraresi Il PROCESSO CONTRO LA MAFIA (1986) → esempio processo inquisitorio Il processo contro la mafia si svolse per le dichiarazioni del pentito Buscetta, i cui giudici istruttori erano Borsellino e Falcone. Il presidente della corte d’assise Giordano riceveva le prove da parte dei due, e faceva lui le domande alle fonti. È un processo molto grande a modello inquisitorio (400 pagine di interrogatorio). A Buscetta vengono chiesti dei chiarimenti dal giudice: quest’ultimo fa le domande alla fonte per ottenere conferma di ciò che ha riferito al giudice istruttore, già contenuto nelle prove scritte. Nel processo accusatorio tutto si ribalta: protagoniste sono le parti (il PM, l’imputato, le parti civili). Il fulcro non sono le indagini, chiamate indagini preliminari, ma il dibattimento, nel quale avviene la formazione delle prove, delle conoscenze che il giudice userà per la propria decisione. Il PM e le polizie preparano solo il dibattimento, non raccolgono prove ma atti di indagine: le prove si formano per iniziativa delle parti, ad esempio i testimoni, ai quali le domande saranno fatte dalle parti stesse (la risposta dipende dalla domanda!), e più persone faranno domande, più il giudice avrà un’idea completa di come saranno andate le cose. Il giudice è passivo, sente le domande e assiste alla formazione delle conoscenze, il giudice non sa quasi niente di quanto è accaduto nella fase investigativa: per tutelare la virgin mind del giudice del dibattimento, che non deve essere influenzato dalla fase preliminare, non ne viene a conoscenza di quanto accade. Le prove si formano nel pubblico dibattimento con metodo orale, il giudice assiste ad un rapporto immediato con chi depone, e non mediato da verbali scritti. La verità scaturisce dallo scontro di visioni contrapposte e grazie a prove che resistono ai tentativi di falsificazione. Le domande, poste con interessi contrapposti, assicurano una versione più piena e attendibile della realtà. In questo sistema si distinguono chiaramente giudice e PM: il PM è su un piano di parità con la difesa. Le indagini servono a decidere se levare una pubblica accusa nei confronti di qualcuno, servono a capire se bisogna andare a dibattimento. Per capirlo il PM sente diverse persone, ascolta fonti e fa accertamenti, redige dei verbali delle attività che compie, ma questi ultimi verranno condivisi con la difesa alla fine delle indagini, non con il giudice del dibattimento. Il metodo del sistema accusatorio è il metodo del contradditorio nella formazione della prova: è il principio regolatore del sistema, ossia le domande contribuiscono insieme a creare e ricostruire in maniera attendibile i fatti, attraverso il contributo dialettico grazie allo scontro di visioni delle parti. Alla fine del processo le parti ripercorrono quello che si è sentito, mettendo in risalto quanto è utile alla propria tesi, cercando di convincere il giudice. Libro: Dalla Costituzione al codice di procedura penale La Costituzione è ricca di garanzie fondamentali che riguardano i punti nevralgici del processo penale. Il nuovo processo penale, delineato dal codice del 1988 è fondato su tre principi generali: 1. Il principio della separazione delle funzioni processuali: impone che il giudice abbia soltanto il compito di decidere sull'ammissione delle prove, di controllarne l'assunzione e di valutarne i risultati. Il pubblico ministero si deve limitare a ricercare le prove e non cumulare in sé il potere di assumerle. Viene assicurata una maggior dialettica tra accusa e difesa. 2. Il principio della separazione delle fasi processuali: il procedimento penale deve susseguirsi le indagini preliminari svolte dal pubblico ministero, l'udienza preliminare e il dibattimento. 3. Il principio della semplificazione del procedimento: non è pensabile che si possano avere uomini, mezzi e risorse così abbondanti da far svolgere tutti i processi per tutti i reati secondo Arianna Ferraresi lo schema ordinario, per cui è necessario che ci siano delle procedure più garantite soltanto nei casi veramente controversi o ai reati gravi. Sono per questo previsti riti semplificati che omettono il dibattimento o omettono l'udienza preliminare, passando subito al dibattimento. Con l'espressione giusto processo, ci si riferisce: La riserva di legge: soltanto il legislatore può regolare lo svolgimento del processo. Il giusto processo: ci si riferisce ad un concetto ideale di giustizia che preesiste rispetto alla legge e che è direttamente collegato ai diritti inviolabili di tutte le persone coinvolte nel processo. La parità delle parti: equilibrio di poteri. Il contraddittorio. Il giudice imparziale: non deve accumulare altre funzioni processuali. La ragionevole durata. I diritti dell'accusato: deve essere informato della natura e dei motivi dell'accusa nel più breve tempo possibile; Il diritto di disporre del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa. Il diritto a confrontarsi con l’accusatore: interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico. il diritto alla prova: ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore facoltà di farsi assistere da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo. La riforma Cartabia Con il PNRR L'Italia si è impegnata a ridurre del 25% i tempi del processo penale nei prossimi 5 anni per far fronte alle criticità della giurisdizione penale italiana. Marta Cartabia ha proposto una razionalizzazione del sistema processuale unito ad una risistemazione del diritto penale. La riforma è stata promulgata con la legge 134/2021. La riforma Cartabia ha operato in materia di diritto processuale penale: Si è deciso di disciplinare il regime del processo penale telematico. Si sono disciplinati in modo organico le notificazioni e il processo in assenza. Si è puntato a scandire i tempi e le modalità di svolgimento delle indagini preliminari, con l'intento di velocizzare le indagini. Il pubblico ministero deve esercitare l'azione penale soltanto quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari consentono una ragionevole previsione di condanna e sono state ridotte le ipotesi nelle quali è obbligatoria l'udienza preliminare. la deflazione del dibattimento: è stato esteso anche all'udienza preliminare il criterio della ragionevole previsione di condanna. Si è cercato di velocizzare le impugnazioni: sono aumentati i casi di inappellabilità delle sentenze. Se è voluta perseguire l'efficienza in senso strutturale: sulla predisposizione di mezzi e di risorse umane che assicurassero una migliore organizzazione del servizio giustizia; Arianna Ferraresi Questione culturali: come si possa affrontare l'evoluzione in tema di processo penale digitale quelle vecchie categorie concettuali della prova. In attuazione della delega, il 4 agosto 2022 il governo ha approvato lo schema di decreto legislativo e lo ha trasmesso alle camere, e ottenuto il parere favorevole, il decreto legislativo 10 ottobre 2022, numero 150, è stato pubblicato. Entrata in vigore è però del 30 dicembre 2022 perché è stata la possibilità di rielaborare la disciplina transitoria e di eliminarne alcuni dubbi interpretativi. La successione delle norme processuali nel tempo In caso di successione nel tempo di norme processuali penali, possono darsi due situazioni differenti: 1. la nuova legge rechi una disciplina apposita: la nuova legge può dettare norme intertemporali: hanno una natura strumentale e non regolano direttamente la materia interessata dalle norme che si sono succedute, bensì indicano il criterio in base al quale si individua la disciplina per il caso concreto. Le norme intertemporali disciplinano l'applicazione di altre norme. Le disposizioni transitorie: sono norme materiali di diretta applicazione che regolano le situazioni giuridiche coinvolte nella successione di leggi e recano una disciplina speciale per il caso concreto. 2. la nuova legge taccia in proposito: occorrerà fare riferimento ai principi generali. Il principio tempus regit actum. Se la legge non reca alcuna previsione circa i rapporti giuridici pendenti al momento della sua entrata in vigore, vale il principio di irretroattività sancito dall'articolo 11 della disposizione preliminare del codice civile. Questo sancisce l'efficacia immediata della nuova disciplina e ne prevede la irretroattività. Con actus può intendersi ciascun fatto o atto processuale nonché i relativi effetti. Per TEMPUS dovrà intendersi il momento nel quale l'atto si è perfezionato. Quindi: o gli atti processuali ancora da compiere saranno regolati dalla nuova disciplina. o Gli atti processuali istantanei, già compiuti, restano regolati dalla vecchia normativa o Gli atti processuali già compiuti, i cui effetti devono essere sottoposti a controllo in tempi successivi, vedranno tali effetti regolati dalla nuova disciplina. Le fonti internazionali del diritto processuale penale a. Il diritto internazionale consuetudinario: ha la funzione di adattare automaticamente il diritto interno al diritto internazionale consuetudinario; b. Le organizzazioni volte al mantenimento della pace e della giustizia tra gli Stati: in particolare il diritto dell'Unione europea. Se una fattispecie è regolata dal diritto dell'Unione, il giudice deve operare la distinzione: ▪ se la norma europea è dotata di efficacia diretta, il giudice italiano deve disapplicare la norma interna confliggente ▪ se la norma europea è priva di effetti diretti, il giudice italiano deve sollevare il giudizio incidentale di costituzionalità. Se la fattispecie regolata dalla sola norma italiana, il giudice non deve disapplicare la norma nazionale. Le sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea vincolano il giudice nazionale all'interpretazione da essa fornita. Arianna Ferraresi c. Le norme internazionali pattizie comuni: il rango delle norme dei Trattati introdotte nel nostro ordinamento è quello proprio della legge contenente l'ordine e l'esecuzione del Trattato stesso. d. La Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU): ha una posizione speciale nel nostro sistema, perché non si limita a stabilire obbligazioni tra gli Stati contraenti, bensì si rende responsabile della costruzione di un vero e proprio ordine pubblico europeo e prevede la protezione dei diritti umani in via diretta. Il giudice italiano deve interpretare la norma nazionale in modo conforme alla CEDU, nel limite del testo della legge interna. Anche le sentenze della corte EDU devono essere assoggettate dalla interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente conforme. Il trattato di Lisbona: dal 1 Dicembre 2009, con il quale l'Unione europea ha acquisito la competenza ad aderire alla CEDU. Quando la fattispecie da decidere è regolata da una norma nazionale, restano fermi gli stessi limiti che sono validi per le norme pattizie e in caso di contrasto tra la norma nazionale di principi contenuti nella Convenzione europea, il giudice italiano deve rimettere la questione alla Corte costituzionale al fine di risolvere l'eventuale contrasto. 22/02/2024 – Il procedimento penale I protagonisti del procedimento penale si dividono in generale in: Parti Organi giudicanti Tra le parti si trovano: 1. Pubblico ministero: rappresenta l’accusa e lo stato, è il titolare dell’azione penale, con la quale chiede che qualcuno venga giudicato per un reato. Gli è affidata la raccolta dei dati preliminari a formulare l’accusa, redigendo le indagini assieme alla polizia giudiziaria; 2. Polizia giudiziaria: è una funzione di polizia che svolge le indagini con il PM, è il suo braccio operativo. Se le indagini avranno un esito positivo e mostreranno elementi che consentono di portare qualcuno a giudizio, ci sarà un giudizio; 3. Imputato: è colui che subisce il procedimento penale, in quanto raggiunto da un’imputazione/un’accusa penale. Durante le indagini è la persona sottoposta alle indagini. 4. Difensore dell’imputato: rappresenta l’imputato in giudizio e in ulteriori momenti, assume le sue difese e può anche sostituirlo del tutto; 5. Persona offesa dal reato: nei sistemi accusatori puri non ha funzione, ma nel nostro caso ha comportamento attivo, è infatti il titolare del bene giuridico leso dal reato. Può, in processo, costituirsi parte civile, diventando una vera e propria parte; 6. Parte civile: è qualcuno che nel processo penale esercita un’azione di natura civilistica. Nel processo penale si possono avere sia un’azione penale che un’azione civilistica, con cui viene richiesto il risarcimento dei danni del reato. Nel processo penale si innesta una sorta di procedimento civile, giudicato con le regole di procedimento penale. I danni possono essere richiesti da qualunque persona abbia subito danni da quel reato, anche indirettamente; 7. Responsabile civile: partecipa eventualmente al processo nei casi di responsabilità civile (ad esempio un incidente stradale in cui qualcuno muore); Arianna Ferraresi 8. Persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria: casi in cui chi deve pagare non può, per cui altri soggetti lo sostituiscono nel pagamento (NON a risponde penalmente); 9. Enti rappresentativi degli interessi lesi dal reato: sono dei meri soggetti che possono partecipare al procedimento, possono supportare la persona offesa. Sono rappresentativi di interessi diffusi (es reato ambientale = associazioni ambientaliste). Le parti o chiedono qualcosa al giudice (pena o danno) oppure resistono a tali pretese, i soggetti non chiedono niente. Tra gli organi giudicanti si trovano invece: 1. Giudici per le indagini preliminari → GIP 2. Giudice dell’udienza preliminare → GUP 3. Giudice del dibattimento → GD 4. Giudice delle impugnazioni Il procedimento penale La notizia di reato è l’inizio del procedimento penale: qualcuno ha avvisato la polizia (denuncia), qualcuno ha mandato un referto medico, qualcuno è stato colto in flagranza, etc.. Appena compare l’ipotesi di un reato, si entra nel sistema della procedura penale: scatta la fase investigativa, che nel processo accusatorio è una mera fase preliminare e non pesa, è una fase preparatoria a qualcos’altro (il dibattimento o giudizio). La legge dispone dei termini per le indagini, in modo tale che siano contenute. Le indagini le redige il Pubblico Ministero: è un magistrato che si avvale della polizia giudiziaria, attraverso cui si raccolgono elementi di conoscenza che servono al PM per le sue scelte. La funzione delle indagini non è raccogliere prove, ma elementi per le determinazioni del PM: non ci sono prove ma atti di indagine. La scelta che il PM deve prendere è agire o non agire: esercitare o meno l’azione penale. Se la esercita accusa qualcuno di un reato e chiede che sia pubblicamente giudicata questa persona → imputazione: accusa di un fatto. L’investigazione è in gran parte segreta e serve all’AZIONE, non alla condanna, per esercitare l’azione servono dei presupposti. Con l’esercizio dell’azione richiede il rinvio a giudizio dell’imputato: si chiede che venga mandato a giudizio e giudicato. Se non la esercita richiede la richiesta di archiviazione: il PM non accusa nessuno di un reato, o perché non è avvenuto o perché non è arrivato ad elementi tali da consentire di formare una prova solida per accusare qualcuno perché non ha raccolto abbastanza elementi. Non avviene alcuna imputazione. Entrambe le decisioni del PM sono soggette a controllo giurisdizionale. Il PM ha l’obbligo di esercitare l’azione in base alla Costituzione: in presenza dei presupposti, il PM non ha scelta, le indagini le deve fare in tutti i casi, e solo se non ha trovato elementi non esercita l’azione. Per questo deve avvenire il successivo controllo giurisdizionale: verificare che le indagini siano state svolte correttamente dal PM e non superficialmente. Il controllo viene effettuato dal GIP, il giudice per le indagini preliminari: non interviene solo su richiesta di archiviazione, ma essendo che talvolta nelle indagini si deve decidere su usare atti invasivi, il GIP deve intervenire. Il GIP non fa le indagini, ma interviene quando la legge lo chiede nei momenti in cui il PM non può fare da solo un atto di indagine (intercettazioni, indagini genetiche, misure cautelari); è un intervento di garanzia da parte di un Arianna Ferraresi soggetto terzo e imparziale (“finestre di giurisdizione”). Se il GIP riscontra che bisognasse indagare meglio, intimerà il PM di svolgere ulteriori indagini o addirittura di esercitare l’azione. Anche quando il PM esercita l’azione e formula un’imputazione, nel rito ordinario avviene un controllo giurisdizionale (ma non c’è sempre come in archiviazione): il controllo è dovuto al fatto che il PM abbia potuto accusare qualcuno senza che ci siano effettivamente gli elementi per farlo e non avrebbe senso mandare a giudizio qualcuno. Il giudice controlla sull’azione in udienza preliminare dal GUP, il giudice dell’udienza preliminare. Se non ci sono abbastanza elementi per mandare una persona a giudizio il GUP emana una sentenza non luogo a procedere. Se passa i controlli si andrà in dibattimento. Rinvio a giudizio → controllo in udienza preliminare da parte del GUP → rinvio a giudizio OPPURE → sentenza non luogo a procedere Il processo penale vero e proprio si ha solo dopo che il PM ha esercitato l’azione: dall’udienza preliminare in poi. Tutte le fasi precedenti sottostanno al termine di procedimento penale, che visualizza il procedimento nel suo complesso. Quando il PM esercita l’azione la persona sottoposta a indagine diventa imputato e diventa parte del processo. Il dibattimento detta la fase del giudizio: l’imputato è sottoposto a giudizio pubblico in tribunale (garanzia di pubblicità e trasparenza), luogo in cui si formano le prove su iniziativa delle parti. L’onere della prova grava sull’attore, il PM: una volta formulata l’accusa ha l’onere di dimostrare che l’imputato sia colpevole oltre ogni ragionevole dubbio. Il giudice del dibattimento, il GD, non sa nulla di quanto accaduto nelle fasi precedenti, è all’oscuro di quasi tutto in quanto deve entrare in aula con una mente vergine. Il PM mette a disposizione i verbali delle indagini alle parti, sulla base dei quali prepareranno le strategie dibattimentali. Le parti chiedono l’ammissione di prove: vengono chiamate le fonti di prove attraverso le liste, il giudice le ammette, e si formano le prove attraverso il contraddittorio nella formazione della prova. Le fonti vengono chiamate a deporre e le parti fanno domande a turno; il giudice può intervenire solo quando le parti hanno terminato le loro domande. Il dibattimento termina con la decisione di condanna o di proscioglimento da parte del giudice dopo che l’accusa ha dimostrato che X è colpevole oltre ogni ragionevole dubbio. Nei sistemi accusatori puri c’è la giuria, che emana un verdetto immotivato. Nel nostro sistema le sentenze vengono trascritte e tutti possono criticarle, per cui ci sono le impugnazioni: l’appello e il ricorso per cassazione, per verificare se ci sono stati errori nel giudizio. Arianna Ferraresi I SOGGETTI DEL PROCEDIMENTO PENALE Il processo penale ha la funzione di accertare se un fatto costituisce il reato e, nel caso, di applicare una sanzione a chi lo ha commesso. Serve valutare se e quali sanzioni penali devono essere irrogate: l'accertamento è reso necessario dalla caratteristica che distingue la sanzione penale, che deve essere proporzionata alla personalità e alla gravità dell'offesa. Se la sanzione penale ha solo funzione retributiva, l'esecuzione può essere affidata alla pubblica amministrazione. Se la pena invece ha funzione anche rieducativa, è indispensabile che sia un giudice che accerti l'evoluzione della personalità del reo in sede esecutiva. Tale accertamento sarà al fine di valutare se e quale misura alternativa la sanzione detentiva siano applicabili. Il procedimento penale è una serie cronologicamente ordinata di atti diretti alla pronuncia di una decisione penale, ciascuno dei quali fa sorgere il dovere di porre in essere il successivo, ed è esso stesso realizzato in adempimento di un dovere posto dal suo antecedente. Si ricava che nel concetto di procedimento penale sono ricomprese almeno tre elementi fondamentali: la legge prevede una serie cronologicamente ordinata di atti, nel senso che gli stessi devono essere compiuti rispettando una determinata sequenza temporale. Tutti gli atti del procedimento hanno la finalità di accertare l'esistenza di un fatto penalmente illecito e la sua attribuibilità ad una persona. Il compimento di un atto del procedimento fa sorgere in un altro soggetto il dovere di compiere un atto successivo fino alla decisione definitiva. Il procedimento penale ordinario è diviso in tre fasi: l'indagine preliminare, l'udienza preliminare e il giudizio. Il processo penale è invece una porzione del procedimento penale. Fanno parte del processo le fasi dell'udienza preliminare e del giudizio. Il momento iniziale del processo corrisponde all'esercizio dell'azione penale, il momento finale quando la sentenza diventa irrevocabile. Con l'espressione in ogni Stato e grado del processo si intende escludere un periodo procedimentale, cioè la fase delle indagini preliminari. Con le l'espressione in ogni Stato e grado del procedimento si intende ricomprendere sia le indagini sia il processo. L'azione penale è la richiesta diretta al giudice di decidere sull’imputazione. Il pubblico ministero esercita l'azione penale quando chiede il rinvio a giudizio dell'imputato. L'imputazione consiste nell'addebito della responsabilità di un fatto storico di reato ed è formulata dal pubblico ministero al termine dell'indagine preliminari. Elementi dell'imputazione sono: o l'enunciazione in forma chiara e precisa del fatto storico di reato addebitato all'imputato o l'indicazione degli articoli di legge che si ritiene siano stati violati. o Le generalità della persona alla quale addebitato il reato. Gli effetti principali sono due: o pone il giudice al giudice l'obbligo di decidere su un determinato fatto storico o fissa in modo tendenzialmente immutabile l'oggetto del processo. I soggetti sono coloro che sono titolari di potere di iniziativa del procedimento. Tale potere comporta che il compimento di un atto nel procedimento da parte di un soggetto fa sorgere in un altro soggetto il potere di compiere un atto successivo. I soggetti vengono definiti in relazione alla nozione di procedimento penale, cioè in relazione anche alla fase delle indagini preliminari. Arianna Ferraresi Le parti sono il soggetto attivo e quello passivo dell'azione penale, che consiste nella formulazione dell'imputazione unitamente alla richiesta di rinvio a giudizio o al compimento di un altro atto che instaura un procedimento speciale. Si può definire parte colui che ha chiesto al giudice una decisione in relazione all'imputazione, colui contro il quale tale decisione è chiesta. Le parti sono il pubblico ministero e l'imputato. IL GIUDICE Le relative norme costituzionali: ➔ Art. 101: La giustizia è amministrata in nome del popolo. = la giustizia deve essere resa accessibile a tutti. ➔ Art. 111.6: Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. ➔ Art. 102.3: La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia (es giudici popolari). ➔ Art. 108.2: La legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia. ➔ Art. 104: La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. = l’ordine giudiziario si gestisce da solo. ➔ Art 104, 105, 106, 107: CSM ➔ Art. 107.3: I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni. = no gerarchia, per garantire un’indipendenza interna alla magistratura stessa. ➔ Art. 101.2: I giudici sono soggetti soltanto alla legge. ➔ Art. 111.1: La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. = principio di legalità processuale. ➔ Art 25.2 e 25.3: Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge. ➔ Art. 111.2: Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata. = Il giudice non deve solo essere equidistante, ma deve essere distinto dalle parti, deve essere ALTRO. Imparzialità vuol dire che deve essere libero da pregiudizi, che distendono da sue convinzioni, da interessi personali nella causa. Quando ha già perso una posizione su una certa materia, non può tornare sulla stessa controversia (es cambio di ruolo). ➔ Art. 102. 1 e 102.2: La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario. Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. ➔ Art. 25.1: Nessuno può essere distolto dal giudice naturale e precostituito per legge. Il giudice deve preesistere al fatto e la legge deve già individuare prima del fatto quale giudice si occuperà di quella causa. Il giudice deve avere un legame diretto e naturale con il luogo nel quale si sono verificati i fatti: servono le norme sulla competenza per capire quale giudice si occuperà di una certa causa penale Arianna Ferraresi (ubicazione). Le caratteristiche dei vari giudici sono descritte da una legge dell’ordinamento giudiziario, il regio decreto 12/1941, che stabilisce quale giudice giudicherà su quella materia. La legge di ordinamento giudiziario prevede diverse tipologie di giudici, dislocate in diversi ambiti. Per stabilire la competenza di un giudice, si deve sempre guardare al giudice di primo grado del dibattimento, in quanto fulcro del processo, e una volta individuato questo, si capirà chi è il GIP e chi è il giudice d’appello. I giudici di dibattimento di primo grado sono: 1. La Corte d’Assise: è formata da 8 giudici, 2 magistrati togati e 6 giudici popolari (coinvolgimento del popolo nell’amministrazione della giustizia), ossia cittadini comuni tra 30 e 65 anni dotati di almeno il titolo di scuola media, che vengono estratti a sorte (ma si può anche dare la disponibilità talvolta). Non emette un verdetto, è un collegio che prende una decisione tramite sentenza. Le Corti si trovano in ogni distretto di corte d’appello (1 o più in ogni regione); 2. Il tribunale: decide di fatti meno gravi e i giudici sono sempre togati. Sono ubicati in tutti i capoluoghi di provincia: i circondari. Si divide in: o composizione collegiale: composto da almeno 3 giudici o composizione monocratica (prima chiamato pretura): composto da 1 solo giudice 3. Il giudice di pace: è un giudice onorario a cui sono assegnate tramite la legge 274/2000 le competenze, deve essere laureato in legge e aver sostenuto l’esame da avvocato. Si occupa dei reati minori, meno significativi, per non sovraccaricare i tribunali. Il GIP e il GUP, i giudici precedenti al dibattimento, si trovano presso i tribunali, negli uffici preliminari. Infine i giudici di impugnazione, anch’essi diversi: 1. La Corte d’Appello: il giudice di secondo grando quando si vuole controllare l’esattezza di una decisione del tribunale. È composta da 3 giudici togati e si trova nel capoluogo di distretto di corte d’appello (capoluogo di regione); 2. La Corte d’Assise d’appello: il giudice di secondo grado per le decisioni prese in Corte d’Assiste, che si torva nei capoluoghi di distretto delle regioni. É composta da giudici togati e popolari, sempre in 8, ma hanno più esperienza e ai giudici popolari occorre almeno il diploma di secondo grado; 3. Il tribunale in composizione monocratica: il giudice di secondo grado per le decisioni prese dal giudice di pace; 4. La Suprema Corte di Cassazione: è il supremo giudice di legittimità di terzo grado delle decisioni prese in appello attraverso il ricorso per cassazione; si trova a Roma ed è unica, divisa in sezioni. Si occupa solo di errori di diritto, non di errori di ricostruzione dei fatti: annulla la sentenza, la cassa, per cui bisognerà rifare quel giudizio in caso di esistenza di vizio. Il potere giurisdizionale è diffuso, cioè frazionato in più organi, ciascuno dei quali ha una competenza limitata. Con il termine autorità giudiziaria ci si riferisce insieme sia al giudice sia al pubblico ministero come organi. Il termine magistrato è utilizzato per indicare indifferentemente il magistrato giudicante o quello requirente o entrambi. Con l'espressione magistrato giudicante si indica colui che svolge una Arianna Ferraresi funzione giurisdizionale e si usa l'espressione magistrato del pubblico ministero per indicare quello che svolge una funzione requirente. L'indipendenza di tutti i magistrati è garantita dal Consiglio superiore della magistratura. Giurisdizione è: quella funzione dello Stato che consiste nell'applicare la legge al caso concreto con forza cogente. quel potere dello Stato che è impersonato da organi che hanno le caratteristiche della indipendenza e della imparzialità. Non esistono controlli esterni al potere giurisdizionale, ma controlli interni: vi sono infatti giudici che esaminano il processo in primo grado, in secondo grado e infine più un unico organo, la Corte di Cassazione, che svolge un controllo di legittimità. La competenza per materia e per funzione Si può definire competenza quella parte della funzione giurisdizionale che è svolta dal singolo organo: è distribuita in base ai criteri della materia, del territorio, della funzione e della connessione. La competenza per materia è a sua volta ripartita in base a due criteri, uno qualitativo con riferimento al tipo di reato e l'altro quantitativo relativo alla pena edittale. Per determinare la competenza si ha riguardo alla pena massima stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato. La competenza per materia in primo grado si riporta tra la Corte d'assise, il Tribunale per i minorenni, il giudice di pace e il Tribunale: 1. Il Tribunale per i minorenni: è composto da due giudici togati, da due esperti in psicologia e pedagogia e materie analoghe. È competente per i reati commessi dai minori degli anni 18. Si deve prendere in considerazione l'età che aveva l'imputato all'epoca dei fatti addebitati; è una competenza esclusiva: anche nel caso in cui il minore abbia commesso reato insieme ad adulti. Per quanto concerne i reati commessi da persone adulte, le competenza per materia è ripartita tra la Corte d'assise e il giudice di pace, mentre il Tribunale ha una competenza di regola residuale. 2. La Corte d'assise: è attribuita la competenza di giudicare i più gravi fatti di sangue e i più gravi delitti politici. Inoltre le sono attribuite le materie in relazione alle quali è ritenuto che si possa esprimere al meglio la valutazione di un cittadino. 3. Il giudice di pace: opera come il giudice monocratico a tempo determinato. È competente a conoscere una serie di fattispecie attribuitegli qualitativamente: si tratta di reati che costituiscono espressione di situazione di micro conflittualità individuale. Si occupa dei casi caratterizzati da tenuità della sanzione e semplicità dell'accertamento. Si distinguono tra: o reati procedibili a querela: le percosse, lesioni volontarie, diffamazione; o reati procedibili d'ufficio: la somministrazione di bevande alcoliche a minori e infermi di mente. 4. Il Tribunale: è competente a giudicare quei reati che non appartengono alla competenza della Corte d'assise e al giudice di pace. Oltre a questo si può definire di competenza residuale perché hanno competenze qualitative. Giudicherà reati che sono previsti in modo specifico da singole norme di legge che presuppongono che il magistrato giudicante conosca materiale tecnico di qualche complessità. Si divide in: Arianna Ferraresi o Tribunale in composizione collegiale: per i reati puniti con una pena detentiva superiore nel massimo a 10 anni, ma inferiore a 24 anni, purché non siano di competenza della Corte d'assise. Conosce inoltre una serie di fattispecie nominativamente indicate. Appartengono alla cognizione del tribunale collegiale quasi tutti i reati riconducibili l’associazione a delinquere, lo scambio elettorale politico mafioso, i delitti concernenti le armi, i reati in materia di aborto. o Tribunale in composizione monocratica: per reati puniti con pena detentiva fino a 10 anni nel massimo, purché non siano di competenza del giudice di pace. Sono i reati per i quali sono è previsto un notevole tasso di pericolosità sociale. La competenza funzionale è invece la competenza a svolgere determinati procedimenti o particolari fasi o gradi di un procedimento o a compiere determinati atti. Ad esempio, la competenza a giudicare sull'appello spetta rispettivamente alla Corte d'assise di appello e alla Corte di appello. La competenza per territorio La competenza per territorio è determinata dal luogo nel quale il reato è stato consumato. Si ha consumazione quando il reato ha giunto il massimo grado di gravità, nel senso che in concreto sono presenti tutti gli elementi costitutivi della norma incriminatrice, nella massima gravità. Si parla del cosiddetto locus commissi delicti. Ci sono però delle eccezioni: se si tratta di un fatto del quale è derivata la morte di una o più persone è competente il giudice del luogo in cui è avvenuta l'azione o l'omissione se si tratta di un reato permanente è competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la sua consumazione se si tratta di un delitto tentato è competente il giudice del luogo in cui è stato compiuto l'ultimo atto diretto a commettere il delitto. Sono previste dalle regole suppletive nei casi nei quali la competenza non può essere determinata in base alle regole generali menzionate e inoltre sono presenti anche alcune leggi speciali. Un'importante deroga alle norme ordinarie sulla competenza territoriale è prevista nei procedimenti in cui un magistrato assume la qualità di parte. La competenza è attribuita al giudice competente per materia e che ha sede nel capoluogo del distretto di Corte d'appello, individuato da una tabella compresa nella legge 420 del 1998. Tale regola vale anche in caso di procedimenti connessi a quelli in cui un magistrato assume la qualità di imputato, indagato, persona offesa o danneggiata dal reato e in materia di rimessione. La tabella ha lo scopo di assicurare l’imparzialità. La competenza per connessione Quando tra reati vi è un legame di tal genere, i relativi procedimenti sono tutti di competenza di un unico organo giurisdizionale. Vi è connessione in tre casi: 1. Quando il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione tra loro o se più persone condotte indipendenti hanno determinato l'evento. 2. Quando una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione o con più azioni od omissioni esecutive del medesimo disegno criminoso (Reato continuato) 3. Quando si procede per più reati, se gli uni sono stati commessi per eseguire od occultare gli altri. Arianna Ferraresi Il giudice competente viene individuato sulla base dei criteri. Fra i giudici competenti per materia la Corte d'assise prevale sul Tribunale e se più giudici sono egualmente competenti per materia ed hanno una diversa competenza per territorio, prevale il giudice competente per il reato più grave. In caso di pari gravità prevale il giudice competente per il reato commesso per primo. In alcuni casi i procedimenti appartengono al tribunale collegiale e ad altri al tribunale in composizione monocratica: se esiste un legame di connessione i procedimenti sono tutti attribuiti alla cognizione del tribunale collegiale. Esiste un'importante deroga alla connessione: in presenza di procedimenti contro imputati minorenni, questi devono essere giudicati dal Tribunale per i minorenni e cioè da un giudice specializzato. Quando i procedimenti sono connessi di regola accade che essi siano anche riuniti: siano trattati congiuntamente in un unico procedimento ad opera di un unico organo giudicante. Si tratta della cosiddetta riunione dei procedimenti. Il processo riunito permette di ricostruire con una maggiore chiarezza e completezza il quadro probatorio di rapporti tra i vari fatti di reato. La riunione è solo eventuale. Perché la riunione possa effettuarsi devono sussistere dei requisiti: o Che i procedimenti siano pendenti nella stessa fase e nello stesso grado. o Che procedimenti siano di competenza del medesimo giudice o Che procedimenti siano connessi oppure vi sia comunque tra gli essi tra gli stessi una di quelle ipotesi di collegamento probatorio previste dall'articolo 371. o Che la riunione non determini un ritardo nella definizione dei procedimenti. Sussiste invece separazione obbligatoria dei procedimenti quando: o Nel corso dell'udienza preliminare è possibile decidere subito la posizione di un imputato. o Per un imputato si debba sospendere il procedimento o Un imputato non è comparso in dibattimento ed occorre rinnovare la citazione nei suoi confronti. o Uno o più difensori di imputati non sono comparsi in dibattimento per motivi legittimi. o Per un imputato l'istruzione dibattimentale è già stata conclusa, mentre per gli altri deve continuare con tempi lunghi. o Stiano per scadere i termini di custodia cautelare. In tutti gli altri casi la separazione dei procedimenti è facoltativa: può essere disposta quando il giudice la ritenga utile ai fini della speditezza del processo. Il principio del giudice naturale Il principio del giudice naturale si esprime in 4 sotto-principi: Il principio della riserva assoluta di legge in materia di competenza. Si desume quale contenuto debbano avere le disposizioni di legge che sono destinate a regolare alla competenza: le norme non devono conferire un potere di scelta discrezionale. Si ricava il divieto di applicazione retroattiva delle norme concernenti la competenza, che impediscono che un organo legislativo, amministrativo o giurisdizionale possa sottrarre a discrezionalmente un procedimento ad un determinato giudice. Giudice naturale è quello che l'ordinamento considera il più idoneo ad accertare il fatto di reato: la sua identificazione non può prescindere dal collegamento con il luogo nel quale è stato commesso il reato. Arianna Ferraresi I conflitti di giurisdizione e di competenza È possibile che sorgano conflitti tra gli organi: conflitti di giurisdizione: tra un giudice ordinario e un giudice speciale. conflitti di competenza: tra giudici ordinari. conflitto positivo: due o più giudici contemporaneamente prendono cognizione del medesimo fatto attribuito ad alla medesima persona. conflitto negativo: due o più giudici contemporaneamente rifiutano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla medesima persona. Il conflitto può sorgere in ogni Stato e grado del processo. Il conflitto può essere rilevato dal PM attraverso denuncia o d’ufficio dal giudice attraverso ordinanza; la questione passerà poi alla Corte di Cassazione che si pronuncerà tramite sentenza vincolante persa in camera di consiglio. La dichiarazione di incompetenza L’inosservanza delle disposizioni che regolano la competenza comporta un'incompetenza. Le prove acquisite restano efficaci mentre le dichiarazioni diventano utilizzabili in giudizio soltanto col meccanismo della contestazione probatoria. Le misure cautelari già disposte conservano un'efficacia provvisoria, limitata a 20 giorni dall'ordinanza che dichiara l'incompetenza e che trasmette gli atti; entro tale termine il giudice competente deve disporre una nuova misura cautelare. L'incompetenza per materia: si realizza per: o Incompetenza per difetto: sta procedendo un giudice inferiore, che è per definizione meno idoneo a giudicare rispetto ad un giudice superiore. È rilevabile fino a quando non si è pervenuti ad una sentenza irrevocabile. o Incompetenza per eccesso: un giudice superiore sta procedendo per un reato di competenza del giudice inferiore. Può essere rilevata anche d'ufficio ma non oltre le questioni preliminari prima della dichiarazione di apertura del dibattimento. L’incompetenza per territorio: è eccepibile dalle parti, ma rilevabile dal giudice fino alla chiusura della discussione finale dell'udienza preliminare. Quando l'udienza non ha luogo, l’incompetenza per territorio deve essere eccepita o rilevata nel corso delle questioni preliminari in dibattimento. L'eventuale inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale monocratica del Tribunale non determina l'invalidità degli atti del procedimento, ne l'inutilizzabilità delle prove già acquisite. La capacità del giudice L'espressione capacità del giudice indica il complesso dei requisiti indispensabili per un legittimo esercizio della funzione giudicante. Le capacità sono stabilite dalle leggi dell'ordinamento giudiziario. L'imparzialità del giudice L’imparzialità, perché se effettiva, deve essere fondata su dei principi: La soggezione del giudizio alla legge: soltanto la presenza di leggi impedisce che il giudice sia influenzato dall'esterno o dall'interno. La separazione tra le funzioni giurisdizionali e quelle che sono tipiche di una parte: se il giudice accumula i poteri di una parte, la sua funzione decidente rischia di essere sviata dagli ulteriori poteri che egli è chiamato ad esercitare Arianna Ferraresi La terzietà: l'imparzialità concerne la funzione esercitata nel processo ed impone che non vi siano legami tra il giudice e le parti. La terzietà concerne lo status del magistrato sia il piano ordinamentale. L’impregiudicatezza: situazione psichica di assenza della forza della prevenzione. Concerne l'atteggiamento interiore del giudice rispetto alla decisione da prendere. Manca quando il giudice ha già emesso una decisione sulla responsabilità del medesimo imputato in relazione al medesimo reato. Si tratta di assenza di un pregiudizio rispetto all'oggetto del procedimento. L'equidistanza dalle parti: è assente qualsiasi legame tra il giudice ed una delle parti o tra il giudice e la questione da decidere. La presenza di garanzie procedimentali che consentano di estromettere al giudice che sia o appaia non imparziale; le garanzie attribuiscono alle parti il diritto di far accertare le situazioni in precedenza accennate. Si tratta della ricusazione del giudice e dell’astensione. L'incompatibilità del giudice L’incompatibilità è definita come l'incapacità di svolgere una determinata funzione in relazione ad un determinato procedimento: è carente l’impregiudicatezza. L'impregiudicatezza del giudice può essere apprezzata fin dal momento della formazione dell'organo giudicante. Le situazioni di incompatibilità impediscono ad un magistrato di essere designato a svolgere le funzioni di giudice in un determinato procedimento. Le situazioni di pregiudizio sono ripartite in tre categorie: 1. Incompatibilità per atti compiuti nel medesimo procedimento: o L'aver pronunciato la sentenza in un precedente grado del medesimo procedimento. o L'avere emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare. o L'aver emesso il decreto penale di condanna. o L'aver disposto il giudizio immediato. o L’aver deciso sull’impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere. Inoltre, il giudice che nel medesimo procedimento ha esercitato le funzioni di giudice per le indagini preliminari, non può emettere il decreto penale di condanna, né tenere l'udienza preliminare, né partecipare al giudizio. Il giudice che si è limitato ad assistere all'assunzione della prova in incidente probatorio è un soggetto idoneo a pronunciarsi sul rinvio a giudizio o sulla colpevolezza. 2. Incompatibilità per funzioni: il magistrato ha svolto nel medesimo procedimento una qualche funzione che deve restare distinta da quella di giudice. Le funzioni di pubblico ministero, della polizia giudiziaria, del difensore e del testimone, del perito, del consulente tecnico del denunciante e del querelante. 3. Incompatibilità per ragioni di parentela: il coniuge, un parente o un affine del magistrato ha già esercitato nel medesimo procedimento la funzione sia di giudice sia di altre funzioni separate o diverse. Astensione e ricusazione del giudice Astensione e ricusazione sono rimedi che funzionano ex post che consentono di rimuovere un giudice. L'astensione: è un istituto che obbliga il magistrato a chiedere di essere dispensato dallo svolgere le funzioni di giudice in un determinato procedimento quando sono presenti in situazioni tali da non farlo apparire imparziale. Arianna Ferraresi La ricusazione: è un istituto che permette alle parti di accertare la situazioni nelle quali appare pregiudicata l'imparzialità del magistrato-giudice laddove quest'ultimo non abbia provveduto ad astenersi. È probabile che alcune vicende personali possano avere il sopravvento sul dovere di imparzialità. Ci sono molti motivi comuni all'astensione e alla ricusazione, stabilite delle articoli 34 e 35 del codice o previste da leggi sull'ordinamento giudiziario. Integrano motivi comuni quelle situazioni nelle quali il giudice abbia legami con le parti o con l’oggetto del procedimento. La dichiarazione di astensione è valutata da un altro giudice: il Presidente dell'organo giudicante al quale appartiene il magistrato, ed è accolta se si accerta che in concreto esistono le situazioni che mettono in pericolo l'imparzialità. Il giudice deve astenersi anche in presenza di una situazione indicata con una clausola aperta, cioè quando vi siano gravi ragioni di convenienza: la ragione è grave quando incide sulla libertà di determinazione del giudice. La ricusazione si differenzia dall'astensione per due motivi: Non è possibile ricusare il giudice per gravi ragioni di convenienza. Le parti possono ricusare il giudice che, nell'esercizio delle sue funzioni, abbia manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell'imputazione, in presenza di situazioni tassative previste dalla legge. Nel caso in cui concorrano una dichiarazione di ricusazione ed una dichiarazione di astensione, l'accoglimento dell'astensione fa considerare come non proposta la ricusazione. La dichiarazione di ricusazione può essere sottoposta in udienza subito dopo compiuto l'accertamento della costituzione delle parti e in ogni altra causa prima del compimento dell'atto da parte del giudice. La dichiarazione contenente l'indicazione dei motivi e delle prove è proposta con atto scritto ed è presentato nella cancelleria del giudice competente a decidere. Può essere proposta a mezzo del difensore o di un procuratore speciale. Nel frattempo, il giudice ricusato non deve sospendere la sua attività, ma non può pronunciare una sentenza. Una volta accertata la situazione pregiudizievole, viene designato un altro magistrato in base alle norme sull'ordinamento giudiziario. La rimessione del processo Vi possono essere casi nei quali è pregiudicata l'imparzialità dell'intero ufficio giudicante: in questi casi il codice prevede lo spostamento della competenza per territorio ad un altro organo giurisdizionale con la medesima competenza per materia, situato presso quel capoluogo del distretto di Corte d'appello, individuato in base all'articolo 11. Lo spostamento è deciso dalla Corte di Cassazione, se ed in quanto tale organo accetti l'esistenza di almeno uno dei requisiti della rimessione. La richiesta di rimessione può essere ripresentata soltanto dall'imputato, dal pubblico ministero presso il giudice che procede e dal Procuratore generale presso la Corte d'appello. I casi di rimessione sono gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili. Deve essere: o Locale: non diffusa sull'intero territorio nazionale o esterna rispetto al processo: non deve consistere in un fenomeno connesso alla dialettica processuale o non eliminabile con gli strumenti a disposizione del potere esecutivo. Arianna Ferraresi Il primo caso di rimessione avviene quando sono pregiudicate la sicurezza e l'incolumità pubblica e la libera determinazione delle persone che partecipano al processo. Occorre che siano presenti i fenomeni di vera e propria coartazione fisica o psichica di persone che possono anche non essere soggette al procedimento. La richiesta di rimessione può essere presentata dall'imputato, dal PM e dal Procuratore generale presso la Corte d'appello. Deve essere depositata nella cancelleria del giudice che procede, deve essere notificata alle altre parti a pena di inammissibilità. Il giudice il trasmette l'istanza alla Corte di Cassazione e può sospendere il procedimento in attesa della decisione della Suprema Corte. Deve sospenderlo prima dello svolgimento delle conclusioni e non può pronunciare sentenza. Il provvedimento che ordina la sospensione non impedisce il compimento di atti urgenti e ha effetto fino a che la Cassazione non si sia pronunciata sulla richiesta di rimessione: comporta la sospensione della prescrizione del reato e dei termini di custodia cautelare. La sospensione del processo non è disposta quando la richiesta sia fondata su elementi identici rispetto a quelli di altre istanza già rigettate e dichiarate inammissibili. La Corte di Cassazione decide in Camera di Consiglio: Ove accolga la richiesta trasferisce il processo ad un altro giudice che abbia la medesima competenza per materia e che abbia sede nel capoluogo del distretto di Corte d'appello individuato in base all'articolo 11. Ove rigetti o dichiari inammissibile la richiesta delle parti private, queste, con la con la stessa ordinanza, possono essere condannate al pagamento a favore della cassa delle ammende. Le questioni pregiudiziali alla decisione penale Il giudice penale può avere la necessità di risolvere una questione pregiudiziale: una questione che si pone come antecedente logico-giuridico per pervenire alla decisione. Una questione pregiudiziale si verifica quando l'iter logico per approdare alla decisione sulle imputazioni presuppone la risoluzione di una controversia non appartenente alla diretta cognizione del giudice procedente. Il giudice penale ha il potere di risolvere ogni questione da cui dipende la sua decisione, salvo che una norma di legge disponga diversamente. Il giudice penale si limita a risolvere la questione in via incidentale: egli conosce della questione soltanto in quanto presupposto dell'accertamento della responsabilità dell'imputato. Nel risolvere la questione pregiudiziale, il giudice penale di regola non è vincolato ai limiti di prova stabiliti dalle leggi civili, quindi un'eventuale contrasto con le decisioni di altri giudici potrebbe esserci: il codice accetta questa possibilità al fine di contenere la durata del procedimento penale. In due casi il giudice penale deve seguire le regole probatorie: le questioni pregiudiziali sullo stato di famiglia e di cittadinanza, in presenza delle quali il giudice penale deve osservare i limiti di prova. Il giudice penale gode di una totale autosufficienza nell’accertare le questioni pregiudiziali penali. L'eventuale sentenza irrevocabile sull'esistenza del furto non ha efficacia di giudicato nel processo per accettazione, semmai può essere utilizzato come prova documentale in presenza di riscontri e salvo prova contraria. Le risoluzione della questione pregiudiziale sulla qualità di cosa rubata non vincola altro giudice penale che debba accertare l'esistenza del furto. Sono contemplate delle eccezioni su controversie non direttamente attribuite alla propria cognizione: Arianna Ferraresi o Le controversie attinenti alle restituzioni delle cose sequestrate o confiscate, che sono attribuite al giudice civile territorialmente competente. o Le controversie sullo stato di famiglia o sulla cittadinanza, il cui giudice penale può sospendere il processo se concorrono i requisiti (autosufficienza parziale) o Le questioni pregiudiziali relative a una controversia civile o amministrativa possono comunque determinare la sospensione del processo penale laddove siano di particolare complessità e laddove il procedimento extra penale sia già in corso. o Altre questioni pregiudiziali, tra cui le questioni relative alla compatibilità con la costituzione di leggi o atti aventi forza di leggi e le questioni interpretative del diritto comunitario. L'Ufficio per il processo Ha l'obiettivo di garantire la ragionevole durata del processo attraverso l'innovazione dei modelli organizzativi e assicurando un più efficiente impiego delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. È uno strumento cardine per conseguire gli obiettivi del PNRR e richiede la cooperazione. Consiste in un team al servizio del magistrato, in grado di affiancarlo per rendere maggiormente efficace il suo lavoro. Si tratta di una gestione condivisa. 05/03/2024 - IL PUBBLICO MINISTERO Il PM rappresenta lo stato, la sua pretesa punitiva: l’accusa è una questione pubblica, ed è per questo sottratta alla vittima che ha subito il torto diretto del reato. Per accusare occorre razionalità, competenza, equilibrio: non sar ebbe in grado l’offeso da solo di poter distaccarsi sufficientemente dal torto per accusare. Il PM agisce anche per gli interessi della vittima. Per sostenere l’accusa, il PM compie delle indagini in modo da capire se deve o meno formulare un’accusa pubblica: le indagini comportano l’utilizzo di strumenti potenti e delicati, capaci di incidere su diritti fondamentali. Il PM è una parte necessaria del processo, contrapposta all’imputato: “processus est actus trium personarum, actoris, rei, iudicis, in iudicio contendentium” → l’attore, il reo e il giudice sono necessari in giudizio, nel quale si scontrano. Il giurista Satta lo descrive come tre persone che lottano l’una contro l’altra, perché ciascuno vuole portare il giudice dalla sua parte (triangolo del processo penale). Il giudice è imparziale solo se la sua figura e le sue funzioni sono distinte da quelle del PM: se si confondessero il triangolo verrebbe meno assieme all’equidistanza con le parti. Il PM è una parte pubblica, che in Italia appartiene alla magistratura (ordinamento giudiziario), allo stesso potere dello stato a cui appartengono i giudici: la costituzione ha scelto così a seguito del regime totalitario, onde evitare tentazioni si è scelto di rendere indipendente il PM dagli altri poteri dello stato (parlamento e governo). Nella maggior parte dei paesi, non è così: il PM dipende dal potere esecutivo, è rappresentante del governo presso l’autorità giudiziaria. ➔ Art. 104 Cost: La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. L’indipendenza viene realizzata attraverso un autogoverno, regolato dal CSM: tutto ciò vale anche per l’organo del pubblico ministero. ➔ Art. 107 Cost.: I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio Arianna Ferraresi superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso. Il Ministro della Giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare. I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni. Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario. Il PM gode di tutte le garanzie stabilite per l’ordinamento giudiziario. Provvedimenti disciplinari e le promozioni che lo riguardano sono deliberate dal Consiglio superiore della magistratura. ➔ Art. 108 Cost.: Le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge. La legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia. Si crea quindi un’unità di carriera per giudici e pubblici ministeri: occorre svolgere lo stesso concorso ed entrare in magistratura in entrambi i casi, solo dopo si sceglierà a quali funzioni dedicarsi, ma è possibile anche passare da una carriera all’altra. La vicinanza tra giudici e PM crea una maggiore vicinanza tra i due, comportando una difficoltà nel garantire l’equidistanza: c’è però una chiara distinzione di funzioni. Nei sistemi precedenti, le funzioni erano difficili da distinguere: il PM nasce a seguito della rivoluzione francese per distinguere la funzione dell’accusatore da quello del giudice. Nel nuovo codice c’è una chiara separazione di funzioni: il PM fa le indagini in quanto organo di accusa per capire se accusare o meno qualcuno. Oggi sussiste il dibattito circa la separazione delle due carriere. ➔ Art. 111.2 Cost.: Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a un giudice terzo e imparziale. La condizione di parità vale nella fase processuale: impone che il PM sia sullo stesso livello dell’imputato, mentre durante le indagini preliminari non c’è alcuna condizioni di parità, è il PM che conduce le indagini, dominata da quest’ultimo. Se deciderà di accusare qualcuno durante le indagini, si passa al processo e scatta la garanzia costituzionale, e il PM diventa una parte. Le funzioni del pubblico ministero sono molteplici: 1. Vegliare all'osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia e alla tutela dei diritti dello Stato o delle persone giuridiche e degli incapaci. 2. Svolgere le indagini necessarie per valutare se deve chiedere il rinvio a giudizio o l'archiviazione. 3. Esercitare l'azione penale. 4. Fare eseguire giudicati da ogni altro provvedimento del giudice nei casi stabiliti dalla legge. Il PM è organo di impulso nel processo penale: ➔ Art. 112 Cost.: Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale. L’azione è esercitata d’ufficio obbligatoriamente, senza possibilità di scelta o margini di discrezionalità, non può scegliere quali reati perseguire e quali no: vige il principio di obbligatorietà dell’azione penale, a cui si contrappone il principio di discrezionalità dell’azione, che vige in quasi tutti i paesi del mondo (è impossibile stare dietro a tutti i reati), in base al quale l’accusatore può decide se perseguire qualcuno oppure no, aiutando a tener sotto controllo il sistema di giustizia. È obbligato perché nel nostro sistema il PM non ha nessuno davanti a cui assumersi la responsabilità politica di un’eventuale scelta, è privo di controllo essendo indipendente, per cui lo si obbliga. Arianna Ferraresi L’unica ragione per cui non si può esercitare l’azione è perché non si sono oggettivamente trovate ragioni a sostegno. Sono scelte tecniche, e non politiche: si fonda sugli elementi trovati o non trovati durante le indagini. Il 112 è strettamente collegato all’autonomia, l’assenza di un controllo politico, e all’articolo 3, per cui tutti siamo uguali davanti alla legge per cui non si può scegliere di perseguire e chi no di fronte ad un reato. Le indagini preliminari servono al PM per capire se è tecnicamente in grado di formulare un’accusa. Ci sono dei casi espressamente previsti per cui si può richiedere l’archiviazione. Il PM ha l’obbligo in presenza dei presupposti di legge. In Italia ci sono almeno 3 milioni di notizie di reato all’anno, per cui ogni procura dovrebbe fare troppe indagini, per cui di fatto molte vengono lasciate indietro. Tra il 65 e il 75% dei procedimenti legali negli ultimi 10 anni viene archiviato, quindi di fatto decidono le procure cosa portare avanti. Il sistema ha delle falle, provocando una discrezionalità di fatto. La soluzione che si è cercata di adottare è che si è stabilito di limitare la scelta delle procure: il parlamento detta dei criteri di priorità nella trattazione delle cause penali tramite legge, finalizzati a selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre. Il procuratore della repubblica, dirigente dei PM, pone in essere un procedimento organizzativo in cui cala questi criteri nello specifico contesto territoriale e li definisce più puntualmente tenendo conto: Del numero degli affari da trattare Dalla specifica realtà criminale e territoriale Dell’utilizzo efficiente delle risorse tecnologiche, umane e finanziarie e disponibile. I criteri devono essere recepiti dalle singole procure, ai quali possono essere realizzati degli adattamenti dichiarati in base alle singole realtà, l’importante è che le decisioni vengano rese con trasparenza. Ci sono poi dei meccanismi che funzionano come scremature: 1. La prescrizione: le cause che restano indietro restano prescritte e il presupposto per agire viene meno. 2. Le condizioni di procedibilità: se manca una condizione il PM non può andare avanti e esercitare l’azione. Sono poteri che vengono dati all’offeso per scegliere quali procedimenti meriteranno una trattazione: Persona offesa: o Querela: una manifestazione di volontà dell’offeso per cui si proceda per quel reato. I reati perseguibili a querela sono quelli per cui se manca la manifestazione di volontà non può esercitare l’azione. L’offeso ha 3 mesi per decidere da quando è venuto a conoscenza del reato. Si può rinunciare alla querela, o una volta proposta può essere rimessa in ogni stato e grado del procedimento: se avviene il reato cessa di essere perseguibile e bisogna fermarsi → sentenza di improcedibilità. o Istanza: è una dichiarazione di volontà che si chiede che si proceda per un reato che è stato commesso all’estero; Autorità politica: o Richiesta: il PM può procedere solo su richiesta del Ministro della giustizia, ma avviene solo in casi eccezioni, come un reato commesso nei confronti del presidente della repubblica; Arianna Ferraresi o Autorizzazione a procedere: il PM svolge indagini anche nei confronti di politici, per cui un’autorizzazione è prevista per i soli membri del governo (presidente del consiglio e ministri). La delibera deve essere fatta dal parlamento. Per i membri del parlamento non c’è più autorizzazione a procedere, ma rimane se occorre sopprimere alcuni loro diritti fondamentali durante le indagini e per le misure cautelari: l’autorizzazione deve arrivare dalla camera di appartenenza. Se non si realizza la condizione di procedibilità la questione va archiviata. Se non è necessaria alcuna condizione, la questione è rilevabile d’ufficio. Gli uffici dei PM sono le procure della repubblica, in cui stanno: Il procuratore della repubblica: colui che ha la responsabilità organizzativa dell’ufficio. Se un sostituto procuratore non va avanti, la legge prevede il procuratore possa avocare a sé (= chiamare a sé) il procedimento penale e svolgere le funzioni di PM di primo grado, nel caso in cui sia intere o inefficiente: è un rimedio interno per mandare avanti l’indagine. Ha inoltre la funzione di PM in appello; I sostituti procuratori: tutti i pubblici ministeri che svolgono le indagini; Il procuratore aggiunto: solo in caso di procure grandi, sono una sorta di vice del procuratore della repubblica, lo affiancano nelle funzioni di gestione organizzativa dell’ufficio. In appello si trova La procura generale: l’ufficio dove stanno i pubblici ministeri che rappresentano lo stato in appello. Si trova in tutte le corti d’appello. In cui ci stanno: il procuratore generale i procuratori sostituti generali. In Cassazione: Il procuratore generale presso la corte di cassazione + i sostituti procuratori generali che operano in Cassazione. I rapporti di dipendenza gerarchica che esistono all'interno dell'ufficio del pubblico ministero garantiscono l'indipendenza del singolo magistrato e assicurano la buona organizzazione dell'ufficio della pubblica accusa. Si è passati da un sistema classificabile come personalizzazione delle funzioni ad un altro che possiamo definire gerarchia attenuata e regolata. Il procuratore della Repubblica può assegnare un procedimento ad un determinato sostituto in deroga al criterio di automaticità previsto dal progetto organizzativo. Con l'atto di assegnazione il procuratore può stabilire i criteri ai quali il magistrato deve attenersi nell'esercizio della relativa attività. Quando le direttive generali o particolari sono violate, questi può revocare l'assegnazione con provvedimento motivato. Entro 10 giorni dalla comunicazione della revoca, il magistrato al quale era stato assegnato il procedimento può presentare osservazioni scritte al procuratore della Repubblica. Ove non intervenga un chiarimento, si possono segnalare l'avvenuta revoca al Consiglio superiore della magistratura per i provvedimenti di competenza di quest'ultimo. Il potere direttivo del titolare si attenua quando il magistrato si trova in udienza: esercita le funzioni con piena autonomia. Il capo dell'Ufficio provvede alla sostituzione soltanto con il consenso Arianna Ferraresi dell'interessato, ovvero se il consenso manca nel caso di gravi impedimenti o di rilevanti esigenze di servizio. Il procuratore della Repubblica mantiene personalmente i rapporti con gli organi di informazione. Ogni informazione inerente alle attività della Procura della Repubblica deve essere fornita attribuendola in modo impersonale all'Ufficio ed escludendo ogni riferimento ai magistrati assegnatari del procedimento. È vietato ai magistrati della Procura della Repubblica di rilasciare dichiarazioni o fornire notizie agli organi di informazione circa l'attività giudiziaria dell'Ufficio. Il procuratore della Repubblica ha l'obbligo di segnalare al Consiglio giudiziario, per l'esercizio del potere di vigilanza e di sollecitazione dell'azione disciplinare, le condotte dai magistrati dell'Ufficio che siano in contrasto col divieto fissato dalla legge. La procura nazionale antimafia e antiterrorismo Ci sono poi tutta una serie di strutture di organi e procure speciali: le cosiddette procure antimafia, specializzate e introdotte su richiesta di Falcone a partire dal 1991-1992. La criminalità organizzata, fenomeno insidioso nell’ordinamento, fonda il potere su una rete molto stretta di collegamenti: se le procure lavorano in maniera isolata tra di loro senza comunicare, il contrasto sarà meno efficiente, per cui era necessario accentrare di più le indagini sulla mafia e specializzare i PM. Esiste un procuratore nazionale antimafia nell’ufficio DNAA (direzione nazionale antimafia- antiterrorismo) a Roma presso la procura della repubblica presso la corte di cassazione; è un organo distinto (oggi Giovanni Melillo) e ha il compito di coordinare e facilitare gli scambi informazioni tra le procure che indagano sui fatti di criminalità organizzata. È nominato dal CSM in accordo con il ministro della giustizia. Nella procura nazionale antimafia stanno poi circa 20 procuratori sostituti. È un organo collettore di informazioni, raccoglie da tutta Italia informazioni, anche minime. Le indagini nei processi per criminalità organizzata e terrorismo sono fatte dalle direzioni distrettuali antimafia che si trovano presso i tribunali capoluogo di distretto di corte d’appello: sono PM organizzati, competenti di molti reati (art. 51.3 bis c.p.p.). Le indagini sono compiute assieme ad organi specializzati di polizia, ad esempio la direzione investigativa antimafia. Il procuratore nazionale non può dare direttive vincolanti nel merito alle procure distrettuali, non può compiere direttamente indagini, ma fornisce gli strumenti per rendere le indagini efficaci mediante l'elaborazione centrale di tutte le informazioni raccolte dalle procure distrettuali. L'astensione Essendo una parte del processo, il PM non può essere ricusato, per cui non c’è da garantirne l’imparzialità, perché rappresenta un punto di vista. È possibile però che possa astenersi per gravi ragioni di convenienza. Il procuratore della repubblica o procuratore generale hanno un potere di sostituzione di singoli magistrati del pubblico ministero per particolari ragioni di interesse: il procuratore della repubblica o generale sostituisce un PM in quanto organo impersonale, è liberamente sostituibile. Nei casi diversi da quelli enumerati dalla legge, i PM possono essere sostituiti solo con il loro consenso. I pubblici ministeri durante le udienze esercitano le loro funzioni in piena autonomia, ma è anche una parte, per cui non è del tutto imparziale, e per questo c’è una sorta di gerarchia tra PM, ma resta autonomo nello svolgimento delle proprie attività: è una struttura para gerarchica. Il codice pone al capo dell'Ufficio l'obbligo di sostituire il magistrato del pubblico ministero che abbia un interesse privato nel procedimento e che non si sia astenuto. Il potere di sostituire deve essere Arianna Ferraresi esercitato anche durante l'udienza penale nella quale il magistrato svolge le sue funzioni con piena autonomia. Ci sono diversi casi di sostituzione: a. Se il magistrato ha interesse nel procedimento come parte anche soltanto potenziale, ovvero se il creditore o debitore di una delle parti private. b. Se il magistrato è tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private, ovvero se uno di questore prossimo congiunto di lui o del coniuge. c. Se vi era già in precedenza una inimicizia grave tra il magistrato e una delle parti private. d. Se un prossimo congiunto del magistrato ha offeso o danneggiato dalla parte o danneggiato

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