Appunti di Biologia Generale - 02/10/2024 PDF

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Università degli Studi di Brescia

Alessandra Bonfadini, Greta Dodi, Alessandro Barbon

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biologia dna rna macromolecole

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Questi appunti di biologia generale del 2 ottobre 2024 trattano le macromolecole informazionali, in particolare DNA, RNA e proteine. Vengono illustrati concetti basilari del dogma centrale della biologia e gli esperimenti storici di Griffith.

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Sbobinatore: Alessandra Bonfadini Revisore: Greta Dodi Materia: Biologia generale...

Sbobinatore: Alessandra Bonfadini Revisore: Greta Dodi Materia: Biologia generale Docente: Alessandro Barbon Data: 02/10/2024 Lezione n°: 2 Argomenti: Macromolecole informazionali MACROMOLECOLE INFORMAZIONALI: DNA, RNA e proteine Nella lezione precedente è stato approfondito come si sono formate queste macromolecole nel corso dell’evoluzione terrestre a partire dall’ origine chimica della vita. Dogma centrale della biologia Il passaggio DNA → RNA → proteine costituisce il cosiddetto “dogma centrale della biologia” (vedi fig.1), ovvero il trasferimento delle informazioni contenute nel codice genetico nel DNA (vero depositario delle informazioni) all’RNA che, successivamente, si traduce in proteine (effettive esecutrici del messaggio genetico). Storia della scoperta del DNA Fig. 1 1869: Johann Friedrich Miescher Miescher fu un medico svizzero che analizzò dal punto di vista biochimico le bende ricche di pus dei suoi pazienti, isolandone le cellule del sistema immunitario. Chimicamente, isolò una sostanza peculiare e ricca di gruppi fosfato, che chiamò nucleina (il nome deriva dal fatto che, dal punto di vista istologico, fosse contenuta nel nucleo delle cellule prese in esame) (vedi fig.2). Al tempo Miescher non sapeva ancora cosa stesse osservando e non riteneva che quella molecola fosse determinante nella trasmissione dei caratteri da generazione in generazione in quanto troppo semplice. Consegnò i suoi studi alla Comunità Scientifica quasi un secolo prima delle scoperte più importanti in ambito della trasmissione genetica. Fig. 2 1928: esperimento di Griffith Griffith studiò negli anni ’30 la trasmissione della polmonite, un’infezione polmonare causata dal batterio Streptococcus Pneumoniae (vedi fig. 3). Questo batterio presenta 2 ceppi che si possono distinguere in base alla loro struttura esterna 1: Ceppo S (smooth): ceppo infettante e virulento (ovvero che si replica e porta la malattia) presenta la capsula esterna che protegge il batterio dal sistema immunitario dell’ospite infettato; Ceppo R (rough): ceppo infettante e non virulento, (ovvero che si replica ma non porta la malattia) privo di capsula esterna. Sulla base di queste osservazioni, Griffith impostò il suo esperimento studiando come il batterio si manifestasse in topi infetti: Iniettando un batterio di tipo S, il topo contraeva la polmonite e, analizzando i tessuti dei suoi polmoni, Griffith osservò ed isolò colonie di batteri di tipo S, concludendo che questo ceppo fosse virulento e che il batterio, proliferando nella cavia, ne determinasse la malattia e la morte; Iniettando invece un batterio di tipo R, Griffith osservò che il topo non si ammalava e non contraeva la polmonite, nonostante la proliferazione batterica nei tessuti della cavia; Successivamente, Griffith scaldò i batteri di tipo S che, iniettato nel topo, non causava la contrazione della malattia e non sviluppava colonie batteriche isolabili nei tessuti della cavia. A seguito di queste osservazioni, Griffith comprese che, sottoponendo colonie batteriche del tipo S ad alte temperature, aveva creato un ceppo non proliferante e non virulento. 1. I procarioti sono rivestiti da una membrana cellulare, da una parete cellulare e, eventualmente, una capsula di polisaccaridi. 2. I batteriofagi sono costituiti da una molecola di acido nucleico protetta da un capside proteico all’esterno. 3. Il legame fosfodiesterico è costituito da 2 legami esterei che si formano tra il carbonio e l’ossigeno e un fosforo che li unisce. 1 Considerando infine il ceppo R non infettante e unendolo a batteri di tipo S inattivati dal calore, ci si aspetterebbe che il topo non sviluppi la malattia e non muoia; tuttavia, Griffith osservò che il topo moriva e che nei suoi tessuti si potevano estrarre sia batteri di tipo R che batteri di tipo S che in teoria erano stati inattivati dal calore. Griffith concluse che nei batteri ci fosse qualcosa in grado di passare da un ceppo all’altro e in grado di trasformare i batteri di tipo R in batteri di tipo S (a partire da batteri S inattivati) tramite quella che poi si è compreso essere l’informazione genetica che permette la produzione della capsula batterica, che Griffith chiamò principio trasformante. Tuttavia, Griffith non fu in grado di identificare il protagonista del trasferimento di informazioni da un tipo di batterio all’altro. Fig. 3 1. I procarioti sono rivestiti da una membrana cellulare, da una parete cellulare e, eventualmente, una capsula di polisaccaridi. 2. I batteriofagi sono costituiti da una molecola di acido nucleico protetta da un capside proteico all’esterno. 3. Il legame fosfodiesterico è costituito da 2 legami esterei che si formano tra il carbonio e l’ossigeno e un fosforo che li unisce. 2 1944: esperimento di Avery, McLeod e McCarty Avery, McLeod e McCarty ricrearono l’esperimento di Griffith in laboratorio, interrogandosi su quale fosse il principio trasformante e, quindi, il depositario dell’informazione genetica tra DNA, RNA e proteine. Al tempo, infatti, il DNA era ancora reputato chimicamente troppo semplice per essere in grado di trasmettere le informazioni, al contrario delle proteine, più complesse e varie. I ricercatori fecero crescere una coltura di batteri di tipo S, ne presero una parte e la inattivarono scaldandola, unendola successivamente con cellule di tipo R e ottenendo pertanto la medesima trasformazione descritta da Griffith. Per scoprire quale fosse il principio trasformante, divisero le cellule ottenute in tre beute, per poi degradarle una alla volta utilizzando DNasi, RNasi e proteasi. Aggiungendo una proteasi o una RNasi, venivano degradate rispettivamente le proteine o l’RNA. Tuttavia, i ricercatori ottennero ugualmente il ceppo tipo S virulento, deducendo che il principio trasformante non potesse essere contenuto nelle proteine o nell’RNA. Fig. 4 Aggiungendo invece la DNasi, che degrada il DNA, in laboratorio non si ottenne la trasformazione, in quanto presenti solo cellule di tipo R non virulente. Avery, McLeod e McCarty affermarono quindi che il principio trasformante descritto da Griffith fosse il DNA, ma la loro scoperta non venne presa particolarmente in considerazione dalla Comunità Scientifica del tempo a causa delle difficili comunicazioni globali (la Fondazione Nobel più avanti si scuserà per non avere attribuito il premio). 1952: esperimento di Hershey e Chase Nel 1952 Hershey e Chase proposero un esperimento per dimostrare che il DNA fosse responsabile della trasmissione dell’informazione genetica. Utilizzarono i batteriofagi2, virus che infettano i batteri e contenenti una molecola che detiene l’informazione genetica necessaria alla replicazione. Per comprendere la natura della sostanza presa in esame, gli scienziati tentarono di distinguere DNA e proteine usando isotopi radioattivi. Marcando il DNA con fosforo radioattivo (32P) e le proteine con zolfo (presente nella cisteina) radioattivo (35S), infettarono i batteri e, tramite una centrifuga, Fig. 5 separarono il capside batterico esterno da ciò che si trova all’interno (vedi fig. 5-6) Analizzando la tipologia di radioattività presente nei batteri, il risultato dimostrò che la radiazione era dovuta all’isotopo del fosforo: i batteriofagi iniziali avevano inserito nei batteri la loro informazione genetica tramite il DNA. Questo esperimento è la conferma sperimentale che il DNA è il responsabile della trasmissione dell’informazione genetica. 1. I procarioti sono rivestiti da una membrana cellulare, da una parete cellulare e, eventualmente, una capsula di polisaccaridi. 2. I batteriofagi sono costituiti da una molecola di acido nucleico protetta da un capside proteico all’esterno. 3. Il legame fosfodiesterico è costituito da 2 legami esterei che si formano tra il carbonio e l’ossigeno e un fosforo che li unisce. 3 Fig. 6 Nucleotidi: struttura e componenti I celebri Watson e Crick studiarono e compresero la struttura del DNA e come fosse in grado di custodire e trasmettere l’informazione genetica. Il DNA è formato da acidi nucleici, polimeri di nucleotidi. I nucleotidi sono formati da un carboidrato (ovvero uno zucchero) da una base azotata e da un gruppo fosfato (PO4- -). Carboidrato (zucchero): sono molecole carboniose idratate; la loro formula bruta è C n(H2O)n. Presentano uno scheletro di atomi di carbonio più o meno lungo, legato a un gruppo funzionali che può essere un’aldeide o un chetone. I carboidrati hanno solitamente una struttura lineare, che tuttavia tende a reagire con sé stessa per creare una struttura circolare disponendo gruppi funzionali e idrogeni sopra e sotto al piano di osservazione dell’anello. Gli zuccheri contenuti nel DNA (acido desossiribonucleico) e nell’ RNA (acido ribonucleico) sono pentosi (ovvero contengono cinque atomi di C) e sono, rispettivamente, il desossiribosio e il ribosio. (Vedi fig.7-8 per struttura di base e NOMENCLATURA dei CARBOIDRATI). La differenza tra ribosio e desossiribosio è ciò che si lega al carbonio 2’: nel ribosio è un gruppo ossidrile mentre nel desossiribosio è un idrogeno. (vedi fig. 9) Fig. 7 Fig. 8 1. I procarioti sono rivestiti da una membrana cellulare, da una parete cellulare e, eventualmente, una capsula di polisaccaridi. 2. I batteriofagi sono costituiti da una molecola di acido nucleico protetta da un capside proteico all’esterno. 3. Il legame fosfodiesterico è costituito da 2 legami esterei che si formano tra il carbonio e l’ossigeno e un fosforo che li unisce. 4 Fig. 9 Base azotata: nel carbonio 1’ dello zucchero si lega la base azotata permettendo la formazione di un nucleoside. Le cinque basi azotate si dividono in 2 classi (vedi figura 10) ▪ Pirimidine → sono costituite da una molecola piccola formata da un unico anello di carbonio e azoto; le pirimidine si distinguono le une dalle altre grazie ai sostituenti legati all’anello di base (esempio: gruppo amminico, carbonile e metile), i quali forniscono le diverse caratteristiche chimico-fisiche alle basi azotate. Le pirimidine sono citosina (C), timina (T) e uracile (U). ▪ Purine → sono molecole più grandi delle pirimidine, sono costituite da due anelli di carboni e azoti con diversi gruppi funzionali legati all’anello centrale. Le purine sono adenina (A) e guanina (G). Fig. 10 Quando le basi azotate sono legate allo zucchero per formare il nucleoside, cambia la nomenclatura (vedi fig.11). Fig. 11 La timina non si può legare al ribosio, ed è presente solo nel DNA; allo stesso modo l’uracile non si può legare al desossiribosio, ed è presente solo nell’RNA → ci sono 5 basi azotate ma solo 4 tipologie di nucleotidi nel DNA e nell’RNA. Gruppo fosfato: si lega al carbonio 5’ dello zucchero e permette la formazione del nucleotide (vedi fig.12). Dato che è stato aggiunto un altro elemento cambia la nomenclatura (vedi fig.13). 1. I procarioti sono rivestiti da una membrana cellulare, da una parete cellulare e, eventualmente, una capsula di polisaccaridi. 2. I batteriofagi sono costituiti da una molecola di acido nucleico protetta da un capside proteico all’esterno. 3. Il legame fosfodiesterico è costituito da 2 legami esterei che si formano tra il carbonio e l’ossigeno e un fosforo che li unisce. 5 Fig. 12 Fig. 13 Il nucleotide monofosfato è presente nel filamento a catena degli acidi nucleici. Prima di legarsi tra loro per formare il filamento di DNA o RNA, gli zuccheri sono legati a tre gruppi fosfato. Un esempio di nucleotide trifosfato è l’ATP, una delle più importanti molecole energetiche del nostro corpo: è una molecola energetica perché i legami tra i diversi gruppi fosfato contengono tantissima energia e quando sono scissi, ovvero quando viene tolto un gruppo fosfato per volta, viene fornita energia al sistema (vedi fig.14). Fig. 14 Caratteristiche di una catena di acidi nucleici Una catena di acidi nucleici è un polimero di nucleotidi che interagiscono tra loro per formare i filamenti di DNA o RNA. I nucleotidi si legano l’un l’altro tramite l’interazione di un carboidrato con il gruppo fosfato, mentre le basi azotate non partecipano alla formazione della singola catena, ma sono lasciate di lato. Considerando un oligonucleotide, ovvero una catena a singolo filamento costituita da pochi nucleotidi (vedi fig. 15), la deossiadenosina è il primo nucleotide del filamento e quindi il carbonio 5’ del suo zucchero è legato solo al gruppo fosfato che è lasciato libero, mentre il carbonio 3’ del suo zucchero è legato al gruppo fosfato del secondo nucleotide. Chimicamente il legame che si crea tra due nucleotidi (C-OP-O-C) è un legame fosforidiesterico3 3’ → 5’, ovvero va dal carbonio 3’ verso il carbonio 5’. Questo discorso vale per tutti i nucleotidi. Infine, il terzo nucleotide dell’esempio non si lega ad altro, per questo presenta legato al carbonio 3’ un terminale ossidrilico libero (OH). Dato che chimicamente è possibile distinguere l’inizio e la fine dell’oligonucleotide in base a ciò che si lega ai carboni 5’ o 3’ e grazie alla formazione dei legami fosfodiesterici, viene data al filamento una direzionalità, ovvero una polarità in direzione 5’ → 3’. La direzionalità è fondamentale poiché nella successione dei nucleotidi della molecola è depositata l’informazione genetica che dipende dalla sequenza ordinata delle basi azotate legate ai nucleotidi. Da ciò consegue che la sequenza debba essere letta sempre e solo dal 5’ al 3’; infatti il dogma dell’informazione genetica è unidirezionale e le sequenze vengono decifrate nella formazione delle proteine solo in questa direzione. 1. I procarioti sono rivestiti da una membrana cellulare, da una parete cellulare e, eventualmente, una capsula di polisaccaridi. 2. I batteriofagi sono costituiti da una molecola di acido nucleico protetta da un capside proteico all’esterno. 3. Il legame fosfodiesterico è costituito da 2 legami esterei che si formano tra il carbonio e l’ossigeno e un fosforo che li unisce. 6 Ogni catena di acido nucleico deve dunque essere sempre scritta con il terminale 5’all’inzio e alla fine con il terminale 3’. Fig. 17 Fig.15 Fig. 16 Fig. 18 Fig. 19 1. I procarioti sono rivestiti da una membrana cellulare, da una parete cellulare e, eventualmente, una capsula di polisaccaridi. 2. I batteriofagi sono costituiti da una molecola di acido nucleico protetta da un capside proteico all’esterno. 3. Il legame fosfodiesterico è costituito da 2 legami esterei che si formano tra il carbonio e l’ossigeno e un fosforo che li unisce. 7 IL DNA Il DNA si avvolge in una doppia elica: i due filamenti interagiscono posizionando i gruppi fosfato all’esterno e le basi azotate all’interno. - I filamenti esterni di acidi nucleici sono disposti in modo antiparallelo ovvero sono direzionati l’uno opposto all’altro (vedi fig. 18). - I filamenti sono anche complementari e seguono la legge della complementarità delle basi azotate, secondo la quale l’adenina si lega sempre e solo con la timina tramite due legami idrogeno, mentre la guanina si lega sempre e solo con la citosina tramite tre legami a idrogeno. I legami a idrogeno si formano tra i diversi gruppi funzionali caratteristici di ciascuna base azotata (vedi fig. 19). I legami a idrogeno sono legami deboli, ma tra i deboli sono i più forti; sono deboli perché si possono staccare, ma sono i più forti tra i deboli perché una volta che si legano sono in grado di mantenere la struttura. Dalla legge si deduce che conoscendo la concentrazione di una base azotata si saprà anche la concentrazione di tutte le altre (vedi fig.20). Fig. 20 La legge della complementarità delle basi è molto importante in quanto permette di ricostruire un filamento partendo dal suo complementare. Esercizio: scrivere dato un filamento il filamento complementare non legato nella doppia elica (vedi fig.21). Fig. 21 1. I procarioti sono rivestiti da una membrana cellulare, da una parete cellulare e, eventualmente, una capsula di polisaccaridi. 2. I batteriofagi sono costituiti da una molecola di acido nucleico protetta da un capside proteico all’esterno. 3. Il legame fosfodiesterico è costituito da 2 legami esterei che si formano tra il carbonio e l’ossigeno e un fosforo che li unisce. 8 Studio della struttura del DNA 1952/53: studi di Franklin e Wilkins. I due ricercatori hanno scattato una fotografia del DNA tramite la diffrattometria ai raggi X evidenziandone la doppia elica. 1953: Watson e Crick. Sulla base degli studi della Franklin e di Wilkins, hanno realizzato il modello strutturale del DNA. Inoltre, hanno affermato che lo specifico accoppiamento delle basi poteva permettere loro di dedurre il possibile meccanismo di copia del materiale genetico per la trasmissione da una cellula all’altra e da una generazione all’altra. Caratteristiche della struttura del DNA (vedi fig.22) Watson e Crick hanno individuato anche le caratteristiche proprie della doppia elica del DNA: Diametro = 2 nm Basi azotate sono all’interno e perpendicolari alla struttura degli zuccheri-fosfati, distano l’una dall’altra 0,34 nm Ogni giro completo d’elica è costituito da 10 paia di basi, dunque misura 3,4 nm L’orientamento dell’elica è destrorso L’elica crea due regioni diverse (il solco maggiore e il solco minore) importanti per poter leggere il DNA poiché all’interno dei solchi sono leggibili facilmente le basi azotate da parte delle proteine che interagiscono con il DNA Ci sono varie conformazioni della doppia elica del DNA poiché è una molecola altamente dinamica (vedi fig.23) - Forma B → è la forma descritta da Watson e Crick, è la forma canonica presente nelle nostre cellule - Forma A → è una forma più allargata rispetto alla B ed è assunta quando il DNA viene estratto dalle cellule - Forma Z →è un’elica sinistrorsa, non si sa in maniera specifica a cosa serva, ma sembra che abbia una correlazione con la trascrizione del DNA durante l’espressione genica. Fig. 22 Fig. 23 1. I procarioti sono rivestiti da una membrana cellulare, da una parete cellulare e, eventualmente, una capsula di polisaccaridi. 2. I batteriofagi sono costituiti da una molecola di acido nucleico protetta da un capside proteico all’esterno. 3. Il legame fosfodiesterico è costituito da 2 legami esterei che si formano tra il carbonio e l’ossigeno e un fosforo che li unisce. 9 Il DNA è molto più stabile dell’RNA, ma per essere letto, ricopiato e replicato è necessario che la sua doppia elica sia aperta. Quando la doppia elica del DNA viene aperta avviene una denaturazione, ciò è permesso dal fatto che i legami tra le basi sono a idrogeno (deboli) e non covalenti (vedi fig.24) o In laboratorio, questa procedura avviene grazie all’aumento della temperatura che fornisce energia cin grado di scindere i legami a idrogeno. Quando poi viene riabbassata la temperatura del sistema il DNA si rinatura seguendo la complementarità delle sue basi al fine di ricreare la sua struttura di partenza. o Nelle cellule la denaturazione è catalizzata da enzimi, come l’elicasi e la polimerasi. In ogni organismo vivente ci sono inoltre forme peculiari di DNA (vedi fig.25): o Eucarioti e alcuni virus → hanno una catena lineare a doppio filamento o Batteri, virus e plasmidi → hanno una doppia elica circolare o Alcuni virus → singolo filamento circolare Fig. 25 Fig. 24 L’ RNA L’RNA è costituto da un singolo filamento (al contrario del DNA, in cui il filamento è doppio), dallo zucchero ribosio e dalla base azotata (vedi fig. 26). Talvolta l’RNA può assumere delle strutture globulari grazie a regioni nella sequenza della singola elica in cui ci sono delle complementarità, come avviene nel tRNA. Fig. 26 L’RNA non è una singola molecola ma è una classe di molecole con funzionalità diverse: L’80% dell’RNA in una cellula è RNA ribosomiale, è strutturale e non codificante, ovvero non porta informazione genetica ma permette di costruire i ribosomi necessari per la sintesi delle proteine Il 15% è RNA transfer (tRNA) che trasporta gli amminoacidi ai ribosomi e media indirettamente il processo di sintesi proteica e non è codificante 1. I procarioti sono rivestiti da una membrana cellulare, da una parete cellulare e, eventualmente, una capsula di polisaccaridi. 2. I batteriofagi sono costituiti da una molecola di acido nucleico protetta da un capside proteico all’esterno. 3. Il legame fosfodiesterico è costituito da 2 legami esterei che si formano tra il carbonio e l’ossigeno e un fosforo che li unisce. 10 Meno del 5% sono RNA messaggeri (mRNA) che portano l’informazione genetica per sintetizzare le proteine Il resto è formato da piccoli RNA non codificanti che servono per regolare l’espressione e la maturazione degli mRNA. Ad esempio, gli RNA della serie U mediano lo splicing e lo splicing alternativo e i microRNA regolano il passaggio dell’informazione genica dall’mRNA alle proteine. Unità di lunghezza delle molecole di DNA e RNA La lunghezza del DNA, essendo costituito da una doppia elica, è misurata in coppie di basi, bp (base pairs). Esempi: chilobase (103 bp), megabase (106 bp) e gigabase (109 bp) La lunghezza dell’RNA, essendo invece a singolo filamento, viene misurata in nucleotidi. Esempio: un RNA sarà lungo migliaia di nucleotidi. 1. I procarioti sono rivestiti da una membrana cellulare, da una parete cellulare e, eventualmente, una capsula di polisaccaridi. 2. I batteriofagi sono costituiti da una molecola di acido nucleico protetta da un capside proteico all’esterno. 3. Il legame fosfodiesterico è costituito da 2 legami esterei che si formano tra il carbonio e l’ossigeno e un fosforo che li unisce. 11

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