Biomateriali Ceramici PDF

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Biagio Alessandro Conte

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biomaterials ceramics biomedical engineering materials science

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This document provides an overview of bioceramics, including definitions, classifications, and applications in biomedicine, focusing on orthopedic, dental, and other medical uses. It discusses interactions with tissues, different classifications of bioceramics, and types of bonding and interaction.

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mercoledì 25 settembre 2024 BIOMATERIALI CERAMICI DEFINIZIONI E CLASSIFICAZIONI CERAMICI Dalla definizione fornita dall’American Society for Testing and Materials (ASTM), un materiale ceramico è un sistema cristallino o parzialmente cristallino ottenuto da materie prime non organiche e non metallic...

mercoledì 25 settembre 2024 BIOMATERIALI CERAMICI DEFINIZIONI E CLASSIFICAZIONI CERAMICI Dalla definizione fornita dall’American Society for Testing and Materials (ASTM), un materiale ceramico è un sistema cristallino o parzialmente cristallino ottenuto da materie prime non organiche e non metalliche. Questi sistemi sono ricavati da una massa fusa, e maturati o sinterizzati grazie ad un trattamento termico. La definizione mette in evidenza la composizione (non organici e non metallici), la struttura (cristallina o parzialmente) e l’ottenimento (processo termico di consolidamento). La definizione più attuale e generale descrive il ceramico come un materiale solido, inorganico, non metallico che può includere atomi metallici, non metallici o metalloidi, tenuti insieme principalmente da forti legami ionici o covalenti. La definizione si focalizza quindi sul tipo di legame e non sul processo di ottenimento. VETRI Il vetro, secondo l’ASTM, è un prodotto inorganico di fusione che subisce un processo di raffreddamento in condizioni di rigidità ma che non comporta cristallizzazione (strutture ordinate) del materiale. Questa definizione però ignora il vetro organico, i metalli amorfi ed alternativi processi di ottenimento (sol-gel). Sono state date altre definizioni nel corso del tempo. - Il vetro è un solido amorfo, ma non tutti i solidi amorfi sono vetro: legno, cemento, silicio amorfo, sono amorfi ma non mostrano la transizione del vetro. - Il vetro è un liquido sottoraffreddato, ma il vetro ha proprietà solide e non mostra flusso viscoso a temperatura ambiente. Quella da ricordare è la seguente: Il vetro è un solido (quindi un materiale irrigidito) che non ha un ordine atomico a lungo raggio (amorfo) e mostra una transizione vetrosa (transizione di fase del secondo ordine) reversibile o una transizione da uno stato rigido, fragile (a bassa temperatura) a uno stato gommoso, plastico, duttile e fluido (ad alta temperatura). La temperatura di confine è la temperatura di transizione vetrosa. BIOCERAMICI I bioceramici sono materiali inorganici utilizzati nella riparazione e nella riformazione di parti danneggiate o malate del sistema muscolo-scheletrico del corpo. Non sono materiali generici ma si devono contraddistinguere per non avere effetti avversi. A causa delle loro interazioni positive con i tessuti umani, le bioceramiche possono essere utilizzate in numerose applicazioni biomediche. Le tendenze future coinvolgono la bioceramica come possibile trattamento per il cancro e il drug delivery. Le bioceramiche si classificano in: Bioinerti (Al2O3, carbonio vetroso), caratterizzate da una nulla o minima reazione con i tessuti a contatto; Riassorbibili (fosfato di calcio), materiali di riempimento che rendono possibile, durante e dopo la loro dissoluzione, la riformazione del tessuto osseo (ad esempio in una cavità in cui l’osso è stato rimosso a causa di una neoplasia o una rottura). Le sostanze favoriscono la ricrescita ossea perché alimentano le cellule con calcio e fosforo, costituenti minerali dell’osso stesso; Bioattive (biovetro), che hanno un’azione di ricrescita e adesione di componenti ossee. Sono uno stimolo per la ricrescita e possono rimanere all’interno dell’organismo, non devono essere necessariamente eliminati. Le bioceramiche possono essere ottenute sia da fonti naturali che da fonti sintetiche. Le bioceramiche che naturalmente provengono da vari organismi viventi o morti possono essere definite "bioceramiche naturali” (silice biogenica, perle naturali, gusci di molluschi, ossa e denti). Materiali di provenienza naturale possono essere processati per formare filler utili alla ricrescita ossea. 1 Biagio Alessandro Conte Le bioceramiche sintetizzate artificialmente sono definite “biocermiche sintetiche”. HA è un minerale a base di fosfato di calcio, che è prodotto sinteticamente ma presente anche naturalmente nelle ossa e nei denti. La totalità dei materiali ceramici ricade in delle macro categorie: - Vetri, presenti nell’architettura di finestre con compiti funzionali e strutturali o nel campo dell’ottica per la realizzazione degli occhiali. In campo biomedicale esistono biovetri per la realizzazione di lenti o per packaging medicale; - Porcellane e Prodotti strutturali di argilla, con cui si creano tegole o piastrelle. In campo biomedico le porcellane sono utilizzate nella riproduzione dello smalto nelle protesi dentali, ma anche nei prodotti di cosmesi come maschere per il viso o il talco nei trucchi; - Refrattari, mattoni e prodotti monolitici e prodotti pieghevoli nell'industria siderurgica; - Abrasivi (allumina, carburo di silicio, diamante), importanti da un punto di vista merceologico. Sono oggetti che contengono particelle dure di ceramica come sistema per rimuovere la materia superficiale (lucidatura, sabbiatura a pressione). Se uso grosse particelle, la superficie sarà disastrata, consumo velocemente il materiale, se uso piccole particelle, la superficie diventa a specchio, garantendo lucentezza e riflessione. Un esempio di bioceramico è il dentifricio (il principio di pulizia dei denti è basato sull’abrasione: l’amalgama tramite le spazzole friziona la superficie dentale. La parte attiva della pulizia è rappresentata da granuli duri tali da rimuovere i grassi ma non rovinare la superficie); - Cementi, ottenuti da polveri mischiate con acqua che rendono rigidi materiali che non si legherebbero tra di loro (detti inerti). In campo biomedico, sono utilizzati nel campo della ricrescita ossea, in particolare nel fissaggio di protesi oppure otturazione di denti; - Ceramiche avanzate, utilizzate in campo energetico e meccanico. In campo biomedico vengono sfruttare per giunti in idrossiapatite, ponteggi e valvole cardiache; Le ceramiche avanzate sono, secondo la definizione ISO, materiali altamente ingegnerizzati, ad alte prestazioni, prevalentemente non metallici, inorganici che possono contenere fasi metalliche piuttosto che organiche, ottenendo così ibridi aventi attributi funzionali specifici. Alcuni sinonimi di ceramica avanzata sono: ceramica fine, ceramica ingegneristica, ceramica tecnica o ceramica ad alte prestazioni. Esempi di ceramiche avanzate sono l’allumina (Al2O3), la zirconia (ZrO2) o la silice (SiO2). Nella tassonomia delle ceramiche tecniche si introducono 3 macro categorie: Ceramici strutturali, utilizzati in virtù delle loro proprietà meccaniche (capacità di resistere allo schiacciamento, rigidezza, capacità tribologica) in utensili da taglio e componenti nei motori; Ceramici funzionali, utilizzati per le proprietà ottiche ed elettriche (isolanti, piezoelettrici, magneti e superconduttori) oppure chimiche o ambientali (filtri, membrane, catalizzatori e supporti per catalizzatori); Riporti ceramici, utilizzati come rivestimenti per favorire osteointegrazione; Un esempio di ceramica avanzata funzionale è il titanato di bario (BaTiO3), utilizzato come materiale piezoelettrico: sono materiali che sollecitati meccanicamente restituiscono una risposta elettrica e viceversa. Un’altra tassonomia per i materiali ceramici prevede la distinzione tra 2 tipi. Questo perché nel processo termico di ottenimento del materiale, si preferisce non fondere la materia (quando il vetro o il metallo sono fusi, sono compatti e non presentano bolle d’aria all’interno), ma di sinterizzarla in modo tale da mantenerne la forma. Il vantaggio sta proprio nel conservare la geometria: Ceramici porosi - Smaltati, ricoperti di uno strato di vetro impermeabilizzante che impedisce l’ingresso di acqua; - Non smaltati, rimangono porosi nelle loro caratteristiche; Ceramici non porosi (portati a temperature elevate per chiudere i pori) - Smaltati come il gres porcellanato o la porcellana dei sanitari; 2 Biagio Alessandro Conte - Non smaltati, come la porcellana per usi tecnici; Il laterizio o mattone è un ceramico poroso non smaltato. Grazie ai pori, la loro capacità di assorbire l’umidità contribuisce al benessere e all’ottimizzazione idrometrica. Chiaramente è conveniente non smaltarli sia per un discorso economico sia perché la porosità si accompagna ad una buona caratteristica di isolamento termico: un laterizio poroso riduce lo scambio termico e quindi il fabbisogno di riscaldamento di un edificio a seconda della stagione. CLASSIFICAZIONE PER COMPOSIZIONE CHIMICA La classe principale di ceramici, sia per frequenza, abbondanza che economicità, è quella degli ossidi. Gli ossidi sono composti caratterizzati dalla presenza di ossigeno legato a uno o più elementi metallici o metalloidi. L’ossigeno (anione) e il metallo (catione) formano un sistema combinato con un legame ionico e covalente per cui il metallo perde la sua caratteristica di metallo. Il tipo di legame dipende dalla natura degli elementi coinvolti e dalla differenza di elettronegatività tra essi. Gli ossidi misti (di più elementi) oppure ossidi puri (di un solo elemento) danno vita alla famiglia delle ceramiche ossidiche. Elementi che da soli non sono né metalli né una sostanza organica, come boro o carbonio, posso formare ceramici. Il carbonio del diamante ha un legame chimico puramente covalente, nel caso della grafite è caratterizzata sia da un legame covalente nel piano che da forze di Van Der Waals tra i piani. La combinazione di metalli e metalloidi con elementi che tendono ad essere fortemente covalenti e ionici (azoto o carbonio), porta alla formazione di ceramici. L’azoto legato ad altri elementi forma nitruri (nitruro di alluminio, nitruro di silicio) mentre il carbonio legato ad altri elementi forma i carburi (carburo di silicio, carburo di boro). APPLICAZIONI Si possono classificare anche secondo il contesto applicativo. Ritroviamo dunque bioceramiche per: - Campo ortopedico, in sostituzione di ossa o di endo-articolazioni come ginocchio o anca; - Ricrescita ossea, che si avvale di materiali bioattivi e riassorbibili; - Ambito odontoiatrico, in cui ritroviamo dentifricio, protesi, impianti e faccette dentali; - Protesi oculari; - Applicazioni otorinolarinoiatre, quindi ossa dell’apparato uditivo; 3 Biagio Alessandro Conte Nel campo degli impianti dentali c’è stata un evoluzione nell’utilizzo dei materiali ceramici. All’inizio erano completamente in metallo, ma la tendenza adesso è inserire la ceramica integrale; si cerca di non avere più un’anima in metallo (funzione strutturale) smaltata con materiale ceramico (funzione estetica), ma di avere un sistema interamente in ceramico sia per motivi estetici (per non far notare il materiale metallico) sia per motivi di biocompatibilità. INTERAZIONE BIOLOGICA TESSUTO - IMPIANTO Si potrebbe avere una: Reazione biologica quasi inerte (allumina o zirconia) con conseguente formazione di una capsula fibrosa non aderente all’interfaccia con l’impianto; Reazione bioattiva, a seguito della quale il tessuto forma un legame interfacciale con l’impianto o genera tessuto naturale; Dissoluzione dell’impianto, con conseguente rimpiazzo da parte del tessuto; Ciò che si vuole evitare è la morte del tessuto, quindi che l’impianto sia tossico. TIPO DI ADESIONE E INTERAZIONE CON IL TESSUTO Con impianti inerti costituiti da materiali come allumina o zirconia, si parla di fissazione morfologica, cioè l’interazione è di tipo meccanica. Con impianti porosi costituiti da idrossiapatite, rivestimenti di HA o metalli porosi, si parla di fissazione biologica, cioè il tessuto cresce all’interno dei pori contribuendo alla stabilità. Con impianti bioattivi, costituiti da materiali come biovetri, o vetroceramica bioattiva, si parla di fissazione bioattiva, cioè un vero e proprio legame tra superficie dell’impianto e tessuto circostante. Con impianti riassorbibili, costituiti da tricalcio-fosfati, abbiamo il rimpiazzo del materiale con nuovo tessuto rigenerato. SPESSORE DI INTERFACCIA PER GLI IMPIANTI In figura un confronto dello spessore interfacciale dello strato di reazione di impianti bioattivi o del tessuto fibroso di bioceramiche inattive nell’osso. L’interfaccia è allo 0, a destra l’osso e a sinistra le categorie di materiali che possono aderire sull’osso e lo spessore dell’interfaccia che cresce a seconda del tipo di materiale. Materiali inerti si riducono a non avere crescita di spessore all’interfaccia, mentre materiali come HA porosa o il biovetro 45S5 maturano all’interfaccia spessori dell’ordine dei millimetri (100 µm). 4 Biagio Alessandro Conte Diversi materiali sviluppano una bioattività più o meno intensa e durevole nel tempo a seconda del tipo stesso di materiale. BIOCERAMICHE STRUTTURALI È necessario che l'osso abbia un certo carico per mantenere la sua esistenza; altrimenti l'osso sarebbe riassorbito come sotto lo spazio a gravità zero. Tuttavia, la schermatura da stress si osserva quando il tessuto osseo è legato con materiali con alto modulo di Young, dove l'osso intorno ai materiali viene riassorbito (legge di Wolf). Il grosso del mercato protesico è metallico ma materiali ceramici strutturali prendono sempre più piede. Il materiale metallico, anche se sottoposto a carichi importanti, si lavora velocemente con tecnologie tradizionali come la lavorazione meccanica a controllo numerico tramite fresatura. I materiali ceramici devono essere lavorati in condizioni delicate e non in maniera convenzionale. Nel caso dei materiali ceramici, la fresa non è con i taglienti ma rivestita da uno spessore di polvere di diamante che per abrasione consumano il materiale ceramico fino ad arrivare alla forma voluta. Lo stesso principio di lavorazione che attua il dentista: tramite una turbina e applicando una leggera pressione, lavora il dente. Nel campo delle ceramiche dentali un esempio di utilizzo è la metallo ceramica: una corona dentale è fatta da un substrato di oro rivestito di smalto di porcellana. La tendenza è di eliminare lo strato sottostante in metallo e avere una ceramica integrale. In campo odontoiatrico è in corso una rivoluzione digitale: la maggior parte dei progetti che si svolgono sono trainati dalle tecnologie digitali sia nella modellazione, nella scansione delle forme e nella manifattura. Oltre a tecnologie sottrattive, prendono sempre più piede tecnologie additive di stampa 3D PANORAMICA DI MERCATO Il mercato delle ceramiche tecniche vale a livello mondiale circa 9 miliardi di euro mentre il consumo raggiunge i 4 miliardi. Il maggior peso è dato dal mercato asiatico. Il Giappone per oltre tre decenni è stato in prima linea nella ricerca e nello sviluppo che si applica principalmente ai dispositivi elettronici. Nel mercato asiatico, la crescita è guidata da mercati emergenti come Cina, India, Corea del Sud, Taiwan e Thailandia, che mostrano tassi di crescita di oltre il 10%. Attraverso un'analisi condotta sui principali attori del mercato e su diversi studi sul campo, sono stati mappati 4 settori principali per l'applicazione di materiali ceramici avanzati in termini di dimensioni, tassi di crescita annuale composto (CAGR) e margini operativi lordi (EBITDA - Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization - rappresenta l’utile prima delle tasse è una misura del profitto operativo, che mira a fornire una visione più "pulita" della capacità di un'azienda di generare utili dalla sua attività principale, ignorando le spese che non riflettono la gestione operativa quotidiana come le tasse): bisogna valutare sempre quanto il settore ripartisce ai soci in termini di valore aggiunto della produzione ma anche la capacità di crescita, quanto un’azienda riesce ad aumentare il suo fatturato. 5 Biagio Alessandro Conte Il settore biomedicale è uno dei più interessanti per chi produce tecnologie nel campo industriale, dà più crescita annuale e ricavi. Il livello di attrazione deriva dal tasso di crescita, il livello di complessità dal strutture competitive o barriere di ingresso nel mercato. La crescita sarà guidata dalla protesi d'anca e dal ginocchio e per l'applicazione nella fusione spinale, nonché nella medicina rigenerativa. Il mercato è estremamente frammentato: le competenze tecnologiche non si trovano in mano ad una sola azienda. A seguire il settore militare di difesa nella produzione di giubbotti antiproiettili e veicoli armati. CERAMICHE BIOMEDICALI - PORCELLANA ARGILLA Gli esseri umani hanno scoperto che l'argilla poteva essere trovata in abbondanza e formata in oggetti mescolandola con acqua e successivamente cuocendo il tutto. Il più antico manufatto in ceramica conosciuto, datato già al 28.000 a.C., è una statuetta di donna, chiamata Venere di Věstonice, ritrovata in nella Repubblica Ceca. Sembra che gli stessi egizi, nella loro mitologia, presero ispirazione dagli antichi artigiani ceramisti. Si ritiene che dalla Cina, in cui sono stati ritrovati i primi esempi di prodotti in ceramica, l'uso della ceramica si sia diffuso in Giappone e nella regione russa dell'Estremo Oriente, dove gli archeologi hanno trovato frammenti di manufatti ceramici risalenti al 14.000 a.C. Uno degli utensili più antichi è il tornio, la ruota del vasaio: questa gira e facilita formatura e creazione di simmetrie dell’argilla. Già da 3000 anni a.C. l’argilla veniva formata in oggetti cavi. Ciò vuol dire che l’uomo ha inventato la ruota per fare la ceramica e successivamente è stato sfruttata per la realizzazione di carri o strutture da traino. L'intero processo di formazione di una pentola di argilla sulla ruota del vasaio è generalmente chiamato “lancio”. Ci sono diversi passaggi all'interno del processo come: centratura, apertura, lancio delle pareti, finalizzazione del modulo. Le ceramiche tradizionali erano fatte di argilla, che consentiva alla ceramica di essere formata per malleabilità. Nel processo di formatura o per qualsiasi altro tipo di modellazione, il ceramista sfrutta le sue proprietà di: - Plasticità: la capacità dell'argilla di diventare plastica se mescolata con una piccola quantità di acqua e di mantenere qualsiasi forma a cui è modellata, senza rompersi; - Restringimento: capacità di ridurre le dimensioni, soprattutto quando si asciuga; - Sinterizzazione: la qualità di essere convertita in uno stato molto duro e fragile durante il fuoco; Le polveri minerali asciutte di argilla (loose powders), mescolate con l’acqua, consentono la formazione di un oggetto a bassa temperatura (non colando il metallo fuso come nel caso della metallurgia). L’acqua contenuta nell’impasto deve essere essiccata. Il passaggio di essiccazione è fondamentale (se c’è troppa acqua nell’impasto, questa evapora e fa scoppiare l’oggetto) e consente alle particelle di argilla di compattarsi, sebbene il processo lasci dei pori d’aria: là dove l’argilla non riesce ad impacchettarsi bene, esisterà una porosità residua. Per eliminare questa porosità, l’oggetto è cotto e si ottiene il manufatto finale. Confrontando la lavorazione della ceramica con altri materiali polimerici o metallici, il processo di manifattura parte sempre dalle materie prime in polvere ma mentre nel caso di metalli, vetri e polimeri questi subiscono un processo termico e successivamente vengono formati, i materiali ceramici vengono prima formati, subiscono il processo termico di cottura e alla fine il materiale acquisisce la forma e le caratteristiche di materiale ceramico. 6 Biagio Alessandro Conte PORCELLANA ORIGINI L'argilla è uno dei componenti principali utilizzati nella produzione della porcellana. L’effettiva ricetta della porcellana fu prodotta dai cinesi durante la dinastia Tang (618-907). La sua produzione si basa sull'uso di "caolino", gli antichi cinesi erano in grado di rendere questo materiale particolarmente plastico aggiungendo urina. L'impasto di caolino e urina ha subito un processo di manipolazione attraverso l'uso di bufali che, calpestandolo, rendevano l'impasto di plastica resistente allo stesso tempo, in modo che potesse essere ridotto a spessori simili alla carta senza romperlo durante la lavorazione. Le prime testimonianze dell'esistenza della porcellana arrivano attraverso gli scritti di Marco Polo nel XIII secolo. Tuttavia, la sua composizione è rimasta un mistero per molto tempo. È stato definito come oro bianco ed è diventato un prodotto molto lussuoso. Nell'anno 1700, l’alchimista Johann Friedrich Böttger affermava di essere in grado di trasformare i metalli in oro. Fu costretto a condurre esperimenti in quella direzione, che rimasero infruttuosi. Entrando in contatto con il proprietario di una fabbrica di vetro, Ehrenfried Walther von Tschirnhaus, che aveva trascorso gli ultimi vent'anni cercando di riprodurre la porcellana cinese e ricercare l'oro bianco, Böttger eseguì altri esperimenti e trovò la formula giusta nel 1708 o nel 1709, a Dresda. La scoperta dello sfortunato Böttger diede grande impulso alla produzione di porcellana in tutti i paesi. Nel 1738 Carlo di Borbone sposò Maria Amalia di Sassonia e voleva iniziare una produzione che fosse uguale a quella di Meissen. Iniziò così il lavoro per la prima fabbrica, che fu costruita non lontano dal suo palazzo, sulla collina di Capodimonte, e quindi chiamata la Real Porcelain Factory di Capodimonte. Nel 1748 Thomas Frye fondò una fabbrica di Bow Ceramic vicino a un mercato bovino. Il punto di svolta c'è stato quando Josiah Spode ha iniziato ad aggiungere alla miscela la polvere derivante dalla macinazione delle ossa di bovini. L'additivo conferisce una notevole traslucenza, bianchezza e resistenza a questo nuovo tipo di porcellana, chiamata Bone China. La traslucenza si ottiene con un minimo del 30% di fosfati derivati da ossa bovine, a zero contenuto di ferro. Questa nuova ricetta è diventata, nel tempo, lo standard della produzione inglese. L’intera crosta terrestre è una manifattura di minerali. Il grosso della composizione della crosta è costituito da silicati, quindi ossidi di silicio e altri elementi che occupano il 99% del totale di composizione. Se ricaviamo della roccia, quella avrà in composizione uno di questi elementi. Solo alcune eccezioni portano ad avere un materiale puro di un certo tipo. Il rimanente 1% è formato da altri elementi come Titanio, Idrogeno, Fosforo, Bario, e altri. CLASSIFICAZIONE DELLE ROCCE In figura è mostrato il diagramma della composizione mineralogica delle rocce ignee, che evidenzia la relazione tra la composizione chimica delle rocce, i minerali presenti e la loro classificazione in base alla percentuale di volume dei componenti. A sinistra prevale la preferenza di ossido di silicio, potassio e sodio, mentre a destra prevalgono elementi basici come magnesio, calcio e ferro. Le principali rocce sono: Felsiche (granitiche): ricche di quarzo, feldspati potassici e muscovite (prevalenza di ossido di silicio). Intermedie (andesitiche): contengono plagioclasio (ricco di sodio) e anfibolo. Mafiche (basaltiche): ricche di pirosseni, plagioclasio (ricco di calcio). Ultrafemiche: dominano minerali come l'olivina e il pirosseno, con bassissimo contenuto di silice e maggior presenza di magnesio e calcio. 7 Biagio Alessandro Conte Il materiale primordiale da cui derivano tutte le rocce ignee è il magma, una miscela di rocce parzialmente fuse, minerali, gas e cristalli che si trova sotto la superficie terrestre. Si forma a temperature elevate, generalmente tra i 700°C e i 1300°C, e in esso compaiono fasi solide in mezzo a fasi fuse. La temperatura dipende dalla composizione chimica (in termini di silicio, alluminio, sodio, potassio, magnesio e calcio), dalla profondità e dalle condizioni di pressione. Magmi più ricchi di silice si formano a temperature più basse, mentre magmi meno ricchi di silice si formano a temperature più alte. Alla diversa composizione delle rocce corrisponde un diverso stato di passaggio del minerale. La crosta terrestre, a contatto con il mantello superiore, è per la maggior parte solida ma possiede una percentuale liquida di magma fuso. Quando la sostanza si trova tra il mantello e la crosta inferiore, si elevano le temperature, e la materia è in uno stato magmatico in cui esistono inclusioni solide. Per descrivere il processo di cristallizzazione frazionata dei minerali all'interno di un magma durante il suo raffreddamento, i geologi utilizzano la serie di reazioni di Bowen, che mostra come e perché si forma la crosta terrestre a partire dall’alta temperatura sotto il mantello e raffreddando le specie che affiorano per effetto della tettonica a placche: da uno stato fuso, raffreddano e formano la crosta indurita. Il minerale che rappresenta la crosta sarà conseguenza della lenta o veloce trasformazione in temperatura da fuso a solido. È il modo con cui appaiono le fasi cristalline dal fuso man mano che la roccia si raffredda. Raffreddando il magma, cominciano a solidificare le fasi più refrattarie (olivine e feldispati ricchi in calcio). Guardando un granito, questo è formato da tanti grani cristallini: i grani più grossi che si trovano al centro provengono dalla solidificazione iniziale, gli altri che raffreddano dopo sono i feldispati alcalini o di potassio. L’insieme dei minerali sulla crosta terrestre può formare una sequenza di fasi cristalline che sono il risultato di un raffreddamento lento del magma. La serie di reazione di Bowen spiega come i diversi tipi di rocce ignee possono derivare da un'unica massa magmatica attraverso la cristallizzazione frazionata e come le condizioni di raffreddamento e la composizione chimica del magma influenzino la formazione di minerali diversi. La ceramica si crea dall’impasto di materiali silicatici. Per comprendere meglio la composizione della porcellana sfruttiamo diagrammi di fase ternari (simili ai diagrammi di fase binari in cui sull’ascissa si aveva il contenuto relativo di un elemento rispetto ad un altro e sull’ordinata la temperatura), diagrammi tridimensionali con l’asse della temperatura uscente dal piano triangolare. Le linee a quota costante (nelle cartine geografiche isoipse), che danno la percezione di tridimensionalità, sono le isoterme (1600, 1500,…), insieme di punti a temperatura costante dove la fase fusa è in equilibrio con la fase solidificata. In un diagramma di fase binario per un sistema miscibile la temperatura più bassa di fusione è detta punto eutettico (nel diagramma in figura l’eutettico è a 990 °C). Nel diagramma di fase ternario in figura si combinano 3 specie mineralogiche: Mullite, Sìlice e Leucite. Questi 3 elementi sono il risultato di una trasformazione ad alta temperatura degli elementi di partenza. Gli elementi di partenza, più che Mullite e Leucite, sono Caolino e Feldspato. La ceramica cinese è combinazione di 3 minerali, sìlice (ossido di silicio - il dimagrante), l’argilla (il plasticizzante, componente preponderante, è un’argilla, detta caolino, controllata, con proprietà particolari, e particolarmente pura in silicio e alluminio. Il metacaolino è un ossido misto di alluminio e silice che a bassa temperatura contiene anche acqua) e feldspato (il fondente, che riduce la temperatura di sinterizzazione). Il feldspato potassico è una roccia formata da potassio, alluminio e silice. Queste materie prime sono miscelate, modellate e cotte a temperature comprese tra 1200°C e 1400°C. 8 Biagio Alessandro Conte QUARZI Quando l’ossido di silicio affiorante solidifica a bassa temperatura e pressione origina un minerale detto quarzo, un cristallo piezoelettrico più abbondante nella crosta terrestre, utilizzato in molteplici settori, dall'edilizia all’elettronica, a causa della sua struttura cristallina e alle sue proprietà chimico- fisiche. È un tectosilicato che esiste in varie forme allotropiche. All’aumentare della temperatura, le fasi cristalline stabili sono: α quarzo (trigonale) β quarzo (esagonale) β tridimite (esagonale) β cristobalite (cubico) La trasformazione tra le fasi α e β è distorta, cioè gli atomi continuano ad avere la stessa posizione relativa ma assumono una diversa struttura cristallina (non irreversibile, rilasciando le condizioni di stress, si ritorna alla fase iniziale). Le trasformazioni tra quarzo, tridimite e cristobalite sono di natura ricostruttiva, che determina una nuova struttura cristallina in cui le posizioni relative di cationi e anioni sono diverse (irreversibile). Il quarzo è il primo ingrediente della porcellana: aggiunto all’impasto, non si gonfia o sgonfia e non prende acqua. Se l’argilla è scarsa e richiede molta acqua, aggiungendo quarzo la richiesta di acqua è inferiore. Di fatto regola la plasticità dell’argilla rendendola rigida e malleabile. Tra gli altri ruoli che ricopre: è equilibratore di viscosità e di flussi di vetro, è la base della fase cristallina presente nel prodotto finito, limita il restringimento nell'essiccazione e nella sinterizzazione poiché è uno scheletro nella massa ceramica, colpisce la porosità degli artefatti ceramici, compete con i feldspati che fungono da flusso, abbassando la temperatura di fusione del lotto di vetro e riducendo così i costi di produzione. Essendo l’elemento più alto fondente, regola a bassa temperatura la fluidità del vetro. Inoltre data la sua incapacità di ritiro (per il fatto che è compatto), l’ossido di silicio nell’impasto limita il ritiro della ceramica: uno dei problemi della ceramica è che a freddo, quando impastata, contiene vuoti d’aria. Questi vuoti, a prodotto finito, sparisco perché la materia si compatta per effetto della temperatura. Se c’è troppo vuoto, la compattazione comporta un ritiro lineare eccessivo (anche del 20-25%) che ne causa la deformazione. Il diagramma di fase pressione o volume (ordinata) - temperatura (ascissa), lavorando in condizioni isobare (1 bar), rappresenta le trasformazioni di fase del quarzo. A temperatura ambiente la disponibilità è di α quarzo, aumentando la temperatura fino a 573°C il quarzo si trasforma in β. A 870°C il β quarzo trasforma in β-tridimite. A 1470°C la β-tridimite diventa β-cristobalite. A 1713°C la β-cristobalite fonde per diventare liquido. Le linee tratteggiate rappresentano cosa si ottiene dal raffreddamento di un materiale che ha subito una trasformazione ricostruttiva. Ad esempio, una volta ottenuta la β-tridimite e provando a raffreddarla, questa subirà una trasformazione distorsiva diventando α-tridimite. Stessa cosa per la β- cristobalite: raffreddandola fino a 207°C, questa subisce una trasformazione distorsiva in α- cristobalite. Quest’ultima trasformazione è molto delicata, il raffreddamento del materiale, in cui c’è un eccessivo contenuto di α-cristobalite che comporta un ritiro volumetrico del 5%, può portare alla rottura della ceramica, proprio a causa dello shock termico. Esistono anche forme amorfe (non cristalline) di biossido di silicio. TEORIA DEL RANDOM NETWORK I vetri, strutture che solidificandosi non riescono a cristallizzare, sono costituiti da una rigida rete continua casuale in cui gli atomi sono disposti come liquidi, e la teoria del random network è un modello sviluppato per descrivere la struttura disordinata dei vetri e di alcuni solidi amorfi, come il vetro di silice. La teoria enuncia le condizioni perché alcune sostanze formano vetri quando solidificano, mentre altre tendono a cristallizzare: Si4+, Ge4+, P5+, possono formare vetri allo stato cationico, elementi come Na+, K+, e Ca2+ non possono formare vetri (ma possono modificare la struttura quando aggiunti). 9 Biagio Alessandro Conte Zachariesen identifica gli atomi (detti formatori di rete) inclini a formare strutture di ossido vetroso attraverso quattro regole: - I cationi possono legarsi all’ossigeno, e questo è condiviso al massimo tra 2 cationi; ciò assicura che la rete tridimensionale sia continua e senza lacune; - Il catione può formare una struttura geometrica con un basso numero di coordinazione (numero di atomi vicini - al più 4); - I poligoni coordinati formati da atomi di ossigeno devono condividere angoli ma non lati o facce; - I poligoni collegati devono formare una struttura tridimensionale; Quando il catione non può formare il vetro ma si trova all’interno della struttura vetrosa è un modificatore del vetro; se l’elemento non soddisfa un solo criterio, l’elemento è un intermedio. In conclusione il vetro è un elemento costituito da tetraedri che, attraverso gli angoli, si legano (in q0, q1, q2, q3 e q4) a formare strutture tridimensionali in cui si possono intercalare altri elementi detti modificatori o intermedi (dal punto di vista della loro natura). SILICE AMORFA La silice amorfa è una forma non cristallina dell’ossido di silicio, se portato al di sopra della fusione (il quarzo oltre i 1713°C fonde. Una volta fuso, diventa un vetro). La silice amorfa presenta una struttura disordinata, priva di un ordine periodico a lungo raggio, sebbene conservi un ordine locale (su scala atomica). Quando il vetro si forma, l’angolo del ponte di ossigeno tra due tetraedri assume valori tra 122° e 170°. Ciò fa sì che ci sia grande flessibilità nelle forme e nelle caratteristiche che i silicati assumono. Nelle strutture cristalline, l’angolo è fisso (nel quarzo 143°, nella cristobalite 146°). Il calcolo delle energie di legame rispetto all'angolo di legame Si-O-Si mostra che le forme cristalline sono più stabili, ma una silice di vetro con angoli>150° sarebbe più stabile. Se il vetro è formato da solo ossido di silicio, il vetro si dice di pura silice amorfa. Dal punto di vista della sicurezza, il quarzo e le forme cristalline della silice sono ritenute potenzialmente pericolose perché cancerogene. La silice amorfa non è pericolosa, per questo motivo tra i vari ingredienti ceramici ha il maggior interesse biomedicale, soprattutto sotto forma di polvere. Tra i vetri, è la forma più pura e di alta qualità. Attraverso un diagramma, in cui in ascissa abbiamo la lunghezza d’onda della luce mentre in ordinata la trasmittanza, rappresentiamo la trasparenza del vetro in termini spettrali. Il vetro di ossido di silicio è una delle forme più trasparenti, si fa attraversare sia dalla radiazione ultravioletta che dal medio e vicino infrarosso. Principali classi di silice amorfa sintetica: Silice pirogenica o fumata, è una silice amorfa di dimensioni nanometriche a bassissima densità che si ottiene da un particolare processo termico in cui reagiscono ad alta temperatura tetracloruro di silicio e acqua. Dalla reazione si ottiene la formazione di particelle di ossido di silicio (solido - pochi nanometri) e acido cloridrico (gassoso). È detta fumata perché somiglia ad un fumo. È fortemente igroscopica, è una particella ad altissima superficie specifica. In campo biomedico, è utilizzata come eccipiente delle pillole; Silice precipitata idratata è una silice amorfa con proprietà viscosificanti, abrasive, opacificanti e anti-agglomeranti, utilizzata come additivo nel dentifricio e nel trucco. Dopo l'essiccazione e l'attivazione, la silice idratata precipitata appare come una polvere bianca ultrafine. La consistenza ultrafine e la struttura porosa le conferiscono potere assorbente sui liquidi e potere viscosificante verso oli e glicerina. Queste caratteristiche lo rendono adatto per l'uso in dentifrici e trucco. La produzione di silice precipitata inizia con la reazione di una soluzione di silicato di base con un acido minerale. Le soluzioni di acido solforico e silicato di sodio vengono aggiunte contemporaneamente all'agitazione all'acqua. La precipitazione viene effettuata in condizioni acide o di base. La scelta dell'agitazione, la durata della precipitazione, il tasso di aggiunta dei reagenti, la loro temperatura e concentrazione e pH possono variare le proprietà della silice risultante. La formazione di uno stadio di gel viene evitata mescolando a temperature elevate. Il precipitato bianco risultante viene filtrato, lavato ed essiccato nel processo di produzione al fine di lavare via i sali prodotti; 10 Biagio Alessandro Conte Gel di silice, è prodotta dall’acidificazione con acido solforico di soluzioni di silicato di sodio. Il precipitato gelatinoso viene prima lavato e poi disidratato per produrre silice microporosa incolore. All’interno dei pori viene catturata acqua, non riuscendo di fatto ad uscire, per questo motivo è utilizzata sopratutto come protezione di dispositivi elettronici dall’attacco dell’umidità. Quando viene idrofobizzato, riesce ad assorbire gli oli, e a regolare la viscosità ; Vetro di silice; Silice sinterizzata fusa, in cui tanti grani (pezzetti di vetro) si legano per sinterizzazione. La silice, dal quarzo della cristobalite, viene fusa, raffredda in un vetro amorfo e viene manipolata con una certa facilità. È un materiale versatile, essenziale per applicazioni industriali avanzate che richiedono purezza, resistenza termica e trasparenza ottica (con questa si costruiscono i radome, le punte dei missili); Silice amorfa naturale: Diatomite, silice fossile. Le diatomee sono un gruppo importante di alghe che generano circa il 20 per cento dell'ossigeno prodotto sul pianeta ogni anno. La capacità delle alghe di catturare silicio, consente loro di crearsi questi gusci di ossido di silicio. Sono forme di vita importanti riscontrabili nelle piscine come depuratori di acque dal particolato. Quando muoiono lasciano lo scheletro vuoto, che può essere utilizzato in diversi modi anche biocompatibili. SILICATI Il componente fondamentale nel campo inorganico è l’ossido di silicio: se combinato con altri elementi a determinata ricorrenza, costituisce la classe mineralogica dei silicati, non necessariamente ceramici. L'elemento costitutivo del silicato è il tetraedro SiO44- in cui ai quattro angoli si dispongono 4 atomi di ossigeno (anioni) e centrale, nell’interstizio con coordinazione 4 formato dagli atomi di ossigeno, un atomo di silicio (catione): secondo il concetto di elettronegatività di Pauling, il legame tra silicio e ossigeno, è per il 50% ionico e il 50% covalente. I tetraedri possono essere isolati o legati tra loro, condividendo gli angoli (mai lati o facce), a formare un legame a ponte di ossigeno. Nei silicati, frequentemente ritroviamo l’alluminio come sostituto del silicio, andando a costituire gli alluminati: questa sostituzione crea un deficit di carica negativa, che viene bilanciato dalla presenza di cationi nei vuoti strutturali. Alluminio e ossigeno si legano in una struttura ottaedrica (8 facce e 6 angoli) e più ottaedri si legano tra loro tramite gli angoli, formando una struttura planare. Al posto del silicio, si possono trovare elementi come magnesio e ferro. Nella formazione dei materiali ceramici gli elementi atomici creano cristalli ionici, in cui le dimensioni degli atomi variano, in maniera significativa, a seconda dello stato di ossidazione dell’atomo stesso. In figura sono riportate le dimensioni reali degli atomi allo stato ionico: più aumenta lo stato di ossidazione (perdita elettronica), più si contrae la dimensione atomica (vedi titanio o vanadio), più diminuisce lo stato di ossidazione (acquisizione elettronica), più aumenta il raggio atomico. Nei cristalli ionici, la materia si combina a formare un sistema compattato di sfere, che ne visualizza l’ingombro. Si scelgono strutture in cui il catione occupa il vuoto lasciato dagli anioni che si impacchettano, rispettando il rapporto tra raggio cationico e raggio anionico. La dimensione dell’alluminio permette allo stesso di poter entrare nell’interstizio ottaedrico o tetraedrico. 11 Biagio Alessandro Conte I silicati rappresentano oltre il 90% della crosta terrestre e hanno geni magmatici metamorfici e sedimentari. A seconda di come si dispongono i tetraedri di silicio, abbiamo 7 classi: Nesosilicati, contenenti tetraedri isolati; Sorosilicati, che contengono unità dimeriche di tetraedri; Ciclosilicati, in cui tetraedri a gruppi di 6,8 o 12 si legano a formare anelli; Inosilicati, in cui i tetraedri sono legati a formare una catena; Fillosilicati, in cui i tetraedri formano una struttura bidimensionale planare (dove i piani si possono legare a piani di tetraedri di ossido di magnesio o di ferro); Tectosilicati, in cui i tetraedri si legano tra loro in tutte le direzioni dello spazio; L’ossido di silicio ha strabilianti proprietà di stabilità termica perché ha un’espansione termica quasi nulla. Tra i materiali ceramici, è preferito per applicazioni in cui il materiale non si deve espandere all’aumentare della temperatura. Inoltre è resistente all’usura, chimicamente stabile e insolubile in acqua. TEORIA DELLA Q-DISTRIBUTION La teoria della Q distribution è utilizzata per descrivere la distribuzione della silice (SiO₂) e delle fasi minerali in alcune rocce, in particolare nelle rocce silicatiche. La Q si riferisce al contenuto di quarzo (SiO₂), uno dei minerali più abbondanti nelle rocce silicatiche. La Q distribution viene impiegata per analizzare la varietà di composizioni mineralogiche delle rocce, e in particolare per comprendere la distribuzione dei minerali ricchi di silice: guardando i tetraedri come sistemi geometrici che si connettono ad altri tetraedri adiacenti, la teoria introduce 5 tipologie di sistemi geometrici (q0, q1, q2, q3, q4) che indicano il numero di atomi di ossigeno, nel tetraedro di riferimento, che si collegano con altri tetraedri. Ad esempio q2 significa che il tetraedro è legato con altri 2 tetraedri. (Nei fillosilicati i tetraedri hanno natura q3, nei sorosilicati q1, nei ciclo e inosilicati q2, mentre q4 sono i tectosilicati) Le moderne tecniche diagnostiche (spettroscopia fotoelettronica a raggi X - XPS, risonanza magnetica nucleare, eMM, Raman, spettroscopia di assorbimento a raggi X estesa EXAFS) consentono di descrivere i sistemi a base di vetro e silice in ambienti locali. Esistono silicati che hanno diversa distribuzione. Un vetro, che è un materiale amorfo, ha in maniera causale q1, q2, q3 e q4. Grazie alla Nuclear Magnetic Resonance posso analizzare un materiale e tirar fuori la distribuzione statistica delle Q. REAZIONI NEI SILICATI Tra i silicati possono avvenire reazioni di depolimerizzazione o di condensazione a step. Le possibili reazioni che possono verificarsi nei silicati alcalini sono facilmente descritte dal formalismo della Q-distribution. Indicando con M2O l’ossido di metallo alcalino, abbiamo: Il vetro comune di bicchieri o finestre è una miscela di ossido di silicio, monossido di sodio e ossido di calcio. Se aggiungo ossido di sodio all’ossido di silicio, recido gli angoli che uniscono a ponte i tetraedri (depolimerizzazione): i tetraedri a q4 perdono un angolo condiviso e diventano q3. È una rappresentazione delle reazioni in un vetro quando, per effetto dell’aggiunta di fondenti come sodio o potassio, il vetro fonde a più bassa temperatura. 12 Biagio Alessandro Conte NESOSILICATI Sono una classe di silicati caratterizzati da una struttura in cui i tetraedri sono isolati e non condividono atomi di ossigeno con tetraedri vicini, ma sono collegati da cationi ferro, alluminio, magnesio, calcio (An(SiO4)m). Negli ortosilicati, le unità SiO44- non scambiano i vertici con altre unità. I tetraedri isolati sono collegati da cationi come Mg2+, Fe2+ o Al3+ (nei siti ottaedrici) o Zr4+ (che ha coordinazione 8). I più comuni nesosilicati sono gli alluminosilicati (Al2SiO5), Minerali metamorfici di qualità da moderata ad alta formati da rocce ricche di alluminio, sono i più refrattari alto fondenti. Andalusite, sillimanite e kyanite sono combinazione di tetraedri che si legano ad ottaedri. Tra i nesosilicati ritroviamo il granato (A3B2(SiO3)4, dove B è generalmente alluminio ed A divalente), sistema in cui si uniscono silicio, alluminio e ferro. Le specie principali dei granati sono sei: piropo, almandino, spessartina, uvarovite, grossularia, andradite. La forsterite (Mg2SiO4) può essere considerata imballata con tetraedri di SiO4 e ottaedri MgO6. La forsterite e la fayalite (Fe2SiO4) formano l'insieme completo di soluzioni solide chiamate olivina. I cationi Mg2+, Fe2+ o Al3+ formano un sottoinsieme di ottaedri collegati tra loro, che vengono poi uniti ai tetraedri attraverso i vertici. Il minerale olivina è un silicato di ferro e magnesio con la formula (Mg2+, Fe2+)2SiO4. L'olivina si trova sia nelle rocce ignee mafiche che in quelle ultramafiche. L'olivina ricca di magnesio si cristallizza dal magma ricco di magnesio e povero di silice. Quel magma si cristallizza su rocce mafiche come gabbro e basalto. Le varianti strutturali dell'olivina e dell'alta pressione costituiscono oltre il 50% del mantello superiore della Terra e l'olivina è uno dei minerali più comuni della Terra per volume. Altro esempio di nesosilicati è lo zircone (ZrSiO4), consumato principalmente come opacificante, ad esempio nell'industria della ceramica decorativa (compresi sanitari e piastrelle - rende bianchi i sanitari). È anche il principale precursore dello zirconio metallico e di tutti i composti di zirconio, tra cui il biossido di zirconio (ZrO2), uno dei materiali più refrattari conosciuti. Come materiale è importante perché si inserisce dentro la fritta ceramica, lo smalto che si applica sotto forma di polvere sulla superficie esterna del materiale ceramico: la polvere ad alta temperatura fonde e costituisce un rivestimento lucido bianco. È anche detto il diamante dei poveri. CICLOSILICATI Sono una sottoclasse dei silicati in cui i tetraedri di silicio e ossigeno sono uniti tra loro a formare anelli chiusi. Ogni tetraedro condivide due atomi di ossigeno con i tetraedri adiacenti, creando strutture circolari. Un esempio di ciclosilicati è la cordierite. La cordierite (Mg,Fe)2Al3(Si5AlO18) è un ciclosilicato di magnesio ferro e alluminio. Il ferro è quasi sempre presente ed esiste una soluzione solida tra cordierite ricca di Mg e sekaninaite ricca di Fe. La ceramica di cordierite è una delle ceramiche più popolari per le sue proprietà di eccellente stabilità termica, alta refrattanza, buona durata chimica, bassa costante dielettrica e bassa espansione termica. La struttura della cordierite è in figura (gli anelli di tetraedri sono legati da ottaedri). La struttura è estremamente ricca di piccoli vuoti, dunque è un materiale abbastanza leggero. 13 Biagio Alessandro Conte La particolarità è che i vuoti fanno da serbatoio di espansione: quando il materiale in temperatura aumenta di volume, il singolo tetraedro, anziché aumentare l’intera massa del materiale, si espande dentro il cerchio, quindi l’espansione termica è pressoché nulla. Tollera meglio di tutti le alte temperature, non spacca subito in presenza di shock termici. È il materiale d’elezione per la costruzione di supporti catalitici che devono abbattere l’inquinamento in presenza di alte temperature; di fatto lo ritroviamo nella marmitta delle automobili: si realizzano per estrusione dei blocchi con numerosi canaletti dove il gas esausto delle automobili passa. TECTOSILICATI Sono una classe di silicati in cui i tetraedri di silicio (SiO₄) sono uniti tra loro in una struttura tridimensionale. La struttura a rete molto solida e stabile rende i tectosilicati particolarmente importanti in geologia, poiché costituiscono gran parte della crosta terrestre. Esistono 3 principali classi di silicati ad impalcatura: - Clatrati, composti di inclusione in cui le molecole ospiti si trovano all'interno di una gabbia o un reticolo formata dalle molecole ospitanti. Nei clatrati di silicio le reti hanno cavità poliedriche con finestre troppo piccole per consentire il passaggio di altre molecole; ioni e molecole estranei non possono sfuggire; - Zeoliti, reti tridimensionali tetraedriche di silicio e alluminio con cavità poliedriche e canali che consentono la diffusione di ioni o molecole estranei. I pori contengono acqua e cationi necessari per bilanciare l'eccesso di carica negativa. I cationi sono mobili e possono essere scambiati con altri cationi. Le cavità sono capaci di svolgere funzioni particolari (il vetro camera è costituito da 2 strati di vetro con in mezzo una camera d’aria che funziona da isolante termico. Nell’intercapedine esiste un profilato di alluminio cavo al cui interno è stata colata zeolite, che condensa in maniera irreversibile l’umidità nelle cavità - l’appannamento del vetro camera è inibito dalle presenza della zeolite). Sono sia naturali che sintetici, un esempio è la mordenite; - Feldspati, sono i minerali più abbondanti sulla crosta terrestre (occupano il 50%) ed è il secondo ingrediente della porcellana. Sono allumino silicati (MAlSi3O8, con M catione come potassio, sodio o calcio): nella struttura i tetraedri si legano in q4 a formare l’impalcatura. All’interno di essa ritroviamo grossi cationi (potassio, sodio, calcio) che si infiltrano nella struttura cristallina dei materiali. Nel feldspato si verifica la sostituzione parziale degli ioni Si4+ con gli ioni Al3+ nelle unità tetraedriche. È un sostituto aliovalente, un sostituto il cui stato di ossidazione differisce da quello dallo ione ospite; L’alluminio introduce una deficienza di carica positiva (ha una carica negativa in più), che viene bilanciata dall’assorbimento, da parte del reticolo, di ioni alcalino e alcalino terrosi. Alcuni esempi sono l’albite (feldspato alcalino NaAlSi3O8) o l’anortite (feldspato plagioclasio CaAl2Si2O8) Agli angoli del diagramma di fase ternario sono presenti le tre famiglie di feldspati: i feldspati in generale hanno una composizione variabile in termini di alcalino e alcalino terrosi, per cui la loro composizione si legge all’interno del diagramma di fase. Si mescolano con il quarzo e il loro contenuto di alcalino e alcalino terrosi li rende l’ingrediente fondente nell’impasto della porcellana, agiscono come un flusso, abbassando la temperatura di fusione di una miscela. Sono anche utilizzati come additivi, filler per vernice, plastiche e gomme. FILLOSILICATI I fillosilicati, o silicati di fogli, sono un importante gruppo di minerali caratterizzati da una struttura cristallina a strati, dove i tetraedri di silicio e ossigeno sono legati tra loro agli angoli alla base in fogli/ strati bidimensionali. Degli esempi sono la mica, la clorite, la serpentina, il talco e i minerali argillosi. Sotto il foglio tetraedrico si legano in maniera rigorosa strati di ottaedri (gli ottaedri si stendono sui piani utilizzando una delle loro facce), tipicamente costituiti da cationi come alluminio o magnesio: quando un piano di ottaedri contiene alluminio, il foglio è detto 14 Biagio Alessandro Conte gibbsite, se contiene magnesio invece è detto brucite. Nel caso della brucite, lo stato di ossidazione del magnesio (+2) fa sì che il piano sia completamente occupato dagli ottaedri, nel caso della gibbsite, due terzi delle posizioni sono effettivamente occupate mentre un terzo dello spazio è libero. Le argille sono fillosilicati a strati che contengono ottaedri a foglietti, e dal punto di vista geologico si originano a temperature ambiente: sono il frutto della decomposizione in ambiente acido dei feldspati; Il gas CO2 può dissolversi in acqua e formare acido carbonico, che diventerà ioni idrogeno H+ e ioni bicarbonato, e renderà l'acqua leggermente acida. L'acqua acida meteorica reagirà con le superfici rocciose intrusive e tenderà a sciogliere lo ione K e la silice dal feldspato (si porta via i tetraedri a pacchetti). Infine, il feldspato viene trasformato in caolinite (argilla). Le argille si originano dalla decomposizione delle rocce silicatiche (per lo più feldspatiche) che in alcuni casi sono purificate dal loro contenuto di sodio e potassio, rimanendo solo ottaedri e tetraedri depositati a strati. Una struttura con una sovrapposizione di uno strato di tetraedri e uno strato di ottaedri provenienti da magnesio è detta TRIOTTAEDRICA, una struttura risultante dalla sovrapposizione di tetraedri e ottaedri di alluminio si chiama DIOTTAEDRICA. La descrizione delle strutture avviene sulla logica di sovrapposizione degli strati: quando uno strato di tetraedri si lega soltanto ad uno di ottaedri, la struttura è detta T-O. Quando uno strato di tetraedri si unisce ad uno strato di ottaedri e di nuovo tetraedri, la struttura è T-O-T. Le argille quindi si distinguono in T-O o T-O-T, in più è possibile avere un T-O-T (1) in cui è presente uno strato ottaedrico aggiuntivo. Il caolino è un’argilla del tipo T-O pura in alluminio e silicio. L’halloysite è un altro minerale costituito da strati T-O intercalati da uno strato di acqua (Si4Al4O10(OH)8·4H2O). Se la temperatura è superiore a 50 °C o l'umidità relativa è inferiore al 50%, la halloysite idratata perderà la sua acqua interstrato. La ragione della plasticità dell’argilla è l’acqua intercalata tra i foglietti che li fa scorrere, determinando così la plasticità dell’argilla a bassa temperatura. Nelle diverse strutture dei fillosilicati ci sono tre tipi di legami interlaminari: Van der Waals (senza trasferimento di elettroni), ponte di idrogeno (come nel caso della caolinite), ionico (quando ci sono cationi intercalati tra gli strati. I cationi sono intercalati per bilanciare il difetto di carica positiva derivante dalla sostituzione di Al con Si nei siti tetraedrici e di Mg con Al nei siti ottaedrici. I cationi hanno la capacità di circondarsi di molecole d'acqua in misura dipendente dalla carica cationica e dalla natura del catione stesso). I legami sono importanti per le loro proprietà di sfaldatura e plasticità. 15 Biagio Alessandro Conte Questi strati, a seconda della caratteristica e della composizione di ciascuno strato, generalmente sono carichi negativamente: i cationi nel foglio ottaedrico o tetraedrico possono essere sostituiti da diversi tipi di cationi senza cambiare la struttura cristallina (dimensione fisica simile dei cationi). La deficienza di carica rende la lamina carica negativamente. L’intercalazione di cationi alcalino o alcalino terrosi (come sodio) determina un legame debole VDW tra le lamine, che si ritrovano unite. Lo spessore interlamellare può variare tra 2Å e 5Å in base alla presenza o meno di acqua o cationi. Se continua ad entrare acqua, oltre i 5Å si ha il fenomeno dello swelling, cioè il distacco completo di uno strato dall’altro. Una prima struttura fillosilicatica di grande interesse è il talco. Il talco è frutto della alterazione metamorfica delle rocce feldspatiche: le rocce ultracarbiche sotto la crosta terrestre, a contatto con il mantello caldo, subiscono riscaldamenti e pressioni elevate che lo schiacciano creando metamorfismo, cioè trasforma la struttura cristallina dei feldspati in fillosilicati. È un minerale argilloso composto da silicato di magnesio idratato (Mg3Si4O10(OH)2). La struttura cristallina del talco è descritta come T-O-T con strati triottaedrici. I fogli tetraedrici sono costituiti da tetraedri di silice. I tetraedri condividono ciascuno tre dei loro quattro ioni di ossigeno con i tetraedri vicini per produrre un foglio esagonale. Lo ione ossigeno rimanente (lo ione dell'ossigeno apicale) è disponibile per legarsi con lo strato triottaedrico. Gli strati sono elettricamente neutri (quando non contengono altro oltre silicio e magnesio), le forze di intersezione sono deboli, ne consegue che i cristalli sono teneri e facili da fondere. L'uso della polvere di talco come lubrificante è dovuto a questa proprietà. Per effetto della scarsità di carica, rappresenta la struttura cristallina più morbida. Nella scala di Mohs della durezza dei minerali, basata sul confronto della durezza dei graffi, definisce il valore 1 come la durezza del talco. Le deboli forze di Van Der Waals (dipoli fluttuanti di London), che legano i cristalliti di talco, sono facilmente superabili. Essendo T-O-T e scarico, acquisisce le stesse proprietà chimiche dell’olio: le particelle di olio sono intercalate negli strati del talco proprio perché è apolare (è utilizzato per eliminare macchie d’olio). Altra applicazione del talco è il borotalco, che agisce da lubrificante solido, riduce l’attrito tra lembi di pelle rugosi che sfregano tra di loro. Il talco è utilizzato in quasi tutte le categorie di prodotti cosmetici, come agente abrasivo, assorbente, antiagglomerante, opacizzante, protettivo per la pelle e modificatore di scivolamento. La problematica principale del talco è che è affine potenzialmente ad un altro fillosilicato, l’amianto. A causa delle diverse dimensioni di un ottaedro (spesso O-O è di circa 2,8 Å) rispetto a un tetraedro (O-O di circa 2,6 Å), la formazione di 1 strati 1:1 in silicati ricchi di cationi porta a tensioni nella struttura. Se le differenze di dimensioni non sono grandi, la tensione può essere alleviata da piccole rotazioni di tetraedri e gli strati rimangono planari. Questo è vero per la caolinite, che contiene solo ioni Al3+ nello strato cationico. Con ioni Mg2+ più grandi, l'accordo sulle dimensioni è meno soddisfacente; la tensione causa la flessione dello strato. Quando l’ottaedro è costituito da foglietti di alluminio, la sovrapposizione degli strati è perfetta. Nel caso del magnesio, questo è un catione più grosso per cui la spaziatura reticolare è un po’ più lunga. Si crea dunque un fenomeno detto Miss Fit reticolare: quando si legano gli strati, quello più lungo (con il parametro reticolare più alto) tende ad incurvarsi e a creare una convessità. Nel T-O-T, la presenza dei T da entrambe le parti controbilancia le tensioni quindi il cristallito è perfettamente piatto. Nel caso di T-O, lo strato più corto diventa concavo e il più lungo convesso. Per far sì che lo strato non si inarchi troppo l’ideale sarebbe avere dei tetraedri invertiti periodicamente nella posizione (alcuni puntano in alto, alcuni in basso), in questo modo lo strato di fillosilicato è ad onde, “corrugazione" impedendo anche agli strati di scivolare facilmente l'uno sull’altro (come nel caso dell’antigorite). Se i tetraedri non si alternano, l’inarcamento diventa arrotolamento soprattutto nei magnesio- silicati serpentino crisolito come l’amianto. Poiché gli strati tollerano solo la curvatura entro certi limiti e la curvatura è più piccola all'interno e all'esterno del tubo, i tubi rimangono cavi e non possono superare un certo diametro. Queste unità tubolari spiegano le proprietà fibrose del crisotile. 16 Biagio Alessandro Conte Le miche sono silicati con strati T-O-T, tenuti insieme da cationi non idratati, carichi negativamente a causa della presenza di sostituti aliovalenti. Il foglietto in questo modo attira atomi come fluoro, sodio. Nonostante abbia come il talco un’origine metamorfica, gli strati in questo caso non possono fluire. Tuttavia, i cristalli possono essere tagliati in fogli sottili. Questi fogli sono utilizzati industrialmente per la loro trasparenza, le proprietà isolanti elettriche e la resistenza chimica e termica (è un minerale la cui stabilità termica è elevatissima). Tra gli strati di argilla possono essere assorbiti cationi alcalini e terrestri alcalini e acqua. La presenza di acqua determina la plasticità dell’argilla. L'acqua agisce come lubrificante permettendo ai microcristalli di argilla di scivolare l'uno sull’altro. Il caolino (Si2Al2O5(OH)4) è un fillosilicato con strati T-O che non si curvano, sono perfettamente piatti (non è presente il fenomeno di miss fit reticolare). È di natura particolarmente pura, si forma da processi idrotermali di silicoalluminati: la roccia feldspatica, nel processo di dissoluzione e attacco acido, si scioglie e perde ioni sodio, potassio e magnesio, formando cristalli che non assorbono molta acqua (non si espande a contatto con essa) ma hanno strati capaci di scorrere gli uni sugli altri (come la mica). È l’elemento plasticizzante dell’impasto: mescolandolo con feldspato e quarzo, si ottiene la porcellana. Il 70% del caolino è usato nella carta, per renderla bianca. Le applicazioni di carta richiedono un'elevata luminosità, una bassa abrasione e caolini delaminati. Per i rivestimenti di carta viene utilizzato per migliorare la lucentezza, la brillantezza, la levigatezza e la ricettività degli inchiostri. L’oggetto ceramico formato dall’impasto (acqua, quarzo, caolino e feldspato), quando ancora non è cotto (unfired bodies) è detto green ceramico e rende l’impasto processabile e plastico. Durante la cottura (sinterizzazione), le interazioni con altri componenti del corpo formano le fasi di cristallo e vetro. Si forma a bassa temperatura e bassa pressione ed ha una struttura laminare che ha stabilità finché non si superano determinate temperature (1500°): una volta superate, l’acqua dentro viene a decomporsi e la struttura cristallina diventa metacaolino; la struttura lamellare si perde e il materiale diventa allumino silicato anidro che reagisce con gli altri compositi dell’impasto per dare origine alla fase cristallina e alla fase vetrosa. Nella sinterizzazione ad alta temperatura della porcellana è la chiave per la formazione della mullite (mullite secondaria), che ha un’aspetto fibroso e conferisce estrema resistenza e tenacità alla porcellana. In campo biomedico il caolino è utilizzato nelle pomate cicatrizzanti per le ferite aperte. Essendo costituiti da cristalliti abbastanza piatti, ha una tenue azione abrasiva, per questo è utilizzato nei dentifrici. Le particelle di caolinite sono positivamente cariche sui loro bordi quando si trovano in un ambiente a basso pH, ma caricate negativamente in un ambiente ad alto pH (base). Le superfici esterne o interstrato sono generalmente cariche negativamente. I bordi possono essere caricati positivamente o negativamente. Laddove le particelle di argilla dovessero caricarsi negativamente, questo attrae elettrostaticamente particelle di oro colloidale Nel caso della montmorillonite (sottoclasse della smectite) o bentonite sono gli ingredienti più comuni dell’argilla rossa. È un’argilla di tipo T-O-T con ampia sostituzione aliovalente negli strati T (alluminio con silicio) strati O (magnesio con alluminio). Quando avvengono questi scambi si perde la neutralità. Quando il sostituto dell’alluminio negli strati ottaedrici è il ferro, l’argilla si colora di rosso. La sua capacità di scambio cationico è dovuta alla sostituzione isomorfa di Mg per Al nel piano gibbsitico. Le argille cariche sono capaci di intercalare grandi quantità di cationi e acqua, per questa ragione è l’argilla più comunemente utilizzata per l’impasto della ceramica. Le argille di smectite (T-O-T) sono tra le fillosilicate più utili, in gran parte a causa della loro capacità di scambio di cationi. Questa proprietà è il risultato di un aumento della carica negativa netta dei loro 17 Biagio Alessandro Conte strati. Ciò avviene per la sostituzione di Mg2+ per un po' di Al3+ normalmente presente nei fogli ottaedrici di un fillosilicato dioctaedrico T-O-T. Generalmente queste argille tra gli strati possono avere dei cationi, che a loro volta richiamano molecole di acqua che determina lo swelling e la plasticità delle argille. L’espansione di un’argilla può essere anche del 30% lineare. È come se avessimo un diagramma di fase ai cui angoli sono presenti i 3 ingredienti principali della porcellana. A seconda della loro quantità abbiamo diversi tipi di porcellana. La composizione della porcellana è determinabile quantitativamente. Chiaramente quanto più sono vicino all’angolo tanto più è presente quel componente. 10 (ceramiche dentali) e 11 (smalto in ceramica) sono porcellane che hanno un contenuto prevalente di feldspato, quindi sono ceramiche che si trasformano quasi in vetro. Per esempio la ceramica 1 è fatta quasi esclusivamente di argilla. La ceramica 6, insieme alla 8, corrisponde ad un impasto con una rilevante quantità di fondente unito ad argilla e quarzo. La ricetta principe della porcella è la 5. Ipotizziamo di voler calcolare la composizione della porcellana alla X rossa. Traccio la parallela al lato opposto rispetto all’angolo considerato. L’intersezione del segmento con il lato del triangolo è il punto A (mentre i vertici del triangolo sono F, Q e C). Il contenuto in percentuale di feldspato F(%), per la AQ regola della leva è (ragionevolmente 75%). Per conoscere la quantità di quarzo Q(%), rispetto a Q FQ BF traccio il segmento parallelo al lato CF (l’intersezione è il punto B) e dunque sarà FQ AB (ragionevolmente 12,5%). La quantità di argilla C(%) sarà. Anziché ricorrere alla costruzione della FQ retta, ragiono per differenza (dal 100% elimino il contenuto di feldspato e quarzo). SINTERIZZAZIONE Il processo che trasforma gli oggetti da un impasto di minerali, di origine naturale o umana, è quello di sinterizzazione, cioè il processo di densificazione di un compatto in polvere (con rimozione della porosità interstiziale), coalescenza (i grani più piccoli si aggregano a formare grani più grossi) e sviluppo di forti legami tra particelle adiacenti. La parte organica, carboniosa intorno ai 500°C, per combustione, si volatilizza sotto forma di idrogeno gassoso, anidride carbonica e acqua, lasciando dei pori interstiziali che verranno rimossi con il processo. Prima del processo di sinterizzazione l’oggetto è detto green (si parla di green ceramic), in riferimento ad un oggetto di ceramica formato ma non ancora cotto. Precisamente la sinterizzazione è un processo di trasporto di massa attivato termicamente che porta al rafforzamento dei contatti delle particelle e/o a un cambiamento nella porosità e nella geometria dei pori accompagnato da una riduzione dell'energia libera. Una fase liquida può prendere parte al processo. È tradizionalmente utilizzata per la produzione di oggetti in ceramica e ha anche trovato usi in campi come la metallurgia delle polveri. Quasi tutti i corpi in ceramica e i compatti in polvere di metallo devono essere sinterizzati per produrre una microstruttura con le proprietà richieste. Al processo di sinterizzazione è associata una certa percentuale di ritiro del materiale. Il ritiro si può indicare sia come lineare (misuro la dimensione dello spigolo come lunghezza prima e dopo la cottura - un ritiro lineare del 20% significa che ha subito un ∆x equivalente al 20% delle dimensioni iniziali) sia 18 Biagio Alessandro Conte come volumetrico (legato al ritiro lineare attraverso un fattore 3), dove il volume è perso per eliminare i vuoti presenti nell’impasto. Un oggetto con un 20% di ritiro lineare può arrivare anche a perdere il 60% del volume iniziale. La lavorazione della ceramica si basa sulla sinterizzazione di compatti in polvere piuttosto che sulla fusione/solidificazione/lavoro a freddo (caratteristico per i metalli), perché: - L’obiettivo principale della sinterizzazione è la riduzione della porosità compatta. - Gli spazi iniziali tra i grani compattati di ceramica sono chiamati "vuoti", per differenziarli dagli spazi isolati che si verificano nelle fasi finali della sinterizzazione sono chiamati pori. La forza trainante per la densificazione è il cambiamento di energia libera ΔGt dalla diminuzione della superficie e dall'abbassamento dell'energia libera di superficie dalla sostituzione delle interfacce solido-vapore. Forma nuove interfacce solido-solido ma a bassa energia con una diminuzione totale dell'occorrenza di energia libera. Il processo di sinterizzazione minimizza l’energia interna. La variazione dell’energia libera di Gibbs ΔGt (funzione del tempo di cottura) è somma di tre contributi: variazione di energia libera di volume ΔGv, di superficie ΔGs e dei bordi di grano ΔGb (punti di difetto a contatto dei grani cristallini - se i grani diventano pochi, si assottigliano i bordi di grano). Il principale meccanismo che fornisce come combustibile al processo di sinterizzazione è una quantità di energia calcolabile dalla variazione della superficie iniziale e finale. Se il materiale è molto poroso, ha un’elevata superficie iniziale: se estinguo la superficie (perché i pori collassano in un unico corpo compatto), la variazione di energia Gibbs ∆Gs è come in figura (con γ energia superficiale). L’energia libera disponibile quindi si trasforma in un’energia, uno sforzo meccanico nel caso della porcellana, che fa fluire la materia per cambiarla in termini di forma, lo deforma facendolo diventare piccolo. FORNI PER SINTERIZZAZIONE Gli antichi forni utilizzati per cuocere la ceramica potevano essere up-draft o down-draft, in base a dove avveniva il tiraggio della fiamma. Nell'antica fornace up-draft,il flusso di calore e gas caldi si muove dal basso verso l’alto. Il fuoco è generato in una camera di combustione inferiore, che è separata dalla camera di sinterizzazione (in cui è presente il materiale da cuocere) tramite una griglia, attraverso la quale le fiamme incandescenti penetrano. L’involucro refrettario isolante all’interno della camera contiene la fiamma, facendola salire fino a 1000°C. Alla fine queste fuggono da un camino posizionato sulla sommità del forno. La temperatura può essere difficile da regolare con precisione: il ceramista doveva fare attenzione a inserire poca legna alla volta, altrimenti la fiamma spaccherebbe l’oggetto tutta una volta: attraverso il colore della fiamma, decideva se inserire altra legna o meno. I forni down-draft nascono per migliorare l'efficienza termica e il controllo della cottura rispetto ai forni up-draft. Sono progettati per far circolare la fiamma e l'aria riscaldata attraverso il forno: il calore e i gas di combustione vengono convogliati dal basso verso la camera superiore e poi fatti circolare verso il basso, prima di essere espulsi attraverso un camino posto vicino alla base: la pressione costringe la fiamma a tornare verso il basso, a scaricarsi sul fondo del forno e successivamente uscire. Esistono anche forni ceramici a più camere. In figura è rappresentato un forno down-draft a 3 piani. Dall’apertura in basso (piano terra) entra la fiamma ed effettua la prima cottura principale (800°C-850°C) dell’oggetto ceramico (il biscotto). Dopo essere stato cotto l’oggetto diventa poroso ed è capace di assorbire per capillarità la vetrina, vetro finemente macinato, che si attacca sotto forma di polvere alla superficie della ceramica. Dalla prima cottura, per tiraggio inverso, il calore arriva al primo piano (smaltato), dove la polvere di vetrina fonde e crea sulla superficie di ceramica lo smalto, uno strato impermeabile. La decorazione dello smalto (come l’effetto oro) è ottenuta in una terza cottura (il terzo fuoco - secondo piano) che avveniva a temperature non troppo elevate (650°C), i metalli di transizione (oro, argento), utilizzati per il lustro venivano cotti in condizioni riducenti per avere l’effetto lucente metallico. 19 Biagio Alessandro Conte Un forno moderno (discontinuo) a camera appare come in figura. La parete è costituita dai refrattari, in basso è presente un carrello su cui si caricano e scaricano gli oggetti di ceramica. Il forno continuo della ceramica è un tunnel in cui nella parte centrale (rossa), a causa dei bruciatori che mandano aria calda in essa, la temperatura raggiunge i 900°C. In figura gli oggetti rossi sono già cotti (il biscotto), e su alcuni di essi è stata applicata la vetrina, polvere di vetro verde e bianca. Il pavimento è messo in movimento da lastre spinte da sistemi pneumatici. Nel forno a tunnel, la presenza della fiamma centrale determina un profilo di temperatura: all’uscita siamo vicini alla temperatura ambiente, man mano che entrano nel tunnel si sviluppa una temperatura via via crescente che porta la vetrina a fondersi nel mezzo del tunnel. In figura è rappresentato il ciclo di temperatura di un pezzo di gres porcellanato. Fino a 600°C si riconosce un profilo di lento riscaldamento. Per un ciclo di temperatura unico bisogna riscaldare tutto alla velocità di riscaldamento più bassa (se si raffredda troppo velocemente, spacca); tempi troppo lenti di riscaldamento però sono tempi ed energie di processo sprecate. Il profilo di temperatura è frutto di un’ottimizzazione per ottenere il miglior risultato al minimo costo. Al di sopra dei 600°C, sia in riscaldamento che raffreddamento, sono concessi aumenti della velocità di riscaldamento. L’oggetto al 1250°C, dopo la cottura di circa 1 ora, viene bruscamente raffreddato a 600°C e successivamente subisce un raffreddamento più lento. Il raffreddamento veloce è possibile perché l’oggetto ceramico non subisce grossi danni, la parte vetrosa del materiale ceramico è al di sopra della temperatura di transizione vetrosa (sotto di essa il materiale spaccherebbe perché l’oggetto è rigido e non riesce ad assimilare le tensioni sotto forma di scorrimento viscoso). Nel grafico è mostrato il profilo di temperatura di un forno a tunnel per un oggetto in ceramica tradizionale (piastrella). In ordinata abbiamo sempre la temperatura, mentre in ascissa (ipotizzando che gli oggetti si muovano a velocità costante) la percentage length of furnace, la lunghezza del forno a tunnel (cioè il luogo in cui si posiziona la temperatura), proporzionale al tempo. Anche in questo caso bisogna riscaldare o raffreddare lentamente sotto i 600°C. Il tempo di cottura è molto breve (per ragioni di simmetria e composizione) Nella cottura di una ceramica tradizionale distinguiamo: - Il riscaldamento fino a 100°C come perdita di acqua dall’impasto - Il riscaldamento fino a 500°C come perdita di acqua cristallina e degradazione e combustione dei leganti organici (ossidazione violenta - burnout); - Dai 1200°C abbiamo l’inizio di sinterizzazione; Il grafico mostra il ciclo dermico dell’allumina in cui in ordinata abbiamo la variazione di lunghezza e in ascissa la temperatura. Nei primi 100°C vediamo come se ci fosse una piccola espansione, seguita da una contrazione che continua fino a 500°C. La contrazione è consentita dalla rimozione di acqua e materia organica. A questa temperatura inizia un’espansione relativa: la rampa leggermente in pendenza indica che non sta avvenendo nessuna reazione se non l’espansione termica lineare dell’ossido di alluminio. Raggiunta la temperatura di inversione, l’oggetto smette di espandersi e inizia a contrarsi, cioè avviene il processo vero e proprio della sinterizzazione. Anche qui si riconferma il fatto che si può raffreddare bruscamente 20 Biagio Alessandro Conte Il restringimento lineare dell’oggetto di porcellana con la temperatura è rappresentabile sia in termini di variazione dimensionale che di densità. A partire da una temperatura T0 = 20°C, intorno ai 1050°C si ha l’inversione e l’oggetto subisce un ritiro violento anche dell’8% fino ai 1250°C, in cui si ha il massimo ritiro. Raggiunti i 1250°C, l’oggetto viene raffreddato e subisce una contrazione semplice. Per quanto riguarda la densità, a partire da una temperatura T0 = 20°C, la densità tende inizialmente a diminuire, sia perché l’acqua evapora (alleggerendo il materiale) sia perché il corpo si espande aumentando il volume. Ai 1000°C si verifica un aumento brusco della densità, ciò significa che sta avvenendo la sinterizzazione. Raggiunta una temperatura massima, la densità nuovamente aumenta in maniera più lenta: ciò è dovuto al fatto che l’oggetto, contraendosi, diminuisce il suo volume e aumenta la sua densità. Tra i cambiamenti chimici e microstrutturali della parte argillosa durante la sua sinterizzazione, ritroviamo: Evaporazione dell’acqua dell’impasto assorbita fisicamente a 100°C. Se l’acqua di impasto è troppa, il vapore spacca l’oggetto in cottura: prima di arrivare a 100°C l’oggetto in ceramica deve essere pian piano riscaldato in modo che il vapore lasci lentamente il corpo; Decomposizione a 450°C per de-idrossilazione del caolino (o comunque argilla di base) (1 mole di allumina, 2 moli di silice e 2 moli di acqua), e successiva trasformazione in metacaolino, con espulsione dell’acqua di struttura cristallina; Dissociazione a 800°C del metacaolino in spinello e silice vetrosa/amorfa; Trasformazione sollecitata dalla temperatura a 1000°C dello spinello in mullite primaria (accresce il contenuto di allumina rispetto alla silice e forma una struttura refrattaria resistente alle alte temperature ma ancora porosa) e cristobalite, una fase separata derivante dall’eccesso di silice staccata dallo spinello; Tra i cambiamenti chimici e microstrutturali della parte feldspatica durante la sua sinterizzazione, ritroviamo: Presenza a 960°C di una fase liquida dovuta alla fusione dei silicati alcalini, formati dalla fusione di ossidi di minerali argillosi delle fasi eutettiche di quarzo e feldspato; Fusione eutettica di leucite-quarzo a 990°C, formata dal 58,2% di feldspato di potassio (K2O Al2O3 6SiO2) e dal 41,8% di quarzo; Fusione eutettica di albite-quarzo a 1060°C. La miscela eutettica costituita dal 68,3% di feldspato di sodio (Na2O Al2O3 6SiO2) e dal 31,7% di quarzo si scioglierà; Avanzamento stazionario a 1250°C della dissoluzione del quarzo mediante fusione di feldspato, ricristallizzazione di mullite secondaria dalla fase di vetro per sovrasaturazione; Quindi la parte feldspatica fonda e, formando un eutettico con il silicio, dà vita ad una fase fusa che permea l’impasto che inizialmente è un compattato di polvere. Quando il feldspato si trova in uno stato fuso, riprecipita nel liquido formando una fase cristallina detta mullite secondaria 21 Biagio Alessandro Conte (nell’immagine indicata con A). Con S indichiamo la mullite primaria derivante dalla decomposizione del caolino, con V la fase vetrosa (zona compatta amorfa) e con Q i granuli di quarzo in fase di dissoluzione. Nel caso della porcellana, la sinterizzazione è la trasformazione delle fasi silicatiche che con la temperatura si alterano e reagiscono. Nel formare la fase vetrosa, la porcellana acquista traslucenza; grazie alla fase mullite primaria e cristobalite diventa refrattaria e dura mentre la mullite secondaria conferisce notevole resistenza meccanica: è come un rinforzo fibroso nella matrice che aumenta la tenacità del prodotto. TIPI DI COMPATTAZIONE Esistono diversi tipi di compattazione, ciascuno rende una ceramica leggermente diversa dall’altra. Si piò avere: Sinterizzazione viscosa, che caratterizza porcellana e gres porcellanato, e prevede la formazione di una fase vetrosa (che contribuisce a determinare cambiamento di forma e contrazione del materiale) e conseguente eliminazione della fase gassosa e del poro intergranulare: durante il riscaldamento, una frazione del materiale fonde, formando una fase liquida che facilita la compattazione e il riempimento dei pori. Oggetti di ceramica in cui si forma una fase liquida sono caratterizzati da sinterizzazione viscosa. Il meccanismo è di trasporto di massa, in cui dei fluidi scorrono all’interno di particelle; Sinterizzazione a stato solido (SSS), in cui gli oggetti non formano una fase liquida ma la polvere compattata viene riscaldata a una temperatura inferiore al punto di fusione del materiale principale, promuovendo la diffusione atomica e la coalescenza delle particelle. I meccanismi di trasporto di massa sono spiegati dalla legge di Fick: vacanze, atomi o difetti cristallini si muovo nel cuore del reticolo o sui bordi di grano; Sinterizzazione reattiva, in cui polveri ceramiche o preceramiche, con la temperatura, reagiscono chimicamente con le fasi liquide o vaporose, diventando più compatte. Permette di ottenere materiali con proprietà uniche ma richiede un controllo accurato della reazione; I tre processi di sinterizzazione si caratterizzano per il meccanismo che comanda il trasporto di massa e la forza trainante. Nel caso nella sinterizzazione viscosa il meccanismo comandante è un flusso viscoso e la forza trainante una pressione capillare o una tensione superficiale, per la SSS il meccanismo che spiega il trasporto è la diffusione e come forza trainante la differenza tra potenziali chimici o energia libera. SINTERIZZAZIONE REATTIVA Nella sinterizzazione reattiva avviene una reazione chimica esotermica che comporta una diminuzione dell’energia libera di Gibbs: due o più costituenti in un compatto reagiscono durante la sinterizzazione per formare nuove fasi. In alcuni casi la reazione è così esotermica che può generare calore sufficiente a causare self-sintering, senza riscaldamento esterno, ad eccezione di quello richiesto per avviare la reazione. Polveri contenenti elementi reattivi o composti precursori, spesso miscelati per promuovere reazioni specifiche. Durante il riscaldamento, i componenti reagiscono chimicamente, formando un materiale solido diverso dai reagenti iniziali (es. carburi, nitruri, ossidi complessi). La diffusione atomica e la formazione di nuovi legami tra le particelle migliorano la densità del materiale. Esempi di sinterizzazione reattiva sono le reazioni in figura: la prima reazione avviene ad una temperatura inferiore ai 1410°C, la seconda a temperature maggiori ai 1410°C. Questo specifico valore è la temperatura di fusione del silicio. Le polveri di silicio reagiscono con azoto gassoso in atmosfera 22 Biagio Alessandro Conte controllata (non ho ossigeno): al di sopra dei 1000°C l’azoto gassoso si dissocia, diventa reattivo e si lega al silicio, formando il nitruro di silicio. Portando a fusione il silicio oltre i 1410°C, questo diventa liquido, permea il carbonio solido (come la grafite solida) e reagisce con esso a formare carburo di silicio. La polvere compatta può anche acquisire coesione attraverso reazioni chimiche con fasi gassose o liquide. Vantaggio: processo di forma a rete. Se la fase liquida viene consumata dalle reazioni, il materiale risultante è più refrattario SINTERIZZAZIONE VISCOSA La sinterizzazione viscosa viene utilizzata per porcellana, gres e porcellana dentale. In genere una frazione del volume iniziale (di almeno il 20%) viene trasformata in una fase fluida viscosa con la chiusura della porosità iniziale, perché si inserisce negli interstizi della parte non fusa. Il consolidamento avviene attraverso: la produzione di liquidi, il creep con la compattazione risultante del particolato solido sospeso nella fase fluida, la vetrificazione durante il raffreddamento e/o la cristallizzazione simultanea della fase vetrosa La sinterizzazione viscosa è "guidata" dal guadagno di energia dovuto alla riduzione della superficie. In essa si applica la teoria di Frenkel per cui la variazione della superficie è correlata alla variazione dimensionale (cioè alla deformazione). È un bilancio di energia tra quella che si guadagna Eg (esotermica), che dipende dalla riduzione di superficie ΔGs = γ∆S, e l'energia Es spesa nella deformazione definita come il prodotto tra volume, sforzo e deformazione. Il bilancio porta a sviluppare una relazione che fa dipendere il ritiro volumetrico, cioè la variazione di volume ad un certo tempo t rispetto al volume iniziale, dall’energia superficiale γ, dalla viscosità (funzione della temperatura) e dalla dimensione delle particelle. Nello stato finale della sinterizzazione, l’equazione sarebbe divergente, cioè non si avrebbe mai fine al ritiro volumetrico. Quando i proventi della sinterizzazione e la porosità sono costituiti da pori chiusi e isolati, l'equazione di Frenkel non è più valida; Vale quindi l’equazione di McKenzie-Shuttleworth, applicata per prevedere la variazione di densità (ρ). ρ è la densità relativa istantanea del materiale, cioè il rapporto tra la ρ al tempo t e la ρ massima che si può ottenere, mentre r0 è il raggio iniziale dei pori. La dipendenza della sinterizzazione dal tempo rappresenta il rallentamento della densificazione (per t tendente all’infinito, il termine 1-ρ tende a zero). Nella figura è rappresentato un lavabo tagliato trasversalmente, un oggetto caratterizzato da un restringimento anisotropico e un comportamento piroplastico. Il lavabo non è un oggetto tutto pieno: i sanitari sono ottenuti da un processo detto slip casting che consolida al più 2 cm massimo di spessore. Quando l’oggetto è portato in forno subisce un certo ritiro, e la forma finale è rappresentata dalla linea nera. L’insieme degli spostamenti (come quelli della punta) si possono intendere come sommatoria di deformazione elastica, viscosa, e termica. Il processo di sinterizzazione è estremamente complesso da rappresentare e lo valutiamo attraverso l’analisi FEM, per simulare le variazioni di dimensioni che l’oggetto subisce. Il grafico mostra la dipendenza di alcuni parametri con la temperatura. Simulando un gress porcellanato (come un lavabo o una piastrella), con l’aumento della temperatura aumenta il ritiro (varia da 0 all’8%). La linea azzurra indica assorbimento dell’acqua (dal 9% quasi allo 0% alle alte temperature, perché la porosità aperta collassa, i pori sono eliminati e l’oggetto diventa compatto) mentre la linea verde la resistenza a flessione (chiaramente aumentando la compattezza migliora la resistenza a pressione). 23 Biagio Alessandro Conte SINTERIZZAZIONE ALLO STATO SOLIDO È utilizzata per trasformare polveri compattate in un materiale solido attraverso il riscaldamento a temperature inferiori al punto di fusione del componente principale. Durante il processo, non si forma una fase liquida significativa (non vale il modello di Frenkel che si riferisce al materiale che ha una fase fluida al suo interno), e la densificazione avviene principalmente grazie alla diffusione atomica. Per spiegarne il comportamento si sfrutta la teoria della formazione del colletto (neck), cioè del punto di contatto tra le sfere ceramiche. Per effetto dell’aumento della temperatura il colletto, all’inizio esiguo, si va ad allargare diventando più grande della porosità interstiziale, fino a formare cristalli con meno superficie di contatto comune. Nella fase finale le porosità interstiziali si riducono a piccolissimi pori segregati sugli angoli dei bordi di grano, che occupano la maggior parte del volume. Il processo di sinterizzazione può essere diviso in tre fasi: 1. Uno stadio iniziale che comporta un ritiro di volume (fino al 3% del restringimento), in cui il sistema può essere considerato come un insieme di sfere uniformi collegate dai colletti; 2. Uno stadio intermedio (fino al 92% della densità teorica), in cui il sistema è rappresentato come un insieme di grani uniformi (poliedri con facce piane a contatto stretto con la particella adiacente) aventi pori cilindrici, detti “canaletti”, interconnessi lungo i confini dei grani. 3. Uno stadio finale, in cui la porosità non è più interconnessa (i canaletti si strozzano e collassano) ma abbiamo pori isolati ai confini del grano Guardando la trasformazione dal punto di vista della variazione di densità in funzione del tempo, l’eliminazione dei vuoti comporta un aumento della densità. Guardando il ritiro o la densità in funzione della temperatura ritroviamo 2 curve: la curva A (equivale al pressure less sintering) e la curva B (pressure sintering o detto anche HIP - Hot Isostatic Pressure). La curva B si riferisce ad un processo tecnologico in cui la temperatura si abbina ad un incremento di pressione uniforme (collocando un oggetto di ceramica all’interno di un autoclave) fino a 10.000 bar che determina una più veloce sinterizzazione, infatti a più basse temperature ottengo un incremento di densità, molto superiore rispetto alla curva A in cui non è presente la pressione Nel processo di sinterizzazione allo stato solido, il trasporto di massa avviene da: - Evaporazione-condensazione-trasporto dove il trasporto è dovuto alla differenza di pressioni di vapore parziali; - Diffusione superficiale delle vacanze dal colletto della sfera alla parte più lontana della superficie. La diffusione dei posti vacanti è dominato dalla legge di Fick: un flusso inverso di atomi aiuta a riempire il collo e la diffusione del posto vacante Je dipende dal gradiente di concentrazione. Le vacanze si spostano da zone a più alta concentrazione a zone a più bassa concentrazione. EFFETTO DELLE SUPERFICI CURVE La pressione di vapore, all’equilibrio con una fase solida, aumenta con il raggio di curvatura. Con una superficie piana, la pressione di vapore è P0, con una superficie curva, la pressione di vapore all’equilibrio è P0 + ∆P/P0. Il rapporto dipende dal raggio di curvatura e dal volume molare. Se un oggetto è curvo, dalla sua superficie ad una certa temperatura evapora una maggiore quantità di atomi per ottenere una pressione di equilibrio con gli atomi di fase gassosa. Ciò determina un meccanismo di trasporto di massa di specie che evaporano da un posto per ri-condensare in un altro. La tensione di vapore è la quantità di molecole/atomi a contatto e all’equilibrio con 24 Biagio Alessandro Conte una superficie solida e che possono ri-condensare secondo una differenza di pressione. La variazione di volume di un corpo durante un processo di diffusione guidata dalla tensione superficiale e dalla differenza di energia tra i pori e le superfici del materiale è data da: il processo di densificazione non è lineare rispetto al tempo Allo stesso modo l'effetto della curvatura è ottenuto dalla variazione della concentrazione delle vacanze. Le vacanze vanno interpretate come tensione di vapore del vuoto dentro la materia, di concentrazione C0. Se la superficie è curva, la concentrazione delle vacanze tenderà ad aumentare. La pressione Pr su una superficie curva è maggiore di P0, a sua volta maggiore della pressione della concavità Pc. Sulla superficie della sfera si sviluppa un’evaporazione maggiore rispetto ad una superficie piana e quindi maggiore rispetto ad una superficie concava. Dal convesso, ho un flusso di particelle che evaporano da esso per condensarsi nella zona concava. Il colletto è regione di convessità rispetto a quella di concavità. Allo stesso tempo, una superficie convessa di materia, è concava di vuoto. Le vacanze (intese come tensione di vuoto nel pieno) quindi si muovono dalla zona concava a quella convessa. In corrispondenza del colletto c’è una concentrazione di vacanze molto superiore rispetto ad altre regioni della materia. Il flusso di vacanze è opposto al flusso di materia nel vapore. I meccanismi di trasporto sono i 6 schematizzati in tabella e catalogati sulla base della zona di partenza, del tragitto e della zona di arrivo (il colletto). Il primo è un meccanismo in cui c’è una diffusione di massa per esempio per evaporazione dalla superficie convessa a quella concava, che determina un trasporto di tipo superficiale. Il secondo è un meccanismo interno al materiale, nel reticolo le vacanze migrano per il trasporto di materia inverso. Il terzo è la vaporizzazione, il quarto è la diffusione di contatto (le superfici del colletto aumentare per effetto di questo contatto), il quinto è un meccanismo di diffusione delle vacanze dal bordo di grano verso l’esterno, l’ultimo è un meccanismo di diffusione delle dislocazioni dall’interno del materiale verso il colletto. L’insieme di questi meccanismi determina una trasformazione delle particelle sferiche in particelle sempre più estese a contatto con particelle adiacenti attraverso bordi di grano più ampi. Una volta che le particelle sono più unite con pochi pori interstiziali, aumentando la temperatura, da piccoli grani cristallini si ottengono grossi grani cristallini. Il meccanismo per cui aumentando la temperatura si verifica un accrescimento dei grani cristallini è detto coarsening e si spiega con il fenomeno di incremento di pressione su una superficie convessa rispetto alla concava. La superficie di una piccola particella ha un raggio di curvatura piccolo, quindi la loro tensione di vapore è più alta rispetto ai grani con raggi di curvatura più alti. I grani più piccoli mettono gli atomi verso le particelle più grosse che li circondano. Il flusso di atomi dal piccolo grano verso il più grande, fa sì che il piccolo diventa diminuisca sempre di più in termini di dimensioni fino a scomparire. Il materiale cristallino subisce quindi una trasformazione morfologica perché si ritrova ad avere pochi grani di enormi dimensioni. Da un punto di vista della performance meccanica è una situazione negativa: un oggetto ceramico con enormi grani è più fragile di uno con grani più piccoli. Più grosso è il bordo di grano (difetto), tanto più il materiale è indebolito, è poco prestante dal punto di vista della resistenza meccanica. 25 Biagio Alessandro Conte Nella parte finale della sinterizzazione, man mano che il meccanismo di coarsening continua, il grano in mezzo diventa sempre più piccolo e i tre pori agli angoli si fondono in un unico poro, muovendosi attraverso il trasporto di atomi da parete a parete del poro con i meccanismi di diffusione noti (condensazione di evaporazione, diffusione superficiale). Avere più pori piccoli però è meglio che averne uno grosso, perché il cedimento avviene in corrispondenza del grande difetto che è il poro. Per migliorare le caratteristiche di un ceramico è ridurre i pori senza aumentare la grandezza dei grani cristallini. Un trucco è introdurre additivi insolubili (ossido di zirconio in grani di ossido di alluminio): gli additivi insolubili inibiscono la crescita dei grani. Ossido di alluminio e ossido di zirconio sono tra loro insolubili, per cui ciascun grano di ossido di alluminio rimane nettamente separato dall’altro, non c’è contatto. In questo modo l’accrescimento esponenziale dei grani di ossido di alluminio non è possibile. Un altro stratagemma per migliorare la sinterizzazione è aggiungere additivi che formano delle fasi liquide, le quali abbassano localmente la temperatura di sinterizzazione e trasporto della materia, limitando così il fenomeno di coarsening (CaO-MgO per SiO2, MgO per Al2O3, MgO per Si3N4). La presenza di inclusioni aumenta l'energia necessaria per il movimento dei bordi dei grani e inibisce la loro crescita. La curvatura del grano diventa energeticamente insufficiente per continuare la crescita che farebbe aumentare l'energia di attivazione. MATERIA, VUOTO E LORO APPLICAZIONI DEFINIZIONI DI DENSITÀ Nella visione orientale gli opposti sono riassunti dal cerchio che li comprende, Taijitu è il simbolo cinese della rappresentazione della complementarità degli opposti, Yin-Yang: Yin (il lato oscuro) contiene i semi di Yang (il piccolo cerchio di luce), così come lo Yang (parte bianca) contiene i semi di Yin (il piccolo cerchio scuro). Il concetto di pieno e vuoto è spiegabile sfruttando il concetto di densità. Un materiale ideale con una struttura monocristallina ha densità cristallografica ideale quando la sua composizione è del tutto pura (non sono presenti elementi come bordi di grano, difetti o dislocazioni): la densità si calcola semplicemente considerando il peso degli atomi presenti nel volume della cella elementare rapportato al volume della cella stesso. Qualora avessimo un materiale multi-fasico (come nel caso della ZTA - allumina temprata con zirconia) o comunque una struttura con soluzioni solide in più fasi cristalline, la densità teorica si desume dalla regola delle fasi: attribuendo una densità cristallografica alla fase allumina e una densità cristallografica alla fase zirconio, conoscendo la frazione volumetrica di ciascuna fase, si calcola la densità come: dove la somma di tutte le fi è 1. La densità bulk è una proprietà che descrive la massa di un materiale per unità di volume, è il peso del materiale sulla bilancia rapportato al suo ingombro esterno. La densità apparente è la densità che si ottiene sempre prendendo il peso del materiale sulla bilancia rapportato alla frazione volumetrica di materiale effettivamente occupata dalla materia, includendo anche pori e spazi vuoti presenti nella struttura. Densità bulk e densità apparente si misurano sulla base di normative. La densità relativa è il rapporto tra la densità valutata sul materiale in esame e quella di un materiale di riferimento: se si conosce la densità dell'allumina cristallina, mentre il materiale in esame è allumina porosa (con una sua densità apparente), il rapporto tra i due valori restituisce la densità relativa (tipicamente inferiore a 1). POROSITÀ La porosità è la frazione di volume vuoto (somma dei volumi d

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