Igiene Dentale - Unità di Medicina Dentale

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Università degli Studi di Torino

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igiene orale patologie dentali carie salute orale

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Questo documento presenta un'introduzione all'igiene orale, focalizzandosi sulle patologie dentali come la carie e la malattia parodontale. Vengono discussi i fattori che influenzano la salute orale, tra cui l'igiene orale, l'alimentazione e la flora batterica. Inoltre, vengono approfondite le fasi in cui si verifica la demineralizzazione dello smalto dentale e si approfondiscono i meccanismi di prevenzione.

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LEZIONE 1 Quando pensiamo alle maggiori patologie dentali pensiamo alle patologie: - Dei tessuti duri del dente → patologia cariosa - Dei tessuti del parodonto → malattia parodontale L’igiene dentale ha come obiettivi: La prevenzione della patologia cariosa e la prevenzione delle pat...

LEZIONE 1 Quando pensiamo alle maggiori patologie dentali pensiamo alle patologie: - Dei tessuti duri del dente → patologia cariosa - Dei tessuti del parodonto → malattia parodontale L’igiene dentale ha come obiettivi: La prevenzione della patologia cariosa e la prevenzione delle patologie del parodonto quindi gengiviti e parodontiti. Il ruolo dell’igiene dentale è quello di rimuovere la placca batterica dalle superfici dentali e mantenere una bassa carica batterica. La prevenzione inizia nel periodo già prenatale per essere applicata già dal primo anno di vita, questo è importante soprattutto se si tiene conto della necessità di abbassare la carica batteria, infatti, alla nascita il cavo orale del neonato è sterile, poi acquisisce dall’esterno quel pattern di microrganismi che serve a fornire l’equilibrio dell’ecosistema interno al cavo orale. Se nel cavo orale però c’è un ambiente sterile questo è più soggetto a subire interferenze dall’esterno soprattutto attraverso la madre. Se la madre ha una forte carica batterica ed ha delle abitudini che permettono un passaggio di batteri da lei al bambino (effusioni, uso di stesse posate, etc..) il cavo orale del bambino può essere contaminato. Anche in vista di questo aspetto è importante sottolineare quanto sia importante la motivazione del paziente. Le tecniche di motivazione sono quelle che conducono al miglioramento della compliance (adeguamento del paziente alle indicazioni del sanitario) del paziente. “White spot”: definizione molto riduttiva, in quanto con questo termine si intende una vasta famiglia di difetti che spaziano dalla fluorosi alle zone di smalto demineralizzato come conseguenza di processi di erosione acida. In ogni modo, il denominatore comune di questi difetti rimane la condizione che si tratta, per qualsiasi forma e causa eziologica, di lesioni dovute a demineralizzazione acariogeno dello smalto. CARIE DENTALE DATI STATISTICI: La patologia cariosa è diminuita nel mondo ma l’incidenza ha ancora dati statistici notevolmente alti. Negli ultimi 5 anni si è avuto un incremento del 15% per quanto riguarda la patologia cariosa, possiamo per questo considerare tutta la popolazione a rischio di carie. L’incidenza di patologie di interesse odontoiatrico, in età pediatrica, nonostante i miglioramenti in termini di salute generale, permane elevata. La carie, nel nostro Paese, interessa individui di ogni età e la sua prevalenza, nella dentatura decidua e permanente, aumenta di pari passo con l’aumentare degli anni. Negli individui giovani, in particolar modo, si manifesta più di qualsiasi altra malattia infettiva cronica. (quaderni del ministero della salute 2011). La patologia cariosa è una malattia infettiva a carattere cronico-degenerativo, trasmissibile, ad eziologia multifattoriale che interessa i tessuti duri del dente e che porta alla distruzione degli stessi. Rappresenta una delle patologie più diffuse nella popolazione generale e in età pediatrica. La prevalenza è ancora elevata nei bambini italiani: 22% a 4 anni e 44% a 12 anni E’ una malattia ingravescente con un evoluzione distruttiva dei tessuti dentali. Abbiamo una sintomatologia dolorosa ma anche una compromissione delle funzioni a cui è deputato il sistema masticatorio. Quasi il 60% degli individui di età compresa tra i 13 e i 18 anni ha già avuto almeno una lesione cariosa. Negli individui di età compresa tra i 19 e i 25 anni la prevalenza di patologia è superiore all’80%. Inoltre, rappresenta una delle affezioni più diffuse, tanto da essere considerata una malattia sociale con alti tassi di incidenza in tutti i paesi del mondo e la quarta patologia più costosa in termini economici. La patologia cariosa è tra le malattie infettive più diffuse nella popolazione mondiale ed in particolare come l’infezione cronica più comune in età pediatrica negli Stati Uniti con prevalenza oltre il 40% all’età di 6 anni in dentizione decidua e di oltre l’85% all’età di 17 anni in dentizione permanente. Nelle nazioni europee industrializzate, la percentuale di bambini con almeno un dente cariato è del 68% tra gli 8 e 9 anni e dell’85% tra i 13 e 14 anni. L’Italia presenta valori di prevalenza inferiori a quelli descritti, con una percentuale del 63% di soggetti affetti all’età di 12 anni. Le cure odontoiatriche hanno subito una flessione negli anni della crisi economica. La quota di popolazione che durante l’anno si è rivolta al dentista o all’ortodontista è calata dal 39,3% nel 2013, mentre risulta in aumento dal 24% al 29,2% la percentuale di persone che hanno dilazionato le visite in un arco temporale più lungo, da 1 a 3 anni. La carie dentale è una patologia conseguente ad un processo di demineralizzazione, inizialmente, dello smalto e poi della dentina causato da acidi ed enzimi batterici, che si articola essenzialmente in due fasi: -Fase inorganica: dissoluzione della matrice minerale -Fase organica: dissoluzione della matrice organica Clinicamente la lesione si presenta come una macchia bianca gessosa (white spot) in cui il processo di demineralizzazione è ancora reversibile, in seguito si passa ad una fase cavitaria, irreversibile, con perdita di sostanza variabile a seconda del grado di profondità della lesione cariosa stessa. La lesione si presenta inizialmente di un colore bruno che tende a scurirsi progressivamente fino ad apparire quasi nerastra. (nota ISTAT dice che le cure odontoiatriche sono al primo posto per bisogni, le persone povere hanno 8 denti in meno rispetto ai ricchi e l’Italia è al terzultimo posto nella UE per le cure odontoiatriche: 45,8% della popolazione con più di 15 anni contro media europea di circa 60%. Fattori che influenzano l’insorgenza della carie ( e che si influenzano anche tra di loro): 1) SALIVA: - Flusso - Potere tampone - Lisozima, lattoferrina perossidasi - Mucine, glicoproteine, lipidi - Iga e IgG 2) FATTORI GENERALI: - Genetici - Etnici - Età - Sesso - Alimentazione - Malattie - Fluoro - Abitudini - educazione 3) FATTORI LOCALI: - Alimentazione - Igiene orale 4) SMALTO - Ipoplasia - Permeabilità - Composizione chimica - Contenuto di fluoro Prima di arrivare al processo carioso conclamato cioè alla cavità presente nel dente generalmente abbiamo l’inizio della demineralizzazione. Di fatto succede che i batteri presenti sulla superficie dei denti grazie al loro metabolismo, alla fermentazione dei carboidrati producono acido lattico, quando il pH a causa dei prodotti del metabolismo dei batteri scende sotto ad un certo livello, la struttura dura del dente comincia a degradarsi, demineralizzandosi, questo dipende sia dalle caratteristiche dei batteri e sia dalle caratteristiche dei denti, quindi dei denti molto resistenti per demineralizzarsi hanno bisogno di un pH molto basso mentre denti meno resistenti possono iniziare il processo di demineralizzazione ad un pH meno acido. A questo si associa anche la fase organica, non è solo questione di acidità ma questi stessi batteri producono degli enzimi che vanno a degradare anche la parte organica dei tessuti duri del dente, nel momento in cui si forma la cavità i batteri riescono a proliferare ancora più facilmente. L’inizio di tutto è quasi sempre la white spot, delle zone bianco-lattescente, zone con un aspetto gessoso dove è iniziata la demineralizzazione, la cosa importante e interessante è che tutti i giorni, costantemente avvengono delle piccole mineralizzazioni sui denti, ogni volta che mangiamo e soprattutto se ingeriamo delle sostanze acide, nel momento che ingeriamo queste sostanze c’è un abbassamento del pH importante; nella bocca e in quel momento il dente incomincia una leggera demineralizzazione dello strato più superficiale. Abbiamo, però, la saliva che ci aiuta, all’interno della saliva esistono dei meccanismi tampone per i quali il pH viene riportato al valore fisiologico e inoltre sono presenti dei minerali che aiutano la mineralizzazione. A volte può capitare d osservare dei molari con i solchi leggermente anneriti, un solco così non significa che è cariato, è probabile che questa zona è andata incontro a demineralizzazione e poi si è rimineralizzata grazie ai prodotti della saliva e all’uso dei prodotti per l’igiene orale, durante il processo di mineralizzazione possono rimanere imprigionati dei pigmenti oppure queste sostanze hanno un colore differente per cui il solco appare scuro, ma non significa che è una carie, una carie si ha solo quando c’è una fase cavitaria, solo in quel caso il dente va trattato. Bisogna anche tener conto del fatto che lo smalto fa da corazza al dente, è il tessuto più resistente del nostro organismo quindi è il più resistente all’attacco acido da parte dei batteri, nel momento in cui si espone la dentina per recessione gengivale che espone il colletto o perché i batteri hanno formato una cavità all’interno dello smalto, questa è una zona più suscettibile e la velocità con cui si procura una demineralizzazione è maggiore perché la dentina è un tessuto meno mineralizzato e meno resistente, per questo una carie che a livello dello smalto sembra molto piccola quando si rimuove lo smalto si osserva che la cavità a livello della dentina è molto più grande. Lo strumento di cui ci si serve per verificare se realmente è presente una carie è lo specillo che ci indica se esiste una cavità o se è solamente pigmentazione (se lo specillo si “impegna” allora c’è carie). La carie è una malattia batterica ma ci sono molti fattori che contribuiscono alla sua genesi, anche se ancora oggi il principale responsabile è lo Streptococcus Mutans. Ci sono alimenti con un potere cariogeno maggiore e alimenti con un potere cariogeno minore. Gli zuccheri semplici sono quelli che più facilmente vengono assorbiti dai batteri e quindi sono i più cariogeni. Masticare fa bene all’igiene orali perché nel momento in cui mastichiamo aumenta il flusso salivare e quindi si deterge la superficie del dente, ancora di più se mastico qualcosa con una consistenza fibrosa perché sfrega sulle superfici del dente. Chi si alimenta solo di cibi liquidi o morbidi sviluppa tanta placca e tartaro mentre chi mangia preferibilmente da un lato ha tartaro sola da una parte, quella dove non mastica. POTERE CARIOGENO E FONTI ALIMENTARI DEI CARBOIDRATI E DEI DOLCIFICANTI Si è visto in alcuni studi in vitro che lo xilitolo è in grado di inibire lo Streptococcus Mutans. MICRORGANISMI PATOGENI Nel cavo orale abbiamo almeno 300 specie microbiche e di queste almeno 20 sono cariogene. Il principale responsabile della carie è lo streptococco mutans. Nelle lesioni cariogene ritroviamo actinomiceti e lattobacilli. Le loro proprietà principali sono: - Fermentazione dei carboidrati - Adesività - Sintesi di polisaccaridi intra ed extracellulari - Crescita in ambiente acido Grazie alla fermentazione dei carboidrati si ha la formazione di acidi metabolici responsabili della demineralizzazione della componente inorganica dello smalto e della dentina, successivamente la produzione di enzimi proteolitici (aminopeptidasi) è responsabile della disgregazione della componente organica dello smalto e della dentina. Si ritrovano pertanto nell’evoluzione delle carie sia la fase inorganica che organica. Eziologia: Flora batterica -Specie batteriche acidofile (selezionate da un ambiente ad alta concentrazione di zuccheri) -Specie batteriche acidogeniche (la loro proliferazione provoca abbassamento del pH inibente altre specie) - STREPTOCOCCUS MUTANS (pH circa 5) colonizza superfici lisce del dente con polisaccaridi adesivi (fruttani e glucani) lo S.M. produce acido ed abbassa il pH, più si abbassa il pH più sono favorite specie cinofile, diminuiscono gli S.M. e prendono il sopravvento i lattobacilli che vivono ancora meglio in ambiente acido. - LATTOBACILLI sono fermentativi (pH circa 4) anaerobi facoltativi colonizzano i recessi dentali e le cavità cariose. MALATTIA PARODONTALE Alterazione che colpisce il parodonto, i tessuti di sostegno del dente, queste patologie si differenziano in: Gengivite → infiammazione reversibile del tessuto gengivale senza spostamento dell‘epitelio giunzionale Parodontite → infiammazione cronica dei tessuti parodontali che porta alla perdita di tessuto di sostegno del dente Colpiscono più del 50% della popolazione mondiale, il fattore di rischio primario è l’accumulo del biofilm dentale (microrganismi complessi in una matrice derivata da glicoproteine salivari e da polimeri extracellulari batterici). La parodontite nella sua forma più grave è la principale causa di perdita di elementi dentari nell’adulto ed è la sesta malattia più frequente nel mondo, è influenzata da fattori batterici e dalla risposta individuale, motivo per cui è necessario un approccio individualizzato. I denti vengono persi anche per malattia parodontale. La malattia parodontale ha due problematiche, una è la placca batterica l’altra è dovuta alla predisposizione personale. La gengivite è data da una lieve infiammazione da parte della placca batterica al tessuto che ricopre la cavità orale. Riguarda solo ed esclusivamente il tessuto gengivale. Quando viene tolto il fattore eziologico, la placca batterica, la gengiva torna sana. Se non viene curata, la placca batterica si approfonda nei tessuti sottostanti e va ad infiammarli causando la parodontite. Tutto quindi dipende dalla placca batterica, che non s attacca solo ai denti ma a qualsiasi cosa venga messa nella cavità orale come protesi, apparecchi ortodontici, otturazioni e impianti. Come si procede: - diagnosi - terapia causale: eliminare l’agente eziologico - follow up - terapia di mantenimento: consolidamento dei risultati (prevenire le recidive, mantenere lo stato di salute, ridurre il rischio di perdita di elementi dentari) SINTOMI: oltre al sanguinamento: - alitosi: 33% - recessione gengivale: 29% - dolore, difficoltà durante la masricazione: 26% - aumento della mobilità dei denti: 21% - ascessi gengivali/gonfiori: 19% PLACCA BATTERICA È l’agente eziologico sia della carie che della malattia parodontale. È una massa densa, bianco-gialla, complessa con composizione quali e quantitativamente variabile nel tempo e suscettibile delle variazioni chimiche, fisiche e meccaniche che avvengono nel cavo orale. Composizione: -PELLICOLA ACQUISITA (proteine salivari) spessore 500-100nm -MATRICE 20-30%: Sostanze derivanti dall’alimentazione (zuccheri, carboidrati, lipidi) Sali minerali (calcio, fosfato) Sostanze provenienti dai tessuti dell’ospite o dai batteri Essudato gengivale (fluido crevicolare) -BATTERI 70-80% Si distinguono due tipologie di placca: Placca sopragengivale Placca sottogengivale Quando il cavo orale è sterile ad esempio dopo un igiene orale professionale immediatamente la saliva presente in bocca, circonda lo smalto dei denti e alcune delle sue componenti come proteine e glicoproteine aderiscono alla superficie del dente per un legame elettrostatico. Questa pellicola che circonda la superficie dei denti viene definita PELLICOLA ACQUISITA, questa si forma in circa mezz’ora, essendo uno strato proteico ha uno spessore molto piccolo che va dai 100 ai 500nm. Queste proteine creano i presupposti per cui alcuni batteri ci si possono attaccare, questi batteri cono compresi all’interno di una matrice costituita da sostanze derivate dall’alimentazione, sali minerali presenti nella saliva o ingeriti, e sostanze derivanti dall’ospite o dai batteri come cellule morte e batteri morti, e da essudato gengivale. Tra dente e gengiva c’è un continuo passaggio e per evitare che qualcosa ci finisce dentro fuoriesce a partire dal circolo terminale, del liquido, del siero. TARTARO È la placca batterica mineralizzata, dura e adesa alle superfici dentarie. Dopo circa 5 giorni (da 4 ore a 14 giorni) la placca batterica subisce un processo di mineralizzazione e inizia a calcificare e a sedimentarsi sotto forma di tartaro che si accumula alla base dei denti e si insinua anche al di sotto della gengiva. 70-90% COMPONENTE INORGANICA: idossiapatite + fosfato e carbonato di calcio 10-30% COMPONENTE ORGANICA: complessi polisaccaridi, epitelio desquamato, leucociti, batteri Si distingue in tartaro sopragengivale e sottogengivale. Se la placca non viene rimossa può trasformarsi in tartaro. Proprio perché ci sono tutte queste componenti avvengono costantemente reazioni chimiche in particolare al calcio e al fosfato presenti nella saliva si può mineralizzare la placca in un tempo variabile in base alla suscettibilità dell’individuo. Il tartaro è dovuto alla saliva e non ai batteri. Mentre la placca può essere tolta con l’igiene domiciliare, il tartaro può essere rimosso solamente con l’igiene professionale. Il tartaro si forma in maniera più importante in due zone: -Parte linguale degli incisivi inferiori -Parete vestibolare dei molari superiore Dove sboccano i dotti delle ghiandole salivari maggiori. LEZIONE 2 PATOLOGIA CARIOSA EPIDEMIOLOGIA L’indice di carie più utilizzato è il DMFT, quando dobbiamo dare un valore all’incidenza di carie in un gruppo che sia popolazione o un gruppo ristretto. Indica il numero di denti cariati, mancanti (persi per carie) e otturati. Anche ogni singola persona ha un proprio DMFT. Per calcolare il DMFT individuale si sommano gli elementi che sono persi, cariati e/o otturati, mentre per fare il DMFT della popolazione si sommano i DMFT dell’intera popolazione e si divide per il numero degli individui, per fare una media. Ai fini epidemiologici l’indici più frequentemente usato per valutare l’intensità con cui la carie colpisce gli individui è il DMFT (Decayed Missed Filled Teeth): Indice epidemiologico indicato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), misura la situazione presente e passata di esperienze di carie. È la somma dei denti(T) cariati(D) mancanti per progressiva carie(M) e otturati(F); Il valore massimo è 32 (o 28 senza considerare i terzi molari); DMFT è per i denti permanenti mentre il dmft è per i denti decidui. In dentizione mista permanenti e decidui si trattano separatamente. In alcuni casi non si calcola il DMFT ma il DMFS cioè non si considera il dente nella sua interezza ma se ne analizzano le diverse superfici poiché un singolo dente può presentare più di una carie/otturazione. Prevalenza Negli ultimi decenni i paesi industrializzati hanno registrato una riduzione della prevalenza della patologia anche se recenti indagini epidemiologiche a carattere nazionale hanno evidenziato che il problema carie è ancora pressante nei bambini italiani, è emersa, infatti, una prevalenza del 22% a quattro anni e circa il 44% a dodici anni. In Italia l’incidenza di carie è andata aumentando dalla guerra in poi fino ad avere un massimo negli anni ‘70, poi è iniziata la prevenzione, attraverso il fluoro soprattutto, e piano piano è scesa l’incidenza ce purtroppo non riesce a scendere sotto un certo valore. Prevalenza=numero di individui affetti da una patologia in un determinato momento Incidenza=numero di nuovi casi di una patologia registrati in un certo tempo. L’OMS per il 2000 si era proposta come obiettivo di diminuire del 50% la patologia cariosa e di un DMFT>3 a 12 anni. Tale obiettivo non è stato raggiunto ed è stato spostato al 2010, anche nel 2010 non si è raggiunto, ed è stato spostato di nuovo al 2020. Le carie possono essere classificate secondo diversi criteri: In base alla localizzazione: Classificazione di Black: - I classe→ carie sulla superficie occlusale del dente - II classe → carie negli spazi interprossimali nei settori posteriori - III classe → carie negli spazi interprossimali nei settori anteriori - IV classe → carie interessante spazio interprossimale e margine incisale dei settori frontali - V classe → carie interessante i colletti - VI classe → carie sulla punte delle cuspidi Con la classificazione di Black classifichiamo la posizione della carie rispetto alla superficie del dente ed ha un’importanza rilevante per quanto riguarda la terapia. (Le carie più semplici da curare sono quelle di I e V classe, le altre sono più complesse in quanto bisogna ricostruire la superficie interprossimale del dente). Oggi la II e la III classe possono essere assimilate una volta erano distinte in quanto i denti anteriori venivano otturati in composito e quelli posteriori in amalgama, questa però non viene più utilizzata. Oppure sono classificabili in base alla gravità - I grado → circoscritta allo spessore dello smalto - II grado → interessa lo spessore dello smalto e della dentina - III grado → interessa smalto e dentina ed è a contatto con la polpa dentaria - IV grado → interessa completamente la polpa ed il dente è andato incontro a necrosi I batteri fanno fatica ad iniziare la lesione cariosa, lo smalto è il tessuto più difficile da erodere, ma una volta arrivati a livello della dentina, che è meno mineralizzata, questi riescono a cariarla con maggiore facilità, per questo una carie che a livello dello smalto può sembrare piccola a livello della dentina può essere rappresentata da una grande cavità. Se non si interviene la carie avanza fino ad arrivare in contatto con la polpa, prima, e comprendere anche la cavità pulpare, poi. Il tartaro che si deposita addosso al colletto si approfondisce nello spazio tra dente e parodonto staccando così il legamento dal cemento, formando una tasca parodontale, l’osso si riassorbe. Noi attraverso l’igiene orale possiamo ridurre l’incidenza della patologia cariosa e della malattia parodontale (le principali patologie del cavo orale). IGIENE ORALE Igiene orale e motivazione del paziente rappresentano i due cardini fondamentale per un buon risultato terapeutico questi costituiscono la prima parte della terapia definita terapia causale la quale molte volte può essere da sola sufficiente a risolvere i problemi parodontali del paziente. È importante quindi la collaborazione del paziente il quale con un buon apprendimento delle metodiche di spazzolamento può influire positivamente ai fini del risultato finale. (Società Italiana di Parodontologia - 2006) L’igiene orale riguarda sia quella domiciliare che quella professionale, il nostro ruolo nell’igiene domiciliare è quello dell’istruzione e della motivazione. Si definisce terapia causale perché agisce sulla causa della patologia ovvero sulla placca, rimuovendo la placca evitiamo la malattia. MOTIVAZIONE DEL PAZIENTE Le pratiche di igiene orale producono dei risultati solo se vengono attuate in modo corretto. Per questo bisogna informare il paziente. L’informazione del paziente di per se produce risultati parziali e a breve termine. Ciò che porta il paziente a seguire le indicazioni ricevute non è la semplice informazione ma la motivazione. Le tecniche di motivazione sono quelle che conducono al miglioramento della compliance (= adeguamento del paziente alle indicazioni del sanitario) del paziente. Per prima cosa, prima di attuare la terapia dobbiamo fare la diagnosi. Per fare diagnosi abbiamo necessità di esaminare il paziente e compiere anamnesi ed esame clinico. DIAGNOSI DELLA MALATTIA PARODONTALE ⇓ Esame del paziente ⇓ ⇓ Anamnesi Esame clinico ANAMNESI L’anamnesi è l’insieme delle nozioni riferite che il medico dettagliatamente raccoglie dai ricordi del malato e dei suoi familiari concernenti le circostanze che hanno preceduto la malattia e la storia eventualmente nota della malattia già accorse ai componenti del nucleo familiare (quelli legati al paziente dal diretto vincolo di sangue). ANAMNESI PARODONTALE: -Patologie sistemiche (diabete, deficit immunitari, malattie infettive, allergie) -Fumo -Terapie farmacologiche -Abitudini alimentari -Familiarità alla malattia parodontale -Età dell’insorgenza dei primi sintomi METODI DI ESAME: - raccolta delle informazioni - ispezione - palpazione, esplorazione, percussione - esame della vitalità - esame radiografico - studio delle impronte e fotografico - esami di laboratorio ESAME CLINICO - STADIO DENTIZIONE: dentatura decidua / dentatura mista /dentatura permanente - STADIO DELLA GENGIVA - PRESENZA DI PLACCA - PRESENZA DI LESIONI CARIOSE - STATO LINGUA E MUCOSE Clinicamente è caratterizzato da un infiammazione gengivale con alterazione del colore e della forma delle gengive (rossore e gonfiore) e da una maggiore tendenza al sanguinamento durante il sondaggio. Inoltre, possono essere associati fenomeni quali recessioni gengivali, mobilità e migrazione degli elementi dentali. L’infiammazione è la reazione di un tessuto e della sua microcircolazione ad un danno o a un agente lesivo. È una risposta protettiva, il cui obiettivo finale è l’eliminazione della causa iniziale di danno cellulare o tissutale. Si caratterizza per un’intensa reazione vascolare che porta al passaggio di liquidi e leucociti dal letto vascolare al tessuto leso e dalla generazione di mediatori infiammatori. L’infiammazione serve a distruggere, diluire, e confinare l’agente lesivo ma allo stesso tempo mette in moto una serie di meccanismi che favoriscono la riparazione o la sostituzione del tessuto danneggiato. CAUSE DI INFIAMMAZIONE: - Agenti fisici (traumi, ustioni) - Agenti chimici (acidi, alcali) - Agenti biologici (batteri, virus, miceti e protozoi) - Agenti immunologici (reazioni di ipersensibilità) I fenomeni che si verificano in risposta a uno qualsiasi di questi agenti lesivi sono all’inizio costanti ( ogni processo infiammatorio in un tessuto od organo è indicato dal suffisso -ite. L’infiammazione può essere distinta in: - Acuta: durata di ore o giorni, si instaura rapidamente, raggiunge un certo grado di intensità e si spegne. Presenza di fenomeni vasculo- essudativi, migrazione di leucociti polimorfonucleati (granulociti), chiamata anche ANGIOFLOGOSI - Cronica: durata di settimane- mesi, non si esaurisce e dura nel tempo. Fenomeni cellulari che riguardano leucociti mononucleati (monociti, linfociti), chiamata anche ISTOFLOGOSI INFIAMMAZIONE ACUTA: è una risposta immediata e precoce a uno stimolo lesivo. È una reazione vascolare e cellulare al danno tissutale, che porta alla formazione di un essudato, ricco di sostanze proteiche, con la finalità di contrastare, nell’area lesa, l’agente lesivo. Segni cardine sono: - Rubor → rossore - Tumor → tumefazione - Calor → calore - Dolor → dolore - Functio laesa → alterata funzione Modificazioni biologiche alla base dei segni descritti: - Alla dilatazione dei vasi sanguigni della zona interessata dall’agente lesivo segue l’aumento del flusso ematico rossore e calore - All’aumentata permeabilità dei vasi sanguigni segue l’accumulo di un liquidi ricco di proteine (essudato) nello spazio extravascolare tumefazione - All’aumento della tensione tissutale e al rilascio di mediatori chimici dell’infiammazione fa seguito al stimolazione delle terminazioni nervose del tessuto leso dolore - Rigonfiamento, morte cellulare, dolore perdita di funzione Esame del paziente Gengiva: - Valutazione aspetto macroscopico (rosa o rossa e gonfia) - -Sanguinamento al sondaggio - -Indice di sanguinamento Legamento parodontale e cemento radicolare: - Valutazione della profondità di tasca (profondità di sondaggio o profondità della tasca è la distanza fra il margine gengivale e la parte più profonda della tasca gengivale e - Valutazione del livello di attacco - sondaggio del livello di attacco: distanza in mm dalla giunzione amelocementizia fino alla parte più profonda della tasca gengivale - Valutazione del coinvolgimento delle forcazioni - Valutazione della mobilità dentale Osso alveolare: -Perdita ossea orizzontale -Perdita ossea verticale -Analisi radiografica -Sondaggio osseo Il margine osseo deve stare più o meno a livello della giunzione amelo-cementizia. Non tutta la bocca è necessariamente malata, per questo dobbiamo valutare se la malattia è solo in alcune zone o in tutto il cavo orale. Per questo ci sono le schede parodontali, che prendono in considerazione tutte le superfici dei denti e delle radici, quindi registreremo il sondaggio e valuteremo il danno tessutale, quindi la perdita di sostanza. DIAGNOSI DELLA MALATTIA PARODONTALE: - Identificare le zone con alterazioni infiammatorie - quantificare il danno tessutale ESAME CLINICO Profondità di sondaggio: misurazione dell’estensione apicale della lesione. Si utilizza la sonda parodontale, l’impugnatura deve essere a penna modificata e la punta della sonda deve essere parallela alla superficie del dente. (Per profondità di sondaggio si intende la distanza dal margine gengivale al termine più profondo della tasca). [Sonda parodontale= con tacche distanti tra loro o millimetrate, con punta arrotondata o con pallina alla fine. La più utilizzata ha una tacca ogni mm ed una tacca più grande a 5mm. Inseriamo la sonda tra dente e gengiva, in un individuo sano la sonda si deve fermare a 1-1,5mm, se c’è patologia la sonda scende per più mm, ed eventualmente la gengiva può sanguinare. Se c‘è del tartaro ci può portare in errore perché blocca la sonda, per questo il sondaggio si fa prima e dopo la detartrasi] Sanguinamento al sondaggio: (BoP= Bleeding on Probing), sanguinamento dopo l’inserimento della sonda parodontale Presenza di infiltrato infiammatorio e placca sottogengivale. Si può annotare con un “!” di fianco alla misura della tasca. [se non c’è sanguinamento il paziente è sano, altrimenti siamo in presenza di lesione] Errori di valutazione che si possono commettere: - Diametro della sonda - Pressione applicata durante il sondaggio (0,25N) - Errata angolazione della sonda dovuta a caratteristiche anatomiche come il contorno della superficie del dente - Presenza di pseudotasche e tartaro - Grado di infiltrazione di cellule infiammatorie nei tessuti molli e conseguente perdita di collagene Livello di attacco clinico: distanza dalla giunzione amelo-cementizia al fondo della tasca gengivale. È dato dall’altezza della recessione + profondità di tasca gengivale. Presenza di recessioni gengivali, Uso la sonda parodontale: -In persone sane ho il livello di attacco pari al sondaggio -In persone con ipertrofia gengivale ho che il sondaggio è maggiore -In persone con recessione gengivale ho che il sondaggio è inferiore Si fa sempre con la sonda, valuta la presenza di recessioni gengivali. In persone sane la gengiva è a livello della giunzione amelo-cementizia quindi il livello di attacco clinico e profondità di sondaggio coincidono. Se a livello del dente c’è una recessione, il livello di attacco clinico è maggiore del sondaggio. Se a livello del dente c’è un’ipertrofia gengivale il livello di attacco clinico è inferiore al sondaggio e si può avere una pseudotasca, ovvero il sondaggio è di 6mm ma in realtà 3mm sono di gengiva oltre la linea amelo- cementizia e quindi la tasca è di soli 3mm. Per eseguire una diagnosi corretta della patologia è necessario valutare la quantità di tessuto di sostegno perso ed identificare l’estensione apicale della lesione infiammatoria attraverso l’esame clinico che prevede la registrazione di diversi parametri. Gengiva: valutazione aspetto macroscopico. Sanguinamento al sondaggio indice di sanguinamento. Forcazioni: Valutabile solo nei denti pluriradicolati. si valuta il coinvolgimento delle forcazioni, per farlo utilizzo la sonda Nabers n°2. Il sondaggio degli elementi pluriradicolati può essere di tre tipi: 1° classe → la forcazione è sondabile fino ad 1/3 dell‘ampiezza del dente 2° classe → la forcazione è sondabile oltre ad 1/3 dell‘ampiezza del dente ma non è passante 3°classe → la sonda è completamente passante la forcazione In un individuo sano la forcazione non è sondabile, se la forcazione è esposta la guarigione non è favorita. Se la perdita di attacco interessa la forcazione l’osso tra le radici non si riforma. Mobilità dentale: Anche questa è valutata secondo una scala a tre gradi: 1° grado → si osserva mobilità della corona del dente di 0,2 - 1 mm sul piano orizzontale 2° grado → si osserva mobilità della corona del dente superiore ad 1mm sul piano orizzontale 3° grado → si osserva mobilità anche sul piano verticale (solitamente un dente con mobilità di 3° grado non è più recuperabile) Si valuta con specchietto e spicillo, si poggiano sul dente le parti posteriori dei manici e si fa pressione con uno solo dei due. Se il dente si muove significa che c’è perdita di osso. Dobbiamo valutare anche qual è la causa della perdita di osso. Le cause di mobilità dentale possono essere: -Lesioni parodontali -Trauma occlusale -Lesioni periapicali -Terapia chirurgica parodontale Esami radiologici: -Radiografia panoramica (ortopantomografia) -Full RX endorale Agli esami radiologici (in 2D) possono essere associate delle TC (in 3D) quella specifica per i denti è la CBCT (tac cone beam). L’ortopanoramica è “sproiettata“, ad esempio la zona degli incisivi si vede male perché posteriormente a questi c’è il rachide cervicale quindi sulla lastra si impressiona anche questo, ed inoltre ci sono artefatti dovuti al fatto che le arcate dentali sono curve e sono lastra piatta. Livello di igiene orale del paziente: Può essere valutato attraverso: -Indice di sanguinamento -Indice di placca - Il triangolo superiore rappresenta l’unità gengivale vestibolare - Il triangolo inferiore rappresenta l’unità gengivale palatale o linguale - I restanti 2 triangoli rappresentano le unità gengivali interprossimali L’indice di sanguinamento gengivale (Ainamo e Bay 1975) Questo indice esprime l’estensione della gengivite e può essere chiamato anche indice di cooperazione in quanto vuole dare la giusta informazione riguardo la collaborazione del paziente. Per valutare il sanguinamento si fa scorrere la sonda lungo il margine gengivale del solco della tasca e si attendono circa 10 secondi. Abbiamo la nostra cartella per l’indice di sanguinamento. Uno schema dove sono riportati tutti i denti, effettuiamo il sondaggio su ogni superficie del dente, se c’è sanguinamento lo riportiamo sul nostro foglio, dopo di che si fa il rapporto tra le aree con sanguinamento e quelle esaminate e lo riportiamo in percentuale. Facciamo il sondaggio dividendo il dente in quattro parti (superfici: mesiale, distale, vestibolare, orale) facciamo il rapporto tra le aree segnate e quelle totali. Dopo di che effettuiamo l’igiene orale e dopo 3 settimane ripetiamo l’indice di sanguinamento. n° aree con sanguinamento x 100 n° aree esaminate - Un alto GBI in presenza di placca, indica che la placca è stata presente per un tempo sufficientemente lungo da provocare l’informazione - Un altro GBI in assenza di placca indica che la placca stata rimossa poco prima e non è trascprsp tempo sufficiente per ridurre l’infiammazione. Indice di placca (O’leary e Coll. 1972) Questo indice esprime l’abilità manuale del paziente. Per evidenziare la placca batterica si possono utilizzare soluzioni rivelatrici. Si osservano le superfici dei denti interessate dall’accumulo di placca utilizzando le soluzioni rilevatrici, si fa il rapporto tra le aree con placca e le totali. Prima di effettuare un intervento orale l’indice di placca dovrebbe essere al di sotto 20% n° aree con placca x 100 n° aree esaminate - Un alto PII in presenza di sanguinamento indica che la placca è stata presente per un tempo sufficientemente lungo da provocare l’infiammazione - Un alto PII in assenza di sanguinamento indica che il suo accumulo è recente e che essa è stata rimossa con frequenza dal paziente, tale da impedire la comparsa dell’infiammazione Questi due indici misurano la compliance del paziente. VANTAGGI: -Verifica la collaborazione del paziente -Risposta dei tessuti -Verifica siti dove persiste l’infiammazione (slide che non ho capito a cosa serva) ESAME DEL PAZIENTE: - PROBLEMI PARODONTALI - PROBLEMI CONSERVATIVI - PROBLEMI ENDODONTICI - PROBLEMI OCCLUSALI - PROBLEMI ESTRATTIVI- CHIRURGICI - PROBLEMI PROTESICI - PROBLEMI ORTOGNATODONTICI Piano di trattamento iniziale- presentazione del caso (costi/ benefici). TERAPIA INIZIALE CAUSALE: 1) TERAPIA CONSERVATIVA, ENDODONTICA, CHIRURGICA, ESTRATTIVA, PROTESICA 2) TERAPIA CAUSALE PARODONTALE: - motivazione e istruzione - igiene orale domiciliare (controllo della placca sopragengivale) - detartrasi e levigatura delle radici (strumentazione sopra e sottogengivale) - tasche parodontali 4mm: igiene orale domiciliare+ detartrasi e levigatura delle radici RIVALUTAZIONE PIANO DI TRATTAMENTO DEFINITIVO TERAPIA CORRETTIVA (terapia chirurgica parodontale, terapia conservativa endodontica, chirurgia estrattiva, protesica) TERAPIA DI MANTENIMENTO (prevenire, trattare la recidiva con controlli periodici) Qualità della vita e prevenzione orale: il concetto di qualità della vita è complesso e globale ed è necessario affrontarlo in un’ottica interdisciplinare per porlo in relazione alla salute orale, valutando i fattori che possono influire sul benessere del bambino. - Fattori funzionali: masticare, mordere, inghiottire, parlare - Fattori psicologici: immagine di sé per l’aspetto fisico piacevole e l’autostima - Fattori sociali: interagire con gli altri, comunicare, sentirsi a proprio agio nell’intimità - Esperienza del dolore: acuto o cronico, possibilità di fare anestesia 1) Prevenzione primaria: - Non far addormentare con poppatoi contenenti zuccheri - Eliminare l’uso del poppatoio dai 14 mesi in poi - Bevande zuccherate e succhi di frutta con il poppatoio - Non utilizzare succhiotti intrisi di miele e/o zucchero - Attenzione alla dieta e alla frequenza di introduzione degli zuccheri - Dolci durante i pasti principali, durante i quali il flusso salivare è maggiore - Sciroppo zuccherati (antibiotici, fluidificanti per la tosse) - Sigillatura dei solchi 2) Prevenzione secondaria: - Modificare i comportamenti scorretti del soggetto - Evitare che lo stato patologico si aggravi e progredisca - Riconoscere white e brown spot - Manovre di spazzolamento - Rimotivazione del paziente 3) Prevenzione terziaria: - Riabilitare - Ricostruire quanto compromesso o perduto - Curare Come motivare all’igiene orale? Attraverso maxi spazzolini e maxi modelli, tramite immagini colorate e fotografie. LEZIONE 3 Società italiana di Parodontologia: “l’igiene orale e la motivazione del paziente all’igiene rappresentano i 2 cardini fondamentali per un buon risultato terapeutico, costituiscono la prima parte della terapia causale, la qualce molte volte può essere da sola sufficiente a risolvere i problemi parodontali del paziente. È importante quindi la collaborazione del paziente che con un buon apprendimento delle metodiche di spazzolamento può influire positivamente sul risultato finale”. Le pratiche di igiene orale producono risultati solo se vengono attuate informare il paziente! L’informazione produce di per sé risultati parziali e a breve termine, ciò che porta il paziente a seguire le indicazioni ricevute è la motivazione tecniche di motivazione sono quelle che conducono al miglioramento della compliance (adeguamento del paziente alle indicazioni del sanitario) del paziente. Obiettivo della motivazione è fare in modo che l’igiene orale domiciliare sia adeguata, motivo per cui sono necessarie capacità tecniche del paziente, abilità di comunicazione e approccio psicologico. COMUNICAZIONE CON IL PAZIENTE: ha il fine di ridurre lo stato d’ansia ai fini di aumentare la compliance, con queste caratteristiche: - Stimolo dell’interesse del paziente - Disponibilità - Eccesso di informazioni (?) - Studio della patologia attraverso una diagnosi personale L’igiene orale centrata sul paziente: il modello desease-centred è un modello dipendente dalla causa della malattia: dagli agenti patogeni (streptococcus mutans), dalle alterazioni dei tessuti (come ad esempio la demineralizzazione dei prismi dello smalto) e dalla farmacologia (esempio dei FANS contro il dolore acuto) semplicità, predittività, chiarezza, insegnabilità. Modello patient-centred: l’operatore deve farsi carico anche della persona malata. Deve essere cambiata la prospettiva: si deve sottolineare l’importanza del paziente attraverso una comunicazione efficace, che rivolge la propria attenzione alle preoccupazioni, alle sensazioni, e alle emozioni dell’individuo rendendolo protagonista della seduta al fine della costruzioni di un rapporto relazionale positivo. COMUNICAZIONE CON IL PAZIENTE: 1) Dialogo: - Anamnesi (storia clinica di un malato o di una malattia) - Pregressi odontoiatrici o precedenti terapie parodontali - Informazioni sulla patologia cariosa e parodontale: Diagnosi Protocolli terapeutici Ci sono delle modalità e delle tecniche per informare, anche se comunque ognuno, in virtù anche della propria situazione personale deve adeguare la propria comunicazione: - Fase 1: descrizione di anatomia e funzionalità dell’apparato stomatognatico - Fase 2: descrizione delle conseguenze negative delle abitudini viziate o carenti - Fase 3: esposizione degli elementi che possono risolvere il problema o patologia 2) Informazioni sullo stato di salute parodontale esame clinico: - Evidenziare la presenza di placca batterica e tartaro - Evidenziare l’infiammazione gengivale, le recesisoni gengivali, la mobilità dentale - Evidenziare i siti più colpiti dalla patologia - Eziopatogenesi: educazione alimentare, igiene orale domiciliare, controlli periodici - Interventi terapeutici immediati - Terapia di mantenimento 3) Analisi degli esami radiografici: - Rx ortopanoramica - Full rx endorali 4) Educazione alimentare: - Sostanze acide: bevande, agrumi, yogurt, vomito erosioni dello smalto - Zuccheri fuori pastocarie - Cibi adesivi e plastici (caramelle gommose) carie - Cibi fibrosi (carne, verdura) autodetersione - Fumo: Pigmentazioni estrinseche: accumulo su superfici linguali, in solchi e fessure o zone ruvide e porose (difetti dello smalto, tartaro, radici esposte). I pigmenti da tabacco possono penetrare nei prismi dello smalto e diventare intrinseci. L’acucmulo dei pigmenti non è direttamente proporzionale al numero di sigarette, ma alla predisposizione individuale e alla qualità dell’igiene orale. Vasocostrizione da nicotina: riduce l’edema dei tessuti e il fluido crevicolare, diminuisce il sanguinamento del tessuto gengivale e quindi la percezione del paziente di stato infiammatorio delle gengive. - Farmaci Anticonvulsionanti (derivati dell’idantoina): aumento di volume gengivale. L’iperplasia è causata dalla produzione di macromolecole del connettivo dai fibroblasti gengivali, comincia dall’area della papilla (più frequente in zona anteriore). La gravità dell’iperplasia e dell’infiammazione gengivale farmaco indotta è inversamente proporzionale al grado di igiene orale. Immunosoppressivi (ciclosporina A): aumento di volume gengivale. Presenza di un connettivo altamente vascolarizzato con ammassi irregolari di collagene - Interventi terapeutici immediati Gengivite: terapia meccanica sopragengivale con strumenti sonici e ultrasonici e strumenti rotanti per superficie e spazi interdentali Tasche parodontali: terapia meccanica sottogengivale Nel corredo includiamo anche degli agenti rilevatori di placca: - Preparati liquidi o in compresse che si legano alla placca batterica pigmentandola. La pellicola acquisita e la placca di recente formazione risultano più chiare rispetto alla placca più vecchia - Formulazioni: eritrosina, mercuriocromo, preparati allo iodio, fluorescina Obiettivi dell’utilizzo degli agenti rilevatori di placca: - Istruire il paziente sulla localizzazione e sul metodo di rimozione della placca - Valutazione quotidiana da parte del paziente - Valutazione, nel tempo, dell’efficacia delle tecniche di rimozione della placca Terapia meccanica sottongegivale: - Strumenti a mano (curettes) - Strumenti sonici ed ultrasonici - Strumenti rotanti per superficie e spazi interdentali È sempre necessario fare una valutazione dello stato di comprensione! Errori frequenti dovuti al fallimento della comunicazione: 1) Difficoltà di comprensione 2) Disorganizzazione 3) Disinteresse, fallimento nella motivazione PLACCA E TARTARO Anatomia del parodonto: struttura dinamica, in continua mutazione ( in relazione all’età, alla masticazione e all’ambiente orale), irrorata da un sistema vascolare, da un sistema linfatico e da una fitta rete di terminazioni nervose altamente specializzate. Tessuti di sostegno del dente La placca batterica è l’agente eziologico della carie e della malattia parodontale. La placca si è resa veramente osservabile quando c’è stato l’avvento del primo microscopio: i primi strumenti utilizzabili, nell’ambito dei microscopi di tipo ottico, vennero prodotti nei paesi bassi alla fine del XVI secolo. Galileo ne inviiò uno di sua costruzione al principe Federico Cesi, fondatore dell’accademia dei Lincei per mostrargliene il funzionamento. Grazie alla scoperta del microscopio, si rileva la presenza di piccoli microorganismi non visibili a occhio nudo. Antony van Leewenhoek nel 1675 individuò la placca dentale e la presenza di “animali” (batteri e microrganismi) in campioni prelevati dalla lingua e dalle superfici dei denti. Lui arrivò a dire “il numero di questi animali in un campione prelevato da un dente umano è così grande che credo superi il numero di uomini presenti in un regno”. Prime definizioni: - La placca batterica è un deposito adeso alla superficie del dente contenenti batteri, i loro prodotti extracellulari e polimeri di origine cellulare. La placca dentale quindi è un biofilm costituito da microrganismi compresi in una matrice derivata da glicoproteine salivari e da polimeri extracellulari batterici. Ma che cos’è un biofilm? Una comunità di microrganismi in una matrice che li unisce a substrati viventi o inerti. Sono comunità di batteri di superficie, inclusi in una matrice extracellulare di proteine di secrezione e carboidrati. Come si costituisce un biofilm: 1) Inizio: interazione delle cellule con una superficie o tra di loro 2) Aggregazione di differenti strati (films) 3) Formazione da parte delle cellule di una matrice extracellulare 4) La struttura dei biofilm può variare a seconda dei microrganismi coinvolti e delle condizioni ambientali Caratteristiche dei biofilm: i biofilm sommersi formano delle proiezioni a colonna o a fungo separate da canali acquosi, i biofilm superficiali formano una pellicola sull’interfaccia aria/ liquido che dimostra una regolazione nel rapporto tra le cellule, la matrice e l’esterno. La placca batterica dentale si sviluppa naturalmente attraverso un susseguirsi di passaggi: 1) Formazione della pellicola acquisita 2) Adesione prevalente nelle prime giornate di cocchi gram positivi (in particolare Streptococcus sanguis e streptococcus oralis) 3) In 2-3 settimana vi è una parziale e pregresisva sostituzione con Actinomyces (in particolare Actinomyces viscosus/naeslundii) Veilonella e Bacteroides, associate di frequente alla presenza di forme rotondeggianti e, soprattutto, filamentose gram-positive e gram-negative PLACCA BATTERICA: massa densa, bianco/gialla, complessa, con composizione quali e quantitavamente variabile nel tempo e suscettibile alle variazioni chimiche, fisiche e meccaniche che avvengono nel cavo orale. Composizione: - Pellicola acquisita (proteine salivari) dello spessore di 100-500 nm - Matrice (20/30%): o Sostanze derivanti dall’alimentazione (zuccheri, carboidrati, lipidi) o Sali minerali (calcio e fosforo) o Sostanze provenienti da tessuti dell’ospite o dai batteri o Essudato gengivale (fluido crevicolare) - Batteri (70-80%) Distinguiamo in placca sopragengivale e placca sottogengivale. Formazione della placca: 1) Le glicoproteine salivari aderiscono allo smalto per formare la pellicola acquisita 2) Colonizzazione selettiva della pellicola acquisita dai batteri 3) Crescita e maturazione della placca 4) PELLICOLA ACQUISITA, composizione: - Strato acellulare, omogeneo, organico - Glicoproteine - Limite di 100 strati cellulari - Funzione protettiva È un sottile strato di materiale organico amicrobico (non contiene batteri o comunque ne contiene pochissimi). È perennemente adesa allo smalto dentiale e alle mucose orali, in quanto si forma pochi minuti dopo la detersione dei denti. Può essere intesa come la condizione senza la quale non si ha una prima adesione microbica. Può essere isolata se si tratta brevemente un dente con acido cloridrico (HCl) per ricavarne delle striscioline di dimensioni minori. La pellicola salivare acquisita si forma molto rapidamente sulle superfici dentarie e, una volta rimossa con lo spazzolino, si riforma aumentando di dimensioni progressivamente fino a che in circa 30 minuti raggiunge dimensioni stabili. Le glicoproteine salivari sono ricche in amminoacidi che molto probabilmente stabiliscono con la superficie dello smalto legami di tipo elettrostatico. Proteine di membrana presenti sulla superficie batterica interagiscono con i componenti della pellicola acquisita rendendo possibile l’adesione dei batteri alla superficie dentale. Subito dopo inizia l’aderenza batterica con numerose specie che subentrano progressivamente. Quindi la pellicola ed una moderata quota di placca mucobatterica al di sotto di 100 strati cellulari, risulta essere fisiologica. Questo equivale a dire che, se non ci fosse la pellicola acquisita, non ci può essere adesione batterica. La pellicola, al di sotto di una moderata quota di placca mucobatterica, al di sotto di 100 strati cellulari, risulta fisiologica. Svolge un’importante funzione protettiva: permette l’adesione dei batteri alla superficie dentaria, può essere quindi intesa come un intermediario. È il momento che precede la formazione di placca. Composizione: - Lisozima: è un enzima che scinde il legame tra N-acetilglucosammina e acido muramico della parete dei batteri GRAM + - Lattoferrina: glicoproteina salivare, presente anche nel siero, con 2 siti di legame peer 2 ioni Ferro e quindi è un trasportatrice di ferro (transferrina). Ha anche una funzione antimicrobica - IgA: è un anticorpo - Lattoperossidasi; previene la formazione di forme radicaliche, scindendo l’acqua ossigenata Spessore: varia da 0,1 a 0,5 micrometri= 100-500 nanometri La pellicola salivare acquisita rappresenta il risultato di un assorbimento selettivo di componenti salivari di varia natura (soprattutto glicoproteine, lipidi, proteine), sulla superficie dello smalto. Si forma così un sottile strato che separa il compartimento salivare della superficie del dente. La pellicola acquisita si forma grazie alla saliva, che infatti è composta al 98% di acqua, elettroliti. Una volta a contatto con i tessuti dentali, già dopo 1 minuto la detersione, determina la formazione di placca acqusita che arriva a uno spessore di 18 nm. Viene rimossa durante le procedure di igiene orale domiciliare, cioè con lo spazzolino, ma dopo pochi minuti dalla profilassi sono già presenti 89 tipi di proteine. È stata studiata anche la pellicola acquisita che si forma sulla ceramica, quindi anche sui restauri. È stato studiato che 3 minuti dopo le manovre di igiene orale, si hanno circa 190 proteine diverse, mentre dopo 30 minuti dopo la detersione le dimensioni della pellicola acquisita risultano stabili, mentre a 2 ore dalla detersione, le dimensioni della pellicola risultano maggiorie e raggiungono circa 1000 nm di spessore. La pellicola acquisita risulta più sottile nelle superfici dentali interne, cioè quelle che superiormente si trovano sul versante palatale e inferiormente sulla superficie linguale dei denti: c’è un’azione protettiva della lingua sui denti per cui questa pellicola acquisita ha uno spessore più sottile rispetto alle altre superfici dentali. Ci sono dei fattori che incidono sulla formazione della pellicola acquisita: prima di tutto la dieta, il ruolo del latte è fondamentale in età evolutiva sia per il suo potere cariostatico che cariogeno. Esso contiene la caseina, una fosfoproteina che riduce l’adesione dello streptococco mutans alla pellicola acquisita e veicola gli ioni calcio e fosfato nella pellicola acquisita per renderli disponibili alla remineralizzazione la dieta ha un ruolo anche ai fini della pellicola acquisita fisiologica, è chiaro che possiamo anche interagire a livello di igiene orale con la clorexidina e il fluoro, che hanno la funzione di interagire con la pellicola acquisita e da indurre una remineralizzazione del dente. Il meccanismo di deposizione delle glicoproteine sul dente sembra essere la precipitazione selettiva di questa macromolecole ( a carica negativa) ad opera di ioni Ca (quindi con carica positiva); probabilmente sono coinvolti anche altri ioni come Na e K, presenti sulla superficie della fase solida dello smalto (carica negativa) e dotate di alta affinità per i gruppi carbossilici delle proteine solubilistruttura a sandwich: - Cariche negative macromolecole - Cariche positive ioni - Carica negativa sulla superficie dello smalto La formazione della pellicola acquisita dello smalto rappresenta la prima tappa della formazione della placca, e può essere rimossa con lo spazzolamento, ma si forma nuovamente in un tempo compreso tra pochi minuti ed alcune ore, in rapporto a numerosi fattori (in genere dopo un’ora dall’ultima detersione). Funzioni della pellicola acquisita: - costituisce una base per la successiva adesione batterica. Nella pellicola si possono evidenziare piccole quantità di destrani originate dai batteri nella saliva: questo potrebbe in parte spiegare l’adesione dei batteri su di essa. È importante sottolineare come i destrani vengano elaborati particolarmente da saccarosio ingerito. Il meccanismo di aggregazione dei batteri “pionieri” sulla pellicola sembra legato all’idrolisi dell’acido sialico da parte di una neuroaminidasi e conseguente precipitazione delle proteine residue. - ruolo di substrato per la placca batterica e inoltre proteggo lo smalto da abrasione ed erosione. Infatti la pellicola salivare sembrerebbe rivestire una funzione importante nel rallentare la demineralizzazione dei tessuti duri del dente e nella protezione degli stessi dagli insulti meccanici dovuti all’attrito durante l’attività funzionale. - Barriera di diffusione nei confronti dei metaboliti acidi, che aggrediscono i tessuti duri del dente, prodotti dai microrganismi (della placca batterica) nei confronti degli ioni calcio della demineralizzazione dello smalto. - Effetto protettivo della pellicola salivare acquisita sembra aumentare con il trascorrere del tempo, soprattutto quando la sua età si aggira intorno ai 3-7 giorni Quindi abbiamo una doppia funzione: - Funzione protettiva: diminuendo il contatto diretto fra gli acidi e la superficie dentale, riducendo la dissoluzione dell’idrossiapatite, essa protegge meglio lo smalto rispetto alla dentina, per l’alta solubilità e porosità di questa, che comporta una sua più rapida dissoluzione - Funzione di permeabilità selettiva per lo smalto: è un substrato trofico per le specie batteriche della placca e rappresenta un substrato adesivo per i batteri stessi. La formazione della pellicola acquisita è influenzata da: - Ciclo circadiano - Composizione del microbiota orale - Capacità proteolitiche del cavo orale PLACCA DENTALE Marsh e altri nel 1992 hanno postulato quelli che sono gli stadi di formazione della placca dentale: - Una fase di adsorbimento e deposizione dei microrganismi sulla superficie dentinale, meccanismo ancora reversibile - Fase in cui avviene il legame tra polimeri della membrana batterica e della pellicola acquisita, e questo è un fenomeno di tipo irreversibile - Fase seguente di ulteriore legame polimerico tra batteri e superficie dentale, cui si integrano ulteriori legami tra batteri di specie diverse che interagiscono tra di loro - Una fase di crescita e formazione del biofilm batterico mediante ulteriori fenomeni di adesione e replicazione batterica Le caratteristiche ideali che conferiscono al batterio il massimo potenziale cariogeno sono: - Acidogenicità - Aciduricità - Possibilità di trasporto intracellulare di zuccheri - Capacità di adesione e crescita sui tessuti duri - Produzione di EPS - Produzione di IPS - Resistenza ai meccanismi protettivi dell’ospite - Capacità di interazioni positive con un ecosistema Una volta che la placca è giunta alla sua maturazione, se non viene rimossa, rimane stabile nel tempo. Descrivendo la placca dentale sulla base della sua composizione microbica possiamo distinguere: - Fase della placca iniziale: primo periodo di formazione della PD e si intende a livello temporale dalle 2 alle 8 ore. Consiste nell’adesione dei primitivi batteri colonizzatori ai componenti tissutali dell’ospite (ossia alla pellicola acquisita e a superfici di smalto libere) - Fase della placca giovane: dura dalle 8 alle 48 ore, si assiste all’evoluzione multistratificata di cellule batteriche (baastoncelli, filamenti, fusobatteri) immersi in una matrice di costituenti batterici - Fase della placca matura dai 2-9 giorni e oltre): si ha costituzione di un biofilm dentale maturo stabile anche se in continuo rimaneggiamento, definito “comunità apicale” Durante la formazione della placca iniziale il tasso si duplicazione batterica è molto elevato ed è compreso tra le 1 e le 3 ore. PLACCA BATTERICA SOPRAGENGIVALE: inizialmente la placca è una sottile pellicola completamente asettica (pellicola acquisita) ma, dopo un’ora dalla sua formazione, diventa un reticolo pieno di batteri orali. I batteri, grazie ai residui alimentari (in particolare zuccheri) aumentano velocemente di numero (1 mg di placca può consentire dai 200 ai 500 milioni di batteri). L’equilibrio normalmente esistente tra le varie specie che compongono la flora orale (circa 80 varietà di microrganismi) può essere alterata dallo sviluppo della placca gengivale. PLACCA SOTTOGENGIVALE È necessario distinguere tra: - Placca sottogengivale aderente al dente: porzione apicale distante dall’epitelio giunzionale coinvolta nella formazione del tartaro (streptococcus mitilis, sanguis) - Placca libera: distruzione rapida e progressiva (poriromonas gingivalis, actinomices actinomicetemcomitans, capnocitofago) Quando parliamo di placca batterica parliamo di situazioni che possono essere causa di insorgenza di patologia cariosa, ma anche di infiammazione gengivale che rappresenta un primo momento che può degenerare. La placca batterica è facilmente rimovibile e può avere diverse gravità e può indurre recessione gengivale ed essere alla base della formazione del tartaro. PIGMENTAZIONI e DISCROMIE: ogni individuo possiede una colorazione propria dei denti dovuta a fattori genetico- costituzionali. Lo smalto ha una tintura avorio più o meno chiara ed è traslucente quindi il suo colore è condizionato dallo spessore e dal colore della dentina sottostante. I fattori che alterano la tinta del dente possono aderire direttamente alla superficie dentale, aderire al tartaro o alla placca batterica oppure essere incorporate nella struttura dentale. Distinguiamo in: - Discromie estrinseche: situate all’esterno del dente - Discromie intrinseche: incorporate nel dente La BLACK STAIN: più comunemente conosciuta come “placca pigmentata”, la black stain è molto diffusa soprattutto nei bambini e colpisce generalmente gli elementi dentali della dentizione decidua e mista. Le black stains possono essere diagnosticate clinicamente come delle macchi o linee brunastre che si estendono sulla superficie del dente in modo continuo o discontinuo, con maggiore frequenza a livello del terzo cervicale del dente in prossimità del margine gengivale. L’intensità della pigmentazione varia tra i differenti pazienti, così come il numero dei denti affetti (sebbene sia molto raro riscontrare la pigmentazione esclusivamente su un singolo elemento). La placca è asportabile mentre la black stain si può rimuovere solo con la strumentazione professionale. La black stain interessa maggiormente la dentatura decidua e mista, studi clinici dimostrano che lo smalto dei denti decidui, presentando spazi interprismatici più ampi e cristalli apatitici non ancora ben organizzati, sia più predisposto all’accumulo di pigmenti estrinseci. Il fattore eziologico è un sale ferrico (solfuro ferrico) formato dalla reazione tra il solfuro d’idrogeno prodotto dal metabolismo batterico e lo ione ferro contenuto nella saliva e nell’essudato gengivale. A questo proposto, molteplici studi riportano la prevalenza di batteri cromogeni nella placca dentale di soggetti che presentano la black stain. Fattori predisponenti: - Frequente assunzione di alimenti e bevande pigmentate: in particolare ciò che contiene ferro, come verdure, spezie, carne rossa - Abitudini viziate (onicofagia, suzione di oggetti vari): determinano una veriazione quantitativa e qualitativa della placca batterica - Composizione biochimica salivare: concentrazione maggiore di calcio, fosfato, glucosio e sodio e una diminuzione di proteine salivari - Terapie farmaologiche: un utilizzo recente di farmaci come antibiotici, antimicotici e terapia con ferro influiscono sulla composizione della placca batterica Fattori ereditari: - Familiarità della black stain: trasmissione di batteri cromogeni da genitori a figli e tra fratelli e altri parenti, ed ereditarietà nella composizione biochimica salivare. La Black stain, dal 1963 ad oggi, è stata studiata essenzialmente per la composizione microbiologica dei pigmenti scuri e la sua correlazione con la riduzione dell’indice di carie (DMFT). Questa riduzione potrebbe ascriversi alla composizione salivare dei soggetti con Black Stain, la quale presentando più ioni Calcio e Fosfato, contribuirebbe alla remineralizzazione precoce si una lesione cariosa. Parliamo di trasmissione di batteri perché il cavo orale alla nascita del bambino è sterile e i primi batteri che possono colonizzare la bocca sterile del bambino sono quelli esterni, che vengono a contatto con la bocca del bambino, contenuti in oggetti ma anche l’assaggio e l’utilizzo di posate da parte dei bambini. Quanto più alta è la concentrazione di streptococcus mutans nella bocca della mamma, tanto maggiore è il rischio di insorgenza della patologia cariosa e così accade anche nella black stain quando vengono trasmessi batteri cromogeni responsabili della black stain Studio clinico e microbiologico: materiali e metodi - Quantificare e individuare le specie di microrganismi presenti nei prelievi di placca dei pazienti tra i 2 e i 15 anni - Testare l’efficacia in vitro e in vivo di due colluttori in esame (Colluttorio A al fluoro e colluttorio B alla clorexidina 0,12%) - Individuare un protocollo operativo rigido per limitare la recidiva della black stain La formazione si ripresenta dopo l’asportazione già nell’arco del mese: un follow up ripetuto e protocolli professionali alla poltrona possono ridurre la presenza dei batteri cromogeni fino alla loro scomparsa nel tempo (12-14 mesi o anche meno). La presenza della black stain è indice di una condizione qualitativa e quantitativa dell’ecosistema salivare favorevole a una minore cario recettività, grazie alla presenza nel cavo orale di un’elevata concentrazione molare di fosfati inorganici e ioni calcio. Inoltre l’evoluzione e la recidiva della black stain sono caratterizzate da profondi mutamenti della flora batterica sopra e sottogengivale, come della morfologia del sito dentale interessato e della sua composizione chimica, come conseguenza dell’attività batterica, da una parte, e dei meccanismi reattivi dell’ospite dall’altra. Il coinvolgimento dell’immunità specifica, legata di volta in volta alla diminuita o eccessiva intensità della risposta difensiva, indotta da caratteristiche proprie del soggetto o dalla presenza di fattori locali, sia microbici che meccanici, è un dato da considerare. Tra i fattori predisponenti emersi dallo studio, la frequente assunzione di alimenti e/o bevande pigmentanti e le abitudini viziate,, quali onicofagia e suzione di oggetti, sono da considerare. Sembra inoltre che l’ereditarietà parziale della Black Stain (correlata alla composizione biochimica salivare e alla presenza di batteri cromogeni nel cavo orale), sia da interpretare come fattore predisponente alla Black Stain. In base all’identificazione batterica, risulta confermato che i batteri presenti in maggior percentuale nei prelievi di placca sono appartenenti alla specie dei clostridi e che l’uso del collutorio è molto importante per la diminuzione quantitativa della pigmentazione. Si ipotizza che il collutorio più efficace sulla riduzione in vivo e in vitro della crescita batterica sia il Collutorio B a base di Clorexidina 0,12%. Il collutorio A a base di fluoro è risultato parzialmente efficace nella riduzione della recidiva a lungo termine di Black Stain, mentre quasi per nulla efficace nell’inibizione della crescita batterica. DISCROMIE INTRINSECHE: si formano durante lo sviluppo dei tessuti che compongono il dente (discromie intrinseche preeruttive) o dopo l’eruzione degli elementi dentari (discromie intrinseche acquisite o post eruttive). La loro origine può essere interna alla struttura dentale (discromie intrinseche endogene) o esterna (discromie intrinseche esogene). LEZIONE 4 TARTARO È la placca batterica mineralizzata, dura e adesa alle superfici dentarie. Dopo circa 5 giorni (da 4 ore a 14 giorni) la placca batterica subisce un processo di mineralizzazione e inizia a calcificare e a sedimentarsi sotto forma di tartaro che si accumula alla base dei denti e si insinua anche al di sotto della gengiva. - 70-90% COMPONENTE ORGANICA: idossiapatite + fosfato e carbonato di calcio - 10-30% COMPONENTE INORGANICA: complessi polisaccaridi, epitelio desquamato, leucociti, batteri. Si distingue in tartaro sopragengivale e sottogengivale. Composizione del tartaro Sali di fosfato di calcio: -Bruscite B -Fosfato octacalcico OCP -Idrossiapatite HA -Whitelochite W Tartaro sopragengivale → B, OCP (negli strati esterni), HA (negli strati interni), W (raramente) Tartaro sottogengivale → WeHA - Tartaro sopragengivale: è più chiaro e friabile, localizzato preferibilmente a livello dei colletti dentali; specie in corrispondenza degli sbocchi delle ghiandole salivari (superficie linguale degli incisivi inferiori: dotto di Wharton; superficie vestibolare del primo molare superiore: dotto di Stenone) - Tartaro sottogengivale: è più duro e di colore marrone (a causa di pigmenti ematici dovuti alla presenza di sanguinamento sottogengivale). È difficilmente rimovibile, si trova sulle superfici radicolari all’interno delle tasche parodontali. SCALIG DETARTRASI: procedura tesa a rimuovere la placca e il tartaro dalla superficie del dente. A seconda di dove sono situati i depositi lo scaling può essere sopra o sottogengivale. ROOT PLANING- LEVIGATURA RADICOLARE: tecnica con cui si rimuove il cemento rammollito rendendo dura e lisca la superficie radicolare. DISCROMIE E PIGMENTAZIONI DENTALI Ogni individuo possiede una colorazione propria dei denti dovuta a fattori genetico-costituzionali. Lo smalto ha una tintura avorio più o meno chiara ed è traslucente quindi il suo colore è condizionato dallo spessore e dal colore della dentina sottostante. I fattori che alterano la tinta del dente possono aderire direttamente alla superficie del dente, aderire al tartaro e alla placca batterica oppure essere incorporate nella struttura dentale. Si distinguono due tipologie di discromie: - Discromie estrinseche (situate all’esterno del dente) - Discromie intrinseche (incorporate nel dente) PIGMENTAZIONI ESTRINSECHE -Origine batterica -Da fumo -Da alimenti -Di origine chimica I pigmenti sono di natura esogena cioè determinati da agenti esterni al dente. Sono asportabili mediante scaling o polishing dentale. Le macchie vengono classificate secondo l’origine e distinte in base al colore. 1)Pigmentazioni estrinseche: - Fumo Le macchie da fumo si estendono a tutta la superficie del dente, con accumulo nelle fessure, nei solchi, nelle zone più ruvide e porose come difetti dello smalto, tartaro e radici esposte. Spesso sono più intense sul versante linguale. I pigmenti da tabacco possono penetrare i prismi dello smalto e diventare intrinseci. L’accumulo di pigmenti dipende dalla naturale predisposizione di ogni individuo ed alla sua igiene orale. MACCHIE DI TABACCO: le più importanti derivano dai residui catramosi della combustione del tabacco o dall’infiltrazione di liquidi di tabacco nello smalto. Sono di colore bruno o nero e seguono il contorno del margine gengivale fino al terzo coronale. La quantità di fumo non è direttamente proporzionale all’entità delle macchie. - Black stain: sono dovute ai batteri cromogeni. Sono rappresentate da una sottile linea vicino al margine gengivale, sono aderenti e recidivanti, anche in pazienti con un buon livello di igiene orale, sono più diffuse nelle donne. - Alimenti Alcuni cibi e bevande e coloranti in essi contenuti possono depositare sui denti pigmenti scuri facilmente asportabili. Tendono a depositarsi su tutte le superfici specialmente nei solchi, nelle fessure e sulle zone ruvide e porose. Si notano maggiormente se l’igiene è inadeguata. Le sostanze pigmentanti sono contenute in: thè, caffè, spezie, liquirizia, carciofi, salsa di soia e in genere nei coloranti chimici contenuti nei cibi confezionati. Le macchie hanno un colore nero/marrone. - Pigmentazioni di origine chimica Alcuni farmaci e prodotti terapeutici possono provocare l’accumulo di macchie scure a causa del loro effetto sulla placca batterica. L’uso prolungato di clorexidina e di fluoruro stannoso comporta la formazione di pigmenti marroni/neri sulla lingua e sui denti. Tali pigmenti sono dei residui ossidativi dei batteri, la loro formazione è più evidente nelle radici e nelle aree di accumulo di placca batterica. Alcuni metalli contenuti nei medicinali, nei cibi, nell’acqua e nell’aria possono depositarsi direttamente sulle superfici dei denti pigmentandoli. - Macchie verdi o arancioni: più comuni in bambini e ragazzi, origine cromogena per pigmentazione della pellicola acquisita. - Macchie metalliche: dovute a pulviscoli metallici derivanti da polveri industriali, da Sali metallici o da farmaci che li contengono. Macchie superficiali o profonde e permanenti. Il rame produce macchie verdi, il ferro macchie brune. - Pigmentazioni di origine metallica Possono essere diagnosticate clinicamente delle macchie o linee brunastre che si estendono sulla superficie dei denti in modo continuo o discontinuo con maggiore frequenza a livello del terzo cervicale del dente in prossimità del margine gengivale l’intensità della pigmentazione varia tra le diverse zone. Interessa maggiormente la dentatura decidua e mista. Studi clinici dimostrano che lo smalto di denti decidui, presentando spazi interprismatici più ampi e cristalli apatitici non ancora ben organizzati, sia più predisposto all’accumulo di pigmenti estrinseci. Il fattore eziologico è un sale ferrico (solfuro ferrico) formato dalla reazione tra il solfuro di idrogeno prodotto dal metabolismo batterico e lo ione ferro contenuto nella saliva o nell’essudato gengivale. A tal proposito molteplici studi riportano la prevalenza dei batteri cromogeni nella placca dentale dei pazienti che presentano Black stain. Fattori predisponesti: alimenti o bevande pigmentanti in particolare contenenti ferro. Abitudini viziate: onicofagia, suzione di vari oggetti, composizione biochimica della saliva, terapie farmacologiche, fattori ereditabili Dal 1963 è stata studiata essenzialmente per la composizione microbiologica dei pigmenti scuri. I batteri più chiamati in causa sono i clostridi LA BLACK STAIN: più comunemente conosciuta come “placca pigmentata”, è molto diffusa soprattutto nei bambini e colpisce generalmente gli elementi dentali della dentizione decidua e mista. PIGMENTO EZIOLOGIA ASPETTO ESTENSIONE DENTE NON VITALE Emoglobina, detriti Giallo, marrone, grigio, Generalizzazione sui pulpari rosa denti coinvolti MELANODONZIA melanina Bruno, marrone con Incisivi e molari erosione superiori decidui DENTINOGENESI genetica Grigio/blu, marrone, generalizzata IMPERFETTA opalescente AMELOGENESI genetica Giallo/marrone, generalizzata IMPERFETTA grigio/marrone IPOPLASIA DELLO varia Bianco, difetti localizzata SMALTO superficiali FLUOROSI fluoro Bianco, marrone, difetti Generalizzato o (dovuta a eccesso di superficiali localizzata assunzione di fluoro) TETRACICLINE tetracicline Banda orizzontale Generalizzata (antibiotici, quando giallo/marrone, grigio elemento dentario è in formazione. Se assunte in età adulta non creano questi problemi) DENTI DI TURNER trauma Bianco/giallo Localizzata DISCROMIE INTRINSECHE si formano durante lo sviluppo dei tessuti che compongono il dente o dopo l’eruzione degli elementi dentali (discromie pre-eruttive e post-eruttive). La loro origine può essere interna alla struttura dentale (endogena) o esterna (esogena) DISCROMIE INTRINSECHE ESOGENE: PIGMENTO EZIOLOGIA ASPETTO ESTENSIONE DECALCIFICAZIONE Batterica Giallo/marrone, nero, Localizzata difetti superficiali EROSIONE Acidi Giallo, marrone, difetti Localizzata superficiali LESIONE CARIOSA Batterica Marrone, nero, difetti Localizzata superficiali OTTURAZIONE Materiale da Giallo/marrone, grigio Localizzata otturazione DISCROMIE INTRINSECHE DA AFFEZIONI SISTEMICHE: PATOLOGIE ASPETTO CLINICO ERITROBLASTOSI FETALE Colore verde bluastro PORFIRIA CONGENITA EREDITARIA Rosso bruno SCLEROSI TUBEROSA Difettosa interzione ameloblasti-odontoblasti EPIDERMOLISI BOLLOSA EREDITARIA Ipolasia smalto giuntiforme, colore giallo, denti anteriori DISPLASIA ECTODERMICA Ipoplasia e ipocalcificazioni, microdonzia e conoidi ITTERO Ittero emolitico: colore giallo Ittero da ritenzione: giallo-verde INCONTINENTIA PIGMENTI ACHROMIANS Dentina irregolare, giallo-marrone MALFORMAZIONI CARDIACHE Alterazione colorazione per ridotta ossigenazione tessuti MALATTIE PARODONTALI: le malattie parodontali causano gravi menomazioni funzionali, fonatorie ed estetiche e sono la causa principale di perdita di denti negli adulti. Sono causate da alcuni batteri specifici che provocano un’intensa risposta infiammatoria locale e colpiscono con particolare gravità soggetti suscettibili per ragioni legate alla genetica e agli stili di vita (ad esempio il fumo e le abitudini all’igiene orale domiciliare). Sono più frequenti nei segmenti disagiati della società e in particolare nei soggetti che hanno difficoltà ad avere accesso ai servizi preventivi e alle cure odontoiatriche. Alcune malattie sistemiche, come il diabete non controllato, possono aumentarne il rischio di sviluppo e di progressione. Esiste una correlazione diretta tra l’incidenza delle gengiviti e una scarsa igiene orale domiciliare. Una buna igiene orale è la risposta più efficace nella prevenzione e nel trattamento delle gengiviti. Le malattie parodontali sono provocate da alcune specie batteriche e sono influenzate nel loro decorso e gravità da numerosi fattori locali e sistemici del paziente. - Le gengiviti interessano la gengiva marginale e sono caratterizzate da arrossamento del margine gengivale, edema, sanguinamento al sondaggio, sono completamente reversibili me possono precedere una parodontite. - Le parodontiti sono un gruppo di patologie caratterizzate dalla distruzione dell’apparato di supporto dei denti. Clinicamente, si manifestano con perdita di attacco tra i tessuti parodontali e il dente, con riassorbimento di osso alveolare e formazione di tasche e talvolta di recessioni gengivali il segno caratteristico delle parodontiti è rappresentato dalla perdita di attacco e dalla formazione della tasca parodontale. La distruzione dei tessuti di sostegno dei denti causata da una parodontite è, nella maggior parte dei casi, irreversibile. PROGRESSIONE DELLA MALATTIA PARODONTALE Rapporti anatomici tra i tessuti parodontali e denti in condizioni fisiologiche in un soggetto sano: Gengivite: Parodontite: Formazione di tasca parodontale: Recessioni gengivali: migrazione del margine gengivale in direzione apicale, con esposizione della radice all’ambiente orale LEZIONE 5 IGIENE ORALE Cos’è l’igiene orale? È la principale delle misure di prevenzione della carie e della malattia parodontale. Ci permette di tenere sotto controllo l’accumulo e l’organizzazione della placca batterica impedendo la formazione di lesioni cariose e l’insorgenza della malattia parodontale. Le manovre di igiene orale non sono istintive ma sono un’ abitudine che deriva dall’educazione. È indispensabile educare il paziente sin da bambino attraverso un’adeguata spiegazione dei comportamenti preventivi utili a mantenere una buona igiene orale. L’igiene deve iniziare prima dell’eruzione dei denti, bisogna pulire le selle edentule del lattante. - È fondamentale che l’igiene sia quotidiana e che avvenga dopo ogni pasto, soprattutto la sera prima di andare a dormire. - È raccomandabile che duri almeno 2 minuti e che venga eseguita nella modalità corretta. A partire da quale età effettuare le manovre di igiene orale? - All’eruzione dei primi denti decidui va praticata da un genitore, inizialmente con una garza bagnata e successivamente con uno spazzolino con la testina piccola e le setole morbide. - Il dentifricio va utilizzato a partire da quando il bambino riesce a sciacquare la bocca e a controllare la deglutizione. - All’età di 3/4 anni il bambino può iniziare a spazzolare autonomamente i denti ma sempre opportunamente guidato da un genitore. La strumentazione necessaria consiste di: - Spazzolino - Dentifricio - Strumenti interdentali - Colluttorio - Gel parodontale - Agenti rivelatori di placca Nei bambini piccoli è meglio utilizzare un dentifricio senza fluoro finché non siamo sicuri che non lo ingerisce. Poi utilizziamo un dentifricio che ne contiene poco, meno di 500ppm. I bambini con dentizione mista possono utilizzare un dentifricio contenente 1000ppm. Il controllo da parte dell’adulto può cessare nel momento in cui il bambino ha raggiunto la piena autonomia, quindi intorno ai 6/7 anni. SPAZZOLINO: deve essere personale! - Adeguata grandezza e forma: Testina: 1.5cm per bambini, 2-3 cm per adulti Manico:dritto - Setole: (artificiali/sintetiche raggruppate in ciuffi di 3 o 4, di media durezza con punte arrotondate, di pari lunghezza e perfettamente integre) - Va mantenuto asciutto e sostituito circa ogni 2 mesi. MANICO: - Costituito di materiale plastico atossico - Può essere flessibile, rigido o angolato (doppia o tripla angolatura) - I bordi devono essere arrotondati - La lunghezza è compresa tra 100-200mm (110-120 mm negli spazzolini per adulti e 100-106 mm negli spazzolini per bambini). COLLO - Dev’essere più stretto del manico e della testina, flessibile e non molto lungo per ammortizzare l’intensità delle forze che vengono impresse sul manico - La lunghezza è compresa tra i 30 e i 40 mm negli spazzolini per adulti e 28-30 mm negli spazzolini per bambini. TESTINA - Può presentare diverse forme, è preferibile corta per accedere in tutte le aree della cavità orale. - Bordi arrotondati - Dimensioni variabili da 17-20 mm negli spazzolini per bambini; 25,35 mm in quelli per adulti - Le testine sono divise in: piccole 25-26 mm, medie 28-29 mm, medio/grandi 30-34 mm. SETOLE - In materiale artificiale (tynex o nylon) - Devono essere flessibili ma presentare allo stesso tempo una buona rigidità - Devono avere bassa igroscopicità (assorbire poca acqua). - Devono presentare basso peso specifico - Devono essere chimicamente inerti, resistenti all’abrasione e strutturalmente omogenee - Le punte devono essere smussate e arrotondate mentre la superficie esterna deve essere levigata e rifinita per garantire un’ azione atraumatica e per diminuire l’adesione di detriti e batteri. - Il numero delle setole varia in base al prodotto (500-2000). - Hanno struttura circolare o esagonale (tale forma permette un aumento del 10% della superficie attiva pulente) - La lunghezza standard è di 10-14 mm dalla testina alla punta per prodotti indicati per gli adulti e 8,5-10 mm per gli spazzolini per bambini - Sono raggruppate in ciuffi formati da 30-60 setole - I ciuffi sono disposti in file: 2 (spazzolini sulculari), 3 o 4 file - Gli spazzolini con ciuffi di setole ravvicinati presentano un numero di 10 ciuffi per ogni fila, mentre quelli con i ciuffi distanziati ne hanno 6 per ogni fila. Distinguiamo in: - Setole naturali: setole di maiale, peli di tasso - Setole artificiali: nylon 66, nylon 612 (tynex) Svantaggi delle setole naturali: - Eccessiva morbidezza - Presenza di un canale midollare interno che una volta svuotatosi dopo una breve sere di operazioni di spazzolamento tende a riempirsi di batteri e detriti - Estremità sfrangiate e quindi lesive La rigidità dello spazzolino è determinata dalla rigidità dei singoli filamenti (diametro del filamento, lunghezza del filamento e elasticità). In base al diametro dei singoli filamenti e quindi al tipo di nylon utilizzato, gli spazzolini vengono classificati in 3 classi di durezza: - Morbido con diametro inferiore a 0,18-0,20 mm - Medio con diametro compreso tra 0,21 e 0,22 mm - Duro con diametro tra 0,24 e 0,30 mm Esistono diversi tipi di spazzolini: - Normale - Ortodontico presenza due file esterne di setole più lunghe mentre le setole interne sono più corte - Sulculare presenta solo due file di setole distanti tra loro - Monociuffo presenta un solo ciuffo di setole posto alla fine della testina - Interdentali o scovolini presenta una serie di setole poste a radialmente su di un anima in metallo - Per protesi totali più grandi nei normali con una o due testine, dove la seconda è posteriore alla prima SPAZZOLINO ELETTRICO: - 1855: primo spazzolino meccanico - 1960: primo spazzolino elettrico Dai risultati dei primi studi si evidenziava un’efficacia sovrapponibile, in termini di rimozione di placca, tra lo spazzolino manuale e quello elettrico. L’indicazione all’uso di quest’ultimo era stato rivolto prevalentemente a soggetti affetti da inabilità parziale o totale all’uso di quello manuale. Gli spazzolini elettrici presenti oggi in commercio presentano testine a conformazione rettangolare o circolare, in grado di eseguire movimenti di tipo laterale (o avanti-indietro o side to side), rotatorio e rotatorio-oscillante, nonché a bassa e alta frequenza. Studi clinici a breve termine hanno in particolare riportato che lo spazzolamente condotto con spazzolini elettrici a testina tonda e con movimento rotatorio-oscillante risulti essere più efficace nel rimuovere la placca e nel ridurre il sanguinamento rispetto a metodiche condotte con altri tipi di spazzolini elettrici e manuali. In particolare il risultato riportato più di frequente appare quello di un’aumentata rimozione di placca in prossimità degli spazi interdentali ottenuta mediante tale metodica. È chiaro che al pari della metodica manuale, l’istruzione al corretto uso dei sistemi elettrici risulta di fondamentale importanza per la rimozione ottimale della placca batterica e soprattutto per ridurre le probabilità di insorgenza di fenomeni indesiderati conseguenti ad eventuali forze traumatiche di spazzolamento, quali abrasioni dentali e gengivali (recessioni gengivali). Alcuni studi hanno inoltre investigato il rapporto tra la durata dello spazzolamento e l’efficacia della rimozione di placca. I risultati hanno mostrato come, a parità di tempo, lo spazzolamento mediante sistemi elettrici sia in grado di rimuovere più placca se paragonato allo spazzolamento manuale. - Sia la rimozione di placca batterica che il controllo della gengivite sono risultati significativamente maggiori con questi spazzolini - Sono più efficaci 2 minuti di igiene con uno spazzolino da denti a movimento oscillante e rotatorio rispetto a 10 minuti di pulizia profesisonale de denti, effettuata da un’igienista dentale, con coppette montate su trapano e pasta dentifricia - Gli spazzolini elettrici che lavorano con un movimento oscillatorio e rotatorio rimuovono più placca e riducono la gengivite più efficacemente rispetto agli spazzolini manuali, sia nel breve che nel lungo periodo DENTIFRICIO: gruppo di materiali di interesse cosmetico usati per la pulizia e la conservazione dei denti e per l’igiene della bocca. È il mezzo più pratico e con il migliore rapporto beneficio/costo per il controllo chimico della placca, rappresenta la fonte di fluoruri maggiormente diffusa. Cenni storici: - Egitto 5000 AC: polvere con polvere di cenere di osso di bue, mirra, polvere di guscio d’uovo e pomice - Persia 1000 AC: raccomandazione di non utilizzare sostanze troppo abrasive, consigliate polvere di conchiglia, di corno e gesso bruciati, parti di animali essiccate, erbe, miele, minerali - Grecia: ossa e conchiglie di ostrica triturate - Roma: carbone e cortecce in polvere e altri aromi per migliorare l’alito - XVIII sec: primi polveri per denti o dentifrici disponibili in Inghilterra a base di bicarbonato di soda con forti abrasivi (polvere di mattone, di ceramica, di terracotta, di osso di seppia) - Aggiunta di borace per ottenere un effetto schiumogeo - XIX secolo: aggiunta di glicerina per trasformare la polvere in pasta e stronzio per rinforzare lo smalto e diminuire la sensibilità - 1824: Peabody aggiunge il sapone, nel 1850 Harris aggiunge il gesso - 1873: prima produzione industriale, in barattolo di odore gradevoe - 1892: primo dentifricio in tubetto “Dr Sheffield’s Creme Dentifrice” in Connecticut, dopodichè l’azienda prenderà il nome di Colgate - 1940/1950: primi dentifrici al fluoro e sostituzione del sapone con detergenti sintetici (sodio-ialuril- solfato) Caratteristiche: - pH stabile intorno a 7 - sapore gradevole - non irritante per le mucose - preferibilmente dovrebbe contenere fluoro - misuratamente abrasivi (specie in presenza di recessioni) classificazione: - funzione: cosmetico-sanitaria e preventivo-terapeutica ( presidio utile ai fini della prevenzione e della terapia) - forma: in polvere, in pasta, in gel, liquidi composizione: - detergenti (1-2%) - abrasivi (20-40%) - dolcificanti (1-3%) - aromatizzanti (1-2%) - leganti (1-2%) - umettanti (20-30%) - conservanti (2-3%) - coloranti (2-3%) - acqua (20-40%) dentifrici terapeutici: - antisettico (clorexidina, Sali di ammonio quaternario) - antibiotici (triclosan, tirotricina) - iodio - vitamine (A,C) - Sali - Derivati vegetali (sanguinarina, propoli) Composizione: 1) Detergenti (o tensioattivi): abbassano la tensione superficiale, penetrano nei depositi superficiali e li sciolgono. Possono essere:  Non ionici  Ionici: anioni (carica negativa), cationi (carica positiva), anfoteri (carichi positivamente e negativamente) - In associazione con i fluoruri inorganici: anionici (sodio-lauril-solfato e n-laurilsarcosinato) - Fluoruri organici (fluoruro amminico): sono essi stessi tensioattivi cationici - In uso pediatrico: anfotero - Cationici: Sali di ammonio quaternario (antisettici e germicidi): benzalconio cloruro e cetil.piridinio- cloruro. 2) Abrasivi e lucidanti: hanno lo scopo di pulire, lucidare e levigare, eliminando placca e pigmentazioni, senza provocare danno, determinano proprietà leganti e stabilizzanti della pasta dentifricia. - Minerali: carbonato di calcio, idrossido di alluminio, silicio, metafosfato di sodio, fosfato dicalcico - Organici: polietilene, metacrilato Indice di abrasività RDA (Relative Dentin Abrasivity, Hefferen 1976): dipende dall’indice di durezza della sostanza abrasiva e dalla dimensione delle particelle. Abbiamo un varietà enorme di dentifrici, in cui il coefficiente di abrasività e diverso in ragione della classe di appartenenza di quel dentifricio, in funzione dell’abrasività delle sue componenti 3) Dolcificanti: per dare un sapore gradevole al paziente, possono essere: - Artificiali e non cariogeni: xilitolo (importante nella prevenzione della carie, soprattuto approfondiremo i chewing gum al xilitolo) e sorbitolo hanno la funzione di essere preventivi ai fini dell’insorgenza della patologia cariosa e anche di renderli gradevoli 4) Aromatizzanti: - Ruolo importante nella produzione della saliva - Mascherano altre sostanze non gradevoli - Naturali: oli essenziali (menta, cannella, chiodi di garofano), menta, anice, eucalipto, vaniglia, frutta (mele e fragola) 5) Leganti: conferiscono alla pasta la consistenza desiderata, a mantenerla omogenea e che si separino componenti solide e liquide durante lo stoccaggio e il trasporto: - Alginati: Sali di acido algenico (derivati da alghe marine), potere legante e addensante, antitartaro, emostatici e detergenti - Esteri della cellulosa: più usato è la carbossimetilcellulosa - Carragenina (o estratto di muschio irlandese): polvere con proprietà gelificanti e addensanti 6) Umettanti: servono a garantire la consistenza fluida, trattenendo l’umidità e impedendo l’indurimento, conferiscono uniformità e lucentezza: - Polioli: glicerolo, sorbitolo, xilitolo (anche dolcificanti non cariogeni) 7) Conservanti: servono a prevenire la proliferazione batterica e a mantenere la sterilità del prodotto e prolungarne la durata composti fenolici: Sali dell’acido benzoico (metile-para-idrossibenzoato) 8) Coloranti: servono a rendere attraente il prodotto, non devono macchiare denti e tessuti: tinture vegetali (le stesse degli alimenti) Da utilizzarsi quando il bambino controlla il riflesso della deglutizione ed è quindi in grado di sciacquarsi la bocca da solo (a 3-4 anni) - È consigliato usare un dentifricio al fluoro, che esercita un’azione protettiva, antisettica e remineralizzante - Va usato in piccole quantità Timing di spazzolamento: 30 minuti dopo i pasti? È opportuno che rispetti almeno 1 min per arcata superiore e 1 per quella inferiore, durante lo spazzolamento. Si discute su quando sia opportuno: subito dopo i pasti o dobbiamo aspettare un intervallo di tempo e perché? L’intervallo è di 30 minuti o no? Effettivamente, generalmente noi mangiamo la frutta a fine pasto, quindi mangiamo dei cibi che vengono definiti acidi logico e fisiologico rispettare la risalita del pH prima di spazzolare i denti anche per non trasportare sugli elementi dentari i residui acidi presenti nel cavo orale. Quello che è sicuro e dimostrato è che dopo un attacco acido i 2-3 micron più superficiali dello smalto sono indeboliti dalla perdita di minerali, risultando quindi meno duri e meno resistenti. Quello che non è dimostrato è che sia veramente necessario attendere un certo lasso di tempo prima di spazzolare, perché il ruolo remineralizzante della saliva non è stato ancora verificato: in letteratura, si trovano ricerche che giungono a conclusioni contrastanti. l’incertezza è legata al fatto che gli esperimenti sono stati fatti sulla base non di saliva umana, ma di saliva superficiale, per cui non è paragonabile agli studi venuti successivamente è consigliabile un’attesa di 20/30 minuti per favorire un ristabilimento del Ph a quei valori fisiologici che sono opportuni all’interno del cavo orale, alcuni autori dicono che ne servono 60 ecc… Possiamo asserire che in realtà questa perdita dello smalto può essere aiutata ad essere garantita se questo spazzolamento degli elementi dentari, in funzione della dieta, può essere rimandato di almeno 30 minuti dopo l’assunzione del pasto. STRUMENTI INTERDENTALI Possono essere: - Filo interdentale (cerato e non cerato)

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