Sbobine Basi Molecolari Delle Malattie E Delle Risposte Difensive - PDF
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Università di Parma
Camilla
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These lecture notes cover molecular basis of diseases and defense responses. It discusses extrinsic and intrinsic causes of diseases, different types of diseases and examples such as diabetes.
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BASI MOLECOLARI DELLE MALATTIE E DELLE RISPOSTE DIFENSIVE LEZIONE 1 – 7 OTTOBRE 2021 La PATOLOGIA generale studia l’eziologia (è lo studio delle cause di malattia) e la patogenesi (studia i meccanismi con cui...
BASI MOLECOLARI DELLE MALATTIE E DELLE RISPOSTE DIFENSIVE LEZIONE 1 – 7 OTTOBRE 2021 La PATOLOGIA generale studia l’eziologia (è lo studio delle cause di malattia) e la patogenesi (studia i meccanismi con cui si crea uno stato patologico nell’organismo). Parlando di eziologia, dobbiamo distinguere le cause di malattia in ESTRINSECHE → sono tutte le cause esterne all’organismo. Ci sono una pletora enorme di cause estrinseche e si dividono in: -cause fisiche (traumi meccanici, esposizione ad alte temperature, radiazioni, elettricità) -chimiche (veleni, pesticidi, sostanze tossiche, cancerogene) -biologiche (batteri, virus, funghi, parassiti ecc) INTRINSECHE → sono tutte le modificazioni intrinseche all’organismo (genetiche) che possono portare alla malattia. È importante sottolineare la correlazione esistente tra cause intrinseche e cause estrinseche. Ovviamente ci sono sia malattie che sono esclusivamente dovute ad alterazioni a carico del genotipo dell’individuo (quindi malattie genetiche pure come la fibrosi cistica, l’anemia falciforme), ma anche malattie dovute esclusivamente a cause estrinseche che agiscono completamente indipendenti dal genotipo dell’individuo. Tuttavia, è nota tutta una serie di malattie molto importanti (es. tumore, diabete, malattie cardiovascolari) che non sono puramente né malattie genetiche né malattie dovute a cause estrinseche perché c’è una compenetrazione tra queste due tipologie di cause. Queste malattie sono infatti denominate MALATTIE POLIGENICHE MULTIFATTORIALI: “poligeniche” significa che sono malattie innanzitutto legate all’alterazione di più geni (non sono legate all’alterazione di un singolo gene come sono in genere le malattie genetiche). In aggiunta a questo però c’è l’influenza dell’ambiente: si ha cioè una compenetrazione di cause intrinseche ed estrinseche. L’esempio più banale è il diabete di tipo I: è la forma di diabete più grave e colpisce in genere i bambini. È causato da una predisposizione genetica legata alla HLA e i soggetti che si ammalano sono tutti DR3, DR4, DQ8 o eterozigoti per questi marcatori HLA. È importante sottolineare però che questo patrimonio genetico predispone il soggetto alla malattia e che la causa scatenante sarà un fattore esterno (generalmente è un’infezione virale come la parotite o la rosolia). Ovviamente le infezioni virali appena citate in un bambino sano non causano niente, mentre in uno predisposto sì. CAUSE PURAMENTE INTRINSECHE Sappiamo che il DNA è formato da una doppia elica, antiparallela e con basi accoppiate. Però il DNA nelle cellule non lo si trova mai con la configurazione appena descritta perché sarebbe davvero lungo, bensì lo si trova così: Il DNA è dapprima avvolto attorno agli istoni, poi viene via via sempre più compattato fino ad arrivare alla configurazione finale (è tipica dei cromosomi ed è la configurazione che si ha nel momento della duplicazione cellulare). Il momento in cui il DNA si organizza nei cromosomi, è quello di maggiore compattazione che rende possibile al meglio la divisone del DNA duplicato nelle due cellule figlie. Tra una duplicazione e l’altra invece il DNA si troverà in una configurazione intermedia tra le due perché deve essere accessibile agli enzimi. 1 LE MUTAZIONI Le basi delle malattie sono date da alterazioni a carico del DNA, cioè da MUTAZIONI: la mutazione è una alterazione stabile ed ereditabile (viene trasmessa alle cellule figlie) del patrimonio genetico. Questi due aggettivi sono importanti perché le alterazioni che avvengono costantemente in ogni cellula a carico del DNA sono innumerevoli ogni giorno: si sviluppano continuamente nel DNA ma quasi mai, fortunatamente, causano una mutazione. Le mutazioni si classificano in base alla grandezza in tre tipi: GENICHE → comprendono tutte le mutazioni che restano all’interno dell'unità trascrizionale (comprendono dalla mutazione puntiforme che interessa un singolo nucleotide alla delezione genica che interessa tutto il gene); CROMOSOMICHE → sono date da mutazioni più grossolane, cioè si ha il riarrangiamento o delezioni di pezzi di cromosoma; GENOMICHE → riguardano il numero dei cromosomi e possono essere aneuploidi (2n + 1 o 2n -1) o euploidi. Generalmente nella specie umana il -1 è poco tollerato se non per X ed Y, per il +1 invece ci sono degli esempi come la trisomia del 21 ma anche queste sono poche, infatti l’uomo è diploide (2n). L’uomo vive in un ambiente mutageno, pieno di agenti mutageni; però, indipendentemente da questo è necessario notare che l’ambiente è di per sé mutageno: il solo fatto che l'organismo vive a 37 gradi, con una alta concentrazione di ossigeno rende molto instabile il DNA, quindi fa sì che le alterazioni siano molto più probabili e frequenti di quanto uno non possa pensare. SISTEMI DI RIPARAZIONE La nostra vita è basata sulla capacità dei meccanismi di riparazione di riparare continuamente le alterazioni che avvengono a livello del DNA, impedendo quindi che si trasformino in mutazioni. È proprio grazie a questi sistemi che la frequenza di mutazioni è bassa: 1) CAPACITÀ DELLA DNA POLIMERASI DI CORREZIONE DELLE BOZZE → le DNA polimerasi funzionano tutte allo stesso modo: allungano l'elica di DNA in direzione 5’ → 3’. Tutte le DNA polimerasi aggiungono nucleotidi trifosfati ad un desossiribosio avente l’estremità 3’OH libera con basi correttamente appaiate. Il nucleotide quindi viene inserito solo se quello precedente è stato aggiunto correttamente: se è sbagliato, le basi non si accoppiano quindi la DNA polimerasi stessa stacca il nucleotide sbagliato e lega quello giusto. Questo è un fenomeno importantissimo perché, a differenza dell’RNA polimerasi che parte da 0, la DNA polimerasi deve avere il nucleotide corretto. Gli errori quindi che compie l'RNA sono molto maggiori rispetto quelli della DNA polimerasi: se l’RNA polimerasi sbaglia, fenotipicamente si ha una proteina sbagliata (solo in quel momento!), mentre nel caso della DNA polimerasi si ha un errore nel DNA, cioè una mutazione. Si evince quindi che la DNA polimerasi è un primo step per evitare mutazioni. Questo è stato utile per capire come avviene la duplicazione dell'altro filamento perché quello in direzione 5’→3’ viene copiato subito e per anni i ricercatori hanno cercato l'altra DNA polimerasi che allungasse nella direzione opposta. Alla fine è stata scoperta la direzione unica: il filamento in direzione 5’→3’ viene copiato subito in direzione 5’→3’, mentre l'altro filamento (detto “in ritardo”) viene copiato a blocchetti (frammenti di Okazaki) sempre in direzione 5’→3’ a partire da una RNA polimerasi perché si deve iniziare da 0. 2) RIPARAZIONE DEI MISMATCH → a causa di ha un errore di appaiamento delle basi, per capire qual è il filamento giusto e quello sbagliato, si ricorre alla modificazione ad opera di un enzima: la DAM metilasi. Quest’enzima metila le adenine delle sequenze GATC (pattern di metilazione) qualche minuto dopo la sintesi del nuovo filamento. Grazie a questa modifica, la DNA polimerasi riconosce il filamento corretto (lo stampo) rispetto quello neosintetizzato perché quest’ultimo non ha le adenine metilate. 2 ALTERAZIONI CHE AVVENGONO CONTINUAMENTE Le alterazioni delle basi che avvengono più frequentemente sono: 1) DEPURINAZIONE → è l’alterazione più frequente delle basi. Consiste nella perdita di basi puriniche per scissione spontanea del legame N-glicosidico (dovuta all’agitazione termica). Questo fenomeno crea un buco nella doppia elica del DNA detto SITO AP (AP=apurinico). La perdita di una base purinica è molto più frequente rispetto la perdita di una base pirimidinica. Tuttavia, anche nel caso della perdita di una base pirimidinica si crea un sito AP (apirimidinico). 2) DEAMINAZIONE → è la seconda alterazione più frequente, dopo la depurinazione. Consiste nella perdita del gruppo amminico. In seguito alla deaminazione, le basi che si formano sono le seguenti: citosina → uracile; adenina → ipoxantina; guanina → xantina; la timina invece non ha ammine quindi non si deamina. Si nota che tutte le basi che si formano non sono basi naturali del DNA: l’unica base naturale (ma dell’RNA) che si forma è l’uracile, mentre le altre sono basi anomale del DNA. Queste basi non naturali del DNA sono riconosciute da una batteria di enzimi definiti DNA glicosidasi, ognuno dei quali riconosce specificatamente una base non naturale e rompe il legame tra essa ed il ribosio. Le DNA glicosidasi quindi creano, anche in questo caso, un sito AP. Particolarità: mentre la citosina in seguito a deaminazione diventa uracile, la 5-metilcitosina diventa una timina (base normale del DNA che nessun sistema di riparazione sarebbe in grado di riconoscere). Questo fenomeno (deaminazione di una citosina metilata) è responsabile del 30% circa delle mutazioni puntiformi per sostituzione di basi. 3) ALCHILAZIONE 4) OSSIDAZIONE SISTEMI DI RIPARAZIONE Quando si ha un’alterazione delle basi, questa viene riparata da sistemi di riparazione molto complessi. Oltre a quelli complessi, esistono solo due sistemi di riparazione che permettono di revertire la reazione che ha portato all’alterazione: 1) RIPARAZIONE DIRETTA DEL DANNO → la riparazione diretta del danno avviene per due principali fenomeni: - demetilazione: riconosce la metilazione sull’ossigeno in posizione 6 della guanina. La metilazione dell’O in posizione 6 della guanina è un’alterazione abbastanza frequente: l’enzima O6 metil-guanina metiltransferasi stacca il metile. - eliminazione dei dimeri di timina: i dimeri di timina si formano grazie ad un legame covalente tra due timine adiacenti formando una struttura ciclobutanica che distorce l’elica del DNA. In molti organismi esiste un enzima (DNA fotoliasi) molto attivo che fa revertire la reazione: è un enzima attivato dalla luce visibile, che nell’uomo è poco attivo. Per questo motivo, per eliminare i dimeri di timina nella nostra specie è presente un altro sistema: il NER. Il sistema di riparazione dei dimeri pirimidinici è detto NER = nucleotide excision repair. Uno dei dimeri che si formano più frequentemente è il dimero di timina tramite legame covalente tra due timine adiacenti sullo stesso filamento del DNA, con conseguente distorsione della doppia elica del DNA. A causa della distorsione, il dimero viene riconosciuto da una batteria di enzimi molto complessa (quasi tutti sono detti XPA, XPC, XPD etc..). Prima di capire come funzionasse il sistema di riparazione, quest’alterazione era stata individuata in individui affetti dallo xeroderma pigmentosum ed è dovuto proprio al nome della malattia che tutte le proteine che partecipano alla riparazione (difettiva in questi soggetti malati) sono state chiamate in questo modo. 3 Formato il dimero, un blocco di proteine XP lo riconosce e si legano. Successivamente interviene dapprima un altro grande complesso, cioè un’elicasi (detta TFIIh), che apre la doppia elica del DNA in corrispondenza del dimero pirimidinico (cioè dove si era legato il primo complesso) e, dopo, intervengono due endonucleasi (XPF e XPG) che tagliano a monte e a valle del difetto del dimero piriminico (circa 12-15 nucleotidi a monte e valle del dimero). A questo punto interviene la DNA polimerasi ε che in direzione 5’→3’ risintetizza la porzione di filamento escissa. Infine la DNA ligasi in 3’ lega il filamento neosintetizzato → il dimero è stato riparato! Oltre al NER è presente anche un altro sistema che prevede una riparazione accoppiata alla trascrizione (il dimero è riconosciuto da proteine diverse), poi però le due viene convergono e avvengono le stesse cose. 2) RIPARAZIONE PER ESCISSIONE DI BASI (BER = base excision repair) → sia nel caso della depurinazione sia in quello della deaminazione, si crea il sito AP che viene riparato attraverso il seguente meccanismo: interviene dapprima una endonucleasi (endonucleasi AP) che stacca il desossiribosio legato al DNA formando un buco ancora più grosso; successivamente viene copiata l’elica rimasta integra (senza buco) da una DNA polimerasi che aggiunge il nucleotide corretto ed, infine, ci sarà una DNA ligasi che legherà il nucleotide appena inserito alla catena pre-esistente. CORRELAZIONE TRA CAPACITÀ DI RIPARARE IL DNA NELLE SPECIE E LONGEVITÀ DELL’ORGANISMO Il grafico mostra come la lunghezza della vita delle varie specie è legata alla capacità di riparare il DNA: l’uomo è quello che ha la maggiore capacità di riparazione del DNA (i sistemi sono più efficienti), mentre il topo ha minima capacità di riparazione. Questa differenza la si può notare nelle colture cellulari: le cellule umane si coltivano da molti anni ed è quasi impossibile che avvengano trasformazioni spontanee in vitro; viceversa le cellule di topo, dopo 4-5 passaggi in vitro, mutano continuamente quindi diventano facilissimamente linee cellulari immortalizzate (quelle umane diventano immortalizzate solo se le si tratta esternamente). Tutti i sistemi di riparazione visti fin’ora riparano l’alterazione che riguarda un solo filamento di DNA: un filamento era integro e quindi fungeva da stampo per la riparazione. Ci sono però mutazioni, soprattuto dovute a raggi X, che causano mutazioni che interessano il double strand del DNA → riparazione molto più complessa perche non si ha uno stampo, a meno che non si prende il DNA sull’altro cromosoma. RIPARAZIONE DEI DOUBLE STRANDS BREACKS (DBS) Questo sistema prevede il riconoscimento del danno da parte di un mega complesso detto ATM (formato da ATM + altre proteine). La riparazione può avvenire in due modi: 1) in maniera molto complicata attraverso fenomeni di ricombinazione andando a prendere il DNA sull’altro cromosoma 2) più semplicemente aggiungendo dei pezzi a caso e creando delle mutazioni Ci sono malattie genetiche per le quali è noto che sono alterati i meccanismi di riparazione del DNA: XERODERMA PIGMENTOSUM → è causato da mutazioni nei geni che codificano per le proteine coinvolte nel NER. Si era capito che probabilmente le proteine del NER fossero tante perché le cellule di due diversi individui affetti dalla malattia erano complementari (si formavano cellule ibride in grado di riparare→ questo significa che le proteine nei due casi erano diverse)! È una malattia fortemente invalidante per la quale il paziente ha anomalie cutanee (una pelle secca costellata di carcinomi basocellulari e spinocellulari sulle parti esposte al sole, eritema), teleangectasia, atrofie, tumori benigni e maligni, anomalie oculari e neurologiche. 4 I soggetti non possono vivere sotto le radiazioni UV, ma devono vivere in casa (i dimeri sono causati da esposizione alla luce, ecco perché). L’insorgenza di tumori è la cosa più grave: la mancanza del sistema di riparazione rende i soggetti più soggetti all’insorgenza di carcinomi cutanei. In una popolazione normale infatti i carcinomi cutanei vengono fuori in tarda età (sono legati all’età), mentre i soggetti affetti da xeroderma sviluppano carcinomi in età giovanissima. A questa patologia è infatti associato un rischio 2000 volte maggiore di tumori cutanei, indotti dall’esposizione ai raggi solari. SINDROME DI COCKAINE → è causata da mutazioni nei geni coinvolti nel NER accoppiato alla trascrizione (CSA e CSB) ATASSAIA TELANGECTASIA → è causata da mutazioni nel gene ATM ALCUNE FORME DI TUMORI ALLA MAMMELLA → è causata da mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2 SINDROME DI FANCONI → è un’anemia LE MUTAZIONI PUNTIFORMI Sono mutazioni che interessano il singolo nucleotide. Le mutazioni puntiformi possono avvenire per: SOSTITUZIONE DI BASE → questa mutazione può avvenire per TRANSIZIONE (sostituzione pirimidina- pirimidina o purina-purina) oppure per TRANSVERSIONE (sostituzione purina-pirimidina o viceversa). I meccanismi con cui avvengono le sostituzioni di base possono avvenire anche spontaneamente: le nostre basi sono normalmente o in forma aminica (adenina e citosina) o in forma chetonica (timina e guanina) e, spontaneamente, la base si trasforma nella sua forma tautomerica (la formula chimica non cambia, ma cambia la disposizone degli atomi). Per esempio la forma tautomerica iminica dell’adenina deriva dallo spostamento dell’H dall’NH2 all’N. Si tratta di una trasformazione spontanea rara. Idem per la citosina. Guanina e timina sono invece chetoni: raramente ci può essere spostamento dell’H dall’azoto all’ossigeno, trasformando il gruppo chetonico in enolico. Il problema di questi cambiamenti è che la forma enolica o iminica rara non si accoppiano più correttamente, ma con una base diversa: l’adenina normalmente si lega con timina, nella forma iminica invece tramite doppio legame si lega con la citosina; la guanina enolica invece con la timina. Ci sono analoghi delle basi che rendono piu probabile questa trasformazione: il 5-bromouracile e’ un analogo della timina che puo’ esistere nella forma chetonica (normale) e la forma enolica (rara). Il 5-bromouracile è un mutageno perché è un analogo della timina (timina con un bromo in posizione 5). Il 5-bromouracile nella sua forma chetonica non sarebbe un problema perché si accoppia correttamente con l’adenina, come se fosse una timina; il problema si ha quando dalla forma chetonica passa in quella enolica: questo passaggio è molto probabile e lo rende mutageno perché si accoppia con la guanina. Il meccanismo è il seguente: il 5-bromouracile si trova nel citoplasma e viene incorporato e accoppiato con l’adenina essendo in forma chetonica; successivamente passa in forma enolica, quindi, quando si apre l’elica, si accoppierà con la guanina causando una mutazione perché la guanina successivamente si accoppierà con la citosina. Ovviamente dalla forma enolica può passare anche in quella chetonica. INSERZIONE DI BASE → prevede l’aggiunta di una base; DELEZIONE DI BASE → prevede la mancanza di una base. 5 Inserzione e delezione di base avvengono (molto più probabilmente) quando ci sono sequenze ripetute vicine (sequenze di basi o di pezzi di DNA) perché durante la duplicazione uno dei due filamenti può formare una estroflessione momentanea. In base a dove si forma l’estroflessione si ha una diversa ricombinazione: - se invece l’estroflessione avviene sulla sequenza di stampo si ha una delezione; - se l’estroflessione si ha sulla sequenza nascente si ha un’inserzione. Anche l’inserzione e la delezione genica avvengono molto più frequentemente nelle parti ripetute del DNA: se si hanno geni vicini che sono uguali ed identici (o comunque sia molto simili), poiché durante la meiosi avviene l’appaiamento dei cromosomi omologhi può avvenire anche il crossing-over. In base al crossing-over si ha: -RICOMBINAZIONE OMOLOGA se c’è un crossing-over senza perdita/acquisto di porzioni di DNA né per un cromosoma né per l’altro, il che si traduce che non si ha alcuna differenza; La ricombinazione omologa quindi riguarda scambi di materiale genetico tra 2 molecole qualsiasi di dna (o segmenti della stessa) che possiedono ampie regioni omologhe. -RICOMBINAZIONE NON OMOLOGA se per un momento avviene un appaiamento fuori registro con conseguente crossing-over, quindi da un lato si ha un pezzo di DNA in più mentre dall’altro si ha delezione. AGENTI MUTAGENI agiscono modificando le basi del DNA aggiungendo gruppi alchilici. EFFETTO FENOTIPICO DELLE MUTAZIONI PER SOSTITUZIONE DI BASE Ci sono 4 possibili effetti: 1. MUTAZIONI SINONIME → poiché il nostro codice genetico è degenerato (ogni aa è codificato da più triplette), cambiando una base si può formare una tripletta che codifica sempre per lo stesso aa. Dal punto di vista fenotipico non cambia niente. 2. MUTAZIONI DI TERMINAZIONE → la sostituzione di una base può portare alla formazione di una tripletta di stop. Questo è più o meno grave: dipende dalla posizione. 3. MUTAZIONI DI ALLUNGAMENTO → con il cambio di base si ottiene non più un codone di stop ma un altro codone che farà proseguire la traduzione. Come conseguenza si ha una proteina piu lunga. 4. MUTAZIONI SOSTITUENTI L’AMINOACIDO → ci sono mutazioni a cui la cellula è insensibile (quando gli aa hanno uguali caratteristiche chimico-fisiche, lo stesso ingombro, non sono importanti per l’attività etc), per altre invece la cellula ne risente moltissimo perché la proteina cambia alcune delle sue caratteristiche, il che potrebbe portare proprio ad una grave malattia. Una malattia grave è l’anemia falciforme, causata da una sostituzione di una base con un’altra che porta ad avere una valina al posto dell’acido glutamico sulla catena β dell’emoglobina in posizione 6. Questa mutazione è responsabile di una grave malattia caratterizzata da un difetto di stabilità e di solubilità dell’emoglobina, che in presenza di bassa tensione di ossigeno polimerizza in lunghi filamenti che deformano l’eritrocita. In particolare: quando l’emoglobina assume la sua struttura terziaria, l’acido glutamico (è acido, idrofilo) che si trova in posizione 6 si posizionerà sulla superficie della molecola essendo idrofilo; quando invece si ha una valina, essendo idrofobica (è un aa neutro), le emoglobine adiacenti tendono a formare legami idrofobici valina-valina formando agglomerati di emoglobina nel globulo rosso che precipitano e deformano il gobulo. Si ha il cosiddetto “globulo rosso a falce”. PER INSERZIONE O DELEZIONE DI BASE Sono generalmente molto piu gravi della sostituzione, sono dette “frame shift mutations” perché cambiano i codici di lettura dal punto in cui avviene la mutazione. Tutti gli aa poi cambiano ovviamente. La sostituzione invece può essere quasi risolta. 6 LEZIONE 2 – 12 OTTOBRE 2021 LE MUTAZIONI GENETICHE Sono malattie dovute ad un’alterazione del genoma, cioè mutazioni a carico del DNA. Molte di queste malattie sono MONOGENICHE (la malattia è legata all’alterazione di un singolo gene) e, per quanto riguarda la loro ereditarietà, ci sono diverse tipologie di ereditarietà: mendeliana, non classica. Diversamente dalle mutazioni geniche poi ci sono quelle ad ereditarietà multifattoriale (sono poligeniche, cioè l’alterazione è legata a più geni che non sono puramente genetiche ma c’è una influenza da parte dell’ambiente) e le malattie cromosomiche. Le malattie genetiche, anche in presenza della stessa mutazione, possono avere comportamento diverso: molte volte ci si spiega questo comportamento diverso, altre no. EREDITARIETÀ MENDELIANA Una parte dei caratteri patologici viene ereditata seguendo l’ereditarietà mendeliana che comprende tre tipologie di malattie MALATTIE AUTOSOMICHE DOMINANTI MALATTIE AUTOSOMICHE RECESSIVE MALATTIE LEGATE AL CROMOSOMA X MALATTIE AUTOSOMICHE DOMINANTI Il gene responsabile della malattia si trova su uno dei 22 autosomi di cui l’uomo è dotato (non sul cromosoma sessuale!) ed è dominante. Essere dominante significa che è sufficiente che sia presente solo uno dei 2 alleli mutato affinchè la malattia si estrinsechi a livello fenotipico. Le caratteristiche di queste malattie sono: - si manifestano allo stato eterozigote, cioè è necessario che uno dei due geni sia alterato perché la malattia si manifesti. Questo significa che teoricamente uno dei due genitori è sempre malato; - non ci sono salti generazionali; - ogni figlio ha il 50% di probabilità di ammalarsi; - colpiscono in ugual misura maschio e femmina; - in alcune condizioni l’esordio della malattia può essere ritardato (es. ipercolesterolemia familiare diventa evidente in età adulta). Albero genealogico della malattia: Da madre ammalata e padre sano si vede che i figli hanno il 50% di probabilità di ammalarsi infatti il maschio sulla sx è malato (lui a sua volta ha probabilità del 50% di avere figli ammalati) mentre la femmina sulla dx non ha ereditato il gene malato; di conseguenza la malattia nella linea generazionale non compare più! Tuttavia, le malattie autosomiche dominanti possono comparire in certi soggetti che non hanno genitori affetti: significa che durante la gametogenesi è avvenuta la mutazione. Il comportamento clinico di queste malattie può essere modificato da due parametri: penetranza (percentuale di individui che avendo la mutazione manifestano la malattia) ed espressività (intensità della manifestazione della malattia). Una mutazione può causare 1) Perdita di funzione, cioè la proteina è alterata e non ha la stessa funzione di prima 2) Acquisizione di funzione, cioè la proteina ha una funzione diversa rispetto a quella che aveva la proteina wild-type Le malattie riguardano diversi sistemi: 7 Vediamo alcune di queste malattie. MALATTIE LEGATE AL SISTEMA SCHELETRICO La proteina strutturale piu importante è il collagene perché è la più rappresentata nell’organismo. È una proteina tipica, una tripla elica formata da 3 catene (uguali o diverse) di 1000 aa in tutto in cui c’è la sequenza Gly-X-Y ripetuta 333 volte: -la glicina è indispensabile per permettere l’avvolgimento della catena del collagene, infatti se anziché la glicina ci fosse un altro aa la catena diventerebbe troppo ingombrante; -X ed Y possono essere prolina ed idrossiprolina, meno frequentemente lisina e idrossilisina. Ci sono diversi tipi di collagene che differiscono per la struttura molecolare: il collagene di tipo I è presente nelle ossa, tendini, derma, cornea, denti; rappresenta il 90% di tutto il collagene ed è formato da due catene di tipo 1 e una catena di tipo 2; il collagene di tipo III è formato da 3 catene 1. La maggior parte dei collageni hanno struttura di tipo fibrillare, l’unico che ha una struttura particolare è quello di tipo IV (presente a livello delle membrani basali) perchè ha una forma un foglio (non forma fibrille). La sintesi del collagene è una delle più complesse: a livello del RER avviene la sintesi delle 3 pro-catene di collagene che vengono idrossilate su residui di prolina e lisina; poi sono glicosilate per essere montate a tripla elica. Dopo passano nel Golgi e vengono secrete. Molto importanti sono i frammenti finali (pro-peptidi di allungamento) poiché impediscono che le varie triple eliche si assemblino a formare le fibrille man mano che vengono sintetizzate: le fibrille si devono formare dopo aver allontanato queste parti terminali dopo la secrezione grazie ad una pro- collageno peptidasi→ tripla elica si unisce ad altre simili a formare le fibrille. Se il collagene si montasse all’interno della cellula, il fibroblasto scoppierebbe subito. Giunte nell’ambiente extracellulare, quindi, le molecole di collagene si assemblano a formare microfibrille di collageno che, tramite legami crociati, formeranno le fibrille vere e proprie. Nella sintesi del collagene, oltre alle mutazioni che riguardano i geni che codificano per le catene e , ci possono essere difetti legati (più raramente) a qualche enzima che serve per la maturazione della molecola. Una delle malattie dovute al collagene è l’OSTEOGENESI IMPERFECTA (OI). È una malattia importante perché riguarda una mutazione a carico di uno dei geni che codificano per il collagene di tipo I. La caratteristica dei soggetti affetti, dato che il collagene di tipo I è la struttura di base delle ossa, hanno una diminuzione generalizzata della massa ossea (osteopenia) e una fragilità ossea (fratture multiple molto frequenti). Frequentemente la malattia è associata a: ✓ colorazione blu della sclera perché la cornea è fatta da collagene di tipo I, ed essendo molto sottile si vede la sclera ✓ anormalità a carico dei denti (dentinogenesi imperfecta) perché i denti sono formati anch’essi da collagene di tipo I ✓ ipoacusia, cioè diminuzione dell’udito Il collagene di tipo I è formato da 3 catene: -2 catene 1 codificate dal gene COL1A1 -1 catena 2 codificata dal gene COL1A2 Per il collagene, in base alla mutazione, ci possono essere due effetti: 1) la molecola di collagene alterata non arriva a maturazione, quindi si verifica il cosiddetto SUICIDIO DEL PROCOLLAGENO. In questo caso, se la catena non arriva a maturazione, si ha meno collagene. 2) alterazione della formazione di fibrille che si assembleranno alle altre. 8 La seconda è più grave della prima in quanto la mutazione può “eliminare” anche la catena sana. Di distinguono quindi i difetti in quantitativi e qualitativi: - Difetti quantitativi → Il collagene è strutturalmente normale ma sintetizzato al 50%. Può essere dovuto a Mutazioni di COL1A1: non-senso, siti di splicing, inserzioni/delezioni. Di conseguenza si ha il 50% di sintesi dall’allele normale. Questo spiega i fenotipi “lievi” di OI di tipo I. - Difetti qualitativi → Produzione di un collagene difettoso. Frequente è la sostituzione della glicina (80%). Si ha gravità clinica da media a grave a seconda della posizione della glicina. In base alla mutazione quindi ci sono forme lievi, moderate e severe della malattia: la forma meno grave è quella di tipo I. L’osteogenesi imperfecta di tipo I è abbastanza leggera: i bambini cominciano a presentare fratture quando iniziano a camminare, le fratture si ricompongono velocemente, sclere spesso bluastre, statura appena più bassa della media; l’osteogenesi di tipo II invece è una forma precoce, più grave: in genere i bambini nascono già con fratture infatti hanno vita breve. Un’altra malattia dovuta al collagene è la SINDROME DI ELHERS-DANLOS (EDS) Si tratta di un gruppo di malattie clinicamente e geneticamente eterogenee dovute ad alterazioni della sintesi o della struttura del collagene. Non riguardano il collagene di tipo I e sono caratterizzate da iper-elasticità della cute e iper-mobilità delle articolazioni. L’Incidenza è di 1:5000 nascite ed è difficile definire la percentuale di popolazione interessata, a causa di pazienti con lievi disturbi cutanei ed articolari. Le manifestazioni cliniche sono: -Cutanee: cute estremamente iperestensibile, soffice, molle, sottile e vellutata, facilmente lacerabile, caratteristiche cicatrici -Legamenti e articolazioni: ipermobilità delle articolazioni, facilità di lussazioni -Organi interni: rottura del colon e utero gravido -Arterie: Rottura grandi arterie Anche in questo caso ci sono diverse forme di questa malattia. La più grave è la forma di tipo IV: è autosomica dominante, rara, riguarda il collagene di tipo III (causa cute sottile, tendenza alle contusioni, rottura di arterie, intestino e utero gravido). Il collagene di tipo III è formato da 3 catene 1 ed una delle mutazioni più importanti è la mancanza/sostituzione della glicina con un altro aa perché altera completamente la struttura del collagene. Pur essendo una mutazione molto banale (come meccanismo), è piuttosto grave. Altra malattia è l’ACONDROPLASIA. È una malattia genetica dominante, una forma di nanismo che interessa 1:20-25000 nati. È sempre dovuta, in genere, ad una nuova mutazione. Circa 9 casi su 10 di pazienti affetti da ACP nascono da genitori assolutamente normali, a causa di alterazioni nel gene che avvengono negli spermatozoi e negli ovuli dei genitori perché difficilmente questi individui si riproducono. Il termine di origine greca (a = senza, condros = cartilagine, plais = formazione), indica una malattia caratterizzata da un mancato sviluppo armonico della cartilagine di accrescimento delle ossa lunghe degli arti. La malattia provoca perciò gravi disturbi della crescita e risulta in una forma di nanismo (nanismo acondroplasico). La mutazione interessa il gene FGFR3 (recettore di tipo 3 di FGF) in cui è presente la mutazione G380R (sostituzione della Gly in posizione 380 con Arg). L'alterazione di questo gene colpisce soprattutto le cellule della cartilagine di accrescimento, che necessitano particolarmente di questo segnale per moltiplicarsi. Questo gene è importante perché codifica per un recettore che invia al condrocita un segnale di tipo negativo, inibendo sia proliferazione sia differenziazione dei condrociti e normalmente i recettori per i fattori di crescita sono dei monomeri trans-membranali che dimerizzano nel momento in cui arriva il fattore di crescita. Però la mutazione sostituzione glicina-arginina, è una mutazione attivante il recettore che rende il recettore sempre dimerico, quindi la cellula continua ad inviare il segnale come se ci fosse sempre il fattore di crescita con conseguente rallentamento della crescita delle proteine (poiché le cellule ricevono costantemente il segnale negativo di proliferazione e differenziamento). Con la mutazione G380R (sost Gly380Arg) quindi il recettore è costitutivamente attivo e si ha il rallentamento della proliferazione dei condrociti. 9 IPERCOLESTEROLEMIA FAMIGLIARE È una malattia genetica co-dominante perché si manifesta sia nell’omozigote, ed in misura minore nell’eterozigote. Nei soggetti eterozigoti ha un’incidenza di 1/500: ✓ può essere del tutto asintomatica e la diagnosi può avvenire in modo casuale, ad es. in seguito alla determinazione dei livelli di colesterolo plasmatico. ✓ elevata incidenza di lesioni aterosclerotiche, aumentato rischio in età adulta di malattie vascolari ✓ Talora possono comparire xantomi, xantelasmi e arco corneale non senile, cioè palline di grasso che si formano sui tendini, articolazioni o a livello delle palpebre (accumuli di colesterolo visibili che suggeriscono presenza di ipercolesterolemia). Nei soggetti omozigoti invece ha un’incidenza di 1/1000.000: essi non superano l’età di 20-30 anni per infarti dovuti alla formazione di placche aterosclerotiche. I soggetti affetti, in generale, presentano un elevato livello ematico di lipoproteine e colesterolo. È molto importante perché è il principale fattore di rischio per la formazione di placche all’interno delle arterie (aterosclerosi che causa trombi, emboli, infarti etc). I valori di colesterolo sono: 150-200 mg/100ml (normale), 400-600 mg/100ml (eterozigote), 800-1000 (omozigote). Trasporto del colesterolo Il colesterolo è trasportato da proteine. Le lipoproteine che traportano il colesterolo sono due: LDL (sono il colesterolo “cattivo”, responsabile della formazione di placche ateromatose) e HDL. Le LDL sono formate da esteri di colesterolo e da un’unica proteina che rappresenta il loro trasportatore (è un’apoproteina, B100). B100 è riconosciuta da un recettore presente su tutte le cellule dell’organismo, ma molto espresso sugli epatociti ed è il recettore che è alterato nelle forme di ipercolesterolemia familiare in quanto le LDL sono lipoproteine circolanti che vengono captate dai tessuti, soprattutto dal fegato. Logicamente, se si ha un’alterazione del recettore che le capta, si ha un valore di colesterolo elevato in circolo. Conseguenza: le LDL e il colesterolo si accumulano nel sangue e nella parete arteriosa. Concetto generale → Le varie mutazioni che possono causare l’alterazione di un gene possono appartenere a classi diverse che si suddividono in questo modo: 1. Classe prima: assenza completa della proteina 2. Classe seconda: manca per esempio una modificazione post traduzionale essenziale per il trasporto 3. Classe terza: la proteina arriva in membrana ma è alterata quindi non si lega bene o meno in base alla mutazione 4. Classe 4: è tipica di questa malattia perché i recettori per le LDL non sono liberi sulla membrana del fegato, ma sono racchiusi in cluster di clatrina (specie di vescicole ricche di clatrina in cui i recettori si accumulano). La clusterizzaizone è necessaria perché si riconosca meglio il colesterolo. 5. Classe 5: anche questa riguarda in particolare il colesterolo perché LDL e colesterolo sono degradati, mentre il recettore deve essere riciclato per poter riconoscere di nuovo la nuova LDL. Questo fenomeno è importante a livello epatico perché il fegato, a differenza di altri organi, utilizza il colesterolo per sintetizzare i sali biliari, i quali vengono immessi nell’intestino per emulsionare i grassi e renderli assorbibili. I sali biliari, una volta immessi nell’intestino, in parte sono espulsi con feci, in parte sono ricaptati attraverso la circolazione entero-epatica e riportati al fegato (in questo modo il fegato non ha bisogno di risintetizzare i sali biliari ogni volta che si assume cibo, proprio perché una parte li recupera tramite la circolazione entero-epatica). 10 In figura è mostrata una cellula enteroepatica che capta colesterolo formando il pull endogeno di colesterolo nella cellula epatica. Il pull endogeno viene usato molto dal fegato perché forma membrane, ormoni steroidei, sali biliari. Il pull endogeno però non è dato solo da questo colesterolo che viene da fuori, perché anche il fegato, in parte, attua sintesi endogena di colesterolo attraverso una serie di reazioni che partono dall’Acetil-CoA e che vede nell’ultima reazione l’azione di HMGCoA-reduttasi. Se si ha tanto colesterolo in cellula, questa inibisce la sintesi del recettore che capta colesterolo dall’esterno. Sulla base di questo, in individui eterozigoti (hanno un gene che codifica per il recettore normale delle LDL ed uno alterato) si può cercare di far funzionare al massimo il gene buono, stimolando la sintesi del recettore per abbassare i livelli di colesterolo all’esterno. Cosa si è pensato di fare? Si è pensato di inibire il ricircolo dei sali biliari (figura a sx): in questo modo il fegato tutte le volte è costretto a sintetizzarli ex novo, quindi necessita di utilizzare molto colesterolo. Così si abbassa il pull endogeno di colesterolo, il problema è che in parte, però, si abbassa anche la sintesi del colesterolo. Questo quindi non è un buon metodo perché in parte si ottiene lo scopo (quello di far sintetizzare il recettore), ma non del tutto. Alla fine si è trovata una soluzione: utilizzare le STATINE, cioè inibitori dell’enzima. Le statine inibiscono la sintesi endogena di colesterolo quindi, soprattutto a livello dell’epatocita, diminuisce il pull endogeno di colesterolo quindi aumenta la sintesi del recettore delle LDL quindi aumenta la captazione del colesterolo dall’esterno. MALATTIE AUTOSOMICHE RECESSIVE Il gene responsabile della malattia si trova su un autosoma, ma entrambi gli alleli devono essere mutati affinchè la malattia si manifesti (si manifesta solo allo stato omozigote). Caratteristiche della malattia: - Occorrono entrambi gli alleli mutati - I genitori possono non presentare la malattia (in questo caso la probabilità che il figlio sia ammalato è del 25%) - Sono possibili salti di generazione - Colpiscono in ugual misura maschi e femmine - L’espressione del difetto è più uniforme - In genere vi è completa penetranza: se l’individuo ha i geni malati, sviluppa in genere la malattia - L’esordio è in genere precoce Non derivano da mutazioni spontanee Albero genealogico della malattia: un individuo che ha un gene normale ed uno malato è eterozigote ed è PORTATORE SANO (significa che non sviluppa la malattia, ma ha il gene portatore della malattia). La malattia viene fuori quando si incrociano due individui eterozigoti portatori sani per il gene malato: i figli hanno il 25% di probabilità di essere ammalati, quando ereditano entrambi i geni malati. Oppure un figlio malato può nascere da un omozigote malato che trasmette al 50%. Le malattie autosomiche recessive possono riguardare diversi sistemi: 11 Una malattia è la FIBROSI CISTICA. Ha un’incidenza di 1:2000 nati, mentre la frequenza di portatore è di 1:20. È una grave patologia caratterizzata da: ✓ ostruzione dei bronchioli, infezioni respiratorie, insufficienza respiratoria ✓ Insufficienza pancreatica che causa malassorminento intestinale ✓ difetti della crescita Il gene alterato nella fibrosi cistica è detto Gene CF, si trova sul cromosoma 7 e codifica per la proteina CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane conductance Regulator) di 170 kDa (1480 aminoacidi). Il gene è costituito da almeno 27 esoni ed è espresso soprattutto in: pancreas, polmone, ghiandole sudoripare, ghiandole salivari, fegato, colon, dotto deferente. L’espressione in questi organi spiega anche la sintomatologia della fibrosi (immagine): causa gravi alterazioni a carico delle vie respiratorie dove il muco denso impedisce che le ciglia muovano e detergano continuamente le vie respiratorie dai batteri. La proteina è formata da due domini uguali identici (in rosso), uniti dal dominio regolatorio (R) ed è attivata da cAMP. È un trasportatore del cloro e fa sì che, a seconda della direzione in cui trasporta, ci siano alterazioni da un lato piuttosto che dall’altro della cellula: nel caso delle ghiandole sudoripare il trasportatore porta dentro cloro (in cotrasporto al sodio), quindi in mancanza del trasporto non entra né cloro né sodio→ NaCl fuori che causa sudore salato. a livello delle vie aeree il trasporto è al contrario: il CFTR si trova sulla membrana ma dal lato interno della cellula quindi trasporta verso l’esterno della cellula (lume della ghiandola) cloro, seguito da sodio ed acqua. La mancanza del trasportatore causa mancanza di idratazione del muco, quindi si ha muco denso e molto compatto che impedisce la secrezione degli enzimi digestivi da parte del pancreas → gli enzimi vengono rilasciati dall’altro lato della cellula (serve per lo screening neontalae delle fiborisi cistica). Anche in questo caso ci sono diverse classi di mutazione: classe 1 → assenza totale del canale; classe 2 → mancata maturazione della proteina perché deve essere glicosilata. La mancanza di fenilalanina fa sì che non venga correttamente glicosilata la proteina, quindi viene degadata immediatamente per la mancanza della glicosilazione. Questa mutazione è detta ΔF508. Qui si sottolinea di nuovo come la mancanza di un singolo aa sia estremamente importante! classe 3 → alterazione nella regolazione; classe 4 →alterazione nel passaggio di cloro. Le mutazioni del gene CF possono essere: -sostituzione di un singolo aminoacido: mutazioni missenso → circa la metà di tutte le mutazioni) -delezione di un singolo aminoacido (molto frequente delezione di una phe (F508)) -mutazioni frame-shift -ampie delezioni (rare) -mutazioni del sito di splicing La gravità della malattia dipende dal tipo di mutazione: se la proteina c’è ma funziona di meno si ha una foma lieve di fibrosi cistica caratterizzata solo da sterilità maschile; la forma grave per esempio è caratterizzata dalla delezione della fenilalanina con conseguente insufficienza sia respiratoria che pancreatica; la forma di gravità intermedia invece è solo caratterizzata da insufficienza respiratoria. 12 FELINCHETONURIA Ha una frequenza di 1/10.000 nati ed è una malattia metabolica ereditaria potenzialmente grave (aminoacidopatia) caratterizzata da un'aumentata concentrazione ematica di fenilalanina e da aumentate concentrazioni urinarie di fenilalanina e dei suoi derivati. Come si manifesta: se non curata la manifestazione principale è il ritardo mentale. Il ritardo mentale si può prevenire con un’alimentazione corretta, limitando l’assunzione di fenilalanina; in questo modo è possibile prevenire i danni provocati, in particolare sul sistema nervoso centrale, dall'accumulo dell’aminoacido. Le cause della fenilchetonuria sono alterazioni genetiche che provocano la carenza dell'enzima fenilalanina idrossilasi. È un enzima che serve per idrossilare la fenilalanina a tirosina, quindi serve per la sintesi di tirosina. Anche in questo caso ci sono livelli di gravità diversi in base alla mutazione (900 diverse mutazioni possono causare la malattia): -malattia grave → si ha attività enzimatica bassa, quindi non c’è proteina oppure ce n’è pochissima; -malattia moderata → si ha un’attività residua un po’ alta; -malattia lieve → si ha attività residua molto alta. Si nota che i fenotipi più gravi sono causati da una mancata attività dell’enzima. Nel gene si riconoscono differenti mutazioni che portano a completo deficit dell’enzima, tra cui cambiamenti "missense", difetti di splicing e delezioni parziali. Funzionamento dell’enzima fenilalanina idrossilasi Nella via metabolica canonica catalizzata dall’enzima, l’enzima trasforma la fenilalanina in tirosina. La tirosina diventa L-dopa→ dopamina→ noradrenalina → adrenalina. Quindi la mancanza di quest’enzima mi causa anche la carenza di altri neurotrasmettitori e ormoni (come le catecolamine e la serotonina): se il bambino ha grossa deficienza di attività enzimatica, non ha neurotrasmettitori → ritardo mentale. Quando è presente molta fenilalanina si innesca una via alternativa (transaminazione) in cui si produce acido fenilacetico, fenilpiruvico, fenilattico. La fenilalanina e i suoi derivati (ac. fenilacetico, fenilpiruvico e fenilattico) vengono eliminati con le urine alle quali conferiscono un odore caratteristico. A livello cutaneo è presente una caratteristica pigmentazione chiara in quanto la fenilalanina è un inibitore competitivo della tirosinasi, un enzima chiave nella via di sintesi della melanina. Poiché c’è carenza di tirosina, ed essendo la tirosina così importante, si potrebbe pensare di somministrarla ma c’è un problema: a livello della barriera ematoencefalica la fenilalanina, tirosina e triptofano usano uno stesso sistema di trasporto (L). Quindi, se si ha un eccesso di fenilalanina, si inibisce anche il trasporto di questi altri aa nella barriera ematoencefalica provocando ulteriore deficit di tirosina all’interno, quindi di catecolammine ma anche di triptofano da cui si sintetizza serotonina. MALATTIE LEGATE AL CROMOSOMA X Il gene malato si trova sul cromosoma X. Caratteristiche della malattia: - Si tratta di malattie recessive quindi i maschi ne sono affetti mentre le femmine sono portatrici - Colpiscono i figli maschi di genitori non affetti - La madre è in genere portatrice sana - Ogni figlio maschio di una madre portatrice ha il 50% di probabilità di ammalare Albero genealogico della malattia: Da una femmina portatrice ed un maschio sano, la figlia femmina rimane portatrice mentre il maschio che riceve il gene è malato. 13 Anche in questo caso le malattie possono colpire diversi sistemi: EMOFILIA A E’ la più comune malattia ereditaria che causa emorragie di entità cospicua. Colpisce il gene che codifica per il fattore VIII, un fattore importantissimo per la coagulazione del sangue infatti gli individui affetti dalla malattia sanguinano ed hanno emoraggie per traumi molto lievi o anche in assenza di traumi. La gravità dipende dalla funzionalità residua del fattore VIII che a sua volta dipende dal tipo di mutazione. Sono state descritte numerose mutazioni: delezioni, mutazioni non-senso, errori di appaiamento delle basi. Una malattia simile è quella di VON WILLEBRAND, un deficit ereditario del fattore di von Willebrand. È associata al fattore VIII: questo ha una vita media molto breve se è in circolo da solo, mentre la sua vita media aumenta se è associato al fattore di von Willebrand. Quindi la carenza del fattore VIII: O è legata all’X Oppure è legata alla carenza del fattore di von Willebrand e non all’X LEZIONE 3 – 13 OTTOBRE 2021 (laboratorio fisiopatologia del trasporto) LEZIONE 4 – 14 OTTOBRE 2021 EREDITARIETÀ NON CLASSICA Si parla di MALATTIE GENETICHE MONOGENICHE (dovute all’alterazione di un singolo gene) non mendeliane, cioè a trasmissione non classica (a trasmissione atipica). Sono patologie - Da triplette ripetute - Legate all’imprinting - Da mutazioni nel mtDNA (DNA mitocondriale) FATTORI EPIGENETICI L’epigenetica comprende tutti i meccanismi di controllo della regolazione dell’espressione di un gene (il gene può essere più espresso o meno spesso indipendentemente dalla sua sequenza). I fattori epigenetici comprendono: METILAZIONE DEL DNA → prevede l’aggiunta di un gruppo metilico in posizione C5 delle citosine che precedono le G (enzima DNMT). I dinucleotidi CG sono di solito localizzati in regioni particolari dette Isole CpG, spesso localizzate intorno a regioni promotrici Se il DNA è ipometilato →aumento dell’espressione genica; se il DNA è ipermetilato → inattivazione genica I processi di ipermetilazione avvengono fisiologicamente o per spiegare lo spegnimento di una X casuale nelle femmine oppure nelle neoplasie. ACETILAZIONE E METILAZIONE DEGLI ISTONI → quando una proteina istonica risulta acetilata o metilata, diminuisce la propria affinità con il DNA quindi il fattore di trascrizione può trascrivere meno o più il gene. Tramite acetilazione/deacitilazione quindi si regola l’espressione di un gene. PRESENZA DI microRNA → sono sequenze molto corte di RNA complementari con altre sequenze di mRNA. Legandosi, ne bloccano la traduzione. 14 PATOLOGIE DA TRIPLETTE RIPETUTE È presente un gruppo di malattie che come mutazione ha la ripetizione di una singola tripletta ripetuta un numero eccessivo di volte. Una di queste patologie è la malattia di Huntington e la SINDROME DELL’X FRAGILE. Se nel gene normale c’è la sequenza CGG ripetuta intorno a 20-30 volte, nel soggetto che soffre di X fragile invece c’è un numero maggiore di ripetizioni (>200). Significa che il gene si espande. La sindrome è così chiamata perché quando si colora il cariotipo, il cromosoma X appare rotto infatti non si colora alle estremità (in corrispondenza della mutazione del gene). I siti che vanno incontro a rottura sono detti SITI FRAGILI e sono sparsi nel genoma. La sindrome si ha a causa di un’alterazione del gene FMR1 (Fragile Mental Retardation), così chiamato perché la sintomatologia fa parte dello Spettro Autistico, caratterizzato da un ritardo mentale tipico dell’autismo (deficit di attenzione, iperattività). È la 2° causa di ritardo mentale su basi genetiche, dopo la sindrome di Down (1/4.000 –8.000 maschi, 1/8.000 – 11.000 femmine). Tutte le malattie relative all’X viste fin’ora si manifestano nei maschi, ad eccezione di questa in quanto i soggetti affetti possono essere sia maschi che femmine: i maschi sono più severamente compromessi e più frequentemente identificati; le femmine invece sono colpite dalla patologia in maniera molto piu lieve, di conseguenza sono identificate difficilmente. I maschi affetti presentano, oltre all’aspetto comportamentale, dimorfismo facciale (viso più lungo con mascella più prominente), orecchie sporgenti, testicoli grandi, alta statura, ipotonia muscolare, iperlassità articolare. Cosa distingue l’individuo malato dal portatore e dal normale? Il numero di ripetizioni di CGG varia: 6-44 → individuo normale 45-54 → “gray zone”, è la zona borderline in cui le persone non presentano nessuna patologia però il numero maggiore di amplificazioni della sequenza potrebbe ulteriormente arrivare a numeri maggiori. 55-200 → è la premutazione. C’è il rischio si possa espandere nella generazione successiva, tuttavia i soggetti non presentano la patologia. Prevalenza della premutazione: 1 su 250-810 maschi e 1 su 130-250 femmine. Le femmine con premutazione trasmettono la mutazione piena ai figli maschi con una probabilità su 2. >200 mutazione piena L’ereditarietà nell’X fragile è diversa da emofilia e daltonismo: in queste ultime due si ha la probabilità di essere affetti o meno della malattia in base a quale allele si eredita; nell’X fragile invece il maschio portatore sano trasmette il carattere, attraverso le figlie, ai nipoti che lo trasmetteranno ai figli della generazione successiva. Quindi, solo le donne con la premutazione hanno la capacità di diffondere al 50% la mutazione completa o la premutazione sia ai loro figli maschi che alle figlie femmine. I maschi con mutazione piena mostrano penetranza completa, mentre le femmine con mutazione piena mostrano il 50% di penetranza, con sintomi da lievi a severi. Queste patologie sono caratterizzate dal FENOMENO DELL’ANTICIPAZIONE secondo il quale il gene può espandersi (passa dalla premutazione alla mutazione piena) nel passaggio da una generazione all'altra, quindi anticipa l’esordio più precoce da una generazione alla successiva e la gravità della patologia. Per questo motivo le mutazioni sono dette DINAMICHE: cambia, si amplifica di generazione in generazione attraverso la gametogenesi femminile. La trasformazione della premutazione in mutazione completa avviene durante l’oogenesi femminile. Come si espande il gene di generazione in generazione durante l’oogenesi? Probabilmente, l’espansione CGG è associata alla formazione di strutture alternative inusuali nel DNA (anse), che sono assenti quando il numero di ripetizioni è nel range di normalità. È probabile che durante la meiosi, quando il DNA si deve replicare, in corrispondenza di queste zone si vada incontro a successivi processi di amplificazione delle triplette. 15 Esempio pratico: un genitore con 79 ripetizioni, trasferisce le ripetizioni alle 3 figlie femmine attraverso il cromosoma X (sempre intorno a quel numero, è una premutazione). Queste figlie femmine però alla generazione successiva trasmettono la patologia sia a maschi che a femmine. Nella seconda generaizone i M e F hanno probabilità del 50% di avere la premutazione o la mutazione completa. MECCANISMO PATOGENETICO (come la patologia spiega il fenotipo) Quando il gene FMR1 si espande, le citosine risultano ipermetilate (sia quelle del promotore sia quelle delle triplette) quindi il gene non verrà espresso→ no trascrizione genica → proteina non espressa. Vediamo il meccanismo nelle diverse situazioni: Situazione normale: ripetizioni normali → mRNA → proteina (FMRP) Premutazione: individuo normale, CGG aumentate → meno proteina ma più mRNA (non si sa bene perché) Mutazione piena: né mRNA né proteina La proteina FMRP è altamente conservata nelle diverse specie, molto espressa a livello del cervello (ecco perché i soggetti che soffrono di X fragile hanno disturbo comportamentale), è una RNA binding protein (ha la funzione di legare diversi mRNA che codificano per tante proteine che servono a livello neuronale, soprattutto a livello delle sinapsi dei neuroni) che lega gli mRNA sia a livello citoplasmatico sia durante il loro cammino (negli assoni e nei dendriti), regolandone la loro traduzione. È molto espressa durante il periodo fetale e durante i primi anni (in questi anni a livello differenziativo bisogna differenziare neuroni e sinapsi). In definitiva, si sa che nei neuroni soprattutto a livello pre-sinaptico ma anche post-sinaptico, se manca la proteina FMRP si ha una sregolazione soprattutto dei recettori a livello terminale pre-sinaptico che servono per la secrezione di tutte le molecole modulatrici dell’attività delle sinapsi. Quindi nell’X fragile, patologia studiata tramite i topi know- out (resi knok out per il gene FMR), si è capito che alcuni neurotrasmettitori funzionano di più (sono cioè più espressi), altri invece sono meno espressi. Legame di X fragile con l’autismo: nell’autismo c’è sovraregolazione dei recettori mGluR (sono i recettori metabotropici 1 e 5 per il glutammato), riduzione espressione e attività dei recettori (es. per il GABA). Tutto questo porta ad iperattività di segnalazione dei neuroni → squilibrio tra la funzione in condizioni normale inibitoria gabaergica e quella eccittatoria glutammatergica come causa dei sintomi cognitivi e dei tratti autistici della sindrome. Nell’X fragile, oltre alla metilazione delle citosine (ad opera della DNA metil-transferasi), c’è attivazione della istone deacetilasi che contribuisce a condensare la cromatina, quindi a silenziare il gene. A livello di farmacologia, le terapie dovrebbero essere volte ad inibire da una parte alcuni recettori e dall’altra stimolarne altri. DIAGNOSI Prima del 1991 si faceva una DIAGNOSI CITOGENETICA: è una colorazione che permetteva di ricercare il sito fragile sul cromosoma X al microscopio. Il limite però è che venivano identificati solo i cromosomi con mutazione piena, mentre si aveva l’impossibilità di identificare i portatori sani. Oggi invece si effettua l’ANALISI MOLECOLARE: è più sensibile e specifica, evidenzia il n°di triplette quindi permette di identificare i soggetti affetti e i portatori sani. L’analisi molecolare può essere effettuata tramite 2 metodi: PCR (PolymeraseChain Reaction) Southern blot → elettroforesi del DNA (in figura) 16 PATOLOGIE LEGATE ALL’IMPRINTING L’ imprinting genomico è l’espressione differenziata di una piccola minoranza di geni (circa 30) a seconda dell'origine parentale del cromosoma. Per alcuni geni viene espresso l’allele materno, per altri quello paterno poiché alcuni di questi 30 geni sono silenziati sul cromosoma di origine materno, altri invece su quello di origine paterno (e quindi viene espresso quello materno). Non si sa bene il motivo. Il fenomeno dell’ imprinting avviene nei primissimi tempi della formazione dello zigote, quindi tutte le cellule dell’organismo avranno lo stesso gene attivo/silenziato. Motli di questi geni si collocano sul cromosoma 15 e sono quasi sempre coinvolti nello sviluppo fetale. Poiché uno dei due alleli è fisiologicamente spento (funziona solo l’altro), di conseguenza se c’è una mutazione sull’allelo acceso, non funziona niente. Due patologie legate all’imprinting sono la SINDROME DI PRADRE WILLI e la SINDROME DI ANGELMAN: entrambe riguardano lo stesso locus genico 15q11-13 (regione q=braccio lungo tra la banda 11 e 13 del cromosoma 15). Queste due patologie hanno alla base lo stesso tipo di difetto, cioè la delezione della regione 15q11-13: la differenza è che per una patologia la regione è fisiologicamente espressa su un cromosoma e silenziata sull’altro, nell’altra viceversa. Quindi anche se interessano una delezione che interessa lo stesso locus genico, le 2 patologie sono completamente diverse! In particolare: Prader will → Delezione di una regione del cr. 15 ereditato dal padre (70% dei casi). I geni materni sono silenziati perché sotto imprinting quindi non c’è espressione dei geni Angelman→ Delezione di una regione del cr. 15 ereditato dalla madre (70% dei casi). Il gene paterno è silenziato perché sotto imprinting. Caratteristiche fenotipiche delle due sindromi: PW AS Mani e piedi piccoli Microbrachicefalia ipogonadismo Andatura atassica (a marionetta) bassa statura Facies inusuale iperfagia Iperattività obesità (non hanno più il senso della sazietà) Bassa statura ritardo cognitivo e di sviluppo Lingua protrusa all’esterno facies caratteristica Ritardo mentale grave problemi comportamentali Riso ingiustificato Spasticità Epilessia In figura sono rappresentati i geni sul cromosoma 15: in blu sono evidenziati i geni silenziati sul cromosoma materno ed espressi sul paterno che vanno incontro a delezione; in rosso invece sono evidenziati i geni silenziati sul cromosoma paterno ed espressi sul materno. Si nota che il numero di geni è differente: sono di più quelli interessati nella PW rispetto alla AS (solitamente due). Di conseguenza, la AS è causata dalla mancata espressione del solo gene UBE3A, la PWS invece è causata dalla mancata espressione di più geni. Funzione dei geni nella PW: NDN codifica per la proteina necdina la quale ha elevata espressione a livello ipotalamico (infatti la PW interessa soprattutto l’ipotalamo), è un soppressore della crescita quindi regola la proliferazione, in particolare la inibisce, è un gene anti-apoptotico e regola la neurogenesi; gene MAGEL2 è stato identificato nei disturbi dell’appetito; gene SNRPN è coinvolto nei processi di splicing dell’mRNA (quindi svolge un ruolo impotante per la neurogenesi perché controlla l’espressione normale degli altri mRNA). Ci possono essere tre diverse alterazioni genetiche nella PW: 1) nel 70% dei casi è una delezione (materno silenziato, paterno va incontro a delezione) 2) nel 25-30% si verifica la disomia uniparentale materna, cioè per errore vengono ereditati entrambi i cromosomi materni quindi sono silenziati entrambi 17 3) nell’1% dei casi c’è mutazione in un gene. Questo gene è detto gene dell’imprinting, cioè il gene che regola il meccanismo di silenziamento. Quanto detto per la PW per quanto riguarda le mutazioni, è speculare per la Angelmans: 70% delezione, disomia ereditarietà di entrambi i cromosomi paterni, difetto nel gene dell’imprinting. A queste si aggiunge la mutazione UBE3A (nel 2-5% dei casi). UBE3A è il gene che codifica per la proteina ubiquitina ligasi. La proteina ha la funzione di ubiquitinare quelle proteine che devono essere convogliate al proteasoma per essere degradate. È una proteina che ha un ruolo fondamentale soprattutto nello sviluppo neuronale perché degrada proteine che devono essere degradate. Mancando tutta l’ubiquitinazone, usando i topi knockout per il gene UBE3A, si è visto che i neuroni dei topini presentano anomalie a livello morfologico (numero minore di spine dendridiche). UBE3A oltre a regolare lo sviluppo delle normali sinpasi (normalmente si ha una giusta espressione di recettori per i neurotrasmettitori), regola anche la degradazione di una proteina (Arc) la quale regola tutto il traffico di questi recettori. Questo dovrebbe spiegare l’aumento dei recettori a livello delle sinapsi eccittatorie, ed essere correlato alla sintomatologia. Una metodica ottimale per la diagnosi, avendo una piccola delezione genica, è il metodo FISH: è un’ibridazione in situ che usa piccole sonde che si complementano con il tratto preciso. In base al numero di puntini fluorescenti che ne risultano si capisce quale allele viene marcato (se ne viene marcato solo uno significa che manca la regione su un cromosoma; se la regione è presente su entrambi, vengono marcati entrambi gli alleli). PATOLOGIE MITOCONDRIALI Sono patologie che interessano mutazioni nel DNA mitocondriale. Il genoma mitocondriale non è grande, ha solo 37 geni di cui: - 2 per l’RNA ribosomiale -22 per il tRNA -13 codificano per proteine (tutti gli enzimi della catena respiratoria) Non tutto il DNA miocondriale serve per la giusta biogenesi dei mitocondri ovviamente. In genere quindi, queste patologie saranno gravi. Si chiamano malattie OXPHOS (fosforilazione ossidativa inadeguata) e i tessuti piu colpiti sono quelli che necessitano di un maggiore quantitativo di ATP e di una maggiore fosforilazione ossidativa. Riguarda cioè quegli organi ad alevata richiesta energetica: cuore, SN, muscoli. L’ereditarietà è detta MATERNA perché l’oocita trasmette i mitocondri sia ai figli maschi che alle femmine (tutti i mitocondri derivano dall’oocita). Se c’è una mutazione quindi, solo le figlie femmine la possono trasmettere ai loro figli. È una situazione di POLIPASMIA: il n°di mitocondri e il n°di copie di mtDNA/mitocondrio varia da tessuto a tessuto e durante la divisione cellulare i mitocondri vengono distribuiti casualmente alle cellule figlie. Si ha un EFFETTO SOGLIA: l’espressione del fenotipo dipende dalla proporzione di DNA mitocondriale mutato e normale. MUTAZIONI CROMOSOMICHE Sono patologie che hanno alla base un alterato cariotipo, o come struttura di un cromosoma oppure come numero di cromosomi. Per questo si dividono in: mutazioni numeriche --> sono caratterizzate da un’alterazione del numero dei cromosomi. Si chiamano EUPLOIDIE (il cariotipo è multiplo di n, quindi 3n o 4n, il che è incompatibile con la vita infatti si hanno generalmente aborti spontanei) o ANEUPLOIDIE (il cariotipoè 2n+1 (trisomie) o 2n-1 (monosomie)) mutazioni strutturali → riguardano alterazioni della struttura I cromosomi sono numerati dal più grande al più piccolo (i più piccoli sono 21, 22) in base a: lunghezza, posizione del centromero. Poi c’è il cromosoma XX ed XY. Metodi di studio dei cromosomi COLORAZIONE → evidenzia il numero e la morfologia dei cromosomi Per colorarli si effettua un cariotipo: si bloccano le cellule in metafase, si colorano i cromosomi, si contano e si mettono in ordine per vedere il cariotipo. BANDEGGIO → identificazione dei singoli cromosomi e di eventuali anomalie di struttura. Le bande sono più o meno chiare o scure in base alla regione del DNA (se assorbe più o meno colorante), infatti i cromosomi si distinguono in base alla sequenza di bande. 18 Le anomalie cromosomiche: Possono originarsi sia durante la mitosi che durante la meiosi o maschile o femminile; Quelle che si verificano durante la mitosi non hanno di solito conseguenze. Quelle che si verificano durante la meiosi (gametogenesi), venendo trasmesse a tutte le cellule somatiche del figlio, possono generare malattie ereditarie. Le anomalie cromosomiche possono interessare anche le cellule somatiche, con la conseguenza che tutto rimane confinito solo nelle progrenie di quella cellula. ALTERAZIONI STRUTTURALI Il numero dei cromosomi è normale (46), ma sono presenti rotture o riarrangiamenti: traslocazioni → prevede la rottura di due cromosomi diversi e lo scambio dei frammenti. Può essere RECIPROCA (scambio reciproco dei frammenti) e NON-RECIPROCA (un cromatide dona parte del suo DNA all’altro cromatide). L’effetto di una traslocazione reciproca non cambierà niente, il soggetto non presenterà alcuna patologia perché il materiale genetico si è solo spostato, infatti la patologia sorge nel momento in cui l’individuo o acquisisce o perde materiale. Un esempio di traslocazione è quella di Robertson: interessa 2 cromosomi acrocentrici (hanno il centromero tutto spostato). Si hanno due rotture in corrispondenza del centromero, quindi si forma un cromosoma unico dato dai due bracci lunghi. Altra traslocazione è quella isocromosomica: il cromosoma X si rompe in corrispondenza del centromero e si ha la fusione dei 2 bracci corti e dei 2 lunghi. Non confondere la traslocazione con il crossing-over (avviene tra cromosomi omologhi!) inserzione → si stacca un frammento e si inserisce su un altro cromosoma. delezioni → perdita di un segmento di cromosoma e formazione di un cromosoma più corto del normale un esempio di patologia dovuta ad una delezione è la Cri du chat: è un 5p- perché a livello del braccio corto del cromosoma 5 si ha delezione. È così chiamata perche i neonati hanno problemi alla laringe per cui il pianto somiglia al miagolio; inoltre hanno microencefalia, malformazioni al viso e alla laringe, ritardo sviluppo psicomotorio e del linguaggio duplicazioni → un frammento per errore si duplica inversioni→ rottura di un cromosoma in due punti e rotazione del frammento di 180 gradi. L’inversione si distingue in pericentrica o paracentrica se comprende o meno il centromero. cromosomi ad anello → rottura delle estremità telomeriche con ricongiungimento dei bracci (si salda su se stesso e forma un anello). Gli anelli tendono ad essere instabili. È una alterazione che interessa spesso il cromosoma X. Ricapitolando: con la traslocazione e l’inversione non si ha né materiale in più né in meno → individuo normale. Delezione o duplicazione invece hanno materiale in più o in meno → quando il cariotipo modifica la quantità del materiale, è sempre associato ad una patologia. La problematica è che i soggetti possono produrre gameti a contenuto cromosomico sbilanciato, a differenza di una meiosi normale in cui i gameti sono aploidi per i 46 cromosomi. Questo meccanismo può essere alle base della nascita di individui con la sindrome di down. 19 ALTERAZIONI NUMERICHE Il cariotipo risulta diverso dal normale 2n = 46. Frequenza delle anomalie cromosomiche: -più della metà riguardano i cromosomi sessuali (XXY, XYY, XXX, X0) -trisomie, hanno un cariotipo di 47 cromosomi In genere le anomalie dei cromosomi sessuali sono meno gravi rispetto a quelle che interessano gli autosomi. Le anomalie numeriche sono dovute ad una alterata distribuzione dei cromosomi perché si ha una non disgiunzione dei cromosomi durante la meiosi. Si può avere: 1. 24 oocita (1 cromosoma in più) si unisce con una cellula spermatica 23 → cariotipo 47 →è una TRISOMIA 2. 22 cellula maschile si unisce con un oocita normale 23 → cariotipo 45 → è una MONOSOMIA La non disgiunzione può avvenire o alla prima o alla seconda divisone meiotica. Caratteristiche delle trisomie autosomiche: Solo 3 sono compatibili con la vita: +21, +18, +13; nessuna monosomica invece è compatibile con la vita (tranne X0) sono tutte associate a ritardo della crescita, ritardo mentale e anomalie congenite multiple Tutte sono associate all’avanzata età della madre SINDROME DI DOWN/TRISOMIA 21 È la più comune causa di ritardo mentale moderato (1:700-800) Può essere una trisomia pura (nel 90% dei casi) L’incidenza è associata all’avanzamento dell’età della madre: si ha una crescita esponenziale riportando l’età della madre in funione della comparsa della malattia Differenti forme citogenetiche Fenotipo: viso tipico, piaga epicantica degli occhi, nuca più schiacciata, collo più corto, ipotomia a livello dei muscoli, piu distana tra primo e secondo dito, vanno piu incontri ad alterazioni cardiache, invecchiano precocemente (assomiglia un po’ all’alzheimer) Questa sintomatologia la si spiega tenendo conto che il cromosoma 21 è uno dei più piccoli, però ha un certo numero di geni in triplice dose, per esempio: - gene APP → è una proteina che durante l’invecchiamento assume una forma fibrillare, è responsabile delle placche tipiche dell’alzheimer che portano a degenerazione dei neuroni. Da questo si può capire il perché i soggetti affetti dalla patologia invecchiano precocemente. -gene ETS2 → è un oncogene, correlato al rischio di leucemie -COL6A1 → codifica per il collagene di tipo VI ed è correlato ai difetti cardiaci Alla base della sindrome di down ci può essere: 1) Trisomia pura da non-disgiunzione 2) Nel 4% dei casi c’è il fenomeno di traslocazione robertsoniana tra il cromosoma 21 ed un altro (in genere il 14). 20