DIRITTO PRIVATO ALE 3.0.pdf

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CAP 1. L’ORDINAMENTO GIURIDICO: Ogni società, ossia ogni aggregazione di persone con un medesimo scopo, non può vivere senza un complesso di regole volto a disciplinare i rapporti tra i componenti della società stessa. Affinché un gruppo sia “organizzato”, è necessario che vi siano Regole di condott...

CAP 1. L’ORDINAMENTO GIURIDICO: Ogni società, ossia ogni aggregazione di persone con un medesimo scopo, non può vivere senza un complesso di regole volto a disciplinare i rapporti tra i componenti della società stessa. Affinché un gruppo sia “organizzato”, è necessario che vi siano Regole di condotta che ogni individuo deve seguire, ossia regole obbligatorie e stabilite da appositi organi competenti; qualora l’organizzazione non è più in grado di funzionare e di far rispettare le norme, deve concludersi che la collettività si è sciolta. Il sistema di regole appena descritto è riassumibile con un solo termine: Ordinamento giuridico (da notare il riferimento a “ordine” senza l’ordinamento si avrebbe il “disordine”). Il complesso di norme da cui è costituito ciascun ordinamento giuridico rappresenta il “Diritto positivo” di quella società; da sempre è inoltre riconosciuta l’idea di un “Diritto naturale”, inteso come matrice di princìpi eterni e universali. Tra tutte le forme di collettività, gode di una maggiore importanza la Società politica. L’organizzazione della comunità politica mira ad impedire le aggressioni tra gli stessi componenti del gruppo (minaccia di sanzione) e a potenziare la difesa dell’intera collettività contro i pericoli esterni, promuovendo in ogni caso il benessere non del singolo individuo ma dell’intera comunità. Tralasciando le innumerevoli forme di società politiche, ci si sofferma in particolare su quella moderna più diffusa: lo Stato. Questo si identifica con una Comunità di individui (cittadini di quello Stato) stanziata in un certo Territorio (circoscritto da precisi confini), sul quale si impone la Sovranità dello Stato stesso: il tutto è organizzato da un Ordinamento giuridico “originario” (ossia indipendente). Da non dimenticare però è la presenza di altri ordinamenti Internazionali, come ad esempio quello dell’Unione Europea: l’art. 10 della Costituzione Italiana, ad esempio, afferma che “l’ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto internazionale”, mentre l’art. 11 stabilisce delle “Limitazioni di sovranità” rispetto alle norme internazionali, ovvero si pone ad un livello inferiore rispetto al diritto internazionale (a meno che quest’ultimo non vada a ledere i principi costituzionali). IL DIRITTO: Il Diritto è il Potere di fare qualcosa, concesso dalla legge quando l’interesse è meritevole di tutela, ossia quando l’interesse è Lecito/Conforme alla legge. Il diritto di proprietà su un oggetto implica il riconoscimento di poteri/facoltà del proprietario, facoltà come il Godimento, il Non utilizzo, il Venderlo o Regalarlo – ossia Cederlo. Il Diritto può essere inteso in senso - Soggettivo: potere riconosciuto dalla legge per la soddisfazione di un interesse personale, purché quest’ultimo sia lecito; - Oggettivo: Norma di diritto, ossia una regola di fonte statuale che impone la doverosità / l’obbligo di un comportamento. Il Comportamento è Positivo-Commissivo quando impone il Dover fare qualcosa, mentre è Negativo-Omissivo quando impone il Non dover fare qualcosa. NORMA GIURIDICA: Ciascuna delle regole che compongono l’Ordinamento giuridico si chiama “Norma giuridica” (in quanto appartenente allo “ius”), ed è dotata di autorità. I fatti produttivi di norme giuridiche si chiamano “Fonti”. Una norma è un “periodo ipotetico”, un enunciato prescrittivo che si compone della previsione di un accadimento eventuale e di una conseguenza giuridica, la quale deriva dal concreto verificarsi dell’evento prefigurato (dalla norma stessa). La “Fattispecie” è la parte della norma che descrive l’evento che intende regolare: può essere “Astratta” (fatti non realmente accaduti ma descritti ipoteticamente da una norma, la quale indicherà cosa deve verificarsi affinché si produca una conseguenza giuridica) e “Concreta” (fatti realmente verificatisi); può essere poi “Semplice” (quando è composta di un solo fatto) e “Complessa” (quando è costituita da una pluralità di fatti giuridici). Non bisogna confondere il concetto di Norma giuridica con quello di “Legge”: quest’ultima, infatti, è un atto normativo scritto, che nell’ordinamento italiano è elaborato da organi a ciò competenti. E’ quindi possibile affermare che “la legge contiene le norme”. Generalità e Astrattezza: Tradizionalmente si insegna che caratteri essenziali della Norma giuridica sono la Generalità e l’Astrattezza: per Generalità si intende che la legge non deve essere dettata per singoli individui, bensì per tutti i “consociati”, e quindi è rivolta a tutti; per Astrattezza, invece, si intende che la legge non deve essere dettata per specifiche situazioni concrete, bensì per situazioni individuate ipoteticamente (fattispecie astratte, come detto in precedenza), cioè ha caratteristiche comuni per essere applicata nei casi generali che prevede (caratteristiche comuni sul piano reale e concreto). Riassumendo, quindi, la Norma ha lo scopo di regolare una serie indeterminata di casi futuri ipotetici ed eventuali, e si applica a chiunque si trovi nella situazione prefigurata dalla norma. Eguaglianza e Imparzialità: Il Principio di eguaglianza (art. 3 Cost ita), secondo il carattere “Formale”, afferma che tutti i cittadini (anche stranieri) hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione ecc. Secondo invece il carattere “Sostanziale”, il Principio di eguaglianza impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Il criterio dell’Imparzialità, invece, è l’obbligo di applicare le leggi in modo eguale, senza arbitrarie differenziazioni di trattamento a favore o a danno dei singoli interessati (“la legge è uguale per tutti”). LA SANZIONE: Le norme giuridiche si caratterizzano per il fatto di possedere il “Potere coercitivo”, o comunque per essere garantite dalla predisposizione (per l’ipotesi di trasgressione) della comminatoria di una “Pena”, cioè di una “Sanzione”. Ciò significa che per ogni trasgressione di una norma, è prevista una reazione dell’ordinamento (es. il risarcimento di un danno). CAP 2. IL DIRITTO PRIVATO E LE SUE FONTI: Se il Diritto pubblico disciplina l’organizzazione dello Stato e degli altri enti pubblici, regolando la loro azione, ed impone ai privati il comportamento che sono tenuti a rispettare per finalità pubbliche, il Diritto privato invece disciplina piuttosto le relazioni interindividuali, sia dei singoli che degli enti privati, lasciando alla iniziativa personale anche l’attuazione delle singole norme. Si chiama “Privato” perché è un diritto che il singolo segue senza trovarsi di fronte a un potere pubblico, operando su un piano di eguaglianza con altri individui. Ovviamente, non tutto ciò che riguarda soggetti pubblici, beni pubblici, attività pubbliche, appartiene solo al diritto pubblico: infatti, i soggetti pubblici possono operare anche “Iure privatorum”, come ad esempio le scuole private, che svolgono comunque servizi di pubblico interesse (si veda il confine sottile tra il diritto pubblico e quello privato). Inoltre, è da aggiungere che spesso un medesimo fatto è disciplinato sia da norme di diritto pubblico che da norme di diritto privato: l’investimento di un pedone da parte di un automobilista fa scattare sia la sanzione penale per lesioni colpose sia la sanzione civile del risarcimento del danno. NORME COGENTI E NORME DEROGABILI: Le norme di diritto privato si distinguono in Derogabili (o dispositive) e Inderogabili (o cogenti). Sono Inderogabili quelle norme la cui applicazione è imposta dall’ordinamento, a prescindere dalla volontà dei singoli; sono Derogabili, invece, le norme la cui applicazione può essere evitata mediante un accordo degli interessati. Naturalmente, anche l’osservanza delle norme privatistiche inderogabili richiede, in caso di violazione, l’iniziativa del singolo, non essendo compito degli organi pubblici far rispettare le norme di diritto privato. Così, ad esempio, qualora un lavoratore subordinato abbia previamente rinunciato all’aumento di retribuzione per le ore di lavoro straordinario, soltanto l’interessato resta arbitro di decidere se denunciare l’invalidità dell’accordo e pretendere la maggior retribuzione che gli è garantita dalla legge. FONTI DELLE NORME GIURIDICHE: Per Fonti legali di produzione delle norme giuridiche si intendono gli Atti e i Fatti che producono diritto. Le Fonti di cognizione sono invece i documenti e le pubblicazioni ufficiali da cui si può prendere conoscenza del testo di un atto normativo (es. Gazzetta Ufficiale). Le fonti possono poi distinguersi in Materiali (atti o fatti produttivi di norme generali ed astratte) e Formali (atti o fatti idonei a produrre diritto, a prescindere dal contenuto della fattispecie). Ogni ordinamento deve stabilire “ante omnia” i valori gerarchici delle norme: in Italia, la gerarchia delle fonti è un ambito in continua evoluzione sin dal 1900. Ad oggi, ossia con l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, la gerarchia delle fonti interne è così ricostruita: 1) Princìpi supremi o fondamentali, da cui derivano i diritti inviolabili. 2) Disposizioni della Carta costituzionale e delle leggi di rango costituzionale. 3) Leggi statali ordinarie e le altre fonti. LA COSTITUZIONE: La Costituzione regola il procedimento di formazione delle leggi, stabilendo la disciplina degli atti normativi e limitando l’attività del legislatore. Infatti, i princìpi supremi enunciati dalla Costituzione costituiscono limiti al potere del legislatore costituzionale. Una legge ordinaria dello Stato non può né modificare la Costituzione (o altra legge di rango costituzionale) né avere un contenuto che vada in contrasto con norme costituzionali. A presidio di questa rigidità della nostra Costituzione interviene la Corte costituzionale LEGGI DELLO STATO E LEGGI REGIONALI: Le leggi statali ordinarie sono approvate dal Parlamento con una particolare procedura disciplinata dalla Costituzione. Esse possono modificare o abrogare qualsiasi norma non avente valore di legge, e possono essere a loro volta abrogate con referendum popolare. Di recente innovazione invece è il ruolo delle Leggi regionali e il loro rapporto con quelle statali: l’art. 117 della Costituzione italiana definisce le relative competenze; lo Stato ha potestà legislativa esclusiva in materie come la giurisdizione, le norme processuali, l’ordinamento civile e penale, la giustizia amministrativa. Le materie non espressamente riservate alla legislazione dello Stato sono quindi attribuite alle Regioni. I REGOLAMENTI: Subordinate alle leggi vi sono tante altre fonti i diritto, come i Regolamenti e le Consuetudini. I regolamenti sono fonti secondarie del diritto, e possono essere emanati dal Governo, dai ministri e da autorità amministrative non statali. Hanno contenuto normativo in quanto pongono norme generali ed astratte. I regolamenti disciplinano l’organizzazione e il funzionamento dei pubblici uffici, regolano specifiche materie in forza di una delega o autorizzazione contenuta in una legge. LE FONTI COMUNITARIE: Le fonti normative di matrice comunitaria si distinguono in: 1) Regolamenti: contengono norme applicabili dai giudici dei singoli Stati membri, come se fossero leggi dello Stato. Nel caso italiano, in caso di contrasto tra un regolamento e una legge interna, prevarrà il regolamento di matrice comunitaria (artt. 10, 11 Cost. Ita.). 2) Direttive: si rivolgono agli organi legislativi degli Stati membri e hanno lo scopo di armonizzare le legislazioni interne dei singoli Paesi. Le direttive devono però essere attuate mediante l’emanazione di apposite leggi. Uno Stato che si renda inadempiente all’obbligo di attuare una direttiva entro il termine previsto dalla stessa direttiva, può essere sanzionato dagli organi comunitari. LA CONSUETUDINE: Una consuetudine è tale quando ricorrono la Ripetizione costante di un certo comportamento per un tempo protratto; un Atteggiamento di osservanza di quel comportamento ritenuto doveroso (opinio iuris sive necessitatis); la Prassi (diuturnitas) di quel determinato comportamento; la forma Non scritta (infatti, la consuetudine è tale poiché non è scritta, anche se ultimamente alcune norme consuetudinarie sono state codificate). Esistono tre tipi di consuetudine: 1) Secundum legem: operano in accordo con la legge, facendo rinvio agli usi esistenti in materia. 2) Praeter legem: operano al di là della legge, relativamente a materie non disciplinate da finti normative scritte. 3) Contra legem: quelle che si pongono contro la legge. IL CODICE CIVILE: Nella storia moderna, intorno al 1700, ha assunto importanza rilevante il movimento per la codificazione, sia in campo costituzionale (Dichiarazioni dei diritti dell’uomo approvate in Francia nel periodo della Rivoluzione francese – Costituzione americana del 1787 ecc.), sia nel campo del diritto privato. In ogni caso, sappiamo che l’idea di codice è storicamente un prodotto dell’Illuminismo (infatti i Codici civili odierni sono nipoti del Codice napoleonico ottocentesco). Il Codice civile, nei paesi di diritto scritto (non common law), riveste un ruolo di centralità nel sistema del diritto privato, regolando i soggetti fisici e giuridici, i beni (es. la proprietà), l’attività (es. il contratto). Il primo grande codice di diritto privato risale all’età moderna, ed è il Codice Napoleone del 1804, sorto dall’ideologia della Rivoluzione francese: la maggior parte dei codici emanati successivamente in altri Paesi è di stampo Napoleonico, come ad esempio quello del Regno d’Italia, emanato nel 1865 e per larga parte ispirato al codice francese. Il codice civile in Italia è stato modificato più volte a partire dal 1942 in poi. In generale, il Codice Civile contiene punti di riferimento normativo volti a regolare e quindi disciplinare i rapporti tra Privati. Quello italiano è diviso in sei “libri”, ognuno dei quali regola una precisa area/materia: Libro I: “Delle persone e della famiglia” Le persone sono soggetti fisici (persona in sé, l’individuo) e giuridici (ente astratto che rappresenta una congregazione di persone fisiche unite da uno stesso interesse). La Famiglia è fondata sull’Atto matrimoniale. - Libro II: “Delle successioni” Subentro a causa di morte: fenomeno di subentro, per il quale il figlio succede al genitore (es. quando il genitore muore, il figlio diventa l’erede: successione per decesso – il genitore morto diventa “De cuius”); Subentro a causa di contratto tra vivi (inter vivos): la successione può avvenire anche tramite Contratto (es. il diritto di proprietà può essere ceduto attraverso un contratto). - Libro III: “Della proprietà” La proprietà è un Diritto su una Cosa, ossia un Diritto reale (res: cosa), ma è diversa dal Possesso e dalla Detenzione. Infatti, la Proprietà riguarda un Diritto su un bene, mentre il Possessore o il Detentore non sono titolari di un diritto su quel bene (es. depositando l’automobile in un parcheggio, il proprietario del garage è il Depositario, quindi diventa il Detentore. Questo non può usufruire dell’automobile poiché non ne ha i diritti, ma ha un Potere, ossia la “Situazione di detenzione”). Il Libro III parla anche dell’Usufrutto: è quando si diventa titolari di un Diritto Reale su una cosa altrui, limitatamente al tempo indicato sul contratto. - Libro IV: “Delle obbligazioni” Obbligazioni da contratto: comportamento obbligatorio di fare / non fare / dare qualcosa; l’obbligazione lega due o più persone (Creditore e Debitore, quest’ultimo legato al primo da rapporto obbligatorio). Obbligazioni da fatto illecito: l’art. 2043 del Codice civile afferma che “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno” (dare pecunia). - Libro V: “Del lavoro” In materia del Diritto commerciale. - Libro VI: “Della tutela dei diritti”. CAP 3, 4. L’EFFICACIA TEMPORALE, L’APPLICAZIONE E L’INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE: ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE: La Legge è in grado di dettare obblighi soltanto dal momento della sua entrata in vigore, e non ha quindi effetto retroattivo (a parte le leggi interpretative, che servono a chiarire il significato di norme antecedenti, e a parte ulteriori singoli casi). A tale scopo è necessaria l’Approvazione da parte delle due Camere; la Promulgazione della legge da parte del PdR; la Pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica; un Periodo di tempo (vacatio legis) che va dalla pubblicazione all’entrata in vigore della legge. Con la pubblicazione, la legge diviene conosciuta e obbligatoria per tutti, anche per chi non ne abbia conoscenza (ignorantia iuris non excusat). ABROGAZIONE DELLA LEGGE: L’Abrogazione di una legge avviene in diversi modi: - mediante una legge Posteriore che dichiari espressamente o tacitamente quella anteriore; - mediante la Deroga, la quale cambia il valore della norma, facendola restare in vigore; - mediante Referendum popolare, ossia attraverso un grande numero di voti popolari; - mediante Illegittimità costituzionale: in questo caso la legge sarà annullata “ex tunc” (effetto retroattivo). APPLICAZIONE DELLA LEGGE: L’Applicazione della legge è la concreta realizzazione di quanto è ordinato dalle regole che compongono il Diritto dello Stato. L’applicazione consiste ad esempio nell’effettiva creazione degli organi previsti e nel loro funzionamento, oppure nel non fare ciò che è proibito e viceversa. È compito dello Stato curare l’applicazione delle norme di diritto pubblico, mentre l’applicazione delle norme di Diritto privato non è imposta in modo autoritario, ma è lasciata alla prudenza e al buon senso dei singoli. INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE: Interpretare un testo normativo non vuol dire solo “accertareconoscere” quanto il testo esprima, bensì anche “decidere” cosa si ritiene che il testo effettivamente possa significare. Non è vero, quindi, che esiste una sola interpretazione esatta: possono esservi letture plurime, tra le quali l’interprete sceglie la soluzione più opportuna. Ciò avviene, ad esempio, perché i vocaboli utilizzati nel testo possono avere più di un significato. Ai fini dell’interpretazione, quindi, interviene l’individuazione della norma da applicare al caso, l’integrazione della legge, l’analisi dei comportamenti da regolare ecc. Ma quali sono gli organi che svolgono l’attività interpretativa? Dato che l’attività interpretativa è libera a chiunque (interpretazione dottrinale), questa assume valore vincolante soltanto quando sia compiuta dai Giudici dello Stato nell’esercizio della loro funzione (interpretazione giudiziale), e quando sia compiuta dal Legislatore (interpretazione autentica) che emana disposizioni per chiarire il significato della legge. CAP 5. I CONFLITTI DI LEGGI NELLO SPAZIO: IL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO: Il diritto vigente in ciascun ordinamento si applica a tutti, cittadini e stranieri, che si trovino nel territorio ove quell’ordinamento è in vigore, così come all’estero ogni persona è soggetta necessariamente alle leggi locali: ciò non vale per il Diritto Privato. Infatti, per i rapporti di diritto privato, si pone il dubbio di quale debba essere l’ordinamento competente a regolarli (es. un italiano sposa una francese, uno straniero acquista beni in Italia ecc.). In ciascun Paese, pertanto, vengono elaborate norme di Diritto internazionale Privato, regole che stabiliscono quale tra varie leggi nazionali vada applicata in ogni singolo caso: non si tratta comunque di un vero e proprio diritto internazionale, poiché ciascun ordinamento stabilisce il proprio “diritto internazionale privato”, ognuno dei quali produce regole che si limitano ad individuare a quale ordinamento si debba fare riferimento per stabilire come quel rapporto vada disciplinato. In tal modo, è possibile che un giudice italiano (es.) decida una controversia applicando un ordinamento giuridico straniero (attraverso un semplice “rinvio” a quella norma). L’importanza del diritto internazionale privato è notevolmente cresciuta nel tempo e le sue applicazioni sono diventate molto frequenti. IL TRATTAMENTO DEGLI STRANIERI: Quanto al trattamento giuridico degli stranieri, bisogna distinguere tra i “Cittadini comunitari” e quelli “Extracomunitari”. Per i Cittadini comunitari si applica l’art. 17 del Trattato istitutivo della Comunità europea, che ha introdotto la Cittadinanza dell’Unione: ciò significa che ad essi va riconosciuto pieno diritto di circolazione e soggiorno in tutti gli Stati membri e il godimento degli stessi diritti civili attribuiti al cittadino nazionale, con anche alcuni diritti politici. Per quanto riguarda invece gli Extracomunitari, è molto difficile inquadrare una disciplina, poiché è materia di costante modificazione: in ogni caso, ai cittadini extracomunitari è applicabile il “Diritto d’asilo” e l’”Inammissibilità della estradizione per reati politici”, oltre ovviamente ai diritti fondamentali della persona umana. CAP 6. LE SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE: IL RAPPORTO GIURIDICO: Il rapporto giuridico è la relazione tra due soggetti, regolata dall’ordinamento giuridico. Il Soggetto Attivo è colui al quale l’ordinamento giuridico attribuisce il potere (es. di pretendere il pagamento - diritto soggettivo); il Soggetto Passivo è colui a carico del quale sta il dovere (es. di pagare). Le persone tra cui intercorre un rapporto giuridico sono dette “Parti” (ad es. di un accordo-contratto); chi invece non è “parte”, è “Terzo”, e quest’ultimo non è assolutamente toccato dagli effetti del rapporto giuridico tra le parti. SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE ATTIVE: Innanzitutto, è necessario ricordare la definizione di “Diritto soggettivo”. Questo, infatti, è il Potere di Agire, da parte del Titolare di quel diritto, per il soddisfacimento di un proprio interesse individuale, protetto dall’ordinamento giuridico (purché tale interesse sia lecito). L’Interesse è qualsiasi bene, vantaggio, utilità, che costituisce l’obiettivo/movente dell’agire di un soggetto (si chiama “interesse legittimo” qualora i rapporti siano tra privato e pubblici poteri). Come da titolo, esistono diverse “situazioni soggettive”, come: - Potestà e uffici: in alcuni casi, il “potere di agire” viene usato per interesse verso un’altra persona, come ad esempio i Genitori con i Figli. L’esercizio della potestà, infatti, deve sempre ispirarsi al fine della cura dell’interesse altrui. Questi poteri vengono chiamati “Potestà e uffici”. - Facoltà: sono manifestazioni del diritto soggettivo che non hanno carattere autonomo, ma sono in esso comprese. È il potere di escludere gli altri dal godimento della cosa. - Aspettativa: è una “posizione di attesa” verso un determinato diritto. Ad esempio, un individuo potrà beneficiare dell’eredità soltanto quando avrà ottenuto la laurea: il soggetto sa che avrà il diritto di eredità, ma nel frattempo è in “Aspettativa”. Status: lo Status è una qualità giuridica che si ricollega alla posizione dell’individuo in una collettività. DIRITTI ASSOLUTI, RELATIVI e POTESTATIVI: I diritti soggettivi possono essere Assoluti, Relativi e Potestativi. - Per quanto riguarda i diritti Assoluti, essi garantiscono al titolare dei medesimi un potere che egli può far valere verso tutti (erga omnes). Sono Assoluti, oltre che fondamentali, i “Diritti di Personalità”, ossia i diritti all’integrità fisica, al decoro, al nome, all’immagine, e sono tutti “non cedibili” e “inestinguibili” (durano fino alla morte); - i diritti Relativi, invece, assicurano al titolare un potere che egli può far valere solo nei confronti di una o più persone determinate (es. la Banca, che è creditore, impone al suo debitore la restituzione del prestito), ossia di soggetti individuati. In ogni caso, si parla di Diritti Reali (dal latino “res” – “cosa”), cioè diritti su una cosa. - I diritti Potestativi (da non confondere assolutamente con la potestà genitoriale) consistono nel Potere di operare il mutamento della situazione giuridica di un altro soggetto. È qui che entra in ballo anche la “Soggezione”, cioè quello stato in cui un soggetto deve soltanto aspettare la decisione di un altro individuo. Per fare un esempio, si prendano in considerazione due presidenti di due diverse squadre di calcio: il Presidente della squadra 1 invita il Presidente della squadra 2 ad acquistare un suo giocatore a determinate condizioni (prezzo, tempo per decidere ecc.) il Presidente della squadra 2 ha un periodo di tempo per decidere se acquistarlo o no, e nel frattempo il Presidente della quadra 1 sarà quindi in uno stato di “Soggezione”, ossia dovrà aspettare la decisione del Presidente della squadra 2. Il titolare del Diritto potestativo (in questo caso il Presidente della squadra 2) ha quindi il potere di modificare la realtà giuridica, incidendo sulla sfera soggettiva altrui. SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE PASSIVE: Si parla di Situazioni soggettive passive per indicare generalmente un Dovere di Astensione, ossia il “dovere di non fare”. Si distingue: - l’Onere: è la situazione del soggetto che è tenuto ad un determinato comportamento nel proprio interesse, poiché in mancanza non si produrrebbe un effetto giuridico a lui favorevole. Si è soliti fare l’esempio dell’Onere della Prova (art. 2697 c.c.), secondo cui se un soggetto ha intenzione di porre a giudizio un individuo, egli deve possedere le prove che si siano verificati i fatti che costituiscono il fondamento della sua domanda (es. il debitore non ha pagato la Banca deve provare questo fatto). La differenza tra il Dovere e l’Onere, è che se non si adempie al Dovere il comportamento si riflette sulla sfera altrui, mentre se non si adempie all’Onere gli effetti negativi andranno soltanto al soggetto onerato (es. se la Banca non prova, perde la causa), ossia ricadranno su se stesso (valore Autoreferenziale). MODI DI ACQUISTO DEL DIRITTO SOGGETTIVO: Il rapporto giuridico nasce quando il soggetto attivo acquista il diritto soggettivo, acquisto che può essere a Titolo originario e a Titolo derivativo: l’acquisto indica il fenomeno del collegarsi di un diritto con una persona che ne diventa il titolare. L’acquisto è a “Titolo originario” quando il diritto soggettivo sorge a favore di una persona, senza esserle trasmesso da nessuno, cioè ad esempio quando si instaura un rapporto tra Soggetto e Oggetto che consente al Soggetto di diventare proprietario di tale Oggetto (es. se io pesco i pesci, essi diventano miei senza nessun contratto); l’acquisto è invece a “Titolo derivativo” quando il diritto si trasmette da una persona ad un’altra, cioè quando il diritto di un bene viene trasferito dalla sfera patrimoniale di A a quella di B (circolazione). Cap 7. IL SOGGETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO: LA PERSONA FISICA: L’uomo, per il solo fatto della nascita (art. 1 c.c.) acquista la Capacità giuridica e, conseguentemente, diviene Soggetto di diritto; si perde la capacità giuridica soltanto con la morte. La Capacità giuridica è l’idoneità ad essere titolari di situazioni giuridiche soggettive (titolarità di diritti, doveri, ecc.), e compete indifferentemente a tutti gli esseri umani: è un principio che può sembrare ovvio, ma costituisce in realtà una conquista relativamente recente della civiltà giuridica occidentale. L’art. 3 della Costituzione italiana afferma che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione ecc. La capacità giuridica compete anche allo straniero, il quale secondo il Principio di reciprocità, è ammesso a godere in Italia dei diritti civili nella misura in cui il cittadino italiano è ammesso al godimento di detti diritti nel Paese di cui lo straniero ha la cittadinanza. CAPACITA’ E INCAPACITA’: Per l’accesso ad alcuni rapporti/atti non è sufficiente la nascita, ma è richiesto il concorso di altri presupposti (es. la capacità matrimoniale si acquista al momento del compimento del sedicesimo anno di età, o ancora, la capacità di compere il testamento si acquista con il compimento del diciottesimo anno di età). Tali impedimenti si chiamano “Incapacità speciali”, le quali possono essere Assolute (se al soggetto è precluso quel tipo di rapporto/atto in ogni caso) o Relative (se al soggetto è precluso quel tipo di rapporto/atto ma solo con determinate persone). - Capacità di agire: inoltre, la legge richiede, affinché possa compiere personalmente ed autonomamente atti di amministrazione dei propri interessi, che il soggetto abbia, oltre alla capacità giuridica, anche la “Capacità d’agire”, ossia l’idoneità a curare autonomamente i propri interessi (non rientra nella sfera della “Capacità d’agire” il bambino, l’individuo affetto da una grave sindrome di Down, l’anziano non più in grado di intendere e di volere ecc.). La capacità di agire si acquista in ogni caso al raggiungimento della maggiore età, cioè al compimento dei 18 anni: prima di quel momento, il soggetto è legalmente incapace, ed ogni suo atto compete ai genitori – o a un tutore (così come il suo patrimonio). - Capacità negoziale e extranegoziale: la prima riguarda l’idoneità del soggetto a compiere personalmente ed autonomamente atti di autonomia negoziale (vendere, comprare ecc.), la seconda riguarda l’idoneità del soggetto a rispondere delle conseguenze dannose degli atti compiuti da egli stesso (danni commessi a terzi ecc.). INCAPACITA’ LEGALE E NATURALE: All’interno delle ipotesi di incapacità d’agire, occorre distinguere tra Incapacità legale (Minore età, Interdizione giudiziale e legale, Inabilitazione, Emancipazione, Amministrazione di sostegno), la quale implica soltanto che il soggetto si trovi in una determinata situazione (minore età ecc.); e Incapacità naturale (incapacità di intendere o di volere). INTERDIZIONE GIUDIZIALE E LEGALE: - Giudiziale: l'interdizione giudiziale è un istituto che esclude dalla capacità di amministrare i beni da parte di un soggetto che abbia almeno uno dei seguenti presupposti: Infermità di mente (malattia che impedisce al soggetto di intendere e di volere), Abitualità della infermità (non transitoria), Incapacità del soggetto di provvedere ai propri interessi. L'interdizione è disciplinata dagli artt. 414 ss c.c. che recita: «Il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione». Bisogna prima di tutto porre in esame l’interdicendo da parte di un giudice, il quale può nominare un tutore provvisorio. In questo modo, l’interdetto si trova in una condizione in cui non può, tra le altre cose, compiere direttamente alcun atto negoziale e non può gestire il suo patrimonio: tutto ciò sarà compiuto dal tutore nell’interesse ed in vece dello stesso interdetto. - Legale: diversa è l’interdizione legale, che avviene a prescindere dallo “stato di infermità”, ed è una “Pena accessoria” (pena che accompagna una pena già esistente) per chi sia stato condannato all’ergastolo o alla reclusione, per un tempo non inferiore a cinque anni. Si tratta, in questo caso, di legale incapacità di agire che la legge ricollega direttamente alla condanna penale; uno stato di incapacità stabilito non a protezione dell'interdetto, ma a scopo punitivo. L’Interdetto legale si trova, durante la pena, nella stessa condizione in cui si trova l’interdetto giudiziale (quindi non potrà gestire il proprio patrimonio, i propri beni ecc.). INABILITAZIONE: L'inabilitazione è un istituto che esclude parzialmente il soggetto dalla capacità di agire, e si esplica quando vi è; Infermità di mente non talmente grave da far luogo all’interdizione, Prodigalità (impulso patologico che incide negativamente sulla capacità del soggetto di valutare la rilevanza economica), Abuso abituale di bevande alcooliche o di stupefacenti, Sordomutismo o cecità. L’Inabilitato può autonomamente compiere gli atti di ordinaria amministrazione, mentre per gli atti di Straordinaria amministrazione necessita dell’assistenza del curatore nominato dal giudice tutelare: in tal caso, il curatore non si sostituisce all’incapace, ma integra e assiste la volontà di quest’ultimo. LA SEDE DELLA PERSONA: Al riguardo, la legge (art. 43 c.c.) distingue tra: - Domicilio: luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi. Può essere Legale (se fissato dalla legge) e Volontario (se eletto dall’interessato a centro della propria vita di relazione); - Residenza: luogo in cui la persona ha la dimora abituale; - Dimora: luogo in cui la persona attualmente abita. Talvolta i tre termini possono coincidere, o per lo più il domicilio tende a coincidere con la residenza, poiché è proprio in tale luogo che il soggetto intrattiene principalmente i propri rapporti economici e personali. Ma non si tratta di una regola sempre valida, poiché ad es. l’avvocato ha domicilio presso il proprio studio professionale, che non coincide con la residenza, e così via. LA CITTADINANZA: La cittadinanza è la situazione di appartenenza di una persona fisica ad un determinato Stato. La cittadinanza italiana si acquista “Iure sanguinis” (figli di cittadini italiani, nati indipendentemente dal luogo di nascita), “Iure soli” (nati in territorio italiano), “Iuris communicatio” (coniuge straniero di cittadino italiano), “Naturalizzazione” (si può diventare cittadino italiano nelle condizioni previste dall’art 9 Legge n. 91 del 1992). La cittadinanza può essere persa nei casi previsti dall’art. 12 Legge n. 91 del 1992. DIRITTI DELLA PERSONALITA’: L’art. 2 Cost. italiana proclama che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali”. La persona umana sarebbe quindi portatrice di diritti innati (giusnaturalismo) che l’ordinamento giuridico non attribuisce, bensì riconosce, e che in quanto tali sono inviolabili da parte dello Stato, nell’esercizio dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. I Diritti inviolabili dell’uomo sono il Diritto alla vita, alla salute, al nome, all’integrità morale, all’immagine, alla riservatezza, all’identità personale. Tradizionalmente si afferma che i diritti della personalità siano qualificati dai caratteri della: - Necessarietà (competono a tutte le persone fisiche); - Imprescrittibilità (non si estinguono); - Assolutezza (erga omnes); - Non patrimonialità (non suscettibili di valutazione economica); - Indisponibilità (non sono rinunciabili). GLI ENTI: Come si è già detto, nel nostro ordinamento i Soggetti di diritto sono sia le persone fisiche che gli Enti. È dunque dotata di Soggettività giuridica quell’organizzazione alla quale l’ordinamento attribuisce la capacità giuridica di essere titolare di situazioni giuridiche soggettive (proprietà, credito, altre responsabilità). Gli enti, ovviamente, possono agire soltanto attraverso persone fisiche, che fanno parte della loro struttura organizzativa: tali persone sono dette appunti “Organi” dell’ente. Ma non bisogna pensare che per questo gli Enti siano privi della capacità d’agire. All’interno della categoria degli Enti, occorre distinguere tra Enti pubblici ed Enti privati: tra i primi rientrano lo Stato, gli altri enti territoriali (regioni, comuni ecc.) ed altri enti con varie finalità (Banca d’Italia, INPS, Università ecc.). Per quanto riguarda invece gli Enti privati, il discorso è più complicato, in quanto bisogna distinguere tra Enti registrati e dotati di personalità giuridica (fondazioni e associazioni riconosciute ecc.), Enti a struttura associativa (comitati, consorzi, associazioni con uno scopo comune come un partito politico), Enti a struttura istituzionale (organizzazione stabile per la gestione di un patrimonio, finalizzata a scopi altruistici). Gli Enti privati possono poi essere o non essere a finalità economica (con o senza lucro): la Fondazione, ad esempio, si avvale di un patrimonio per il perseguimento di uno scopo non economico, oppure il Comitato attraverso la raccolta pubblica di fondi costituisce un patrimonio con cui realizza finalità di natura altruistica Vi è differenza tra Associazione Riconosciuta e Non riconosciuta: quella Riconosciuta, infatti, prende vita in forza di un atto di autonomia, un vero e proprio contratto tra i fondatori (atto costitutivo) che avviene in effetti anche per l’associazione non riconosciuta, solo che quella Riconosciuta deve essere verificata dalla Prefettura. Al fine del riconoscimento, la prefettura deve verificare che siano state soddisfatte le condizioni previste da norme di legge o di regolamento per la costituzione dell’ente, che lo scopo sia possibile e lecito, che il patrimonio risulti adeguato alla realizzazione dello scopo. Infine, non bisogna confondere l’Associazione con la Società: la prima è un’organizzazione collettiva che ha come scopo il perseguimento di finalità non economiche, mentre la seconda pur avendo uno scopo comune tra i membri, è caratterizzata da uno scopo lucrativo, cioè dallo scopo di dividere tra i partecipanti gli utili conseguiti attraverso l’esercizio in comune di un’attività economica. Cap 8. L’OGGETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO: I concetti di “bene” e di “cosa” sono spesso confusi, ma bisogna tenere in mente che si tratta di concetti ben diversi. “Cosa” è una parte di materia, mentre “Bene” è solo la cosa che possa essere fonte di utilità e oggetto di appropriazione. Non sono “Beni” né le cose dalle quali non si è in grado di trarre vantaggio alcuno (cose irraggiungibili), né le cose di cui tutti possono fruire (res comune omnium – la luce del sole, il vento). Sono quindi “Beni” le cose che possono formare oggetto di diritti, o meglio, in senso giuridico, il “bene” è il diritto sulla cosa, perché è questo che ha un valore in funzione della sua negoziabilità bene è sinonimo di diritto. TIPOLOGIE DI BENI: - Materiali e Immateriali: Le cose che possono essere oggetto di diritti reali si caratterizzano per la loro corporeità (corpus), ossia per la loro idoneità ad essere percepite con i sensi o con strumenti materiali: i cosiddetti Beni materiali. Al contrario, i Beni immateriali possono essere gli Strumenti finanziari (forme di investimento di natura finanziaria in vista di un ritorno economico), destinati alla negoziazione sui mercati regolamentati (borsa, mercato ristretto ecc.), per i quali la legge impone la Dematerializzazione, cioè che la relativa emissione avvenga tramite scritturazioni contabili, quindi senza mezzi cartacei. I Beni immateriali sono anche le opere dell’ingegno, cioè le opere letterarie, scientifiche, musicali, ma anche le proprietà industriali come i marchi, le invenzioni ecc. - Mobili e Immobili: I Beni immobili sono il suolo e tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo stesso (art. 812 c.c.). I Beni mobili sono tutti gli altri beni. I Beni possono essere registrati in registri pubblici. - Fungibili e Infungibili: I beni possono altresì distinguersi in Fungibili (quelli che sono individuati con esclusivo riferimento alla loro appartenenza ad un determinato genere, e che possono essere sostituiti indifferentemente con altri, in quanto non interessa avere proprio quel bene - ad es. una banconota da 100€ scambiata con due banconote da 50€ l’una) e Infungibili (quelli individuati nella loro specifica identità, e sono di regola i beni immobili). - Consumabili e Inconsumabili: I beni Consumabili sono quelli che non possono prestare utilità all’uomo senza perdere al loro individualità (il cibo, una bevanda, il denaro), ovvero senza che il soggetto se ne privi. Quelli Inconsumabili sono di conseguenza utilizzabili più volte senza essere distrutti nella loro consistenza. - Divisibili e Indivisibili: i beni Divisibili sono quelli suscettibili di essere ridotti in parti omogenee senza che se ne alteri la destinazione economica (un edificio a più piani ecc.), mentre quelli Indivisibili non rispondono a tale caratteristica. Da notare che se un bene è indivisibile, lo scioglimento della comunione può aver luogo soltanto con la vendita del bene e la successiva ripartizione del ricavato tra gli aventi diritto. - Presenti e Futuri: i beni Presenti sono quelli già esistenti in natura, gli unici che possono formare oggetto di proprietà o di diritti reali. I beni Futuri, invece, sono quelli non ancora presenti in natura (es. una casa progettata dall’architetto ma non ancora costruita). Può darsi che chi acquista un bene futuro non voglia assumere alcun rischio: è perciò stabilito che, se quel bene non viene ad esistenza, il contratto non produce effetto e nessun corrispettivo è dovuto all’altra parte. - Semplici e Composti: i beni possono essere impiegati dall’uomo separatamente o collegati ad altri. Perciò, i Beni semplici sono quelli i cui elementi sono compenetrati tra loro, e che quindi non possono staccarsi senza distruggere o alterare la fisionomia del tutto (es. un animale, una pianta ecc.). i Beni composti sono quelli risultanti dalla connessione, materiale o fisica, di più cose, ciascuna delle quali potrebbe essere staccata dal tutto ed avere autonoma rilevanza giuridica ed economica. Nel caso del bene Composto, è possibile che i singoli elementi appartengano a persone diverse dal proprietario del Tutto. I BENI PUBBLICI: Di beni pubblici si parla in due sensi, ossia Beni appartenenti ad un ente pubblico (società denominata Patrimonio dello Stato), e Beni assoggettati ad un regime speciale, diverso dalla proprietà privata, per favorire il raggiungimento dei fini pubblici. Vi sono poi i Beni demaniali che appartengono necessariamente allo Stato (lido del mare, spiaggia, porti ecc.) o che appartengono anche a privati (strade, autostrade, acquedotti ecc.). In ogni caso, i beni demaniali non possono formare oggetto di negozi di diritto privato, poiché sono inalienabili, non possono formare oggetto di possesso, e non possono essere acquistati per usucapione da privati (sono quindi disciplinati dal diritto pubblico). LE PERTINENZE: Gli elementi che costituiscono la “cosa composta” diventano parti di un tutto, il quale non può esistere senza dette parti. Se invece una cosa è posta a Servizio o ad Ornamento di un’altra in modo da accrescerne l’utilità, senza però fare parte di quel Tutto e quindi senza essere indispensabile per la sua esistenza, si ha la figura della Pertinenza. Il vincolo di pertinenza può intercorrere fra immobile ed immobile (es. il garage destinato al servizio di una casa d’abitazione), fra mobile ed immobile (es. il bestiame), fra mobile e mobile (es. le scialuppe di una nave). La destinazione di una cosa al servizio o all’ornamento dell’altra, fa sì che la prima abbia carattere accessorio rispetto alla seconda: si dice quindi “vincolo di accessorietà”, che deve peraltro essere durevole/non occasionale, e deve essere posto da chi è proprietario della cosa principale. Le pertinenze seguono di regola lo stesso destino della cosa principale (se io vendo un bene, l’atto si riferisce anche alle pertinenze, anche se di queste non si fa cenno, purché le parti non manifestino una diversa volontà); sono comunque previsti contratti che riguardino in via autonoma la sola pertinenza. LE UNIVERSALITA’ PATRIMONIALI: L’art. 816 c.c. definisce “Universalità” la pluralità di cose mobili che appartengono alla stessa persona e che hanno una stessa destinazione (nel caso dell’universalità “di fatto”: libri di una biblioteca, pecore di un gregge ecc. – nel caso dell’universalità “di diritto”: eredità, fondo patrimoniale ecc.). Non bisogna confondere l’Universalità né con la “Cosa composta” (perché non vi è coesione fisica tra le varie cose) e né con il “Complesso pertinenziale” (perché le cose non sono poste una a servizio/ornamento dell’altra), in quanto tutte le cose costituiscono una entità nuova dal punti di vista economico-sociale. Il principio “possesso vale titolo” non si applica all’universalità di mobili (se io acquisto in buona fede un’universalità di mobili da chi non ne è proprietario, con un titolo idoneo, non divento subito proprietario, ma occorre che abbia il possesso dell’universalità per dieci anni = Usucapione). IL PATRIMONIO: Si chiama Patrimonio il complesso dei rapporti attivi e passivi, suscettibili di valutazione economica, facenti capo ad un soggetto. Il patrimonio non è considerato come un bene unico, e quindi esso non è un’Universitas. Ogni soggetto, di regola, ha un patrimonio, con il quale risponde dei propri debiti: al soggetto non è concesso di staccare dei beni o dei rapporti giuridici dal proprio patrimonio per riservarli ad alcuni creditori, escludendo gli altri (esclusi i casi previsti dalla legge). Vi è poi il Patrimonio autonomo, che viene attribuito ad un nuovo soggetto mediante la creazione di una persona giuridica (es. società di capitali ecc.) che è dotata di autonomia patrimoniale. Cap 9. IL FATTO, L’ATTO ED IL NEGOZIO GIURIDICO: FATTO E ATTO: Per “Fatto giuridico” si intende qualsiasi avvenimento che abbia conseguenze giuridiche secondo l’Ordinamento. Si distinguono fatti “materiali” (es. mutamento della situazione preesistente in rerum natura) e fatti “in senso ampio” (fatti omissivi, interni o psicologici). Per quanto riguarda le “responsabilità” dei fatti, si parla di fatti giuridici “in senso stretto” quando le conseguenze giuridiche sono ricollegate ad un evento senza che assuma rilievo se a causarlo sia intervenuto o meno l’uomo (es. la morte per cause naturali di una persona, l’inondazione, ecc.); Si parla invece di “Atti giuridici” se l’evento che ha causato una conseguenza giuridica deriva da un intervento umano (es. tutti i reati, i contratti ecc.). Gli Atti giuridici si distinguono in Leciti ed Illeciti: Leciti: atti conformi alle prescrizioni dell’ordinamento, e possono essere Operazioni (modificazioni del mondo esterno – es. costruzioni) e Dichiarazioni (atti diretti a comunicare ad altri il proprio pensiero); Illeciti: atti compiuti in violazione di doveri giuridici, e che quindi producono la lesione del diritto soggettivo altrui. NEGOZIO GIURIDICO: Tra le suddette Dichiarazioni, la maggiore importanza va attribuita ai Negozi giuridici, ossia quelle dichiarazioni di volontà con cui i privati esprimono la volontà di regolare in un determinato modo i propri interessi, nell’ambito dell’autonomia a loro riconosciuta dall’ordinamento. Con tali dichiarazioni di volontà, l’ordinamento giuridico ricollega effetti giuridici conformi al risultato voluto (es. creazione di obblighi, trasferimento di proprietà ecc.). Affinché i principi del Negozio siano validi, è necessario che gli elementi dello stesso siano Essenziali (contratto, prezzo ecc., senza i quali il negozio è nullo): esistono poi elementi Accidentali (che le parti sono libere di apporre o meno). L’utilità dei Negozi giuridici è quella di attribuire ai singoli una sfera di Autonomia, entro la quale i privati possano decidere da sé come regolare i propri interessi, ottenendo dalla legge che gli atti posti in essere siano resi vincolanti ed impegnativi: vale a dire che l’ordinamento attribuisce ai privati il potere di creare una regola giuridica dei loro rapporti e di produrre modificazioni della situazione giuridica preesistente. Il Negozio giuridico può essere: - Unilaterale: quando è perfezionato con la dichiarazione di una sola parte/persona (es. il testamento). - Collegiale: quando le dichiarazioni di volontà sono dirette a formare la volontà di una collettività organizzata di individui (es. deliberazione dell’assemblea di una società per azioni). - Complesso: consta di più volontà tendenti a un fine comune, ma differisce dal Collegiale perché nel Complesso queste volontà si fondono in modo da formarne una sola. - Plurilaterale: presuppone la partecipazione di almeno tre parti, ciascuna delle quali si rende portatrice di un’autonoma posizione di interesse (es. due coniugi acquistano insieme un appartamento da destinare ad abitazione comune: il contratto di compravendita rimane comunque bilaterale, pur essendo la parte acquirente composta da due soggetti). Ulteriori distinzioni del negozio giuridico si ricollegano alla sua funzione. Si distinguono così i negozi Mortis causa (testamento) dai negozi Inter vivos (vendita ecc.), e a seconda che si riferiscano ad interessi economici, i negozi possono essere Patrimoniali e Apatrimoniali. Quelli Patrimoniali sono: - di Attribuzione patrimoniale, che semplicemente attuano uno spostamento di diritti patrimoniali da un soggetto a un altro (es. vendita). - A titolo gratuito: negozio per effetto del quale un soggetto acquisisce un vantaggio senza alcun correlativo sacrificio. - A titolo oneroso: quando un soggetto, per acquistare qualsiasi tipo di diritto, accetta un correlativo sacrificio. LA RINUNZIA: Il Negozio abdicativo è la rinunzia, che è la dichiarazione unilaterale del titolare di un diritto soggettivo diretta a dismettere (cessare) il diritto stesso senza trasferirlo ad altri. La rinunzia ad esempio al diritto di usufrutto implica che il potere di godere la cosa ritorni al proprietario: in questo caso, si fa riferimento al principio della Elasticità del dominio, in virtù del quale la proprietà, prima compressa, riprende automaticamente la sua espansione originaria non appena il diritto che la limitava (usufrutto) viene meno. LA DICHIARAZIONE: Affinché il Negozio sia valido, la volontà del soggetto diretta a produrre effetti giuridici deve essere dichiarata, cioè esternata; deve quindi uscire dalla sfera del soggetto ed essere percepita dagli altri. La dichiarazione è quindi la volontà del soggetto a produrre effetti giuridici, e si distingue in Espressa (se fatta con parole o con qualsiasi mezzo idoneo a far capire agli altri il nostro pensiero) e Tacita (comportamento che risulti incompatibile con la volontà contraria). Bisogna fare attenzione però al “Silenzio”: esso non sempre equivale alla dichiarazione tacita, anche perché la giurisprudenza non riconosce il detto volgare “chi tace acconsente”. LA FORMA: Ciascuno sceglie le modalità di manifestazione delle proprie volontà come meglio preferisce, tuttavia alcune volte il legislatore avverte la necessità di prescrivere che un determinato atto sia compiuto secondo determinate Forme solenni. Nel caso del Contratto, non esiste un regime formale univoco (dipende dal tipo di contratto). Cap 10. L’INFLUENZA DEL TEMPO SULLE VICENDE GIURIDICHE: Il tempo, innanzi tutto, non è un fatto, ma un modo di essere del fatto. È un fattore importantissimo nelle vicende umane e preso in considerazione dall’ordinamento giuridico sotto diversi aspetti. Spesso, infatti, le attività giuridiche si devono compiere entro periodi di tempo determinati, da cui deriva la necessità di regole che stabiliscano come i termini devono essere calcolati: se ad esempio è fissato un termine di cinque giorni da oggi per il compimento di un atto giuridico, la giornata di oggi deve essere compresa nel calcolo? Secondo l’art. 2963, non si conta il giorno iniziale ma si conta quello finale, e se il termine è a mese, esso scade nel giorno corrispondente a quello del mese iniziale (es. 10 febbraio 10 marzo). ESTINZIONE DEL DIRITTO SOGGETTIVO: (art. 2934 ss c.c.) Il tempo può dar vita ad un diritto soggettivo, ma può anche farlo estinguere! L’estinzione del diritto soggettivo per decorso del tempo è oggetto di due istituti, la Prescrizione estintiva e la Decadenza: entrambe sono soggette all’Inerzia, ossia al Tempo trascorso senza esercitare un determinato diritto soggettivo (comportamento omissivo). PRESCRIZIONE ESTINTIVA: La prescrizione produce l’estinzione del diritto soggettivo, come già detto, per effetto dell’inerzia del titolare del diritto stesso che non lo esercita per il tempo determinato dalla legge. Le parti non possono rinunciare preventivamente alla prescrizione, né prolungare o abbreviare i termini stabiliti dalla legge. Il giudice non può rilevare d’ufficio la prescrizione: questa deve essere sollevata dalla parte che vi ha interesse. Quasi tutti i diritti Disponibili (che possono essere ceduti ad altri) sono soggetti a prescrizione estintiva: l’eccezione sono i Diritti indisponibili, quelli potestativi e il diritto di Proprietà (quindi tutti i diritti imprescrittibili) questo perché tali diritti sono attribuiti al titolare nell’interesse generale. L’istituto della Prescrizione serve per avere certezza dell’esistenza dei rapporti giuridici. - Sospensione: (art. 2941 c.c.) la prescrizione non opera se sopraggiunge una causa che giustifichi l’inerzia. Ciò significa che, in alcuni casi, la prescrizione del diritto può essere sospesa. Ma quali sono questi casi? Uno riguarda particolari rapporti fra le parti (es. tra due coniugi) e l’altro riguarda la condizione del titolare (es. minori non emancipati ecc.). Per fare un esempio: in una coppia di fidanzati non ancora sposati, il ragazzo presta del denaro alla propria fidanzata. Dopo un anno i due si sposano, e ciò implica che il ragazzo non possa chiederle di farsi ridare i soldi fino a che sono legati dal vincolo del matrimonio. Se però avviene il divorzio, lui potrà richiederle il denaro, a patto che non siano passati 10 anni (Prescrizione ordinaria) dal momento in cui è avvenuto il prestito (senza però contare la parentesi del matrimonio: gli anni in cui sono stati sposati non vanno contati!). - Interruzione: (artt. 2943, 2945 c.c.) per Interruzione si intende che il tempo stabilito dalla legge per la prescrizione si ferma e cessa di esistere in alcuni casi. L’art. 2943 c.c. afferma che la Prescrizione si interrompe nel momento in cui avviene la notificazione dell’atto ad un giudice. Infatti, ad esempio, se una Banca ha 2 suoi clienti che non pagano il debito (mutuo), essa ha 10 anni di tempo per denunciare il fatto (altrimenti il diritto cade in prescrizione) non appena però la Banca agisce attraverso un giudice, la Prescrizione si interrompe, ossia i 10 anni non scadono più, l’inerzia cessa di esistere, il tempo anteriormente trascorso non ha più valore, e dal momento della notificazione inizia a decorrere un nuovo periodo di prescrizione (art. 2945 c.c.). Nota: le prescrizioni estintive non vanno confuse con le Prescrizioni Presuntive. Quest’ultime, infatti, si fondano sulla Presunzione che un determinato credito sia stato pagato, o che si sia comunque estinto per effetto di qualche altra causa, e quindi la legge presume che si sia verificata una diversa causa estintiva (la Presunzione è un procedimento logico attraverso il quale si risale da un fatto noto ad un fatto ignoto) si “presume” che, trascorso un certo periodo di tempo, un diritto sia estinto. DECADENZA: Un secondo istituto dell’Estinzione del diritto soggettivo è la Decadenza. Questa non ha come oggetto l’Inerzia, bensì la fissazione di un Termine perentorio entro il quale il titolare del diritto deve compiere una determinata attività, altrimenti l’esercizio del diritto verrà definitivamente precluso. Ad esempio, la legge concede ad una parte in giudizio il potere di impugnare la sentenza; ma l’impugnazione dev’essere proposta in un breve termine, dopo il quale essa diventa inammissibile, ossia “si decade dal diritto di proporre l’impugnativa”. Di conseguenza, la Decadenza può essere impedita solo mediante l’esercizio del diritto, ossia solo mediante il compimento dell’atto previsto. A differenza di quanto avviene per la Prescrizione, se la decadenza è stabilita a tutela di un interesse individuale (es. termine entro il quale il compratore deve denunciare al venditore i vizi occulti da cui la cosa venduta è affetta), le parti possono modificare il tempo della decadenza o addirittura rinunciarvi. La decadenza può essere Legale (prevista dalla legge e non può essere modificata dalle parti), Giudiziale (termini di decadenza fissati dal giudice su istanza della parte interessata) e Convenzionale (termini di decadenza stabiliti dai privati – art. 2965 c.c.). Se non è fissato alcun termine di decadenza, il diritto sarà soggetto ai normali termini di prescrizione (art. 2967 Effetto dell'impedimento della decadenza). Cap 13. I DIRITTI REALI IN GENERALE E LA PROPRIETA’: Tradizionalmente, si ritiene che i diritti reali siano caratterizzati dall’Immediatezza (il titolare può esercitare direttamente il potere sulla cosa: in + mediato non mediatamente senza l’intervento di terzi per soddisfare un mio interesse), dall’Assolutezza (tutti i consociati devono astenersi dall’interferire nel rapporto fra il titolare del diritto reale ed il bene che ne è oggetto, e il titolare può agire in giudizio contro chiunque contesti il suo diritto: efficacia “erga omnes”), e dall’Inerenza (opponibilità del diritto a chiunque possieda o vanti diritti sulla cosa, ad esempio, per ottenere la restituzione di una cosa). I Diritti reali riguardano la Proprietà (ius in re propria), il Godimento e la Garanzia (entrambi “iura in re aliena”). Quelli di Godimento riguardano la superficie, l’enfiteusi, l’usufrutto, l’uso, l’abitazione, le servitù prediali; mentre i diritti di Garanzia sono il pegno e l’ipoteca. LA PROPRIETA’: Tutte le proprietà, senza alcuna eccezione, sono inviolabili (Statuto Albertino). L’attuale Costituzione, dichiara solennemente che “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge” (art. 42 Cost.). Ciò significa che qualsiasi proprietario è tutelato dalla legge, e che non è consentito al legislatore di sopprimere l’istituto della proprietà privata. L’art. 832 c.c. enuncia il principio secondo cui al proprietario spetta il “diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo”. Da qui l’idea che la proprietà sia caratterizzata dai connotati dell’Assolutezza (diritto di fare sulla cosa tutto ciò che vuole) e della Esclusività (il proprietario ha il diritto di escludere terzi dall’uso del bene), pur sempre rimanendo entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico. La proprietà, inoltre, si ritiene tradizionalmente caratterizzata dalla: - Imprescrittibilità (non si estingue anche se non viene esercitata per lungo tempo); - Perpetuità (vale sempre e si protrae nel tempo); - Elasticità (i poteri che normalmente competono al proprietario, possono essere compressi in virtù della coesistenza sul bene di altri diritti reali – vedi Usufrutto). La proprietà, infine, attribuisce al titolare: - il potere di Godimento del bene (trarre dalla cosa le utilità che la stessa è in grado di fornire, decidendo se/come/quando utilizzarla, direttamente o indirettamente); - il potere di Disposizione del bene (cedere ad altri i diritti sulla cosa). ESPROPRIAZIONE E INDENNIZZO: Sempre l’art. 42 Cost. dispone che “la proprietà privata può essere, nei casi previsti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale”. Per “Espropriazione” si intende il trasferimento della titolarità di un bene dal precedente proprietario ad un altro soggetto, pubblico o privato. La norma tende a ricercare un punto di equilibrio fra l’interesse del proprietario e il contrapposto interesse della collettività, a fini di pubblico interesse (es. realizzazione di opere pubbliche ecc.). La legge prevede comunque un Indennizzo (diverso a seconda del tipo di terreno) che compensi il privato del sacrificio che subisce nell’interesse della collettività. LA PROPRIETA’ EDILIZIA: L’attività di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio deve essere per prima cosa notificata all’autorità comunale, con la cosiddetta “Denunzia di inizio di attività (D.I.A.), e può iniziare soltanto sotto previo rilascio, da parte dell’autorità comunale, di un Permesso di costruire. Questo può essere rilasciato solo se l’intervento da realizzare sia conforme alle previsioni degli strumenti urbanistici e della disciplina urbanistico-edilizia vigente. Al fine di evitare l’Abusivismo edilizio, la legge fa ricorso anche a strumenti di tipo privatistico (sanziona con la nullità gli atti aventi ad oggetto la costituzione di diritti reali su terreni e edifici, e vieta alle aziende erogatrici di servizi pubblici di somministrare le loro forniture per l’esecuzione di opere prive di Permesso di costruire). La legge impone inoltre a chi abbia violato disposizioni che regolamentano l’attività edilizia l’obbligo di risarcire i danni eventualmente causati a terzi. I RAPPORTI DI VICINATO: Ciascuna proprietà fondiaria ed immobiliare si estende nell’ambito dei propri confini, in modo tale da separare il terreno/l’immobile da quello del proprio vicino. Infatti, le singole proprietà immobiliari/fondiarie sono necessariamente destinate a convivere fianco a fianco. Al fine di trovare una convergenza tra i contrapposti interessi dei proprietari di fondi contigui, il codice detta una serie di regole in materia di: - Atti emulativi (atti che arrecano molestia ad altri) - Immissioni (il proprietario può opporsi a qualsiasi attività materiale di terzi che si svolga sul suo fondo) - Distanze (le costruzioni devono avere una distanza di tre metri fra loro) - Muri (il muro che divide i due fondi è in comproprietà) - Luci e vedute (il proprietario del muro contiguo al fondo altrui può aprire in esso delle vedute). MODI DI ACQUISTO DELLA PROPRIETA’: Nell’ambito dei modi di acquisto della proprietà si suole distinguere tra quelli a Titolo derivativo (trasferimento del diritto di proprietà sul bene dalla sfera patrimoniale di A a quella di B: circolazione) e quelli a Titolo originario (determinano la nascita di un diritto nuovo, mediante l’instaurazione di un nuovo rapporto tra Soggetto e Oggetto, che consenta al soggetto di diventarne proprietario, es. se io pesco i pesci, essi diventano miei senza nessun contratto). L’acquisto avviene nelle diverse modalità che vedremo fra poco (descritte dall’art. 922 del Libro III c.c.). A TITOLO DERIVATIVO: - Successione: è un tipico esempio di “atto tra morti” (mortis causa), ed è una modalità con cui subentrano gli eredi in tutti i rapporti giuridici che appartenevano al “de cuius” (colui che è morto e che succede il bene agli eredi). Ciò avviene tramite atto testamentario. È necessario sottolineare che colui che perde il diritto è detto “dante causa” (in questo caso è anche il “de cuius”), mentre il successore è “avente causa”. La successione è un modo di acquisto a Titolo Derivativo, in quanto si verifica un trasferimento del diritto di proprietà dal soggetto A al soggetto B. - Donazione: la donazione è un “atto gratuito” tra vivi (inter vivos), ossia un contratto tra Donante e Donatario, in cui il primo manifesta la sua volontà di cedere, senza conseguire un corrispettivo, il proprio diritto su un oggetto. L’interesse di questo contratto è l’Arricchimento del donatario. A TITOLO ORIGINARIO: - Occupazione: se ad es. in campagna un individuo decide di occupare un casolare abbandonato e nessuno si oppone alla sua azione, quel casolare diventerà di sua proprietà senza contratto, senza che nessuno gli abbia ceduto il diritto, almeno finché il reale proprietario non si accorgerà dell’occupazione e rivendicherà il diritto di proprietà. - Invenzione: (da “invenire” – ritrovare) Se un oggetto la cui proprietà è sconosciuta viene ritrovato da un individuo, tale oggetto spetta per metà al ritrovatore e per metà al proprietario del suolo su cui viene rinvenuto. In ogni caso, supponendo che il proprietario sia ignoto, le cose mobili trovate devono essere consegnate al sindaco: se dopo un anno il proprietario non si presenta, vale il principio detto in precedenza. - Accessione: tutto ciò che accede a un “fondo” (terreno) diventa proprietà del proprietario di quel fondo (es. una casa costruita su un terreno) in virtù del rapporto che si è instaurato tra Soggetto e Oggetto. - Usucapione: (artt. 1158 ss c.c.) è un modo di acquisto della proprietà a titolo originario che si basa sul binomio “Possesso + Tempo = Acquisto”, ossia sul perdurare per un determinato periodo di tempo del possesso su una cosa. Qui è fondamentale soffermarsi un istante sulla differenza tra Detenzione, Possesso e Proprietà: nel caso della Detenzione, si tiene l'oggetto soltanto in custodia, non lo si può utilizzare, e ci si comporta come se il possesso (o la proprietà, nel caso in cui possesso e proprietà coincidessero con la stessa persona) fosse altrui (animus detinendi – riconoscimento della proprietà altrui); il Possesso (art. 1140 c.c.) invece è il Potere sull’Oggetto (corpus) e sull’Elemento soggettivo (animus possidendi – volontà di possedere, volontà di comportarsi come se si fosse in proprietà del bene). Tornando alla definizione di Usucapione; può accadere che un bene (mobile o immobile) abbia per anni un possessore non proprietario e un proprietario non possessore. Ciò ha una conseguenza: il proprietario, infatti, dopo un lasso di tempo può perdere il Diritto di proprietà, e quindi il possessore lo acquista. L’Usucapione, dunque, è l’acquisto della proprietà a titolo originario mediante il possesso protratto nel tempo. Affinché il possesso sia “utile ai fini dell’usucapione”, è necessario che questo abbia carattere Positivo (possesso pacifico, non equivoco, ininterrotto e durevole) e non Negativo (possesso conseguito con violenza o in modo clandestino): quindi il tempo utile per l’usucapione comincia a decorrere solo da quando sia cessata la violenza o la clandestinità. In generale, il fondamento dell’usucapione è in un’esigenza di ordine generale, che è quella di eliminare le situazioni di incertezza circa l’appartenenza dei beni. La legge che regola il tempo utile ai fini dell’usucapione stabilisce di norma 20 anni (termine Ordinario), dopo i quali il possessore diventa proprietario; è possibile tuttavia che in alcune circostanze gli anni possano diventare 10 (termine Abbreviato). - Regola “Possesso vale titolo”: (art. 1153 c.c. – “Effetti dell’acquisto del possesso”) Quando un oggetto viene alienato da un venditore che non è il proprietario, l’acquirente ne acquista ugualmente la proprietà mediante il possesso, purché sussistano le seguenti clausole; acquisto “a non domino” (cioè quando il Dominus-possessore non è il proprietario), il bene è mobile, l’acquisto avviene in buona fede (senza sapere che il venditore non sia il proprietario), mediante Titolo (contratto). In presenza dei suddetti punti, il compratore diventa legittimo proprietario, e il precedente proprietario a cui era stato sottratto il suo corpus non potrà più agire in nessun modo contro il nuovo proprietario. Se manca anche solo una delle quattro clausole (acquisto a non domino, bene mobile, buona fede, titolo), il nuovo proprietario non sarà legittimo. In ogni caso, il nuovo proprietario dovrà dimostrare, qualora fosse sottoposto in giudizio dal vecchio proprietario, l’esistenza di quei quattro punti. Secondo l’art. 1161 c.c., se nessuno rivendica la proprietà dell’oggetto acquistato, il compratore, in assenza di Titolo ma in Buona fede, acquista la proprietà dopo 10 anni di possesso ininterrotto; se il possessore è in malafede e senza titolo, l’usucapione si compie con il decorso di vent’anni. AZIONI A DIFESA DELLA PROPRIETA’: A difesa della proprietà vi sono le cosiddette “Azioni petitorie” (art. 948 c.c. ss), che sono volte a far valere un diritto reale. Le azioni petitorie sono: - Azione di rivendicazione: (art. 948 c.c.) supponendo che A sia il proprietario di un bene e B sia il ladro di quel bene, A (proprietario) può agire per rivendicare il suo diritto, cioè punta al Reimpossessamento del bene, agendo in giudizio nei confronti di B (ladro). Il proprietario può rivendicare la cosa anche se il ladro ha cessato di possedere la cosa. In tal caso, il convenuto (ladro) è obbligato a recuperarla per l’attore (proprietario) a proprie spese, o comunque a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il danno. Il proprietario, inoltre, può agire nei confronti di chiunque possegga il suo bene (nel caso in cui il ladro abbia cessato il possesso di esso), a meno che C (un terzo in possesso del bene cedutogli dal ladro) non lo abbia acquistato per Usucapione (in possesso di un titolo, in buona fede ecc.): se, infatti, C ha acquistato il bene per Usucapione, egli ne diventa il legittimo proprietario, e il precedente proprietario (A) non avrà più nessun diritto su quel bene. Bisogna comunque ricordare che l’attore (il proprietario) ha l’onere di dimostrare il suo Diritto di proprietà, per mezzo di una Prova (es. il titolo di acquisto ecc.). - Azione di mero accertamento della proprietà: è un’azione, che si usa in giudizio, volta a chi deve affermare il suo diritto di proprietà su un determinato bene. Non serve già a recuperare la cosa, ma semplicemente a rimuovere la situazione di incertezza venutasi a creare in ordine alla proprietà di essa. - Azione negatoria: (art. 949 c.c.) è concessa al proprietario di un bene al fine di ottenere l’accertamento dell’inesistenza di diritti reali vantati da terzi sul bene stesso, oltre che la condanna alla cessazione delle conseguenti molestie e turbative ed al risarcimento del danno. Il proprietario può quindi far Negare dal giudice l’esistenza del diritto che un terzo vanta su quel bene (il terzo dovrà provare e dimostrare l’esistenza del diritto che vanta). - Azione di regolamento di confini: presuppone l’incertezza del confine tra due fondi. L’azione è volta ad accertare giudizialmente il confine tra due fondi contigui ed eventualmente ad ottenere la condanna alla restituzione della striscia di terreno che dovesse risultare posseduta dal non proprietario. - Azione per apposizione di termini: presuppone la certezza del confine e serve a far apporre i segni lapidei, simboli del confine tra due fondi, che manchino o siano divenuti irriconoscibili. Vi sono poi le Azioni Possessorie, a tutela del possesso, ma ne parleremo più avanti. CAP 14. I DIRITTI REALI DI GODIMENTO: I Diritti reali su cosa altrui non costituiscono una parte del diritto di proprietà, ma una limitazione del diritto medesimo (sono infatti diritti soggettivi su una cosa che rimane di proprietà altrui). Tali diritti reali si distinguono in Diritti reali di godimento (che comprimono il potere di godimento che spetta al proprietario) e Diritti reali di garanzia (che comprimono il potere di disposizione che spetta al proprietario). Rimanendo nell’ambito dei Diritti di Godimento, essi sono la Superficie, l’Enfiteusi, l’Usufrutto, l’Uso, l’Abitazione, la Servitù prediale; LA SUPERFICIE: (art. 952 c.c.) Innanzi tutto, bisogna ricordare il principio dell’Accessione (art. 934 c.c.), secondo cui tutto ciò che è stabilmente incorporato sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario del suolo medesimo. La Superficie consiste nel diritto di costruire, al di sopra del suolo altrui, un’opera di cui il Superficiario acquista la proprietà separata da quella del suolo: la proprietà del suolo resta al concedente. Per fare un esempio, supponiamo che a un terzo interessi acquistare la proprietà di un bene costruito su un fondo avente già un proprietario: se quest’ultimo riconosce al terzo il diritto di costruire, il principio dell’accessione non avrà valore e si avranno quindi due diversi proprietari, uno del fondo (proprietarioconcedente) e uno della cosa costruita sul fondo (superficiario). Ciò significa che il proprietario del fondo può godere ora di una porzione minore di terreno (si spoglia del potere di godimento di quella porzione di terreno – Nuda proprietà: proprietà nuda della facoltà di godimento), ma maggiore rispetto all’Usufrutto, che invece limita totalmente la proprietà. Si rimanda al Principio della Elasticità del dominio. La Superficie può avere un Termine, ossia una scadenza al termine della quale la proprietà della costruzione passa gratuitamente al proprietario del suolo. Esistono comunque Modi di acquisto della superficie, e sono il Contratto (a titolo oneroso o gratuito), il Testamento e l’Usucapione. L’ENFITEUSI: (artt. 957 ss c.c.) l’Enfiteusi è una concessione, fatta dal proprietario di un fondo, che attribuisce il diritto di proprietà solo su alcuni beni ad un terzo. Tali beni possono essere ad esempio i frutti del fondo, il tesoro, le utilizzazioni del sottosuolo ecc. L’Enfiteuta può vantare tale concessione di proprietà salvo l’obbligo di migliorare il fondo e di pagare al concedente un canone periodico (art. 960 c.c.). Il proprietario del fondo ha quindi una limitazione sia del diritto di godimento e sia del diritto di disposizione. L’Enfiteusi può essere continua (perpetua) o a tempo, ma in ogni caso non può avere durata inferiore a 20 anni, altrimenti nessuno sarebbe invogliato ad assumere l’obbligo del miglioramento. L’USUFRUTTO: L’Usufrutto (artt. 978 ss c.c.) consiste nel diritto di godere della cosa altrui con l’obbligo di rispettarne la destinazione economica (es. abitazione). Il proprietario, di norma, ha due facoltà (art. 832 c.c.), quella di “Godere della cosa” e quella di “Disporre della cosa”. Se il proprietario si spoglia della facoltà di Godere (Nuda proprietà) si ha l’Usufrutto, che nasce attraverso contratto/testamento/usucapione/provvedimento giudiziario per il quale un terzo diventa Usufruttuario del bene, quindi anche possessore (art. 982 c.c.), ma non proprietario. È un contratto che ha funzione “derivativa – costitutiva”, ossia il diritto deriva dal proprietario ed è un diritto riconosciuto dalla legge. L’usufrutto può avere fonte legale, volontaria e per usucapione, ed ha necessariamente durata temporanea, altrimenti la proprietà del concedente gli sarebbe definitivamente sottratta: l’estinzione dell’usufrutto si verifica per scadenza del termine o morte dell’usufruttuario, per abuso del diritto dell’usufruttuario, e in ogni caso l’usufrutto non può superare i 30 anni. Oggetto di usufrutto può essere qualunque specie di bene, mobile o immobile, con esclusione dei soli beni consumabili (es. cibo), poiché non potrebbero essere restituiti al proprietario. All’usufruttuario competono diritti e doveri: - Diritti: il potere di godimento sul bene, il possesso, l’acquisto dei frutti naturali e civili della cosa, il potere di disposizione del diritto di usufrutto (cioè non può cedere la proprietà, che non gli appartiene, ma può concedere il proprio diritto di usufrutto ad altri), il potere di disposizione del godimento del bene (l’usufruttuario può concedere la cosa in godimento a terzi – es. in comodato). - Doveri: gli obblighi dell’usufruttuario si ricollegano al dovere fondamentale di restituire la cosa al termine del suo diritto. L’usufruttuario è inoltre tenuto a non modificare la destinazione del bene, a farsi carico delle spese di amministrazione e manutenzione ordinaria, delle imposte ecc. L’USO E L’ABITAZIONE: L’Uso e l’Abitazione sono tipi limitati di usufrutto. L’Uso consiste nel diritto di servirsi di un bene e di raccoglierne i frutti limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia. L’Abitazione invece consiste nel diritto di abitare una cosa limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia. I due diritti si distinguono perciò dall’usufrutto sotto l’aspetto quantitativo, e anche per il fatto che tali diritti non si possono cedere, a differenza dell’usufrutto. LE SERVITU’ PREDIALI: La servitù prediale (artt. 1027 ss c.c.), dal latino “Praedium” (terreno), consiste nel peso imposto su un fondo per l’utilità di un altro fondo, appartenente a diverso proprietario. Il fondo su cui è posto il peso è detto “Fondo servente”, mentre il fondo che gode dell’utilità è detto “Fondo dominante” il fondo dominante si avvantaggia della limitazione che subisce quello servente. È chiaro quindi che la Servitù evoca un rapporto tra i due fondi, i quali appartengono a due proprietari diversi. Un classico esempio è il seguente: si suppone che vi siano due terreni contigui (uno dietro all’altro), uno dei quali si affaccia direttamente sulla strada, mentre il secondo non ha accesso diretto ad essa (terreno intercluso). Come fa il proprietario del terreno che non ha accesso diretto alla strada, a giungere ad essa? Vedremo, di seguito, come il proprietario del fondo dominante (senza accesso alla strada) dovrà agire affinché il proprietario del fondo servente (con accesso alla strada) conceda un “passaggio di servitù”. Innanzi tutto, è necessario indicare i tre principi fondamentali su cui si basa la Servitù: 1) Servitus in faciendo consistere nequit: la servitù può imporre al proprietario del fondo servente un dovere negativo di “non fare” o di “pati”, cioè che il servente deve sopportare che il proprietario del fondo dominante passi sul suo fondo. 2) Nemini res sua servit: i fondi devono appartenere a proprietari diversi. 3) Praedia vicina esse debent: i fondi devono trovarsi in una situazione topografica tale che l’uno (fondo servente) possa arrecare utilità all’altro (fondo dominante). Le Servitù prediali possono avvenire, secondo l’art. 1031 c.c., per Volontà dell’uomo, per Obbligo di legge, per Usucapione, per Destinazione del padre di famiglia: - Servitù volontarie: avvengono mediante la conclusione di un contratto tra i due proprietari. In particolare, il proprietario del fondo dominante conclude un contratto con il proprietario del fondo su cui vorrebbe acquistare la servitù. Questa può essere costituita anche per testamento. - Servitù coattive o legali: (art. 1033 e 1051 c.c.) In alcuni casi, la legge attribuisce al proprietario del fondo dominante il Diritto potestativo di ottenere l’imposizione della servitù sul fondo servente (es. la servitù di passaggio sul fondo altrui per accedere alla via pubblica). In contropartita del sacrificio che subisce, il proprietario del fondo servente ha diritto ad un’Indennità. Si chiama dunque “Servitù coattiva” proprio perché viene Imposta dalla legge (dal giudice) al proprietario del fondo servente; per ottenere la servitù, la legge prevede la presenza di un Contratto nel caso in cui l’altro proprietario acconsenta a riconoscere il diritto, altrimenti prevede che il proprietario del fondo dominante si rivolga al giudice, che con una sentenza costitutiva farà nascere la servitù. Le figure più importanti di servitù legali previste dalla legge sono l’Acquedotto coattivo ed il passaggio coattivo di Linee telefoniche. - Servitù per Usucapione: sono delle servitù “apparenti”, ossia quelle per il cui esercizio sussistono delle opere visibili e permanenti, come un sentiero sul fondo servente. Il requisito dell'apparenza richiesto ai fini dell'usucapione si configura come presenza di segni visibili di opere di natura permanente, obiettivamente destinate al suo esercizio e che rivelino in maniera non equivoca l'esistenza del peso gravante sul fondo servente. - Servitù per Destinazione del padre di famiglia: (art. 1062 c.c.) è una situazione in cui vi sono due terreni di proprietà dello stesso soggetto, uno dei quali viene successivamente venduto a un nuovo proprietario, il quale si lega automaticamente ad un “vincolo di servitù”. ESTINZIONE DELLA SERVITU’: Le servitù si estinguono per Rinuncia da parte del titolare (fatta per iscritto), per Scadenza del termine, per Acquisto del fondo servente da parte del dominante o viceversa, per Prescrizione estintiva ventennale. Cap 15. LA COMUNIONE E IL CONDOMINIO: Un diritto soggettivo può appartenere a più persone, le quali sono tutte contitolari del medesimo e unico diritto (es. due figli ereditano un appartamento dal padre). Il fenomeno della Contitolarità (art. 1100 ss c.c.), quando ha ad oggetto un diritto reale, prende il nome di “Comunione pro indiviso” (o Comproprietà). È chiaro che il diritto di ciascuno dei contitolari investe l’intero bene, anche se l’esercizio di tale diritto trovi necessariamente un limite dovuto all’esistenza dell’egual diritto degli altri compartecipi. A ciascuno dei contitolari spetta, quindi, una quota ideale sull’intero bene. COMUNIONE E SOCIETA’: La Comunione si distingue dalla Società per il fatto che, mentre i compartecipi alla comunione si limitano ad esercitare in comune il godimento di un determinato bene, i compartecipi alla società esercitano in comune un’attività economica volta alla produzione e allo scambio di beni e servizi. Si ha una Comunione di bene produttivo quando i compartecipi non utilizzano il bene poiché lo concedono in godimento a terzi (es. l’affitto dell’appartamento ereditato dai due figli), limitandosi a raccoglierne i frutti naturali (tale attività non si qualifica come di “impresa”). La Comunione può costituirsi come Volontaria (accordo tra i futuri contitolari), Incidentale (senza un atto dei futuri contitolari), Forzosa (quando scaturisce dall’esercizio di un diritto potestativo da parte di uno dei futuri contitolari). POTERI DEL COMPROPRIETARIO: Per quel che riguarda il potere di godimento, ciascuno dei contitolari può servirsi della cosa comune (uso collettivo della cosa comune), a condizione che non ne alteri la destinazione, non impedisca agli altri di parimenti utilizzarla in proporzione al diritto di ciascuno. Le parti possono poi concordare una divisione del godimento del bene comune nello spazio e/o nel tempo. Ciascuno dei contitolari, inoltre, ha diritto di percepire i frutti della cosa in proporzione della rispettiva quota, pur dovendo partecipare in egual misura alle spese per la sua gestione, al pagamento delle imposte ecc. Per quel che riguarda invece il potere di disposizione, ciascun comproprietario può disporre della propria quota, alienandola, costituendola in usufrutto, ipotecandola, ma no può disporre della quota altrui e né dell’intero che non gli compete. Per quanto riguarda gli atti di alienazione della cosa comune nella sua totalità, è necessario il consenso di tutti i contitolari. L’AMMINISTRAZIONE DELLA COSA COMUNE: Ciascuno dei compartecipi ha diritto di concorrere all’Amministrazione. Tuttavia, qualora essi siano molte persone, sarebbe molto difficile mettersi d’accordo; perciò, il codice prevede che l’amministrazione della cosa comune avvenga tramite deliberazioni adottate a maggioranza, che si calcola in base al valore delle rispettive quote. Per gli atti di Ordinaria amministrazione (conservazione, normale utilizzazione ecc.) serve il consenso di tanti comproprietari le cui quote rappresentino più della metà del valore complessivo della cosa comune; per gli atti di Straordinaria amministrazione occorre il consenso di tanti comproprietari le cui quote rappresentino almeno i due terzi del valore complessivo della cosa comune; per le Innovazioni dirette al miglioramento della cosa occorre parimenti il consenso di tanti comproprietari le cui quote rappresentino almeno i due terzi del valore complessivo della cosa comune. Le spese gravano in ogni caso su ciascun compartecipe alla comunione, in proporzione della rispettiva quota. IL CONDOMINIO: Il Condominio si ha quando in un medesimo stabile coesistono più porzioni immobiliari di proprietà esclusiva di singoli condòmini, e parti comuni connesse al complesso delle prime (es. il suolo su cui sorge l’edificio, le scale ecc.). Il singolo condomino può far uso delle parti comuni purché non ne alteri la destinazione, non impedisca agli altri di farne uso; deve contribuire in misura proporzionale alla propria quota, alle spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune. Organi del condominio sono l’Assemblea e l’Amministratore: l’Assemblea ha competenza nell’adozione del regolamento condominiale, la nomina dell’amministratore, l’approvazione del preventivo delle spese, la decisione in ordine alle opere di manutenzione straordinaria e le innovazioni, mentre l’Amministratore (nominato dall’assemblea) dura in carica un anno e deve eseguire le deliberazioni dell’assemblea, curare l’osservanza del regolamento, disciplinare l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi, riscuotere i contributi ecc. L’Amministratore ha la rappresentanza del condominio e può agire in giudizio sia contro i condòmini, sia contro i terzi. CAP 16. IL POSSESSO: Può accadere che il proprietario di un bene non sia in grado di esercitare i poteri riconosciutigli dalla legge (es. se mi rubano l’auto, non sono in grado né di goderne né di disporne), così come può accadere che un soggetto, pur non avendo il diritto di proprietà su un bene, si comporti come se lo avesse (il ladro gode e dispone della mia auto come se fosse il proprietario). In questo caso, giuridicamente, il ladro è il possessore, e detiene determinati vantaggi (e non diritti!), come la tutela possessoria, l’acquisto della proprietà per usucapione (o per la regola Possesso vale titolo), la posizione di convenuto nell’azione di rivendica. È necessario però fare distinzione tra “ius possessionis” e “ius possidendi”: il primo designa l’insieme dei vantaggi che il possesso genera a favore del possessore, mentre il secondo designa la situazione di chi ha effettivamente diritto a possedere il bene (il ladro ha lo ius possessionis, mentre il proprietario ha lo ius possidendi). È necessario ricordare che il possesso Non è un diritto, bensì una situazione di fatto che produce effetti giuridici. Oggetto del possesso sono i beni materiali, ossia tutto ciò di cui si può acquistare la proprietà. – si veda anche l’Usucapione I TIPI DI POSSESSO: (art. 1140 c.c.) Il codice attribuisce diversa rilevanza a seconda delle distinte situazioni possessorie, le quali sono il Possesso pieno, la Detenzione, il Possesso mediato: - Possesso pieno: è caratterizzato dal concorso di due elementi costitutivi, uno oggettivo (corpus) e l’altro soggettivo (animus possidendi), consistente nella volontà del soggetto di comportarsi come proprietario ad esclusione di qualsiasi altro. - Detenzione: si attiene agli stessi principi del possesso pieno, solo che invece di Animus possidendi ha l’Animus detinendi, ossia l’elemento soggettivo che consiste nella volontà del soggetto di godere e disporre del bene (Corpus), ma stavolta nel rispetto dei diritti che riconosce spettare agli altri (es. l’inquilino che riconosce che l’appartamento è del proprietario). - Possesso mediato: è caratterizzato dal solo elemento soggettivo (animus possidendi), mentre la disponibilità materiale del bene compete al detentore (es. colui che si comporta come proprietario dell’unità immobiliare concessa in locazione ad un inquilino, sebbene la materiale disponibilità della stessa sia dell’inquilino. LE QUALIFICAZIONI DEL POSSESSO: Il possesso si distingue in: - Legittimo: si ha quando il potere di godere e disporre del bene è esercitato dall’effettivo titolare del diritto di proprietà. In tal caso, la situazione di fatto coincide con quella di diritto. - Illegittimo: si ha quando il potere di godere e disporre del bene è esercitato da una persona diversa dall’effettivo titolare del diritto di proprietà. Tuttavia, il possesso illegittimo può essere di “Buona fede”, quando il possessore ha acquisito la materiale disponibilità del bene non sapendo di ledere un diritto altrui (es. compro un cellulare non sapendo che questo sia stato rubato) o di “Mala fede”, che si ha quando il possessore ha acquisito la materiale disponibilità del bene conoscendo il difetto del proprio titolo d’acquisto (alla mala fede si può aggiungere la Violenza e la Clandestinità). L’ACQUISTO E LA PERDITA DEL POSSESSO: L’Acquisto del possesso può avvenire a Titolo originario (cioè il Corpus non apparteneva a nessuno prima, si pensi ad es. al pescatore, il quale si impossessa dei pesci che ha pescato e ne diventa anche proprietario, a titolo originario) o a Titolo derivativo (consegna materiale del bene da parte del precedente al nuovo possessore). - si veda il cap. 13 - La perdita del possesso, invece, si verifica per venir meno di uno o di entrambi gli elementi del possesso, cioè il Corpus e/o l’Animus possidendi: se cedo il bene ad altri, vengono meno entrambi, mentre se qualcuno si impossessa del bene senza la mia volontà viene meno solo il Corpus. Il possesso, poi, alla morte del possessore, continua in capo al suo successore (erede). Se il defunto era in buona fede, si considera in buona fede anche l’erede, e viceversa. a) REGOLA “POSSESSO VALE TITOLO”: - si veda il cap. 13 - (art. 1153 c.c. – “Effetti dell’acquisto del possesso”) Quando un oggetto viene alienato da un venditore che non è il proprietario, l’acquirente ne acquista ugualmente la proprietà mediante il possesso, purché sussistano le seguenti clausole; acquisto “a non domino” (cioè quando il Dominus-possessore non è il proprietario), il bene è mobile, l’acquisto avviene in buona fede (senza sapere che il venditore non sia il proprietario), mediante Titolo (contratto). In presenza dei suddetti punti, il compratore diventa legittimo proprietario, e il precedente proprietario a cui era stato sottratto il suo corpus non potrà più agire in nessun modo contro il nuovo proprietario. Se manca anche solo una delle quattro clausole (acquisto a non domino, bene mobile, buona fede, titolo), il nuovo proprietario non sarà legittimo. In ogni caso, il nuovo proprietario dovrà dimostrare, qualora fosse sottoposto in giudizio dal vecchio proprietario, l’esistenza di quei quattro punti. Secondo l’art. 1161 c.c., se nessuno rivendica la proprietà dell’oggetto acquistato, il compratore, in assenza di Titolo ma in Buona fede, acquista la proprietà dopo 10 anni di possesso ininterrotto; se il possessore è in malafede e senza titolo, l’usucapione si compie con il decorso di vent’anni. b) USUCAPIONE: (artt. 1158 ss C.c.) è un modo di acquisto della proprietà a titolo originario che si basa sul binomio “Possesso + Tempo = Acquisto”; il possesso protratto per un certo lasso di tempo fa acquisire al possessore la titolarità del diritto reale (proprietà, usufrutto, enfiteusi ecc.). Può accadere che un bene (mobile o immobile) abbia per anni un possessore non proprietario e un proprietario non possessore. Ciò ha una conseguenza: il proprietario, infatti, dopo un lasso di tempo può perdere il Diritto di proprietà, e quindi il possessore lo acquista. L’Usucapione, quindi, è l’acquisto della proprietà a titolo originario mediante il possesso protratto nel tempo. Affinché il possesso sia “utile ai fini dell’usucapione”, è necessario che questo abbia carattere Positivo (possesso pacifico, non equivoco, ininterrotto e durevole) e non Negativo (possesso conseguito con violenza o in modo clandestino): quindi il tempo utile per l’usucapione comincia a decorrere solo da quando sia cessata la violenza o la clandestinità, e soprattutto solo se si è verificata la continuità del possesso per un certo lasso di tempo. In generale, il fondamento dell’usucapione sta nell’esigenza di eliminare le situazioni di incertezza circa l’appartenenza dei beni. La legge che regola il tempo utile ai fini dell’usucapione stabilisce di norma 20 anni (termine Ordinario), dopo i quali il possessore diventa proprietario; è possibile tuttavia che in alcune circostanze (quando il possessore vanta un titolo idoneo, un acquisto in buona fede, ecc.) gli anni possano diventare 10 per i beni immobili e 3 per i beni mobili (termine Abbreviato). E’ fondamentale non confondersi tra Detenzione, Possesso e Proprietà (nel caso della Detenzione, si tiene l'oggetto soltanto in custodia, non lo si può utilizzare, e ci si comporta come se il possesso fosse altrui – “animus detinendi”: riconoscimento della proprietà altrui). Infatti, ricordiamo che il Possesso (art. 1140 c.c.) è il Potere sull’Oggetto (corpus) e sull’Elemento soggettivo (animus possidendi – volontà di possedere, volontà di comportarsi come se si fosse in proprietà del bene). LE AZIONI POSSESSORIE: Contro un terzo che abbia intenzione di privarmi del mio possesso io posso oppormi, in via di autodifesa, finché l’altrui azione illecita è in atto (nei limiti della legittima difesa). Se invece l’azione che si è risolta nella privazione del possesso si è esaurita, al possessore non resta che rivolgersi all’Autorità dello Stato attraverso le “Azioni Possessorie”. Tali Azioni possessorie si contrappongono alle Azioni petitorie (già viste al cap. 13), le quali potevano essere fatte valere solo da chi si affermasse titolare del diritto di proprietà. Le azioni possessorie, dunque, assicurano una tutela di carattere provvisorio, in quanto successivamente si potrà avere un giudizio petitorio. Sono due: l’Azione di Reintegrazione e l’Azione di Manutenzione: - Azione di Reintegrazione: (art. 1168 ss c.c.) chi è stato violentemente spogliato dal possesso può, entro un anno, chiedere contro l’autore dello spoglio la reintegrazione del possesso medesimo. L’azione di reintegrazione può essere attuata solo quando lo spoglio risulti accompagnato dall’intenzione del suo autore di privare il possessore della disponibilità del bene (animus spoliandi). La legittimazione attiva ad esercitare l’azione di reintegrazione spetta a qualsiasi possessore, sia esso legittimo o illegittimo, di buona o di mala fede; spetta anche al detentore qualificato (es. il responsabile del deposito bagagli può sfruttare l’azione di reintegrazione per riottenere la valigia rubata). L’azione è soggetta ad un termine di decadenza di un anno,che decorre dal sofferto spoglio. - Azione di Manutenzione: (art. 1170 c.c.) nel caso in cui lo spoglio non sia stato né violento né clandestino, chi l’abbia subito può reagire con l’azione di manutenzione, che può quindi far cessare le molestie o le turbative di cui sia stato vittima il possessore. La legittimazione attiva a sfruttare l’azione di manutenzione stavolta spetta soltanto al possessore, e non al detentore, mentre la legittimazione passiva compete oltre che all’autore dello spoglio (non violento e non clandestino), anche a coloro che devono rispondere del fatto di quest’ultimo. Anche l’azione di manutenzione è soggetta al termine di decadenza di un anno, che decorre dall’avvenuto spoglio. - Azioni di nuova opera e di danno temuto: sono delle azioni di denuncia che possono essere esercitate sia a tutela del possesso sia a tutela della proprietà o di altro diritto reale di godimento. Hanno finalità tipicamente di natura cautelare e mirano a prevenire un danno che può derivare da una nuova opera o dalla cosa altrui. La “Denuncia di nuova opera” spetta al proprietario, al titolare di un diritto reale di godimento o al possessore che abbia ragione di temere che da una nuova opera (es. costruzione, scavi), iniziata da meno di un anno e non terminata, stia per arrecare danno alla cosa che forma oggetto del suo diritto o del suo possesso. Il giudice potrà così prendere in considerazione la denuncia e vietare/permettere la continuazione dell’opera. La “Denuncia di danno temuto” è data agli stessi soggetti sopra descritti, nel caso in cui vi sia pericolo di un danno grave e prossimo derivante da qualsiasi cosa (edificio, albero ecc.), senza che ricorra l’ipotesi di una nuova opera. CAP 17. IL RAPPORTO OBBLIGATORIO: OBBLIGAZIONE CIVILE: Con il termine “Obbligazione” (Libro IV c.c. – art. 1173 ss c.c.) si intende il Rapporto tra due soggetti (passivo-debitore, attivo-creditore) in forza del quale il primo è tenuto, nei confronti del secondo, ad una determinata “Prestazione”, la quale deve essere Patrimoniale (suscettibile di valutazione economica) e deve corrispondere a un Interesse del creditore (patrimoniale e non). Il debitore è gravato da un dovere (obbligo) e il creditore è in possesso di un diritto relativo rispetto al debitore; al debitore fa capo una determinata obbligazione (di consegnare il bene), mentre al creditore fa capo il diritto di credito. Il dovere del debitore è di “cooperazione/collaborazione” (deve “dare”, “fare”, “non fare”): il creditore, infatti, ha bisogno dell’indispensabile cooperazione del debitore. La giuridicità del vincolo del debitore è sanzionata con una “Responsabilità patrimoniale” (art. 2740 c.c.), ossia il debitore risponde dell’inadempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri; vale a dire che il creditore, se non viene soddisfatto dal debitore (Adempimento all’obbligazione esecuzione della prestazione dovuta), può invocare misure coercitive sul patrimonio dell’obbligato (estinzione dell’obbligazione). Le obbligazioni, secondo l’art. 1173 c.c., possono sorgere da Contratto (la forma più importante e ricorrente di obbligazione), da Fatto illecito, e da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico. PRESTAZIONE: La prestazione cui è tenuto il debitore deve essere suscettibile di valutazione economica e rispondere ad un Interesse del creditore. Le obbligazioni, di conseguenza, si distinguono a seconda che la stessa consista in un Dare, cioè nel trasferimento del diritto su un bene, ossia nella consegna di un bene; in un Facere, cioè nel compimento di un’attività materiale; in un Non facere, cioè nell’osservanza di una condotta omissiva consistente in non dare/fare. La prestazione, infine, si distingue in Fungibile (se al creditore non interessa il modo in cui viene fatta) e Infungibile. Quando le obbligazioni hanno ad oggetto un’unica prestazione sono dette Semplici, mentre sono dette Alternative quelle obbligazioni che hanno ad oggetto due o più prestazioni; vi sono poi le obbligazioni Facoltative, che hanno ad oggetto una sola prestazione, ma il debitore ha facoltà di liberarsi eseguendone un’altra. OBBLIGAZIONE PECUNIARIA: La più ricorrente tra le obbligazioni civili è l’Obbligazione Pecuniaria, disciplinata dagli articoli 1277 ss c.c.: innanzi tutto, i debiti pecuniari si estinguono per mezzo del pagamento con moneta (per il suo valore nominale – Principio nominalistico

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