Gli Strumenti Professionali PDF
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This document discusses the importance of professional tools for social workers. It examines various tools, including written instruments (documentation, reports, case files), and provides examples of how they can be used. The document highlights the importance of documentation and organization in the social work field.
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Gli Strumenti Professionali Perché avere degli strumenti professionali è importante? Esempio: Un meccanico, si trova nella sua officina, davanti a sé ha una macchina che non vuole sapere di partire, il suo obiettivo?... Riparare l’automobile! Di cosa ha bisogno? della sua scatola degli attrezzi,...
Gli Strumenti Professionali Perché avere degli strumenti professionali è importante? Esempio: Un meccanico, si trova nella sua officina, davanti a sé ha una macchina che non vuole sapere di partire, il suo obiettivo?... Riparare l’automobile! Di cosa ha bisogno? della sua scatola degli attrezzi, tipici della sua professione … maggiori sono gli strumenti maggiori sono le possibilità di raggiungere l’obiettivo, meglio conoscerà gli strumenti prima raggiungerà all’obiettivo. Qual è l’obiettivo dell’assistente sociale? Attivare e stimolare il cambiamento della persona... E in che modo? L’assistente sociale attraverso gli strumenti tipici della sua professione riesce a raggiungere gli obiettivi del cambiamento e di auto della singola persona, della collettività e dell’Ente per il quale opera. La conoscenza degli strumenti rende: l’operatore sicuro ed autonomo nella gestione del suo lavoro; trasmette autorevolezza e professionalità; Non avrà paura, non si difenderà dal sistema burocratico e tempi emergenziali; ma camminerà insieme alla persona per raggiungere il cambiamento; Alcuni strumenti sono stati ereditati dalle discipline: - Psico-sociali come il colloquio e il genogramma - Aziendali ed economiche come il verbale, la documentazione, i bilanci, la programmazione - Altre sono tipiche della nostra professione come la visita domiciliare Gli strumenti professionali spesso risentono: di modalità organizzative e metodologiche diverse; di tecniche diverse rispetto ai modelli teorici tipici del Servizio sociale; dei destinatari come, ad esempio, il lavoro: sul singolo individuo, sul sistema gruppo-famiglia ed ancora sulla comunità. Grazie alla caratteristica ‘evolutiva’ delle scienze umane si sono fatti grandi passi in avanti ed il servizio sociale professionale ha acquisito sempre di più qualità ed efficacia. Si elencano alcuni modelli: ✓ Modello centrato sulla soluzione del problema “problem solving” (anni ’40-60’) Perlman ✓ Modello psico Sociale di Hollis (anni ’30-60’) ✓ Modello comportamentale Sheldon (anni ’70’) ✓ Modello centrato sul compito Epestein (anni ’70’) ✓ Modello esistenziale ed unitario Gordon (anni ’70’) ✓ Modello integrato Pincus e Minahan (anni ’70’) ✓ Modello di rete- sistemico Selvini Palazzoli (anni ’70-90’) ✓ Modello concentrato sulla resilienza (anni ’70-90’) Nello specifico possiamo suddividere gli strumenti in tre sottoinsiemi: 1) Gli strumenti scritti che fanno parte dell’archivio sociale: - La documentazione → Nella documentazione confluiscono tutti i documenti SCRITTI, INFORMATICI, DIGITALI che riguardano: la persona, l’ente, l’équipe, la collettività. Essa è importante per avere un quadro generale della situazione della persona implicata nella relazione. A cosa serve la documentazione? ✓ tiene traccia di tutto il lavoro svolto a garanzia della persona, dell’operatore e dell’ente; ✓ agevola l’organizzazione del lavoro e delle idee e compiti; ✓ facilità la memorizzazione di contatti, problemi, avvenimenti; ✓ permette di trasmettere le informazioni di conoscenza dei singoli casi, del lavoro svolto con colleghi e operatori autorizzati; ✓ autorevolezza professionale e carico di lavoro. Si può distinguere la documentazione in due sottogruppi: 1 Andata = tutti i materiali scritti prodotti dall’assistente sociale (relazioni, cartella sociale, lettere. verbali, programmi di intervento, report, articoli, conferenze) e trasmessi ad altri 2 Ritorno = documenti ricevuti da: Organi dirigenziali e di autorità (decreti delibere disposizioni di servizio, ordinanze, contratti), Utenti (Istanze /richieste) da operatori di altri enti. La documentazione può essere: 1 Interna = tutti i materiali scritti prodotti nello stesso ente 2 Esterna = tutti i materiali scritti inviati fuori dall’ente di appartenenza. Accesso alla documentazione della Pubblica Amministrazione Legge sulla “Trasparenza” n. 241/90 Art.22 “è considerato documento amministrativo ogni rappresentazione scritta, grafica, digitale, interna ed esterna, utilizzata ai fini amministrativi” (Relazioni, Delibere, Ordinanze, Determine, Bilanci, Valutazioni e Certificati, Autorizzazioni). Art.10 … “tutti i cittadini hanno diritto a prendere visione degli atti ma solo con una giusta motivazione e prodotta una richiesta scritta”. (la P.A. ha facoltà di differimento nel caso di lesioni a terzi sul diritto di riservatezza e tutela dei dati personali, o per impedimento o ancora per grave ostacolo ad un provvedimento amministrativo es. Ordinanza per un T.S.O., contributi indigenti, vincitori di assegni di cura e di borse lavoro). Limiti della legge Tutela della privacy e dati personali D.lgs. 196/2003 e gli art. 9 e 10 del Regolamento UE n. 679/2016 (Dicitura da indicare sotto i curriculum, relazioni interne) Importante è far firmare un consenso informato ad esempio per istanze, richieste ecc. e accesso al servizio. Ovviamente i dati personali sono utilizzati solo per fini istituzionali, da questo divieto sono esclusi gli enti economici (es. Agenzie delle entrate, Isee) - Il verbale → È uno strumento indispensabile puramente a carattere descrittivo e importante soprattutto per casi complicati e per riunioni interne ed esterne nel contesto lavorativo. Perché usare il verbale? È una memoria dei contenuti, delle decisioni, degli accordi e delle soluzioni prese in una riunione o durante un colloquio o in incontri istituzionali. Il verbale può essere utilizzato in riunioni lavorative, riunioni di equipe, assemblee pubbliche, assemblee sindacali, durante incontri con la famiglia, con il singolo o in una visita domiciliare. Come può essere? Il verbale può essere redatto in forma fedele o sintetica. Al verbale sono allegati tutti i documenti salvo casi di rispetto della privacy e del segreto professionale, ci si attiene agli argomenti all’ordine del giorno. Se la riunione non è puramente informativa, ma operativa il verbale deve concludersi, oltre che con la decisione o con un’ipotesi circa la data, la sede, l’ora, ed i contenuti della prossima riunione, con la specifica dei compiti che ognuno si impegna a svolgere per il proseguimento dell’attività. Informazioni essenziali nel verbale: Orario di inizio e fine; Luogo dove si svolge; Richiamo della convocazione e motivo della convocazione- oggetto; Presenti; Contenuti semplici; Proposte e soluzioni; Decisioni prese; Lettura e approvazione del verbale. Tecniche per la stesura di un verbale Scrivere in maniera chiara; Linguaggio semplice e concreto; Scrivere rapidamente e con abbreviazioni; Preparare una minuta e trascriverla con il Commentato : significa: prima stesura provvisoria di uno scritto che puo essere corretta prima di essere computer qualora non sia possibile usarlo in maniera immediata; Rimanere trascritta. oggettivi e non far trasparire il proprio pensiero; Utilizzare un solo tempo ad esempio il Presente; Documento ordinato evitando un muro di parole, ma andando a capo per ogni cambiamento di argomento; Individuare parole chiavi; Sintesi; Utilizzare formato paragrafo giustificato, carattere 12, Times New Roman oppure Arial; Rileggere il verbale e ripetere le decisioni prese dopo averle trascritte per avere la certezza di aver riportato il contenuto giusto; Prendere le firme dei presenti con indirizzi email ed inviarlo a tutti i presenti. - La cartella sociale → È il fascicolo dove confluiscono tutte le informazioni necessarie alla valutazione e alla storia dell’utente; È il principale strumento informativo e gestionale del Servizio Sociale, dà metodo ed evita di omettere fasi e compiti; È alla base dell’archivio sociale ed è organizzato in maniera funzionale rispetto al settore e all’ente lavorativo. (Comuni, Asrem); Deve essere leggibile non solo per chi ha inserito i dati ma anche per chi è legittimato a leggerla per consultarla e utilizzarla (es. la sostituzione momentanea da parte di un collega); È un mezzo per controllare e monitorare l’evoluzione dei bisogni e dei risultati conseguiti per il cambiamento. La cartella sociale si divide in due parti: 1 Raccolta di informazioni: i dati personali (anagrafici, familiari, contesto abitativo e ruoli). 2 Riveste in dettaglio le fasi del processo di aiuto: la valutazione, la richiesta e l’individuazione del bisogno e delle risorse; il diario cronologico, le registrazioni dei colloqui; il progetto di intervento; le verifiche. La cartella sociale contiene: Tutti i documenti utili ad individuare la storia dell’utente, ISEE, certificati di invalidità, relazioni, verbali di equipe, disegni, immagini, documenti di riconoscimento. Aspetti relativi al contesto emotivo della relazione utente -ass. sociale mentre sono da evitare le emozioni personali, i pregiudizi e le interpretazioni personali, i dati devono essere oggettivi. Consenso informato dell’utente. Come può essere? La cartella può essere anche tematica per un’organizzazione più funzionale e diretta (es. per famiglie che richiedono un servizio o producono istanza per avvisi regionali e comunali o per richiesta di servizi domiciliari). La cartella può essere anche digitale ed informatizzata (molte Regioni utilizzano dei software che i vari Enti devono utilizzare anche per rivelare i bisogni emergenti e il numero di destinatari degli interventi). Da chi può essere registrata? Può essere aperta anche con un primo accesso al servizio attraverso la Porta Unica di Accesso (PUA) il segretariato sociale e poi trasmessa all’operatore Commentato : luogo dove si prende in carico una persona con tutti i suoi bisogni sociali e sanitari e si per la presa in carico. realizza l' integrazione sociosanitaria Ogni operatore dell’equipe coinvolto nella presa in carico può aggiornarla. - Il diario → è lo strumento che l’assistente sociale utilizza ogni giorno in quanto al proprio interno registra ogni intervento che viene svolto. Esso permette il mantenimento della memoria storica dell’operatore. Esso leggendolo riesce a fare sintesi di tutto il processo decisionale. - Le relazioni → la relazione sociale è uno strumento che fa parte della documentazione e dell’archivio sociale; destinato a far circolare informazioni. La relazione può essere utilizzata per: Aprire un nuovo caso; un’indagine psico-socio-familiare; Un aggiornamento; Verifica e controllo; La relazione è condizionata: dallo scopo dell’operatore (Per una segnalazione?); dal contesto a cui appartiene l’Assistente Sociale ( AsreM o Comune); intervento per l’utente (T.S.O. o Emergenza abitativa); destinatario (Autorirà Giudiziaria o Responsabile, altro servizio). Prototipo di relazione Logo (ufficialità dell’ente), carta intestata (a tutela del servizio per cui si lavora), protocollo n°_ del _ (ogni atto deve essere registrato), al _ (l’intestazione che deve contenere l’email), contiene dati sensibili (da specificare per tutelare informazioni), l’oggetto (numero e data del procedimento, cognomi e indirizzo persone interessate), riscontro (si inizia relazione a seguito di una richiesta fatta da ente, servizio particolare) e va specificata la data (per via dei 30 giorni di limite perché se superati viene avanzata una diffida e poi documentare i responsabili per un possibile ritardo di invio), luogo e data, firma. Schema tipo per redigere una relazione sociale ° Dati del contesto (nucleo familiare anagrafico) -- il maiuscolo aiuta a capire il cognome e l’indicazione del legame di parentela aiuta a capire come è composto il nucleo. Poi si aggiungono altre persone significative. Altri servizi specialistici coinvolti. Riferimento o riscontri di procedimenti e richieste.; ° Scopo della valutazione (per un allontanamento, per la richiesta di un AdS, per un intervento economico) -- Perché si sta facendo la valutazione sociale? Cosa si sta valutando? Chi chiede di farsi aiutare? ° Descrizione di come si è svolta l’indagine (domiciliare, colloqui) -- quali interventi o strumenti sono stati messi in atto? Quali soggetti sono stati coinvolti? Quando? ° Descrizione della situazione – abitativa (tipologia, ubicazione, accessibilità, servizi igienici, riscaldamento), sanitaria (grado di autosufficienza, patologie), scolastica (obbligo scolastico), economica (isee, difficoltà nella gestione del denaro), lavorativa (dove, quando, mansioni); ° Valutazione -- cosa si deve valutare? Quali sono i fattori di inclusione ed esclusione? Quali i fattori di rischio o protezione? Es. Di fattori di esclusione (Inabilità professionali (assenza di competenze per avere un lavoro dignitoso), Inabilità fisiche e/o mentali (disabilità anche temporanee), Inabilità del sistema famiglia e dei familiari, Inabilità sociali (assenza di reti, di accesso alle informazioni), Inabilità culturali, Occupazioni precarie, saltuarie, occasionali, Difficoltà di collocamento/ri-collocamento lavorativo. Es. Di fattori di rischio (conseguenze emergenti disagio minore quali difficoltà di accedere alle cure sanitarie, abusi e violenza domestica, atti illeciti o di grave devianza, conflitti familiari, irregolarità frequenza scolastica o interruzione, problematiche relazionali e comportamentali, dipendenze, difficoltà di apprendimento (BES, DSA) abbandono/trascuratezza scarsa cura di Sé, prostituzione /pedopornografia) (conseguenze emergenti disagio adulto quali precarietà di alloggio, difficoltà pagamento bollette/utenze, mancanza di beni di prima necessità e alimentazione regolare, difficoltà di accedere alle cure sanitarie, abusi e violenza domestica, atti illeciti, conflitti familiari, inadeguatezze genitoriali, problematiche socio educative e Relazionali, dipendenze, indebitamenti / vittima di usura, abbandono/ trascuratezza scarsa cura di Sé). Es. Di fattori di protezione (risorse del nucleo familiare quali consapevolezza e riconoscimento potenzialità dei membri del nucleo familiare, competenze lavorative e professionali, capacità di adattamento, stabilità di coppia, presenza adulto affidabile, capacità organizzativa, capacità di utilizzo di servizi e risorse, presenza rete di aiuto). ° Proposta di intervento – intervento abitativo? Intervento economico? Intervento di sostegno alla rete? Intervento educativo? Indicare i costi. Alcuni accorgimenti Occorre riferire solo dati oggettivi evitando giudizi di valore; Redigere un documento facile; Usare indicatori numerici; Citare sempre le fonti; Fare riferimento solo a fatti osservati direttamente o deducibili da documentazione; Nella valutazione esprimere il proprio pensiero professionale. La relazione sociale deve andare in giunta? Il destinatario della relazione sociale è il responsabile o l’autorità giudiziaria sempre per il tramite di quest’ultimo; I contenuti di interventi che dovranno essere oggetto di un provvedimento amministrativo: determina, ordinanza, possono essere condivisi in giunta o con il responsabile; Ma la relazione NON deve andare in giunta! - Il contratto sociale collaborativo → è un esplicito accordo tra due o più soggetti. È un rapporto tra le parti, un’attività di partecipazione. È strumento essenziale che facilita la condivisione dell'intervento sociale. Quali sono le sue funzioni? Funzione educativa (responsabilità), funzione di apprendimento (si diventa consapevoli delle difficoltà), stimolo (trovare nuove soluzioni). Cosa stabilisce? I compiti, gli impegni e gli obiettivi. Quando può essere sottoscritto? Dopo la fase di Assessment o dopo aver valutato i bisogni, i vincoli, le risorse e gli attori coinvolti. Nel contratto cosa si definisce? La situazione (problema + obiettivi) e il contesto professionale. Gli elementi essenziali dell’accordo: L’oggetto, data e luogo, le parti che lo sottoscrivono, una premessa, modalità operative (metodi, apparecchiature), condizioni poste dal servizio, i costi, i compiti, gli strumenti, le risorse utilizzate (materiali e umane), i tempi e le scadenze, le verifiche e le firme. Aspetti positivi del contratto sociale: L’utente partecipa attivamente; l’utente può controllare le fasi del processo di aiuto; consente di verificare i progressi fatti e il cambiamento della persona; consente un piano di realtà; evita l’atteggiamento passivo; chiarezza dei ruoli e dei compiti evitando fraintendimenti. Aspetti negativi del contratto sociale: La rigidità delle regole potrebbe far venir meno l’empatia; la flessibilità potrebbe svalutare le regole precedentemente prescritte; specifiche responsabilità delle parti e il venire meno fa fallire il rapporto di fiducia; Per un unico intervento si fa un solo contratto anche se viene fatto firmare da più soggetti. 2) Gli strumenti terapeutici: - Il colloquio → È uno dei principali strumenti; permette di entrare in relazione con l’utente, la collettività, gli organi decisionali e giudiziari. Facciamo parte di un sistema aperto e rappresentiamo la totalità. L’azione di una persona (unità di sistema) influenza e condiziona una reazione: X Sistema aperto e positivo- se tale azione genera cambiamento crea una reazione aperta con un sistema positivo e dinamico e fonda le basi per l’apprendimento (comunicazione+ feedback); X Sistema chiuso - se tale azione non genera cambiamento crea una reazione chiusa, in quanto si crea sempre la stessa azione con regole statiche e ferme generando un omeostato. Gli assiomi della comunicazione: 1) Impossibile non comunicare; 2) La comunicazione è composta da un contenuto e da una relazione; 3) La comunicazione è composta da una parte verbale ed una non verbale; 4) La comunicazione dipende dal punto di vista e quindi dalla punteggiatura; 5) La comunicazione avviene su due livelli uno simmetrico (alla pari) e uno complementare (up e down). Il contesto La comunicazione viene ovviamente influenzata anche dal contesto dove si verifica dando una codifica e un significato diverso della relazione. (es. colloquio in ufficio, visita domiciliare al mercato o in piazza). Il colloquio in diversi contesti e tipologie: Contesto informativo e Segretariato sociale; Contesto di consulenza; Contesto assistenziale; Contesto di controllo. La struttura formale del colloquio: 1 la preparazione - In questa fase si pone l’obiettivo del colloquio. Si decide come convocare una persona o nucleo, in modo informale se persona conosciuta nel servizio o formale se la stessa non si presenta a seguito di diverse convocazioni informali;- Si definisce la scelta del setting (domicilio, ufficio altro ente); - Si prepara la documentazione per la pratica o materiale illustrativo; - Si definisce la possibilità di coinvolgere altre persone; - Ci si concentra sulle informazioni da ricevere; - Si definiscono i tempi (segretariato sociale max 30 min; colloquio di consulenza max 60 min) 2 lo svolgimento – Fase iniziale: si pone molta attenzione all’aggancio per la presa in carico e all’accoglienza, dedicando il momento di sfogo e di rabbia ma non troppo tempo. Si ribadisce il motivo del colloquio. Fase centrale: bisogna mantenere il tema del colloquio e gli obiettivi, si pone a ogni modo una flessibilità e si riprende quanto ha detto la persona riformulando i contenuti. Fase conclusiva: si fa un breve riassunto su quanto detto, si delineano gli impegni, si assegnano eventuali compiti e si da un eventuale appuntamento. 3 la documentazione - È importante tenere traccia del colloquio; anche video registrazioni; si dedica una scheda anche alla comunicazione non verbale, e alla relazione persona-operatore-servizio; si scrivono le prossime strategie e punti da analizzare. Le tattiche di colloquio - Ipotizzazione > Utile chiedere, rispetto ad un altro punto di vista, come si vede il problema e come lo risolverebbero. Esempio chiedere a ogni membro del gruppo: qual è il problema? Come lo vivono? Quali sono le soluzioni finora attivate e chi lo ha fatto? - Circolarità > Utile rivolgere le domande a tutti i membri del gruppo e sulle relazioni (far circolare la relazione non i contenuti) Esempio chiedere a ogni membro del gruppo: Perché secondo voi vostro figlio vi risponde male? Come si è cercato di risolvere il problema all’inizio? Come pensate in futuro di affrontarlo? - Neutralità > Non allearsi con nessun membro neanche con l’inviante, in quanto lui ha già la consapevolezza del problema. Si concede lo stesso spazio di ascolto e si formula la domanda a tutti anche agli assenti. - Il genogramma → questo strumento propostoci da Bowen (1979), fa parte del bagaglio di ogni terapeuta relazionale e familiare in particolare. È un diagramma che organizza le informazioni sul ciclo vitale del nucleo circa i legami, gli eventi, e le separazioni della famiglia attraverso due o tre generazioni. È strumento trasversale utilizzato in una moltitudine di discipline della salute ed approcci psicologici e terapeutici, un buon uso ne viene fatto anche nelle scienze del servizio sociale per un’analisi preliminare e soprattutto nelle fasi di valutazione del processo di aiuto. Si presenta come una mappa semplice, di intuitiva comprensione, della rete emotivo-affettiva in cui il soggetto ha sperimentato il proprio sviluppo. Il passaggio da una generazione all’altra comporta da un lato un interscambio in termini di aiuto e di risorse e dall’altro la trasmissione di valori e tradizioni, di miti, di eredità familiari e culturali, di segreti depositati nel tempo. Questa trasmissione avviene per lo più in modo inconsapevole in coloro che la vivono direttamente. Il disegno del genogramma è sempre accompagnato dalle verbalizzazioni di chi lo compila, che riporta aneddoti, descrive regole e valori familiari, le somiglianze o differenze tra i suoi membri e più in generale il tipo di comunicazione che circola. Il genogramma spesso è accompagnato da un’emotività esplosiva, fa emergere conflitti familiari, disagi, idee, ricordi. Perché si usa? L’obiettivo principale è quello di recuperare la maggior quantità di informazioni possibili sulla struttura della famiglia e connetterle tra loro per definire un quadro completo della situazione affrontata; presenta notevoli vantaggi nella fase di recupero dei dati; in caso di comunicazione con altri colleghi rispetto alla situazione della presa in carico. Genosociogramma -> è la rappresentazione commentata del genogramma in cui, attraverso frecce sociometriche, vengono messi in evidenza i diversi tipi di relazione del soggetto in rapporto al suo ambiente e ai legami tra i diversi personaggi: coazione, coabitazione, esclusioni e così via. Quali sono gli elementi informativi del genogramma: nomi, soprannomi, posizione parentale di ogni soggetto rappresentato; date di nascita, di morte, eventuali gravi malattie, matrimoni, separazioni, divorzi; luogo di residenza e date di “spostamenti” / trasferimenti significativi; frequenza dei contatti tra i soggetti; rotture / separazioni emotive ed affettive; etnia, occupazione, livello socioeconomico, appartenenze religiose o di altro genere (se significative); caratteristiche di salute e di personalità peculiari dei soggetti rappresentati intensità e tipo di relazione tra gli individui indicati nel genogramma; Chi compila il genogramma? L’utente stesso; la coppia; i vari membri del nucleo familiare; l’assistente sociale; altro operatore inserito nell’équipe. La simbologia La maggior parte di queste informazioni ha dei corrispettivi simboli convenzionali usati per rappresentare in forma grafica “sintetica” i dati della famiglia. Maschio = quadrato; femmina = cerchio; matrimonio = uniti da linea; convivenza o relazione significativa = uniti da linea tratteggiata; nascita di figli = da sinistra a destra in ordine; separazione = uniti da linea ma sbarrata una volta; divorzio = uniti da linea ma sbarrata due volte; bambino in affidamento = quadrato legato da linea tratteggiata; bambino adottato = quadrato legato da linea + linea tratteggiata; decesso = quadrato o cerchio con una x al centro. - Le ecomappe → o mappe delle risorse relazionali poiché ogni individuo è inserito in una rete di “relazioni significative” che coinvolgono molti insiemi di persone. I rapporti di rete rappresentano il contesto nel quale si costruisce la propria autobiografia. È uno strumento penna carta di semplice utilizzo che nasce come “fotografia dall’alto” del mondo della persona che richiede aiuto e che arricchisce, nella pratica quotidiana, le abilità di gestione della complessità. Per far emergere le connessioni/legami tra: il soggetto (individuo, famiglia, comunità) e il suo ambiente (sistemi con cui è in relazione: famiglia, Scuola/lavoro. Per ampliare il campo di osservazione dei rapporti interpersonali, significativi per un individuo e per la sua famiglia. L’Ecomappa è utilizzabile nel lavoro sociale per valutare: le risorse di rete presenti, la capacità di utilizzo delle risorse, risvegliare e sviluppare le potenzialità per la soluzione dei problemi. Fase di osservazione -- Gli operatori in campo sociale, nel tentativo di comprendere la loro tradizionale unità di osservazione –la persona nel suo spazio vitale attraverso il tempo – si trovano sommersi da una mole di dati che devono essere ordinati, selezionati e sistematizzati per gestire al meglio la relazione di aiuto. Sviluppo dell’empatia -- L’Ecomappa aiuta a sistematizzare e rileggere le informazioni, ma diventa anche un importante sostegno professionale nell’analisi della qualità delle relazioni e per il miglioramento della relazione del professionista con la persona che richiede aiuto. L'ecomappa se utilizzato secondo modelli teorico-pratici (PNL programmazione neuro linguistica, sistemica, sociologica) di riferimento specifici, può diventare un efficace strumento per entrare in rapporto direttamente con la persona che chiede aiuto, usando tutti i canali di comunicazione (visivo, uditivo, cinestesico). L’applicazione nel campo del Servizio Sociale, quindi può essere basata su vari modelli e potrebbe aiutare gli operatori e i soggetti che chiedono aiuto a leggere la “realtà” in modo diverso e a lavorare insieme con competenza e adattamento creativo. Legenda: tra soggetti vanno messe le linee. Legame debole = linea tratteggiata; legame forte = linea; Esempi di domande: chi è coinvolto nella relazione e come sei/sono coinvolto/i? Quanto a lungo sei/sono stati coinvolti? Come ti senti/si sentono rispetto a questa relazione /attività/servizio? Coinvolgimento? Che cosa stai ottenendo/ stanno ottenendo da questa relazione? Relazioni tra individuo/famiglia e persone/sistemi dell’ambiente – Caratteristiche da rappresentare: 1 Forza delle connessioni (debole, incerta o forte), 2 Impatto delle connessioni (fornitura o drenaggio di energia/risorse, 3 Qualità della connessione (apportatrice o no di stress). Quindi sono disegnati dei cerchi che indicano la struttura di ciascuna rete ancorata al soggetto; Componenti/membri; Qualità dei legami che li connettono con l’utente e tra loro. Cosa analizzare? - Ampiezza: quante persone sono presenti - Densità: quante persone si conoscono tra loro - Intensità: cosa si scambiano (poche/molte cose, scambi di qualità, cose intime, reticenza…) - Prossimità-distanza affettiva, vicinanza fisica frequenza, durata. 3) Gli strumenti di osservazione, valutazione, monitoraggio e confronto: - La visita domiciliare → uno strumento professionale per conoscere, valutare e sostenere le “relazioni di cura”. A cosa serve? È uno strumento per la diagnosi sociale proprio per la ricchezza dei dati che si possono raccogliere e che toccano diverse aree della vita familiare; Aiuta a poter meglio conoscere l’utente; Valutare lo stato di bisogno; Predisporre ed organizzare l’intervento. Fin dalle origini del servizio sociale, la visita domiciliare assume una valenza importantissima poiché fondata sulla maturata consapevolezza che per poter aiutare efficacemente una persona è necessaria una conoscenza completa diretta, anche di ciò che costituisce il mondo della sua vita e delle sue relazioni, “toccando con mano” le concrete situazioni di bisogno in cui si trovavano le persone. Dalla “visita domiciliare” alla “domiciliarità” Nell’intento di cogliere il senso profondo di questo strumento, pare opportuno soffermarsi sul significato letterale delle parole. “Visita” evoca immagini di incontro, di movimento, di apertura. “Domiciliare”= la parola “domicilio” (da cui deriva l’aggettivo “domiciliare”) richiama atteggiamenti di difesa, di protezione, di luoghi riservati preclusi agli altri. Nella visita domiciliare la relazione si connota di una vicinanza anche corporea e non di suddivisione dei ruoli e di definizione del setting. L’incontro fra operatore ed utente avviene all’interno del domicilio delle persone, nel loro ambiente di vita e al di fuori dell’istituzione di appartenenza, “territorio” dell’assistente sociale (il luogo, lo spazio è dato dalla casa della persona). La visita domiciliare non segue strettamente le regole della conduzione di un colloquio. La casa = rappresenta la storia delle persone che vi abitano; è un’area intermedia fra ciò che è pubblico (sfera sociale) e il privato (l’intimità); esprime e traduce per come viene organizzata, arredata e gestita negli spazi il mondo più interno delle persone. Visita domiciliare e cultura L’uso e la disposizione dello spazio sono legati oltre che alla dimensione storica anche a quella culturale. Si pensi ad esempio alla concezione araba dello spazio (amano vani grandissimi, alloggi amplissimi). Questo permette di guardare alla casa e agli oggetti che la compongono come qualcosa che è espressione significativa della persona e della famiglia. La visita domiciliare è quello strumento professionale utile, quindi, ad avvicinarsi: alle situazioni familiari; serve ad andare a leggere qualcosa che le parole non riescono a esprimere compiutamente; per comprendere delle altre cose che non sono dicibili perché ancora non sono state pensate. Nella visita domiciliare l’assistente sociale cosa fa: 1 mette in gioco la sua corporeità. 2 si muove in uno spazio che la famiglia ha costruito e scelto. 3 uno spazio, un luogo che rappresenta il “setting vitale”. 4 l’ambiente attraverso il quale la famiglia o la persona ha organizzato e contenuto i propri pensieri, la propria vita quotidiana. Alcune riflessioni metodologiche: Le fasi della visita domiciliare. Quando fare la visita domiciliare? Dopo essersi costruiti una ipotesi di partenza sulla situazione, è importante, quindi, che la visita domiciliare non avvenga subito dopo il primo colloquio. Perché fare una visita domiciliare? Per conoscere; per verificare; per sostenere le relazioni di cura; per emergenza; quando le persone siano nell’impossibilità di recarsi presso il servizio. Con chi effettuare la visita domiciliare? Da soli o con altri professionisti (es. educatori, psicologi, pediatri, altro collega assistente sociale di diverso servizio). Come fare la visita domiciliare? La comunicazione: La visita domiciliare va sempre annunciata, concordata e motivata alla famiglia. È preferibile che questa avvenga dopo almeno due o più colloqui. La motivazione della visita domiciliare va esplicitata per: considerare quale significato può avere la visita domiciliare per l’utente, la famiglia potrebbe vivere la visita domiciliare come un’intrusione nella propria sfera, tale da pregiudicare il rapporto di fiducia (per questo va pensato accuratamente quando è tempo di fare la v.d.); evitare che la famiglia possa costruirsi fantasie o aspettative, sia positive che negative, senza riscontri. Motivando la visita domiciliare si mettono le persone nella condizione di esprimere i propri dubbi, le resistenze o anche il piacere; comprendere, successivamente, come la persona si è preparata in vista della visita domiciliare, la persona può allungare i tempi della v.d., predisporre un ambiente che impedisca la visita (casa piena di gente, mancanza della persona esplicitamente richiesta). Tutti questi elementi sono indicativi per l’operatore per riflettere sul rapporto che la persona ha verso il servizio sociale e verso l’operatore stesso. La definizione dell’orario: l’orario va concordato con precisione. Il momento in cui la famiglia è disponibile restituisce già un primo dato sull’organizzazione familiare e sul tipo di vita che conduce. Avere in mente il setting (coordinate spazio e tempo) durante lo svolgimento della visita domiciliare. Una difficoltà può essere quella di delimitare, definire, controllare il tempo durante il quale si svolge la visita domiciliare (cosiddetto “setting sporco”). Quali sono le aree significative da esplorare per ottenere informazioni utili e come esplorarle. Alcuni indicatori: Il proprio corpo e lo spazio degli altri; dove è situata l’abitazione; l’ingresso: chi e come apre la porta; lo sguardo d’insieme dell’assistente sociale; la luminosità degli ambienti; presenti e assenti; gli animali; il luogo della casa scelto per l’incontro; le faccio il caffè; La dimensione temporale; il commiato: la restituzione; la disposizione degli spazi e la scelta dell’arredo: l’utilizzazione degli spazi, l’arredamento, lo stile e la disposizione, la parete, i quadri, i soprammobili. Se la richiesta di effettuare una visita domiciliare proviene dall’utente occorre per l’a.s. considerare alcune variabili: se la richiesta si riferisce ad un primo contatto; se proviene direttamente dall’utente o da qualche altra persona; se nasce dall’impossibilità dell’utente di recarsi al servizio. - La riunione d’équipe → L’equipe è un gruppo costituito da professionisti che possono appartenere allo stesso settore o afferenti ad ambiti diversi. Il lavoro di equipe serve a: analizzare; valutare; prendere in carico l’utente; predisporre una micro progettazione delle azioni; definire e realizzare un progetto quadro. L'obiettivo è garantire qualità, continuità e correttezza della presa in carico. Il lavoro di equipe può operare: Sia con i professionisti che formano la composizione minima di base (psicologa, assistente sociale Educatore). Sia allargata con figure specialistiche, appartenenti ad altri enti, le istituzioni scolastiche, le famiglie di appoggio. Il lavoro di EM si configura come un: Luogo inclusivo tessitura: cercando di tenere tutti dentro lo stesso progetto; Luogo di co-decisionalità: confrontare i punti di vista, arrivare ad una condivisione del microprogetto evitare la frammentazione e la dispersione delle informazioni. Luogo generativo: la condivisione dei processi di analisi, progettazione e valutazione favorisce un linguaggio condiviso, trasparenza delle relazioni con le famiglie, corresponsabilità nell’agire da parte dei servizi. Importante: l’interdisciplinarietà dà efficacia al cambiamento. All’ EM deve far parte anche la famiglia parte attiva e collaborante oltre alle risorse informali che potrebbero entrare a far parte del sistema. Limiti – Bisogna considerare: I bisogni che ogni individuo porta all’interno del gruppo, in genere bisogni di appartenenza e bisogni di affermazione di sé; Delle diverse rappresentazioni mentali che ogni partecipante ha nei riguardi del gruppo e del suo funzionamento. Problematiche del lavoro di gruppo Conflittualità professionali; Risentimenti e rancori; Competizioni; Aspettative diverse; Mancanza di chiarezza espositiva; Cattivo ascolto; Frammentazione della discussione; Non produttività. Pertanto, il destino di un gruppo di lavoro non può essere descritto in modo lineare (individuo-banda-team) ma è un destino che oscilla fra comportamenti orientati al compito e comportamenti orientati alle relazioni interne al gruppo. Costruire un’équipe è faticoso quindi bisogna: Volerlo; Individuarne il compito e lo scopo; Valutarne la funzionalità rispetto al compito da assolvere. Come fronteggiare i limiti dell’EM Il coordinatore ed i membri di un’équipe, essendo consapevoli dei limiti del funzionamento dell’équipe stessa, devono: garantire il compito rimanendo centrati sui bisogni del paziente - famiglia facilitare le relazioni interne all’équipe motivare e motivarsi al compito Soluzioni - Fissare dei prerequisiti per l’accesso al gruppo - Lavorare sulla fiducia e sulla coesione - Fissare regole di setting - Concordare un metodo di lavoro - Affidare un chiaro mandato al leader Prerequisiti di accesso Essere disponibili al cambiamento, Accettare la diversità e la non preminenza del proprio punto di vista professionale, Credere nella collaborazione, Mettere in discussione il proprio operato, Accettare il coordinamento di un leader, Riconoscere che il fine ultimo è il paziente- famiglia. Lavoro sulla fiducia e sulla coesione Permettere alle persone di conoscersi, di raccontare e raccontarsi, Sollecitare l’espressione delle aspettative, dei sogni, dei progetti, Ascoltare, riconoscere, valorizzare, Garantire uno spazio espressivo per tutti, Tutti devono poter dire al momento opportuno “Non so”, Invitare al supporto e sostegno reciproco, Chiedere da subito di prendere insieme alcune decisioni. Setting Fissare un luogo e un orario per l’incontro dell’equipe, Richiedere la puntualità, Preparare l’ambiente fisico (riservato, accogliente, disposizione di lavoro circolare), Fissare la regola della riservatezza, Parlare uno alla volta, Permettere a tutti di intervenire, Numero partecipanti non superiore a 20, Durata riunione fra 60 e 90 minuti Metodo di lavoro stabilire ordine del giorno, chiarire i problemi in discussione, partire da dati osservativi, raccolti da più punti di vista, analizzare i dati, discutere motivando le proprie argomentazioni, fare un quadro riassuntivo del problema, fissare ipotesi operative, stabilire tempi e modalità di verifica, stendere un resoconto scritto Il leader - Gli deve essere dato chiaro mandato - I partecipanti vanno informati - I partecipanti vanno invitati a tutelare la leadership democratica - Accoglie lamentele, si fida dei processi (sapendo che il soddisfacimento di bisogni porta a nuovi bisogni) - Lavora sulla fiducia - Fa rispettare le regole di setting e il metodo di lavoro - Ascolta, invita ad ascoltare, guida e dirige - Incoraggia, incita - Si mette in gioco - Valorizza il lavoro e lo fa conoscere - Invita a esemplificare ed a chiarire i linguaggi professionali - Dà potere alle persone Importante Non dimentichiamo mai che il criterio principale per la verifica dell’efficacia di un gruppo multidisciplinare risiede nel maggior benessere per il paziente-famiglia. Se un gruppo, pur funzionando bene, non dà frutti significativi per l’utenza entro un tempo ragionevole, probabilmente è un gruppo più fine a se stesso e quindi non è un gruppo di lavoro. Se sono membro di un’équipe cosa devo fare? devi aver voglia di cooperare, “Non dire ciò che ritieni falso” “Non dire quello per cui non hai prove adeguate” “Non dare più informazioni di quanto ti sia richiesto” Non mettere troppa carne al fuoco Non confondere i discorsi: un problema per volta Sii concreto e non perderti nei massimi sistemi Non confondere il piano emotivo con quello razionale operativo Evita le espressioni oscure Sii conciso Evita ambiguità Sii ordinato nell’esposizione Evita le contraddizioni e cerca la coerenza Prenditi la responsabilità nel cambio di opinione. Cosa devo evitare: le resistenze Esplicito rifiuto; Scetticismo; Inerzia; Incompetenza; Pessimismo; Impotenza; Messa in discussione del leader: delle sue competenze, credenziali, motivazioni; Organizzazioni di riunioni informali e sottogruppi; Chiusura in se stessi; Individuazione di capri espiatori; Individuazione di nemici “esterni”. - La supervisione → è una funzione fondamentale per la qualificazione e lo sviluppo della professione. Secondo Barneschi “la supervisione è una relazione reciproca tipo case-work fra due persone che, attraverso un processo democratico, utilizza la loro relazione dinamica al fine di stimolare il supervisionato a adoperare le proprie risorse, sostenendolo, educandolo, perfezionandolo professionalmente, coordinando il suo lavoro, valutandone la personalità professionale e l'attività". La supervisione professionale significa: riflettere sul proprio ruolo di assistente sociale, sul mandato sociale, professionale e istituzionale che definiscono il contesto della propria operatività e anche sui suoi presupposti teorici e metodologici. Breve prospettiva storica dell’evoluzione della supervisione in Italia -1935-50, caratterizzata dall’influenza predominante del modello anglosassone; -1950-65, nella quale, accanto all’evoluzione della dottrina statunitense, compaiono i primi contributi italiani; -1965-85, caratterizzata dalla contestazione ai modelli fino ad allora vigenti nonché allo stesso concetto di supervisione; -1985-oggi, in cui riprende vigore il dibattito attorno all’efficacia ed utilità dei modelli di supervisione. 1 Supervisione come controllo amministrativo e di risultato: Negli anni 30’ infatti, abbiamo negli Stati Uniti la comparsa dei primi supervisori con una funzione prettamente amministrativa esplicata nell’organizzazione, programmazione e coordinamento del lavoro, nel controllo dei risultati, nella documentazione e valutazione del lavoro svolto. Tale figura era connotata gerarchicamente rispetto agli operatori per i quali era competente ed era inserita nelle organizzazioni industriali, in quelle scolastiche ed in quelle assistenziali, per le quali aveva un ruolo più centrato sul controllo di qualità. 2 Supervisione come formazione guidata sul campo: Negli anni 50 in Italia, sin dall’apertura delle prime scuole di Servizio Sociale, si introduce il tirocinio professionale inteso come una formazione sul campo “guidata”, che accompagni l’insegnamento teorico delle metodologie e faccia maturare abilità e competenze specifiche della professione. Con una connotazione squisitamente didattica. Questa attività prevede una figura, già esperta di Servizio Sociale, che possa guidare lo studente nel suo percorso, sia nelle scuole che negli Enti, con diverse impostazioni in merito. 3 La supervisione come strumento principale di “trasmissione della professione”: In quel periodo il supervisore è quasi sempre considerato all’interno dell’Ente, in posizione di dipendenza da esso e quindi con funzioni direttive, nei confronti dei supervisionati. Tale figura però andrà evolvendo nel corso di tutti gli anni 60’ anche in seguito ad un primo riconoscimento della professione e ad una successiva strutturazione dei compiti dalla figura amministrativa. 4 La supervisione come strumento per migliorarsi e rimanere “neutrali”: Negli anni 90 alcuni assistenti sociali si iscrivono a corsi per acquisire abilità terapeutiche o che promettono l'apprendimento di metodologie atte a leggere o guidare l'utente, o sempre più spesso i colleghi della stessa professione, nelle loro problematicità. Altri si rivolgono a professionisti di altre professioni, come gli psicologi o gli psichiatri per essere supervisionati. 5 La supervisione – come funzione terapeutica: “Luogo dove è consentito portare la propria esperienza per capire l'ostacolo, superare lo stereotipo, interpretare il rifiuto, riconoscere il desiderio, scaricare l'ansia. La supervisione: “lucidità affettiva” “La supervisione è un sovrasistema di pensiero (pensiero-meta) sull’intervento professionale, uno spazio e un tempo di sospensione, dove ritrovare, attraverso una riflessione guidata da un esperto esterno all’organizzazione, una distanza equilibrata all’azione, per analizzare con “lucidità affettiva” sia la dimensione emotiva sia la dimensione metodologica dell’azione professionale, e per ricollocare l’intervento in una dimensione corretta, con spirito critico e di ricerca”. La supervisione è uno strumento professionale diverso dagli altri: ° È capace di agire sul metodo, sulle tecniche, sulla collocazione nel contesto amministrativo e sociale. ° Agisce sul " saper fare" e sul "saper essere" e cioè sullo specifico professionale. ° È sempre alla fine un rinforzo dell’identità professionale. È uno strumento: di aiuto, per conoscersi, per verificarsi e per modificarsi. La super-visione, intesa come visione sopra le cose: Agevola la capacità di gestire efficacemente la necessaria integrazione e congruenza tra il mandato sociale, istituzionale, professionale; e promuove abilità imprenditive e strategiche di un operatore che è spesso carico di compiti complessi, emotivamente impegnativi, di difficile o impossibile soluzione. Quando chiedere la supervisione nella conduzione del processo di aiuto alla persona sia essa singola, gruppo o famiglia. per la progettazione e l'implementazione di programmi di empowerment sociale e territoriale attraverso il lavoro di rete. nella ricerca di risorse sul territorio, nella collaborazione con eventuali risorse appartenenti al terzo settore, Nella gestione di provvedimenti amministrativi tipici della professione. Il supervisore dovrebbe: - essere un assistente sociale e avere una comprovata esperienza nel lavoro sociale; - aver seguito percorsi formativi per diventare formatore supervisore; - possedere una capacità "psico-pedagogica" di trasmissione del proprio sapere ed aver sviluppato una attitudine formativa; - avere approfondito i fondamenti teorici e metodologici del servizio sociale; - conoscere sé stesso, per essere in grado di sopportare l'angoscia che gli operatori riverseranno su di lui per le difficoltà e le frustrazioni insite nel lavoro sociale e per il potere taumaturgico del quale essi tenderanno ad investirlo. Il supervisore, oltre ad avere una concreta esperienza professionale, dovrà essere esperto delle materie seguenti: 1 relazioni -- Egli dovrà far emergere che non esiste solo la relazione con l'utente, ma che le relazioni professionali dell'assistente sociale sono molteplici (con l'utente, con i colleghi, con l'ente e gli enti, con il contesto, con gli amministratori, con il volontariato) e che devono essere identificate separatamente, perché a ciascuna conseguono strategie differenziate. 2 rapporto potere-responsabilità -- gli assistenti sociali vivono di fatto, tale rapporto, nei confronti dei loro utenti e che può produrre, se non gestito correttamente, crisi, anche dal punto di vista etico. 3 l’investimento emotivo -- costituisce problema in molti casi, ma soprattutto in presenza di situazioni che, per ragioni diverse, toccano particolarmente la persona dell'assistente sociale. 4 il sistema dei servizi -- Il supervisore dovrà essere esperto anche di organizzazione per aiutare l’assistente sociale a comprendere il sistema di servizi in cui il proprio Ente è inserito. L'appartenenza ad un servizio è senz'altro oggetto di attenzione poiché esso è la sede, ma anche soggetto interlocutore con cui si esplica la professionalità dell'assistente sociale, dove si definiscono i rapporti, le specificità professionali e gerarchiche. Proprio queste ultime sono spesso motivo di difficoltà da parte degli operatori ed è funzione del supervisore chiarire le responsabilità e le competenze di ognuno. Funzioni della supervisione: La funzione amministrativa; La funzione di valutazione periodica del lavoro; La funzione educativo-didattica; La funzione di consulenza; La funzione istituzionale; La funzione di trasmissione della cultura professionale – funzione di trasmissione tra generazioni professionali. Il supervisore come figura appartenente all’ente o esterna a esso? Supervisione individuale o di gruppo? - I questionari e gli indicatori quantitativi e qualitativi → questionari di soddisfazione del servizio sociale: Sezione 1 dati anagrafici (genere, età, cittadinanza, titolo di studio, professione); Sezione 2 valutazione grado di conoscenza del servizio (quante volte ha utilizzato il servizio mai, da 1 a 5 o oltre 5 volte; attraverso quali canali fruisce del servizio direttamente, e-mail, telefono; reputa che il servizio abbia un’immagine negativa, indifferente o positiva) Sezione 3 misurazione livello importanza/soddisfazione (accessibilità, orari di apertura, modulistica, chiarezza modulistica, efficienza erogazione del servizio, flessibilità interventi, rispetto dignità assistito, tempi erogazione servizio, disponibilità e competenza addetti) Sezione 4 suggerimenti (quale suggerimento ritiene di poter dare per migliorare il servizio?). Questionario sull’emozioni: A ogni emoji o emozione indicare mai, quasi mai, spesso e sempre. Esempio per la valutazione di uno strumento operativo Servizio Immigrazione e Promozione dei diritti di cittadinanza e dell’asilo. 1 Oggetto: indagine di soddisfazione del dispositivo “Mediazione nel Sociale” 2011. 2 Comunicare lo scopo della ricerca es. Gentile operatore, Come previsto dalla carta dei servizi del Servizio Immigrazione e Promozione dei Diritti di Cittadinanza e dell’Asilo, intendiamo realizzare un’indagine per verificare il grado di soddisfazione del dispositivo “Mediazione nel Sociale” 2011. 3 Lo scopo di aiutarci a comprendere in che misura lo strumento Mediazione, per come è stato finora strutturato, risponde alle Vostre esigenze, e favorisce in maniera utile il Vostro lavoro; le risposte ci saranno molto utili per definire come migliorare il dispositivo, adeguandolo a bisogni e aspettative dei destinatari finali. 4 A chi è rivolto è rivolta agli operatori dei Servizi sociali e sanitari che hanno utilizzato il dispositivo e ai mediatori linguistico culturali che vi lavorano. 5 Lo strumento scelto per l’indagine è un questionario che Le chiediamo di compilare e restituirci. 6 Modalità di compilazione. Per compilare il questionario serve poco tempo, è anonimo, e anche i dati sul profilo di chi lo compila verranno trattati esclusivamente a fini statistici, garantendo in ogni modo la non riconoscibilità della persona. 7 Trasparenza e pubblicazione. Garantiamo fin da ora che i risultati dell’indagine saranno “restituiti” pubblicamente nel sito web del Comune di Venezia e con altre modalità che verranno definite in seguito dalla Direzione. Stiamo anche valutando l’ipotesi di un confronto e approfondimento con un gruppo di operatori e di mediatori, a partire da una prima elaborazione statistica. La ringraziamo per la collaborazione. 8 Modalità di consegna. Un operatore del Servizio Immigrazione e Promozione dei Diritti di Cittadinanza e dell’Asilo provvederà a ritirare i questionari compilati presso le Vostre sedi il giorno /01/2012. Vi chiediamo pertanto, di far trovare presso la segreteria o portineria della Vostra sede il questionario dentro una busta bianca con indicata solo la dicitura “Indagine Soddisfazione 2011 del Servizio Immigrazione e Promozione dei Diritti di Cittadinanza e dell’Asilo. Esempio Questionario di gradimento sulle cure domiciliari: Gentile Signora/ Gentile Signore, Le chiediamo di aiutarci a offrire un servizio migliore e sempre più rispondente alle Sue esigenze, dedicando qualche minuto alla compilazione di questo questionario. Esso è rivolto a tutte le persone che usufruiscono delle cure domiciliari e viene trattato in forma anonima al fine di non consentire la massima libertà di espressione. Qualora non possa compilarlo da sola/solo, potrà avvalersi dell’aiuto di una persona di Sua fiducia che conosca bene i suoi bisogni. Grazie per la collaborazione. Programma di Intervento Per la Prevenzione dell’Istituzionalizzazione (PIPPI) il programma ha il fine di innovare pratiche di intervento utilizzate Il quaderno di PIPPI quando si lavora con famiglie negligenti per ridurre il rischio di allontanamento dei minori dal nucleo. dà risposte concrete ai Dove nasce bisogni dei bambini e delle famiglie È un progetto ministeriale di ricerca che ha avuto il suo esordio nel 2010, l’Università di Padova ne cura l’implementazione la formazione e il monitoraggio e la valutazione. L’acronimo del progetto PIPPI sta per PROGRAMMA di INTERVENTO per PREVENIRE L’ISTITUZIONALIZZAZIONE. La bambina dai capelli rossi sul quaderno = tale acronimo porta alla mente il famoso personaggio di una bambina allegra che viveva sola in una situazione familiare insolita, dove si vuole valorizzare la forza dei bambini che vivono in situazione di negligenza che hanno difficoltà a rispondere in maniera adeguata ai bisogni di crescita dei bambini. Pertanto, PIPPI ricorda agli operatori e alle famiglie di lavorare insieme per PROMUOVERE INDIPENDENZA PARTECIPANDO e PROGETTANDO INSIEME. L'obiettivo Prevenire l’allontanamento in strutture e garantire ad ogni bambino il diritto: ad essere ascoltato e ad avere un’analisi approfondita della sua situazione familiare ed un progetto di intervento coordinato con tutti gli attori. Destinatari Famiglie con figli di età compresa tra gli 0 - 11 anni che si trovano a fronteggiare situazioni impegnative non riuscendo a garantire condizioni adeguate alla crescita dei bambini. Le fasi del progetto 1 Segnalazione – (Riflessione e negoziazione) Riflessione sui problemi che vengono presentati, identificare le questioni a cui dare risposta + 2 Accoglienza - (Azione) Avviare un rapporto di alleanza e iniziare a raccogliere e confrontare le informazioni - (Riflessione e negoziazione) Riflettere, discutere le modalità con cui affrontare le questioni + 3 Progettazione / Assessment - (Azione) Raccogliere le informazioni con strumenti diversi e diversificare obiettivi, azioni e responsabilità - (Riflessione e negoziazione) Discutere e confrontarsi per mettere in pratica le progettazioni concordate + 4 Intervento - (Azione) Intervenire, assicurare i servizi e le attività appropriate e le risorse - (Riflessione e negoziazione) Rivedere insieme la situazione alla luce del percorso realizzato + 5 Chiusura - (Azione) Valutare la possibilità che la famiglia prosegua autonomamente o definire nuovi percorsi di intervento – 6 Autonomia della famiglia. Tecniche per gli operatori per creare una relazione basata sulla fiducia Creare clima positivo: essere distesi, in ascolto attivo, evitare il gergo professionale, utilizzare parole positive; Autenticità e rispetto della persona; Visione ottimista: la nostra fiducia si trasmette (effetto pigmalione); Empatia: comprendere il vissuto; Trasparenza: essere chiari ed espliciti; Privilegiare i punti di forza: ripetere un comportamento positivo; Ricerca attiva delle competenze; Empowering: dare fiducia e potere alla persona che conosce il suo problema; Creare reciprocità; Inventariare i fallimenti; Lasciare che la persona esprime i suoi progetti; Obiettivi chiari semplici e positivi: concentrarsi su cosa si può fare; Responsabilizzare e non colpevolizzare; Accettare i nostri limiti. L’approccio di intervento è: eco sistemico Il modello multidimensionale: bambino + famiglia + ambiente. Teoria di riferimento è la bioecologia dello sviluppo umano di Bronfenbrenner [Microsistema = famiglia, scuola, compagni, organizzazioni sociali e culturali (biologico e medico) + Mesosistema = legami tra i diversi elementi del microsistema (psicologico, familiare ed educativo) + Esosistema = Sistemi sociali che influiscono il bambino , direttamente o indirettamente, per esempio i media, i servizi medici e sociali, il quartiere (socio-antropologico) + Macrosistema = attitudini, credenze e pratiche educative e sociali condivise dalla cultura del bambino e della sua famiglia (prospettive di ricerca). L’intervento è concentrato sul mondo del bambino, un modello centrato non sui problemi ma sui bisogni del bambino facendo emergere il potenziale e le risorse, ciò che la famiglia è in grado di fare, uscire dal modello di individuare il problema – diagnosi – risposta. il quaderno di pippi è suddiviso in 5 sezioni: 1) cosa è PIPPI, 2) il modello logico (come implementare pippi negli ate), 3) il Le risorse, le azioni e i dispositivi: metodo di intervento (come progettare con le famiglie), 4) i dispositivi (come intervenire con le famiglie), 5) gli strumenti L’educativa domiciliare, le famiglie d’appoggio - sostegno sociale, i gruppi dei genitori, partenariato tra scuola, famiglia e servizi, l’equipe multidisciplinare. Gli strumenti utilizzati sono: il fumetto, Il triangolo (vedere spiegazione giù), l’albero della vita (radici- provenienza, terra-luogo in cui vivo, il tronco - le abilità, i rami-le speranze, le foglie-le persone che fanno parte della mia vita, i fiori/ i frutti – i doni), il gioco del gomitolo e nel particolare il questionario sociometrico = esempio il sociogramma di Moreno. È un test che indica il livello di socialità di ciascun membro della classe; è somministrato dall’insegnante o dallo psicologo; esso permette di rappresentare graficamente le relazioni interpersonali all’interno del gruppo-classe evidenziando la posizione di ciascuno e aiuta i bambini a risolvere problemi di socializzazione. Altri questionari = quale quello sulle capacità e sulle difficoltà (SDQ o questionario disagio preadolescenziale) dove vi sono diverse domande sul comportamento del bambino e chi lo compila deve mettere la crocetta su “non vero, parzialmente vero e assolutamente vero”; scala multidimensionale del sostegno sociale percepito (MsPSS) dove vi sono 12 item rispetto ai quali il soggetto deve esprimere il proprio grado di accordo su una scala Likert a 7 punti (da 1 = Fortemente in disaccordo a 7 = Fortemente d’accordo). Si articola in tre dimensioni: supporto percepito da parte della famiglia, supporto percepito da parte degli amici, supporto percepito da parte degli altri significativi; Test multidimensionale dell’autostima (TMA) dove vi sono affermazioni riguardanti sei ambiti quali “l’interpersonale, la competenza di controllo dell’ambiente, l’emotività, il successo scolastico, la vita familiare, il vissuto corporeo e serve per ottenere una precisa misurazione dell'autostima in età evolutiva. il kit della Genitorialità = è un kit che contiene più di 200 carte illustrate che arricchiscono e facilitano attività proposte da utilizzare in percorsi di accompagnamento alla genitorialità con l’obiettivo di aiutare i genitori a favorire uno sviluppo sano e positivo dei propri figli da 0 a 11 anni. Le tematiche sono: le caratteristiche di un bambino in giallo, i piaceri condivisi in rosso, le ansie dei genitori in viola e le sfide incontrate e l’evoluzione genitoriale in arancione. l’eco mappa = può essere utilizzata da tutti gli operatori durante i colloqui con la famiglia. Va proposta individualmente sia ai bambini che ai genitori ma lo si può proporre anche in gruppo. Va proposta e raccolta all’inizio e di nuovo alla fine. Servono fogli bianchi, penne o colori e registratore. La costruzione di una ecomappa può essere realizzata in quattro modi diversi: 1. la disegna l’operatore a partire dalle sue informazioni; 2. la disegna il bambino e/o le figure genitoriali da soli; 3. la disegna l’operatore intervistando il bambino e/o le figure genitoriali; 4. la disegna il bambino e/o le figure genitoriali con il sostegno dell’operatore. Il disegno di una ecomappa si suddivide in quattro fasi: 1. Introduzione alle ecomappe (presentazione) 2. Disegno delle ecomappe (elaborazione) 3. Racconto dell'ecomappa (narrazione) 4. Alter to Alter (network). la linea del tempo o della vita = fornisce un sommario accessibile e di facile lettura degli eventi centrali di un bambino. A partire da essa, gli operatori possono compiere una lettura completa degli avvenimenti importanti, in positivo e negativo, che hanno dato forma alla situazione attuale del bambino e avviare un percorso volto alla creazione di senso rispetto alla storia del bambino. Per realizzare la linea del tempo o della vita, vengono forniti: un foglio bianco, dei pennarelli colorati, una legenda della simbologia dei segni grafici da associare ad ogni avvenimento e verrà messo a loro disposizione un piano di lavoro sul quale potersi muovere liberamente. Sul foglio bianco, abbastanza spazioso, l’operatore traccia o richiede agli utenti di tracciare una linea orizzontale, in modo tale da dividere il foglio in due parti uguali; Per analizzare i fattori di rischio e di protezione, il professionista richiede al soggetto di disporre gli avvenimenti positivi nella parte superiore del foglio e quelli negativi nella parte inferiore; Lo “start” della linea del tempo, è rappresentato dal momento in cui si apprende la notizia di diventare genitori, e termina nel giorno in cui si sta disegnando; Il professionista accompagna l’utente, nella compilazione della linea del tempo, stimolando la riflessione e l’organizzazione secondo un ordine cronologico; La compilazione può essere fatta in due momenti ben distinti: inizialmente l’utente può tracciare in maniera autonoma la linea del tempo, ed in secondo luogo l’operatore può sollecitare a pensare a ulteriori episodi. Per esempio, i simboli: sole uguale a evento molto sereno o positivo; nuvola uguale a evento che ha riscontrato una leggera difficoltà; nuvola con fulmine uguale a evento traumatico; cuore uguale agli affetti. il pentolino di Antonino = La Petite Casserole d’Anatole, uscito in Francia nel 2009, è un albo illustrato della scrittrice francese Isabelle Carrier. Dopo essere stato presentato al pubblico italiano, l’albo illustrato venne affiancato da un Quaderno Pedagogico, rivolto ad insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria, per promuovere la modifica di alcune pratiche di relazione fra insegnanti, bambini e genitori secondo il pensiero ecologico della coeducazione. La trama: Antonino, il protagonista molto sensibile e con grande senso artistico, indossa una maglia a righe verdi e pantaloncini neri. Lui trascina sempre dietro di sé il suo pentolino, un giorno gli è caduto in testa, non si sa bene il perché, e per via di questo pentolino Antonino non è più come gli altri, è un bambino pieno di qualità, ma tutti vedono sempre e soltanto l’imbarazzante pentolino che si porta dietro questo oggetto gli complica la vita, pochi si accorgono che Antonino deve sforzarsi molto per fare le cose che per tutti gli altri bambini sono semplici. Talvolta, in preda alla frustrazione, si arrabbia e reagisce piangendo o aggredendo gli altri e per questo suo comportamento viene sgridato. Antonino, non sentendosi capito dagli altri, vorrebbe sbarazzarsi di quel pentolino, ma non può; un giorno non ne può più e decide, quindi, di usarlo per nascondersi dagli altri e diventare invisibile, pensando di semplificare la sua quotidianità. Ma con questo suo comportamento, con il passare dei giorni, la gente comincia a dimenticarlo, fino a quando, però, un giorno incontra una persona speciale, Margherita con un vestito con le margherite e le scarpe rosse, che gli fa vedere come anche lei ha un pentolino che porta sempre con sé, e che aiuterà Antonino ad uscire dal suo nascondiglio, insegnandogli a convivere serenamente con il suo pentolino e confezionandogli una borsa per il suo pentolino. il mosaic approach = nasce da alcuni primi studi empirici condotti da Clark e Moss finalizzati ad ascoltare la voce dei bambini a proposito dei servizi per la prima infanzia da essi frequentati; successivamente, nuovi progetti di ricerca ispirati a tale approccio si sono sviluppati con l’obiettivo di coinvolgere bambini, operatori e genitori nei cambiamenti fisici apportati negli spazi esterni dei contesti per la prima infanzia e nella progettazione e nella valutazione dei contesti di apprendimento; Ascoltare, infatti, è una metafora; il nome stesso che identifica il tipo di approccio: il mosaico è una “metafora” dentro la cui area semantica, quella dell’arte, si colloca anche la metafora delle tessere del mosaico (le tecniche di raccolta dei dati) i cui dati vengono “disegnati” insieme allo scopo di dare forma a un quadro vivente. Le tessere del mosaico sono costituite da strumenti, tecniche e metodi accessibili e non vincolati solo alla parola scritta o orale, capaci di promuovere le risorse dei bambini e il dialogo intersoggettivo tra bambini e tra bambini e adulti. L’osservazione, la conversazione con i bambini, l’uso di macchine fotografiche, di visite guidate e di mappe, ma possono costituire tessere del mosaico anche i soggettivi punti di vista dei bambini e degli adulti, educatori, genitori, ricercatori. La combinazione di queste diverse tessere dà vita a un metodo riflessivo, flessibile, centrato sulle esperienze dei bambini, questo approccio offre le potenzialità di essere sia usato come uno strumento di valutazione sia di diventare parte integrante della pratica della prima infanzia. Per la riuscita dell’intervento è importante: che il bambino venga messo nelle condizioni di raccontare cos’è ritratto nelle foto e perché le ha scelte per il suo album. L’operatore dovrà dunque stimolare il racconto con domande semplici e allo stesso tempo registrare la voce del bambino per raccogliere il suo punto di vista, è opportuno che si munisca di registratore o di altri strumenti per documentare il racconto. Il tempo necessario per la realizzazione di tutte le fasi può variare dall’età del bambino e dagli strumenti utilizzati; si consiglia comunque di completare l’attività prevedendo almeno tre incontri. Fasi: 1 introduzione - Presentazione dell’attività fotografica; Mappatura dei luoghi in cui realizzare la foto; Informazione dei contesti di vita cui potrà fotografare. 2 intervento - Definizione della consegna (tempi e modalità dell’attività); Fotografia; Descrizione foto; Scelte delle foto per la costruzione dell’album; Titolazione e didascalia; Racconto del bambino; 3 elaborazione; Confronto dei diversi punti di vista con gli altri (genitori o operatori) «triangolazione»; Progettazione del cambiamento «microplaning»; Condivisione e restituzione delle decisioni «patto educativo». Task analysis: coinvolgimento dell’equipe. Fase informativa: spiegare cosa e come si vuole fare consegnandoli una macchina fotografica anche virtuale (l’utente può scattare la foto anche con il cellulare oppure portarne una che ha già scattato da qualche tempo ed ha voglia di narrarla. Fase esecutiva: Il Colloquio con la persona: Scegliere le foto per comporre la storia/racconto: Cosa hai fotografato? Ti va di descrivermi la foto? Perché hai scelto questo soggetto/oggetto? Questa foto ti ricorda qualcosa? Quali sentimenti provi osservandola? (valutare se nel corso della narrazione i sentimenti cambiano). Grazie per aver condiviso con me la tua foto. Attribuire un titolo o una didascalia per ogni foto. Fase di Restituzione: Riportare in equipe i contenuti del colloquio ed intraprendere una valutazione per un programma condiviso. Il Quaderno di PIPPI viene corredato con una copia del Fumetto di PIPPI che rappresenta uno strumento da utilizzare come presentazione del programma, come apripista, per iniziare a riflettere con i bambini e le famiglie sui contenuti del programma e sui vari dispositivi. Il Fumetto = bambina dice (cosa si fa? Proviamo a parlare? Secondo te filippo di cosa hai bisogno per crescere?) e il bambino dice (di avere amici con cui giocare e poter invitare i miei compagni di classe a casa). Comprendere la vita di un bambino attraverso i legami che egli intrattiene con il suo mondo attraverso lo strumento del Triangolo. Al centro del triangolo arancione vi è il bambino interessato. A sinistra ci sono le cose in blu che rispondono alla domanda “di cosa ho bisogno per crescere?” quindi dimensione bambino. A destra ci sono le cose in viola che rispondono alla domanda “chi si prende cura di me?” quindi dimensione famiglia. In basso ci sono le cose in verde che rispondono alla domanda “luoghi in cui vivo” quindi dimensione ambiente. Questo strumento può essere utilizzato in diversi modi, con fogli di carta, con formine, con oggetti diversi, a seconda del target. Il triangolo intende: dare la parola, non è un’intervista, promuove una mappa da percorrere, è un momento di riflessione e di apprendimento: X Stare bene (salute e crescita) -- le condizioni di salute e di disabilità, alimentazione, attività fisica, l’assistenza sanitaria di base quindi vaccinazioni, dentista; X Voler bene e stare con gli altri (relazioni familiari e sociali) -- relazioni stabili e affettuose con membri della famiglia, capacità di partecipare alla vita della famiglia, coraggio nello stringere nuove amicizie, ha amici, aiuta gli altri, ha animali con cui giocare; X Sentirmi sicuro, protetto e accudito (cura di base, sicurezza e protezione) -- la cura fisica quotidiana, l’alimentazione, l’abbigliamento, il garantire una casa adeguata; X Giocare insieme e divertirci, imparare ed essere incoraggiato (divertimento, stimoli e incoraggiamento) -- offrire stimoli per imparare nuove cose, dare seguito agli interessi del bambino, chi passa il tempo con il bambino; X Avere buoni rapporti e sentirsi sostenuti da parenti e amici (relazioni e sostegno sociale) -- le reti di supporto sociale, gli amici, persone significative, ci sono problemi di isolamento; X Che la mia famiglia lavori e abbia il necessario per vivere (lavoro e condizione economica) -- le opportunità di formazione e lavoro, il lavoro o la mancanza di lavoro incide sul rapporto di famiglia con il bambino, il reddito disponibile è sufficiente per garantire i bisogni della famiglia. In sintesi, il progetto pippi è un programma basato sulle forze nella prospettiva della resilienza e dell’empowerment, che fanno sempre credito di fiducia nel cambiamento e trasformazione della persona. Incontri protetti in spazio neutro Lo spazio neutro è «un contenitore qualificato per riconoscere il bisogno del bambino di vedere salvaguardata e garantita il più possibile la sua relazione con entrambi i genitori ed i legami che da essi ne derivano, salvo, ovviamente quando ciò è contrario al suo maggior interesse» (art. 9, Convenzione Onu di New York sui diritti del fanciullo del 1989). A chi sono rivolti? Gli incontri protetti in spazio neutro sono rivolti a famiglie con minori compresi tra 0 e 18 anni, nuclei familiari che vivono una situazione di sospensione o interruzione dei rapporti fra uno o più minori con i genitori/parenti e che necessitano quindi di un contesto protetto che consenta il riavvio e il sostegno dei rapporti, grazie all’intervento di un educatore o figure specializzate. Esistono differenti denominazioni e significati comuni come: incontro, neutralità, incontri assistiti; Le prime esperienze di spazio neutro ci sono in Francia e Regno Unito, inizialmente in spazio privato e non pubblico. In Canada è denominato “Vigilanza”; In Italia importante è stata l’esperienza della Casa dei Papà, la prima a permettere il pernotto. Gli incontri in luogo neutro possono essere attivati per diversi settori di intervento: ✓ situazioni in cui è presente un’elevata conflittualità tra i genitori che ha portato a una discontinuità o sospensione dei rapporti con uno dei due o un altro membro del nucleo familiare allargato; ✓ allontanamento del minore dal nucleo familiare di origine in seguito di un collocamento in una comunità per minori o in affidamento etero familiare; ✓ situazioni in cui un genitore è sospettato di maltrattamento o abuso sessuale, oppure in cui è accertata una violenza intrafamiliare e assistita dal minore; ✓ situazioni in cui i genitori sono affetti da patologie sanitarie quali problematiche psichiatriche, tossicodipendenza. Lo Spazio Neutro è attivato in caso di: Separazione conflittuale e rifiuto dei figli a incontrare uno dei due genitori, Ordini restrittivi verso ex partner, Precoce frattura di rapporto o riconoscimento tardivo, Limitazione temporanea delle responsabilità genitoriali, Procedimenti penali in corso, Condanne per maltrattamenti abusi e violenze, Adozione (in casi particolari) Lo scopo di tali incontri: è garantire la relazione del minore con i familiari, favorire la comunicazione, garantire la protezione del minore in casi di maltrattamento o sospetto abuso, garantire il diritto di visita dell’adulto salvaguardando l’interesse del minore. L’obiettivo generale del servizio è favorire e sostenere la continuità della relazione tra il bambino e i suoi genitori o altre persone affettivamente significative. Vuole far recuperare, mantenere e migliorare la relazione parentale, sostenendo le capacità genitoriali recuperabili attraverso percorsi individualizzati, nel rispetto dei bisogni evolutivi dei minori, quando il conflitto tra i genitori o altre situazioni compromettono il rapporto genitori/figli. L’obiettivo importante degli incontri protetti è quello di recuperare una comunicazione adeguata e funzionale tra bambino e genitore, che vada al di là del conflitto genitoriale e che permetta al genitore di tenere "a mente" il bambino, cioè di focalizzarsi sui suoi bisogni tenendolo fuori dal conflitto e dalle questioni di coppia. Cosa si intende per spazio neutro? Il "Luogo Neutro" è uno spazio fisico, temporale e relazionale volto a favorire il mantenimento o la ripresa dei legami familiari. Lo Spazio Neutro, infatti, è un servizio che assicura l’esercizio del diritto di visita e di relazione che s’ispira ai principi enunciati dall’art. 9 della Convenzione ONU dei diritti dell’infanzia: “mantenere relazioni personali e contatti diretti in modo regolare con entrambi i genitori, salvo quando ciò è contrario al maggior interesse del bambino” (New York, 1989). Come avviene Lo Spazio Neutro avviene in un luogo neutrale al conflitto tra i genitori: si tratta un ambiente accogliente opportunamente attrezzato e organizzato per favorire l’incontro e la relazione tra minore e genitore non affidatario, tutelando il minore nel suo diritto di visita e di relazione, in un setting tecnico professionale alla presenza di operatori qualificati. Il setting Deve comprendere una sala d’osservazione con telecamere a circuito chiuso e specchio unidirezionale, stanza degli incontri, stanza dei colloqui, spazio esterno, due bagni e possibilmente due ingressi (spesso si danno orari diversi), sala d’aspetto per l’altro genitore. La sala d’osservazione Deve essere al massimo accogliente per il bambino, è composta da: tavolino basso, tappeto, divano, tavolo con sedie, libreria, giochi adatti alle diverse fasce d’età, giochi di ruolo, giochi da esterno (racchette, birilli) carta e colori, forno a microonde (per fare una piccola merenda o una piccola cena), orologio, lettore dvd e monitor. Importante ° far capire al bambino che si trova in un luogo che può controllare, in cui può decidere; ° se il bambino porta un oggetto da casa, bisogna incoraggiarlo a portarlo per farlo sentire protetto. Le telecamere devono essere ovunque anche se non sono obbligatorie, l’ideale sarebbe avere un giardino per la fase di neutralizzazione, l’uscita dalla stanza è un traguardo. ° L'operatore deve avere la capacità di mantenersi più o meno a margine della relazione a seconda che si trovi in una situazione di valutazione, monitoraggio o facilitazione delle relazioni. Deve comunque tutelare il benessere del bambino senza esprimere giudizi sul genitore. ° Purtroppo nell'ultimo periodo assistiamo a un impoverimento del significato di questo "spazio" che viene affidato, abbandonato al primo operatore libero, indipendentemente dalla sua formazione o dal suo ruolo, facendogli perdere quel valore che era in grado di offrire: un grande margine di aiuto alle famiglie e una grande fonte di materiale clinico per il professionista. ° Le comunicazioni con il tribunale sono sempre tramite assistente sociale, con procedure scritte. Le fasi dell’intervento sono quattro: Preparazione, Fase degli incontri protetti, Fase di naturalizzazione, Chiusura. Incontro protetto: le fasi di ciascuno incontro Di seguito riporto le tre fasi in cui in genere si articola ciascun incontro adulto-minore per l'intera durata dell'intervento: 1. Pre-visita -- L'incontro viene preceduto da un breve colloquio di pre-visita tra l'operatrice, che "presidierà" l'incontro (dentro o fuori dalla stanza), e il genitore. Questo momento è di estrema importanza in quanto permette al genitore di avvicinarsi all'incontro con la giusta disposizione, condividendo con l'operatrice ansie e preoccupazioni insorte durante il periodo di assenza in modo da evitare di riversarle sul figlio. In questa fase l'operatrice, quindi, assume una funzione di accoglimento e contenimento, attraverso un ascolto partecipato e la comprensione dei sentimenti vissuti dai genitori o dai parenti; a volte vengono proposti alcuni spunti di riflessione su quanto avvenuto negli incontri precedenti, provando insieme a instaurare relazioni più adeguate. 2. Incontro -- È di fondamentale importanza prestare particolare attenzione alle modalità del saluto iniziale: come bambino e genitore/parente si esprimono dal punto di vista verbale, ma soprattutto da quello non verbale e della prossemica, i sentimenti che mettono in relazione. Durante l'incontro l'operatrice, se è presente nella stanza, si tiene ai margini della stanza, permettendo alla relazione di esprimersi secondo modalità individuate dai presenti. Nei primi incontri, soprattutto se sono in fase di valutazione, il comportamento di tutti non sarà spontaneo, ma successivamente anche in presenza della video-registrazione, le interazioni si fanno più naturali e spesso vengono toccati anche argomenti particolarmente significativi. Lo spazio protetto permette di chiarire e fare osservazioni, in quanto i bambini si sentono supportati dalla presenza dell'operatrice e più liberi di esprimersi. L'operatrice ha modo di dare qualche indicazione o consiglio e permette di approfondire anche assieme ai genitori questioni importanti (come ci si è sentiti rispetto all'intimità, alla spontaneità, argomenti di conversazione, emozioni percepite e osservate). 3. Congedo dalla struttura – Il momento dei saluti diventa un momento significativo perché permette di osservare lo stato emotivo del bambino, attraverso il suo modo di gestire il distacco dal genitore e dal Servizio stesso. L'operatrice si pone nei confronti del genitore o parente come "contenitore del contenente", svolgendo nei suoi confronti una funzione a sua volta genitoriale, paterna, e quindi rassicurante e incoraggiante. Verbale e relazione periodica Al termine di ogni incontro viene compilata una scheda di osservazione (per il Servizio sociale e per l'équipe interna), con l'obiettivo di riassumere quanto avvenuto in visita e a riportare nel modo più oggettivo possibile i contenuti relazionali presenti. Particolare attenzione viene posta nell'osservazione delle interazioni che si sviluppano nel momento iniziale e finale dell'incontro. Periodicamente, circa ogni sei mesi, viene poi stesa una relazione che tira un po' le fila degli incontri da tutti i punti di vista (i saluti iniziali e finali, le attività svolte, i contenuti emersi, le dinamiche abituali) e riporta anche alcune osservazioni personali dell'operatrice che non erano presenti nei verbali. Durata Il numero e la durata di ogni incontro sono definiti dall’Autorità Giudiziaria a cui l’Assistente Sociale referente per il servizio spazio neutro, relazionerà quanto accaduto negli incontri in concerto con l’educatore e lo psicologo. La relazione permetterà di comprendere se vi possa essere la possibilità di proseguire le relazioni genitore-figlio autonomamente. Importante Spesso non è possibile farle tutte, poiché alcuni neanche si presentano. Per preparare l’intervento si lavora circa un paio di settimane, si fanno dei colloqui ed è necessario fin da subito mettere delle regole, è opportuno che gli operatori mantengano una linea “rigida”. Va preso sempre un tempo per osservare. Non è di competenza del servizio la valutazione delle capacità genitoriali; è invece consigliabile –e quasi sempre viene effettuato –il sostegno alla genitorialità. Creazione o ricostruzione Nella prassi, il genitore incontrante è indirizzato, all’inizio o al termine degli incontri, dagli operatori alla creazione o ricostruzione di un legame con il bambino, affinché questi possano in futuro relazionarsi autonomamente. I professionisti danno consigli pratici su come porsi nei confronti del minore, in relazione all’età di quest’ultimo aiutando a comprendere quali giochi proporre o quali argomenti affrontare con il proprio figlio. Il genitore può, comunque, in ogni momento richiedere un consulto con gli operatori. Cosa si fa in spazio neutro Spesso capita che nello Spazio Neutro si festeggino compleanni, si guardino film o video, magari di una recita. Condividere le attività è importante, anche fare i compiti del bambino insieme. Si danno anche compiti a casa sia per i figli sia per i genitori (magari il compito di cercare vecchie foto): è significativo vedere se il genitore si attiva. Controllare il tempo è necessario per fare al meglio l’incontro. Importante è anche il rituale dei saluti. Bisogna prendere tutto quello che il bambino porta come tutto positivo. Importante è la continuità del rapporto anche con l’operatore, occorre capire cosa rassicura il bambino, se ci sono nella sua vita anche altre figure di riferimento (eventuali compagni/e dei genitori). Spazio Neutro e Mediazione familiare L’esperienza di Spazio Neutro è temporanea e mira ad una ricostruzione della responsabilità genitoriale: può essere anche una fase di preparazione alla mediazione familiare. Nella fase di naturalizzazione si può fare la mediazione o –se gli incontri vanno bene –si possono sospendere gli incontri protetti e passare alla mediazione. Durante il percorso di mediazione, il mediatore, come terzo imparziale, aiuta i genitori a gestire il conflitto e le difficoltà sia emotive sia organizzative che derivano dall’evento separativo. La cooperazione Affinché la relazione possa evolversi ed il bambino possa acquisire fiducia nel genitore incontrante è importante che venga, al contempo, supportata la cooperazione tra le figure genitoriali. Infatti, soprattutto nei casi di separazione conflittuale, si propone anche la mediazione familiare tra i genitori volta, non a riconciliare gli stessi, bensì a supportare la collaborazione per evitare che il genitore affidatario possa ridurre la volontà del bambino a relazionarsi con il genitore incontrante. L’equipe multidisciplinare è composta da: assistenti sociali, educatori, psicologi, supervisore clinico. La rete deve essere organizzata: sono presenti l’autorità giudiziaria, il servizio sociale, l’equipe spazio neutro, la famiglia (e in alcuni casi: ASL, consultorio, CTU, Forze dell’Ordine; più raramente avvocati, CTP, Associazioni padri separati, Centri antiviolenze). I professionisti coinvolti Il servizio per il diritto di visita e di relazione coinvolge un’équipe professionale formata da uno psicologo, un assistente sociale ed un educatore: tutti i professionisti si coordinano tra loro. L’equipe è sempre disponibile e presente per entrambi i genitori e in egual modo con il minorenne; in caso di problematiche, dubbi o difficoltà tutti i soggetti coinvolti possono contattare i professionisti o richiedere un incontro. All’assistente sociale è demandato un ruolo di coordinamento e gestione dello spazio-neutro; alla ricezione del dispositivo giudiziario, egli contatta e, successivamente, incontra i genitori del minore. acquisirà informazioni sul nucleo, utilizzando le cartelle sociali già presenti presso il servizio; successivamente, egli avrà il compito di spiegare ad entrambi i genitori cosa accadrà durante gli incontri, la loro durata e l’obiettivo finale. Dopo l’incontro con i soggetti coinvolti, vi sarà un coordinamento con gli altri professionisti per presentare il nucleo e decidere quando realizzare gli incontri. Infine, egli è incaricato di relazionare all’Autorità Giudiziaria l’esito di quanto svolto. Lo psicologo ha, invece, il compito di incontrare il minorenne protagonista degli incontri e i genitori, separatamente; egli aiuterà gli adulti a comprendere il fine degli incontri e sosterrà entrambi in caso di difficoltà. l’incontro con il figlio, di solito, avviene in due volte: il primo appuntamento prevederà la figura del genitore affidatario, con cui il bambino convive e ha un forte legame affettivo, il secondo da solo; in entrambi il professionista ha il compito di aiutare, con modalità consone all’età del minorenne, quanto avverrà negli incontri e il perché essi si stanno svolgendo; inoltre, si porrà come figura di riferimento per il bambino. I colloqui con lo psicologo continueranno per tutta la durata degli incontri; qualora vogliano, i soggetti coinvolti, prima o dopo la realizzazione dello spazio neutro, possono chiedere di parlare con il professionista. L’educatore si occupa della parte operativa: egli aiuterà il genitore incontrante a decidere quali attività e giochi svolgere con il bambino, in relazione alla sua età. Si occuperà di relazionare all’assistente sociale coordinatore quanto avvenuto nell’incontro, comprese le modalità relazionali tra genitore-bambino e i sentimenti, le emozioni espresse da entrambi durante l’incontro. Disposizioni per il corretto svolgimento degli incontri protetti Regole per chi partecipa all’incontro 1) Rispettare gli orari di arrivo e partenza concordati con i Servizi sociali Territoriali; 2) Tenere un comportamento e un linguaggio consono alla presenza dei bambini (non alzare il tono della voce, non dire parolacce); 3) Parlare solo in italiano ed in modo che tutti i presenti possano comprendere quanto detto; 4) Non fare foto o video senza il consenso dell’educatore; 5) È vietato l’uso del cellulare salvo consenso dell’educatore; 6) Non esprimere giudizi negativi sull’altro genitore/familiare/comunità; 7) Non portare altre persone all’incontro protetto senza averlo condiviso con l’Assistente sociale; 8) Rispettare gli accordi presi con l’assistente sociale in merito ai regali o altre cose da portare durante l’IP; 9) Aver cura degli spazi e degli oggetti/giochi presenti in stanza. Regole per chi accompagna il minore all’incontro 1) Rispettare gli orari di arrivo e partenza; 2) Tenere un comportamento ed un linguaggio adeguati alla presenza dei bambini; 3)Parlare solo in italiano e in modo che tutti i presenti possano comprendere quanto detto; 4) Non sostare nel parcheggio di fronte all’edificio in cui si trova la sala degli incontri; 5)Non fare eccessive rassicurazioni al bambino così da evitare inutili preoccupazioni; 6) Non esprimere giudizi negativi sull’altro genitore/familiare/comunità; 7) Non presentarsi prima dell’orario di fine incontro; 8) Non portare altre persone se non con consenso dei servizi. Obblighi dell’educatore 1) Presiedere per l’intera durata dell’IP e intervenire qualora vengano messi in atto comportamenti pregiudizievoli per il minore, quali ad esempio: toni aggressivi, domande inappropriate, atteggiamento critico e giudicante, il bambino piange e il genitore non lo consola in modo adeguato o non riesce a consolarlo, utilizzo del cellulare; 2) Osservare e facilitare l’IP assumendo un comportamento adeguato e collaborante con gli adulti presenti durante l’IP allo scopo di raggiungere l’obiettivo comune di far trascorrere al minore un momento quanto più sereno; 3) Attenersi agli accordi presi con l’assistente sociale titolare del caso senza apportare modifiche alle indicazioni fornite in sede di avvio (es. Allungare l’incontro protetto perché vi è stato un ritardo nell’inizio; recuperare l’IP non svolto); 4) Far rispettare le regole a tutte le persone presenti, osservare l’andamento dell’incontro protetto e, qualora lo ritenga opportuno nel superiore interesse del minore, può decidere di sospendere l’incontro. In merito all’andamento dell’incontro, l’educatore deve necessariamente informare il Servizio sociale competente che ha il compito di aggiornare l’Autorità giudiziaria. Obblighi del servizio sociale Il Servizio Sociale Professionale, su mandato dell’Autorità giudiziaria, ha la titolarità dell’intervento, l’obbligo di monitorare l’andamento e di aggiornare periodicamente il Giudice. La scheda dovrà essere essenziale e contenere: - dati anagrafici del minore e dei suoi genitori (dati della famiglia affidataria qualora sia presente) - stato giuridico del minore e suo attuale collocamento - indicazione sui decreti - tipo di mandato al Servizio di Spazio Neutro (frequenza delle visite, orari qualora indicati dal decreto o proposte del servizio) - figure professionali coinvolte - servizi coinvolti - data di interruzione dei rapporti tra il minore e l’incontrante - storia del nucleo familiare È importante sottolineare che la situazione segnalata in termini di titolarità giuridica e operativa rimane ai Servizi del Territorio. Le adozioni e la loro disciplina giuridica L’adozione è un istituto giuridico che permette ad un soggetto, detto adottante, di trattare un altro soggetto, detto adottato, come figlio, il quale assume il cognome dell’adottante. L’adozione è consentita a favore di minori dichiarati in stato di adottabilità in seguito alla dichiarazione di stato di abbandono ovvero privo di mezzi di assistenza morale e fisica dalla famiglia biologica. LA CONVENZIONE DELL’AJA Il 29 maggio 1993 viene redatta la convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, detta Convenzione dell’Aja, ratificata dall’Italia il 31 dicembre 1998 con la legge n. 476/98. Per la prima volta viene posto al centro del concetto di adozione il minore e i suoi diritti, tra cui quello di avere una famiglia. LA LEGGE ITALIANA "diritto del minore a una famiglia" Legge 4 maggio 1983 n.184 (modificata dalla Legge 149/2001 e dalla Legge 31 dicembre 1998 n. 476 di ratifica della Convenzione dell’Aja. Quest’ultima in tema di adozioni internazionali. Art.27: «L’adozione fa assumere, al minore adottato, lo stato di figlio, nato dal matrimonio degli adottanti dei quali porta anche il cognome.» La stessa legge prevede tre tipi di adozioni: l’adozione nazionale (disciplinata dal Titolo II - Capo I agli artt. 6 – 7) in cui il minore di età viene dichiarato in stato di abbandono dal T.M. E’ detta nazionale non già perché il minore da adottare debba essere necessariamente di nazionalità italiana ma perché la procedura si svolge interamente ad opera del Tribunale per i minorenni; l’adozione di minori stranieri (adozione internazionale) ed in tal caso l’Italia si adegua ai precetti della Convenzione dell’Aja (L. 476/98 artt. 3 e ss.); l’adozione in casi particolari (art. 44 lett. a), b), c), d)) L. 184/83 e ss. mm e ii. Secondo tale legge, i requisiti per ottenere il provvedimento di idoneità all’adozione (artt. 6 e 7) per gli aspiranti adottanti sono che: 1 devono essere uniti in matrimonio da almeno tre anni e non deve essere in corso tra di essi separazione personale nemmeno di fatto; 2 I coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare; 3 Tra gli aspiranti adottanti e l’adottato deve esserci una differenza di età compresa tra i 18 e i 45 anni; 4 Consenso da parte dei genitori della coppia. Come si procede alla richiesta di adozione Le aspiranti coppie genitoriali devono presentare domanda presso il Tribunale per i minorenni competente per territorio. Possono essere presentate anche più domande successive purché venga data informazione ai Tribunali precedentemente aditi. La domanda ha durata tre anni è può essere rinnovata previa verifica della permanenza dei requisiti. Le adozioni internazionali (L. 184/83 integrata dalla L. 476/98) Le coppie che hanno ricevuto il decreto di idoneità all’adozione e decidono di intraprendere la procedura per l’adozione internazionale, entro un anno dal decreto devono conferire mandato ad uno degli Enti autorizzati dalla CAI. La Commissione per le adozioni internazionali (CAI) (art. 39 e ss.) È un organo di vigilanza istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ed è composto da 20 membri più tre esperti. Il Presidente è nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri ed è scelto tra magistrati che abbiano esperienza in campo di diritto di famiglia e adozioni o tra un dirigente statale di pari formazione. I membri durano in carica quattro anni mentre per gli esperti il mandato è annuale. Collabora con le Autorità straniere di riferimento; Certifica la conformità delle adozioni (che la procedura sia corretta, che non ci siano brogli tra famiglia affidataria e biologica). Gli Enti autorizzati (art. 39 - ter) Altro organo di rilievo per le adozioni internazionali sono gli Enti autorizzati dalla CAI che sono iscritti in un apposito albo tenuto presso la Commissione stessa. Essi devono ricevere l’accreditamento del Paese ove intendono operare. I requisiti per ottenere l’autorizzazione sono: A. essere diretti e composti da persone di adeguata formazione e competenza nel campo delle adozioni internazionali; B. devono avvalersi di professionisti in campo sociale, giuridico e psicologico; C. devono disporre di un’adeguata struttura organizzativa in almeno una regione o in una provincia autonoma in Italia; D. non devono avere fini di lucro e una gestione contabile trasparente in particolare in ordine ai costi dell’adozione; E. non devono avere e non operare discriminazioni nei confronti delle persone che aspirano all’adozione; F. devono impegnarsi a partecipare ad attività di promozione dei diritti dell’infanzia; G. devono avere sede legale nel territorio nazionale. Affidamento preadottivo (artt. 22-24 L. 184/83) L’affidamento preadottivo è condizione necessaria perché l’adozione diventi definitiva. Generalmente dura un anno con possibilità di proroga per un ulteriore anno. Può essere revocato quando l’inserimento del minore nel nucleo familiare adottivo si rivela fallimentare. L’adozione in casi particolari (art. 44 L. 184/83) o adozione semi – piena o mite. È un tipo di adozione a cui si giunge quando non è possibile pronunciare l’adozione piena. È quando il minore entra a far parte di un nucleo familiare degli adottanti e non perde la relazione con la famiglia di origine, né il cognome infatti viene posposto a quello degli adottanti. L’art. 44 prevede quattro ipotesi specifiche: A) Adozione di un minore, orfano di entrambi i genitori, affidato a parenti fino al 6° grado (anche vicino di casa se dimostra che ha legame stretto con minore); B) Coniuge che adotta il figlio dell’altro coniuge (il minore, se ha più di 12 anni devono dare il consenso perché potrebbero anche rifiutare); C) Minore portatore di handicap che rimane privo di assistenza; D) Minore non in stato di abbandono, non c’è diritto all’adozione ma ha alle spalle una famiglia che non se ne può prendere cura. In tutti i casi di adozione in casi particolari si può adottare essendo un solo genitore oppure se in 2 non essendo sposati 3 anni. Questa adozione mite è l’unica che può essere revocata. Il gruppo e l’intervento sociale Il termine gruppo generalmente designa un insieme di persone tra le quali esistono interazioni sociali. Gruppus nel latino medioevale significava nodo; kruppa nel germanico significava massa arrotondata intorno alla quale le persone sviluppano relazioni faccia a faccia; in lingua italiana un insieme di persone riunite a formare un tutto. Queste accezioni portano a un concetto ovvero il gruppo è un insieme dinamico costituito da persone che si percepiscono parte di un sistema e che si influenzano a vicenda condividendo interessi, scopi e norme comportamentali. Secondo l’approccio sociologico il gruppo è un’unità sociale autonoma interna al sistema sociale che corrisponde a più individui caratterizzata da: interdipendenza tra i membri, riconoscimento reciproco, scopo comune, interazione