Medicina dello Sport - Introduzione PDF

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This document discusses the introduction to sports medicine, focusing on preserving the health of athletes and providing a broader perspective that includes exercise as a preventative measure against various diseases, especially chronic, non-communicable diseases. It highlights the role of sports medicine in disease prevention and treatment.

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LEZ. 27.9.21 - Introduzione La medicina dello sport ha come obiettivo quello di preservare la salute dell’atleta; quindi, non vi è solo la figura del medico ma anche quella del chinesiologo specializzato. Oggi, la medicina dello sport viene intesa in modo più ampio, infatti, si parla di medicina del...

LEZ. 27.9.21 - Introduzione La medicina dello sport ha come obiettivo quello di preservare la salute dell’atleta; quindi, non vi è solo la figura del medico ma anche quella del chinesiologo specializzato. Oggi, la medicina dello sport viene intesa in modo più ampio, infatti, si parla di medicina dello sport e dell’esercizio fisico, quest’ultimo non deve essere inteso come sport (attività fisica soggetta a regolamenti/competizione) ma raggruppa tutte quelle attività che il soggetto svolge durante l’arco della giornata. L’esercizio fisico è utile per mantenere stati di salute alti ed è inteso come un’attività preventiva nei confronti di molte malattie ma può avere anche fini terapeutici. Il medico dello sport è l’unico soggetto in grado di prescrivere l’esercizio in svariate malattie. I dati riproposti in questa tabella sono stati pubblicati nel 2020 dall’OMS e si riferiscono all’epoca pre-covid. Il Covid ha rimescolato le carte, però ad oggi i dati sono molto simili ai dati proposti in questa tabella. Distinguiamo le malattie croniche non trasmissibili come, ad esempio, le malattie cardiovascolari o il diabete, vengono definite così perché non vengono trasmesse da individuo ad individuo come accade per le malattie infettive. Nel mondo, le cause più frequenti di morte sono quelle cardiovascolari e precisamente abbiamo le malattie ischemiche del cuore (cardiopatie ischemiche) e le malattie celebro-vascolari e cioè l’ictus. Al terzo posto vi sono le malattie polmonari ostruttive. I primi tre posti di questa classifica sono occupati da malattie non trasmissibili croniche poi troviamo le polmoniti e le malattie neonatali tutte trasmissibili. Le infezioni neonatali vengono rilevate in molte zone del mondo. Scendendo nella classifica troviamo i tumori, in particolare ai polmoni, l’Alzheimer. A livello mondiale, le malattie cardiovascolari hanno fatto un passo in avanti rispetto al numero di morti rilevate nel 2000 passando da circa 7mln ai 9mln del 2019. Per le malattie trasmissibili, invece, c’è stato un passo indietro come è accaduto per le polmoniti e per le malattie trasmissibili neonatali. Questo si è avuto grazie ad un miglioramento delle condizioni igieniche e dell’assistenza sanitaria. In Italia, la principale causa di morte sono le malattie cardiovascolari dove il 40% delle donne e il 33% degli uomini muoiono a causa dell’insorgenza di queste patologie. L’altra causa di morte preponderante è il cancro che incide per il 24% nelle donne e per il 33% per gli uomini. Per ciò che riguarda le malattie respiratorie, in Italia, la percentuale è inferiore rispetto ai valori che ritroviamo a livello mondiale. Le minacce allo stato di salute e alla sopravvivenza del soggetto sono le malattie croniche non trasmissibili e dunque le malattie cardiovascolari e il cancro. Per Causa intendiamo un’agente, un evento o una condizione che è responsabile della comparsa della malattia. Il caso più calzante è quelle delle malattie infettive dove l’agente provoca la malattia. Non è sufficiente, però, che il soggetto entri in contatto con il virus per provocare la stessa malattia con lo stesso esito perché sappiamo che il contatto con il virus, a volte, non porta ad un esito di positività alla malattia e soprattutto allo stesso grado di manifestazione di quest’ultima. La causa scatenante della cardiopatia ischemica è l’infarto del miocardio che è un fenomeno molto frequente, in questo caso la causa non può essere identificata in maniera precisa perché l’infarto del miocardio può avere molteplici fattori di rischio che possono aumentano la possibilità della comparsa della malattia. Invece, il paziente alla quale viene diagnosticato il cancro non avrà una causa univoca, ma vi possono essere vari fattori di rischio che interagiscono tra di loro. Per Fattori di rischio, intendiamo una condizione che aumenta la probabilità statistica dell’insorgenza di una malattia. Le cause e i fattori possono essere genetici o acquisiti. 1 I fattori di rischio dell’infarto del miocardio sono: l’età perché più si invecchia più diventa probabile avere un infarto; il sesso maschile è un fattore in quanto gli uomini sono predisposti a soffrire di una cardiopatia ischemica, vi è, quindi, un’interazione fra età e sesso. A 40 anni, l’essere uomini rappresenta un fattore di rischio molto importante per ciò che riguarda l’infarto, infatti nelle donne è molto raro. Andando avanti con l’età la differenza tra uomini e donne tende ad attenuarsi fino a scomparire, ad 80 anni non c’è più questa netta differenza. Anche la predisposizione genetica è un fattore importante ma non fondamentale nella comparsa della malattia. È un fattore che deve essere preso in considerazione in base all’anamnesi familiare del paziente, se quest’ultimo ha avuto un genitore affetto da infarto del miocardio in età giovanile, questo può essere un fattore rilevante per la cardiopatia ischemica. L’inattività fisica favorisce notevolmente l’infarto e la cardiopatia ischemica, ciò è stato ampiamente verificato da svariati studi scientifici. I fattori di rischio per ciò che riguarda i tumori sono molto simili a quelli citati in precedenza per la cardiopatia ischemica. Anche in questo caso ritroviamo l’inattività fisica, ciò ci fa capire che l’esercizio fisico ci protegge dalle malattie cardiovascolari e dai tumori. L’abuso di alcool favorisce alcuni tipi di tumore come quello della faringe e delle alte vie respiratorie e soprattutto quello del fegato dive viene metabolizzato tutto l’alcool ingerito. Il fattore di rischio più importante nel mondo è l’ipertensione che è una condizione molto sottovalutata e che spesso non viene curata in maniera ottimale. Altri fattori di rischio sono: l’uso del tabacco, il diabete e soprattutto vediamo in classifica anche l’inattività fisica. In Italia, in studi condotti nel 2009 ci dicono che circa il 30% della popolazione è sedentaria. La sedentarietà ha un valore più alto man mano che aumenta l’età del soggetto, infatti, nel range di età tra i 50-69 anni è pari al 33%. Vi è una maggiore sedentarietà nelle donne e varia intorno al 30%. La cultura dell’attività fisica come fondamento della vita è un concetto che non è molto diffuso nella popolazione, bassi livelli di istruzione rilevano uno scarso attaccamento all’attività motoria e al movimento. In questo grafico vengono messe in relazione tra loro i vari fattori che incidono sullo stato di salute dell’individuo e il confronto tra l’età adolescenziale e l’età adulta. Vengono presi in considerazione fattori come il fumo, l’abuso di alcool, l’obesità e anche l’attività fisica. Il pallino bianco messo in corrispondenza dei vari fattori ci dice l’andamento di tale fattore in relazione ai paesi europei, più questo pallino si avvicina al centro più questo fattore incide meno a livello nazionale e quindi anche a livello europeo. Per il fumo a 15 anni, l’Italia è messa molto male perché come vediamo il pallino è posizionato nella zona rossa. Per ciò che riguarda gli adulti siamo messi molto meglio, ciò significa che le campagne di dissuasione dalla nicotina hanno avuto successo, infatti, la percentuale è molto bassa. Sull’abuso di alcool negli adolescenti, in Italia, la percentuale è molto più bassa rispetto ai vari paesi europei. Questo concetto vale ancora di più negli adulti dove questa percentuale si abbassa notevolmente. Per quanto riguarda il sovrappeso negli adolescenti l’incidenza di questo fattore è abbastanza rilevante, invece, sull’obesità a livello adulta la percentuale si abbassa nuovamente. L’attività fisica, in particolare, negli adolescenti ha un’incidenza molto elevata in quanto pochissimi ragazzi praticano sport rispetto ai loro coetanei europei e quella che dovrebbero praticare normalmente. TERMINI MEDICI Anamnesi: è il colloquio che avviene con il paziente. La distinguiamo in familiare, fisiologica e patologica. Per familiare intendiamo le malattie presenti nei familiari che possono influenzare lo stato di salute del soggetto. L’anamnesi fisiologica riguarda le funzioni fisiologiche del soggetto come, ad esempio, il corretto funzionamento dei vari apparati. Per anamnesi patologica intendiamo le patologie pregresse o attuali del paziente. Prognosi: è la previsione sull’evoluzione della malattia. Viene definita “riservata” quando la situazione è incerta e non è possibile fare una previsione precisa. Eziologia: cause e fattori scatenanti della malattia. 2 Patogenesi: meccanismo attraverso cui i fattori causali portano allo sviluppo della malattia. Fisiopatologia: è una branca della medicina che sta a metà fra le discipline come la fisiologia e la patologia. Ogni parte del nostro organismo ha un suo funzionamento che è studiato dalla fisiologia, durante una malattia gli stessi organi e le cellule si comportano in modo alterato rispetto alla fisiologia. Questo atteggiamento viene indagato dalla fisiopatologia. Epidemiologia: riguarda la diffusione e la frequenza delle malattie nell’ambito della popolazione. Incidenza: è un termine che si usa quando c’è una malattia, in genere acuta, ed è il numero di persone che contraggano la malattia. L’incidenza è riferita ad una popolazione definita (numero di casi x il numero della popolazione). Prevalenza: si utilizza per le malattie croniche, è il numero di persone affette da quella malattia in un determinato momento. Prevenzione primaria: impedire che la malattia insorga. È il caso dell’esercizio fisico, dove un soggetto sano inizia regolarmente a praticare uno sport vediamo come il soggetto in questione si ammala raramente. Prevenzione secondaria: sono provvedimenti mirati a limitare gli effetti danno della malattia già presente. LEZ. 29.09.21 - Parametri cardiovascolari La frequenza cardiaca è il numero di cicli cardiaci in un minuto. In ambito medico i sistemi classici per misurarla sono due, la palpazione del polso radiale e guardando il quadrante di un orologio contare le pulsazioni in un minuto. Un metodo ancora più preciso che in certi casi è indispensabile è valutare la frequenza cardiaca ascoltando il cuore con un fonendoscopio, si sentono dei rumori caratteristici che corrispondono al ciclo cardiaco, allo stesso modo guardando il quadrante di un orologio si possono contare il numero di battiti in un minuto. Questo sistema è più sicuro perché va direttamente alla fonte. La gittata sistolica è la quantità di sangue espulsa dal ventricolo ad ogni sistole. La gittata cardiaca è la quantità di sangue che il cuore pompa in circolo in un minuto. Risulta dal prodotto della gittata sistolica per la frequenza cardiaca. E non è così facile da valutare. Sono parametri fisiologici difficili da valutare. La frazione di eiezione e la pressione arteriosa possono essere direttamente misurati. La frazione di eiezione è la percentuale del volume telediastolico che viene espulsa con la sistole successiva. Questa percentuale che oscilla normalmente tra il 60%e il 75% è un parametro fondamentale di funzione sistolica e viene valutato tramite l’ecocardiogramma. È un parametro valutabile e una metodica non invasiva. La pressione arteriosa oscilla fra un valore sistolico (pressione massima o pressione generata dalle arterie in fase sistolica dell’attività cardiaca) e uno diastolico (pressione minima). Viene misurata costantemente con uno strumento. 75-80 battiti/min è la frequenza cardiaca di una persona sana ma sedentaria. Sono parametri di persone sane ma sedentarie. Da che cosa nasce la pressione arteriosa? Dalla gittata cardiaca per le resistenze periferiche. Se entrambe aumentano, o l’una o l’altra di conseguenza aumenterà la pressione arteriosa. Fattori che influenzano la gittata cardiaca: riempimento ventricolare, contrattilità miocardica. Un ruolo fondamentale è svolto dal sistema ortosimpatico (adrenalina che agisce sul cuore aumentando la frequenza cardiaca e la contrattilità del miocardio) ovvero quella porzione del SNA che ha come mediatori le catecolamine. Più sono alti i livelli di adrenalina più sono alti questi parametri e quindi aumenta la gittata cardiaca. Il livello di adrenalina aumenta durante l’esercizio. 3 Metodo molto semplice. Lo strumento è formato da un bracciale che si mette sul braccio e ci sono delle piccole regole da seguire. Il bracciale deve essere a contatto con la pelle, e al di sopra del punto in cui viene messo il bracciale non ci devono essere indumenti stretti che comprimono il braccio poiché quando noi lo gonfiamo l’arteria deve essere compressa soltanto dal bracciale. Il bracciale viene posizionato intorno al braccio, dopo vi è una pompetta che si gonfia (dove vi è la rotellina bisogna chiuderla nella fase di gonfiaggio e l’aria viene spinta all’interno del bracciale che si gonfia e comprime il braccio e l’arteria) contemporaneamente abbiamo posizionato il fonendoscopio alla piega del gomito in corrispondenza in cui scorre l’arteria omerale o brachiale. Gonfiamo il bracciale e ad un certo punto noi seguiamo la pressione su questo schermo e ad un certo punto la pressione supererà il valore della pressione sistolica, ma nella fase di gonfiaggio non ascoltiamo. Noi gonfiamo fino ad un valore di 180/200 e poi svitiamo la rotellina in modo da ottenere un calo graduale della pressione. Scende lentamente e ad un certo punto dal fonendoscopio sentiamo un rumore che poi si ripete in maniera ritmica che si chiama Rumore di Korotkoff ed è dovuto al fatto che sgonfiando il bracciale l’arteria che prima era compressa comincia ad aprirsi piano piano, quando comincia ad aprirsi ma lo spazio è ancora ristretto, il passaggio del sangue produce un rumore che sentiamo nel fonendoscopio è ciò significa che la pressione che fino a quel momento esercita il bracciale è uguale alla pressione arteriosa sistolica. Continuando ad allentare il bracciale, sentiamo questi toni in successione ritmica tanto più ravvicinati quanto maggiore la frequenza in quel momento e ad un certo punto scendendo sempre la pressione non sentiamo più i rumori, ovvero quando l’arteria è aperta poiché la pressione del bracciale è scesa al di sotto di quella diastolica. Il flusso all’interno dell’arteria è nuovamente laminare e non produce rumore, questo è il valore di pressione diastolica. La pressione varia rapidamente da un momento all’altro, infatti quando si misura la pressione il soggetto è in una condizione non perfettamente rilassata e allora in certe persone questo effetto ansia è più marcato e la pressione può risultare più alta di quella che ha a riposo. Per verificare un’ipertensione non possiamo affidarci ad una singola misurazione fatta così. Oggi sono molto diffusi gli apparecchi elettronici che misurano la pressione arteriosa. Bisogna mettere il bracciale e l’apparecchio fa tutto solo. Ha un sensore in corrispondenza dell’arteria che percepisce la pulsazione e quindi determina la pressione sistolica e diastolica e la frequenza cardiaca. TECNICHE PER OTTENERE IMMAGINI DEL CUORE Il metodo più antico è la radiografia del torace, è un esame che comporta un assorbimento di radiazioni minimo, è un esame che oggi si usa sempre meno perché ci da delle informazioni grossolane. Nella radiografia quello che è bianco è quello che è più denso, i tessuti solidi. Mentre la parte scura è l’aria, cioè quello che è trasparente ai raggi X. Il reticolato che si vede si chiama trama polmonare. Questo è un cuore di dimensioni normali. In questo modo potremmo accorgerci che il cuore è ingrandito. Questo, ad esempio, è una radiografia di un paziente cardiopatico, e il cuore è ingrandito. Qui il cuore occupa quasi tutto il torace. Ma piccole variazioni delle dimensioni del cuore non sono apprezzabili con la radiografia del torace. La possibilità di prendere le misure al cuore è cambiata radicalmente con l’ecocardiografia. 4 Si utilizza una sonda, che viene posizionata nella superficie del corpo in determinate posizioni, per ottenere le immagini. Non è un esame invasivo. L’ecocardiografia può essere applicata al cuore e consente di ottenere queste informazioni. Inoltre, ci consente un’immagine in movimento, non è statica. A sinistra si vedono le 4 camere cardiache, i ventricoli in alto, gli atri in basso. Sono delle immagini che vengono interpretate, motivo per il quale è un esame molto operatore dipendente. L’ecocardiogramma ci permette di visualizzare le valvole cardiache. Ci fa vedere come sono fatte ma anche il loro funzionamento, se si aprono e si chiudono bene. Perché le valvole devono aprirsi bene quando deve passare il sangue ma quando siamo in una situazione in cui il sangue non deve passare da quell’orificio la valvola deve chiudersi ermeticamente. L’ecocardiografia valuta anche il flusso sanguigno e si vede nei colori. La funzione Doppler è un complemento che ci permette di studiare il flusso del sangue e ci consente di valutare anche la direzione del flusso. È la metodica più nuova che attualmente sta andando incontro ad uno sviluppo enorme. Ci danno delle immagini che ricordano quelle della tac perché sono come delle fettine orizzontali del corpo umano. Il cuore dove sono numerate le varie cavità. Il ventricolo sx è l’1. Le gittate sono uguali, varia la pressione. Sulla destra abbiamo un’immagine con il mezzo di contrasto, esiste anche per la tac. Metodica del mezzo di contrasto: possiamo iniettare in vena, da una vena periferica, un mezzo di contrasto, una sostanza che in genere contiene Iodio e quindi che consente di rendere il sangue opaco ai raggi x, in questa maniera l’immagine della cavità la distinguiamo dal resto delle strutture. Attività elettrica cardiaca ed elettrocardiogramma Il cuore ha una sua attività elettrica. La depolarizzazione delle fibre miocardiche è un presupposto per la loro contrazione, dobbiamo realizzare infatti una sequenza di eventi meccanici che rendano il cuore efficiente come pompa. Al cuore destro il sangue viene portato dalle vene cave (In blu) mentre all’atrio sx arrivano le arterie polmonari che sono 4. Il sangue arriva agli atri dalle circolazioni, rispettivamente dalla grande e piccola circolazione e quindi c’è una fase in cui gli atri si riempiono. di nella fase di diastole soprattutto quando è già iniziata l’atrio si contrae per completare il riempimento ventricolare, se non si contrae l’atrio il ventricolo si riempie lo stesso ma in maniera meno efficiente. 5 La contrazione atriale non è indispensabile per il funzionamento cardiaco. Dopo che si è riempito il ventricolo noi dobbiamo farlo contrarre, quindi fare in modo che questo impulso elettrico di depolarizzazione si diffonda più rapidamente possibile ad entrambi i ventricoli dx e sx, abbiamo bisogno di far passare in modo veloce e coordinato questo impulso. Il sistema di conduzione è fatto proprio per garantire questo tipo di funzionamento. Noi consideriamo l’inizio il momento in cui parte l’impulso dal nodo seno atriale, da qui si diffonde agli atri, poi arriva al nodo atrio ventricolare che rallenta l’impulso perché da il tempo ai ventricoli di riempirsi. Dopo l’impulso prende il fascio di his e attraverso le diramazioni si estende alla parete di entrambi i ventricoli che si contraggono in maniera efficiente e si ottiene la sistole. Quando si contrae la pressione al suo interno aumenta e fa aprire le valvole arteriose e il sangue prende le vie delle arterie, aorta ventricolo sx e polmonare ventricolo dx. L’elettrocardiogramma (ECG) Posizioniamo degli elettrodi sulla superficie corporea e registriamo l’attività elettrica. Sono solo dei sensori che registrano. Le derivazioni si dividono in 3 gruppi. Dove R sta per right e L sta per left e sono le braccia. F sta per footh quindi gamba sx. Una sola gamba e due braccia, si descrive un triangolo. Poi vi sono le derivazioni precordiali cioè gli elettrodi che si inseriscono sulla superficie del torace, sul precordio. Queste derivazioni da V1 a V6 sono quelle che si posizionano sul torace. Si utilizzano queste pinze che hanno delle posizioni standard. SI= spazio intercostale. I punti di riferimento sono sia gli spazi intercostali sia le linee verticali. Abbiamo sia gli elettrodi a pompetta sia quelli adesivi monouso. Gli elettrodi adesivi hanno dei vantaggi poiché sono più stabili, a questi si collegano i fili e si registra. Questi elettrodi adesivi sono indispensabili quando si effettua l’ECG sotto sforzo, in questo caso gli elettrodi che dovrebbero essere agli arti si posizionano in vicinanza delle spalle quelli che dovrebbero essere ai polsi e nella parte bassa dell’addome per gli arti inferiori e la registrazione è uguale. 6 Qual è il senso di parlare di polo positivo e negativo? abbiamo detto che i fenomeni elettrici a carico del cuore generano un’onda di depolarizzazione. Quest’onda la possiamo rappresentare matematicamente come un vettore che ha una direzione e un senso. Se questo vettore punta verso il polo positivo di una derivazione, la derivazione registra una depressione positiva nell’ECG, se invece l’onda di depolarizzazione si allontana dal polo positivo, viene registrata una deflessione negativa. Questo è il vettore principale della depolarizzazione ventricolare, in genere genera dal tracciato la deflessione più ampia, però in realtà durante il ciclo cardiaco, l’attività elettrica del cuore, si generano tanti vettori che si sommano tra loro. Siccome la massa principale è quella ventricolare (in particolare quella del ventricolo sx) il vettore che da la deflessione maggiore nel tracciato è quella legata alla depolarizzazione ventricolare che disposta su un piano frontale. L’asse elettrico normalmente è tre i +30 e +60 però ci possono essere delle malattie in cui questo asse è spostato. La posizione degli elettrodi ci consente di esplorare diverse parti del cuore in maniera più approfondita. L’ECG viene registrato su carta millimetrata, c’è una quadrettatura più sottile, più piccola in cui ogni quadratino ha il lato di 1millimetro. 1 millimetro è in verticale visto che registriamo delle variazioni di segnale elettrico e le segniamo in mV il quadratino piccolo equivale a 0,1 mV. Per i quadrati grandi basta moltiplicare. Per arrivare a 1 cm dobbiamo mettere insieme 10 quadratini piccoli e in ampiezza equivale a 1mV. Nell’ECG possiamo vedere quanto dura una deflessione (lo vediamo in orizz, quanti quadratini occupa) e possiamo vedere che ampiezza ha (lo vediamo in vert, vedendo i quadratini che corrispondono ai mV). Per poter valutare la durata in modo standard, la velocità di scorrimento deve essere standard ed è di 25mm/sec. L’ECG standard si misura facendo scorrere la carta a 25mm/sec. Questo è un intero ciclo cardiaco dal punto di vista elettrico, cominciamo con l’onda P, le deflessioni si chiamano anche onde, i tratti sono quelli orizzontali (isoelettrici). L’onda P è una deflessione positiva, segue un segmento PR (isoelettrico) dopo c’è il cosiddetto complesso ventricolare o QRS, l’onda P è l’espressione della depolarizzazione degli atri, l’onda P è bassa. Il complesso ventricolare QRS è formato da un’onda negativa U da un’onda positiva R e da una negativa S. Nel complesso ventricolare la forma però non è sempre questa. Dopo il complesso QRS che corrisponde alla depolarizzazione ventricolare, dopo vi è l’onda negativa S, si chiama S l’onda negativa che segue un’onda positiva. Si chiama Q l’onda negativa che precede un’onda positiva. Al termine c’è il segmento ST che è orizzontale, isoelettrico. Dopo vi è l’onda T che corrisponde alla ripolarizzazione ventricolare. La ripolarizzazione atriale è mascherata dal complesso QRS poiché il momento in cui avviene coincide con la depolarizzazione ventricolare. 7 Il complesso ventricolare non ha sempre la stessa forma. RS- poiché ha solo un’onda positiva e una negativa. QS- solo un’onda negativa RSR^1 – se noi abbiamo una seconda onda positiva la indichiamo con l’apice 1. Questa forma di complesso non è normale. QR- con una piccola onda Q e poi l’onda R, questo in determinate circostanze può essere normale. R- mancano Q ed S. Alcuni di questi complessi sono normali, altri no. Le derivazioni ci sono tutte e 12, sono piccoli tratti, sono registrate a 3 e 3. Questa è una registrazione automatica. L’onda dominante è l’onda R del complesso QRS che è sempre positiva, prima del complesso QRS abbiamo l’onda P, poi c’è il tratto ST isoelettrico e poi c’è l’onda T. AVR ha sempre un’onda principale negativa nel complesso QRS, perché siccome AVR legge dal braccio dx è chiaro che vede l’onda allontanarsi sempre. L’onda T ha lo stesso andamento positivo e negativo rispetto a quest’onda principale del complesso QRS. Nell’ECG possiamo valutare la ritmicità, cioè l’intervallo tra un’onda R all’altra che deve essere sempre uguale. Per quanto riguarda le precordiali è vedere come si comporta il complesso QRS passando da V1 a V6. V1 è quella che registra dal lato dx dello sterno, siccome il vettore principale è diretto in basso a sx, l’onda principale registrata da V1 sarà negativa. Il complesso sarà di tipo RS e ci sarà un’onda R piccola e una S più profonda. Se passiamo a V2 l’onda R diventa più alta e quella S profonda. Con V3 l’onda R è più alta. In V4-5-6 il complesso QRS è positivo. Adattamenti cardiocircolatori all’esercizio e all’allenamento Il nostro apparato circolatorio si adatta all’esercizio, cioè nel momento in cui compiamo un esercizio va incontro a delle modificazioni, quando finisce l’esercizio torna tutto come prima. L’adattamento all’esercizio è una cosa diversa, perché se una persona compie esercizio in modo strutturato, prolungato e sotto la guida di un istruttore, se questa persona si allena si verificano nell’apparato cardiocircolatorio delle modificazioni che non sono più quelle dell’esercizio acuto, sono quelle modificazioni che persistono tra una fase di esercizio e l’altro. Inoltre la persona allenata ha una risposta all’esercizio acuto che è diversa rispetto al sedentario. In ogni caso è importante differenziare le due cose. Come mai la persona allenata riesce ad ottenere una prestazione maggiore nello stesso tipo di esercizio? per esempio il suo cuore è ingrandito, è andato incontro a un’ipertrofia fisiologica per cui riesce sotto esercizio a produrre una gittata maggiore. Quindi se la persona si ferma, le dimensioni di questo cuore non ritornano normali, sono delle modificazioni prodotte dall’allenamento che però sono diverse da quelle che riguardano solo la fase dell’esercizio. Esistono due tipi fondamentali di esercizio e nei vari tipi di sport si combinano in misura variabile. C’è l’esercizio di potenza e quello di Endurance. Nell’esercizio di potenza l’esempio classico è quello statico o isometrico, il muscolo che si contrae per produrre forza e non movimento. Questo esercizio per sua natura è breve, si basa sul metabolismo anaerobico e ha una capacità di produrre energia limitata. L’esercizio di Endurance è lungo, il metabolismo è principalmente aerobico. Uno dei modi per 8 avere più ossigeno è quello di avere una gittata cardiaca aumentata. LEZ. 4.10.21 - Adattamenti cardiocircolatori all’esercizio fisico Dal punto di vista degli adattamenti, sicuramente il tipo di esercizio che richiede il massimo impegno per il cuore e per la circolazione periferica è quello che definiamo di endurance (aerobico) dove è necessario un impegno di questi organi molto importante ed è un tipo di esercizio che può durare a lungo, quindi, i muscoli hanno bisogno di una quantità abbondante di ossigeno. Questo si realizza grazie ad un aumento della gittata cardiaca. Questo meccanismo consente ai muscoli di ricevere un contenuto adeguato di O2, tutto ciò è possibile grazie all’azione congiunta di più organi come, ad esempio, i polmoni che vanno ad aumentare la loro ventilazione. L’aumento della gittata cardiaca è uno dei tre meccanismi che intervengono quando stiamo svolgendo un lavoro aerobico e sono: l’aumento dei volumi polmonari, l’aumento del flusso sanguigno ai muscoli e l’aumento dell’estrazione di O2 dal sangue. Il sangue arterioso è saturo, in condizioni ideali, al 99% dell’emoglobina e questo sangue si distribuisce a livello tissutale e ogni organo ne estrae un percentuale variabile. Vi sono delle situazioni dove l’O2 è inferiore alle esigenze e si crea una situazione che definiamo “ischemia”. La misura dell’estrazione di O2 è variabile, in condizioni di riposo, il sangue ora venoso arriva all’atrio dx con una saturazione pari al 75%. Facendo un paragone, sappiamo che il rene estrae pochissimo O2 perché nella sua funzione ha bisogno di minime quantità di sangue ossigenato, invece, il cuore è fortemente dipendente dal flusso coronarico e dunque ha un’estrazione di 02 molto rilevante. L’aumento del flusso sanguigno dipende dalla gittata cardiaca ma anche alla ridistribuzione del circolo. A livello cardiaco, la gittata aumenta fino a 3-4 volte e ciò si realizza con l’aumento della frequenza cardiaca e grazie anche all’aumento della contrattilità miocardica (contrazione maggiore) e anche vi è un aumento del ritorno venoso. A livello periferico, vi è una riduzione delle resistenze periferiche e quindi una vasodilatazione che va modificare la pressione arteriosa. Durante l’attività fisica vi sono degli adattamenti a livello di tutti gli apparati, nel cuore avremo un aumento della frequenza cardiaca ed è mediato dalla stimolazione adrenergica del SNA. L’adrenalina agisce a livello del nodo senoatriale e comporta l’aumento della frequenza cardiaca, inoltre, fa sì che vi sia una maggiore contrazione delle cellule cardiache. Altro fattore molto importante è il ritorno venoso, il sangue che si trova nel circolo venoso viene mobilizzato e aumenta il ritorno venoso grazie anche ad una vaso costrizione delle pareti delle vene stesse. L’aumento del ritorno venoso fa aumentare il riempimento delle camere cardiache, questo secondo la legge di Starling, e di conseguenza avremo un precarico che aumenta e ciò si traduce in una maggiore forza di contrazione. I ventricoli si contraggono con più forza. L’aumento della gittata sistolica associato all’aumento della frequenza cardiaca porta all’aumento della gittata cardiaca. La gittata aumenta sia a livello del circolo sistemico sia a livello polmonare. A livello delle arteriole si ha una vasodilatazione, a questo punto le resistenze periferiche si riducono e questo è importante nel calo della pressione diastolica. Il flusso sanguigno durante uno sforzo massimale aumenta di 20-25 volte e ciò è possibile perché nel circolo periferico si ha un gioco di vasodilatazione e vasocostrizione, alcune arteriole di dilatano soprattutto quelle dei muscoli coinvolti nell’attività ma le altre si costringono come quelle dell’apparato digerente o del rene. A livello del cuore avremo una vasodilatazione quindi l’estrazione di O2 sarà maggiore così come a livello del cervello. 9 In questa tabella vediamo come viene ridistribuito il sangue quando stiamo svolgendo un esercizio prevalentemente aerobico, passando da una gittata cardiaca di 5lt/min. a 20lt/min. Il muscolo passa da una percentuale di 15-20% a riposo, a 80-85% durante lo sforzo massimale. Il cuore ha la stessa percentuale, ma durante lo sforzo si ha un maggior flusso di sangue. Il rene, invece, vede una riduzione del flusso sanguigno passando da 1lt/min. a 0,4-0,6lt/min. Per l’esercizio statico accade che la gittata cardiaca e la frequenza cardiaca aumentano poco e per breve tempo, si ha inoltre una vasocostrizione periferica e un aumento notevole della pressione arteriosa sia diastolica che sistolica. L’esercizio statico può accompagnarsi anche alla “manovra di Valsalva” che è una espirazione a glottide chiusa che va ad aumentare la pressione intratoracica e va ad ostacolare il ritorno venoso del cuore. Adattamenti cardiocircolatori all’allenamento L’allenamento comporta alcune modificazioni morfologiche dell’apparato cardiocircolatorio in particolare del cuore. Esaminando gli organi che fanno capo all’apparato cardiocircolatori avremo un rimodellamento, cioè una modifica della morfologia originale grazie all’allenamento. Vi può essere anche una modificazione funzionale e possono produrre una funzione diversa rispetto a quella prima dell’allenamento. Le modificazioni più vistose si hanno con l’allenamento di endurance perché vi sarà l’aumento della gittata cardiaca che sarà molto più efficiente con il passare degli allenamenti. Il cuore adattato all’attività sportiva viene chiamato “cuore d’atleta” che è un vero e proprio rimodellamento fisiologico ed è un fenomeno reversibile quindi dopo svariato tempo che il soggetto non si allena il cuore ritornerà alle condizioni iniziali. Un altro fenomeno molto importante a livello di questo apparato è la riduzione della frequenza cardiaca a riposo (Fc) che si traduce in una brachicardia. I valori che vengono presi in considerazione sono quelli di un soggetto sedentario a riposo, si definisce un soggetto brachicardico quando i suoi battiti a risposo si attestano intorno ai 60battiti/min. La modalità di rimodellamento dell’apparato dipende, innanzitutto, dall’età del soggetto e dall’età di inizio dell’attività sportiva. In generale, più precocemente si inizia più gli adattamenti saranno più visibili e duraturi nel tempo. Altro fattore che incide è l’intensità dell’allenamento che deve essere coniugato alla durata dell’allenamento stesso. Vi è anche un elemento legato alla genetica, ognuno di noi ha un’attitudine particolare ad andare incontro a questi adattamenti. Uno degli studi più interessanti sull’adattamento del cuore allo stimolo allenante è quello del 1975 di John Morganroth, questo studio fu reso possibile grazie all’introduzione dell’ecocardiografia utile a determinare lo spessore delle camere del cuore e del diametro delle cavità. I pazienti che si sottoposero a questo studio erano 56 atleti in attività, furono suddivisi in atleti coinvolti nell’esercizio isotonico e gli atri svolgevano un allenamento isometrico. I ricercatori misurarono i diametri delle cavità e risalirono al volume di sangue presente all’interno della cavità stessa andando a determinare il volume telediastolico e cioè la quantità massima di sangue presente all’interno del ventricolo alla fine della diastole. In più, venne calcolata anche la massa del ventricolo sx in grammi e lo spessore della parete stessa. Dall’analisi di tutti i dati scoprirono che chi praticava esercizio isotonico aveva una capacità aumentata cioè il volume telediastolico, una massa muscolare aumentata e lo spessore delle pareti era uguale ai soggetti sedentari. Gli atleti che facevano solo esercizio isometrico avevano una capacità del ventricolo a livelli fisiologici, la parete delle camere aveva uno spessore aumentato e la massa era aumentata notevolmente. Il rimodellamento che venne evidenziato in questi studi prende il nome di ipertrofia eccentrica, si ha dunque un aumento della massa dove gli spessori sono poco aumentati ma i volumi interni sono aumentati molto. Il rimodellamento cardiaco degli atleti di potenza viene descritta come ipertrofia concentrica dove si ha un aumento della massa contrattile ma i volumi interni restano pressoché fisiologici. Dall’analisi dei vari dati, Morganroth disse che gli atleti di endurance hanno degli adattamenti simili a chi ha una patologia come l’insufficienza aortica (difetto di una valvola cardiaca che non si chiude correttamente) che si traduce in una patologia che prende il nome di sovraccarico di volume che comporta un accrescimento del ventricolo sx che si traduce in una ipertrofia patologica. Differenza tra l’ipertrofia patologica e quella data dall’allenamento è che la prima è una condizione permanente del ventricolo mentre la seconda è una condizione reversibile. 10 Altro paragone che fece Morganroth riguardava anche chi si allenava contro-resistenza, infatti, la pressione arteriosa durante l’allenamento può aumentare notevolmente ma è un valore che viene raggiunto per breve durata. Questa situazione era simile, secondo il ricercatore, a quello che si verifica quando un soggetto ha la stenosi aortica oppure un soggetto colpito da ipertensione arteriosa. Queste due condizioni patologiche hanno come risultato un’ipertrofia del ventricolo sx, questo tipo di ipertrofia non va migliorare il cuore dal punto di vista prestazionale ma viceversa si ha una disfunzione. Nel 2018 è uscito un altro articolo scientifico che metteva in discussione la ricerca di Morganroth definendola obsoleta, in parte lo è per un motivo tecnico e cioè gli strumenti che egli utilizzava eravamo sperimentali. Oggi, gli strumenti a nostra disposizione sono molto più precisi e ci dicono che gli studi condotti nel 1975 erano molto schematici. Non è affatto dimostrato che chi fa allenamento di endurance ha sempre un’ipertrofia eccentrica marcata e lo stesso vale per chi svolge un allenamento contro-resistenza dove non in tutti i casi abbiamo un aumento del volume della parete del ventricolo sx. La maggior parte degli atleti non hanno valori estremi né di volumi né di spessori del ventricolo. Altro aspettato che è stato molto criticato è stato quello del paragonare questa condizione con delle condizioni patologiche del cuore. Infatti, le condizioni patologiche sono irreversibili rispetto ai vari adattamenti che possiamo trovare nel “cuore d’atleta”. Nella tabella vediamo le differenze presenti a livello del cuore tra il cuore di un soggetto sedentario e quelle di un atleta. Gli atleti presi in considerazione sono sportivi di endurance. Notiamo, dunque, come sia il diametro, sia lo spessore siano aumentati. La brachicardia dell’atleta dipende da un nuovo equilibrio raggiunto all’interno del SNA, a riposo il tono parasimpatico prevale sul simpatico. Nell’atleta, soprattutto durante l’allenamento di endurance, si ha un notevole calo della frequenza cardiaca. La brachicardia si verifica ad ogni età e accompagnato ad esso vi sarò anche il calo della pressione arteriosa, perché l’esercizio di tipo aerobico ha un effetto positivo sulla pressione. I valori si possono attestare a 35-40bpm che sono valori fisiologici nell’atleta. In particolare, di notte, questi valori citati precedentemente possono avere un nuovo calo arrivando a 25-30bmp. Come tutti i fenomeni fisiologici, anche in questo caso possono sconfinare nel patologico dove alcuni soggetti sono colpiti da un ipertono vagale che può provocare anche episodi sincopali. Il soggetto colpito da tale fenomeno viene sottoposto ad un monitoraggio Holter e cioè ad un monitoraggio continuo dell’azione del cuore grazie ad un apparecchio portatile, la registrazione avviene per 24-48h. La sincope in parole povere è lo svenimento unita alla perdita di coscienza. Questo fenomeno è di breve durata e immediatamente vi è la ripresa della coscienza. Si verifica a causa di una riduzione del flusso di sangue a livello celebrale. La comparsa di questo fenomeno può avere dei sintomi come: sensazione di malessere con astenia, vertigini, ronzio alle orecchie, vista che si appanna. Esistono vari tipi di sincope, quella più comune è la sincope vasovagale che è scatenata da intensa emozione o da dolore fisico, vede l’attivazione acuta del tono parasimpatico con brachicardia e vasodilatazione. Altro tipo di sincope è l’ipotensione ortostatica che è scatenata dal passaggio dalla posizione distesa alla posizione in piedi. La sincope cardiaca è dovuta ad aritmie o da alterazioni strutturali del cuore, questo tipo di sincope ha prognosi peggiore. L’allenamento provoca un rimodellamento del cuore, ma vi sono anche delle modificazioni funzionali del cuore dell’atleta. Le modificazioni consistono nell’aumento della gittata cardiaca che ha un valore superiore a quello dell’individuo sedentario, infatti, nell’atleta la gittata può aumentare fino a 6-8 volte rispetto ai valori di base (3-4 volte nel sedentario). La frequenza cardiaca, come sappiamo, a riposo è molto più bassa. Durante l’esercizio la frequenza massima non viene modificata dall’attività dell’atleta stesso rimane uguale a quella di un sedentario di pari età, l’unico parametro che cambia è solo la gittata cardiaca. A parità di gittata cardiaca tra sedentario e atleta quello che cambia sarà la Fc dove il cuore dell’atleta avrà una frequenza più bassa rispetto al sedentario, quindi ha una riserva maggiore e può raggiungere gittate cardiache maggiori e dunque produrre più lavoro. 11 Dopo l’allenamento la Fc ritorna ai valori di riposo, ma nel soggetto allenato torna più rapidamente. Questo parametro viene misurato ed è un valore allenabile, un indice di buon livello di allenamento è il fatto che alla cessazione dello sforzo la Fc torna più prontamente ai valori di riposo. LEZ. 7.10.21 Non solo il cuore si modifica come conseguenza dell’allenamento, anche l’apparato vascolare (vene, arterie) si modificano. A carico del microcircolo vi è il fenomeno dell’aumento della densità capillare, a partire dai capillari esistenti si sviluppano nuovi capillari che rendono la distribuzione del sangue, e quindi dell’O2, molto più efficiente per il muscolo che si è ipertrofizzato in risposta allo stimolo allenante. Questo fenomeno è dimostrato grazie al prelievo bioptico dove viene prelevata una porzione del muscolo e si possono contare il numero di capillari rispetto al numero delle fibre muscolari. A carico dei grossi vasi si avrà anche un adattamento sotto forma di ingrandimento, perché sono tutti fenomeni indotti dall’aumento del flusso e in risposta i vasi si adattano aumentando le loro dimensioni. L’esistenza di questo fenomeno è importante perché tutto ciò altrimenti può essere facilmente scambiato per un fenomeno patologico. Gli aneurismi sono dilatazioni dei vasi arteriosi, quindi va ad aumentare il calibro che può essere diagnosticato tramite un’ecocardiografia del cuore. I diametri se aumentati possono indurre a diagnosticare questa patologia, questo però non è definibile patologico se il soggetto in questione è uno sportivo perché l’aumento del diametro è una conseguenza dell’allenamento stesso. A questo processo di adattamento partecipano anche i vasi del cuore e cioè le coronarie, il circolo coronarico per consentire al miocardio di avere l’O2 necessario a svolgere lo sforzo e di conseguenza come adattamento avremo anche qui una dilatazione dei vasi coronarici dove l’estrazione di O2 è massimizzata per consentire al cuore la sua attività anche sotto sforzo. Quando abbiamo introdotto l’esame dell’ECG abbiamo anche detto che questo esame può essere svolto anche sotto sforzo. L’ECG sotto sforzo è un esame significativo in ambito cardiologico e sia in ambito medico-sportivo perché l’esercizio pone sotto stress il cuore e dobbiamo accertarci di come il cuore si comporta sotto sforzo. Il test ergometrico è una metodica d’indagine che richiede delle attrezzature particolari, gli ergometri consentono di graduare in modo quantificabile il lavoro svolto da un individuo e quindi di verificare qual è la dose di esercizio che è tollerata dal paziente. Gli ergometri più utilizzati sono il cicloergometro e il treadmill e vi sono delle differenze tra i due. In ambito cardiologico il più utilizzato il cicloergometro rispetto al treadmill, perché in ambito medico questo esame viene svolto da soggetti anziani e il rischio di caduta è alto. Il cicloergometro ci consente di quantificare il carico che viene stabilito in modo preciso perché si tratta solo di variare la resistenza sui pedali, così si può quantificare il carico di lavoro in watt e questo non può essere quantificato sul treadmill dove si va a variare l’intensità aumentando la velocità e la pendenza però non vengono espressi i watt. Inoltre, quando il paziente è sul cicloergometro è più facile misurare la pressione arterioso durante l’esame ad intervalli precisi. Nel test ergometrico cardiologico è possibile misurare tre valori: il tracciato ECG, la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca. I protocolli d’esercizio più utilizzati sono quelli incrementali massimali cioè l’intensità dell’esercizio viene aumentata gradualmente fino ad un livello di sforzo massimo. Il test può essere interrotto quando il paziente arriva alla massima stanchezza e si ferma autonomamente oppure se l’ECG ha dei parametri fuori dalla norma e quindi il medico ferma il test. Il test si considera massimale se viene raggiunta una frequenza cardiaca pari almeno all’85% di quella massima teorica (220-età del soggetto). TEST DA SFORZO CARDIOPOLMARE È una variante del test ergometrico, si tratta non solo di valutare la risposta cardiaca e cardiovascolare ma in questo caso valutiamo in maniera globale la risposta dell’organismo allo sforzo massimale. Andremo a valutare la componente cardiovascolare, polmonare e metabolica. Tutto ciò è possibile valutando i gas respiratori e quindi il consumo di O2 e l’espulsione della Co2. Questo test, rispetto a quello ergometrico, è più impegnativo per il soggetto perché viene applicata una maschera a livello del viso appunto per monitorare l’azione respiratoria. Questo test rappresenta il test migliore per valutare la capacità aerobica del soggetto, infatti è il mezzo per valutare il Vo2max cioè il consumo massimo di ossigeno. 12 Questa è l’apparecchiatura utile affinché si possa svolgere questo esame, per monitorare il soggetto durante il test abbiamo la presenza di un medico o un fisiologo dell’esercizio che abbia un addestramento specifico nell’uso della macchina. I parametri fondamentali sono: la quantità di O2 consumata, la quantità di Co2 consumata e viene monitorata anche la ventilazione polmonare. Il test ergometrico ci dà informazioni sulla risposta cardiovascolare dell’esercizio, quindi fornisce informazioni sulla sicurezza di poter sottoporre al soggetto ad un allenamento aerobico senza che quest’ultimo provochi delle reazioni pericolose a carico dell’apparato cardiovascolare. In generale, è consigliato fare un test ergometrico e non solo l’EGC a risposo in tutti i soggetti che hanno più di 35-40 anni. Il test cardio-polmonare ci fornisce le stesse informazioni del test ergometrico, ma in più avremo la possibilità di valutare la capacità aerobica del soggetto. Questo parametro è importante se si allena un atleta, quest’ultimi vengono sottoposti a questi tipi di test anche per verificare l’efficacia dell’allenamento stesso. In ambito clinico, questo test è importante per valutare tante condizioni patologiche in cui la capacità aerobica rappresenta un fattore prognostico, soggetti con scompenso cardiaco hanno l’esigenza di valutare la propria capacità aerobica e il valore della Vo2max è molto più basso rispetto ad un soggetto sano e allenata. Il consumo di O2 si esprime in ml/kg al minuto, il valore standard è 3,5. I soggetti con patologie arrivano ad un valore più basso rispetto a quello standard, ma misurarli è ugualmente importante perché grazie ad esso è possibile valutare la gravità del rischio di mortalità della malattia. Il Vo2max è un parametro allenabile e si può allenare anche con il soggetto con patologie, per esempio, se stabiliamo un programma d’allenamento per un paziente con una patologia possiamo notare che dopo questa serie di allenamenti avrà aumentato il Vo2max. Il treadmill è più utilizzato del cicloergometro per l’esecuzione del test cardiopolmonare negli atleti perché la corsa mette sotto stress il nostro fisico molto di più rispetto alla pedalata e coinvolge molte più masse muscolari, l’atleta che esegue un test massimale sul treadmill raggiunge un Vo2max più alto e quindi è quello sul treadmill il vero valore di Vo2max. i ciclisti, ovviamente, svolgono il test sul cicloergometro. Le varie attività sportive possono essere classificate in base all’impegno cardiovascolare, questa classificazione intende guidare il medico dello sport a valutare l’idoneità del soggetto a poter praticare o meno quel determinato sport in sicurezza, evitando che vi siano delle reazioni cardiovascolari avverse. La classificazione viene rinnovata periodicamente, la più recente è del 2017. Questa classificazione è basata sugli adattamenti cardiovascolari indotti dallo sport, quindi ci riferiamo non tanto a quello che accade in acuto ma a quelli che sono degli adattamenti a lungo termine. Vengono considerati due aspetti del rimodellamento del ventricolo sinistro e cioè l’aumento della massa muscolare e l’aumento del volume della cavità. Questa classificazione viene inserita in un sistema di assi cartesiani, nelle ascisse troviamo la massa cardiaca invece nelle ordinate troviamo i volumi cardiaci. Gli sport, a loro volta, vengono suddivisi in cinque tipologie: nella Categoria A vi sono sport in cui massa e volumi cardiaci si modificano poco, questi sport sono sport di postura e destrezza. Nella Categoria B troviamo gli sport di potenza che vedono un aumento notevole della sola massa cardiaca. La Categoria C racchiude gli sport misti (aerobici/anaerobici) e comportano una combinazione variabile dei due parametri. Nella Categoria D troviamo gli sport aerobici che vedono un aumento del volume cardiaco con un aumento modesto della massa cardiaca. Infine, abbiamo gli sport aerobici/anaerobici massivi che rientrano nella Categoria E e vedono un aumento notevole sia della massa cardiaca sia dei volumi cardiaci. In generale, classificare gli sport è difficile perché molti sport prevedono al loro sia una parte che definiamo “dinamica” ed una parte “dinamica”. Altro limite di questa classificazione è che l’apparato cardiovascolare risponde 13 anche in relazione dal livello di agonismo (amatoriale/professionistico), dal ruolo svolto dall’atleta, dalle condizioni ambientali e da eventuali condizioni patologiche associate. Dal punto di vista cardiologico, dobbiamo considerare anche il rischio intrinseco che nello sport è duplice, per esempio per una condizione cardiaca l’atleta può andare incontro ad episodi sincopali o lipotimici (malessere generalizzato). Se lo sport è ad alto rischio traumatico, il trauma in sé può causare una stimolazione cardiaca riflessa (stimolazione adrenergica) che può scatenare aritmie. IPERTENSIONE ARTERIOSA È una condizione comune che diventa sempre più frequente con l’avanzare dell’età, dopo i 60 anni è più probabile essere ipertesi che essere normotesi. Nella maggior parte dei soggetti affetti da questa patologia non vi è una causa scatenante per cui l’ipertensione viene definita essenziale. Vi sono anche delle situazioni di ipertensione secondaria come le malattie renali, chi ha problemi renali spesso nel corso della malattia va incontro ad ipertensione arteriosa che è difficile da controllare. Vi è anche un tumore benigno della midollare del surrene che si chiama feocromocitoma ed è un tumore che produce catecolamine (adrenalina/noradrenalina) e le produce in maniera incontrollata andando a riversare questo contenuto nel sangue e di riflesso vi sarà l’aumento della pressione arteriosa. Il soggetto affetto da questo tumore può avere delle crisi ipertensive molto gravi. Le cause di ipertensioni secondarie incidono intorno al 10%. Questa tabella rappresenta tutti i vari valori di pressione arteriosa che può essere registrata da un soggetto e di conseguenza può essere inquadrato in una di queste categorie. La misurazione della pressione deve avvenire sempre in condizioni di riposo. I valori ottimali si attestano al di sotto dei 120mmHg per la sistolica e sotto gli 80mmHg per la diastolica, per valori normali di pressione arteriosa intendiamo valori che si attestano tra 120-129mmHg di sistolica e di 80-84mmHg per la diastolica. Il primo grado di ipertensione si attesta tra i 140-159mmHg per la sistolica e 90-99mmHg di diastolica, questi sono i valori soglia che troviamo in Europa. A livello globale c’è una certa corrente che tende ad abbassare questi livelli. È abbastanza comune vi siano individui con pressione elevata solo nel versante sistolico, in questo caso devono verificarsi due condizioni e cioè la sistolica superiore ai 140mmHg e la diastolica inferiore a 90mmHg, in questo caso parliamo ugualmente di ipertensione. L’ipertensione nella maggior parte dei casi è essenziale, il fatto che non vi sia una causa non significa che non vi possano essere delle alterazioni che la provocano. La pressione arteriosa è controllata dal contenuto di sodio e acqua nel nostro organismo, il sangue circolante è formata in gran parte da plasma che contiene molte sostanze, tra cui il sodio. Lo ione sodio è particolarmente importante nel regolare il volume circolante e la sua concentrazione nei liquidi dell’organismo è contenuta grazie all’azione del rene, quindi se il rene diventa meno efficiente nella sua eliminazione del sodio è possibile che questo scompenso porti all’ipertensione. A riprova di questo vi è una corrispondenza tra la ricchezza di sodio dell’alimentazione e l’ipertensione stessa. Un altro fattore dell’alterazione della pressione arteriosa è il funzionamento scorretto del sistema nervoso adrenergico. Vi è ancora, l’alterata reattività dei vasi di resistenza, in particolare le arterie di piccolo carico e in dettaglio parliamo di piccole arterie quando il diametro è 100-400micron e di arteriole che hanno un diametro tra 20-100micron. Entrambi i vasi grazie alla tonaca media che può contrarsi e dilatarsi, sono molto importanti per gestire quelle che sono le resistenze al flusso. Se questi vasi tendono ad essere troppo contratti, questo può essere uno dei fattori scatenanti dell’ipertensione. Inoltre, vi può essere un’alterazione della funzione endoteliale (contenuto in tutti i vasi), non è un semplice rivestimento ma è anche una fonte di sostanze vasoattive. L’endotelio si occupa di due fattori: influenza il tono vasale e produce sostanze che provocano vasocostrizione e vasodilatazione e deve produrle in modo fisiologico, se vi 14 è uno squilibrio a favore dei vasocostrittori vi sarà sicuramente una ipertensione. L’endotelio ha un ruolo fondamentale anche nella protezione dalla trombosi. Una causa scatenante dell’ipertensione può essere anche l’alterazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone, l’angiotensinogeno prodotto nel fegato viene riversato nel sangue su di esso agisce un enzima che è la renina e si va a formare l’angiotensina 1, quest’ultima in circolo viene trasformata in angiotensina 2 (grazie all’enzima ACE). L’angiotensina 2 induce vasocostrizione, stimola la midollare del surrene a produrre l’aldosterone che attiva il riassorbimento di sodio e acqua da parte del rene, di conseguenza, avremo un aumento del volume circolante. La vasocostrizione insieme all’aumento del volume circolante va a provocare l’aumento della pressione arteriosa. Oggi, la terapia dell’ipertensione si fa in gran parte andando ad agire su questo sistema in particolare lo strumento ipertensivo utilizzato è l’enzima ACE inibitori cioè farmaci che bloccano la trasformazione dell’angiotensina 1 in angiotensina 2. Questi farmaci sono molto efficaci nel ridurre la pressione arteriosa, altri farmaci utilizzati sono i sartanici che sono inibitori dell’angiotensina 2. L’ipertensione può essere asintomatica, il soggetto può anche non accorgersi della malattia. La pressione alta comunque danneggia il soggetto anche gravemente a lungo termine, quindi il soggetto che non si misura con regolarità la pressione può essere iperteso e non accorgersene. Circa il 30% degli ipertesi non sa di esserlo, la restante parte sa di esserlo e vengono curati in maniera opportuna solo il 50%. A volte l’ipertensione provoca sintomi, il più frequente è la cefalea. È chiaro che se un pazienta va incontro ad una crisi ipertensiva grave ha dei sintomi preliminari e uno di questi può essere, appunto, la cefalea. È un sintomo così comune che considerarlo caratteristico dell’ipertensione è sbagliato. L’organismo viene danneggiato dall’ipertensione, il cuore è l’organo più danneggiato insieme ai vasi sanguigni poi vi è il cervello, il rene e la retina. Infine, l’ipertensione essenziale tende ad associarsi ad altre condizioni come l’obesità, il diabete e l’alterazione dei grassi nel sangue. L’insieme di queste condizioni che spesso vanno di pari passo prende il nome di sindrome metabolica. L’ipertensione è uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo dell’aterosclerosi che possono andare a causare ictus e l’infarto del miocardio. Il fenomeno dell’aterosclerosi si verifica anche a livello coronarico nei soggetti ipertesi e rende insufficiente l’apporto di sangue al cuore danneggia la funzione cardiaca non solo per quello detto prima ma perché è un vero e proprio ostacolo meccanico alla funzione sistolica. Il cuore lavoro contro un ostacolo permanente rappresentato dalla pressione più alta nell’aorta e tutto ciò si traduce in un’ipertrofia patologica e dunque sarà un cuore meno elastico e la sua forza di contrazione non aumenta in maniera proporzionale. Il cervello risente di dell’ipertensione perché innanzitutto vi è il fenomeno aterosclerotico anche nei vasi che portano il sangue al cervello, inoltre livelli di pressione alta possono provocare emorragie celebrali. Il trattamento dell’ipertensione comprende interventi non farmacologici, l’esercizio fisico è un efficacissimo antipertensivo. Praticare esercizio fisico regolare nel caso dell’ipertensione è una terapia a tutti gli effetti, chi ha un’ipertensione lieve può migliorare la sua condizione con l’ausilio dell’esercizio fisico evitando così l’uso di farmaci. Quando il paziente non riesce a modificare il suo stile di vita bisogna ricorrere ai farmaci, anche qui trovare il farmaco giusto è difficile e bisogna capire l’esigenza di ogni singolo paziente. L’esercizio fisico ha un effetto antipertensivo anche se durante l’esercizio la pressione sistolica aumenta, alla fine dell’esercizio i valori di diastolica e di sistolica tendono a ridursi. A volte quando l’ipertensione è lieve i valori possono ritornare nella normalità e rendere superfluo l’utilizzo dei farmaci. È consigliata prevalentemente l’attività aerobica quantificabile in 150min./sett. che sono valori standard di attività fisica che tutti i soggetti dovrebbero svolgere per stare in salute, esistono studi che evidenziano un effetto benefico sull’ipertensione anche per quantità minori di esercizio intorno ai 75min./sett. L’attività anaerobica in acuto provocano incrementi della pressione, quindi questo tipo di allenamento non è l’ideale per un soggetto iperteso però il potenziamento muscolare è fondamentale in qualsiasi condizione ma vanno categoricamente evitati gli sforzi massimali e può essere incrementato il periodo di recupero tra una serie e l’altra. L’esercizio puramente isometrico puro ha un effetto antipertensivo non con la stessa efficacia dell’allenamento aerobico ma si è visto producano un abbassamento della pressione arteriosa. È possibile che il soggetto iperteso voglia praticare dello sport e dunque debba necessariamente fare una visita per l’idoneità sportiva, l’esame in questo caso dovrà essere molto più approfondito partendo dall’anamnesi accertandoci dei suoi fattori di rischio, sottoponendo il paziente all’ECG a riposo e sotto sforzo e in ultimo sottoporre il paziente ad un test ergometrico massimale. In seguito a tutte queste indagini è possibile se il paziente è un iperteso ad alto o 15 basso-medio rischio, il paziente ad alto rischio avrà un’idoneità limitata che può essere idoneo solo agli sport di destrezza. Se il paziente è a rischio basso o moderato può praticare quasi tutti gli sport sempre con una limitazione riguardante la componente anaerobica. L’iperteso è un soggetto che va curato, può essere un iperteso a basso rischio che gareggia, se pratica sport i farmaci possono portare dei problemi a livello della prestazione, cioè non possono portare un vantaggio all’atleta e soprattutto il farmaco non deve essere nella lista delle sostanze proibite dalla WADA. I diuretici sono sostanze proibite perché sono considerate mascheranti e vengono utilizzate per favorire l’eliminazione di sostanze proibite ed alterare i test, i diuretici possono essere utilizzati anche in quegli sport suddivisi in categorie di peso per ottenere un calo del peso. Lezione 11.10.21 - LE ARITMIE Le aritmie sono delle alterazioni del normale ritmo cardiaco, per ritmo non intendiamo soltanto la frequenza cardiaca ma intendiamo anche l’uguaglianza tra un battito e l’altro. Ad esempio, una tachicardia sinusale non è un’aritmia ma è solo una variazione della frequenza cardiaca e lo stesso vale per la bradicardia, naturalmente se a riposo una persona ha una frequenza cardiaca valutabile al polso di 200/220battiti/min. quella è da considerarsi un’aritmia. È possibile avere pazienti con battiti a riposo definiti normali però il battito stesso può essere aritmico cioè fra un battito e l’altro non vi sono intervalli regolari. In generale, quando le aritmie provocano un rallentamento del cuore prendono il nome di bradiaritimie, quando provocano un’accelerazione si definiscono tachiaritmie. Le aritmie nella maggior parte dei casi sono asintomatiche e quindi vengono scoperte casualmente facendo l’ECG, altre volte le aritmie danno sintomi. In genere, quando parliamo di tachiaritmie possono dare palpitazione, cioè la sensazione che il cuore batta più veloce del normale. Questa sensazione che può essere definita come “percezione dell’attività cardiaca” perché normalmente non ci accorgiamo dell’attività cardiaca ma con le palpitazioni questo accade. Le aritmie, di entrambi i tipi, possono provocare lipotimia o sincope. Le aritmie possono essere manifestarsi a riposo oppure anche sotto sforzo, molte infatti sono inducibili sotto sforzo. La sensazione che il battito cardiaco impazzisca sotto sforzo ci porta necessariamente ad eseguire un test ergometrico dove tramite l’ECG è possibile vedere l’azione del cuore sotto sforzo. Inoltre, indipendentemente dal fatto che i sintomi dell’aritmia siano comparsi sotto sforzo oppure a riposo è utile per la diagnosi fare una registrazione prolungata dell’ECG perché a distanza di tempo dal sintomo l’ECG può essere normale. Se è alterato non vi è alcun bisogno di passare agli stadi successivi, ma se l’ECG è normale per verificare come si comporta il ritmo cardiaco a lungo termine dobbiamo registrarlo in modo prolungato. I sistemi per il monitoraggio a lungo termine sono: monitoraggio Holter, consiste nell’applicare gli elettrodi al torace e quest’ultimi vengono collegati ad una macchinetta che registrerà in maniera continua il tracciato mentre il paziente svolge le sue azioni quotidiane. Il monitoraggio può durare dalle 24h alle 48h. Con il monitoraggio Holter possiamo registrare delle aritmie però che siano relativamente frequenti. Altro metodo relativamente recente è il Loop Recorder, è un dispositivo molto piccolo e va inserito sottocute nella regione anteriore del torace, il posizionamento richiede un taglio di 2cm (anestesia locale) e prevede che non vi siano fili. Lo strumento va a registrare l’attività cardiaca e al suo ha una batteria che può durare fino a 3 anni; quindi, può monitorare tutto per molto tempo. Questo tipo di apparecchio monitora in maniera più accurata l’azione cardiaca e va ad indentificare le aritmie intermittenti. Gli intervalli fra le onde R, cambia la morfologia perché cambia la derivazione. Ciò che si verifica è un alternarsi di intervalli più lunghi e intervalli più brevi. Ciò è un’aritmia. Ma la F.C. è normale. Non è una condizione patologica. Questa si chiama aritmia respiratoria. Sicuramente negli incontri riavvicinati il paziente sta inspirando e poi espira e la frequenza si riduce. ARITMIA RESPIRATORIA 16 Significa che la frequenza aumenta in ispirazione e diminuisce nell’espirazione, è dovuta ad un SNA particolarmente attivo; infatti, questa condizione è presente di più tra i giovani. L’aumento della frequenza dipende da inibizione del tono vagale, la sua diminuzione da ripristino del tono vagale. Queste variazioni sono variazioni riflesse. Il SNA reagisce a variazioni della pressione intratoracica del riempimento cardiaco che sono fisiologiche durante la respirazione. La frequenza aumenta durante l’inspirazione. Questo fenomeno è fisiologico, è possibile che trovi questa variazione. Si conserva per tutta la vita e le variazioni sono impercettibili. Si abolisce del tutto nelle malattie in cui c’è una disfunzione del SNA. EXTRASISTOIL Rappresentano un Battito in più che non ci dovrebbe essere. È un battito cardiaco che parte da un impulso non sinusale. L’extrasistole viene stimolato da un impulso che non parte dal nodo senoatriale. Ed è prematuro. Può essere singola, o ripetute. Il punto di origine si può trovare nel miocardio atriale (extrasistole sopra ventricolare) o ventricolare (extrasistole ventricolare). Indica che ci sia una ipereccitabilità del mio cardio, delle sue cellule. L’extrasistole nella stragrande maggioranza dei casi non viene percepita. Sono asintomatiche con rare eccezioni. Battito prematuro=comprare prima del previsto. Extrasistole sopra ventricolare= cioè deriva da un impulso che si trova nell’atrio, a monte del nodo atrioventricolare o vicina alla giunzione, al di sopra dei ventricoli. Qui la depolarizzazione ventricolare evidentemente è avvenuta in modo diverso, attraverso vie diverse, rispetto alla situazione fisiologica. L’impulso non si è generato né dal nodo del seno né da un punto qualunque dell’atrio, qui si è generato direttamente dal ventricolo. Se in un trecciato vediamo più extrasistoli di questo tipo ma fra loro non sono uguali allora il punto di partenza degli impulsi che lo hanno provocata è diverso, ci sono tanti punti che sono più eccitati. Significato delle extrasistoli: quelle isolate sono in genere un fenomeno benigno, che si possono verificare in cuori sani ed è reso più probabile da stress fisici ed emotivi e dalla mancanza di sonno. Sono favorite anche dall’abuso di caffè, dal fumo di tabacco, dall’uso di alcune droghe (cocaina, amfetamine) 17 Le extrasistoli ventricolari, quando sono numerose e polimorfe (derivano da punti diversi) possono essere il segno di una cardiopatia. In sintesi, le extra quando sono poche e sopra ventricolari sono un fenomeno benigno. Le extrasistoli sovra ventricolari non comportano limitazione ai fini dell’idoneità dell’attività sportiva. Se sono numerose è consigliabile modificare le abitudini a rischio (fumo, caffè, ecc.) Le extrasistoli ventricolari, soprattutto se poliforme e ripetitive richiedono esami approfonditi per la ricerca di un eventuale cardiopatia. TACHICARDIA PAROSSISTICA SOPRAVENTRICOLARE. Consiste in una tachicardia non sinusale, una sequenza di battiti che si originano nell’atrio, ma non dal nodo del seno, con frequenza elevata (140bpm\220). Questa tachicardia può presentarsi in un cuore sano. In genere sono degli episodi e possono esser ben tollerati. Se si documenta questo tipo di aritmia bisogna fare indagini per capire se c’è dietro una cardiopatia, se essa è esclusa si è idonei per l’attività sportiva, a parte quelle a rischio intrinseco. La sequenza dei complessi ventricolari è disuguale, si vedono differenze di intervalli, non c’è un pattern regolare, si susseguono complessi QRS con intervalli variabili. Le t sono leggermente negative (in v4 si vedono) Non c’è mai un’onda P che si ripete ad ogni battito. Qui il numero dei battiti sarà normale ma gli intervalli sono tutti irregolari, questo si chiama FIBRILLAZIONE ATRIALE, significa che il nodo del seno non funzona più, al posto di esso c’è un attività elettrica delle fibre atriali del tutto disordinata, non c’è più un’organizzazione. Da questo caos di impulsi ne’ passano alcuni al ventricolo, il nodo atrioventricolare ha una funzione di filitro, non fa passare tutti gli impulsi che vengono dall’altrio, in condizioni fisiologhiche si genera l’impulso dal nodo del seno e tutti gli impulsi passano dall’atrio e vanno ai ventricoli, però in queste condizioni dall’atrio arrivano impulsi in modo caotico 18 e con un numero aumentato, anche fino a 200\300 impulsi elettrici, il nodo atrioventricolare non li fa assolutamente passare tutti, solo una parte. TRACCIATO FIBRILLAZIONE ATRIALE Vi è una differenza tra uno e l’altro. sono presenti le onde p, non c’è più fibrillazione atriale, ma ritmo sinusale. Quindi la fibrillazione atriale può essere un’aritmia reversibile, cioè ci possono essere episodi che possono rientrare o da soli o con terapie. Certe volte sono episodi brevi. La fibrillazione atriale è una delle aritmie più frequenti, specie nei soggetti di età media- avanzata. Si accompagna il più delle volte a cardiopatia, ma può comparire anche in un cuore sano. Consiste in una completa disorganizzazione dell’attività elettrica atriale, per cui la contrazione atriale è abolita Può presentarsi in forma parossistica o permanente La tollerabilità della fibrillazione atriale dipende dalla frequenza ventricolare, si possono dare dei farmaci per controllare la freq ventricolare, quindi il paziente è asintomatico. Idoneità allo sport: se il cuore per il resto è sano, si fanno tutti i test necessari, allora alcuni sport possono essere consentiti, solo quelli di destrezza in genere, verificando bene la reazione allo sforzo. Il problema del cuore con la fibrillazione atriale sostanzialmente è che il cuore non ha più il suo pacemaker naturale, quindi il nodo senoatriale che regola il ritmo, ma la reazione allo sforzo non può essere così efficiente in termini di regolazione della frequenza cardiaca come avviene in un ritmo sinusale. Tra l’altro quando una persona soffre di ciò si somministrano dei farmaci, chiamati betabloccanti, questi vanno a bloccare i recettori b1 della adrenalina, e l’adattamento allo sforzo non può essere efficiente come quella di una persona con il ritmo sinusale. Un altro problema collaterale: nella fibrillazione atriale esiste un rischio trombotico. (trombosi) come mai? Uno dei motivi che tiene il sangue fluido e non lo fa coagulare all’interno dei vasi è che scorre e quindi evita il contatto con alcune sostanze. Nel cuore il sangue non ristagna perché si muove, ma se c’è l’atrio fibrillante cioè non c’è la sistole atriale, se ogni impulso provoca la contrazione di poche fibre muscolari significa che le fibre muscolari dell’atrio non si contraggono tutte insieme e non c’è la contrazione atriale, spremitura che completa il riempimento del ventricolo, se manca questo fenomeno della sistole atriale, diciamo che non compromette la meccanica cardiaca, il ventricolo si riempie ma non con la massima efficienza, l atrio non contraendosi fa si che ungo le suo pareti fa si che il sangue ristagni e quindi possono crearsi dei trombi aderenti alle pareti, che non ostacolano il flusso il sangue passa comunque però lungo le pareti si formano trombi, finché restano adesi alle pareti non compromette la meccanica ma il problema è che potrebbe staccarsi un frammento e passare dall’atrio al ventricolo e dal ventricolo all’arteria corrispondente e può crearsi un embolia. Questo può viaggiare nella circolazione e appena incontra un vaso sanguigno più piccolo del suo dm lo blocca. E si fa la terapia attraverso somministrazione di anticoagulanti, molto efficaci. A questo punto la persona che prende questi farmaci è più a rischio emorragico e qualsiasi trauma diventa più serio e bisogna porre maggiore attenzione alle attività sportive che vengono praticate. TACHICARDIA VENTRICOLARE 19 Esistono tantissimi tipi, consiste in una serie di battiti che si originano dal miocardio ventricolare. Nelle forme benigne può essere consentita la pratica di un’attività fisica lieve e moderata. Mentre ci sono altre forme più pericolose che hanno controindicazione assoluta all’attività sportiva per il rischio di trasformazione in fibrillazione ventricolare e quindi morte improvvisa Si susseguono onde R e onte T. Come già detto il rischio e che questa aritmia sfoci in fibrillazione ventricolare. La fibrillazione ventricolare è la più rischiosa. Vi è una totale disorganizzazione dell’attività elettrica ventricolare, ogni fibra si contrae per conto suo. Non genera la contrazione del ventricolo, la gittata cardiaca si annulla, e ciò provoca collasso cardiocircolatorio e morte nel giro di pochi minuti. La tachicardia ventricolare si può verificare ad episodi che poi regrediscono, quindi ritorna al ritmo sinusale, a differenza della fibrillazione ventricolare che raramente ritorna spontaneamente al ritmo sinusale, l’unica soluzione per salvare il paziente è la defibrillazione elettrica. LEZ. 14.10.21 L’altra volta abbiamo preso in esame vari tipi di aritmia e abbiamo visto le TACHIARITMIE cioè quelle che comportano un aumento della frequenza cardiaca o semplicemente la presenza di battiti in più nel caso delle extra sistole. ALTERAZIONI DEL SISTEMA DI CONDUZIONE in genere portano l’effetto opposto, ovvero i disturbi dei sistemi di conduzione. 20 Questo è il sistema di conduzione del cuore formato da fibre specializzate perché hanno un’eccitabilità maggiore e anche una capacità maggiore di condurre l’impulso elettrico rispetto al comune miocardio. Possiamo vedere il nodo senoatriale, il pacemaker fisiologico da cui l’impulso si diffonde ad entrambi gli atri provocandone la contrazione alla fine della diastole; abbiamo poi il nodo atrioventricolare che rappresenta l’unica via di accesso dell’impulso ai ventric

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