Document Details

InspirationalOpArt9575

Uploaded by InspirationalOpArt9575

Università degli Studi di Perugia

Tags

diagnostic tests medical analysis biochemistry medical science

Summary

This document discusses the characteristics of analytical tests, including sensitivity and specificity. It explains how these characteristics are used to interpret results and diagnose diseases. The document also describes different types of tests (e.g., positive and negative tests) and how they relate to the actual patient condition. It explores the practical use of these tests in real-world scenarios, including the concept of the ideal diagnostic test.

Full Transcript

Caratteristiche delle prestazioni analitiche Sensibilità analitica: capacità di rivelare un analita in una miscela complessa anche se presente a basse concentrazioni. Questa è data dal Limite di rilevabilità o Limite di sensibilità (LOD, Limit of Detection), dal Limite di quantificazione (LOQ, Limit...

Caratteristiche delle prestazioni analitiche Sensibilità analitica: capacità di rivelare un analita in una miscela complessa anche se presente a basse concentrazioni. Questa è data dal Limite di rilevabilità o Limite di sensibilità (LOD, Limit of Detection), dal Limite di quantificazione (LOQ, Limit of Quantification) e dal Limite del bianco o Range di linearità (LOB). Specificità analitica: capacità di riconoscere un analita in una miscela in cui sono presenti anche tanti altri analiti con l’obiettivo di avere un saggio che non abbia interferenze. DALL’ ANALISI ALLA DIAGNOSI La sensibilità e la specificità analitica di una certa prestazione si riflettono nella Sensibilità e nella Specificità da un punto di vista diagnostico. La capacità di un saggio di essere sensibile o specifico si riflette nella capacità che ha l’uso di quel certo saggio di distinguere i sani dai malati. Un Test molto sensibile ha pochi falsi negativi; se il Test è positivo il soggetto ha un’enorme possibilità di essere malato; raramente mis-classifica i malati. Un Test molto specifico ha pochi falsi positivi; se il Test è negativo il soggetto ha un’enorme probabilità di essere sano; raramente mis-classifica i sani. Quando viene effettuato un qualsiasi test, otteniamo un risultato e la condizione dei pazienti. Il Test può essere: - Positivo: nella totalità dei test positivi si distinguono due categorie di persone: - Veri Positivi (la malattia è presente); - Falsi Positivi (pur essendo il risultato positivo, la malattia non è presente nel paziente). - Negativo: nella totalità dei test negativi si distinguono due categorie di persone: - Veri Negativi (la malattia è assente); - Falsi Negativi (pur essendo il risultato negativo, la malattia è presente nel paziente). E’ opportuno distinguere il risultato del test dalla condizione del paziente. Normalmente siamo abituati a pensare che un test positivo è l’equivalente di un paziente malato e che un test negativo è l’equivalente di un paziente sano, ma questo è vero per il 100% dei pazienti esclusivamente in un Test Ideale. Test Ideale Positivo: il paziente è sicuramente malato (100% di possibilità di avere la malattia); Test Ideale Negativo: il paziente è sicuramente sano (100% di possibilità di non avere la malattia); Normalmente però questo non si verifica poichè qualsiasi Test ha una certa percentuale di Incertezza (ovvero una certa percentuale di falsi positivi e falsi negativi). Occorre pertanto distinguere il risultato del test d’ala condizione effettiva del paziente. Il Test è tanto migliore quanto più bassi sono i Falsi Positivi e i Falsi Negativi. Questo Test è in grado, con un intervallo di confidenza elevatissimo, di distinguere i Sani dai Malati. Ciascuna delle curve sopra rappresentate è una Curva di Gauss: rappresenta la distribuzione dei valori per i due gruppi (Sani e Malati). Test Ideale: Curva dei Sani e Curva dei Malati completamente separate. Questo permette di avere una linea centrale che distingue perfettamente i sani dai malati. I Falsi Negativi e i Falsi Positivi sono praticamente a zero. Al di sopra di un certo valore sono tutti Malati e al di sotto sono tutti Sani. Test Inutile: Curva dei Sani e Curva dei Malati quasi completamente sovrapposte. Quel valore nei sani e nei malati si distribuisce allo stesso modo; non è possibile distinguere i due gruppi. Test Reale: Curva dei Sani e Curva dei Malati per una certa percentuale (la più bassa possibile) si sovrappongono. Nella curva relativa ai malati ci sono dei pazienti che hanno un valore basso nel test: questi hanno un test negativo pur essendo malati (Falsi Negativi). Nella curva relativa ai sani ci sono dei pazienti che hanno un valore alto nel test: questi hanno un test positivo pur essendo sani (Falsi Positivi). Quando analizziamo il risultato di un qualunque test diagnostico occorre sempre tenere presente che, sebbene si tenda ad averlo al valore più basso possibile, c’è sempre un intervallo di confidenza e la possibilità che ci siano dei Falsi Positivi o Falsi Negativi. Per ogni test sulla base di studi di popolazione viene stabilito il Valore Soglia (o Cut Off) ovvero quel valore al di sopra del quale il soggetto è considerato malato e al di sotto del quale il soggetto è considerato sano. Quando le due curve si sovrappongono (non si parla più di un test ideale) significa che è presente una piccola percentuale di falsi positivi e i falsi negativi. Sulla base di questa quantità è possibile stabilire una serie di parametri che caratterizzano il nostro test. Ipotizziamo di fare uno studio su una popolazione e individuiamo soggetti sani e soggetti malati descritti da due distribuzioni riportate nel grafico. Rispetto al valore Cut Off a sinistra troviamo un test positivo e a destra un test negativo. Le due distribuzioni in una condizione ideale dovrebbero essere separate, però ciò che normalmente si verifica è che le due distribuzioni siano sovrapposte e possiamo individuare 4 classe di individui: - Classe A: soggetti malati con test positivo (veri positivi); - Classe B: soggetti sani con test positivo (falsi positivi). In una piccola parte la curva dei sani compenetra quella dei malati: hanno un test positivo ma i loro valori si trovano al di sotto della curva dei sani; - Classe C: soggetti malati ma con test negativo (falsi negativi). In una piccola parte la curva dei malati compenetra quella dei sani: hanno un test negativo ma i loro valori si trovano al di sotto della curva dei malati; - Classe D: soggetti sani con test negativo (veri negativi). Sulla base di queste quantità (A, B, C, D) è possibile stabilire la Sensibilità e la Specificità Diagnostica di un test. 1. Sensibilità diagnostica: capacità che ha il test di identificare i soggetti affetti da malattia sul totale dei malati (veri positivi+falsi negativi); il test migliore è quello che avrà un sensibilità al 100%. Come si misura? veri positivi/ (veri positivi) + (falsi negativi) Questo rapporto si avvicinerà tanto più a 1 quanto più basso è il numero dei falsi negativi (se i falsi negativi tendono a 0). La sensibilità diagnostica è tanto maggiore quanti meno sono i Falsi Negativi (tanto più riesco ad identificare come malati tutti coloro che hanno un test positivo). 2. Specificità diagnostica: capacità che ha il test di identificare i soggetti non affetti da malattia sul totale dei sani (veri negativi+falsi positivi); il test migliore è quello che avrà una specificità al 100%. Come si misura? veri negativi / (veri negativi) + (falsi positivi) Questo rapporto si avvicinerà tanto più a 1 quanto più è basso il numero di falsi positivi (se i falsi positivi tendono a 0). La specificità diagnostica è tanto maggiore quanti meno sono i Falsi Positivi (tanto più riesco ad identificare come sani tutti coloro che hanno un test negativo). Un Test Ideale i Falsi Negativi e i Falsi Positivi tendono entrambi a zero: ha la più alta sensibilità e la più alta specificità diagnostica. Normalmente non si parla tanto di Sensibilità e di Specificità diagnostica, poichè l’operatore sanitario o il medico che valuta l’esame di un paziente tiene conto del Valore Predittivo Positivo o Negativo (valori che mi indicano la bontà di un certo test diagnostico). Valore Predittivo Positivo: probabilità che un soggetto che risulta positivo al test, sia effettivamente affetto dalla malattia. Come si misura? a / (a+b) Veri positivi/ (Veri Positivi + Falsi Positivi) Valore Predittivo Negativo: probabilità che un soggetto che risulta negativo al test, sia effettivamente sano. Come si misura? d / (d+c) Veri Negativi/ (Veri Negativi + Falsi Negativi) Tanto più alto è il Valore Predittivo Positivo quanto più bassi sono i Falsi positivi e tanto più alto è il Valore Predittivo Negativo quanto più bassi sono i Falsi negativi. Se un test ha un Valore Predittivo Positivo del 98% ciò significa che se il paziente ha un test positivo, quel paziente ha il 98% della probabilità di essere affetto dalla malattia. I test che hanno un Valore Predittivo Positivo più basso (ad esempio al 70%), la valutazione del medico rispetto al paziente sarà diversa poichè c’è un 30% della probabilità che il paziente abbia un test positivo pur non essendo affetto dalla malattia (Falso Positivo). Valore Predittivo è molto importante per la valutazione medica di una terapia, di un trattamento, ecc. I CAMPIONI DA ANALIZZARE I due campioni più comuni dai quali si parte per effettuare analisi di biochimica clinica o biologia molecolare sono il Sangue e le Urine. Sangue: durante le analisi del sangue, questo può essere raccolto in provette diverse (di colore diverso) poiché in alcuni casi si effettuano analisi su componenti diverse: - Sangue Intero: parte corpuscolata + parte liquida (nelle analisi che fanno utilizzo di sangue intero, come quella per l’Emocromo, occorre utilizzare un anticoagulante); - Plasma: sangue intero in presenza di anticoagulante viene centrifugato (per rimuovere gli elementi figurati del sangue); - Siero: sangue intero in cui si forma un coagulo di fibrine. Non viene utilizzato un anticoagulante. Il siero viene centrifugato per rimuovere la fibrina e il coagulo. Tecniche Le tecniche che utilizziamo per analizzare i campioni sono molteplici: - Chemiluminescenza: Reazione che genera una radiazione luminosa (localizzata nella regione della Luce visibile o vicino Infrarossi). Si basa sull’utilizzo di enzimi come Perossidasi di Rafano che in presenza del suo substrato, il Luminolo, emette luce. Si misura quindi l’attività di un enzima che, coniugato ad un anticorpo, permette di vedere un segnale di natura luminosa. - Colorimetria o Spettrofotometria: Tecniche basate sull’ emissione di una radiazione luminosa ad una certa lunghezza d’onda. La presenza di un certo analita viene rivelata perché, in saggi messi ad hoc per l’analita, si assiste allo sviluppo di un colore o all’emissione di una radiazione. Sia la colorimetria che la spettrofotometria sono tecniche basate sull’emissione di luce ad una certa lunghezza d’onda, però si parla di Colorimetria quando la radiazione luminosa ha una lunghezza d’onda appartenente allo spettro del visibile (visivamente si sviluppa un colore). Altre volte si misura l’emissione di una radiazione a lunghezza d’onda al di fuori delle regioni del visibile (alcune anche nella regione degli UV) e in questi casi si parla di Spettrofotometria; per misurarla è necessario uno strumento apposito chiamato Spettrofotometro. - Turbidimetria: Tecnica basata sull'assorbimento di una radiazione da parte di una sospensione di particelle. Si basa sulla torbidità di una miscela che può essere misurata. Mediante analisi relative alla torbidità, che sono sempre di natura spettrofotometrica, si può misurare la presenza o meno di un analita in una miscela. In alcuni casi questa tecnica viene utilizzata per la misurazione delle Lipoproteine Plasmatiche (Chilomicroni, VLDL, LDL, HDL). - Dosaggi Radioimmunologici (o Test RIA): Tecniche basate sulla combinazione di una reazione immunologica con antigene radioattivo e sulla competizione fra l’analita presente nella miscela e lo stesso analita radioattivo (antigene “Freddo” e antigene “Caldo”); questi vengono messi a contatto tra loro e più analita c’è nella miscela, più esso competerà con l’analita caldo che viene inserito. Il segnale di radioattività diminuirà all’aumentare della quantità di analita freddo presente nella miscela. Ci sarà un massimo segnale quando nella miscela l’analita freddo non è presente. Se su 100 molecole presenti nella miscela, tutte 100 sono radioattive, il segnale sarà massimo; se su 100 molecole sono presenti 80 radioattive e 20 fredde il segnale si abbassa idealmente del 20%. In alcuni casi gli analiti sono presenti in miscele complesse a concentrazioni talmente basse (come nel caso degli ormoni steroidei) che solo analisi di questo genere permettono di misurarli. - Dosaggi Elisa: Tecniche basate sulla reazione dell‘analita con un anticorpo coniugato ad un enzima che genera prodotti colorati o luminescenti. Vengono effettuati su superficie (si utilizza una matrice orizzontale) sulla quale poniamo una miscela. Sulla matrice è immobilizzato l’anticorpo che riconosce nella miscela l’analita che intendiamo misurare. Se è presente l’analita, l’anticorpo lo blocca (tanto più quanto maggiore è la concentrazione dell’analita nella miscela). Si effettuano dei lavaggi, si utilizza un secondo anticorpo rivolto contro il primo che genera una radiazione di chemiluminescenza. Più anticorpo ha legato l’analita, maggiore sarà il riconoscimento da parte di un secondo anticorpo legato all’enzima che emetterà una radiazione. - Elettroforesi: Tecniche utilizzate per dosaggio delle proteine e per l’individuazione di analisi a basso peso molecolare in miscele complesse. Il nome si riferisce al “movimento in un campo elettrico”. E’ una tecnica basata sul fatto che particelle (come proteine o lipoproteine plasmatiche) si muovono in un campo elettrico con un movimento la cui velocità varia a seconda delle dimensioni delle proteine stesse. Proteine di più grosse dimensioni vengono ritardate, quelle più piccole corrono più velocemente. In alcuni casi si utilizzano anche tecniche sofisticate di tipo cromatografico (HPLC). - Citometria a flusso: Tecnica che permette di contare le cellule , separare e analizzare elementi corpuscolari marcati con un fluoroforo fatti passare attraverso un sistema ottico. Si utilizza per ottenere in pochissimo tempo il profilo ematologico (emocromo). Si parla di ‘Citometria’ in quanto c’è una misurazione delle cellule e si dice ‘a Flusso’ perché le cellule vengono aspirate all’interno di un capillare delle dimensioni tali da permettere che le cellule viaggino l’una dietro l’altra. Lo strumento in questione mi permette di riconoscere le varie cellule e di misurarne alcuni parametri (ad esempio misurazione globuli rossi nel sangue). ESAMI DIAGNOSTICI DI BASE Gli esami diagnostici di base possono essere distinti in vario modo, sulla base del: 1) Profilo ematologico: Insieme di test effettuati su sangue intero per valutazioni qualitative e quantitative degli elementi corpuscolari. Generalmente si parla di Citometria a Flusso. 2) Profilo urinario: Sono test che danno informazioni sull’apparato urinario però danno anche indicazioni sul profilo metabolico del paziente. Si parla di valutazione di indicatori di funzione o di lesione dell’apparato urinario. 3) Profilo biochimico o metabolico: Insieme di test che rilevano alterazioni metaboliche primarie o derivanti da uno stampo patologico, su plasma o siero. Dunque permettono di dare una caratterizzazione di base sul paziente sul suo stato metabolico e vengono effettuati su siero o su plasma. I tipi di analiti che vengono valutati mediante un test biochimico generali sono: I valori di riferimento sopra presentati sono vecchi. Gli analiti che vengono presi in considerazione possono essere dei: marker che rispecchiano la funzionalità di un determinato organo (come bilirubina, lattato deidrogenasi) elettroliti enzimi marcatori di specifiche lesioni tissutali. Altri parametri utilizzati durante un test biochimico sono: - Glicemia - Trigliceridi - Colesterolo Questo perché si intende effettuare diagnosi di malattie di natura metabolica, cardiovascolare, epatico e per effettuare tutti gli screening di prevenzione. PROTEINE TOTALI E ALBUMINA Un altro parametro che viene utilizzato consiste nell’analisi delle Proteine totali del plasma (analisi chiamata “Con Formula”: riportando le proteine totali del plasma divise per classi). Tale analisi viene utilizzata anche per vedere lo stato di nutrizione del paziente. Quando viene richiesto un profilo “con formula” si procede con una separazione delle varia proteine plasmatiche utilizzando delle tecniche elettroforetiche. Troviamo varie proteine plasmatiche distinte sulla base della corsa elettroforetica (espresse nel grafico del profilo “con formula” di un soggetto normale attraverso dei picchi): 1) Pre-albumina: Il suo nome è stato attribuito proprio in funzione della tecnica elettroforetica (nel profilo con formula questa proteina esce prima del picco dell’Albumina). Da un punto di vista funzionale il suo nome sarebbe Transtiretina poiché adibita al trasporto degli ormoni tiroidei (ormoni di natura idrofobica, non solubili nel plasma, derivati della tirosina) e della Retinol Binding Protein; 2) Albumina: Rappresenta circa il 50% delle proteine plasmatiche, è prodotta dal fegato e ha le dimensioni di 70 kDa; presenta sulla sua superficie delle scanalature (6-7) all’interno delle quali possono essere alloggiate varie molecole di natura idrofobica. Svolge infatti varie funzioni: Trasporto di svariate molecole sia polari che apolari, nonchè di proteine, a causa della presenza delle sue scanalature; Mantiene la pressione oncotica (cioè la pressione osmotica del sangue dovuta alle proteine sieriche); Funzione antiossidante per la presenza dei ponti S-S dei residui di cisteina (contrasta eventuali danni provocati da specie reattive dell’ossigeno). Focus: tra le molecole di natura idrofobica, l’Albumina ha la capacità di caricare sulle sue scanalature gli Acidi grassi (quando vengono mobilizzati i trigliceridi dal tessuto adiposo). In condizioni di digiuno il nostro organismo mobilita le riserve che ha e, prendendo come esempio il tessuto adiposo, qui interviene la Lipasi Ormone Sensibile. Questo enzima scinde i Trigliceridi, genera Acidi grassi di natura idrofobica, che vengono messi in circolo. Nella corrente ematica gli Acidi Grassi vengono caricati nelle scanalature dell’albumina. N.B. Anche l’Albumina, come la Prealbumina, favorisce il trasporto di Ormoni Tiroidei 3) Fibrinogeno: è una glicoproteina del plasma sanguigno sintetizzata dal fegato, è il precursore della fibrina; 4) Globuline (alfa e beta): sono proteine di trasporto; tra queste citiamo la Retinol Binding Protein, la Cortisol Binding Protein (cortisolo ormone dello stress, raggiunge picco prima del risveglio) e la Transferrina. Sono coinvolte anche nella Coagulazione (citiamo i Fattori della Coagulazione) e nella Risposta infiammatoria acuta (citiamo la PCR, ovvero la Proteina C Reattiva). 5) Globuline gamma (Y): Sono gli anticorpi prodotti dai linfociti B, durante la reazione immunitaria. Rappresentano l’ultimo picco delle proteine totali plasmatiche. Come viene determinato il profilo delle proteine plasmatiche? Attraverso l’ELETTROFORESI L’elettroforesi è una tecnica analitica che permette di separare le particelle per effetto di un campo elettrico. Ci sono due tipologie di elettroforesi, differenti tra loro solo per il mezzo utilizzato: 1) Elettroforesi su gel di agarosio: il campione proteico viene caricato su un supporto solido che contiene un gel di agarosio. Un alimentatore applica una differenza di potenziale fino a creare un campo elettrico; nel mezzo del campo elettrico generato è posizionato il supporto solido contenente il campione proteico. Al passaggio di corrente si avrà una separazione delle proteine. Le proteine, tipicamente caricate negativamente, migrano verso l’anodo. La velocità di migrazione dipende dalle dimensioni delle proteine: tanto più grosse saranno le proteine, tanto più velocemente scorreranno nelle maglie del gel. Le proteine più piccole riescono ad entrare “nei buchi” e quindi percorrono percorsi più lunghi. 2) Elettroforesi capillare: Utilizza lo stesso principio dell’elettroforesi su gel di agarosio (il meccanismo di funzionamento è analogo), ma invece di utilizzare un supporto solido si utilizza un capillare nel quale viene fatta fluire la miscela proteica. Nel capillare viene posizionato un rilevatore collegato al computer che vede il passaggio delle proteine e le analisi vengono fatte in tempo reale e formano picchi distanziati individuati dal regolatore; Le proteine totali sono ottimi markers e possono essere utilizzate per vari scopi (valutazione stati di disidratazione o malnutrizione del paziente). Le modifiche quantitative delle proteine mostrano determinate patologie, infatti se le proteine: - Aumentano: Sangue diminuisce di volume (volemia ridotta provoca disidratazione, colera, stati febbrili prolungati, virus gastro intestinali); è possibile che ci sia anche un’eccessiva sintesi proteica. Questo problema può essere caratteristico di alcune forme tumorali come le Discrasie Plasmacellulari: alterazioni delle plasmacellule determinano un'eccessiva sintesi di anticorpi, ovvero le gamma Globuline; - Diminuiscono: Può essere dovuto a Emodiluizione, eccessive perdite renali, intestinali, cutanee, ridotta sintesi (epatopatie) o eccessiva degradazione (digiuno prolungato). Normalmente le proteine hanno delle dimensioni tali da non essere eliminate con le urine o filtrate a livello renale, tuttavia qualora dovessero esserci dei problemi renali allora le fenestrazioni del tessuto renale divengono più grandi e le proteine tendono ad essere perse con l’escrezione urinaria. Pertanto una ridotta quantità di proteine è un marcatore di Danno Renale (generalmente questi eventi sono accompagnati da una Proteinuria: presenza di proteine nelle urine). Si può assistere ad una riduzione delle proteine totali anche in condizioni di digiuno prolungato (quando ci si trova in una condizione di digiuno prolungato il nostro organismo agisce in modo da mobilitare le riserve di trigliceridi; gli acidi grassi derivanti dai trigliceridi tuttavia non permettono di produrre Glucosio, non sono precursori della Gluconeogenesi; il nostro organismo ha bisogno di produrre glucosio). Quando ci troviamo a digiuno il nostro organismo in parte metabolizza le riserve di glicogeno, ma quando il glicogeno finisce inizia ad utilizzare le proteine endogene (come le proteine plasmatiche). Le demolisce e utilizza gli aminoacidi glucogenici come substrati per la Gluconeogenesi. Seconda ora Urea, creatinina, acido urico Queste tre molecole sono indicatrici di funzionalità renale. Urea Molecola prodotta durante un ciclo all’interno degli epatociti, è la modalità con cui l’organismo espelle i gruppi amminici con una molecola altamente solubile e non tossica. A volte il contenuto di azoto ureico, è detto azotemia, poiché dà un’idea della quantità di azoto che viene escreto. I mammiferi sono organismi ureotelici, infatti limitano accumulo di ammoniaca e convertono i gruppi amminici ad urea (unici a eliminare in acqua l’ammoniaca sono i pesci, organismi ammoniotelici). La quantità di urea che viene eliminata al giorno con le urine è intorno ai 20 mg, ma la quantità può diminuire per insufficienza epatica o aumentare per insufficienza renale. Infatti, l’urea è secreta tramite i reni ma la produzione avviene a livello epatico, quindi problemi al fegato possono portare minore azoto ureico. Creatinina La creatinina, aldeide interna della creatina, viene prodotta per una ciclizzazione della creatina fosfato. Tale molecola è scelta come marker renale, infatti ha la caratteristica che tanta ne viene prodotta e tanta viene escreta attraverso i reni, così da usarla non solo in sé per misurare la funzionalità renale ma anche come normalizzatore di altri valori. Si immagini di valutare in un paziente l’escrezione di un metabolita nelle urine. Per confrontare i suoi valori con quelli di un altro paziente si deve normalizzare a seconda di quanta urina è prodotta nell’arco delle 24 ore, in questo caso il normalizzatore usato è proprio la creatinina. La creatinina aumenta in condizioni di insufficienza renale, o in presenza di miopatie, danno a livello muscolare. La creatina è infatti usata come riserva di ATP nei muscoli e se c’è un danno tale molecola viene riversata in circolo per produrre più creatinina. Acido urico L’acido urico, deriva dal catabolismo delle purine, in alcune specie animali viene usata come modalità di escrezione dell’azoto. Molecola molto poco solubile, la quantità prodotta e quella che deve essere liberata si devono ben bilanciare poichè altrimenti se si accumula acido urico, esso precipita (principalmente nelle articolazioni) e tale condizione patologica si chiama gotta solitamente associata ad elevato consumo di carne. Contro la Gotta si può utilizzare allopurinolo, un inibitore competitivo della Xantina-ossidasi, che riduce la formazione di acido urico. Gli elettroliti Si dividono in macroelementi e microelementi in base alle quantità e al fabbisogno dell’organismo. Tali elementi hanno importanza strutturale, la matrice ossea è composta da cristalli di idrossiapatite, composto di calcio e fosfato, ma anche metabolica, si pensi ai centri ferro-zolfo delle proteine ecc Na e K Sodio e potassio hanno importanza per il mantenimento del potenziale di membrana e per tutti i processi di trasporto attivo secondario, ma anche per il trasferimento dell’impulso nervoso negli assoni dei neuroni. Ca e P Costituenti strutturali della matrice ossea. Il Calcio è associato alla coagulazione, alla trasmissione del segnale nella contrazione muscolare, al rilascio di ormoni come insulina o di neurotrasmettitori come l’acetilcolina. Il fosforo è invece coinvolto quando c’è un processo di trasferimento di energia chimica come nei processi ATP-dipendenti o nei processi di sintesi dell’ATP. Fe Misurato solitamente considerando le molecole che lo trasportano. Gli ioni ferro sono importanti, si trovano nell’eme dell’emoglobina, ma li troviamo anche nei componenti della catena respiratoria cioè nei centri ferro-zolfo, in alcuni enzimi come aconitasi e in alcune proteine della detossificazione epatica per il trasferimento di elettroni. Il ferro viene trasportato nei tessuti legato alla ferritina e poi trasferito ad una molecola di trasporto chiamata transferrina. Di solito nelle analisi del sangue viene dosata la transferrina, poiché i suoi livelli danno indicazioni sulla quantità di ferro depositato. Un emocromo con bassi livelli di emoglobina e globuli rossi, che indicano possibile anemia, porta a dei test di approfondimento con il dosaggio delle componenti del ferro ematico. Omeostasi metabolica Si intende per omeostasi l’equilibrio fra la quantità di substrati energetici che ingeriamo con l’alimentazione e quelli che ossidiamo per ricavare energia per tutte le necessità tissutali. L’omeostasi dipende da: Concentrazione ematica di nutrienti e metaboliti Segnali di natura ormonale che a sua volta dipendono dal parametro precedente Segnali di natura nervosa provenienti dall’ipotalamo, Segnali di stress anche metabolico conseguente a digiuno prolungato e segnali dovuti ad alterazioni dell’ipofisi che governa il sistema endocrino. Es.La produzione di ormone della crescita devia il metabolismo glucidico, lipidico e delle proteine a seconda dello stato dell’organismo. Omeostasi del glucosio Nell’omeostasi metabolica gioca un ruolo importante la concentrazione ematica di glucosio. Normalmente la glicemia a digiuno sta intorno agli 80/90 mg/dl, circa 5 mmol. Appena entra nella cellula il glucosio viene fosforilato a glucosio-6-fosfato, da enzimi della classe delle esochinasi, che resta così intrappolato nella cellula e non può più uscirne. Il G6P può andare incontro a diverse vie metaboliche: Ossidazione nella via glicolitica per produrre ATP. Via dei pentoso fosfati per produrre ribosio e NADP Va nel fegato per la lipogenesi Va a costituire componenti della matrice extracellulare Conversione in intermedi attivi (UDP-glucosio) che può essere usato per la sintesi di glicogeno e (UDP-galattosio) per la sintesi di lattosio nella ghiandola mammaria. Nel fegato viene convertito ad acido-UDP-glucuronico, usato per le detossificazioni epatiche. Il controllo dell’omeostasi è svolto da due ormoni: insulina e glucagone, dagli effetti opposti ma con la stessa natura peptidica. L’insulina segnala uno stato di ricchezza metabolica, è prodotta dalle cellule beta del pancreas endocrino nelle isole di Langerhans in condizioni di iperglicemia, ha come bersaglio il tessuto muscolare, adiposo e il fegato. Stimola l’organismo a sintetizzare glicogeno, a portare glucosio nella cellula, ad usare le riserve metaboliche per la biosintesi di lipidi e di proteine come nel muscolo. L’ormone è anabolico, stimola la crescita cellulare. Esiste infatti un Fattore di crescita IGF, insulino-simile, che assomiglia a tale ormone. Il glucagone, prodotto dalle cellule alfa del pancreas endocrino, comunica all’organismo che si devono attivare tutti i processi che permettono di mantenere la glicemia, segnala ai tessuti la necessità di mobilizzare le riserve (non solo di glicogeno, ma anche di lipidi) poiché si sta verificando una certa “povertà” metabolica, una bassa concentrazione di nutrienti correlata all’abbassamento della glicemia. Il glucagone stimola la glicogenolisi e la gluconeogenesi poiché le riserve di glicogeno non sono sufficienti per poter mantenere la glicemia e stimola anche la mobilizzazione degli acidi grassi dai trigliceridi del tessuto adiposo. Il glucagone è prodotto in condizioni di digiuno, i bersagli sono fegato e tessuto adiposo, non riguarda tessuto muscolare perché esso non contribuisce all’omeostasi metabolica. Non ha funzione glucostatica, cioè usa glicogeno per sé e non lo usa per mandare glucosio in circolo. L’omeostasi è controllata anche da ormoni che si attivano con stimolazione del sistema nervoso, tra questi l’adrenalina, ammina biogena, prodotta in condizioni di stress poichè prepara l’organismo ad uno stress immediato, ad un possibile dispendio energetico futuro. L’altro ormone prodotto è il cortisolo, steroideo, che viene prodotto in condizione di digiuno prolungato.

Use Quizgecko on...
Browser
Browser