Tutela Sanitaria dell'Attività Sportiva - Corso di Laurea Magistrale - PDF
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Università degli Studi Niccolò Cusano
2023
Maurizio Pugliese
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Summary
This document is a module from a master's degree course at the University degli Studi Niccolò Cusano, titled "Scienza e Tecnica dello Sport." The module, "Medicina dello Sport," focuses on the health protection of sports activities. It includes chapters on the bureaucratic aspects of preventative medicine and the certificate of fitness.
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CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN “SCIENZA E TECNICA DELLO SPORT” INSEGNAMENTO MEDICINA DELLO SPORT (PROF. MAURIZIO PUGLIESE) MODULO 1 LA TUTELA SANITARIA DELL’ATTIVITA’ SPORTIVA Anno Accademico 2023-24 1 ...
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN “SCIENZA E TECNICA DELLO SPORT” INSEGNAMENTO MEDICINA DELLO SPORT (PROF. MAURIZIO PUGLIESE) MODULO 1 LA TUTELA SANITARIA DELL’ATTIVITA’ SPORTIVA Anno Accademico 2023-24 1 Sommario del MODULO 1. IL CERTIFICATO MEDICO-SPORTIVO 1. La tutela sanitaria delle attività sportive………………….……………. 3 1.1 Adempimento burocratico o atto di medicina preventiva?................................................................................. 3 1.2 Il certificato di idoneità non agonistica………………..……….…10 1.3 Protocollo della visita non agonistica..……………………….…… 12 1.4 Protocollo della visita agonistica – Tabelle A …..….….…….….17 1.5 Protocollo della visita agonistica-Tabella B…………………….…19 1.6 Esame delle urine e conclusioni………………….…………….……..22 Bibliografia e Sitografia del Modulo 1 ………………………………….. 21 2 MODULO 1. IL CERTIFICATO MEDICO-SPORTIVO 1. 1 Il certificato medico-sportivo. Agonistico e non agonistico ADEMPIMENTO BUROCRATICO O ATTO DI MEDICINA PREVENTIVA ? Caso quasi unico nel mondo, l’Italia ha individuato fra i compiti dello Stato (poi divenuti delle Regioni) la valutazione preventiva dell’idoneità dei cittadini allo sport. Il mondo anglosassone da sempre recalcitra di fronte a questa “limitazione della libertà” del cittadino. Eppure vedremo come loro stessi da tempo abbiano riconosciuto la validità del modello italiano (senza però adottarlo) Ogni anno, e prevalentemente in autunno, gli italiani vengono garbatamente avvisati dalle palestre che frequentano o dalle Società sportive presso le quali sono tesserati : “Guardi che il suo certificato medico è scaduto” o “Per l’iscrizione del bambino dovrà poi portare anche il certificato medico-sportivo”. Non sono molti quelli che accolgono con favore questo avviso. Molti hanno la certezza di stare benissimo, e di poter affrontare qualunque cimento. Forse le mamme sono le più bendisposte a portare i loro cuccioli all’annuale controllo. Ma non tutte. E non giova a questa loro disposizione d’animo il modo in cui molti certificati (specie i non-agonistici) vengono rilasciati, magari da parte di pediatri o medici di base: una sbrigativa compilazione di un modulo, nessun esame o controllo (“tanto sono anni che lo conosco…”), e via, il pezzo di carta destinato a palestra o piscina viene rilasciato. Certo, di fronte a una visita così approfondita è difficile nutrire fiducia sulla tutela che i nostri piccoli, o noi stessi, dovremmo ricevere. Ma chi ha concepito, e successivamente aggiornato, la legge che rendeva indispensabile la certificazione agonistica e non-agonistica prima della pratica sportive, non intendeva assolutamente aggiungere un inutile adempimento burocratico per i cittadini e le famiglie. Lo dice il titolo stesso della legge istitutiva: “Tutela sanitaria dell’attività sportiva”. Che vuol dire visitare il soggetto, che dovrà poi affrontare degli sforzi 3 che non appartengono alla vita normale di un soggetto sedentario. I protocolli di visita per le diverse certificazioni sono mirati ad individuare se il giovane, o l’adulto, che appaiono in ottima salute a prima vista, non abbiano invece qualche caratteristica (in genere cardiaca, ma non solo) che, nel momento in cui questi vadano ad affrontare dei carichi di lavoro nuovi, impegnativi, possa determinare un improvviso scompenso, anche letale. Un semplice elettrocardiogramma, eseguito nel corso di ogni visita, è in grado di prevenire più del 90% delle morti da sport, e deve essere quindi il cardine di ogni visita, anche non agonistica. In merito a questo elettrocardiogramma, c’è da registrare una serie di leggende metropolitane messe in giro da sanitari poco scrupolosi, che tenderebbero a considerare validi esami eseguiti anni prima. Secondo voci correnti “l’ecg fatto per lo sport dura due anni”. Ora, consideriamo che spesso un ragazzo che è al suo primo anno di attività sportiva ha un tracciato impeccabile. Ma il suo cuore, messo a confronto con un programma di allenamento come non aveva mai sperimentato, può slatentizzare dei segnali che solo all’ecg possiamo apprezzare, prima che divengano dei veri e propri sintomi, e si trasformino in un pericolo concreto. Dunque, il secondo anno di allenamento è il più critico, e qualcuno ritiene di poter soprassedere ai controlli… Per gli agonisti, poi, dovremo completare la visita con un elettrocardiogramma dopo sforzo, o durante lo sforzo dopo i 40-50 anni, con una spirometria, che indaghi le condizioni dell’apparato respiratorio, ed un esame delle urine, che veda quelle dell’apparato renale. Un piccolo check – up, quindi , ed a un costo molto contenuto. L’applicazione scrupolosa di tali protocolli fece, già prima dell’anno 2000, scrivere al Lancet ( la rivista medica più autorevole al mondo) che nella regione Veneto, dove più scrupolosamente la legge era stata applicata, che grazie a questa la mortalità infantile per cause cardiache si era azzerata. Come in tanti altri settori, la normativa italiana è all’avanguardia. Il problema è che tali disposizioni, per negligenza od ignoranza, non sempre vengono applicate. SPORT AGONISTICO E NON AGONISTICO Nonostante gli esordi della legislazione sulla tutela sanitaria dell’attività sportiva risalgano agli anni ’50, e la legge nazionale definitiva sia datata 1981, ancora molti dei principi fondanti di tale legge non sono entrati 4 nella mentalità collettiva. Capita di sentirsi ancora chiedere un certificato “di sana e robusta costituzione” (abolito da una quarantina d’anni) o di sentirsi obiettare: “ ma mio figlio non fa le gare, perché deve fare il certificato agonistico?”. Varrà quindi la pena di spendere due parole sull’argomento, per fare un po’ di chiarezza. Il certificato di idoneità viene richiesto a tutti coloro che praticano una attività agonistica o no, ma in forma organizzata e continuativa. Chi affitta un campo per una partita di tennis, o un cavallo per una passeggiata non deve produrre certificati. Dovrà farlo chi partecipi a lezioni, dove il carico di lavoro è stabilito da un istruttore, e chi venga tesserato presso una Federazione Sportiva o un ente di promozione. Tali soggetti vengono infatti coperti da una assicurazione, e perciò sono tenuti a esibire almeno un certificato non agonistico. Il confine, invece, fra attività agonistica e non agonistica è meno netto, ed affidato alla discrezione delle Federazioni Sportive. Queste a volte adottano criteri puramente anagrafici : la Federazione Gioco Calcio reputa agonisti tutti i tesserati oltre i 12 anni. La Federazione Scherma tutti quelli oltre i 10 anni, la Ginnastica tutti quelli oltre i 6 anni. Per le Federazioni Hockey e Pattinaggio, Vela, Tiro con l’Arco tutti i praticanti sono agonisti. La Federazione Tennis adotta un criterio particolarmente originale: considera “agonista” solo chi partecipa a tornei in cui è presente un Arbitro Federale (!) Per le attività subacquee invece, la FIPSAS, l’unica Federazione riconosciuta dal CONI, considera agonista ogni suo iscritto, a causa dell’ambiente in cui si svolgono le sue attività, che non è quello “naturale “ per l’uomo. Va però precisato che in questo specifico caso esistono organizzazioni “a più spiccata impostazione commerciale”, alcune americane, per le quali va bene anche un certificato non agonistico. L’impostazione tradisce una mentalità totalmente diversa da quella italiana, e spesso i discepoli di tali organizzazioni vengono dal medico dicendo che loro vogliono in certificato “non agonistico, ma con l’indicazione che serve per l’attività subacquea”. Ora, il certificato agonistico è chiamato anche “specifico”, proprio perché si indica che si sta certificando l’idoneità per quella, e solo per quella attività sportiva. Dunque, se il certificato riporta l’indicazione dello sport che si vuole praticare, è agonistico. Se un soggetto pratica più sport a livello agonistico, dovrà farsi rilasciare un certificato per ogni disciplina. Così come io, se ho un certificato agonistico per la pallacanestro, o per la scherma, non posso con quello pretendere di entrare in un centro fitness a praticare attività non agonistica. La cosa sembra una contraddizione: come, io ho fatto una visita agonistica, più accurata, e non posso praticare delle attività di livello non agonistico, per le quali basta un elettrocardiogramma a riposo? Ma proviamo a fare un esempio specifico... Il bambino Mario 5 Rossi è epilettico, in cura, ma di quando in quando ha ancora delle crisi. Non di “grande male”, ossia con convulsioni, ma di “piccolo male”, di “assenza”. Praticamente qualche volta si blocca, magari a scuola mentre sta scrivendo, e riprende coscienza dopo qualche secondo, anche continuando a fare quello che faceva prima. Il medico l’ha giudicato idoneo per la pallacanestro, con una visita agonistica accurata, e la mamma lo aveva anche detto che il bambino è epilettico. Perchè allora non consentirgli di andare con quel certificato a farsi una nuotata in piscina? Semplice: perché idoneità alla pallacanestro non significa idoneità alla pratica in acqua. Se il bambino ha una “assenza” nel campo di pallacanestro, male che vada cade. Ma se la stessa cosa accade mentre sta in acqua, il piccolo se ne va giù, o resta con la testa sott’acqua, e prima che un istruttore se ne accorga lui fa benissimo in tempo ad affogare. Questi sono solo alcuni esempi, che però devono chiarire un concetto: il limite fra atleti agonisti e non agonisti è stabilito da ogni singola Federazione. Così come è peculiare per ogni attività agonistica il tipo di visita che l’atleta dovrà effettuare. Chi è abilitato a effettuare le visite di idoneità agonistica? La risposta rischierebbe di avere risposte diverse a seconda delle Regioni, ma la maggior parte di esse si è orientata verso una normativa analoga a quella della Regione Lazio. Sono abilitati solamente gli athloiatri che fanno domanda di iscrizione all’Elenco Regionale, dimostrano alla ASL che i locali dello studio o dell’ambulatorio dove visiteranno hanno tutti i requisiti richiesti, come cubatura, areazione, e dotazioni strumentali. Niente più visite negli spogliatoi delle palestre, quindi. Vietato e pesantemente sanzionato. Occorrono strutture sanitarie. I pochi centri fitness autorizzati ad avere uno studio all’interno delle loro mura devono garantirgli un ingresso indipendente, sala d’aspetto e bagni per il sanitario e gli utenti (e perciò sono pochissimi. Altra precisazione: in teoria, e dico in teoria perché in pratica questo procedimento è largamente disatteso, ogni visita agonistica dovrebbe concludersi con il rilascio di un certificato. Di idoneità, in genere, ma anche di inidoneità. Se riscontro che un soggetto è potenzialmente a rischio di morte, a volte nella pratica sportiva, ma talvolta anche nel sonno, devo emettere un certificato di inidoneità, e consegnarne una copia (con diagnosi) all’interessato, che potrà anche fare ricorso presso una commissione regionale. Un’altra copia, ma questa volta senza diagnosi, verrà inviata alla società sportiva, ed una alla Federazione Sportiva di appartenenza. 6 Esiste poi un “buco nero” nella normativa: un athloiatra può emettere un certificato di inidoneità solo per atleti agonisti. Ma se in un bambino, o in un non agonista di qualsiasi età, riscontra una patologia, può al massimo non farlo idoneo, ma non lo può fermare. Può sperare che i genitori del bambino siano persone responsabili, e indaghino a fondo seguendo le sue indicazioni. Ma se ciò non fosse … ? Voglio citare un caso che capitò a me negli anni ’90, quando ero un neo- specializzato. R.M. maschio, 9 anni. Viene per l’idoneità non agonistica, inviato dal suo maestro di Karate, mio amico. All’anamnesi la madre riferisce che ogni tanto ha dei malori, ma poi si riprende. Fin dall’inizio della registrazione ecgrafica noto anomalie del tracciato inequivocabili, e riconducibili alla sindrome di Wolff - Parkinson-White. Una patologia di cui parleremo in seguito, detta anche “pre-eccitazione ventricolare”. Può scatenare un ritmo ventricolare, in cui i battiti sono inefficaci, e portano in breve ad una attività del tutto scoordinata del cuore, fino al suo arresto. In questo caso solo un defibrillatore può risolvere l’urgenza. Come vedo l’anomalia nel tracciato, consapevole che la notizia ha un peso terribile, inizio a spiegare alla madre, con tutto il tatto possibile, che il bambino presenta delle anomalie del tracciato, che richiederebbero approfondimenti diagnostici. La madre subito si irrigidisce “Mio figlio sta benissimo. Quando gioca con i cuginetti, se perde, si innervosisce e ha questi piccoli malori”. Resto della mia opinione, anche perché ritengo che il bambino sia sintomatico, e consegno alla madre una richiesta per l’effettuazione di un ecocardiogramma, un Holter cardiaco ed un test massimale al cicloergometro. Giorni dopo mi chiama al telefono il maestro di Karate, che mi dice : “Guarda che la signora ha portato un certificato di idoneità del pediatra. Che faccio?” “Non farlo allenare e dammi il numero del pediatra.” Me lo da, e chiamo il collega. ”Sono il medico dello sport del piccolo R.M., al quale hai rilasciato un certificato non agonistico. Ma gli hai fatto un ecg? Lo sai che ha una sindrome di WPW?” “Oddio, straccia il certificato!” “No, il certificato l’hai fatto tu e io non mi permetto di stracciarlo”. Il bambino non si allena, ma poco dopo ricevo una telefonata da suo padre “Dottore buongiorno, ci deve essere stato un malinteso con mia moglie…” 7 “Nessun malinteso: io le ho chiesto di far fare al bambino degli esami e lei non vuole farglieli fare” “Mah, sa… stiamo partendo e pensavamo di farglielo fare al ritorno dalla settimana bianca …” “Senta, io in settimana bianca non ce lo porterei adesso, ma il figlio è suo…” La famigliola parte per la settimana bianca, e il bambino si sente male ancora. I genitori stavolta si spaventano, lo portano al Pronto Soccorso, ed il medico di guardia non usa perifrasi: “Questo bambino può morire anche nel sonno”. A questo punto i genitori metabolizzano che il problema esiste, ed R. inizia un percorso terapeutico. La storia però non è a lieto fine. A 18 anni il ragazzo sta passeggiando con amici per la piazza del paese. D’un tratto stramazza a terra. Non si rialzerà più. Qualche anno dopo, un caso analogo, sempre in ambito non agonistico. R.P. 12 anni, maschio. Viene per un corso di nuoto. Nessuna anomalia, rilascio il certificato e il ragazzo si allena tutto l’anno. Non si ripresenta per il rinnovo annuale, ma ricompare due anni dopo. Questa volta anche prima di registrare l’ecg, alla sola auscultazione, sento che il ritmo cardiaco è totalmente privo di regolarità. Registro alcuni tracciati a riposo, e vedo una notevole quantità di battiti ventricolari, anche diversi fra di loro (l’argomento verrà esaminato più in dettaglio in una prossima lezione), cosa allarmante e che in ogni caso richiede approfondimenti. Decido però di fargli eseguire uno step-test, nella speranza, teoricamente non infondata, che le aritmie con lo sforzo possano regredire. Ma invece aumentano addirittura, per cui richiedo alla madre un ecocg, un test al cicloergometro ed un Holter cardiaco. Questa volta la mamma recepisce alla perfezione il messaggio, e il ragazzo viene avviato verso una serie di accertamenti. Come quasi sempre succede, non ne ho più notizie, ma due anni dopo una delle segretarie mi telefona e mi dice ”Ricorda R.P., un ragazzo che faceva nuoto? E’ morto. “ La notizia mi gela, e chiedo “Ma io cosa gli avevo detto?” ”No, lei l’aveva fermato”. In sintesi, i genitori, questa volta molto premurosi, l’avevano avviato ad un percorso terapeutico, mi dicono che avesse anche subito un intervento (una ablazione?), ma ancora aveva l’esenzione dall’Educazione Fisica a scuola. Un giorno di primavera, però tutta la classe era in giardino a giocare. Le ragazze, fra cui la sua fidanzatina, a 8 pallavolo, i maschi a pallone. Il povero R. chiede al professore ”Posso giocare anch’io? Mi sto curando, sto molto meglio…” E il professore acconsente. Purtroppo R. non durerà che due minuti, poi cadrà a terra in arresto cardiaco. Aveva 16 anni. Il professore verrà condannato. Questo ci induce anche a dire due parole sui defibrillatori che oggi sono obbligatori nelle scuole, nei centri fitness, nelle palestre. Consideriamo che un soggetto in arresto cardiaco ha due minuti per essere rianimato. Poi iniziano i danni cerebrali irreversibili. Ora, riflettiamo su quanto tempo richiederebbe andare a prendere il defibrillatore, portarlo presso il paziente, preparare il medesimo e azionare lo strumento. Mi meraviglierei che si riesca ad agire nei tempi. Quindi, forse è meglio eseguire delle visite accurate a tutta la popolazione praticante attività sportiva. Consideriamo che il rischio di fibrillazione ventricolare raramente sfugge ad un elettrocardiogramma, e fra i giovani è la prima causa di morte. Quindi anche i non agonisti devono eseguire un ecg almeno ogni anno. Le considerazioni del tipo “Sì, ma è un non agonistico…” “E’ un paziente che conosco da anni… “ “ Mi ha portato un ecg che aveva fatto due anni prima…” dopo aver sentito questi casi clinici appaiono delle colpevoli sottovalutazioni. Eppure tantissimi dei nostri ragazzi vengono trattati in questo modo. Anche dopo 50 anni dalla istituzione della certificazione medico sportiva. Il medico può quindi ravvisare anomalie, in genere all’elettrocardiogramma, che costituiscano delle “spie” di una patologia potenzialmente letale. In tal caso richiede degli ulteriori esami, ed emette un certificato di sospensione dalla attività sportiva in attesa di accertamenti. O meglio, dovrebbe emetterlo, perché in pratica questo non si fa mai. Forse, quando il paziente tarda a effettuare gli accertamenti, è per tutela stessa del sanitario che conviene farlo, ma in fase iniziale non si fa praticamente mai. Che senso hanno questi certificati “di sospensione”? Proviamo a immaginare un caso in cui, dopo lo step test, il medico registri dei battiti ventricolari (e vedremo poi che cosa sono) nel tracciato. Lo specialista non rilascia il certificato, richiede approfondimenti, ma l’atleta, anziché eseguirli, siccome ha la prima partita dell’anno decide di andare da un altro athloiatra. Ed ha la fortuna (la fortuna??) che questa volta i battiti ventricolari non si verifichino, per cui il secondo sanitario rilascia il certificato di idoneità. L’atleta gioca la sua partita, e durante la gara stramazza a terra in arresto cardiaco. Oppure no, gioca senza problemi la partita, torna a casa, e durante la notte ha un arresto cardiaco (e sappiamo anche di professionisti con questo destino). Oppure ancora non gli succede niente, ma se ne va in giro con una bomba ad orologeria nel torace. Scoppierà? Forse. O forse no. Ma non 9 sarebbe meglio approfondire la cosa, e magari proteggersi da questa eventualità? Le patologie in grado di provocare la “morte da sport” sono tante, ma molto rare, e quasi sempre riconoscibili. E una volte individuate, è possibile per la quasi totalità di esse una terapia. Terapia che potrebbe anche voler dire fine della attività agonistica (anche se non necessariamente), ma intanto la vita non è più in pericolo. Una obiezione che spesso mi sento fare è “Sì, sì, ma intanto quante volte sentiamo di morti improvvise durante lo sport, di adolescenti che si accasciano durante la partita, o pur con tutti gli accertamenti possibili a un professionista vediamo che anche a loro può toccare la stessa fine?” In ogni caso possono intervenire molteplici fattori, che influenzano l’andamento delle cose. Il medico dovrebbe essere libero di emettere il suo giudizio, ma spesso non lo è. A miglior comprensione del problema sarà bene citare un altro caso clinico. A.B. 35 anni, giocatore professionista di pallacanestro. Viene avviato al controllo annuale dalla sua squadra, presso il centro di Scienza dello Sport dell’Acqua Acetosa. Un mio professore, sentendo un soffio cardiaco forte, ed osservando la postura dell’atleta, alto quasi due metri, ma con il dorso un po’ incurvato, ha il sospetto che si tratti di un caso di Sindrome di Marfan. Semplificando molto, i soggetti marfanoidi sono molto alti, con braccia molto lunghe (più della statura del soggetto – sembra che lo fosse Niccolò Paganini, che grazie alla lunghezza di braccia e soprattutto dita maneggiava impagabilmente il violino), ma il loro sviluppo staturale esterno è spesso inferiore a quello degli organi interni, che risultano stirati, in tensione. L’aorta, tesa come una corda, è quella che inconsapevolmente gli fa tenere il dorso incurvato. Il mio professore richiede un ecocg, che conferma il dubbio diagnostico. Ma quando comunica la diagnosi al paziente, quello non l’accetta: “Professore, lei mi rovina! Io ho moglie e figli, non ho un altro lavoro…” La squadra non la prende meglio: “Professore, lei ci rovina! Questo ci è costato milioni! Deve giocare!!” E per non rovinarli il professore acconsente a fargli giocare un’ultima partita importantissima, poi si ritirerà o intraprenderà una terapia chirurgica. Ma in partita il il giovane A.B. non si risparmia: giunge sotto canestro, salta e si estende con le braccia alzate per schiacciare a canestro. E l’aorta, già tesa oltre il normale, si stacca dal cuore: la morte è istantanea, prima ancora di toccare il suolo. 10 Il professore verrà condannato a 1 anno e quattro mesi con la condizionale. 1.2 CERTIFICATO DI IDONEITA’ NON AGONISTICA Detto anche, purtroppo, “di buona salute”. Purtroppo perché la formula richiama alla mente la dicitura (ripetiamo, abolita da una quarantina d’anni) di “sana e robusta costituzione”. Ora, al giorno d’oggi non vi è più un medico che non veda quanto per un diabetico l’attività fisica sia non da “permettere”, ma addirittura da “prescrivere”, in quanto parte essenziale della terapia. E questo valga anche per gli ipertesi, gli obesi, le signore affette da osteoporosi ecc. Per loro la definizione di “soggetti in buona salute” è intuitivamente discutibile, ma è invece indiscutibile che essi si giovino di una appropriata attività fisica. E diciamo appropriata perché consigliare il nuoto a un soggetto obeso o osteoporotico sicuramente non risolve, e può addirittura aggravare le patologie. Quali sono i soggetti cui è richiesto i certificato “non agonistico”? Innanzitutto quelli che non rientrano nella definizione di “agonisti “ per le Federazioni: quelli sotto i limiti di età, quelli che giocano a tennis senza arbitri federali ecc. Poi i ragazzi che praticano attività fisico-sportiva in ambito delle parascolastico. Infine quelli che partecipano alle fasi precedenti a quelle nazionali dei rinati Giochi della Gioventù, anche se da sempre è apparsa la contraddizione per cui nelle fasi precedenti quelle nazionali basta la visita non agonistica, mentre col passaggio alle fasi nazionali occorre un maggiore approfondimento. Come se il tipo e l’intensità dello sforzo cambiassero a seconda delle fasi della competizione. Va segnalato che Federazioni ed Enti di Promozione sportiva si sono adoperati e si adoperano perché a tanti dei loro atleti venga risparmiata la visita agonistica: una premura che secondo loro dovrebbe difendere le tasche del contribuente dalle esose parcelle degli Athloiatri, o forse dalla seccatura di andare una volta all’anno a fare una visita. Sta di fatto che a tal fine sono stati organizzati tornei e competizioni non agonostici, che è un palese ossimoro. Tutto questo riguardava prima un mondo forse passato, prima degli anni ’80, quando era ancora da venire tutto il “pianeta fitness”. Normare un mondo così mutevole, in cui compaiono di continuo attività nuove e non 11 agonistiche in senso stretto, ma spesso ad altissima intensità, non è facile, e presta il fianco a sicure contraddizioni. Diciamo che forse il tesseramento agli Enti di Promozione Sportiva garantisce almeno la richiesta di un certificato non agonistico, anche se indagini più approfondite sarebbero auspicabili. Se ad effettuare anche la semplice visita non agonistica sarà un athloiatra, beh, già l’effettuazione di un ecg potrebbe essere una garanzia. Se andrà dal medico di base …. beh. 1.3 PROTOCOLLO DELLA VISITA DI IDONEITA’ NON AGONISTICA Consiste in una visita generale, con la raccolta di una anamnesi familiare e personale, misurazione di pressione, peso e altezza, e nell’esecuzione di un elettrocardiogramma. In particolare lo specialista athloiatra (medico dello sport) è tenuto ad eseguire tale esame di persona, in conformità alla legge regionale del Lazio e agli insegnamenti ricevuti in Scuola di Specializzazione (”non rilasciate mai un certificato, anche ad un amico, senza aver eseguito un elettrocardiogramma”, ci ammoniva i nostro professore di cardiologia). Le cose paiono andare diversamente per medici di base e pediatri del S.S.N., gli unici sanitari insieme agli athloiatri a poter rilasciare questo certificato. La legge infatti prevedeva che l’ecg venisse eseguito ogni anno, e così sembrerebbe volere anche la logica. Ma una sommossa da parte delle prime due categorie di sanitari, che sostenevano che l’aggravio per il contribuente sarebbe stato “insostenibile” (!) costrinse il legislatore a modificare la legge. Oggi infatti l’articolo in questione recita paradossalmente, con supremo sprezzo del ridicolo, che “ medici di base e pediatri di libera scelta rilasciano il certificato di idoneità non agonistica sulla base di un ecg eseguito almeno una volta nella vita” !!!. A seguire il dettato della legge io potrei oggi iscrivermi a un corso di spinning se riuscissi a ritrovare l’ecg effettuato per la visita di leva 50 anni fa. Ecco perché, per difendersi, molti gestori di Centri sportivi richiedono, impropriamente, che i loro iscritti portino col certificato anche il tracciato ecgrafico. Non possono, e neppure saprebbero leggerlo, ma è un tentativo di difesa dai certificati “senza visita”. 12 Perché poi la vera forza della visita è proprio l’ecg, perfino quello solo a riposo, che ci informa sulle condizioni di salute del cuore ed evidenzia i rischi che il soggetto correrebbe praticando una attività fisica. Va puntualizzato comunque che non è l’attività fisica a determinare la patologia, ma solo a rendere più facile la sua manifestazione. Ogni athloiatra sa benissimo che non è tanto nella prima visita di un paziente che si rischia di trovare anomalie, ma nella seconda, dopo che un anno di attività fisica ha slatentizzato il problema. Va anche rivendicata l’invenzione tutta italiana della Medicina dello Sport, e con orgoglio constatato che tuttora la legislazione in merito è, pur con diverse pecche, all’avanguardia nel mondo. Solo in Francia, Spagna e Russia c’è l’obbligo della visita di idoneità, mentre in altre nazioni se la cavano con una assicurazione dell’atleta, o addirittura niente. Ricordo di aver visitato una decina di anni fa un giocatore professionista di football americano, appena giunto dagli USA. Un colosso abituato a scontri pesanti ed allenamenti massacranti. Bene, quando presi i cavi per registrare l’ecg mi guardò tra il sorpreso e lo spaventato, e mi chiese “ E questo che cos’è?”. Non aveva mai fatto un elettrocardiogramma! Nessuno lo obbligava, e quindi … Negli USA esiste una visita biennale per i più giovani, e addirittura quadriennale per i più maturi, ma con un ecg solo in caso di sospetto !!! Fra l’altro, lo stesso concetto di idoneità confligge con la stessa impostazione di vita degli americani, per i quali impedire a un individuo di guadagnarsi da vivere con la sua attività è anticostituzionale. E vedremo che riflessi ha questa impostazione in caso di doping… Forse voi penserete che in definitiva gli americani non sono afflitti dalla scocciatura annuale della visita, ma io vorrei intervistare i genitori dei giovani (3 su 100.00 praticanti), che con una visita ogni anno avrebbero saputo che il cuore dei loro ragazzi era una bomba ad orologeria. E che, soprattutto, questa bomba ad orologeria era disinnescabile. Spieghiamo in maniera sommaria che cosa è un elettrocardiogramma, e cosa è in grado di dirci. Ogni contrazione muscolare avviene grazie ad uno stimolo elettrico, e la contrazione del muscolo cardiaco non fa differenza. Applicando degli elettrodi alle quattro estremità e nella zona intorno al cuore, si è visto che ECG ogni contrazione produce delle onde registrabili, che si ripetono costantemente con le stesse caratteristiche a seconda dell’elettrodo che le rileva. Grazie a questi tracciati siamo in grado di capire in quale punto nasce il battito, qual è la sua velocità di trasmissione, e se esistono zone che non trasmettono elettricità. 13 Fig.1 – Sistema di conduzione cardiaca (bariconnessa.it) ORIGINE = NODO SENO-ATRIALE ECTOPICO ATRIALE = BATTITI ANTICIPATI SINUSALE = NORMALE ECTOPICO VENTRICOLARE = BATTITI "A SALVE", INEFFICACI ECTOPICO = NON SINUSALE L’origine del battito ci dice se questo è partito dalla sua “fonte “ naturale, il nodo seno-atriale, e quindi se il ritmo è “sinusale”, cioè normale. Se l’origine non è sinusale il battito nasce ovviamente più “a valle “ : in tal caso si dice “ectopico”, ma gli ectopici a loro volta possono essere atriali, o sopraventricolari (BESV), e ventricolari. Nel caso dei primi tratta di battiti anticipati rispetto al ritmo normale, spesso seguiti da una pausa di compenso, che nascono a livello delle camere superiori cardiache: dunque determineranno contrazione degli atri e poi dei ventricoli. In pratica, un battito normale, efficace, anche morfologicamente simile ai battiti normali, solo leggermente anticipato. Diverso è il caso dei battiti ventricolari (BEV), che nascono al di sotto delle due camere superiori, e quindi fanno contrarre solo i due ventricoli, che però non hanno ricevuto ancora sangue dagli atri. Avremo perciò un battito “a salve”, inefficace, che all’ecg appare totalmente diverso dai battiti “sinusali”. Questi BEV, lo anticipiamo, sono sempre da indagare, perché possono essere la spia di patologie molto serie, e possono dare aritmie maligne che costituiscono la prima causa di morte negli atleti giovani. La registrazione del battito dà origine a un “complesso” di onde detto P- QRS-T 14 Fig.2 – Tre complessi P-QRS-T tratti dalle prime tre derivazioni. Il pallino rosso indica l’onda P L’onda P corrisponde all’inizio del battito, e quindi alla contrazione dei due atrii. Quindi segue una breve pausa, detta tratto PQ, e poi la contrazione ventricolare, ossia il complesso QRS, con voltaggi maggiori della contrazione atriale grazie alla maggiore massa muscolare delle camere inferiori. Segue un’altra breve pausa, e quindi la fase in cui i ventricoli si “ricaricano”, ossia le onde T; la “ricarica” degli atri avviene anch’essa, ma è coperta dal QRS. Ora, senza diffonderci su casi particolari, è bene chiarire che è dai tempi di durata di questi singoli segmenti, e dalla forma delle onde che lo compongono, che si possono individuare le caratteristiche del funzionamento di quel particolare muscolo cardiaco. A titoli puramente esemplificativo, un tratto P-Q più corto, con risalita immediata ed obliqua del tratto QR deve metterci in allarme, perché il soggetto presenta una pre-eccitazione ventricolare, con rischio di una aritmia maligna e potenzialmente mortale. Onde T invertite (che vanno verso il basso ) nelle derivazioni V4, V5, V6, specie durante o dopo sforzo, ci indicano una insufficienza coronarica, e quindi un rischio di infarto o un infarto in atto. Non ci dilungheremo oltre sulla lettura del tracciato, ma speriamo di aver evidenziato a sufficienza quanto esso sia indispensabile per capire le condizioni di salute o di rischio di un cuore. 15 Fig. 3 – Extrasistole atriale Fig. 4 – Tachicardia sopraventricolare. 16 Fig.5 – Due extrasistoli ventricolari, isolate, monomorfe (archivio personale). Fig. 6 Ritmo bigemino atrio-ventricolare (archivio personale) 17 Fig. 7 – Extrasistoli ventricolari polimorfe che sfociano in tachicardia ventricolare 1.4 PROTOCOLLO DELLA VISITA DI IDONEITA’ AGONISTICA Ora, se già un tracciato a riposo può dirci tanto, e senza di esso è impossibile affermare che un soggetto è idoneo ad una attività non agonistica, per le attività agonistiche il protocollo di visita diventa più complesso. Abbiamo detto che le Federazioni Sportive sono sovrane nello stabilire l’età di inizio della fase agonistica. Le caratteristiche peculiari degli sport li hanno fatti suddividere in due sotto gruppi: Sport agonistici a non rilevante impegno cardiocircolatorio – sono i cosiddetti sport di tabella A. Qualche esempio: Bocce, Tiro con pistola e carabina, Tiro con l’Arco, Bowling, perfino Biliardo, Scacchi e Poker! Praticamente tutti quelli dove “non si suda”. Vengono richiesti visita generale, pressione arteriosa, peso e altezza ed ecg. La visita è praticamente identica a quella non agonistica, e addirittura l’idoneità può durare il doppio di questa (24 mesi)! Sicuramente a tutti voi la classificazione degli scacchi o del poker come sport di come attività sportive sembrerà fuori luogo , o 18 difficilmente giustificabile. Sappiate che non si basa su fondamenti scientifici, ma solo sulla convenienza di appartenere al CONI, specie in caso di gare e campionati. Ma per appartenere al CONI bisogna essere atleti, e gli atleti vanno visitati… Sport agonistici a rilevante impegno cardiocircolatorio – Sono gli sport di tabella B, quelli dove “si suda”. Ne citiamo alcuni: calcio, pallacanestro, pallavolo, nuoto, ciclismo , scherma, equitazione, atletica leggera, sport di combattimento vari ecc. Vengono richiesti visita generale, P.A., peso e altezza, spirometria, ecg a riposo e dopo sforzo, esame delle urine. Non per tutti gli sport di tabella B il protocollo di visita si esaurisce qui. Ci sono particolari casi in cui vanno aggiunti esami supplementari. Esempi: il Pugilato, nel quale oltre ai classici esami della tabella B si aggiungono visita neurologica con elettroencefalogramma (solo nella prima visita o dopo k.o.), visita oculistica con esame annuale del fundus oculi, visita otorino con audiometria annuale. E nel Pugilato Donne vanno aggiunti anche Esame mammografico ed Ecografia mammaria. Ancora: tutti gli sport con contatto pieno (Kick boxing, Muay Tai, Kung Fu, Full Contact, MMA ecc. ) hanno un protocollo identico al Pugilato, con una sola eccezione. Il Taekwondo. Può sembrare strano, dato che nella disciplina coreana si può mettere K.O. l’avversario con un calcio alla testa. Ma bisogna esaminare la lesività che hanno i traumi cranici nei confronti dell’encefalo. Quando si riceve un colpo alla testa i muscoli che sorreggono il collo si “abbandonano”, anche se l’encefalo non viene ancora interessato dal trauma. Un eventuale secondo colpo trova la scatola cranica inerme, senza più i muscoli cervicali che la sostengono, e l’encefalo viene quindi sballottato fra le pareti craniche ricevendo un insulto molto maggiore. Non è quindi il colpo a determinare il danno encefalico, ma la sequenza di colpi. E una sequenza di calci alla testa è praticamente impossibile, mentre lo è una sequenza di pugni. Esami suppletivi sono richiesti anche in sport come lo sci (discesa libera: elettroencefalogramma nella prima visita, poi visita neurologica ogni anno), il motociclismo (velocità: idem come lo sci) e il paracadutismo ( come il pugilato). 19 1.5 TABELLA B - SPIROMETRIA Esame di rapida e facile esecuzione, che può mettere, se eseguito correttamente, in evidenza una normale condizione anatomica e funzionale dell’apparato respiratorio, o può segnalare una condizione di insufficienza polmonare restrittiva (quando parte del tessuto preposto agli scambi gassosi, il parenchima, sia danneggiato o distrutto- es. in caso di tubercolosi o tumore ai polmoni) od ostruttiva, (quando i bronchi risultino ristretti e non facciano defluire l’aria – es. in caso di asma). La premessa della corretta esecuzione è però indispensabile, ed invece la spirometria è l’esame più inviso ed esecrato specie dall’utenza in fascia adolescenziale, ancor più se di sesso femminile, e viene eseguito come il soggetto pensa debba essere eseguito, non come il medico ripetutamente gli dice di farlo. L’adozione di animazioni grafiche e le ripetute spiegazioni, corroborate da esempi pratici, inducono alla collaborazione una percentuale non esaltante di utenti, tanto che molto spesso il giudizio finale deve essere “Test non valido”. Quando invece il test è eseguito correttamente ne risulta un grafico in cui l’altezza della curva rappresenta Fig. 8 – Spirometria di soggetto femminile, anni 11. Accontentiamoci. 20 la quantità dell’aria presente nei polmoni. Ove però la curva, anche arrivando ad una altezza vicina al predetto, si presenti “schiacciata verso il basso”, ci indicherà una cattiva esecuzione o un restringimento del lume bronchiale (asma). TEST DA SFORZO Anticipiamo subito che questo è un argomento controverso, e per motivi legali più che scientifici. Fino alla fine del secolo scorso non ci sarebbe stato dubbio che il test da sforzo elettivo per la visita agonistica fosse lo step- test o test di Master. Consiste nel far salire e scendere ad un preciso ritmo l’atleta su un gradino di altezze diverse (30 cm. per i bambini e i ragazzi, 40 cm le donne adulte o gli uomini alti meno di 165 cm., 50 cm. i maschi adulti). Dai primi di questo secolo , invece, il Ministero della Salute, la Federazione Medico Sportiva e l’Istituto Superiore di Sanità hanno raccomandato insistentemente agli Specialisti Athloiatri di mantenere il test di Master come test elettivo per i soggetti inferiori a 35 - 40 anni, e adottare invece la prova al cicloergometro o al nastro trasportatore per soggetti ambosessi di età superiore. La raccomandazione poggia su fondatissime basi scientifiche: i decessi da sport che coinvolgono atleti sotto i 35 - 40 anni non si devono ad infarto, e il test a cicloergometro o nastro trasportatore evidenziano la predisposizione del soggetto all’infarto. Dunque sono perfetti per gli atleti “over”, ma i giovani, se muoiono, muoiono di fibrillazione ventricolare, una specie di cortocircuito elettrico cardiaco i cui soggetti a rischio spesso sono già evidenziati dall’ecg a riposo, ma ancora meglio dallo step- test. Dunque non ci sarebbe molto da discutere: i giovani fanno lo step-test e gli “over” fanno cicloergometro o nastro. Semplice, no? No. Perché la sanità in Italia è affidata alle Regioni ed alle Regioni, e a nessun altro, è dato legiferare in materia. E dall’inizio del secolo le solite voci informate ci dicono solo una Regione ha legiferato modificando in tal senso i protocolli di visita: la Toscana. In realtà ad una mia sommaria verifica sembra che nemmeno questa si sia attivata. Quindi per legge in tutte le Regioni se eseguo un test da sforzo al cicloergometro su un tennista sessantenne teoricamente non gli sto applicando il protocollo vigente. E questi implica una quantità di problemi di carattere pratico: chi adotta il cicloergometro è costretto ad alzare le tariffe, per rientrare della non indifferente spesa dell’apparecchiatura, e dunque non è più concorrenziale nei confronti dei colleghi che, sbagliando dal punto di vista scientifico, ma perfettamente in linea col dettato della legge nazionale, continuano a fare lo step-test. Ma se usano lo step test e l’atleta viene colpito da infarto, l’infortunato per prima cosa va a dire al medico “ Quando mi hanno ricoverato i Sanitari mi hanno tutti chiesto Ma come mai il Collega Specialista le ha fatto fare uno step - test anziché il cicloergometro??” A quel punto puoi 21 rispondere che la legge questo prevede, ma fai la figura dell’incompetente. Insomma, una situazione di caos normativo cui sarebbe facilissimo mettere rimedio, solo a volerlo. Non bastasse, il Ministero della Salute, la Federazione Medico Sportiva e l’Istituto Superiore di Sanità nella estate 2023 hanno ulteriormente ed insistentemente raccomandato la modifica del protocollo in tal senso: step - test fino a 40 anni nei maschi e 50 nelle femmine, ma sotto controllo ecgrafico continuo anche durante lo sforzo ciclo- o nastro oltre tali limiti d’età. Ora, lo step – test con monitoraggio continuo richiede nuove e più costose attrezzature, e la registrazione in continuo su un soggetto che sale e scende un gradino anche di 50 cm non è scevra da artefatti. Anzi, si può proprio dire che, pur con tutti gli accorgimenti, spesso provoca disturbi tali al tracciato da renderlo , diciamo, poco attendibile. In gran parte dei casi una vera schifezza. ESAME DELLE URINE COMPLETO E CON SEDIMENTO Tale è la dicitura esatta dell’analisi che, è bene precisare, va effettuata in laboratorio e non in farmacia, perché in tal caso l’esame microscopico del sedimento non viene effettuato. E’ la Cenerentola del protocollo, e più che spesso il medico si sente dire dagli utenti o dalle mamme “Ah, dottore, me lo sono scordato!” oppure ”Le segretarie non me lo hanno detto” (spudorata menzogna) o addirittura “L’ho dimenticato, ma tanto è un bravo ragazzo, e non si droga!”. Questo perché quasi sempre l’esame delle urine viene scambiato per un test antidoping, solo perché il materiale da esaminare è lo stesso. Ma non è lo stesso l’obiettivo della ricerca, che nel caso del test antidoping sono una serie di sostenze proibite, ricercabili mediante un procedimento chiamato “gascromatografia” La descrizione di tale esame esula dalla trattazione di questa materia, e verrà accennata nelle lezioni sul doping, ma basti dire che il costo di un esame delle urine per l’idoneità agonistica si aggira poco oltre i 5 €, mentre quello antidoping supera i 500 € !!! Forse una migliore comprensione della ratio dell’analisi potrebbe indurre a maggiore collaborazione gli utenti. Ad ogni modo noi ci spenderemo qualche parola. Durante l’attività fisica i muscoli , mettendosi al lavoro, richiedono più ossigeno di quando sono in riposo. Si pensi che l’iperafflusso sanguigno da esercizio può aumentare di oltre il 20% le dimensioni del muscolo interessato. Come fa il 22 nostro fisico a trovare questa imponente quota di sangue da far affluire all’apparato muscolare? Il sangue dovrà per forza essere sottratto a qualche altro organo. Quale? In primis i reni e in secondo luogo l’apparato gastrointestinale. Perché le mamme da piccoli ci sgridavano se dopo pranzo facevamo giochi troppo frenetici? Perché l’iperafflusso ematico ai muscoli, privando l’apparato digerente di una importante parte del suo sangue, può bloccare la digestione e provocare il vomito. Ho ancora impresso il ricordo delle scuole elementari, quando una mia compagna che, a dispetto della bilancia , a ricreazione si era mangiata sempre una bella porzione di pizza col salame, e dopodiché, come tutti i ragazzini, aveva corso senza risparmiarsi, finiva , alla ripresa delle lezioni, per alzarsi di scatto, cercando di guadagnare la porta, ma disseminando il contenuto gastrico lungo tutto il tragitto. Solo dopo anni, studiando la fisiologia dell’esercizio, ho capito le dinamiche che portavano la povera Carmen a ripetere puntualmente queste performances. E così avviene per il “furto” del sangue ai danni dei reni. Se i reni però sono sani, sono perfettamente in grado di sopportarlo. Ma un rene malato, in difficoltà, vedrebbe col tempo aggravarsi le sue condizioni, fino ad arrivare all’insufficienza renale. Va segnalato che si tratta di una condizione rarissima, che io personalmente ho trovato una sola volta in 35 anni di professione. Si trattava di un adolescente maschio, monorene, che avrebbe voluto fare kick-boxing. Fu fermato. Ricapitolando, l’identità non agonistica può essere rilasciata da Medici di base e Pediatri del S.S.N., ma solo per i propri assistiti, e dai Medici Specialisti in Medicina dello Sport (Athloiatri). Di recente la Federazione Medico Sportiva ha attivato dei corsi semestrali che abilitano al rilascio dei certificati non agonistici pur in assenza di specializzazione. L’idoneità agonistica è competenza esclusiva degli Athloiatri, ma tutti i medici devono visitare in studi autorizzati dalla A.S.L., che rispondano a requisiti strutturali e possiedano dotazioni ben specifiche. Requisiti e dotazioni che molto raramente sono in possesso di impianti sportivi. La figura del “Medico di palestra” è pertanto qualcosa di non più tollerato dalla legge, e speriamo sia destinata a sparire quanto prima. Anche se ancora io mi sento chiedere : “Dottore, abbiamo aperto un nuovo impianto sportivo: Le interesserebbe venire a fare i certificati “di sana e robusta costituzione”? In definitiva, la visita agonistica costituisce un piccolo check-up, a costi decisamente contenuti, in grado però di segnalare eventuali problemi prima che si presentino “all’orizzonte clinico, ossia prima che diano sintomi. Gli apparati che vengono esaminati sono ben tre: cardiocircolatorio, respiratorio e renale. In teoria, come già accennato, da ogni visita deve scaturire un certificato: idoneità, non idoneità (solo per l’agonismo), sospensione in attesa di accertamenti (anche questo per l’agonistica, per evitare il passaggio da uno specialista all’altro in caso di “fretta”). Ricordiamo che contro un giudizio di 23 non idoneità è possibile fare ricorso presso una apposita Commissione Regionale. Inoltre, l’athloiatra è tenuto a effettuare di persona tutti gli esami, e a conservare la documentazione completa della visita per cinque anni nel caso di atleti agonisti, e par tre anni nel caso di non agonisti. Questo ai fini medico legali, nella deprecabile eventualità … 24 Bibliografia e Sitografia del Modulo 1 Dal Monte A, Faina M. Valutazione dell’Atleta. Torino, UTET, 2000 Antonio Pelliccia- Antonio Venerando – Fisiopatologia Medico- Sportiva – Ed. Masson Maurizio Pugliese – Studio degli aspetti medici e traumatologici del Tae Kwon Do – Medicina dello Sport, 40, 347-355 1987 Paolo Zeppilli – Cardiologia dello Sport – Casa Editrice Scientifica Internazionale 25