L'Alleanza Educativa con i Genitori PDF
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This document discusses the educational alliance between schools and parents. It explores the importance of building trust and communication, and different approaches to the integration of family and educational perspectives. It outlines various educational philosophies.
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L’ALLEANZA EDUCATIVA CON I GENITORI All’interno di un servizio educativo si può educare solamente a partire dalla costruzione di un rapporto di ascolto, dialogo e alleanza con la famiglia. La famiglia è infatti il luogo di identità e appartenenza del bambino e svolge un compito educativo primario r...
L’ALLEANZA EDUCATIVA CON I GENITORI All’interno di un servizio educativo si può educare solamente a partire dalla costruzione di un rapporto di ascolto, dialogo e alleanza con la famiglia. La famiglia è infatti il luogo di identità e appartenenza del bambino e svolge un compito educativo primario rispetto al compito del servizio educativo, che si pone come complementare e integrativo.I valori, gli obiettivi e i criteri guida relativi alla costruzione della alleanza educativa con le famiglie sono trasversali alle differenti tipologie di servizio educativo per l’infanzia, anche se le strategie necessariamente si differenziano in relazione al contesto specifico, alla storia e all’esperienza, alla tipologia di ciascun servizio. 1. Immagini reciproche Dal punto di vista del servizio educativo: padri, madri, genitori, famiglie I genitori non sono clienti, né meri fruitori di un servizio. Sono portatori di attese, di visioni educative e di progetti di vita che incontrano il servizio educativo, e il progetto proposto, in molti modi diversi. Gli educatori stimano i genitori come interlocutori attivi e competenti, riconoscono le differenze e si propongono in affiancamento alle figure genitoriali, considerando degne di ascolto e di interesse le esperienze, le credenze e le competenze che ciascuna famiglia porta. Le famiglie che oggi si affacciano ai servizi educativi sono molto diverse tra loro nei modi di essere e fare famiglia e di interpretare i ruoli paterni e materni. Sono molte e diverse le provenienze geografiche, di coppie o di genitori, che spesso sono figli della migrazione di seconda o terza generazione, nati e scolarizzati in Italia. Cala la natalità, mentre si è elevata l’età media in cui si fa il primo figlio. In un mondo dove i bambini sono sempre di meno, spesso il figlio è il primo bambino con cui i nuovi genitori si trovano in relazione, e poiché, soprattutto nelle grandi città, si sono allentate le relazioni con le generazioni più anziane, i genitori, sempre più soli, si affidano a fonti di informazione molto varie, talvolta non fondate pedagogicamente e spesso contraddittorie. Non è sempre facile per gli educatori tenere vivo il dialogo, mantenere un atteggiamento empatico, spiegare senza impazienza, non manifestare fastidio perché non si condividono comportamenti e abitudini o perché ci si sente poco riconosciuti. La pluralità dei contesti familiari chiede una grande attenzione, sensibilità, sospensione dei propri pregiudizi, capacità di ascolto autentico, disponibilità a mettere in discussione le proprie certezze. Dal punto di vista del genitore: la scelta del servizio educativo La pluralità di tipologie nell’offerta di servizi educativi propone differenti modalità di esperienze ai bambini e intende rispondere anche a esigenze diverse dei genitori. Qualunque sia la scelta che i genitori operano, spesso l’ingresso in un servizio educativo rappresenta, soprattutto per chi è al primo figlio, il primo accesso a un contesto sociale pubblico che può essere poco conosciuto. La cultura dell’educazione in collettività, quindi, presenta differenze molte ampie. La scelta di iscrivere il proprio bambino a un servizio educativo ha sempre due motivazioni: le necessità della conciliazione tra lavoro e cura dei figli e la consapevolezza dell’importanza per i bambini di stare con i coetanei. L’avvio della frequenza per il proprio figlio porta con sé aspettative positive, ma anche timori e ambivalenze. Ogni esperienza è un nuovo incontro che richiede al genitore di mettersi in gioco nella relazione con gli educatori e con i genitori degli altri bambini e di comprendere i vincoli che la vita comunitaria impone. Si tratta di cominciare a pensare al proprio bambino all’interno di una comunità di vita e di rapporti caratterizzati da pratiche specifiche e da ritmi condivisi diversi da quelli familiari, ma progettati per assicurare il benessere di tutti2. L’ambientamento Dal punto di vista del bambino Il primo incontro con un servizio educativo è in buona parte determinato dall’atteggiamento e dalle emozioni che avverte nei genitori. I bambini sono dei sensori sensibilissimi e per fidarsi hanno bisogno di percepire che chi li accompagna ha fiducia, è pronto e si fida di chi lo accoglie e si occuperà di loro. Le prime esperienze di distacco dal genitore vanno esplicitate al bambino, che va rassicurato e ascoltato nei suoi tempi di adattamento al nuovo contesto. Il tempo necessario a ciascuno va calibrato con attenzione, delicatezza e senza scansioni troppo rigide, anche in relazione alla presenza di altri bambini già ambientati o di altri bambini e genitori che condividono la stessa esperienza. Al bambino va offerta fin dai primi giorni, senza forzarlo, la possibilità di sperimentare l’ambiente e le opportunità di gioco, di accettare le proposte di scambio con i bambini e gli educatori, ma anche una grande libertà di ritrarsi e di rifugiarsi da chi lo accompagna. Dal punto di vista del genitore Il primo incontro con il servizio educativo implica affidare un bambino piccolissimo a persone e ambienti che non sono familiari: è un passaggio che suscita emozioni e sentimenti contrastanti e di non immediata elaborazione. Avere fiducia è l’esito, mai acquisito una volta per tutte, di un processo che può avere tempi molto differenti per ogni genitore e famiglia. Alleanza e fiducia sono inscindibili e si costruiscono nella reciprocità. L’informazione e la conoscenza diretta del contesto, così come una costante disponibilità all’ascolto e al dialogo da parte degli educatori, sono i primi mattoni per iniziare a costruire un rapporto di fiducia con l’ambiente e il personale. Queste attenzioni assumono un valore tutto particolare quando si tratta di avviare una relazione di fiducia con famiglie di origine straniera, che possono avere pratiche educative e di cura differenti, che a volte non esplicitano perché le danno per scontate, o perché ritengono non sia opportuno parlarne, o perché hanno difficoltà a esprimersi. Per questi genitori è importante trovare negli educatori interlocutori che si sforzino di comunicare con loro, oltre le barriere linguistiche, utilizzando al meglio possibile una lingua veicolare. Il dialogo, infatti, deve essere denso e ravvicinato specie nei momenti più delicati, quale è certamente quello del primo ingresso nei servizi educativi. L’ingresso dei figli nei servizi educativi offre l’occasione di uno spazio pubblico per costruire rapporti di fiducia e legami di comunità. Modelli culturali e educativi, esperienze religiose diverse, ruoli sociali e di genere hanno modo di confrontarsi, di rispettarsi e di evolvere verso i valori di convivenza in una società più ricca, aperta e democratica. Prima che il bambino inizi la frequenza, è necessario creare occasioni in cui i genitori possono narrare il loro bambino, conoscere chi se ne prenderà cura e in che modo. L’organizzazione di visite o intrattenimenti per bambini e famiglie consente al genitore di vivere il nuovo ambiente con il proprio bambino, conoscere gli altri bambini e genitori, vedere gli educatori nella relazione con il gruppo. La permanenza nel servizio educativo di figure conosciute e familiari per il bambino, nei primi giorni di frequenza, supporta in maniera favorevole la transizione. Per i genitori stare dentro la sezione in questi primi giorni può essere fonte di imbarazzo e di incertezza su come comportarsi. È bene che gli educatori parlino di questo con il genitore, suggerendogli di porsi come presenza discreta. Vanno infatti tenute in considerazione la presenza di altri bambini e genitori, l’importanza di favorire la autonoma e libera esplorazione del contesto da parte del bambino, l’opportunità di dare il giusto spazio al ruolo dell’educatore. I tempi dell’ambientamento vanno concordati con i genitori e valutati giorno per giorno. Ogni bambino, ogni genitore è diverso, ogni relazione di attaccamento si esprime in modo differente. È consigliabile non assecondare l’eventuale fretta del genitore di abbandonare la sezione, ma neanche prolungarne eccessivamente la presenza secondo un iter predefinito. Dal punto di vista del servizio educativo La condivisione delle esperienze di cura dei piccolissimi è, da parte dei genitori, un gesto di grande fiducia, anche se spesso accompagnato da ambivalenze e richieste alle quali può essere impossibile rispondere perché richiederebbero lo stravolgimento dell’organizzazione del servizio. I genitori chiedono, talora pretendono, interventi simili a ciò che avviene in ambito domestico. Il primo incontro con il genitore e il bambino è, quindi, un momento particolarmente delicato e capace di orientare gli atteggiamenti futuri. Gli educatori sanno che per i genitori sentirsi ascoltati, compresi nelle proprie aspettative e nelle proprie ansie, sperimentare una relazione ospitale e incoraggiante pone le basi per solidi legami di fiducia e di collaborazione: ecco che la preparazione del primo contatto e delle prime giornate di frequenza è basilare. Fin dai primi momenti il servizio educativo rende visibile la sua identità, caratterizzata da accoglienza, disponibilità all’ascolto, non autoreferenzialità, capacità di tenere aperto un confronto non compiacente né delegante, che porti a condividere cosa sia, in quel momento e nel contesto del servizio, il meglio per il bambino, diventando così un riferimento autorevole. Si tratta di un’autorevolezza che viene da un progetto educativo costruito nel tempo e nella collegialità, nell’esperienza e nel dialogo con i genitori e con la comunità, sempre aperto alle nuove domande. L’incontro con una pluralità di figure professionali in grado di offrire ascolto e supporto, rimanda al genitore una molteplicità di punti di vista, capaci di arricchire lo sguardo sul proprio bambino. La convivenza con il genitore nella quotidianità della sezione richiede agli educatori la consapevolezza che tutti i gesti che compiono vengono significati e valutati dal genitore, che attraverso di essi inizia a individuare gli aspetti che condivide e quelli che non approva, a delimitare quindi gli spazi di disponibilità al dialogo, a costruire la sua immagine del servizio educativo e a gettare le fondamenta della fiducia che riporrà in esso. È quindi necessario sapersi affiancare con delicatezza al genitore e al bambino, far comprendere la differenza dei ruoli, dialogare con autorevolezza con le domande e le considerazioni del genitore, dare valore alla dimensione del gruppo. Nell’accoglienza sono coinvolte tutte le figure professionali (educatori, ausiliari, coordinatore, atelierista, cuoco…), ognuna delle quali ha una funzione educativa indipendentemente dalla mansione svolta. La comunità educativa nel suo complesso accoglie, costruisce e garantisce un’organizzazione ed un’unità che può dare fiducia ai genitori e alle altre figure di riferimento del bambino che, ognuna nel proprio ruolo, entrano in relazione con il servizio educativo. Il servizio educativo deve avere una struttura previsionale di massima dei tempi e delle modalità dell’ambientamento, che, però, rispondano, per quanto possibile, alle necessità dei bambini e delle loro famiglie. L’accoglienza dei genitori e dei bambini con disabilità, certificata o in corso di accertamento, va fatta oggetto di un’attenzione particolare, nella consapevolezza che la Legge 104/19925 riconosce l’inserimento dei bambini con disabilità come un diritto. Le famiglie dei bambini con disabilità possono trovare nei servizi un grande supporto, capace di individuare e valorizzare le risorse dei loro figli, attraverso il riconoscimento delle differenze e la costruzione di un ambiente educativo inclusivo, accogliente e competente, capace di offrire attenzioni specifiche ai bisogni di ciascun bambino. È necessario essere sensibili e attenti nella comunicazione con le famiglie dei bambini con disabilità, aiutandole nella scoperta delle loro risorse e potenzialità e anche nel riconoscimento delle difficoltà. Altrettanta attenzione va posta nei confronti degli altri genitori, che vanno guidati a comprendere che la convivenza con bambini con bisogni educativi speciali può arricchire l’esperienza del gruppo in quanto favorisce l’incontro e uno sguardo empatico verso tutti gli specifici bisogni di ciascun compagno. Una cura particolare deve essere dedicata all’allestimento dello spazio all’organizzazione dei tempi che siano inclusivi per tutti, secondo la prospettiva delineata dall’ICF, che vede il benessere come frutto dell’incontro con un ambiente facilitante e privo di barriere: non è il bambino che deve adattarsi al contesto, ma è quest’ultimo che deve essere predisposto affinché il bambino possa ambientarsi, utilizzare tutte le proprie risorse e sviluppare tutte le proprie potenzialità. L’incontro con il servizio può far emergere agli occhi dei genitori aspetti dello sviluppo del loro bambino, di cui fino a quel momento erano poco consapevoli. Sta agli educatori mettersi al fianco della famiglia, garantendo un’osservazione attenta e puntuale del bambino e il suo sviluppo e una comunicazione costante. Nella progettazione dell’ambientamento va prevista la predisposizione, all’interno del servizio, di spazi dedicati ai genitori, che dopo aver lasciato i bambini possano conoscere e conversare con gli altri genitori. Va anche incoraggiata una loro partecipazione attiva, mentre attendono di ricongiungersi con i loro figli, ad esempio nella preparazione di materiali utili ai bambini e al servizio educativo. Il fare insieme allenta la tensione e facilita il dialogo distogliendo lo sguardo dal proprio bambino. 2. 3. 3. Servizi educativi e famiglia: gli strumenti per costruire la relazione Nella diversità di stili di vita, di culture, di scelte etiche e religiose, le famiglie sono portatrici di risorse che vanno riconosciute e valorizzate, per far crescere una solida rete di scambi comunicativi e di responsabilità condivise, nella consapevolezza che le idee e i progetti educativi dei genitori non sempre coincidono con la visione pedagogica e il progetto educativo del servizio. La buona qualità del clima sociale è una condizione essenziale per il benessere di ciascun bambino, ciascun genitore e ciascun educatore. La relazione educatori-genitori ha un ruolo importante nella costruzione di questo clima, che si fonda su accoglienza, ascolto autentico e non giudicante, dialogo, per la costruzione reciproca di fiducia e stima. L’accoglienza è una dimensione essenziale del servizio, che va al di là del momento del primo ambientamento. La relazione è infatti una tessitura che si fa giorno per giorno utilizzando una varietà di strumenti. Un’attenzione particolare va posta in quei servizi che accolgono bambini provenienti da culture diverse. La traduzione in più lingue delle principali comunicazioni e documentazioni, l’utilizzo di mediatori linguistici e culturali, l’attenzione nella progettazione di attività più facilmente condivisibili sono fondamentali per creare da subito una reale accoglienza. La relazione individuale va curata attraverso incontri dedicati e si ripropone ogni giorno all’ingresso e all’uscita quotidiana attraverso lo scambio diretto, ma anche attraverso la condivisione di un’accurata documentazione delle esperienze dei bambini nel servizio. La relazione chiede un ascolto attivo che accoglie ansie, attese, istanze e richieste dei genitori, le mette a confronto con le attese degli educatori e le trasforma in un progetto che coinvolge quella coppia bambino-genitore all’interno della dimensione della comunità. Va evitato il rischio che il dialogo sia in realtà un monologo, perché manca la disponibilità a destrutturare e a ricreare prassi che si ritenevano consolidate. Questo non significa progettare il servizio sulle richieste dei genitori, ma prenderle in carico facendole diventare di volta in volta risposta, discussione nel gruppo degli operatori, approfondimento con gli altri genitori, riformulazione che le trasformi dal soggettivo all’intersoggettivo e al collettivo. Tutto questo non è scevro di possibili conflittualità, che non vanno evitate. La conflittualità è una dinamica connaturata alla relazione. La discussione aperta e sincera intorno alle dissonanze, alle visioni contrastanti o a quello che può avere causato incomprensione deve però avvenire dentro a tempi, modi e luoghi opportuni e, soprattutto, lontano dagli occhi dei bambini. Tutti gli adulti, operatori e genitori, devono avere la consapevolezza che essere dentro un servizio educativo richiede che vengano usati modalità e toni adeguati, perché i bambini ci guardano. Dalla buona relazione che gli adulti costruiscono tra loro i bambini ricevono sia un senso di sicurezza, sia modelli per costruire le loro relazioni con gli altri, bambini e adulti. La documentazione contribuisce all’instaurarsi e all’evolvere di una proficua relazione tra servizio educativo e famiglia. Condividere con i genitori, attraverso la comunicazione e la documentazione, la conoscenza di ciò che i bambini sono in grado di fare grazie al contesto e alle interazioni con altri bambini, senza accelerazioni e forzature, senza giudizi e con rispetto per le scelte familiari, favorisce il rapporto di fiducia e la collaborazione. La documentazione diventa anche strumento di rassicurazione, perché attraverso il materiale documentario il personale educativo racconta alle famiglie il proprio modo di lavorare e comunica ai genitori la cura che sa offrire ai loro bambini. La documentazione mira a sollecitare la domanda, la curiosità, il desiderio di confrontarsi; apre quindi all’accoglienza ai punti di vista dei genitori, che mentre apprendono qualcosa di più sul proprio bambino e sull’infanzia, offrono al servizio educativo i loro sguardi. Questo dialogo contribuisce a mantenere aggiornato il sapere degli educatori e a contestualizzare il loro agire nella contemporaneità in cui vivono i bambini. Spazi, tempi e documentazione oggi trovano una integrazione nelle possibilità offerte dalla comunicazione a distanza da considerare non solo come una soluzione per i momenti di emergenza, ma come possibile arricchimento della relazione in presenza. La comunicazione a distanza è uno strumento in più che consente di intercettare anche genitori che non è facile incontrare nei servizi e nei tempi tradizionalmente dedicati, ma richiede accorgimenti specifici: accertarsi che non sia presente il bambino di cui si parla, essere a proprio agio con la tecnologia, contenere i tempi. Su questa modalità comunicativa è necessario riflettere poiché i social vengono utilizzati dai genitori, che dalla rete ricavano molte e diverse informazioni sull’infanzia e sull’educazione. Discutere con loro delle potenzialità, dei limiti, dei rischi della comunicazione digitale risponde ad un sentito bisogno e rappresenta una preziosa opportunità di dialogo e supporto alle famiglie. Va, infine, considerato anche il tema della privacy, particolarmente delicato in caso di documentazione visiva. La complessità della dinamica educativa all’interno di un contesto sociale come il nido può promuovere reale benessere solo se tutti i protagonisti convergono consensualmente verso i medesimi obiettivi e condividono una serie di regole, principi e valori, cioè un patto educativo, condiviso, ma non necessariamente rappresentato da un documento da sottoscrivere. Il patto affronta tutti i temi che riguardano il funzionamento del servizio, dall’idea di bambino e di apprendimento, alle regole di convivenza, dalla tutela della salute alle forme e correttezza della comunicazione con il nido e tra i genitori fino al rispetto della privacy. Il patto costituisce il primo accordo fra famiglia e istituzione di un percorso educativo comune e di un rapporto di fiducia e collaborazione che si costruirà negli anni, in continuità con gli altri ordini di scuola. 4. Dal singolo al gruppo: offrire una molteplicità di occasioni diverse Partecipare al servizio educativo come genitore singolo o come coppia porta a sviluppare relazioni sempre più significative con gli altri genitori e a diventare parte di un gruppo coeso, una comunità educante nella quale la preoccupazione pian piano passa dall’essere rivolta soltanto alla soddisfazione delle esigenze di benessere e crescita del proprio, all’attenzione per il benessere di tutti i bambini, dei quali ci si sente responsabili. Per i genitori è un investimento che può aprire a una socialità allargata e alla creazione di una rete di relazioni anche di reciproco sostegno. L’incontro con altri genitori dà la possibilità di creare amicizie e reti di supporto, di scambiare esperienze e competenze, di condividere interessi, attività, momenti di incontro all’interno e all’esterno del servizio. Incontri periodici di tutti i genitori dei bambini che compongono un gruppo consentono di approfondire aspetti pedagogici e educativi, tenendo in relazione complementare l’ambito familiare e quello della comunità, esplicitando somiglianze e differenze. I momenti di festa e intrattenimento offrono la possibilità di vivere l’ambiente del servizio educativo insieme, bambini e genitori. È necessario che gli educatori riflettano in modo profondo su come coinvolgere in questa dimensione di gruppo tutte le famiglie, comprese quelle che provengono da altri Paesi o hanno bambini con disabilità o in corso di diagnosi. Strategie specifiche, quali, ad esempio, proposte di attività alle quali tutti possono partecipare, scelta di momenti compatibili con esigenze particolari, un caldo invito diretto e locandine tradotte in più lingue…, possono favorire una loro presenza a questi momenti, contribuendo al benessere loro, del loro bambino e del gruppo dei bambini e dei genitori nel suo complesso, rafforzando una loro inclusione sociale. Attraverso molteplici occasioni offerte a bambini e genitori per vivere il servizio educativo, si promuove una idea di genitorialità più ampia, che contribuisce anche alla elaborazione di una maggiore cultura dell’infanzia nel proprio territorio. 5. Costruire l’alleanza educativa nei centri per bambini e famiglie La costruzione dell’alleanza educativa tra educatori e genitori riveste un ruolo ancora più pregnante nei servizi educativi che prevedono la permanenza congiunta di bambini e familiari per l’intero orario di frequenza, in quanto serve a costruire un contesto dove la collaborazione dà forma ad un’esperienza comune. Nei centri per i bambini e le famiglie è necessario contemperare le esigenze di sollecitare l’esplorazione, l’interazione e il gioco dei bambini e quelle di coinvolgere i loro familiari e sollecitarne le interazioni con gli educatori e tra loro. La progettualità del quotidiano sarà quindi costruita sia con attività congiunte bambini-genitori, sia con attività separate e dedicate a scambi tra i genitori e gli educatori. Nel caso di attività congiunte, nella predisposizione del contesto gli educatori prevedono la disposizione nello spazio di bambini e adulti, prefigurano le parole e i gesti che useranno per presentare la proposta a bambini e adulti, invitando questi ultimi a osservare ciò che accade, lasciando ai bambini la libertà di agire. Anche questi servizi costituiscono per il genitore una forma di distacco dai bambini: può essere molto difficile per un genitore astenersi dall’intervenire se il bambino non si coinvolge nella proposta, o se mostra abilità al di sotto delle sue attese, o se dal confronto con gli altri bambini il proprio gli appare meno capace di rispondere alle richieste. Così come può essere difficile per un genitore valutare se e come intervenire in caso di conflitti tra il suo e altri bambini. Tutto questo deve essere oggetto di scambio e confronto tra educatori e genitori fin dall’incontro iniziale e poi nei momenti appositamente predisposti nella quotidianità. Il centro per bambini e famiglie ha anche la funzione di permettere l’incontro tra genitori così come tra nonni e altri familiari che accompagnano il bambino. Il genitore che osserva i comportamenti e atteggiamenti degli altri genitori con il loro bambino coglie le differenze con i propri atteggiamenti e comportamenti, ne trae conferme o nuove riflessioni. Nel dialogare con altre persone che stanno attraversando la sua stessa esperienza ogni genitore può vedere rispecchiate le proprie difficoltà ed è sollecitato a ridimensionarle e trovarvi nuove soluzioni. I centri per bambini e famiglie possono quindi avere una funzione importante nel promuovere l’incontro tra persone diverse per cultura familiare, origine sociale e provenienza geografica. 6. Dalla relazione alla partecipazione Il servizio educativo spesso rappresenta la prima esperienza di genitorialità sociale, non legata solo all’ambito familiare. I genitori vanno accompagnati nel divenire progressivamente più consapevoli delle responsabilità che questo comporta verso il gruppo di cui fa parte il proprio bambino e verso la comunità del servizio più complessivamente, ma anche dei benefici che possono ricavare sul piano delle relazioni e delle conoscenze rispetto sia al proprio ruolo genitoriale sia alla conoscenza del proprio figlio. La partecipazione dei genitori alla vita del nido e degli altri servizi per l’infanzia si costruisce su una buona relazione e richiede, come tutti gli aspetti organizzativi e gestionali, un’attenta progettazione che va pensata come parte integrante della complessiva e complessa progettazione educativa. Partecipa ogni genitore che sta in relazione avendo consapevolezza della responsabilità che ha verso il gruppo e verso tutta la comunità del servizio: un genitore che mette a disposizione del gruppo dei bambini le proprie conoscenze e competenze (favole, ricette, abilità artigiane…) e si coinvolge come possibile protagonista di proposte mirate per un arricchimento di una progettazione educativa. La famiglia è protagonista del progetto educativo che il servizio propone e si deve perciò avere cura che la partecipazione non sia solo formale e che si coltivi fin dal primo incontro la consapevolezza dell’importanza di essere non solo genitore di un singolo bambino, ma genitore di un bambino che fa parte di un gruppo e della comunità più estesa del servizio. La partecipazione è quindi disponibilità alla reciprocità: dare e ricevere per crescere insieme, riconoscendo e valorizzando tutti i vantaggi che ne derivano. La partecipazione comprende anche le occasioni con cui i genitori contribuiscono alla valutazione della qualità del servizio, esprimendo il loro punto di vista. 7. Il rapporto con il territorio e i servizi educativi come fattori di coesione sociale Un servizio educativo è una parte importante del tessuto sociale e culturale di un territorio, un presidio di tutela per l’infanzia. Tenere viva una relazione di reciprocità e collaborazione con il proprio territorio, prima di tutto attraverso i genitori, poi attraverso le strutture, pubbliche e private, sociali, culturali e educative, presenti in esso, dà vitalità e offre risorse umane e culturali alla vita quotidiana del servizio, oltre a favorire la ricomposizione dei vissuti che i bambini sperimentano attraversando vari contesti e ad accompagnarli nella transizione verso la scuola dell’infanzia. Il servizio educativo diventa così promotore di iniziative sul proprio territorio, punto di riferimento educativo, partecipante attivo per far vivere esperienze educative esterne alle proprie famiglie. Può aprire inoltre i propri spazi alla comunità con progettazioni mirate per farsi conoscere e coinvolgere altre famiglie, anche non appartenenti al servizio stesso. Questa relazione apre a una esperienza di gestione sociale, termine coniato all’origine, nella legge 1044, che trova oggi una nuova espressione nell’esercizio di cittadinanza nel proprio territorio che il servizio educativo può favorire. La partecipazione dei genitori attraverso gli organismi di gestione sociale valorizza il ruolo di elaborazione della cultura dell’infanzia del nido e ne incrementa la capacità progettuale nei confronti delle famiglie e dei bambini. Attraverso il loro contributo si può, inoltre, essere più incisivi nell’affrontare problematiche che non sono risolvibili all’interno del servizio, ma che necessitano di decisioni amministrative, politiche, normative.