Suono e Effetto Doppler PDF

Summary

Questi appunti descrivono il suono, le onde sonore e le loro caratteristiche. Il documento spiega come il suono si genera e si propaga nell'aria, con particolare attenzione all'effetto della pressione e alla vibrazione. Sono inclusi anche concetti come ultrasuoni e infrasuoni.

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SUONO Le onde sonore sono onde longitudinali, dovute a vibrazioni delle molecole del mezzo o a variazioni di pressione o densità del mezzo, che possono essere rivelate dall’orecchio umano che può rilevare sono un range ristretto di frequenze. (definizione Prof. Perna) Questo è l’intervallo di udibi...

SUONO Le onde sonore sono onde longitudinali, dovute a vibrazioni delle molecole del mezzo o a variazioni di pressione o densità del mezzo, che possono essere rivelate dall’orecchio umano che può rilevare sono un range ristretto di frequenze. (definizione Prof. Perna) Questo è l’intervallo di udibilità a cui noi siamo sensibili. La percezione in questo intervallo dipende dalle condizioni fisiologiche, patologie, età etc... Ultrasuoni: onde a frequenze maggiori di 20000hz. Non sono udibili da noi e trovano applicazione in campo medico nelle tecniche ecografiche(le vedremo in biofisica l’anno prossimo), in fisioterapia in alcune tecniche per produrre riscaldamento. Anche nell’effetto Doppler. Infrasuoni: onde a frequenze minori di 20hz. Tra gli infrasuoni troviamo le onde sismiche e alcune macchine nelle industrie che hanno degli elementi vibranti a queste frequenze. Possono creare dei problemi perché potrebbero entrare in risonanza con alcuni nostri organi interni, irritandoli. Come si genera il suono nell’aria? Prendiamo in esame la seguente immagine. Il suono viene generato da una sorgente, rappresentata dalla membrana del tamburo a sinistra dell’immagine. Mentre si percuote la membrana e quindi si induce la sua sua vibrazione, tutt’intorno c’è aria. A che pressione? A pressione atmosferica. La membrana oscilla in dentro (verso la cassa del tamburo) e in fuori (verso l’aria/ spazio che ha davanti). Quando oscilla in avanti, la membrana del tamburo spinge e avvicina le molecole dell’aria le une alle altre e quindi genera una zona in cui l’aria è più densa: questo fa sì che la frequenze degli urti tra molecole d’aria aumenti, conseguentemente la pressione è maggiore. Si parla di una zone di COMPRESSIONE. Naturalmente quest’area ad alta pressione non resta confinata in quella determinata zona ma esiste un meccanismo di interazione (citato nella prima lezione sulle onde) tra gli elementi del mezzo che permette l’avanzamento e quindi lo spostamento della zona ad alta pressione dal punto in cui si trova ad un altro punto. Il meccanismo di interazione è rappresentato dall’urto tra le molecole. Queste molecole addensate dell’area ad alta pressione vanno ad urtare ( immaginando che si muovano verso destra dell’immagine) le molecole che sono a loro adiacenti e fanno si che la zona di compressione si sposti dal punto in cui è stata generata verso destra, quindi lontano dalla sorgente. La sorgente genera anche una zona a pressione più bassa rispetto alla pressione atmosferica. Questo accade quando la membrana del tamburo oscilla verso l’interno: aumenta il volume a disposizione delle molecole di aria che quindi si muovono verso sinistra. In questo caso si parla di una zona di ESPANSIONE (a bassa pressione con poche molecole). Ovviamente questa zona non resta in quell’area ma si espanderà verso l’esterno perché le molecole adiacenti muovendosi da destra verso sinistra tenderanno ad annullare la zona a bassa pressione. Però, facendo questo fanno sì che la zona a bassa pressione sia quella che loro hanno abbandonato. Ma a sua volta, anche questa nuova zona a bassa pressione si sposterà verso destra. In tutto questo le singole molecole non si allontanano dal mezzo, semplicemente oscillano longitudinalmente intorno ad una posizione di equilibrio. Ciò che si muove è l’energia, la perturbazione che si allontana Sono gli urti fra le molecole che fanno si che la perturbazione che noi abbiamo generato , si propaghi attraverso lo spazio. RIASSUNTO DEL PROF Prima che la membrana del tamburo inizi ad oscillare c’è aria a pressione e densità costante. L’aria è a pressione atmosferica. Quando la membrana oscilla verso l’esterno (fuori dalla cassa) spinge le molecole le une verso le altre. Quindi in prossimità della membrana inizia ad aumentare la densità ed inizia ad aumentare la pressione e si genera una compressione. La compressione non può restare ferma perché ci sono molte più molecole rispetto alla zona adiacente. Quindi queste molecole in numero maggiore vanno ad urtare le molecole della zona adiacente. E allora anche la zona adiacente si arrichisce di molecole e quindi inizia ad aumentare la densità, mentre la zona che prima era ricca di molecole, inizia a manifestare una densità minore, dovuta all’abbandono delle molecole che vanno ad urtare quelle della zona adiacente. E quindi il picco di densità si sposta dalla zona della membrana del tambruo da cui era stata generata ,verso destra. La compressione corrisponde ai picchi delle onde. Le valli corrispondono alle zone di rarefazione , che si generano quando la membrana si ritira al suo interno. Quando la membra si ritira come mostrato dal tratto blu dell’immagine, aumenta il volume a disposizione delle molecole ( rappresentate dai tondini in blu) e si dirigono in questa zona che prima non avevano a disposizione. In questa zona ci sarà una bassa pressione, perché inizialmente non c’era nessuna molecola, quindi la densità di molecole all’inizio è bassa. Questa zona a bassa pressione non resta confinata in quanto viene invasa dalle molecole della zona adiacente di destra ad alta pressione e densità molecolare. Quindi la zona nera più a destra si spopola di molecole e quindi la pressione inizia a diminuire in quest’area. Le molecole si muovono di moto oscillatorio e l’interazione, quindi l’urto tra le molecole, generato dalle compressioni ed espansioni, permette alle molecole di muoversi nello spazio circostante. Quindi il suono può essere considerato come un’onda di pressione, un’onda di densità maggiore o minore rispetto alla pressione atmosferica, un’onda di spostamento dalla posizione di equilibrio delle singole molecole. VELOCITÀ DEL SUONO V= λ *f (velocità è ugale alla lunghezza d’onda per la frequenza) Andando a legare le caratteristiche del mezzo alla velocità definita come v= λ*f si ottiene: La velocità del suono oltre che dal materiale, dipende anche dalla temperatura. In aria aumenta di 6/10 di m/s per ogni grado centigrado. Per esempio: a 0 C° la velocità è di 331 m/s; a 1 C°la velocità è di 331 m/s + 0,60t a 2 C°la velocità è di 331 m/s + 1,2t(0,6x2) IL SUONO NON SI PROPAGA NEL VUOTO, ha bisogno di un mezzo per propagarsi. L’esempio è quello della campanella nella campana di vetro in cui nonostante il meccanismo sia perfettamente funzionante, non si riesce a percepire il suono, perché non c’è aria, ossia il mezzo nel quale le vibrazioni possono diffondersi. Si propaga nell’aria, nei liquidi, nei solidi, nei gas. (si riporta tabella dei mezzi nei quali il suono può diffondere) A seconda del materiale il suono si propaga con diverse velocità, perché dipende dal modulo di compressione uniforme(B) e dalla densità del materiale. Per esempio se stiamo in Elio e in Idrogeno, la velocità di propagazione del suono è magliore rispetto a quella dell’aria è perché sono dei gas meno densi rispetto all’aria. Quindi nel caso dell’elio e dell’idrogeno il denominatore ρ(densità del materiale) è minore rispetto al numeratore (compressione uniforme B). In base a questo ragionamento, nei liquidi e nei solidi in cui la densità è maggiore, dovrebbe diminuire la velocità di propagazione del suono…invece aumenta! Aumenta perché influisce il valore del modulo di compressione uniforme. Bisogna ricordare che il modulo di compressione uniforme è proporzionale alla rigidità del materiale. Più i materiali sono rigidi e quindi difficilmente deformabili, maggiore è il modulo di compressione uniforme. Chiaramente i solidi e i liquidi sono molto più rigidi e molto meno deformabili rispetto ai gas, quindi il valore di B è molto elevato e la velocità di propagazione è molto elevata. CENNI SUL TEOREMA DI FOURIER (cenni perché il Prof. Ritiene che non abbiamo competenze matematiche e riferisce che non lo troviamo sul libro) Una qualsiasi funzione periodica si può considerare come la somma di un certo numero di funzioni armoniche, quindi di tipo sinusoidale (funzioni tipo sen e cos), le cui frequenze sono multiple, secondo numeri interi, della frequenza della funzione periodica considerata. Cosa significa? Vediamo la spiegazione del seguente esempio in figura. Supponiamo che la funzione evidenziata si riproduca nello spazio periodicamente. Essa è la somma delle 3 funzioni di tipo sinusoidale poste superiormente. La prima, la fondamentale, ha frequenza o lunghezza d’onda pari alla frequenza o lunghezza d’onda della funzione presa in considerazione (quella evidenziata,la 4). Le altre due sono delle frequenze che sono multipli di quella fondamentale. La seconda ha frequenza doppia rispetto alla prima e la terza ha frequenza tripla. In generale una qualsiasi funzione periodica è la somma di un numero sufficientemente elevato di segnali di tipo sinusoidali: Anche una funzione non periodica è la somma di un numero di diversi segnali sinusoidali con determinate frequenze. Per esempio il segnale che produce il chitarrista quando pizzica la chitarra, è sovrapposizione di diverse frequenze. Cosa cambia rispetto al caso delle funzioni periodiche? Nel caso delle funzioni periodiche le frequenze componenti sono ben determinate, hanno determinati valori. C’è una fondamentale, la frequenza doppia, tripla, quadrupla etc. Invece, nel caso dei segnali non periodici, sono dei segnali costituiti dalla somma di infinite frequenze. La sommatoria diventa un integrale. Il segnale non periodico corrisponde al cosiddetto spettro del segnale. Quindi sovrapposizione di infiti segnali di tipo sinusoidale. DIFFERENZA tra SUONO PURO, SUONO COMPLESSO e RUMORE Il suono è un’onda di densità, di pressione maggiore o minore rispetto alla pressione atmosferica, di spostamento dalla posizione di equilibrio delle singole molecole. Si ha un suono puro se la pressione, la densità, lo spostamento dalla posizione di equilibrio, variano con legge sinusoidale. Però i suoni puri nella pratica non esistono. Solo il diapason è in grado di riprodurre qualcosa che somigli ad un suono puro. In generale i suoni sono di tipo complesso, cioè sono costituiti da un’armonica fondamentale e da armoniche superiori. Sono suoni in cui la pressione, la densità e lo spostamento dalla posizione di equilibrio viaggiano con legge periodica e non sinusoidale. Tuttavia i suoni complessi sono la sovrapposizione di diversi suoni puri (frequenze). Suoni puri o complessi sono percepiti dal nostro udito come suoni gradevoli, piaceri. Il rumore non varia con legge periodica. Anch’esso può essere considerato come la sommatoria di infinite onde. La differenza tra il suono complesso e il rumore è che il primo è gradevole e il secondo è fastidioso. Nel primo c’è una relazione ben precisa fra le frequenze componenti: c’è una fondamentale, la doppia, tripla etc. la sensazione è piacevole. Quando all’orecchio arrivano tutte le frequenze senza alcuna relazione fra di loro, la sensazione è sgradevole. TONO e TIMBRO di un SUONO Il tono di un suono indica se esso è acuto (alto) oppure grave (basso). Il tono dipende: dalla frequenza se il suono è puro; dalla frequenza fondamentale se il suono è complesso. Maggiore è la frequenza singola o la fondamentale, più acuto sarà il suono. Minore è la frequenza singola o la fondamentale, più grave sarà il suono. Le note musicali corrispondono ad una determinata frequenza. Come mai la stessa nota suonata da diversi strumenti ci sembra diversa? La frequenza fondamentale è la stessa ma cambiano le armoniche superiori. In alcuni suoni ci sono determinate armoniche mentre in altri può mancarne qualcuna. Mentre il tono dipende dalla fondamentale, il timbro o carattere dipende dal numero di armoniche superiori presenti in un determinato suono. In particolare dal loro numero (quali sono presenti e quali no) e dalla loro ampiezza relativa, ossia di quanto ciascuna armonica contribuisca a formare il suono. Dalle immagini si può notare come il diapason ha solo la fondamentale e sono assenti le armoniche superiori presenti nel flauto e nel clarinetto. Si può notare come le ampiezze relative cambiano: nel flauto l’ottava e la nona sono quasi assenti rispetto al clarinetto. Questo conferisce ad un suono che viene emesso da un determinato strumento, uno specifico timbro. LIVELLO DI INTENSITÀ L’orecchio umano è sensibile ad un intervallo di frequenza che va da 20hz a 20000hz. L’orecchio è molto sensibile. L’INTENSITA’ DEL SUONO O DELL’ONDA: è l’energia che attraversa l’unità di superficie nell’untià di tempo. È la grandezza fisica che viene utilizzata per definire l’energia contenuta nell’onda, in questo caso nel suono. Da 1 W/m2 in su percepiamo dolore. La percezione dello stimolo sonoro nell’orecchio non è direttamente proporzionale all’intensità. Questo significa che se all’udito arrivano 2 suoni di intensità l’una il doppio dell’altra, non si riesce ad avere la sensazione che l’energia arrivata sia effettivamente nel rapporto che uno è il doppio dell’altro. Affinchè il suono che ascoltiamo ci dia una percezione di intensità doppia rispetto ad un altro, deve avere un’intensità circa dieci volte superiore. Per esempio un suono di 10-9 W/m2 ci dà una sensazione sonora doppia rispetto ad un suono di 10-10 W/m2. Per descrivere la sensazione procura il suono, che chiamiamo livello di intensità (la percezione che abbiamo del suono), introduciamo l’unità di misura DECIBEL, che è adimensionale. IL decibel si indica con β ed è uguale al logaritmo in base 10 del rapporto tra l’intensità del suono e la soglia dell’udito. ES: un suono di 10-10 W/m2 a quanti Decibel equivale? I10-10/10-12 I0 = 102 β= log10 102 = 2x 10 = 20 Db Perché introduciamo l’intensità? Perché il nostro orecchio è in grado di distinguere una differenza di livello sonoro di appena 1 dB; quindi se c’è questa differenza il nostro orecchio riconosce due suoni come distinti, diversi. Se è minore non li riconosce come distinti. Un’intensità doppia rispetto ad un’altra equivale ad una differenza di 3dB, quindi è minima. Il livello di intensità è la percezione che noi abbiamo di un suono. EFFETTO DOPPLER L’effetto Doppler consiste nella variazione della frequenza delle onde così come vengono percepite dall’osservatore, rispetto alla frequenza delle onde emesse dalla sorgente quando si ha un moto relativo dei due corpi, rispetto al mezzo in cui si propagano le onde (di norma, negli esercizi, l’aria, che supponiamo che sia ferma). Questo effetto è caratteristico di tutti i tipi di onda, non solo del suono. Nota bene: l’effetto Doppler non riguarda l’aumento dell’intensità (I) con l’avvicinamento della sorgente a noi, nonostante ciò avvenga. Questo dipende della natura sferica dell’onda sonora. Poiché il suono si diffonde in tutte le direzioni il suo fronte d’onda acquisisce una forma sferica, la quale varia la propria intensità in modo inversamente proporzionale al quadrato della distanza dalla sorgente. (ndr: ciò lo si può dedurre dalla formula dell’intensità nel caso di una sfera, che vi lascio sotto. Non solo, come potete vedere, ciò dipende solo dal raggio e non dalla lunghezza d’onda; quindi, è un effetto della geometria di propagazione e non dell’effetto Doppler. Ecco il perché della precisazione del 𝑃 𝑃 prof, sono fenomeni diversi) (𝐼 = = 4𝜋𝑟 2) 𝑆 Da ciò si può comprendere che se la sorgente si avvicina, diminuisce la distanza e aumenta l’intensità, ma questo non c’entra con l’effetto che stiamo analizzando, che riguarda la frequenza delle onde che sono rivelate dall’osservatore, il quale le percepisce effettivamente con una frequenza diversa rispetto a quella tipica delle onde emesse dalla sorgente. Scopriamo il perché. OSSERVATORE e SORGENTE FERMI Preso per modello l’immagine sottostante notiamo: - la sorgente (il camion dei pompieri) che emette un suono; - l’osservatore a destra; - in blu le creste d’onda. Ad ogni intervallo di un periodo (T) viene emessa una cresta d’onda e la distanza tra due creste successive vale una lunghezza d’onda. La lunghezza d’onda delle onde che vengono percepite dall’osservatore è uguale a quella delle onde emesse dalla sorgente. (ndr: Ciò lo si può vedere matematicamente mediante la formula della 𝑣 frequenza 𝑓 = 𝜆: v (la velocità del suono) è costante e 𝜆 (la lunghezza d’onda), sia quella della sorgente che quella percepita, sono identiche. Di conseguenza se 𝜆𝑝𝑒𝑟𝑐𝑒𝑝𝑖𝑡𝑎 = 𝜆𝑠𝑜𝑟𝑔𝑒𝑛𝑡𝑒 allora 𝑓𝑝𝑒𝑟𝑐𝑒𝑝𝑖𝑡𝑎 = 𝑓𝑠𝑜𝑟𝑔𝑒𝑛𝑡𝑒 ) SORGENTE si AVVICINA all’OSSERVATORE FERMO La sorgente emette una cresta che arriva all’osservatore dopo un tempo pari ad un periodo (T). (ndr: si suppone, per semplificare i calcoli, che l’osservatore sia a un 𝜆 di distanza dalla sorgente. Tuttavia, la 𝜆′ calcolata vale per qualsiasi distanza dalla sorgente. Questo perché entrambe le creste si propagano alla stessa velocità v. Di conseguenza 𝜆′ non varia nel tempo e posizione) La lunghezza d’onda è la distanza percorsa dalla cresta in un periodo(T). Da ciò si può dedurre che la successiva cresta verrà emessa un periodo dopo l’emissione della precedente. Occorre però sottolineare che la sorgente, quando emette la seconda cresta, si è mossa rispetto alla posizione iniziale, dal punto 1 al punto 2, percorrendo uno spazio 𝒅𝒔 = 𝒗𝒔 𝑻. Da ciò comprendiamo che la cresta successiva a quella che ha raggiunto l’osservatore viene emessa non da dove era la sorgente nel momento in cui ha emesso la prima cresta, bensì nel punto 2. Il valore della lunghezza d’onda delle onde che arrivano all’osservatore vale 𝜆′ (che possiede un valore inferiore a quello che avrebbe avuto nel caso in cui la sorgente fosse rimasta ferma). Per cui se v è la velocità delle onde nel mezzo, l’osservatore sente arrivare le onde una dopo l’altra e in un minor tempo rispetto al periodo delle onde emesse dalla sorgente e di conseguenza la frequenza delle onde che arrivano all’osservatore è maggiore di quella della onde emesse dalla sorgente. Il valore di 𝜆′ (la distanza tra due creste successive che arrivano all’osservatore) è: 𝜆 (ndr: le equazioni meglio scritte ed espanse sono così. Nota bene: 𝑇 = 𝑣) 𝝀 𝒗𝒔 𝝀′ = 𝒅 − 𝒅𝒔 = 𝝀 − 𝒗𝒔 𝑻 = 𝝀 − 𝒗𝒔 = 𝝀 (𝟏 − ) 𝒗 𝒗 ′ 𝒗𝒔 𝒗𝒔 𝒗𝒔 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊 𝚫𝝀 = 𝝀 − 𝝀 = 𝝀 (𝟏 − ) − 𝝀 = 𝝀 − 𝝀 − 𝝀 = −𝝀 𝒗 𝒗 𝒗 Passiamo all’analisi della frequenza percepita dall’osservatore (f ’): 𝑣 Siccome 𝜆 è la lunghezza d’onda delle onde emesse dalla sorgente; quindi, 𝜆 è la frequenza delle onde emesse dalla sorgente. 𝑣 𝑣 (ndr: Nota bene: 𝑓 = 𝜆 e 𝜆′ = 𝜆 (1 − 𝑣𝑠 )) Notiamo che la f’ risulta maggiore di f, ossia la frequenza dell’onda percepita dall’osservatore è maggiore di quella delle onde emesse dalla sorgente, tanto che egli percepirà un suono più acuto, con frequenza più alta. SORGENTE si ALLONTANA dall’OSSERVATORE FERMO In questo caso la distanza tra due creste successive, cioè la 𝜆 dell’onda emessa dalla sorgente e percepita dall’osservatore è maggiore rispetto alla distanza tra due creste successive così come sono emesse dalla sorgente. Dobbiamo immaginare che la sorgente si allontani dall’osservatore, aumentando la distanza tra le due creste d’onda e di conseguenza la lunghezza d’onda percepita dall’osservatore. A livello della formula questo effetto si traduce nel cambio di segno dal meno al più nell’equazione precedente. Il denominatore di 𝑓’ risulterà inevitabilmente maggiore di uno, per cui 𝑓’ sarà minore di 𝑓 (di conseguenza l’osservatore percepirà un suono più grave). OSSERVATORE si AVVICINA alla SORGENTE FERMA In questo caso la frequenza cambia perché si ha una variazione della velocità e non più della lunghezza d’onda. Sia 𝑣0 la velocità di un osservatore che si muove verso una sorgente in quiete (𝑣𝑠 = 0) sull’asse x. In questo caso, la distanza tra i fronti d’onda è la lunghezza dell’onda emessa dalla sorgente che rimane invariata (di conseguenza la distanza tra due creste successive è sempre la stessa). Ciò che cambia è la velocità dei fronti d’onda rispetto all’osservatore. Se l’osservatore si sta muovendo verso la sorgente, la velocità relativa dei fronti d’onda misurata dall’osservatore è maggiore rispetto a quella che hanno effettivamente nel mezzo e vale: 𝑣’ = 𝑣 + 𝑣0 Quindi la nuova frequenza 𝑓′ è: L’osservatore che si sta avvicinando alla sorgente percepisce un suono più acuto. OSSERVATORE si ALLONTANA dalla SORGENTE FERMA La nuova frequenza 𝑓’ è: L’osservatore che si sta allontanando percepisce un suono più grave. FORMULA GENERALE Questi sono i quattro casi più semplici ma potrebbe accadere che sia l’osservatore che la sorgente si stanno muovendo e, in questo caso, la nuova frequenza si ottiene combinando le relazioni precedenti: 𝒗 + 𝒗𝟎 𝒇′ = 𝒇 ( ) 𝒗 − 𝒗𝒔 In quest’ultima relazione occorre considerare: 𝑣0 𝑒 𝑣𝑠 positivi in caso di avvicinamento (suono più acuto); 𝑣0 𝑒 𝑣𝑠 negativi in caso di allontanamento (suono più grave). Questa relazione generale contiene tutti i casi possibili, oltre che i precedenti casi analizzati. APPLICAZIONE EFFETTO DOPPLER SONOGRAFIA: Determinazione della velocità del flusso sanguigno dalla misura dello spostamento Doppler della frequenza di onde riflesse dai globuli rossi. In questa tecnica vengono usati gli ultrasuoni, perché, avendo una frequenza maggiore rispetto al suono e conseguentemente una lunghezza d’onda minore, al fine di rivelare le onde riflesse dei globuli rossi risultano maggiormente adatti. Abbiamo una sonda (la sorgente) che emette delle onde ultrasonore di una certa frequenza e poi riceve le onde e determina la frequenza con la quale arrivano. Ma vediamo cosa succede all’onda emessa dalla sorgente. Considerando il percorso di andata: l’onda si dirige verso l’oggetto (il globulo rosso) che si sta muovendo; all’oggetto arriverà una frequenza maggiore rispetto a quella emessa dalla sorgente perché si sta avvicinando, in base a questa relazione: Questa è la frequenza dell’onda ultrasonora quando arriva all’oggetto e che quest’ultimo riflette. Nel percorso di ritorno il globulo rosso si trasforma in sorgente e quella che era la sorgente, ossia la sonda, diventa l’osservatore. La frequenza che arriva alla sonda è: In questa relazione ho sostituito 𝑣𝑠 con 𝑣0 , perché vs è la velocità con la quale si sta muovendo il globulo rosso. Dalla misura dello spostamento Doppler complessivo: 𝚫𝒇 = 𝒇’’ − 𝒇’ e conoscendo v, si determina 𝑣0 = 𝑣𝑠.

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