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Lezione 1 – Clinica medica dei piccoli animali - Prof. Proverbio CLINICA MEDICA DEI PICCOLI ANIMALI 1 Lezione 1 – Clinica medica dei piccoli animali - Prof. Proverbio ORGANIZZ...

Lezione 1 – Clinica medica dei piccoli animali - Prof. Proverbio CLINICA MEDICA DEI PICCOLI ANIMALI 1 Lezione 1 – Clinica medica dei piccoli animali - Prof. Proverbio ORGANIZZAZIONE DEL CORSO Non verranno approfondite malattie già trattate lo scorso semestre (Patologia medica e Cardiologia). Scopo del corso: svolgere un ragionamento, partendo dal sintomo e arrivando alla diagnosi. Le lezioni sono strutturate partendo da un caso clinico che verrà risolto in aula attraverso l’utilizzo del ragionamento e l’utilizzo delle conoscenze acquisite gli anni precedenti. All’esame sarà valutata la conoscenza della materia, ma soprattutto il ragionamento sul quesito. CLINICA DEI PICCOLI ANIMALI La visita clinica consiste in un’indagine, i cui scopi sono: Individuare i sintomi (problema) Formulare delle diagnosi differenziali Programmare un piano diagnostico Formulare una diagnosi Emettere una prognosi Instaurare una terapia Individuare il problema/sintomo Sintomo: qualsiasi disturbo che richieda una gestione sanitaria. Individuare il problema non è sempre facile, soprattutto in pazienti polisintomatici. I sintomi possono essere singoli o associati. Un classico esempio di sintomi associati è quello relativo a poliuria e polidipsia. Tale associazione di sintomi è riconducibile a diverse patologie, tra cui piometra, diabete insipido, insufficienza renale cronica e morbo di Cushing. Il problema può essere un: Segno clinico: è un reperto patologico oggettivo, un’alterazione anatomica secondaria ad uno stato patologico, che il veterinario rileva in sede di visita clinica. Dato anamnestico: l’anamnesi è la storia clinica del paziente, riportata dal proprietario. Esistono diverse tipologie di anamnesi: o Anamnesi patologica:  remota: traumi, patologie, chirurgie pregresse  recente/orientata al problema: consente di inquadrare il problema attuale. È bene chiedere da quanto tempo è presente il problema, se si è aggravato o è rimasto stabile dal momento in cui è comparso la prima volta, l’eventuale correlazione con altre attività, con che frequenza si manifesta il sintomo. Ad esempio, se un paziente ha come sintomo il vomito, sarà utile chiedere al proprietario: quando vomita, cosa vomita, con che frequenza e da quanto tempo, se è un esordio acuto (come nel caso delle malattie infettive) o cronico. Tutte queste informazioni sono utili per discriminare una malattia da un’altra; o Anamnesi ambientale: in che ambiente vive il paziente, se ha accesso all’esterno, se fa molti spostamenti o Anamnesi collettiva o individuale fisiologica: a che età e dove è stato preso l’animale, che stile di vita conduce, convivenza con altri animali e rapporto con essi, che tipo di alimentazione viene somministrata (commerciale, casalinga, mista) e quanti pasti fa al giorno, appetito, sete, profilassi vaccinale e antiparassitaria, storia riproduttiva (++ nelle femmine intere) o Anamnesi familiare: genealogia del paziente (per valutare la presenza di eventuali patologie a carattere ereditario) Dato di laboratorio: il paziente è sano, ma dati del laboratorio possono evidenziare delle patologie sottostanti. Reperto radiografico/ecografico Reperto anatomo-patologico 2 Lezione 1 – Clinica medica dei piccoli animali - Prof. Proverbio Formulazione di diagnosi differenziali Una volta individuato il sintomo/i sintomi, si procede con l’elencazione di diverse diagnosi differenziali. Tali diagnosi devono essere elencate in ordine di probabilità, dalla più probabile alla meno probabile. Per stabilire l’ordine di probabilità delle diverse diagnosi, bisogna tenere conto dell’epidemiologia di ogni patologia in elenco. In particolare, è fondamentale considerare: Prevalenza: a seconda del luogo in cui ci si trova, ci sono patologie più o meno comuni. Ad esempio, in Lombardia la filaria è più comune che in Sicilia. Età: esistono patologie più tipiche del giovane e altre più comuni nell’anziano. Razza: ogni razza è predisposta a differenti patologie. È bene conoscere le diverse predisposizioni di razza, al fine di creare una corretta classifica delle diagnosi differenziali. Ad esempio, in un paziente con prurito, è bene considerare la razza, poiché ne esistono alcune geneticamente predisposte ad allergie alimentari o da contatto. Generalmente tali allergie vengono poste per ultime nell’elenco di diagnosi differenziali (vengono infatti diagnosticate per esclusione), ma in caso di razze predisposte salgono molto nella classifica. Programmazione di un piano diagnostico In seguito alla formulazione delle DD si programma un piano diagnostico (ossia di definiscono test e procedure) adeguato, al fine di escludere/confermare l’ipotesi diagnostica. Il piano diagnostico si imposta partendo sempre dagli esami meno invasivi e meno costosi, per arrivare poi, qualora l’ipotesi diagnostica venisse esclusa, ad esami più complessi, invasivi e costosi (ad esempio, per la cute si può iniziare con uno scotch test, in seguito si può eseguire una citologia ed infine, se necessario, si può effettuare una biopsia. Diversamente, in caso di rinorragia, si parte con un’analisi del sangue per escludere piastrinopenia, coagulopatie e presenza di agenti eziologici come leishmania, aspergillus, erlichia, ecc. In caso di esito negativo, si può passare ad eseguire una rinoscopia. Tra le cause di rinorragia ritroviamo anche tumori e avvelenamento da rodenticidi) Emissione della prognosi Una volta identificata la patologia, bisogna comunicare al proprietario/detentore dell’animale la prognosi, che può essere fausta (benigna), riservata o infausta. Prescrizione di una terapia In conclusione, il medico veterinario prescrive una terapia (qualora esista). Per far ciò deve conoscere le classi farmaceutiche utili per la cura o il trattamento della patologia e può anche avvalersi dei prontuari farmaceutici cartacei o digitali (per reperire dosaggi, modalità di somministrazione, tempi di somministrazione, etc.). Esistono delle patologie controllabili ma non guaribili, in cui il paziente riesce a condurre una vita normale pur rimanendo malato, come FIV, diabete mellito, ipotiroidismo, cushing, ecc. Riassumendo, gli step della clinica sono: 1. Segnalamento, anamnesi, visita clinica → obiettivo: individuazione del problema/sintomo 2. Formulazione diagnosi differenziali 3. Programmazione piano diagnostico → obiettivo: confermare/escludere sospetto diagnostico 4. Diagnosi 5. Prognosi 6. Terapia VISITA CLINICA 1. Segnalamento 2. Anamnesi → individuare il motivo della visita (problema) → porre domande relative al problema, così da ottenere maggiori informazioni (anamnesi orientata al problema) 3. Visita clinica (EOG) 4. EOP 5. Elencazione di diagnosi differenziali 3 Lezione 1 – Clinica medica dei piccoli animali - Prof. Proverbio 6. Programmazione di un piano diagnostico di 1° livello: gli esami di 1° livello consentono di escludere alcune delle diagnosi differenziali precedentemente ipotizzata. 7. Programmazione piano diagnostico di 2° livello: gli esami di 2° livello consentono di confermare il sospetto diagnostico. Ad esempio, se si sospetta la presenza del morbo di Cushing, in prima istanza si eseguono delle analisi del sangue (esami di 1° livello), per escludere eventuali altre patologie. Se il sospetto diagnostico rimane il morbo di Cushing, si può confermare la presenza della patologia mediante test di soppressione con desametasone/stimolazione con ACTH. Per alcune patologie di facile identificazione (es. FIV), non si rende necessario eseguire esami di 2° livello. 8. Diagnosi 9. Prognosi 10. terapia RAPPORTO CON IL PROPRIETARIO Al termine della visita, il proprietario avrà le seguenti domande: - abbiamo una diagnosi? - La malattia è curabile? Se sì, in quali tempi? A quali costi? Con quali terapie? Ci sarà un recupero completo? Il medico veterinario ha l’obbligo di informare il cliente di: - Sospetti diagnostici - Procedure necessarie per arrivare alla diagnosi - Costi - Rischi (in caso di indagini invasive) Una volta ottenuta la diagnosi, il veterinario deve inoltre informare il proprietario sulla prognosi e sulle terapie da seguire (devono essere facilmente somministrabili e il meno dispendiose possibili per il proprietario). È bene comunicare se la patologia è guaribile o meno e quali possono essere possibili evoluzioni e/o complicanze. Ad esempio, in un paziente con diabete mellito, dovremo informare il proprietario che si tratta di una patologia curabile ma non guaribile, che nel gatto può determinare atteggiamento plantigrado e nel cane può comportare insorgenza di cataratta. Nel caso di una cagna con ipotiroidismo, bisogna informare il proprietario che tale patologia può avere ripercussioni sulla fertilità e, anche con la terapia, non è detto che l’attività riproduttiva dell’animale si ripristini. Prima di una procedura anestesiologica e/o chirurgica, è bene far firmare al proprietario il consenso informato. Al termine della visita, il veterinario deve inoltre fornire al proprietario un referto clinico indicante: - Motivo della visita; - Rilievi clinici; - Esami collaterali; - Diagnosi/conclusioni; - Accertamenti consigliati; - Terapie È bene fornire inoltre un foglio di dimissioni, con indicazioni al proprietario su come somministrare la terapia ed eventuali accorgimenti da adottare. È inoltre importante dichiarare per iscritto il rifiuto da parte del proprietario di eventuali indagini collaterali proposte dal medico, in modo da tutelarsi in caso di contenziosi. Per ottenere la massima compliance (disponibilità a seguire la terapia prescritta) da parte del proprietario, è bene: - Fornire istruzioni scritte e/o orali chiare e precise - Assicurarsi che il proprietario abbia realmente capito ed accettato il trattamento consigliato - Assicurarsi che sia possibile, da un punto di vista pratico, somministrare al paziente la terapia - Capire se, in relazione al tipo di proprietario che si ha davanti, il costo per le terapie è sostenibile 4 Lezione 1 – Clinica medica dei piccoli animali - Prof. Proverbio - Capire se il paziente/proprietario è disponibile a cambiare alcune sue abitudini (spesso infatti, soprattutto nelle patologie croniche, viene richiesto una considerevole modifica dello stile di vita del paziente). FOLLICOLITE CASO CLINICO – VELA Segnalamento: cane, FI, WHWT, 2 anni e mezzo. Anamnesi remota: presa in allevamento all’età di 1 anno, vaccinazioni regolari, regolare profilassi per filaria ed ectoparassiti. Vive in Lombardia. Anamnesi prossima (motivo della visita): dal momento dell’adozione (1,5 anni prima) presenta prurito intenso generalizzato. I proprietari hanno portato Vela in diverse cliniche, senza però mai riuscire a risolvere il problema. In sede di anamnesi remota vengono fatte al proprietario le seguenti domande: - GFO (mangia, beve, urina, defeca normalmente)? Conservate → tale domanda viene posta per capire se vi è un risentimento locale o sistemico. In questo caso il cane sta complessivamente bene, quindi non vi è risentimento generalizzato. - Profilassi vaccinale e parassitaria? Regolari - Alimentazione? Invariata da quando aveva 8 mesi, commerciale per adulto di buona qualità. Il cane mangia con appetito - Ambiente? Il cane vive in casa, senza altri animali conviventi In sede di anamnesi prossima orientata al problema vengono fatte al proprietario le seguenti domande: - Quando si gratta? Durante la giornata e la notte forse - Ci sono cambiamenti nel prurito durante l’anno? No - Smette di giocare o mangiare per grattarsi? No, quasi mai → tale domanda viene posta per valutare l’intensità del prurito. Essa si valuta infatti mediante la scala del prurito, che prevede delle specifiche domande da fare al proprietario per comprendere l’intensità del prurito. Esiste poi un’altra scala di misurazione del prurito, ovvero la scala Cadesi, che viene compilata dal veterinario in base alle lesioni che riscontra sull’animale. In questo caso, Vela non interrompe altre attività per grattarsi, ma probabilmente si gratta anche di notte → la si classifica con un prurito di 8. - Ci sono zone più interessate? Forse le zampe → tale domanda viene posta in quanto, a seconda delle aree maggiormente interessate dal prurito, possono esserci cause differenti. Il WHWT è una razza predisposta a dermatite atopica (da inalanti) che spesso si manifesta con prurito agli arti. Ci si accorge se tali individui si leccano con molta frequenza le zampe poiché la saliva (ricca di ferro) ossida il pelo, rendendolo di colore rossastro. Patologie pruriginose Le patologie pruriginose, in ordine decrescente di prurito, sono: 1. Morbo di Aujeszky: è la patologia più pruriginosa in assoluto, ma fortunatamente è molto rara 2. Rogna sarcoptica: Sarcoptes scabei si localizza nell’epidermide e scava gallerie → l’animale smette di mangiare per grattarsi e si gratta anche durante la visita. 3. Allergia alimentare (++ gatto): dal punto di vista clinico, è difficile differenziare una lesione da allergia alimentare da una lesione dovuta a rogna sarcoptica. Il gatto si provoca ulcere importanti; 4. Atopia (allergia da inalanti) 5. Dermatite da morso di pulce (DAP) 6. Piodermite 7. Cheyletiella (“forfora che cammina”): è un acaro di grosse dimensioni che si localizza sulla superficie della cute del dorso. Viene anche detto “forfora che cammina” perché è talmente grosso che mentre si muove sposta scaglie di forfora. 8. Dermatofitosi: il prurito è molto soggettivo. 5 Lezione 1 – Clinica medica dei piccoli animali - Prof. Proverbio EOG: nella norma EOP dermatologico: all’esame particolare della cute si riscontra:  Alopecia multifocale (“a macchia di leopardo”), in particolare a livello di collo, arti posteriori (superficie esterna) e addome  Eritema, papule e collaretti a livello addominale e inguinale → i collaretti indicano la presenza di una piodermite.  Eritema, seborrea e scaglie a livello di dorso e interdigitale Ripasso lesioni della cute Le più frequenti lesioni cutanee sono: Vescicola: contiene essudato. Papula: contiene infiltrato cellulare. Pustula: contiene pus. Collaretto: è l’esito della guarigione di una pustola. È un’area circolare alopecia delimitata da scaglie di epidermide. Distribuzione delle lesioni e prurito in base alla causa In dermatologia, diverse patologie sono accomunate dagli stessi sintomi, tipicamente prurito e alopecia. Tuttavia, a seconda della distribuzione delle lesioni, ci si può orientare verso patologie differenti: Otite, rogna sarcoptica → orecchie (nel caso di rogna: anche cavo ascellare, piatto delle cosce, parti volari di arti anteriori e posteriori) Dermatite atopica → arti e parte inferiore del corpo (fianchi, pancia, mani e piedi); Pododermatite e demodicosi → piedi; Dermatite da morso di pulce → dorso e piatto delle cosce; Pidocchi e Cheyletiella (acaro superficiale di grosse dimensioni) → dorso; In base ai segni clinici presentati dalla paziente, il ventaglio di diagnosi differenziali è:  Piodermite superficiale →è il principale sospetto diagnostico, per via della presenza dei collaretti. Essi rappresentano infatti l’esito di pustole, pertanto sono indicative di piodermite  DAP → sebbene la localizzazione del prurito di vela (arti ++) non faccia pensare ad una dermatite da morso di pulci, ogni caso di prurito si affronta sempre seguendo un preciso programma diagnostico, definito trial del prurito*  Atopia/allergia alimentare→nel cane si manifesta principalmente con prurito, il sintomo gastroenterico è sfumato;  Rogna sarcoptica;  Demodicosi → è una patologia causata da un acaro, Demodex canis, che si localizza nel follicolo pilifero e non dà prurito. La demodicosi può diventare pruriginosa qualora si instauri un’infezione batterica secondaria (per esempio una piodermite). La trasmissione avviene da madre a figlio, nelle prime ore di vita (72 h): mentre il cucciolo succhia il latte il parassita si trasmette per via percutanea. Tra adulti non dà alcun tipo di trasmissione.  Cheyletiella → dà prurito prevalentemente sul dorso, ma la mettiamo nelle diagnosi differenziali perché previsto dal trial del prurito 6 Lezione 1 – Clinica medica dei piccoli animali - Prof. Proverbio  Dermatofitosi → patologia causata da miceti (il più comune è Microsporus Canis) che tende a dare lesioni alopeciche poco o per niente pruriginose;  Seborrea idiopatica → il WHWT presenta una predisposizione di razza per tale patologia, che consiste in un difetto della cheratinizzazione, in cui la produzione eccessiva di sebo da parte delle ghiandole sebacee provoca un accumulo di sebo nel follicolo, con conseguente sofferenza della cute e creazione di scaglie mucose.  Dermatite atopica: il WHWT presenta predisposizione di razza. In questa razza, tale patologia tende a comparire entro il 3° anno di vita. Trial del prurito Il trial del prurito è un programma diagnostico che si mette in atto in ogni paziente che si presenta con prurito. Tale programma prevede che, indipendentemente dalle ipotesi diagnostiche, si eseguano una serie di procedure diagnostiche volte ad escludere la presenza di patologie dermatologiche pruriginose comuni. Il trial del prurito prevede l’esecuzione di: 1. Spazzolamento del mantello: eseguito per verificare la presenza di pulci. Per trovarle dobbiamo cercare feci di pulce sul mantello. Molto spesso, durante la visita le pulci non si trovano sul cane ma sono presenti nel luogo in cui vive il cane. Anche nel caso in cui il cane non dovesse presentare pulci, il trial del prurito prevede di eseguire in ogni caso un trattamento antipulci. 2. Scotch test: test molto specifico ma molto poco sensibile, che dà tanti falsi negativi. Viene eseguito per verificare la presenza di Cheyletiella e rogna. Anche in questo caso, il trial del prurito prevede che si tratti l’animale contro cheyletiellosi e rogna anche in caso di negatività allo scotch test (soprattutto perché essendo un test poco sensibile potrebbe dare dei falsi negativi). Per il trattamento si utilizzano farmaci molto maneggevoli. 3. Tricogramma: consiste in un prelievo di peli, necessario a verificare se i peli sono spezzati. Se i peli sono spezzati, significa che l’animale si gratta. Se il proprietario riferisce che l’animale si gratta, ma alla visita clinica il cane ha un bel pelo, assenza di lesioni e il tricogramma non mostra peli spezzati, è difficile che il paziente abbia una patologia particolarmente pruriginosa. Questo esame è utile anche per fare diagnosi di demodicosi, in quanto demodex rimane attaccato al pelo strappato. Inoltre, in caso di dermatofitosi, sul pelo si potrebbero osservare ife e spore (esame poco sensibile, il test gold standard per la dermatofitosi è la coltura); 4. Scarificazione superficiale: si effettua per verificare la presenza di rogna sarcoptica → non si deve arrivare al sanguinamento 5. Scarificazione profonda: si effettua per verificare la presenza di rogna demodettica → si deve provocare il sanguinamento Nel caso specifico di vela: - Spazzolamento del mantello: negativo per pulci e pidocchi - Scotch test: negativo per cheyletiella - Tricogramma: peli in fase telogena e anagena, molti con estremità spezzate. No evidenza di dermatofitosi o demodex - Citologia (per apposizione sulle pustole/aspirazione del pus mediante ago; scotch test): presenza di cellule cheratinizzate, alcuni PMN e cocchi fagocitati. In condizioni normali, sulla cute si rinvengono cocchi e bastoncelli. Si parla di condizione patologica (piodermite) qualora vi sia una massima presenza di cocchi e/o bacilli con contemporanea fagocitosi da parte dei neutrofili (in assenza di fagocitosi il sistema immunitario non sta rispondendo, perciò si può solo parlare di colonizzazione e non di condizione patologica, dovuta invece alla risposta infiammatoria che si instaura contro tali batteri) - Raschiati cutanei: negativi per sarcoptes - Piastra per coltura dermatofiti: negativa Diagnosi La diagnosi di Vela è quindi follicolite (piodermite superficiale) batterica. Non si può tuttavia escludere che vi siano altre patologie sottostanti (es. Cheyletiellosi, DAP, allergia alimentare o atopia). Nella maggior parte dei cani, infatti, la piodermite è secondaria ad altre patologie (la piodermite insorge in quanto, a causa del 7 Lezione 1 – Clinica medica dei piccoli animali - Prof. Proverbio continuo grattamento provocato dalla patologia primaria, il cane si determina degli autotraumatismi che favoriscono l’infezione batterica secondaria, e quindi l’insorgenza di piodermite). Pertanto, l’unica soluzione è trattare la paziente per la follicolite ed effettuare un controllo successivo per verificare che i sintomi siano scomparsi. 8 02/10/2023 – Lezione 2 – Clinica medica piccoli animali – Prof. Proverbio Xoxo, Lele KAHOOT DI RIPASSO La risposta giusta è riportata in grassetto. 1. Quali sono le localizzazioni delle lesioni da rogna sarcoptica nel cane? a. Padiglioni auricolari e parte volare degli arti; b. Coda e addome; c. Piedi e mani; d. Dorso. Le lesioni sul dorso sono date da dermatite allergica da pulci (DAP) e Cheyletiella. 2. Quali tra le seguenti patologie sono generalmente più pruriginose? a. Piodermite, atopia; b. Allergia morso di pulce, Cheyletiella; c. Rogna sarcoptica, allergia alimentare; d. Atopia, allergia alimentare; La Cheyletiella tra queste è quella meno pruriginosa. 3. L’infestazione da Cheyletiella nel cane si localizza prevalentemente su: a. Addome; b. Testa; c. Dorso; d. Mani e piedi. 4. Le lesioni da allergia da morso di pulce DAP si localizzano prevalentemente a livello di: a. Muso e orecchie; b. Addome; c. Dorso e attaccatura della coda; d. Piatto della coscia. Sull’addome si possono vedere le pulci, ma le lesioni da DAP si ritrovano di più a livello di dorso e attaccatura della coda. Inoltre l’attaccatura della coda è proprio il sito in cui si vanno a ricercare le feci delle pulci e le pulci stesse per fare diagnosi. 5. La scala del prurito serve per: a. Determinare la gravità del prurito; b. Determinare da quanto tempo è presente il prurito; c. Determinare se il prurito è antecedente alle lesioni. 6. Nel cane atopico le lesioni più pruriginose sono localizzate principalmente nelle aree inferiori del corpo. a. Vero; b. Falso. Le lesioni si trovano principalmente a livello di cavo ascellare, addome, piedi. 7. Il riscontro di cocchi fagocitati all’esame citologico della cute indica: a. Infezione del follicolo; b. Sovra crescita batterica; c. È normale; d. Infezione batterica. I cocchi sono normalmente presenti sulla cute, ma il fatto che siano stati fagocitati indica che si tratta di infezione batterica. Nel caso di sovracrescita batterica, invece, si ritroverebbero batteri a tappeto, ma non ci sarebbe fagocitosi in quanto manca la risposta immunitaria. CASO CLINICO (parte II) Le patologie sottostanti alla follicolite potrebbero essere atopia, allergia alimentare, DAP e Cheyletiella. Dopo aver curato la follicolite batterica, si esegue il trial terapeutico del prurito. Il trial terapeutico del prurito prevede di trattare le patologie per cui non ho a disposizione un test che, se negativo, mi permetta di escludere sicuramente la presenza dei parassiti → in questo modo sono sicuro di poter escludere DAP, Cheyeletiella e Sarcoptes. 1 02/10/2023 – Lezione 2 – Clinica medica piccoli animali – Prof. Proverbio Xoxo, Lele Trattamento per la follicolite Il trattamento per la follicolite consta in: Una terapia sistemica: in questo caso è stata scelta della cefalexina, un antibiotico attivo nei confronti dei cocchi con dosaggio di 30 mg/kg per via orale fino al controllo successivo. Si potrebbe trattare anche con acido clavulanico e amoxicillina, ma la cefalexina ha maggior affinità per la cute (→ quindi maggiormente impiegato nelle patologie cutanee). Le terapie per patologie cutanee sono in genere piuttosto lunghe: per evitare equivoci si dice al proprietario di continuare la somministrazione fino al controllo successivo, in quanto si dovrebbe continuare fino a circa una settimana/10 gg dopo che le lesioni sono scomparse. Questo perché la cute è poco vascolarizzata e l’antibiotico ci arriva con difficoltà; Una terapia topica: in questo caso è stata scelta una shampoo terapia con clorexidina e derivati d’avena. Il trattamento locale serve per disinfettare la cute e lenire il prurito. Trattamento terapeutico del prurito Il trattamento terapeutico del prurito si associa al trattamento per la follicolite per eliminare eventuali cause sottostanti: Per Sarcoptes e Cheyletiella: selamectina spot on ogni 2 settimane per 3 volte; Per DAP: fipronil associato ad s-metoprene spot on ogni 2 settimane (alternato a selamectina) per 4 volte e poi 1 volta al mese. L’s-metoprene serve anche ad eliminare le eventuali uova presenti nell’ambiente. Tutti questi farmaci sono molto maneggevoli, infatti si utilizzano normalmente per la profilassi. Monitoraggio e trial terapeutico Si fa un primo controllo dopo 30 giorni. Si riesegue un secondo controllo a 80 giorni → devono scomparire prurito e lesioni. *Nel caso in cui il paziente non migliori (dopo aver eliminato pulci, funghi e batteri), si procede escludendo le patologie allergiche alimentari o da inalanti. Per quanto concerne le patologie allergiche alimentari, vengono eliminate con una dieta selettiva. Le diete selettive hanno lo scopo di togliere l’antigene alimentare, quindi normalmente si basano sull’anamnesi del proprietario: devo chiedere al proprietario cosa mangia il cane. La dieta selettiva consiste nel dare al cane una dieta che contenga una sola fonte proteica e una sola fonte di carboidrati che non sia mai stata assunta dal soggetto. La dieta per privazione deve essere data per almeno 4-6 settimane. In questo caso, se dopo 80 giorni il prurito e le lesioni scompaiono, significa che il cane aveva un’allergia di tipo alimentare. A questo punto si passa ad una dieta evocativa: si aggiunge alla dieta del paziente un alimento alla volta per vedere quando ricompare il prurito e capire qual è l’alimento responsabile. A differenza di quello che avviene in medicina umana, però, in veterinaria spesso i proprietari rifiutano di proseguire con una dieta evocativa e mantengono quella selettiva. *[ndr NON trattato dalla prof] Monitoraggio e trial terapeutico - Vela Si fa un primo controllo dopo 30 giorni. - il prurito è diminuito del 70%; - le aree alopeciche presentano pelo in ricrescita; - eritema, scaglie e poche lesioni da grattamento sono ancora presenti. Si decide di togliere l’antibiotico per bocca, continuare la shampoo terapia e applicare un antibiotico locale BID sulle lesioni rimaste. Si riesegue un secondo controllo a 40 giorni, in cui si constata che il prurito è scomparso e le lesioni sono guarite. Si mantiene la shampoo terapia almeno 1 volta al giorno per 15 giorni e fipronil spot on. Se il prurito fosse diminuito, ma fosse rimasta l’alopecia → sarebbe rimasto il sospetto per Demodex. 2 02/10/2023 – Lezione 2 – Clinica medica piccoli animali – Prof. Proverbio Xoxo, Lele PIODERMITE La piodermite del cane è una patologia batterica della cute. Eziologia È causata solitamente da Staphylococcus pseudointermedius, un cocco Gram positivo e coagulasi positivo, che fa parte della normale flora mucosale canina e si trova nelle colture cutanee del 37-46% dei cani sani. Altre specie meno comuni che causano la piodermite del cane sono S. aureus e S. schleiferi. Le piodermiti idiopatiche sono rare. Patogenesi Nel cane sano S. pseudointermedius è principalmente presente in due siti di colonizzazione: intorno alla bocca (sulla mucosa nasale tendenzialmente) e intorno al perineo. Da qui il cane, mediante l’atteggiamento del grooming, lo trasporta in tutte le altre parti del corpo. Siccome è sempre presente, affinché si formi una piodermite serve che si verifichi una di queste condizioni: - Le difese naturali dell’organismo diminuiscono - La cute è resa maggiormente aggredibile (→ condizioni che compromettono la normale barriera cutanea e/o la funzione immunitaria) - Il batterio normalmente presente inizia a riprodursi maniera abnorme (→ diventa 50 volte tanto, un po’ come avviene per Malassezia). Inoltre, S. pseudointermedius e S. aureus producono fattori che scatenano e aggravano l’infezione quali coagulasi, proteasi, tossine (emolisine, tossine esfolianti, enterotossine…). In particolar modo, S. pseudointermedius produce enzimi e tossine che aggravano il quadro clinico dell’infezione, come: - Esfoliatina (+++): responsabile di staphylococcal scalded – skin syndrome o sindrome della pelle ustionata. Spesso, in una piodermite si ha un forte eritema (chiamato anche sindrome della pelle ustionata proprio perché la cute è rossa) dato dalla produzione di esfoliatina. - Proteina A (si lega a immunoglobuline) - Coagulasi (aggrega cellule batteriche) - Beta-lattamasi (70% dei ceppi sono beta-lattamasi produttori): responsabili della resistenza verso la penicillina. È importante ricordare che non si possono più trattare queste patologie con della semplice penicillina, ma è necessaria una sostanza in grado di agire anche contro ceppi produttori di beta-lattamasi. Quindi si deve usare sempre una penicillina semi-sintetica (che non ha azione contro batteri beta-lattamasi produttori) che, se associata ad un’altra sostanza, diventa attiva anche contro batteri produttori di beta-lattamasi, esempio: l’associazione ampicillina + acido clavulanico. Normalmente quando si approccia una patologia cutanea si utilizza questo protocollo. Condizioni sottostanti (predisponenti) La piodermite può essere un caso isolato o presentarsi in maniera ricorrente. Affinché si verifichi piodermite, deve verificarsi una delle condizioni sopracitate. Se la condizione non viene trattata, l’animale ripresenterà la patologia in maniera ricorrente. Le piodermiti croniche sono quindi associate a fattori predisponenti. Le condizioni predisponenti più comuni sono: o Allergie (60%): atopia, allergia alle pulci (DAP), reazione avversa al cibo (RAC). Sono le cause predisponenti più comuni. Le patologie allergiche sono quasi sempre complicate da piodermiti perché l‘animale grattandosi crea delle lesioni sulla cute, che sono porte di ingresso per batteri. Il paziente, grattandosi e leccandosi, porta i batteri mucosali e perianali sulla cute lesionata. o Parassiti cutanei: stesso identico motivo (grattamento → lesioni → entrata batteri). o Endocrinopatie: molte endocrinopatie causano un assottigliamento della cute e soprattutto immunodepressione/diminuzione dell’immunità locale e quindi minor difesa (S. cushing, ipotiroidismo++). o Displasie follicolari: patologie che alterano il follicolo pilifero, creando un fattore di sofferenza e predisponente alla crescita batterica. 3 02/10/2023 – Lezione 2 – Clinica medica piccoli animali – Prof. Proverbio Xoxo, Lele o Disordini della cheratinizzazione: bloccano e ostruiscono il follicolo, quindi creano una cute più secca, più grassa e più unta. Esistono poi condizioni anatomiche, che possono rappresentare un fattore predisponente alla piodermite. Le caratteristiche strutturali e anatomiche che danneggiano o diminuiscono uno o più meccanismi di difesa sono le seguenti: o Presenza di pliche cutanee→ un bracco a pelo corto, con poche pieghe, sarà meno predisposto ad avere piodermite rispetto a Bulldog, Boston Terrier, Shar-pei. Questi cani hanno molte pieghe al cui interno aumenta l’umidità, ristagnano il sebo e la cheratina rilasciati dalla cute. Si forma praticamente un “tessuto di coltura”, un ambiente caldo e umido in cui i batteri proliferano. Un altro patogeno che cresce in ambiente caldo e umido è la Malassezia. o Strato corneo sottile e compatto o Film idrolipidico scarso o Osti follicolari beanti Aspetti clinici o La piodermite si distingue in localizzata o generalizzata. Quelle localizzate spesso sono causate dagli autotraumatismi che si induce il cane (es. granuloma da leccamento). o Un tipo di piodemite particolare è quella che si localizza sulle giunzioni mucocutanee, dove si formano delle croste, in quanto la lesione continua a rompersi e ripararsi (lesioni tipiche del Pastore Tedesco). o Nei cani a pelo corto → si ha un aspetto tarmato del pelo Nei cani a pelo lungo → le lesioni sono poco visibili, ma hanno un odore forte (si procede con la tosatura del pelo) o Le lesioni croniche tendono a lichenificare. Un altro metodo di classificazione divide le piodermiti in infezioni di superficie, superficiali o profonde. N.B.: Le infezioni: - di superficie si trovano sulla superficie dell’epidermide (si appoggiano); - superficiali si trovano nell’epidermide e nell’infundibolo follicolare; - profonde si trovano nel sottocute e nel derma, spesso vengono anche chiamate “cellulite”. Ci sono razze più o meno predisposte, per cui la gravità del prurito varia, oltre che in funzione delle lesioni, anche in funzione del soggetto. 4 02/10/2023 – Lezione 2 – Clinica medica piccoli animali – Prof. Proverbio Xoxo, Lele Nella tabella all’immagine 2 è presentata la classificazione delle piodermiti di superficie e superficiali. Immagine 2 PIODERMITE DI SUPERFICIE Le piodermiti di superficie sono diverse, tra le più comuni si hanno: ▪ sindrome da sovracrescita batterica; ▪ hotspot/dermatite piotraumatica ▪ intertrigine/dermatite delle pieghe ▪ piodermite muco – cutanea Nell’immagine 3 è mostrato uno scotch test, in cui si vede una cellula cheratinizzata (è normale vederla sulla cute), dei neutrofili e dei batteri a tappeto. Si tratta di sindrome da sovracrescita batterica, la cui manifestazione più comune è l’eritema, trattata generalmente solo con antibiotico locale. Nella fase iniziale si ha solo l’eritema (no pus/papule), poi – a seguito del prurito - l’animale può crearsi lesioni, che complicheranno la condizione. Immagine 3 5 02/10/2023 – Lezione 2 – Clinica medica piccoli animali – Prof. Proverbio Xoxo, Lele Una forma di piodermite di superficie più grave è l’hotspot o dermatite piotraumatica, ossia un tipo di piodermite iperacuta che si manifesta con una chiazza alopecica molto eritematosa, umida e con molto essudato (immagine 4). In genere si presenta di più in soggetti a pelo lungo ed è scatenata da una puntura d’insetto (ragno, zanzara,…). Ha picchio epidemiologico in estate. Questo tipo di lesione risponde molto Immagine 4 bene al trattamento per cui, dopo la somministrazione dell’antibiotico, sparisce nel giro di qualche giorno. Un altro tipo di piodermite di superficie è l’intertrigine o dermatite delle pieghe, in quanto si forma tra le pieghe cutanee (immagine 5). All’interno delle pieghe non passa l’aria, c’è più umidità, più esfoliazione, facilmente si forma seborrea e restano dei detriti. Tutto ciò provoca proliferazione batterica. Si localizza soprattutto a livello della piega alla base della coda e delle pieghe ai lati della vulva (soprattutto in cagne sterilizzate troppo presto, le quali possono mantenere una vulva infantile e retratta). La dermatite delle pieghe tende a non guarire mai, perché non si può eliminare il fattore predisponente (le pieghe), quindi il proprietario deve imparare a mantenere una buona igiene delle pieghe stesse, altrimenti la patologia non potrà fare altro che cronicizzare. Immagine 5 Un’altra piodermite di superficie è la piodermite muco-cutanea (immagine 9), tipica del Cocker e del Pastore Tedesco. È caratterizzata da croste ed è determinata dal fatto che a livello di labbro si ha una piega profonda, all’interno della quale si accumulano saliva e detriti, facilitando una crescita batterica. Spesso proprietario non si accorge del problema e riferisce unicamente “che il cane ha un alito pazzesco, di pesce marcio”. Dà infatti un odore terrificante, ma la lesione è nascosta dentro la piega per cui spesso il proprietario non la vede. Può essere molto dolorosa. Immagine 9 6 02/10/2023 – Lezione 2 – Clinica medica piccoli animali – Prof. Proverbio Xoxo, Lele PIODERMITE SUPERFICIALE Le piodermiti superficiali trattate sono le seguenti: o impetigine; o follicolite batterica. Un tipo di piodermite superficiale è l’impetigine, che si localizza sull’addome e sul piatto delle cosce (immagine 6). In genere colpisce i cani abbastanza giovani (5) in ingrandimento 40x, con cocchi liberi (>25). La diagnosi è un’otite lievitica e batterica bilaterale. Terapia Per Gregorio si è preferita una terapia locale + sistemica (per la reticenza del soggetto). Inizialmente è stato somministrato: o aurizon gocce: marbofloxacina (antibiotico) + clotrimazolo (antifungino) + desametasone (cortisonico per edema e dolore). o enrofloxacina 5 mg/kg die per 155gg (baytril cps) per via orale: per evitare resistenze batteriche nel caso non si fosse riuscito a somministrare aurizon. Dopo 10 giorni, è stato effettuato un controllo: - nell’orecchio sinistra: diminuzione dell’essudato e dell’eritema (citologico: rari malassezie e cocchi) - nell’orecchio destro: ancora presente un forte eritema, dolore ed essudato bruno (citologico: numerosi malassezie, PMN e cocchi → La presenza ulteriore dei PMN rispetto alla visita precedente significa che l’infezione a livello di orecchio destro era peggiorata) Quindi: si è prescritto di proseguire la terapia antibiotica (baytril) per altri 10 giorni, associando prednisolone (cortisonico) per bocca. Non era più possibile proseguire con le terepie locali (antifungino + antinfiammatorio) per le condizioni dell’orecchio. Si decide di somministrare Neptra, un prodotto contenente: - florfenicolo (antibiotico - S. pseudointermedius) - terbinafina cloridrato (antifunghino - Malassezia pachydermatis) - mometasone furoato (cortisonico) Nepra è un prodotto utilizzato per il trattamento otite esterna canina acuta o ricorrente da infezioni di batteri e funghi sensibili a quei farmaci. I principi attivi sono gli stessi, cambia l’eccipiente che permette una durata della terapia di 30 giorni. È la terapia ideale in tutti quei soggetti che non permettono di essere avvicinati e toccati. Non agisce verso proteus, parassiti ed endocrinopatie (in questo caso va bene perché non avevamo bastoncelli, ma solo cocchi e una proliferazione da malassezia importante). 19 16.10.2023 – Lezione 4 – Clinica medica dei piccoli animali – Prof. Proverbio Xoxo, Lele È stata la terapia ideale, dopo un trattamento con Neptra il soggetto è guarito! KAHOOT 1. L’esame citologico auricolare è in grado di evidenziare? a) Cocchi; b) Proteus; c) Stafilococchi; d) Cocchi e bastoncelli. 2. Il valore definito normale per la citologia auricolare nel cane valutata a 40X è di: a) Cocchi 5, Bastoncelli >0; d) Cocchi >25, Malassezie >5, Bastoncelli >0. 5. Quali sono i fattori primari di otite nel cane? a) Otodectes, corpo estraneo, atopia; b) Batteri gram -, eccesso di seborrea; c) Polipi, cerume in eccesso; d) Stenosi condotto uditivo, sovracrescita di Malassezie. 6. Quale tra le seguenti condizioni non predispone all’otite esterne nel cane? a) Ulcere; b) Eccesso di peli; c) Eccesso di umidità; d) Orecchie pendule; L’ulcera è un fattore perpetuante. 7. In corso di otite media la terapia topica è sufficiente: a) Vero; b) Falso. 8. Malassezia è normalmente presente nel condotto uditivo esterno del cane: a) Vero; b) Falso. 9. L’esame citologico auricolare è in grado di evidenziare? e) Cocchi; f) Proteus; g) Stafilococchi; 20 16.10.2023 – Lezione 4 – Clinica medica dei piccoli animali – Prof. Proverbio Xoxo, Lele h) Cocchi e bastoncelli. 10. Il valore definito normale per la citologia auricolare nel cane valutata a 40X è di: e) Cocchi 5, Bastoncelli >0; h) Cocchi >25, Malassezie >5, Bastoncelli >0. 13. Quali sono i fattori primari di otite nel cane? e) Otodectes, corpo estraneo, atopia; f) Batteri gram -, eccesso di seborrea; g) Polipi, cerume in eccesso; h) Stenosi condotto uditivo, sovracrescita di Malassezie. 14. Quale tra le seguenti condizioni non predispone all’otite esterne nel cane? e) Ulcere; f) Eccesso di peli; g) Eccesso di umidità; h) Orecchie pendule; L’ulcera è un fattore perpetuante. 15. In corso di otite media la terapia topica è sufficiente: c) Vero; d) Falso. 16. Malassezia è normalmente presente nel condotto uditivo esterno del cane: c) Vero; d) Falso. 21 23/10/23 – Lezione 5 – Clinica Medica Piccoli Animali – Prof. Proverbio PARVOVIROSI CANINA La parvovirosi è una patologia gastroenterica (del piccolo intestino) altamente contagiosa, causata dal parvovirus canino (CPV). Il CPV è un virus a DNA di cui esistono 3 ceppi: 2a, 2b e 2c. È un virus molto resistente ai disinfettanti (in quanto nudo) e nell’ambiente. Per questo motivo bisogna essere molto attenti a fornire precise indicazioni ai proprietari: è bene eseguire una rigorosa profilassi igienica a base di ripetuti cicli di lavaggio (con vapore e acqua calda saponata) e di disinfezione (con candeggina o acqua ossigenata). È inoltre opportuno isolare gli animali infetti, lavare accuratamente il mantello di animali guariti per rimuovere eventuali particelle virali e rispettare il vuoto sanitario prima di introdurre un nuovo soggetto. Il virus sopravvive molto bene anche all’ambiente esterno e ciò rappresenta un problema per gli allevatori, che spesso sono costretti a eseguire vaccinazioni precoci. Viene disattivato dal sole e dalle forti gelate, quindi il picco di manifestazione di questo virus è nelle mezze-stagioni. Via di trasmissione Il CPV si trasmette per via oro-fecale, ossia un soggetto infetto lo elimina con le feci e un soggetto sano lo assume per via orale dall’ambiente (ad esempio giocando). Essendo un virus particolarmente resistente, si può trasmettere anche in modo indiretto, per contatto con materiale contaminato (es. ciotole, collari, guinzagli, pavimenti, mantello di animali malati). Inoltre, CPV può anche essere trasmesso per contatto con vomito e secrezioni di animali infetti. In ambienti sovraffollati (come i canili), la trasmissione di parvovirus avviene con estrema facilità. Pazienti più a rischio I pazienti a maggior rischio sono quelli di 3-6 mesi di età, con un picco tra le 8-12 settimane (perché è il periodo in cui avviene il calo degli anticorpi materni → ancora più a rischio sono i cuccioli nati da madri non vaccinate); possono tuttavia essere colpiti anche cani adulti-anziani non vaccinati. Fattori predisponenti Razza: esiste in letteratura un report delle razze che sembrano essere più sensibili alla parvovirosi. Esse sono Rottweiler, Dobermann, American pitbull, Springer Spaniel, Pastore Tedesco. Sesso: sembra esserci una maggiore sensibilità del maschio rispetto alla femmina. Quantità di colostro assunta: un cucciolo che assume meno colostro verosimilmente assume meno anticorpi materni Tipo di colostro assunto: madre vaccinata o meno; Patologie concomitanti: stress (++ in cuccioli trasportati illegalmente, in condizioni di sovraffollamento), mal nutrizione, parassiti intestinali e patologie intestinali. Patogenesi Il CPV ha un forte tropismo per le cellule in attiva replicazione. 1. Infezione per via oro-fecale 2. Replicazione in orofaringe (++ epitelio linguale) 3. Viremia 4. Colonizzazione organi linfoidi (++ timo, midollo)→ linfopenia (si può accompagnare a leucopenia o a leucocitosi, dovuta a neutrofilia in caso di infezioni secondarie) Penetrazione all’interno delle cripte intestinali (tessuto linfoide) → decapitazione dei villi intestinali (sintomo: diarrea emorragica) → malassorbimento, perdita di albumine ed elettroliti, penetrazione di patogeni. La decapitazione dei villi intestinali fa sì che non vi sia una protezione nei confronti di qualsiasi patogeno presente a livello intestinale, che può direttamente andare in circolo e causare sepsi (ad es. si possono verificare infezioni del miocardio che portano il cucciolo a morte improvvisa). Per questo motivo, nei pazienti affetti da parvovirosi è importante somministrare un antibiotico. Inoltre, i cuccioli che sopravvivono alla malattia presenteranno per tutta la vita sindromi da malassorbimento, difficoltà 1 23/10/23 – Lezione 5 – Clinica Medica Piccoli Animali – Prof. Proverbio digestive e maggiori probabilità di sviluppare gastroenteriti (tali condizioni sono tanto più presenti quanto maggiore è stata l’estensione del danno causato da CPV) 5. Eliminazione del virus con le feci (intermittente) Sintomatologia Non sempre si manifesta la forma clinica: si possono verificare forme asintomatiche in cuccioli con buoni livelli di anticorpi materni, che sono già stati vaccinati o che hanno già avuto l’infezione (dopo l’infezione, infatti, gli anticorpi perdurano e il cane diventa immune). Il CPV ha un’incubazione di circa 2-3 giorni (al massimo una settimana). Quando il cane manifesta i sintomi diventa eliminatore del virus con le feci e rimane tale per >2 settimane. I sintomi compaiono con questo ordine: 1. Anoressia 2. Letargia 3. Vomito 4. Diarrea: spesso emorragica, non sempre. Il vomito viene prima della diarrea proprio perché si tratta di una malattia gastro-intestinale + talvolta si riscontrano sintomi neurologici causati dall’ipoglicemia. + in cuccioli che vengono infettati durante la gestazione/entro le prime 3 settimane di vita, a volte può capitare che muoiano improvvisamente a causa di una miocardite (e successiva insufficienza cardio- polmonare)→ ciò è dovuto al fatto che, fino alla 3° settimana di vita, le cellule del miocardio sono ad intensa attività mitotica, costituendo un ottimo bersaglio per il virus. Oggi, questa evenienza è piuttosto rara, grazie alla presenza di molte madri vaccinate, che trasmettono gli anticorpi ai cuccioli, evitando che possano infettarsi così precocemente. Di solito, l’animale viene portato in visita perché il proprietario nota un progressivo peggioramento delle condizioni dell’animale (nota che l’animale è abbattuto, non mangia, poi vomita ed infine ha diarrea). Alla visita clinica il soggetto appare con: - Depressione del sensorio - Disidratazione - Addome dolente alla palpazione + si percepiscono borborigmi intestinali (e in alcuni casi l‘invaginamento intestinale → consistenza dura, elastica, dolente) - Nelle forme particolarmente gravi il soggetto può essere portato in visita in stato di shock con aumento del TRC, polso debole, tachicardia, ipotermia. Lo shock può essere determinato da disidratazione (ipovolemico), da squilibrio elettrolitico, oppure si tratta shock settico dovuto alle lesioni intestinali. Possibili complicanze Invaginamento dell’intestino: è una complicanza meccanica dovuta alla diarrea profusa; Sepsi: dovuta alle lesioni intestinali, alla completa distruzione dei villi e all’esposizione delle cripte che rappresentano facile accesso per le tossine batteriche, con conseguente rischio di shock settico e morte. Alcuni soggetti possono morire anche per la forte disidratazione. Piano diagnostico e rilievi di laboratorio Ricerca Ag virale nelle feci mediante: - Test rapidi → positivi in caso di infezione in corso o in presenza di un animale vaccinato - PCR su feci → più sensibile, è in grado di distinguere virus di campo da virus vaccinale Esame emocromocitometrico → linfopenia con leucopenia/leucocitosi + eventuale anemia e trombocitopenia → per capire se vi è compromissione midollare (e quindi se l’anemia è rigenerativa o meno) si può eseguire anche la conta reticolocitaria su striscio di sangue Profilo biochimico: - Aumento della azotemia: per la disidratazione 2 23/10/23 – Lezione 5 – Clinica Medica Piccoli Animali – Prof. Proverbio - Aumento degli enzimi epatici: dovuti a disidratazione e insufficienza multiorgano - Diminuzione del potassio (e degli elettroliti in generale): dovuto a diarrea - Ipoalbuminemia: per la perdita intestinale - Ipoglicemia → dovuta all’anoressia, a sua volta determinata dalla decapitazione dei villi intestinali Emogas: valutazione elettrolitica + verifica di un eventuale stato di acidosi Ecoaddome: per valutazione di eventuale invaginamento intestinale Esame delle feci: per escludere la presenza eventuale di parassiti Obiettivi terapeutici 1. Idratare il soggetto (è la prima cosa da fare, in quanto avviene molto rapidamente e può essere letale) con l’uso di: Soluzione fisiologica; Glucosata o destrosio: utili a contrastare ipoglicemia; Infusioni di plasma canino: ideali perché il plasma fornisce liquidi, elettroliti, proteine (anche se basse), ma soprattutto anticorpi (= trasfusione passiva di anticorpi); Colloidi sintetici: forniscono solo liquidi e proteine; 2. Prevenire la sepsi: mediante copertura antibiotica → non sono necessari antibiotici particolari, sono sufficienti quelli di uso comune come l’associazione di ampicillina/amoxiciclina e acido clavulanico; 3. Contrastare ipoglicemia: mediante inserimento del sondino naso-gastrico (con cui il paziente viene alimentato) + eventuale somministrazione di glucosata → è importante contrastare l’ipoglicemia il prima possibile, poiché nel cucciolo gli organi regolatori della glicemia non sono ancora completamente sviluppati, perciò il pancreas non è in grado di rilasciare glucagone + il fegato non è ancora completamente sviluppato → no glicogenolisi e gluconeogenesi epatiche 4. Supporti per il vomito: gastroprotettori come omeprazolo, metoclopramide; Prognosi Riservata. Il tasso di mortalità è variabile (50-90%, dove il 90% di mortalità si ha nel caso in cui non si faccia una terapia). Se la patologia viene presa con giusto tempismo e si inizia subito la terapia è possibile che l’animale sopravviva; il mancato aumento dei globuli bianchi dopo 24-48 h dall’inizio della terapia è un fattore prognostico negativo. Se l’animale sopravvive all’infezione, gli anticorpi perdurano e il soggetto resta quindi immune. Cause di morte Shock settico (dovuto a sepsi) o ipovolemico (dovuto a disidratazione) Insufficienza multiorgano; Invaginamento settico Protocollo vaccinale Per la parvovirosi esiste un vaccino core (= deve rientrare nel programma vaccinale di base dell’intera popolazione canina, indipendentemente dallo stile di vita). In commercio, abbiamo a disposizione: Vaccini vivi modificati Vaccini inattivati Normalmente, quelli più comunemente usati in ambulatorio sono i vaccini vivi modificati, perché sono i più attivi. I vaccini inattivati vengono riservati per soggetti con patologie particolari o se si è obbligati a vaccinare una femmina in gravidanza, condizione un po’ particolare in cui bisogna cercare di non trovarsi mai, perché normalmente si dovrebbe cercare di eseguire un corretto programma vaccinale prima che la femmina diventi gravida. Il vaccino viene prodotto con CPV-2, che induce una protezione verso tutti e 3 i ceppi (a, b, c). Il vaccino è attivo in soggetti in assenza di immunità passiva materna: la presenza di anticorpi materni è la prima causa di insuccesso vaccinale. La quota di anticorpi colostrali assunti da un cucciolo è proporzionale al titolo anticorpale della madre e 3 23/10/23 – Lezione 5 – Clinica Medica Piccoli Animali – Prof. Proverbio inversamente proporzionale alla numerosità della cucciolata (per esempio, se una Setter, razza estremamente prolifica, fa nascere 4 cuccioli questi assumono molti anticorpi, se ha una cucciolata da 16 è chiaro che i cuccioli avranno una quota inferiore). In soggetti che non hanno più in circolo anticorpi materni l’immunità compare dopo 3 gg dalla vaccinazione. Questo non vuol dire che possiamo liberalizzare subito il proprietario e far portare il cucciolo ai giardinetti dopo la prima vaccinazione, ma sappiamo che in un soggetto sano e senza l’interferenza degli anticorpi materni, l’immunità si produce abbastanza rapidamente. Il protocollo vaccinale standard prevede: - una prima vaccinazione a 60-80 giorni (8°-9° settimana di vita) → in questo modo siamo sicuri di non avere interferenza degli anticorpi materni - si richiama ogni 3-4 settimane fino alla 16° settimana (4 mesi di vita) - segue un richiamo dopo 1 anno e poi ogni 3 anni (in tutti i vaccini core) Riassumendo, il protocollo prevede una somministrazione ai seguenti giorni: 60 gg – 80 gg – 100 gg – richiamo dopo 1 anno – richiamo ogni 3 anni. Casi particolari: Se in ambulatorio arriva un cucciolo >16 settimane che non è mai stato vaccinato/di cui non si conosce lo stato vaccinale, si esegue una prima vaccinazione e un richiamo dopo 3-4 settimane (si fanno solo 2 dosi, non le canoniche 3) per quanto concerne i soggetti ad alto rischio: - possono ricevere una vaccinazione precoce quando hanno 25 kg Regolare e corretta profilassi vaccinale: garantisce la qualità del prodotto trasfusionale Devono essere stati sottoposti a visita clinica e analisi di laboratorio per escludere la presenza di malattie sistemiche e infettive trasmissibili per via ematica, presenti sul territorio (si valutano in base all’epidemiologia locale: Babesia, Leishmania infantum, Anaplasma Phagocitophila, Ehrlichia canis e Rickettsia spp). Vi è poi un elenco di procedure che è consigliato effettuare (ma non rientrano nelle linee guida): Lettura dello striscio ematico: per valutare endoparassiti (Babesia). Profilo ematobiochimico, epatorenale, elettrolitico. Elettroforesi delle proteine Valutazione del Fe e proteina di fase acuta (C-reattiva): per valutare l’eventuale presenza di un’infezione occulta. Infatti, il soggetto può presentarsi clinicamente sano alla visita, ma avere una malattia in corso. Esame renale chimico e fisico Esame feci Test della filaria e per le malattie infettive. Se il soggetto risulta idoneo, si procede con la donazione di sangue, procedura che deve rispettare le norme di asepsi. Normalmente vengono usati sistemi chiusi (tra ago, deflussore e sacca non ci sono comunicazioni con l’aria), altrimenti si rischiano reazioni trasfusionali o settiche. Le sacche hanno dimensioni minori rispetto a quelle usate in umana. È importante che dentro le sacche siano presenti: Anticoagulante: comunemente EDTA; Conservanti: citrato, fosfato; Nutrienti per i globuli rossi: destrosio. La sacca riempita deve essere regolarmente etichettata come “ad uso veterinario” e deve essere indicata la data di scadenza. Al momento del prelievo, il donatore deve essere a digiuno da almeno 8 ore e deve restare in posizione di donazione senza condizionamenti (spontaneamente sdraiato, seduto, decubito sternale, stazione quadrupede). Si esegue la tricotomia e la disinfezione chirurgica nel punto in cui si effettua il prelievo, perché potrebbero entrare contaminanti o batteri nella sacca. Le vie di accesso sono: cefalica, giugulare, safena. 12 23/10/23 – Lezione 5 – Clinica Medica Piccoli Animali – Prof. Proverbio CASO CLINICO Segnalamento: gattino persiano, 35 giorni. Anamnesi: unico soggetto sopravvissuto in una cucciolata. Due dei suoi fratelli sono morti senza sintomi e altri tre hanno iniziato a non attaccarsi più alle mammelle, per poi presentare urine scure con sangue prima della morte. Il paziente in esame presenta un unico tipo di lesione: croste necrotiche sulla punta del dito e della coda. Diagnosi differenziali a) Trauma (schiacciamento del dito/della coda) b) Infezione; c) Isoeritrolisi neonatale. ISOERITROLISI NEONATALE Il gattino assume anticorpi materni dal colostro e questi vengono assorbiti per via enterica. Se il gattino presenta un gruppo sanguigno diverso dalla madre, assumendo il colostro della madre, svilupperà eritrolisi. Questo accade comunemente in gattini A nati da madre B (e con padre A). Tali gattini possono manifestare forme di eritrolisi diverse in base alla quantità di colostro (e quindi di anticorpi) assunto: Forma iperacuta: morte in poche ore; Forma acuta: anoressia (il gattino si attacca meno alla mammella), emolisi → anemia, emoglobinuria (urine appaiono scure) e morte entro pochi giorni o settimane; Forma subclinica: tipica di gattini che hanno assunto poco colostro e di conseguenza pochi Ab materni. Questi soggetti presentano delle lesioni caratteristiche: croste necrotiche a livello distale. In questi casi è possibile utilizzare una balia A che possa allattare i gattini dello stesso gruppo e salvare la cucciolata. 13 30/10/2023 – Lezione 6 – Clinica Medica Piccoli animali – Prof. Proverbio DONAZIONE DI SANGUE PROCEDURA DI RACCOLTA DEL SANGUE Il donatore deve essere a digiuno da almeno 8 ore. Il sito di prelievo (cefalica, safena o giugulare) e la posizione dell’animale possono essere scelti in base alla comodità del paziente. Il paziente deve essere calmo, senza bisogno di contenimento, perché la donazione dura diversi minuti (7-8 minuti dalla giugulare, 15 minuti dalla cefalica) e gli aghi sono grossi (16 GAUGE), per cui è facile rompere la vena con importante fuoriuscita di sangue. Per garantire quanto più possibile l’asepsi: - Si esegue tricotomia e disinfezione chirurgica del sito di venipuntura - Nel cane obbligatoriamente, e nel gatto preferibilmente, si usano sistemi chiusi (ago già agganciato alla sacca), che riducono la possibilità di contaminazione batterica (è una fra le cause di reazione trasfusionale del ricevente). La donazione può essere ripetuta ogni 3-4 mesi. In medicina veterinaria si usano principalmente sacche ad uso umano (soprattutto nei cani di grossa taglia), ma esiste anche la possibilità di usare sacche prodotte appositamente per uso veterinario: - Sono di dimensioni minori rispetto a quelle ad uso umano → ciò consente di prelevare dosi di sangue più adatte. - Bisogna mantenere il giusto rapporto tra anticoagulante e sangue (63 ml di anticoagulante in sacche da 350-450 ml). Se si sbaglia la donazione, per cui la quantità di sangue raccolta non è quella corretta rispetto all’anticoagulante, la sacca va eliminata. - L’anticoagulante più utilizzato all’interno delle sacche è il CPDA, che contiene: o Citrato: anticoagulante o Fosfato: tampone per i prodotti del metabolismo dei globuli rossi (lattato) o Destrosio e adenina: sostanza nutritizie per i globuli rossi, che garantiscono vitalità e funzionalità cellulare. - Sistema chiuso La quantità di sangue da prelevare indicata dalle linee guida è circa il 15-20% del volume ematico stimato del soggetto donatore. Tenendo conto che il cane ha un volume ematico di 80-90 ml/kg, normalmente si possono prelevare 16-18 ml di sangue per kg di peso corporeo. Ipoteticamente, quindi, da un cane di 25 kg (minimo per la donazione) si potrebbero prelevare 450 ml → in realtà se ne preleva un po’ meno. Il risultato della donazione è un’unità di sangue intero, che deve essere eliminata se non è mantenuto il rapporto tra sangue e anticoagulante. PRODOTTI EMATICI Etichettatura della sacca La sacca deve sempre presentare un’etichetta con tutte le informazioni necessarie per il suo utilizzo: Nominativo e indirizzo della struttura; Codice identificativo del donatore e n° progressivo della donazione; Data della donazione; Data di scadenza del prodotto; Tipo di preparato: sangue intero fresco e/o conservato; Gruppo sanguigno del donatore; Valore dell’ematocrito; Volume in ml; Specie animale di destinazione; 1 30/10/2023 – Lezione 6 – Clinica Medica Piccoli animali – Prof. Proverbio Temperatura di conservazione; Dicitura: “esclusivamente per uso veterinario; non utilizzare in caso di emolisi o altre anomalie evidenti. Per la trasfusione utilizzare un adatto dispositivo munito di filtro”. Le informazioni elencate sono quelle obbligatorie per legge. Oltre a queste, possono essere aggiunte altre informazioni non obbligatorie, ma utili per chi utilizza la sacca, ad esempio la negatività per leishmania. Conservazione del sangue Le sacche si conservano in frigoemoteca, in cui non devono essere conservati altri campioni potenzialmente contaminanti. Questo è necessario perché la superficie della sacca è porosa, traspirante (per permettere ai globuli rossi di respirare) e quindi può facilmente andare incontro a contaminazione batterica. La frigoemoteca (4°C ± 2°C) è dotata di registratore di temperatura e allarme acustico. In alternativa, si può conservare il sangue in un comune frigorifero, con registratore di temperatura. Se si rileva una variazione di temperatura (ad esempio per spegnimento del frigorifero), tutte le sacche presenti vanno eliminate. Altre norme per la conservazione: Sacche posizionate in verticale; Sacche agitate tutti i giorni o a giorni alterni; Se refrigerazione interrotta per più di 30 minuti: il sangue va utilizzato entro 24 ore; Lo sportello del frigo utilizzato per la conservazione del sangue deve essere aperto il meno possibile. A seconda dei tempi di conservazione, è possibile avere: Sangue intero fresco: fino a 8 ore dopo il prelievo; Sangue intero conservato: fino a 25-35 giorni dal prelievo Prodotto Temperatura di Tempi di Contenuto Utilizzo trasfusionale conservazione conservazione Globuli rossi, Sangue intero piastrine, tutti i fattori 4°C ± 2°C 6-8 ore fresco della coagulazione, proteine plasmatiche NO: coagulopatie da Globuli rossi, fattori carenza di fattore Von Sangue intero della coagulazione 4°C ± 2°C 25-35 giorni Willebrand, conservato stabili, proteine trombocitopenia, emofilia plasmatiche A Se si vuole effettuare una trasfusione di piastrine, si può usare solo il sangue intero fresco, perché dopo 8 ore dal prelievo le piastrine tendono a degenerare, come anche alcuni fattori della coagulazione. I fattori della coagulazione si dividono in: Vitamina K dipendenti: prodotti dal fegato a partire dalla vitamina K (si riducono in caso di avvelenamento da dicumarolo). Sono definiti “fattori stabili”, perché resistono nel tempo. Vitamina K indipendenti: sono definiti “fattori labili”, perché resistono solo nelle prime 8 ore dopo il prelievo (quindi sono presenti solo nel sangue fresco)→es. fattore X e fattore VIII (coinvolti nelle emofilie), fattore Von Willebrand (responsabile di una malattia ereditaria che colpisce soprattutto il dobermann). 2 30/10/2023 – Lezione 6 – Clinica Medica Piccoli animali – Prof. Proverbio Per questo motivo, se un paziente con malattia di Von Willembrand ha bisogno di trasfusione, deve necessariamente essere usato sangue fresco. Diversamente, in caso di avvelenamento da dicumarolo può essere usato anche sangue conservato. Dopo la data di scadenza, anche i globuli rossi e bianchi muoiono, quindi rimangono solo: - detriti cellulari →possono avere effetto antigenico - citochine con effetto pro-infiammatorio (originano dalla degradazione dei leucociti) - possibile inquinamento batterico Il sangue scaduto, quindi, diventa una sostanza pericolosa: si parla di storage lesions. TRASFUSIONE Valutazione del paziente ricevente La terapia trasfusionale non è quasi mai una terapia eziologica, ma solo una terapia temporanea che permette al paziente di superare una fase critica, per poter poi essere sottoposto a terapia eziologica. Prima di eseguire una trasfusione, è sempre bene: Valutare i rischi/benefici della terapia Considerare le possibili terapie alternative. Infatti, la trasfusione è un vero e proprio trapianto d’organo (il sangue è un organo) e pertanto comporta sempre potenziali rischi per il ricevente (es. reazioni trasfusionali). Prima di effettuare una trasfusione, è necessario far firmare al proprietario il consenso informato. Obiettivo della trasfusione di sangue: correzione del deficit di ossigenazione (insufficienza multiorgano) del ricevente. La trasfusione, quindi, non deve essere usata come panacea, ma solo quando questo è effettivamente il problema del paziente. Nella valutazione del paziente, si prende in considerazione: La causa del problema: come appena detto, ha senso fare una trasfusione di sangue solo se il problema del ricevente è un deficit di ossigenazione, che la trasfusione, apportando globuli rossi, è in grado di risolvere. Trigger trasfusionali: parametri che indicano la capacità del soggetto di tollerare l’anemia. Tali parametri ci consentono quindi di capire quando è il momento opportuno, in relazione al singolo soggetto, di effettuare la trasfusione. I trigger trasfusionali sono: - Valutazione clinica, anamnesi, dati di laboratorio; - Velocità di insorgenza dell’anemia: è un fattore importantissimo, perché le anemie croniche, anche se gravi, tendono ad essere tollerate, grazie alla capacità di adattamento dell’organismo (con la riduzione progressiva del numero di globuli rossi, quelli presenti migliorano la loro capacità di cedere ossigeno ai tessuti). Per fare un esempio: un gatto con CKD sviluppa anemia progressivamente, ma tende a vivere normalmente (non è tachipnoici, se non in condizioni particolarmente gravi) → tale paziente ha un’ottima tolleranza nei confronti dell’anemia. Diversamente, un cane con rottura di milza e conseguente emorragia acuta, non ha modo di mettere in atto i meccanismi di adattamento, perciò avrà una tolleranza nulla nei confronti della perdita di sangue (e della conseguente anemia). Parametri vitali: - Colore delle mucose (grado di pallore) - TRC: fornisce indicazioni sul grado di perfusione periferica - Frequenza cardiaca: la tachicardia è una risposta all’anemia; - Pressione sanguigna; - Stato del sensorio: in caso di scarsa ossigenazione, il primo a risentirne è l’SNC. Un paziente anemico si presenta con depressione del sensorio. 3 30/10/2023 – Lezione 6 – Clinica Medica Piccoli animali – Prof. Proverbio Valore di ematocrito (parametro oggettivo): - Ht < 12%: deficit del trasporto di ossigeno → trasfusione quasi sempre indicata; NON è mai sbagliato fare una trasfusione con Ht < 12%, magari si potrebbe evitare, ma sicuramene non sbaglia perché l’organismo ne ha senz’altro giovamento, qualunque sia la condizione clinica. - Ht < 20%: trasfusione indicata in base alla clinica, alla velocità di insorgenza dell’anemia (se si tratta di anemia acuta la trasfusione è sempre indicata) e all’eventuale necessità del soggetto di essere sottoposto ad intervento chirurgico (in questo caso si tende a effettuare la trasfusione per maggior sicurezza del paziente); - Ht > 20%: trasfusione indicata se l’anemia è acuta/iperacuta e quindi l’organismo ne sta risentendo molto. Compatibilità donatore-ricevente Cane: non alloanticorpi naturali v/DEA1 DEA 1 - → DEA 1 - DEA 1 + → DEA 1 + / DEA 1 - DEA 1 - trasfuso con sangue DEA 1 +: o Prima trasfusione: sensibilizzazione con produzione di anticorpi anti DEA 1: distruzione precoce degli eritrociti o Seconda trasfusione: reazione emolitica acuta Procedura di trasfusione Per essere utilizzata, la sacca di sangue deve essere a temperatura ambiente (max 37°C), anche se in caso di urgenza è possibile usarle più fredde. Si evitano le sacche fredde ad esempio nei cuccioli, che vanno facilmente in ipotermia, o se sono necessarie trasfusioni massive, cioè più sacche una dopo l’altra (in questo caso se si è in urgenza si fa la prima fredda e si scaldano le successive). Si possono scaldare le sacche a bagnomaria, ma senza immergere la sacca direttamente nell’acqua, perché è porosa ed eventuali batteri presenti nell’acqua potrebbero entrarvi. Le sacche hanno 2 ingressi. Si usa un deflussore specifico, che presenta un filtro in grado di bloccare i coaguli (è fisiologico che ve ne sia qualcuno all’interno della sacca). I 2 ingressi sono necessari in quanto, se durante la trasfusione uno dei due viene ostruito da un coagulo, si utilizza l’altro. Norme per la trasfusione: L’infusione può essere effettuata da qualsiasi accesso venoso scelto dal clinico; Nessun farmaco o fluido può essere somministrato in associazione al sangue, eccetto soluzione NaCl 0,9%, se necessario diluire. Non si può somministrare glucosata → emolisi, né ringer → coagulazione. È sempre consigliata la trasfusione per gravità. In situazioni di necessità (es. animale che sta collassando, in cui è quindi richiesta una trasfusione molto rapida), è possibile utilizzare pompe infusione specifiche per sangue. L’utilizzo di pompe deve essere tuttavia un caso eccezionale. Uno studio ha infatti evidenziato che la trasfusione per gravità è il miglior metodo di trasfusione, poiché i globuli rossi passano e si deformano in modo naturale. Diversamente, con le pompe, il sangue viene spinto forzatamente. Ciò manda in sofferenza i globuli rossi, che in questo modo andranno più facilmente incontro ad emolisi una volta entrati nel ricevente. È invece assolutamente vietato utilizzare le normali pompe di infusione (non specifiche per il sangue), perché determinano rottura dei globuli rossi. 4 30/10/2023 – Lezione 6 – Clinica Medica Piccoli animali – Prof. Proverbio Si trasfondono mediamente 10-20 ml/kg/die. Idealmente, ogni 2 ml di sangue trasfuso per kg di peso corporeo, l’ematocrito dovrebbe alzarsi dell’1% (a seconda della patologia sottostante: in caso di anemia emolitica autoimmune, per esempio, anche parte dei globuli rossi trasfusi verranno distrutti). Si inizia a trasfondere a velocità molto bassa, perché la prima mezzora è la fase in cui c’è maggiore probabilità di reazioni trasfusionali. Si parte quindi con 0,5-1 ml/kg/h e successivamente, se non si sono verificate reazioni trasfusionali e se il paziente non presenta disturbi cardiocircolatori, si aumenta fino a 5-10 ml/kg/h. Se il paziente ha disturbi cardiocircolatori, non si superano i 5 ml/kg/h. Si cerca comunque di fare in modo che la trasfusione non duri più di 4 ore, altrimenti aumenta la probabilità di inquinamento batterico. Monitoraggio del ricevente Il paziente trasfuso deve essere monitorato costantemente nella prima mezz’ora di trasfusione, poi ogni 15- 30 minuti. Bisogna valutare: - Sensorio; - Frequenza respiratoria; - Frequenza cardiaca e polso; - Mucose esplorabili + TRC; - Temperatura rettale; - Pressione sistolica. Il soggetto trasfuso deve essere ricoverato, perché alcune reazioni trasfusionali possono verificarsi nelle successive 24 ore. In questa fase bisogna valutare il colore delle urine o del plasma, per escludere l’emolisi ritardata. Reazioni trasfusionali Le reazioni trasfusionali sono tutti gli eventi avversi dovuti alla trasfusione di sangue. Sono sottostimate in letteratura, perché talvolta sono sovrapponibili ai sintomi della patologia in atto (ad esempio in caso di anemia emolitica immunomediata). Le reazioni trasfusionali possono essere: - Immediate (si sviluppano nel giro di minuti o ore) - Ritardate Dal punto di vista della gravità, si distinguono reazioni trasfusionali: - Lievi → non determinano sintomi, ma riducono o annullano i benefici della trasfusione (i globuli rossi trasfusi avranno emivita minore) - Moderate - Fatali 1. Reazione emolitica acuta La reazione trasfusionale più grave è la reazione emolitica acuta, dovuta alla reazione antigene-anticorpo, che si manifesta con: - Febbre: è il primo sintomo; - Grave ipotensione e convulsioni; - Vomito; - Emoglobinemia; - Tachicardia; - Emoglobinuria. - Dispnea; Tale reazione può evolvere in modo benigno o proseguire fino allo stato di shock e alla morte. La gravità della reazione emolitica acuta dipende da: ▪ Quantità di sangue incompatibile trasfuso; ▪ Caratteristiche e concentrazione degli anticorpi anti-eritrociti presenti nel ricevente. 5 30/10/2023 – Lezione 6 – Clinica Medica Piccoli animali – Prof. Proverbio Se si manifesta questa reazione bisogna interrompere immediatamente la trasfusione, mantenendo l’accesso venoso. 2. Reazione febbrile non emolitica La reazione trasfusionale più comune, benigna e acuta è la reazione febbrile (non emolitica), che si manifesta con innalzamento della temperatura corporea di circa 1°C. Questa reazione è dovuta ad anticorpi del paziente contro leucociti dell’emocomponente trasfuso o alle citochine rilasciate dai leucociti dell’emocomponente durante la conservazione. Si risolve con cortisone e antipiretici e si previene con emocomponenti leucodepleti. Bisogna fare attenzione, perché il rialzo termico è anche il primo sintomo di reazione emolitica acuta. Se l’aumento di temperatura resta all’interno di 1°C e non è accompagnato da altri sintomi, si considera benigno. 3. Reazione allergica acuta Si verifica per ipersensibilità del ricevente verso gli antigeni del plasma del donatore. Si manifesta con classici sintomi dell’allergia (simili a una reazione vaccinale): - Orticaria e angioedema del muso; - Ipotensione con polso debole (collasso) e mucose pallide; - Prurito; - Scialorrea; - Vomito; - Diarrea; - Dispnea da broncocostrizione. 4. Reazione da contaminazione batterica della sacca Un’altra reazione acuta con febbre è la reazione da contaminazione batterica della sacca: si tratta di una setticemia. I batteri contaminanti più frequenti sono Pseudomonas e E. coli. I sintomi comprendono: - Brividi; - Febbre alta; - Nausea; - Vomito; - Diarrea. Nei casi gravi, la setticemia può degenerare in coagulazione intravasale disseminata e portare a morte. 5. Sovraccarico di circolo Questa reazione trasfusionale è dovuta alla somministrazione rapida e/o eccessiva di emocomponenti. Può causare uno scompenso cardiaco congestizio con edema polmonare acuto. Sono a rischio i pazienti con sistema cardiovascolare compromesso o con insufficienza renale acuta. 6. Reazione emolitica ritardata Non causa sintomi clinici, ma i globuli rossi trasfusi vengono distrutti precocemente e quindi l’efficacia della trasfusione si annulla. La distruzione dei globuli rossi può avvenire per: - cause immunomediate: sviluppo di anticorpi in soggetti precedentemente immunizzati) - cause non immunomediate: trasfusione di globuli rossi già degenerati, storage lesions trasmissione di malattie infettive (es. Babesia, Anaplasma, Leishmania) 6 30/10/2023 – Lezione 6 – Clinica Medica Piccoli animali – Prof. Proverbio Fattori che possono ridurre il rischio trasfusionale sono: Appropriata selezione del donatore; Adeguata raccolta e conservazione della sacca; Esecuzione di test pretrasfusionali (es. per malattie infettive); Corretta somministrazione. KAHOOT La risposta corretta è riportata in grassetto. 1. Quale valore di ematocrito rappresenta un trigger per la somministrazione della trasfusione di sangue: a) 2 mg/dl) dovuta all'aumento nel sangue della bilirubina in seguito a: produzione di bilirubina superiore alla norma: ittero pre-epatico incapacità del fegato di metabolizzare il pigmento biliare: ittero epatico insufficiente escrezione della bile: ittero post-epatico Inoltre, l’ittero può essere accompagnato da modificazioni cromatiche di: - urine → appaiono brunastre per la presenza dell'urobilinogeno - feci → appaiono acoliche. Cause (diagnosi differenziali in caso di paziente con mucose itteriche): Ittero pre-epatico: marcata emolisi  Anemia immuno-mediata (IMHA): ✓ Idiopatica: predisposizione di razza: Cocker predisposizione di sesso: femmina ✓ secondaria a patologie infettive, quali babesia, ehrlichia e leptospira, per sensibilizzazione della parete del globulo rosso ✓ da trasfusione  Babesia canina  Erlichiosi canina  Reazioni da farmaci (sulfamidici, anticonvulsivanti cane, penicilline, cefalosporine)  Tossici (veleno di serpenti, felce maschio)  Danni ossidativi (cipolle)  Batteri (leptospire, streptococchi)  Isoanticorpi: anemia emolitica neonatale  Reazione trasfusionale Ittero epatico: lesioni epato-cellulari, danno epatico  Cirrosi  Epatite cronica: fibrosi → cirrosi  Epatite da accumulo di rame  Neoplasie  Leptospirosi  Tossici (aflatossine, metalli, ferro)  Farmaci (Mitotane, Ketoconazolo, Azatioprina, Mebendazolo, Fenobarbitale) Ittero post-epatico: ostruzione vie biliari  Masse  Colestasi  Compressione delle vie biliari  Pancreatine: acuta, cronica con fibrosi, ascessi  Colestasi da farmaci (es. Diazepam, Fenobarbitale)  Colelitiasi  Neoplasie con ostruzione della papilla duodenale  Mucocele biliare 2 20.11.2023 – Lezione 9 – Clinica medica dei piccoli animali – Prof.ssa Proverbio Manifestazioni cliniche: Ittero pre-epatico  Anemia → mucose pallide  Febbre  Astenia  Emoglobinuria  Splenomegalia Ittero epatico  Febbre: in forme infettive  Dimagramento  Volume epatico: ↑ o ↓  Ascite  Emorragie e spandimenti emorragici  Sintomi neurologici Ittero post-epatico  Dolorabilità addominale +++  Masse addominali Diagnosi differenziali Babesiosi: caratterizzata da ipertermia elevata + determina emolisi immunomediata → si spiegherebbe l’ittero Infezione batterica: o Ehrlichiosi: meno probabile. L’ematuria è piuttosto rara in corso di erlichiosi, perché è vero che tale batterio determina piastrinopenia (e conseguenti rinorragie, petecchie emorragiche a livello delle mucose esplorabili), ma per trovare tracce di sangue nelle urine ci dovrebbe essere un’emorragia renale imponente. o Leptospirosi: ittero, febbre o Streptococchi: ittero, febbre Epatopatia: spiegherebbe l’ittero Anemia immunomediata (IMHA): possibile causa di ittero emolitico (vedi protocollo diagnostico). o Idiopatica → essendo Kira una springer spaniel, non si prende in considerazione questa forma di IMHA come prima ipotesi. o secondaria a patologie infettive → ipotesi più plausibile o da trasfusione → raramente è associata ad una temperatura così elevata Avvelenamento da rodenticidi: mancano le caratteristiche petecchie/soffusioni emorragiche + non si spiegherebbero le mucose subitteriche Tossici (es. felce maschio, veleno di serpente) Ipofosfatemia; Reazione da farmaci (es. sulfamidici, anticonvulsivanti, penicilline, e cefalosporine); Danni ossidativi (es. cipolla); Isoanticorpi: anemia emolitica neonatale; Reazione trasfusionale Nel caso di Kira, le ipotesi diagnostiche più probabili sono: Babesia, Leptospira, epatopatia. Protocollo diagnostico CBC con conta reticolocitaria: o Erlichia: anemia (inizialmente rigenerativa, poi, con la cronicizzazione della patologia diventa non rigenerativa), trombocitopenia o Babesia: anemia rigenerativa, leucocitosi per richiamo del pool marginale 3 20.11.2023 – Lezione 9 – Clinica medica dei piccoli animali – Prof.ssa Proverbio o Leishmania: anemia non rigenerativa, piastrinopenia o Leptospirosi: anemia rigenerativa, neutrofilia o IMHA: anemia fortemente rigenerativa Anemia Biochimico: valutazione di: o danno epatico (↑ ALT) → ittero epatico o urea, crea → potrebbero risultare alterati, in associazione ad alterazione degli enzimi epatici, in caso di leptospirosi o glicemia o PT Elettroforesi proteica: o Leishmania: ++ ipergammaglobulinemia policlonale o Erlichia: ++ ipergammaglobulinemia monoclonale Ricerca di babesia mediante: o striscio ematico→ molto specifico, poco sensibile (se negativo, si consiglia di eseguire PCR). Si preferisce farlo durante il periodo febbrile, poiché la febbre è indice di attiva replicazione di babesia in circolo. Si preleva il sangue periferico e si striscia lo strato subito sotto il buffy coat (strato leucocitario-piastrinico), poiché i globuli rossi parassitati tendono a posizionarsi a questo livello. La ricerca di babesia nello striscio ematico è un test che va sempre effettuato se si sospetta tale parassitosi. È infatti un test poco costoso e fornisce risultati immediati (molto utile, in quanto in caso di babesiosi bisogna intervenire rapidamente). o PCR su sangue periferico (preferibile) o su aspirato di milza: gold standard Il test sierologico (IFAT o ELISA) NON è utile per la diagnosi di babesiosi, in quanto è una malattia acuta, perciò non c’è tempo sufficiente affinché si formino gli anticorpi. Il test sierologico rileva quindi molti falsi negativi. Inoltre, una positività al sierologico potrebbe essere indice di un’infezione avvenuta in passato, non responsabile della sintomatologia presente al momento dello svolgimento del test. Infatti, la comparsa degli anticorpi può presentarsi anche dopo tre mesi dall’infezione. Diversamente, si possono usare i test sierologici per la ricerca di leishmania, ehrlichia o leptospirosi; Esame delle urine: utile per valutazione leptospirosi Test IFAT per Ehrlichia canis (come per Leishmania hanno andamento cronico con stato di crisi); Test di Coomb’s: serve per la ricerca degli Ab, in caso di IMHA; Ricerca leptospirosi mediante: o Test MAT: test sierologico precoce (rapida sieroconversione) → possibili cross reazioni con le altre siero-varianti di leptospira o PCR su sangue o urine: ricerca delle leptospire → possibili falsi negativi, per il basso pH urinario e per l’intermittenza con cui si verifica leptospiremia. Risultati degli esami Esame emocromocitometrico - Leucocitosi: WBC: 20.500/μL (range: 5.200-13.900/μL) - Anemia rigenerativa: Ht: 18,9% (range: 37,1-57,0%) con reticolocitosi (11,8%, range: 0.1-2.0%) NB: In assenza di conta reticolocitaria, il carattere rigenerativo si sarebbe potuto valutare mediante RDW o anisocitosi nello striscio di sangue. Profilo biochimico epatopatia-renale - Bilirubina: 0,71 mg/dl (range: 0,1-0,5 mg/dl), quindi appena sopra il valore normale - ALP: 704 U/I (range:

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