Zoologia - Sbobinature - Sistematica - Prof. A. Bonfitto PDF
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This document details zoology, specifically the systematics part of the subject. It analyses the classification of Porifera by exploring the phylogenetic tree of animals, and their structure and function. It focuses on the cellular organization and filtering mechanisms of sponges.
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Sistematica 1. Gruppi a organizzazione cellulare : Poriferi, Placozoi, Mesozoi L’albero filogenetico del mondo animale costruito utilizzando il metodo cladistico, considerando 7 caratteri fondamentali della discriminazione dei differenti phyla animali, la classificazione procede in mo...
Sistematica 1. Gruppi a organizzazione cellulare : Poriferi, Placozoi, Mesozoi L’albero filogenetico del mondo animale costruito utilizzando il metodo cladistico, considerando 7 caratteri fondamentali della discriminazione dei differenti phyla animali, la classificazione procede in modo dicotomico attraverso la comparsa di caratteri man mano più stringenti. Tutti questi caratteri fanno direttamente o indirettamente riferimento all’architettura corporea degli animali: il bauplan. Il bauplan in zoologia indica l’organizzazione strutturale dell’animale. La vita è passata da un livello strutturale estremamente semplice, rappresentato dall’organizzazione unicellulare, ad un livello pluricellulare. L’architettura pluricellulare si manifesta con vari livelli di complessità: 1. il più semplice è l’aggregazione cellulare (o organizzazione cellulare), che ancora non esprime quel differenziamento tissutale, di organi e di sistemi che caratterizza la maggior parte degli organismi pluricellulari. Le funzioni che negli animali più complessi sono espletate da organi ed apparati, in questo caso sono svolti da cellule specializzate. Sono: → le spugne, primo “tentativo” della vita di organizzare la pluricellularità, derivate dalla tendenza alla colonialità di alcuni coanoflagellati. Sono considerate un “ramo tronco” della vita animale, al punto da essere considerate nel gruppo dei Parazoi, cioè vicine agli animali. → Altri due gruppi i Placozoi e i Mesozoi. Sono abbastanza primitivi e sconosciuti (si conoscono pochissime specie, addirittura dei Placozoi è stata confermata un’unica specie), non hanno una cavità interna al contrario dei Poriferi, ma possiedono comunque un’organizzazione pluricellulare. A seconda degli autori in realtà vengono considerati gruppi basali/primitivi, tentativi di pluricellularità derivati dall’aggregazione di protozoi ciliati, oppure gruppi degenerati (come nei vermi piatti). 2. si palesa un primo tentativo di organizzazione tissutale, le cellule si uniscono a dare i tessuti, che esprimono un certo livello prestazionale specializzato. Quest’organizzazione la vediamo per la prima volta all’interno degli Cnidari (meduse, coralli, madrepore) e negli Ctenofori, organismi molto simili agli Cnidari, al punto che venivano considerati insieme all’interno del gruppo dei Celenterati (gruppo caratterizzato dalla caratteristica cavità interna: il Celenteron). Per quanto siano presenti abbozzi di organizzazione tissutale in questi due gruppi vi è ancora una forte specializzazione cellulare, gli Cnidari vedono molto del loro successo adattativo (sono animali antichissimi, comparsi 600 milioni di anni fa, forse anche 1 miliardo di anni fa) agli cnidociti, cellule 1 urticanti; mentre negli Ctenofori abbiamo i colloblasti. L’organizzazione è ancora diblastica, con uno strato interno ed uno esterno di cellule. 3. Si ha infine un’organizzazione in cui i tessuti producono organi, che si organizzano in apparati. Questo livello di organizzazione caratterizza tutto il resto degli organismi pluricellulare, indicati con il termine di Eumetazoi, veri organismi pluricellulari (mentre il termine Metazoi si utilizza per tutti gli organismi pluricellulari, tranne i Parazoi). PHYLUM PORIFERA Generalità Primo gruppo a organizzazione cellulare, i Poriferi sono Parazoi, strutturalmente sono un ammasso di cellule, sono organismi acquatici e per la maggior parte marini con solo alcune specie d’acqua dolce. Si conoscono 9000 specie, 500 delle quali sono presenti in acque italiane. Strutturalmente sono formate da due strati cellulari, provvisti di pori per la filtrazione dell’acqua, divisi da una cavità interna, lo spongocele. L’acqua viene filtrata dalla spugna per ottenere il nutrimento e viene espulsa attraverso un’apertura, normalmente apicale, chiamata osculo. Sono degli organismi bentonici sessili, quindi che non si muovono, e sviluppandosi sui substrati risentono molto sia dell’influenza del substrato stesso che del dinamismo dell’acqua. Questo fa si che la forma del corpo sia estremamente variabile, spesso sono anche coloniali, è quindi difficile definire la morfologia corporea. Volendo schematizzare, approcciandosi a 360° con l’ambiente ed essendo organismi immobili, la loro organizzazione può essere definita raggiata, che però è influenzata dall’ambiente (dal substrato e soprattutto dal movimento dell’acqua, essendo filtratori è essenziale che sfruttino anche il suo naturale flusso della corrente per incamerare acqua) e quindi prende forme più o meno variabili. Ad esempio, se la corrente è molto forte la spugna sviluppa una forma strisciante, poco elevata verticalmente e molto in senso orizzontale; a mano a mano che il dinamismo cala la spugna diventa più grande ed assume magari una forma più colonnare. In generale, non possono raggiungere grandi dimensioni (max 1m o 1,5m), diventa troppo poco efficiente il rapporto tra capacità di filtrazione e capacità di sostentamento dei tessuti con la grandezza dell’animale. Le spugne possono essere rappresentate in generale da morfologie: specie incrostanti (adese al substrato), specie perforanti (Suberites domuncula, corrode piano piano la conchiglia del paguro e resta al suo posto), specie colonnari più o meno ramificate. Alcune specie sono solitarie, ma la maggior parte vive sotto forma di colonie. La grande capacità di filtrazione delle spugne è permessa da particolari cellule flagellate specializzate, che permetto un rapidissimo spostamento dell’acqua, anche in assenza di corrente, i coanociti. Le pareti interne del corpo della spugna sono tappezzate da questi coanociti, che presentano un collaretto con al centro un flagello, il cui movimento induce il movimento dell’acqua, mentre a livello del collaretto vengono catturate le particelle di cibo presenti nell’acqua. Forma e Funzione Tipi cellulari: dal punto di vista strutturale possiamo considerare le spugne come organismi diblastici, presentano uno strato di cellule esterne appiattite (elementi tegumentali), i pinacociti, detto pinacoderma (è l’ectoderma) ed 2 uno strato interno che definisce la cavità centrale (spongocele) fondamentalmente formato da coanociti, detto coanoderma (è l’endoderma). Tra il pinacoderma ed il coanoderma è interposto uno strato intermedio, il mesoilo (non è un terzo foglietto embrionale, non è un mesoderma), in cui si muovono tutta una serie di cellule specializzate: amebociti, hanno la funzione di smistare le sostanze all’interno del corpo dell’animale, ad esempio prendono in carico il cibo catturato dai coanociti per distribuirlo; cellule gametiche, come ovociti; sclerociti, che hanno il compito di secernere gli elementi di sostegno dello scheletro della spugna, le spicole. Strato interno e strato esterno sono collegati completamente da cellule specializzate, i porociti, attraverso le quali passa l’acqua. Tutte questi tipi cellulari che svolgono funzioni specializzate derivano da un unico ceppo cellulare che esprime capacità totipotenti, gli archeocitici. Gli archeociti sono cellule indifferenziate che possono differenziarsi dando origine a ceppi cellulari sia della linea somatica, quindi legati a funzionalità e struttura, sia della linea germinale, i gameti. Possono anche differenziare in un tipo cellulare che possono svolgere la funzione contrattile, come fibrille muscolari, i miociti (servono ad esempio a chiudere o allargare i singoli pori). Le cellule specialistiche delle spugne sono i coanociti: il fatto che siano cellule è dimostrato dalla presenza di un nucleo, appaiono strutturalmente complicate ma sono un’unica cellula. Sono costituite da un corpo cellulare, che contiene come per tutti gli eucarioti nucleo e sistema di organuli, e da delle espansioni che formano il collaretto, caratterizzato da una fitta trabecolatura che funge da setaccio. Al centro del collaretto si differenzia un lungo flagello. (Meccanismo di alimentazione e filtraggio della spugna →) Il movimento del flagello determina un movimento di richiamo dell’acqua, il setaccio formato dal collaretto cattura le particelle trasportare dal flusso, che rimangono intrappolate grazie a del muco. Il cibo catturato a livello del collaretto raggiunge attraverso un movimento muco- ciliare il corpo cellulare del coanocita e viene fagocitato dalla cellula in vacuoli alimentari, questi attraversano il coanocita e vengono trasferiti (attraverso esocitosi) ad una cellula amebocitaria contigua. L’amebocita trasferirà il nutrimento al resto delle componenti cellulari della spugna. Il coanocita non cattura solo cellule alimentari, nell’acqua può esserci essenzialmente di tutto, come sedimenti, detriti, gameti. Il diametro dei porociti è un primo filtro dimensionale, particelle troppo grandi non riescono ad entrare. Particelle inorganiche inutilizzabili che riescono a sorpassare il filtro vengono comunque fagocitate dal coanocita, ma in questo caso l’amebocita si limita a trasportarle attraverso il mesoilo e rilasciarle oltre l’ostacolo, nella parte interna dell’animale, in modo che possano essere espulse attraverso poi l’osculo insieme al flusso d’acqua in uscita. I coanociti catturano anche gameti, la maggior parte delle spugne sono ermafrodite, ma la fecondazione è interna e consiste nella cattura da parte dell’animale di spermi dall’acqua e nel loro trasferimento attraverso gli amebociti alle cellule uovo collocate nello strato mesoilare. 3 Organizzazioni corporee: la filtrazione è forse la più antica tra le modalità trofiche messe in atto dalla vita pluricellulare poiché più idonea ed economica a livello di dispendio energetico in un ambiente primigeneo, in cui l’acqua era molto ricca di composti organici utili. Essendo le spugne animali filtratori, questa loro capacità ha influenzato la loro storia filogenetica, difatti si assiste all’interno del gruppo ad una progressiva modificazione corporea-strutturale sempre più funzionale ed efficiente rispetto alla capacità filtrante. Abbiamo tre livelli funzionali progressivamente migliorati corrispondenti a queste tre strutture corporee: 1. Asconoide (Ascon) Modello organizzativo più semplice, il “vaso bucato”, consente l’ingresso dell’acqua attraverso i pori nell’ampio spongocele tappezato da coanociti, e la sua fuoriuscita attraverso l’osculo apicale. Abbiamo un unico ambito di filtrazione, rappresentato dallo strato di coanoderma che tappezza lo spongocele. Esempio: Leucosolenia 2. Siconoide (Sycon) Modello organizzativo intermedio, aumenta la capacità di filtrazione in corrispondenza dell’aumento di superficie ricoperta da coanociti. Le spugne hanno dei limiti strutturali, non possono raggiungere dimensioni troppo grandi, collasserebbero (non hanno elementi strutturali di sostegno abbastanza efficienti), quindi l’aumento di superficie del coanoderma è realizzato attraverso la formazione di ripiegamenti (evaginazioni ed invaginazioni) delle pareti ispessite a dare canali radiali (camerette secondarie flagellate prima dello spongocele), interni e tappezzati di coanociti, e canali incurrenti (o inalanti), esterni, nel quale viene convogliato inizialmente il flusso dell’acqua, che entra attraverso delle aperture dermali, detti prosopìli, all’interno del canale radiale. I canali radiali si aprono attraverso delle aperture delle apopìli nello spongocele, leggermente ridotto, e l’acqua fuoriesce attraverso l’osculo apicale. Esempio: Sycon, spesso con coroncina di spicole attorno all’osculo, con funzione protettiva 3. Leuconoide Livello con la massima complessità, il progressivo ispessimento e ripiegamento delle pareti riempie quasi interamente la cavità spongocelica. Il corpo dell’animale è percorso completamente da canali inalanti che portano a camere flagellate, tappezzate da coanociti. Si raggiunge così la maggior superficie filtrante possibile. L’acqua entra attraverso tanti ostii dermali, attraversa la spugna grazie a questo reticolo di camere e canali, e fuoriesce attraverso numerosi osculi (? oppure osculo apicale unico). Esempio: Euspongia (spugna da bagno), fatta di fibre di spongina, elementi strutturali di natura proteica Elementi di sostegno: uno dei limiti delle spugno è proprio quello di non possedere elementi di sostegno particolarmente efficienti da permettergli di raggiungere dimensioni maggiori di un metro circa massimo. Tuttavia, hanno degli elementi sostegno che le rendono abbastanza compatte, questi elementi di sostegno vengono dette spicole e sono sostanzialmente di due tipi: elementi scheletrici di natura organica ed elementi scheletrici di natura inorganica: → Inorganici: i primi sono rappresentati da elementi composti da carbonato di calcio (classe calcisponge) o silicio idrato (classi esattinellide e demosponge). 4 → Organici: i secondi sono rappresentati da fibre di spongina, particolare proteina con grandi prestazioni strutturali (classe demosponge) A seconda del tipo di elementi scheletrici che possiedono vengono classificate in diverse classi. Esiste un’estrema varietà morfologica nelle spicole delle spugne minerali (con elementi silicei o carbonati), dal punto di vista sistematico e diagnostico morfologia e natura chimica di questi elementi scheletrici sono determinanti per delineare nuove chiavi dicotomiche (strumenti che servono al sistematico per arrivare, attraverso analisi comparativa, alla determinazione di elementi alternativi). Le fibre di spongina formano degli intrecci proteici, reticoli di spongina, le spugne che possiedono come elemento scheletrico prevalente, in alcuni casi addirittura esclusivo, quello proteico vengono dette spugne cornee. Le spicole, soprattutto quelle di tipo minerale, sono formate dagli scleroblasti o sclerociti, che hanno la funzione di metabolizzare e deporre gli elementi che daranno origine alle spicole. La formazione della spicola risulta dalla collaborazione di differenti scleroblasti, nel risultato finale sono strutture estremamente variegate, possiamo distinguerle e caratterizzarle in base al numero di assi (desinenza -assone) che le compongono ed anche al numero di raggi (desinenza -attino): 1 asse → monoassone; 3 assi → triassone; 1 raggio → monoattino ecc. La respirazione avviene attraverso il tegumento, l’ossigeno viene assorbito attraverso la parete del corpo; l’escrezione dei cataboliti vengono espulsi tramite cellule specializzate (soprattutto quelli azotati tipo ammoniacale NH3, tipico degli animali acquatici, sfruttano il potere di diluizione dell’acqua); sono sessili e hanno rapporti molto passivi con l’ambiente, quindi di fatto non hanno un sistema nervoso, anche se ultimamente evidenze mostrano che possono comunque dimostrare una certa sensibilità (sempre in riferimento a tipi cellulari specializzati) rispetto alla possibilità modulare l’apertura o meno dell’osculum. Riproduzione: le spugne sono per la maggior parte ermafrodite, raramente gonocoriche, quindi operano anche riproduzione sessuale, ma presentano anche grandi potenzialità legate alla riproduzione asessuale (quindi grande capacità rigenerativa). In particolare, si possono riprodurre per: scissione, frammentazione (posso splittare un pezzettino della spugna e da questo crescerà un nuovo individuo adulto) e per gemmazione (gemmano nuovi piccoli individui dal corpo dell’animale che poi verranno separati, il nuovo individuo potrà anche dare origine ad una colonia attraverso sempre riproduzione asessuale. La colonialità è fortemente rappresentata, raramente si osservano singoli individui solitari. Gli individui in una colonia si possono identificare tramite l’osculo). Possono essere ermafrodite sequenziali, proterandriche e partenogeniche. In genere lo sviluppo è indiretto tramite differenti tipi di larve (differenti in base ai gruppi). La fecondazione generalmente è interna, attraverso l’osculo vengono rilasciati i gameti, gli spermi, che possono essere poi catturati come fossero particelle alimentari dai coanociti di un altro individuo. Il gamete catturato viene poi trasferito grazie agli amebociti agli ovociti presenti nel mesoilo e avviene fecondazione. Dalla fecondazione si sviluppa una larva che viene espulsa nello spongocele ed abbandonata all’acqua attraverso l’osculo. La larva passa un periodo di vita natante più o meno lungo, quando trova un substrato adatto si fissa e metamorfosa in adulto. 5 Classe Desmosponge: dallo zigote si sviluppa uno stadio larvale detto parenchimula, poi una celoblastula (blastula cava) con parti delle cellule ciliate. Spugne Calcaree (tipo Leucon): Si sviluppa uno stadio larvale detto anfiblastula, le cellule ciliate che si trovavano all’esterno subiscono un processo di invaginazione e vanno a formare la primitiva cavità interna tappezzata da cellule flagellate che daranno origine ai coanociti (accade in quasi tutte le spugne). La maggior parte delle spugne sono marine, ma si conoscono anche alcune specie di acqua dolce, una di queste è la Spongilla Palustris. Gli ambienti dulciaquicoli sono abbastanza problematici dal punto di vista dell’abitabilità, sono ambienti molto instabili in quanto sono transitori, fortemente soggetti a fenomeni di stagionalità per quanti riguarda i livelli di acqua. La spongilla ha adattato il suo ciclo biologico a questi ambienti, per superare il periodo sfavorevole in cui l’acqua scarseggia ha allestito delle particolari strutture di resistenza, le gemmule. All’interno del corpo dell’animale, all’appropinquarsi della stagione sfavorevole, si creano dei “sacchettini” di cellule totipotenti racchiusi all’interno di una parete estremamente resistente. All’arrivo della stagione sfavorevole il corpo dell’individui si disgrega lasciando sul terreno queste strutture, appena si rinstaurano condizioni utili allo sviluppo la gemmula si svuota e le cellule totipotenti (gli archeociti) che contiene si differenziano nei vari tipi cellulari che ricostituiranno l’animale adulto. Gemmule descrizione: speciali corpi riproduttivi asessuali di tutte le Spugne d’acqua dolce e di alcune forme marine che appaiono regolarmente durante il ciclo biologico come mezzi di propagazione della specie. Hanno origine nella mesoglea in seguito all’aggregarsi di amebociti, probabilmente archeociti, che si caricano di materiali di riserva e si circondano di una membrana chitinosa spesso rinforzata da spicole scheletriche. Mentre le g. delle Spugne marine sono libere, quelle delle Spugne d’acqua dolce restano nel corpo del genitore che disgregandosi le libera. Le g. delle Spugne d’acqua dolce sopravvivono a condizioni ambientali sfavorevoli (congelamento, disseccamento ecc.). Classificazione Il Phylum una volta era suddiviso in 3 classi, Demospongiae (spugne cornee), Hexactinellida (spugne vitree o silicee) e Calcarea (spugne calcaree). Recentemente, sulla base di studi strutturali, è stata distinta una 4° classe, quella delle Homoscleromorpha, classe problematica poiché sembra manifestarsi addirittura un terzo foglietto embrionale. 6 Classe Calcispongie (Calcarea): spugne calcaree Spugne caratterizzate da un endoscheletro con spicole calcaree, che non costituiscono una rete trabecolare estesa per tutto il corpo dell’animale, in generale sono elementi incoerenti presenti nella parete del corpo, che non si connettono tra loro in una struttura organica. Possono avere tutte e tre le organizzazioni. La morfologia delle spicole è a 1, 3 o 4 raggi (carattere sistematico – monoassoni diritte o ¾ raggi). Aspetto particolarmente evidente nella spugna Sycon, presentano caratteristicamente attorno all’osculo una corona di spicole a funzione protettiva (“collaretto”). Altri esempi: Leucosolenia, Clathrina, Sycon. Dal punto di vista dimensionale solitamente non hanno grandi dimensioni. Classe Desmospongie: spugne cornee Sono il 95% delle specie, organizzazione leuconoide, tutte marine tranne Spongillidae. Spugne caratterizzate da elementi scheletrici di spongina, proteina estremamente resistente dal punto di vista meccanico, possono essere anche presenti elementi minerali (sia silicei che calcarei). Esempio: Euspongia officinalis (spugna da bagno), Spongilla palustris Classe Hexactinellida: spugne silicee o spugne vitree Per la maggior parte sono specie di profondità, presentano un corpo sostenuto da spicole silicee (predominano forme triassone a 6 raggi) che alcune volte concorrono a formare una spettacolare trabecolatura, molto complessa e di consistenza dura, che sostiene la parete del corpo, la struttura prende il nome di sincizio trabecolare o rete trabecolare sinciziale. Il sincizio trabecolare delle spugne silicee rappresenta l’esempio di sincizio più esteso del mondo animale (sincizio = non esiste divisione tra le membrane delle singole cellule). La rete trabecolare è formata da due strati che racchiudono il mesoilo di collagenere sottile nel quale sono immersi gli elementi cellulari, che sono archeociti, sclerociti e coanoblasti. I coanoblasti originano dalla fusione dei corpi cellulari di diversi coanociti (più collaretti fanno riferimento ad un solo nucleo) ed alloggiano all’interno di camerette silicee della rete trabecolare. Le camere silicee, e di conseguenza i coanoblasti, sono associate a grandi camere flagellate (gradi formazioni a bolla di silice) formate da una doppia parete, una primaria esterna ed una secondaria interna. Ciascun coanoblasto possiede dei processi che si estendono verso i corpi del collare alloggiati nella rete primaria, dai quali si originano i collaretti con i relativi flagelli che sporgono all’interno della camera flagellata attraverso un’apertura nella parete secondaria. L’acqua entra attraverso gli ostii della membrana dermale, circola all’interno dello spazio compreso tra la rete trabecolare e le camere flagettate, raggiunge tramite i prosopili lo spazio tra la rete primaria e secondaria ed attraverso i collari raggiunge il lume delle camere. L’acqua filtrata fuoriesce dalle camere flagellate e raggiunge la cavità interna attraverso l’apopilo per essere esalata all’esterno. Questa struttura, che sembra altamente fragile, è in realtà estremamente solida, proprio grazie a questo complesso livello di organizzazione. La struttura si basa su differenti elementi strutturali, ognuno dei quali aggiunge proprietà di resistenza alla struttura stessa: abbiamo un primo elemento assiale composto da sostanza inorganica, organizzato a sua volta in lamelle concentriche di spessore crescente verso l’interno, intercalati da materiale organico (i tubi sono poi organizzati in fasci e in reti). Il diverso spessore degli strati lamellari ed il fatto che sono 7 intercalati da materia organica fanno in modo che gli insulti meccanici che intervengono sulla struttura vengono dissipati facilmente, i danni sono limitati alla porzione che ha subito l’insulto senza che si propaghi all’intera struttura. Esempio: Euplectella Classe Homoscleromorpha Le spicole possono essere assenti, se presenti sono piccole e semplici (cioè non si formano attorno ad un filamento assile). Una volta venivano considerate Demosponge, adesso si stanno evidenziando strutture che potrebbero caratterizzarle dal punto di vista tissutale. Possiedono elementi che potrebbero far pensare alla presenza di un terzo foglietto e cellule con membrana basale e giunzioni cellulari (pinacociti), quindi il pinacoderma costituirebbe un vero tessuto. Sembra essere un gruppo molto più vicino agli Eumetazoi che non ai Parazoi. Esempio: Oscarella lobularis La scienza non fa altro che smentir sé stessa: la spugna arpa (Chondrocladia lyra) è una spugna abissale e predatrice. Trovata al largo delle coste della California, ha una organizzazione pentamera, dal quale dipartono bracci colonnari che terminano con delle sferette. È la prima spugna conosciuta non filtratrice, si nutre catturando animaletti detritivori, piccoli crostacei ecc. Le sferette apicali rappresentano le gonadi, che emettono spermatozoi, che vengono poi catturati con un meccanismo analogo a quello che l’animale usa per catturare le prede. Una volta catturati avviene fecondazione interna come abbia visto e le uova si posizionano intermedie lungo i bracci, sempre come formazioni sferoidali. Con il tempo si sono identificate altre spugne simili, la maggior parte raggruppate sotto al genere Chondrocladia. Un altro esempio è Chondrocladia lampadiglobus, la spugna dell’albero di ping-pong, ha uno stelo al cui apice si sviluppano delle strutture che l’animale utilizza per catturare piccole prede. PHYLUM PLACOZOA & PHYLUM MESOZOA Esistono altri due gruppi a organizzazione cellulare, i Placozoi e i Mesozoi. Questi due Phyla condividono con le spugne unicamente la caratteristica di avere un’organizzazione ancora solo cellulare, per il resto sono estremamente diversi. Sono rappresentati da specie millimetriche, presentano corpi che non hanno di fatto una cavità centrale e in più, soprattutto i Mesozoi, sembrerebbero palesare una simmetria bilaterale. Possono essere visti come quei tentativi iniziali della vita di produrre architetture pluricellulari (= organismi basali), anche se forse Placozoi e Mesozoi hanno un’origine diversa rispetto ai Poriferi, derivati da coanoflagellati, cioè derivanti da protozoi ciliati. Da altri autori ancora sono considerati invece dei gruppi degeneri, derivati da gruppi animali più complessi (ad esempio nel libro i Mesozoi sono trattati insieme ai vermi piatti, vengono considerati degenerazione di animali come i Platelminti). I Placozoi sono di aspetto ameboide (subcircolare depresso), sono formati da due strati di cellule. Furono inizialmente scoperti in acquari dell’istituto zoologico di Graz e descritta la prima specie, Trichoplax adhaerens. Fu poi descritta una seconda specie, che però non fu mai più ritrovata e quindi molti autori non la considerano valida. Dopo essere stati identificati negli acquari furono poi trovati un po’ dappertutto nelle acque basse, sembrano apparentemente/morfologicamente la stessa specie, ma secondo dati genetici si potrebbero ipotizzare almeno 4 specie diverse, però i dati sono ancora in elaborazione. Forma e funzione: l’animale è appiattito in senso dorso-ventrale, è presente una parete del corpo in cui si evidenzia uno strato di cellule superiori appiattite e monociliate (interposte alle cosiddette “sfere lucide” di cui non si conosce la funzione) ed uno strato cellulare ventrale formato da cellule colonnari, cellule ciliate e cellule secretorie, divisi da uno spazio intermedio in cui ci possono essere cellule ameboidi (alcuni autori lo considerano un terzo foglietto, ma 8 la maggior parte no). Lo strato inferiore è anche quello utilizzato dall’animale per nutrirsi: l’animale striscia sul substrato acquatico che abita secondo movimento ameboide, quando individua il cibo si muove grazie alle cilia, che caratterizzano sia lo strato inferiore che superiore, sovrasta la particella di cibo, si forma una depressione/cavità digestiva con cui avviluppano la particella, avviene digestione extracellulare (grazie alla secrezione delle cellule ghiandolari che tappezzano la superficie inferiore) e assorbono le sostanze nutritive. I Mesozoi sono tutti parassiti interni di alcuni organismi marini (es. abitano nefridi dei cefalopodi), il loro nome fa riferimento al fatto che quando furono descritti furono considerati una sorta di ponte tra i Protozoi, eucarioti unicellulari, e i Metazoi, eucarioti pluricellulari. Alcuni autori come abbiamo visto li considerano gruppo basale, altri gruppo degenere, anche perché la loro riproduzione è abbastanza complicata. Si dividono in due classi: Classe Rhombozoa: normalmente può avvenire riproduzione asessuale, in cui l’individuo adulto matura e sviluppa al suo interno degli individui vermiformi che emergono dal corpo dell’organismo parentale (adulto nematogeno); possono anche catturare gameti dall’acqua e fare avvenire riproduzione sessuale, dal quale si ha uno sviluppo interno dello zigote e poi lo sviluppo di una larva liberamente natante, che, abbandonata nella colonna d’acqua, andrà ad infestare un nuovo ospite (in questo caso l’adulto è detto rombogeno). La riproduzione asessuale avviene fintanto che le condizioni ambientali sono favorevoli, quando ci sono condizioni di stress le stesse cellule, che in condizioni normali originano gli individui vermiformi, differenziano in gameti (= metagenesi, alternanza riproduzione asessuata e sessuata). Classe con ciclo metagenetico. Classe Orthonectida: la riproduzione è poi ancora più strana, presentano dimorfismo sessuale, maschio e femmina ben distinti (in realtà esistono sia forma sessuate che ermafrodite), inoltre il corpo è formato da uno strato esterno di cellule ciliate (somatoderma) e da uno strato interno di cellule germinali. Gli adulti normalmente vivono nell’acqua, liberano nell’acqua i gameti, dalla fecondazione esterna si forma lo zigote, dal quale si sviluppa una larva, che penetra nell’ospite attraverso (in genere) le vie genitali. I nuclei dello zigote si dividono e si sviluppa uno stadio corrispondente ad una massa multinucleata, detto plasmodio, che darà origine a tante cellule diverse, ognuna delle quali diventerà un maschio o una femmina, che, liberati, condurranno nella fase adulta una vita acquatica (la fase parassitaria è legata allo stadio larvale). 9 2. Gruppi a organizzazione tissutale : Cnidari e Ctenofori Primi organismi con organizzazione di massa un po’ più complessa, che in qualche modo cominciano ad organizzare le proprie cellule in veri e propri tessuti. I phyla che corrispondono a livello organizzativo sono gli Cnidari e gli Ctenofori, raggruppati nel clade dei Radiati per via della simmetria raggiata, generalmente legata ad una scarsa interlocuzione con l’ambiente. Sono organismi che di fatto non possiedono una polarità corporea in quanto non riescono a stabilire un rapporto direzionale con l’ambiente, devono essere in grado di valutare la provenienza di stimoli a 360°. Sono i primi che differenziano un tipo di tessuto nervoso, che non presenza centri principali, ma è una rete neuronale diffusa che permette di percepire stimoli provenienti da qualsiasi angolazione. Al limite in alcune morfologie esistono organi impari che fanno in modo che di fatto la simmetria non sia raggiata in senso assoluto, ma può essere una simmetria in cui è possibile individuare non infiniti piani, ma un numero più limitato. PHYLUM CNIDARIA Generalità Sono organismi pluricellulari, a organizzazione tissutale, quindi veri Eumetazoi. Da punto di vista embrionale presentano due soli foglietti embrionali, quindi sono diblastici. Da questi due foglietti embrionali originano gruppi cellulari che per la prima volta daranno origine a tessuti. Dal punto di vista della morfologia di massa gli Cnidari presentano varie morfologie, che possono essere ricondotte a due modelli/architetture, i quali caratterizzano due fasi particolari del ciclo vitale di questi animali: polipo e medusa. Il polipo è caratterizzato da un corpo cilindrico colonnare, mentre la medusa è caratterizzata da un corpo globoso con una parte inferiore dalla quale possono protendere tentacoli più o meno lunghi. In entrambi i casi individuiamo sempre una simmetria raggiata o bilatetarale doppia (= posso utilizzare differenti piani di simmetria rispetto al punto centrale). Presentano sia forme coloniali (ci sono gruppi letteralmente specializzati nel costruire imponenti colonie, che configurano tra le più importanti biocostruzioni che si possano vedere) che solitarie, per la maggior parte sono marini, alcuni sono dulciaquicoli, non esistono forme terrestri sono tutti organismi acquatici predatori (più o meno attivi/passivi). Dal punto di vista sessuale possono presentare sia riproduzione sessuale che asessuale, quella asessuale è massicciamente utilizzata soprattutto in alcune fasi all’interno di cicli biologici che vedremo. Lo sviluppo è sempre indiretto, con una prima larva detta planula, poi, a seconda dei differenti gruppi, la planula metamorfosa in altri tipi di planule che daranno adito alla fase adulta: actinule, scifostomi, efire ecc. Dal punto di vista funzionale il polipo è l’organismo sessile, rappresenta la fase sessile – trofica – a riproduzione asessuale, mentre la medusa è la fase natante – dispersiva – a riproduzione sessuale (può produrre gameti). Forma e struttura Struttura polipo: ha corpo colonnare, sormontato apicalmente da un disco orale, al centro del quale si apre la bocca, che può essere variamente conformata all’interno dei diversi gruppi. Il disco orale è marginato da un numero vario di tentacoli, che possono essere organizzati in modo ordinato o disordinato. La bocca da adito ad un’ampia cavità centrale, il celenteron, una cavità 1 gastrovascolare, pertanto deputata sia alla digestione e all’assorbimento del cibo, sia all’espulsione dei cataboliti, sia agli scambi respiratori (avvengono tutta quella serie di funzioni che in organizzazione più complesse vengono svolte da apparati differenti). Il celenteron è una struttura fortemente caratterizzante il gruppo dei Radiati, può presentarsi variamente complicata, passando da una situazione in cui abbiamo uno spazio unico delimitato da una parete bistratificata, ad una cavità più o meno suddivisa dalla presenza di setti interni che svolgono particolari funzioni legate all’assorbimento, alla nutrizione ed alla cattura delle prede. Il cilindro termina con un disco pedale con il quale l’animale prende rapporti più o meno permanenti o transitori con il substrato. I polipi non sono del tutto immobili, sono in grado anche di fuggire ad un eventuale tentativo di predazione. Il corpo dell’animale è formato da due strati cellulari, uno strato esterno ectodermico ed uno strato interno endodermico (detto gastroderma), intercalati da uno strato più o meno gelatinoso, detto mesoglea, con spessore differente a seconda dell’architettura corporea. La mesoglea nel polipo è ridotta, mentre nella medusa è molto più importante, va a costituire la porzione superiore del corpo della medusa, detta umbrella. Struttura medusa: è visualizzabile come un “polipo capovolto”: l’equivalente del disco basale diventa la porzione superiore globosa, la bocca si apre al centro della faccia inferiore e al margine si dipanano i tentacoli. La porzione superiore della medusa prende il nome di umbrella, la parte inferiore prende il nome di subumbrella al quale centro protende in modo più o meno accentuato il manubrio al centro del quale si apre la bocca. La bocca può essere variamente conformata nelle meduse, può essere semplice che si apre al centro e da adito al celenteron, oppure può essere suddivisa in tanti tubicini differenti (“strutture ciuccianti”). Il margine della subumbrella può essere interessato o no dalla presenza di una serie di tentacoli penduli, in alcune meduse i tentacoli possono pendere dai lati del manubrio. Anche la medusa presenta una condizione diblastica, quindi abbiamo uno strato ectodermico esterno, uno strato endodermico che tappezza la cavità gastrovascolare, interposti ad uno strato intermedio di mesoglea molto accentuato nella zona umbrellare. Nelle meduse il celenteron, in rapporto ai diversi gruppi, può essere più o meno compartimentato a formare dei canali radiali che confluiscono in un anello gastrovascolare, che corre lungo tutto il perimetro dell’umbrella. Tipi cellulari: il corpo è formato da due strati cellulari derivati dai due foglietti embrionali, ectoderma e endoderma, suddivisi da uno strato di mesoglea. Per la prima volta compaiono ceppi cellulari che confluiscono a formare dei veri tessuti. Dal punto di vista citologico la parete esterna del corpo di questi animali presenta tutta una serie di cellule: Abbiamo cellule colonnari epitelio-muscolari, cioè con funzione di ricoprimento e muscolare, in quanto sono in grado di contrarsi e, organizzate in fasci circolari e longitudinali, sono in grado di deformare il corpo dell’animale, creare delle contrazioni, permettendo il movimento. Il fascio di muscolatura subito sotto l’ectoderma (o epidermide) è longitudinale, mentre quello circolare si trova all’interno alla base dello strato endodermico. (modello: Hydra) Inframmezzate alle cellule epitelio-muscolari troviamo: delle cellule interstiziali, cellule totipotenti, in grado di differenziarsi all’occorrenza in altri tipi di cellule. delle cellule sensoriali, più o meno ciliate, che espongono verso l’esterno dei sensori in grado di captare stimoli provenienti dall’ambiente. Per la prima volta si assiste alla costituzione di una rete nervosa diffusa. Difatti queste cellule sensoriali costituiscono una sorta di plesso sensoriale, al di sotto dello strato di cellule ectodermiche, che si trova in rapporto, grazie a delle commessure che attraversano la mesoglea, con il plesso motorio alla base dello strato endodermico. Gli cnidociti. Gli cnidociti sono le cellule caratterizzanti degli Cnidari, questi organismi sono quasi tutti predatori, i polipi sono generalmente predatori passivi, mentre le meduse sono predatori attivi, ma tutto sommato non 2 mostrano caratteristiche morfologiche che rimandino a questa tipologia di animali, di solito equipaggiati di strutture offensive evidenti. Gli cnidari sono in realtà predatori antichissimi (comparsi nel precambriano) ed efficienti, in grado di dominare addirittura alcuni ambienti, proprio grazie a queste particolari cellule. Lo cnidocita è un’arma, si tratta in definitiva di una cellula che al suo interno contiene una struttura, detta nematocisti, chiusa da un opercolo in rapporto con un sensillo, che prende il nome di cnidociglio, che può attivarsi avvertendo stimoli di natura chimica/fisica e determinare un cambiamento di pressione osmotica nella cellula che provoca l’espulsione violenta della nematocisti (un cambiamento nella permeabilità della membrana cellulare comporta l’entrata di acqua e conseguente espulsione violenta della nematocisti. Si rovescia a dito di guanto e si espone il filamento). La nematocisti in sé è una struttura filamentosa, che può essere più o meno armata, si concentrano nelle zone utili all’animale per la cattura delle prede, come tentacoli o margini della bocca (in alcune attinie anche il gastroderma ne è in parte equipaggiato), si comportano come degli “arpioncini” nella maggior parte dei casi e possono anche inoculare delle tossine (soprattutto di tipo paralizzante). Di nematocisti ne esistono differenti tipi: penetranti, caratterizzate dalla presenza di “barbe aculeate” (barbiglio), in grado di iniettare veleno; glutinanti, non penetrano nel corpo della preda ma sono in grado di avvilupparvici attorno per poi portarla alla bocca; volventi, utilizzate come fossero ancorette per fissarsi al substrato e poi spostarsi. Le nematocisti non vengono usate solo per catturare le prede, ma anche per combattere tra individui appartenenti alla stessa specie. Il combattimento e la competizione per il territorio per un animale sessile sono fondamentali, gli organismi combattono tra loro per il proprio spazio vitale, da cui trarre le energie di cui si ha bisogno. Uno degli individui finirà per perdere e si ritirerà in altre zone oppure semplicemente si richiuderà su sé stesso per riprendersi. Dal punto di vista citologico la parete interna del corpo presenta: cellule nutritive-muscolari, cioè cellule colonnari che formano fibrille circolari cellule ghiandolari, che secernono enzimi digestivi Scheletro: la nota caratterizzante delle faune precambriane (e gli Cnidari risalgono al precambriano) è il fatto che sono organismi molli, mentre la nota caratterizzante dell’esplosione cambriana è la comparsa di strutture scheletriche di sostegno. Sebbene risalgano al precambriano gli Cnidari sono i primi organismi che iniziano a manifestare delle strutture assimilabili ad un vero scheletro, che possono avere differente collocazione rispetto al tessuto molle e differente costituzione. Gli cnidari sono in grado di utilizzare sia degli esoscheletri, scheletri posti all’esterno delle parti molli, che degli endoscheletri, scheletri posti all’interno rispetto al tessuto molle. In più, soprattutto le forme più piccole, gli Cnidari possono utilizzare come struttura di sostegno la stessa struttura corporea che funge da idroscheletro, si riempie d’acqua e intanto sulla parete corporea agiscono in maniera antagonista fibrille contrattili disposte in fasci longitudinali e circolari. 1. Esoscheletro, può essere formato da sostanze varie: → possiamo avere degli Cnidari che vivono all’interno di una serie tubi (Idrozoi), costituiti da una sostanza secreta dall’animale proteico-chitinosa dall’aspetto pergamenaceo, che terminano con dei calici all’interno dei quali vive l’animale: la struttura prende il nome di perisarco (o periderma chitinoso). Viene utilizzata in senso sistematico perché, soprattutto negli Idrozoi dove è appunto presente il perisarco, ci sono organismi 3 che vengono completamente circondati dai calici terminali mentre altri no (si distinguono i gruppi degli Idrozoi tecati e degli Idrozoi atecati). → possiamo avere esoscheletri formati utilizzando carbonato ci calcio (aragonite), nei coralli costruttori, nelle madrepore → possiamo avere infine esoscheletri formati da frammenti di materiale estraneo prelevati dal contesto ambientale, come ad esempio delle conchiglie, in quegli Cnidari che non riescono ad utilizzare né il carbonato di calcio, né a secernere strutture proteiche. Lo vediamo ad esempio nelle anemoni. 2. Endoscheletro: → possiamo avere Cnidari che hanno un endoscheletro formato da elementi analoghi alle spicole dei poriferi, come nel caso dei coralli molli (dita di morto, pennatule) → oppure possiamo avere la costituzione all’interno del corpo dell’animale di sistemi di vacuoli turgidi pieni di liquidi che, organizzati in un certo modo, configurano strutture che conferiscono rigidità al corpo dell’animale. (Alcuni Idrozoi) 3. Idroscheletro: formato dall’azione di contrasto tra i fasci longitudinali e circolari, insieme all’acqua contenuta all’interno del corpo dell’animale. Lo vediamo nell’Hydra, che utilizza questo particolare tipo di scheletro anche per svilupparsi ed in alcune anemoni. Nell’organismo natante, la medusa, la funzione di sostegno è svolta dallo spesso strato di mesoglea (scheletro idrostatico). Sistema nervoso: gli cnidari sono il primo gruppo in cui è presente di fatto un tessuto nervoso, questo tessuto nervoso non è organizzato in modo tale da poter distinguere dei veri e propri centri principali (cervelli o anche masse gangliari principali). Il sistema nervoso è rappresentato da una rete diffusa, è costituito da cellule multipolari in grado di percepire lo stimolo e trasmetterlo in maniera diffusa, a raggera, in modo da interessare tutte le cellule della rete. Questo sistema nervoso è organizzato in due reti subepidermiche: → una rete esterna alla base dell’ectoderma, con il compito di fungere da rete ricettrice degli stimoli e comanda anche le miofibrille esterne longitudinali (determinano anche ad esempio la contrazione dei tentacoli verso la preda, l’apertura e chiusura della bocca, deformazioni del corpo in risposta a particolari stimoli). È una rete sensoriale superficiale, tramite commissure trasverse nello strato mesogleare va ad interconnettersi con → una rete interna, più profonda, che si trova alla base delle cellule che costituiscono l’endoderma. A seconda del gruppo che prenderemo in considerazione questo sistema nervoso è complessato ad una serie di recettori, più o meno specializzati e più o meno diffusi. Possono essere recettori in grado di percepire stimoli di tipo luminoso, quindi abbiamo degli ocelli, oppure sono recettori in grado di dare all’animale informazioni di tipo posizionale (l’animale si rende conto della sua posizione relativa rispetto alla gravità), come le statocisti, in ultimo abbiamo dei recettori di tipo chimico e recettori di tipo meccanico legati al tatto, che consentono a questi animali di avere un rapporto a 360° con l’ambiente che li circonda (i recettori sono diffusi). Fanno eccezione a questo corredo recettoriale piuttosto “banale” delle strutture sensoriali più complesse (addirittura dotati di occhi), i ropali, utilizzati soprattutto da quelle meduse che hanno un rapporto attivo nell’attività di predazione, possono spostarsi attivamente verso la preda. I ropali sono delle strutture che uniscono al loro interno sia organi di natura visiva, sia organi chemorecettori, sia organi statorecettori. Muscolatura e movimento: il loro dinamismo muscolare deriva principalmente dalla presenza delle cellule mioepiteliali, variamente organizzate in cordoni longitudinali e circolari. Negli Cnidari più dinamici, fondamentalmente nelle meduse, che rappresentano la fase natante e dispersiva, c’è la possibilità che si 4 allestiscano delle strutture muscolari più importanti e differenziate. Questo è il caso del muscolo coronale delle meduse, muscolo responsabile della contrazione alterna dell’umbrella, che agisce in maniera antagonista rispetto alla mesoglea. Grazie alla sua azione la medusa allarga l’umbrella riempiendola di acqua, mentre quando la restringe determina un’espulsione violenta dell’acqua generando un movimento a idrogetto che le permette di avanzare. È un tipo di movimento più o meno attivo, alcune meduse si lasciano andare alla corrente, in altri casi (es. Aurelia aurita) il nuoto è decisamente attivo. Nei polipi come Hydra invece, in cui abbiamo uno scheletro di tipo idrostatico, l’animale utilizza i cordoni di cellule mioepiteliali longitudinali e circolari per deformare il corpo, facendo leva sul liquido contenuto nel gastroderma, per effettuare un movimento detto “a compasso”: l’animale, fisso in un punto, allunga il proprio corpo, fissa i suoi tentacoli al substrato e tira la parte posteriore, riconquistando una nuova posizione di aggancio tramite il disco pedale. Similmente può muoversi “a capriole”. Una attinia invece può, in caso di avvertito pericolo, staccarsi dal substrato e, con movimenti inconsulti, riuscire a sfuggire da eventuali predatori (es. stelle marine). Cavità gastrovascolare (celenteron), la cavità gasrovascolare può presentarsi in diversi modi: → semplice, come nell’Hydra, in cui la bocca si apre direttamente sul celenteron non ramificato e che si prolunga anche nei tentacoli, → oppure può presentarsi settata, come nel caso dell’attinia, uno dei polipi più evoluti, in cui la bocca si prolunga con un lungo esofago che da adito alla cavità divisa in setti mesenterici, che nella porzione finale presentano dei filamenti, le aconzie, che hanno dei ruoli legati alla manipolazione del cibo ed alla sua digestione. In ogni caso il cibo, una volta introdotto all’interno della cavità gastrovascolare, subisce una digestione extracellulare da parte di cellule ghiandolari presenti nel gastroderma, che secernono enzimi proteoliciti che digeriscono completamente i tessuti delle prede. Il liquido nutritizio è poi assunto direttamente per endocitosi (sostanze semiliquide) o per pinocitosi (sostanze liquide), a seconda dello stato delle particelle, da tutte le cellule che tappezzano la parete del gastroderma (viene meno l’interazione coanocita-amebocita come nei poriferi, poiché il cibo è direttamente assunto dalle cellule mioepieliali del gastroderma senza intermediari). La struttura del celenteron varia in base al tipo di organismo che abbiamo di fronte, è tipicamente semplice e colonnare nei polipi, mentre nelle meduse è spesso più complessa. Nelle meduse la bocca, che si apre al centro del manubrio, può dare adito sia ad una cavità semplice, oppure ad una molto più complicata, formata da una cavità centrale dalla quale si diramano dei canali radiali (numero variabile) che confluiscono in un unico canale circolare periferico, che può continuare anche all’interno dei tentacoli (questo perché la bocca svolge anche la funzione di organo che distribuisce il nutrimento e che raccoglie i rifiuti prodotti dall’animale, non ho un sistema di trasporto). Organismi simbionti negli Cnidari: gli cnidari sono sempre e comunque animali semplici, esprimono metabolismi semplici che non gli consentono di gestire grandi quantitativi di energia. Pur tuttavia questi organismi sono i responsabili delle più grandi biocostruzioni al mondo: le barriere coralline. Come fa un animale così semplice ad esprimere un metabolismo che gli permetta di costruire queste immense strutture? In realtà, molti di questi Cnidari sfruttano l’energia prodotta da microrganismi presenti nel loro corpo, che vivono come simbionti, per far precipitare il carbonato di calcio e costruire le barriere coralline. Fondamentalmente gli Cnidari hanno rapporti di simbiosi mutualistica con i cianobatteri, procarioti organizzati in strutture filamentose, che, grazie alla presenza di clorofille A (pigmenti fotosensibili), riescono a compiere la fotosintesi all’interno della loro membrana interna (centri di reazione). Normalmente i cianobatteri sono simbionti con gli Cnidari che vivono a maggiori profondità, intorno ai 30 m. Altri Cnidari invece stabiliscono rapporti simbiotici con le zooxantelle, protozoi eucarioti flagellati (per lo più alghe unicellulari dinoflagellate), che necessitano di frequenze luminose presenti solo in acque 5 superficiali e limpide (hanno un altro tipo di pigmento fotosensibile), inoltre devono essere anche ben ossigenate e con temperature costanti al di sopra dei 21°. Tali simbiosi si possono costituire in 2 stadi: − colonizzazione in fase trofica dell’organismo → catturando questi microrganismi come se fossero delle prede, non digerendoli, assumendoli per endocitosi e collocandoli nel primo strato cellulare, in modo che possano godere della luminosità proveniente dall’esterno. − colonizzazione in stadio larvale → acquisendo i simbionti sempre con un meccanismo di tipo trofico per poi trattenerli all’interno dei propri tessuti, dove si riprodurranno. Soprattutto nella fase adulta l’organismo può assumere i microrganismi dall’esterno, ma contemporaneamente perderli (bilancio dinamico tra simbionti che vengono fissati nei tessuti e simbionti che vengono persi). È una simbiosi mutualistica: − gli cnidari si avvantaggiano con la possibilità di utilizzare zuccheri e ossigeno prodotti dai simbionti tramite la fotosintesi (sono i loro prodotti di scarto), questo gli permette di depositare in modo ottimale il carbonato di calcio per le loro biocostruzioni. Inoltre, intercettando i microrganismi la maggior parte della radiazione luminosa, ricevono protezione verso i possibili danni da elevato irraggiamento solare. − i simbionti sono protetti da eventuali predatori, vivendo all’interno del corpo degli Cnidari, e trovano molto conveniente utilizzare i loro scarti azotati, indispensabili per l’attività fotosintetica (come tutte le piante). Cicli vitali e riproduzione: gli Cnidari si possono riprodurre sia attraverso riproduzione sessuale, sia attraverso riproduzione asessuale, e queste due fasi convivono all’interno del medesimo ciclo biologico. Questo aspetto rende gli Cnidari organismi caratterizzati da metagenesi (= alternanza all’interno di un ciclo di sviluppo di una fase asessuale e di una fase sessuale). La fase asessuale normalmente è una fase trofica, in cui gli organismi accumulano energia, mentre la fase sessuale generalmente è una fase utile ad introdurre variabilità genetica, molte volte sfruttata anche come fase dispersiva. → Il polipo, organismo sessile, utilizza massicciamente la riproduzione asessuale, per scissione (o frammentazione), per gemmiparità, per strobilazione, tutti meccanismi che fanno in modo che da un individuo se ne possano ottenere tanti, che possono o essere solitari (come in Hydra, ma è più raro) o più comunemente portare alla formazione di colonie (un individuo produce individui simili e molto velocemente costituisce una colonia che occupa un territorio; possono essere omeomorfe o eteromorfe). Le modalità con cui i polipi si possono riprodurre asessualmente sono varie, possiamo avere: − gemmazione, in cui un individuo giovanile gemma sul corpo principale dell’individuo parentale e poi si stacca, divenendo un individuo isolato ed autonomo (riproduzione tipica di Hydra) − strobilazione, in cui il polipo fondatore (scifostoma) subisce una serie di sezionamenti trasversali apicali e da origine ad una 6 serie di piccole medusine, dette efire, che poi evolvono in medusa adulta. − frammentazione, in cui si possono originare nuovi individui dalla frammentazione/scissione dell’individuo adulto (addirittura alcune attinie possono riprodursi attraverso la cosiddetta frammentazione pedale, si stacca un pezzettino dalla base del cilindro che forma il corpo dell’animale dal quale si origina un nuovo individuo). La cosa interessante di queste colonie è che gli individui rimangono in collegamento tra di loro; quindi, troviamo di fatto le cavità gastrovascolari degli individui collegate da un sistema di canali, grazie ai quali il cibo assunto da un singolo individuo può essere distribuito a tutti gli altri. Il polipo ha quindi questa primaria funzione, rappresenta la fase in cui serve espandere la colonia, occupare velocemente il territorio ed acquisire energia. Questa modalità riproduttiva però non introduce variabilità genetica, per questo è necessaria una fase che introduca delle varianti. Da alcuni individui delle colonie vengono prodotte delle larve, che poi evolvono in meduse. → La medusa allo stato adulto rappresenta la fase dispersiva, in grado di allargare l’areale della specie, ma la cosa fondamentale è che la medusa è sessuata, è quindi in grado di produrre gameti e così variabilità. I gameti sono rilasciati in acqua, la fecondazione è esterna, si incontrano e si forma lo zigote, dallo zigote deriva poi una larva che trascorre nella colonna d’acqua un periodo più o meno lungo, dopodiché si fissa su un substrato e da origine ad un polipo fondatore, che tramite riproduzione asessuata da origine alla colonia. Le colonie possono essere eteromorfe, formata da individui con funzioni diverse, sono tutti geneticamente identici, ma dal punto di vista morfologico-funzionale hanno ruoli diversi (come riproduzione, cattura del cibo, nutrizione), oppure omeomorfa, con tutti gli individui funzionalmente uguali. Nella colonia eteromorfa gli individui utili alla cattura del cibo sono ricchi di cnidociti, sono quindi detti dattilozoidi, quelli deputati alla digestione del cibo sono detti gastrozoidi, quelli che sono deputati alla produzione di larve (come le efire) o gameti sono detti gonozoidi. La larva allo stadio più primitivo e comune a tutti i gruppi è la planula, la planula può metamorfosar in altri tipi di larve come in actinula o efire. Classificazione Una prima grande suddivisione (che può avere differente valore a seconda del manuale) vede gli Cnidari divisi in due subphyla: → Medusozoa contiene tutto ciò che rapportiamo ad una medusa, anche se poi ad esempio contiene la classe degli Idrozoi che contiene molti polipi sedentari. Cassi dei medusozoi: − Hydrozoa, fase medusoide e polipoide più o meno equivalenti − Scyphozoa, fase medusoide predominante, scompare quasi sempre fase polipoide (vere meduse) − Staurozoa, 7 − Cubozoa → Antozoi Contiene tutti quelli Cnidari dall’aspetto coralligeno, sembrano quasi piante più che animali (antozoi = fiore animale). In generale scompare fase medusoide. − Sottoclasse Hexacorallia − Sottoclasse Octocorallia I cicli biologici variano molto tra una classe e l’altra, non sempre fase medusoide e fase polipoide sono equivalenti, oppure può addirittura scomparire una o l’altra fase. Classe Hydrozoa Gli idrozoi sono classicamente rappresentati da Hydra viridis. È un piccolo organismo dulciaquicolo, idrozoo solitario, la cui organizzazione corporea è utilizzata dal punto di vista didattico per illustrare le caratteristiche generali dell’organizzazione corporea del polipo degli Cnidari (come abbiamo visto anche noi sopra). Strutturalmente è un cilindretto allungato (corpo tubulare) con una cavità gastrovascolare ampia, non settata, sormontata da un disco orale in cui abbiamo un sollevamento/rigonfiamento apicale, detto ipostoma, al centro del quale si apre la bocca. Il disco orale è inoltre marginato da tentacoli sottili, dentro i quali si insinua la cavità gastrovascolare. La base del corpo tubulare è rappresentata dal disco pedale, con cui l’animale si fissa sui substrati sommersi. Hydra è un carnivoro, si nutre di piccoli microrganismi acquatici che riesce a catturare ed a paralizzare grazie all’azione delle cnidocisti che tappezzano i suoi tentacoli. Si sviluppa fondamentalmente attraverso una riproduzione di tipo asessuale, per gemmazione, ma è in grado anche di riprodursi sessualmente, catturando gameti (spermatozoi) dall’acqua, assorbendoli dalla cavità gastrovascolare per endocitosi e trasferendoli all’ovario (cellule sinciziale differenziata in cellula uovo), dove avviene la fecondazione. Lo zigote si sviluppa a lato del corpo dell’animale con una forma sferoidale, si staccherà e darà poi origine ad un individuo adulto. Dal punto di vista riproduttivo, ciò che caratterizza gli Cnidari è la metagenesi, in moltissimi cicli biologici (non in Hydra) c’è l’alternanza tra la fase polipoide asessuata e la fase medusoide sessuata. La cosa interessante è che, all’interno dei cicli biologici delle diverse classi che andremo a prendere in considerazione l’importanza relativa di queste due fasi è differente, esistono classi in cui le due fasi hanno più o meno valore equivalente all’interno del ciclo metagenetico. Il ciclo metagenetico degli Idrozoi è un esempio in tal senso: ciclo di Obelia. In Obelia abbiamo un polipo primario fondatore che si differenzia a partire da una planula liberamente natante che si è fissata sul terreno, la planula metamorfosa e da origine ad un primo individuo che attraverso vari processi riproduttivi asessuali da origine ad una colonia eteromorfa. Nel ciclo di Obelia le colonie sono piccole, ramificate e gli individui, detti idranti, sono contenuti all’interno dei calici finali del perisarco. Esistono individui modificati, detti gonozoidi, in grado 8 di produrre piccole meduse (sorta di efire), le quali evolvono in meduse ermafrodite dotate di propri apparati sessuali, che immetteranno nell’acqua sia spermatozoi che cellule uovo. La fecondazione è esterna ed avviene in acqua, si sviluppa uno zigote dal quale si sviluppa la planula che si fisserà al substrato dando inizio ad un nuovo ciclo. Fase polipoide e medusoide sono di fatto equivalenti. Obelia è anche un ottimo esempio per rappresentare l’idromedusa, cioè la medusa degli Idrozoi: presenta un’umbrella non troppo spessa, lo strato mesogleare è abbastanza sottile, centralmente presenta un relativamente lungo manubrio al centro del quale si apre la bocca marginata da 4 lobi orali; la porzione periferica della subumbrella è invece marginata da numerosi tentacoli pieni, tappezzati da strutture adesive con la quale l’animale afferra le prede, è inoltre presente sotto al subumbrella un lembo ripiegato verso l’interno (duplicatura ectodermica), detto velum o craspedon, carattere esclusivo degli Idrozoi (per questo si dicono anche meduse velate o craspedote). Il velum serve per agevolare il nuoto, infatti, diminuendo l’apertura del subombrella il flusso in uscita dell’acqua sarà maggiore (diminuendo la sezione di un condotto aumento la velocità di flusso) e quindi un movimento ad idrogetto superiore. La bocca da adito ad un celenteron, dal quale si dipartono 4 canali radiali che conlfuiscono in un canale circolare, ad ognuno dei canali 4 radiali sono associate 4 cordoni gonadici. dalla fecondazione si sviluppa una larva actinula (si sviluppa prima una Planula, poi l’Actinula di aspetto polipoide), che presenta delle strutture caratteristiche sui piccoli tentacoli, frustuli. Esistono sempre delle eccezioni, sebbene generalmente in questa classe fase polipoide e medusoide si equivalgono: − in alcuni Idrozoi coloniali manca totalmente la fase medusoide, dalla fecondazione si sviluppa una planula che ritorna alla colonia aderendo al substrato e da origine ad un polipo. In queste colonie eteromorfe abbiamo individui specializzati che producono gameti rilasciandoli nella colonna d’acqua. − in modo equivalente, in alcuni tipi di idromeduse manca la fase polipoide, dalla fecondazione si sviluppa una larva planula, che non si fissa e sviluppa in actinula, che sviluppa in medusa adulta. In genere le colonie degli idrozoi sono colonie abbastanza piccole, ramificate e di aspetto filamentoso. Esistono anche in questo caso delle eccezioni rispetto al quadro generale: − esistono delle grandi colonie che possiedono un massiccio scheletro calcareo, simile a quello dei veri e propri coralli (i coralli fanno parte del subphyla Anthozoa), si tratta di un particolare tipo di idrozoi, gli idrocoralli. Esempi sono la Millepora (cosiddetto Corallo di fuoco) o lo Stylaster. In particolar modo la Millepora, ma anche in generale gli idrocoralli, partecipano alla costruzione dei reef corallini (principalmente nella zona bassa) nelle regioni tropicali dell’Oceano Pacifico e Indiano. La Millepora è molto pericolosa: è dotata di un apparato di cnidociti terribile, il solo contatto provoca un danno assimilabile all’ustione. - Esistono particolari colonie, dette sifonofori, sono colonie galleggianti di idrozoi (es. Physalia physalis aka Caravella portoghese). Invece che essere sessile è formata da tanti individui che allestiscono una sorta di pseudomedusa galleggiante, è tra gli animali più pericolosi in ambiente acquatico, i tentacoli sono estremamente urticanti. In generale l’individuo che funge da galleggiante (pneumatoforo) è molto piccolo, mentre i tentacoli sono molto lunghi (anche 10 – 15 m) e trasparenti, quindi difficili da individuare. Nei sifonofori gruppi di individui, detti cormidi, si organizzano a dare unità strutturalmente funzionali e diversificate 9 rispetto alla suddivisione del lavoro. Lungo un tentacolo abbiamo tanti cormidi che si susseguono ed ognuno vede: un individuo che svolge funzione protettiva, slargato come fosse a protezione degli individui successivi; individui ricchi di cnidocisti che determinano la parali e la morte delle prede, detti dattilozoidi; individui che digeriscono il cibo, detti gastrozoidi; individui deputati alla produzione di gameti, i gonozoidi; infine altri individui divisi a gruppi con altre funzionalità, tutti i gruppi prendono il nome generico di cormidi che si susseguono lungo tutto lo stolone. L’individuo modificato che funge da galleggiante pieno di gas è detto pneumatoforo. Fun fact: degli idrozoi fa parte anche la Turritopsis nutricula, degna di nota quando venne studiata poiché si disse fosse “immortale”. Essa, infatti, è l’unica forma nota ad aver sviluppato la capacità di ritornare ad uno stadio di polipo (processo detto transdifferenziazione): una volta raggiunto lo stadio adulto medusoide, può indurre un processo di ringiovanimento dei suoi tessuti, riacquisendo la fase polipoide giovanile, che poi si sviluppa in medusa e poi di nuovo torna polipo, virtualmente all’infinito. Classe Scifozoa Questo gruppo comprende le vere e proprie meduse (per la maggior parte marine), quelle di maggiori dimensioni e maggiormente strutturate. Le meduse degli Scifozoi hanno come primo elemento caratterizzante il fatto di essere acraspedote, non hanno il velum. Dal punto di vista morfologico vediamo una parte apicale globosa rivestita di ectoderma, completamente privo di cnidocisti (infatti non irrita), come anche la parte subumbrellare, le cnidocisti si raggruppano solo nella parte tentacolare, che può interessare soprattutto la zona periferica del manubrio, al centro del quale si apre la bocca. Il manubrio può svilupparsi enormemente fino a dare un fascio di tentacoli, che può essere rappresentato sia da braccia orali lunghe e distinte oppure può modificarsi in una sorta di festone, che racchiude poi la bocca, suddivisa in tanti tubicini, che confluiscono in un corto esofago che da adito alla cavità gastrovascolare, dalla quale poi di dipartono i canali radiali che confluiscono nel canale circolare periferico. Lungo il margine dell’umbrella degli Scifozoi, animali più attivi nei rapporti con l’ambiente, sono presenti degli interessanti organi di senso, i ropali. Sono organi di senso molto complessi, che uniscono vari tipi di recettori: dei recettori luminosi, gli ocelli, che talvolta sono talmente complessi da poter essere considerati quasi dei veri e propri occhi; degli statoliti, recettori che danno informazioni rispetto alla posizione relativa rispetto all’ambiente; e possono essere presenti dei chemocettori, recettori chimici. Sono tutte meduse predatrici, anche molto attive. Fun fact: appartiene a questa classe la più grande medusa esistente, la Cyanea capillata aka medusa criniera di leone, la cui umbrella può raggiungere quasi 2 m di diametro, anche se la maggior parte di individui che si incontrano adesso hanno umbrelle di massimo un metro, e tentacoli lunghi 8-10 m. Un altro esempio è Aurelia aurita, organismo semitrasparente, con le gonadi disposte a formare una sorta di quadrifoglio e sono strettamente associate alla cavità gastrovascolare, che segue questa forma quadrilobata. Può essere quasi considerabile un animale filtratore, margine superiore dell’umbrella ha delle fini appendici che fungono da setaccio, con il quale l’animale, muovendosi, può catturare piccoli 10 organismi planctonici. La cavità gastrovascolare, oltre alla classica divisione in canali radiali e canale circolare, presenta anche numerosissime ramificazioni che interessano tutta la parte dell’umbrella, in questo modo le sostanze nutritizie possono essere distribuite a livello di quasi tutti i tessuti. Aurelia aurita è caratterizzata da un ciclo biologico metagenetico interessante: la medusa adulta produce i gameti, che dopo fecondazione originano lo zigote dal quale si sviluppa la planula; la planula si fissa al substrato e da origine ad un polipo particolare, detto scitistoma, che, fissato al substrato, subisce un processo di strobilazione apicale, portando alla nascita di numerose efire natanti, medusine immature che cresceranno e diventeranno meduse mature. In questo caso esiste ancora una fase polipoide, ma in generale negli Scifozoi la fase polipoide è marginale, la fase prevalente è rappresentata da quella medusoide. Tra gli Scifozoi distinguiamo tre grandi gruppi: - Coronata, caratterizzate da una strozzatura nella parte superiore dell’umbrella, generalmente meduse di profondità - Someostomee, hanno un manubrio con 4 lunghe bracia orali e più o meno presenti tentacoli penduli dai margini dell’umbrella, all’interno dei quali non si prolunga la cavità gastrovascolare - Rizostomee, presentano un manubrio percorso da numerosissimi canali che si aprono esternamente nei pori succinatori o ostioli Es. Rhizostoma pulmo, ha la bocca anastomizzata in tanti canalicoli, che hanno il compito di ciucciare la preda dopo l’iniezione di enzimi proteolitici Classe Cubozoa Le cubomeduse furono a lungo comprese negli Scifozoi, ma ora il gruppo è stato splittato. Devono il loro nome alla caratteristica umbrella quadrangolare, dai quali vertici dipartono quattro tentacoli che iniziano con una struttura slargata, detta pedalio, i pedali sono intercalati da ropali molto sviluppati. Presentano nel margine interno dell’umbrella una struttura simile al velum (ma non è equivalente), che prende il nome di velario. Sono attivi predatori, possono inseguire la preda grazie a ropali enormemente sviluppati: oltre agli ocelli sono presenti anche degli occhi rudimentali, con lente e retina, grazie ai quali possono mettere a fuoco, è possibile apprezzare in termini molto più funzionali la presenza di un eventuale preda; ci sono poi le solite 11 statocisti ed anche variabilmente dei chemocettori. Questi organismi sono estremamente pericolosi, hanno un apparato urticante tale da far sì che le acque popolate da loro siano vietate alla balneazione. Hanno cicli metagenetici abbastanza misteriosi, è noto solo il ciclo biologico della Tripedalia cystophora: si passa da un cubopolipo, polipo solitario che subisce una sorta di metamorfosi ed evolve in cubomedusa giovanile e poi in cubomedusa adulta sessuata (poi gameti, zigote, planula e di nuovo polipo). Fun fact: non sono meduse particolarmente grandi, ma posseggono tentacoli lunghissimi, trasparenti ed estremamente urticanti. Una persona si rende conto della medusa solo nel momento in cui entra in contatto con uno dei tentacoli e cercando istintivamente di divincolarsi si finisce solo con l’intrappolarsi ancora di più. Altro esempio: Chironex flekeri aka vespa di mare (trovata anche in Adriatico, shit). Classe Staurozoi È una classe molto molto recente, sono meduse (stauromeduse) che attraverso una formazione secondaria riacquisiscono la condizione sessile dalla fase adulta. Fissano la porzione superiore dell’umbrella al substrato, alcune hanno sviluppato proprio un tentacolo pedale o peduncolo, sono meduse, ma sono sessili, vivono attaccate al substrato, mentre espongono la porzione subumbrellare all’ambiente. Dal punto di vista strutturale/organizzativo sono delle meduse, differenziano dei ciuffi tentacolari attorno al disco orale, al centro si apre la bocca ed associate alle ramificazioni interne del gastroderma troviamo i fasci gonadici. Classe Antozoa Per molto tempo non si è avuta coscienza della vera natura di questi organismi, perché apparentemente somigliano a dei fiori/piante. Si tratta di una classe molto importante in cui di fatto abbiamo la scomparsa della fase medusoide. Una delle note caratterizzanti del ciclo vitale degli Cnidari è proprio la metagenesi, l’alternanza tra una fase asessuale, trofica e di rapido accrescimento in termini di individui, normalmente rappresentata dal polipo, ad una fase sessuale dispersiva, alla quale è delegato l’ampliamento dell’areale di distribuzione della specie e soprattutto la variabilità genetica. Queste due fasi hanno valore relativo diverso nelle classi (negli Idrozoi, a parte alcune eccezioni, le fasi sono equivalenti, negli Scifozoi prevale la fase medusoide), negli Antozoi scompare quasi definitivamente la fase medusoide e si ha una persistenza con iper-sviluppo della fase polipoide. L’attinia che abbiamo utilizzato come animale modello per descrivere l’anatomia degli Cnidari è un antozoo. Gli Antozoi possono presentarsi sia come organismi solitari (es. Ceriantharia) sia come costruttori di imponenti colonie, di fatto assieme alle alghe coralline sono tra i più importanti costruttori dei reef corallini. Possono costruire le barriere perché sono in grado di secernere robusti scheletri inorganici, sia esterni che interni. Dal punto di vista sistematico si riconoscono attualmente 3 sottogruppi (sottoclassi): - Esacoralli o Zoantharia (anemoni, madrepore ecc) - Cerianthipatari, che comprende a sua volta: Ceriantari o anemoni tubiformi/solitari (una volta inclusi negli esacoralli) e Antipatari (coralli spinosi) 12 - Ottocoralli: organismi con scheletri minerali o scheletri formati da fibre proteiche (coralli molli e coralli cornei. es gorgonina). Classici esempi sono il Corallum rubrum (corallo rosso), le gorgonie ed anche i Pennatulacei (colonie a forma di penna). Organizzazione: Come si distinguono gli Antozoi? Uno dei caratteri distintivi all’interno della classe è la strutturazione del polipo, che può presentare una struttura: → Esamera, polipi con 6 o multipli di 6 tentacoli tubulari semplici organizzati in uno o più cerchi attorno alla bocca. Caratteristica di Esacoralli e Ceriantipatari. → Ottamera, polipi con 8 tentacoli pennati attorno alla bocca. Caratteristica degli Ottocoralli La simmetria che interessa i tentacoli, esamera o ottamera, interessa allo stesso modo i setti della cavità gastrovascolare, che per l’appunto è settata. La bocca nel polipo degli antozoi si prolunga con un faringe, una sorta di tubo incompleto centrale, e troviamo questa serie di setti che, partendo dalla parete esterna, si connettono centralmente alla cavità interna. Negli esacoralli abbiamo setti completi, che partono dalla parete ed arrivano al faringe, disposti in modo speculare, sono complementari e accoppiati (ad un setto in un lato ne corrisponde un altro dall’altro lato), ed anche setti incompleti, organizzati allo stesso modo. Negli ottocoralli la strutturazione della cavità interna è differente, abbiamo 8 setti non accoppiati, semplici e completi, che partono dalla parete ed arrivano a toccare il faringe. Ulteriore caratteristica distintiva è che i tentacoli degli esacoralli sono dei semplici tubi in cui si prolunga la cavità gastrovascolare, mentre negli ottocoralli i tentacoli sono complessati dalla presenza di pinnule laterali, infatti sono detti tentacoli pinnulati. I setti sono fondamentali ai fini delle capacità trofiche dell’animale, 13 vanno ad amplificare la superficie disponibile funzionale all’assorbimento delle sostanze nutritive. La porzione centrale della cavità gastrovascolare, il faringe, possiede ai lati due canali tappezzati di cellule ciliate che prendono il nome di sifonoglifi (doccia ciliata), il movimento delle cilia di queste cellule permette di modificare la circolazione dell’acqua all’interno della cavità gastrovascolare spingendola all’esterno, concorrendo sia ad una più efficiente ossigenzione sia ad una convergenza delle sostanze di rifiuto attraverso un’unica apertura. Dai setti si prolungano dei filamenti, detti aconzie, riccamente dotati di cnidociti che vengono utilizzati sia per immobilizzare maggiormente la preda all’interno della cavità, sia per ripulire la cavità. Anche i margini liberi dei setti sono tappezzati da cnidociti. Possono essere estrusi attraverso la bocca oppure possono esserci anche dei fori alla base del corpo delle attinie ed i filamenti possono essere proiettati all’esterno attraverso questi fori per allontanare agenti esterni che potrebbero infastidire l’animale. Gli antozoi hanno perso la fase medusoide, tutto il ciclo metagenetico si risolve in un ciclo che vede dei polipi specializzarsi nella produzione di gameti, che vengono rilasciati nella colonna d’acqua dove avviene la fecondazione esterna con formazione dello zigote (a volte in verità la fecondazione può anche essere interna), dallo zigote evolve una larva planula che, dopo aver passato un periodo più o meno lungo natante, trova un substrato ottimale, si fissa e da origine al polipo fondatore. Se la specie è solitaria il polipo rappresenterà la chiusura del ciclo, se la specie è coloniale, come nella maggior parte degli antozoi, questo polipo sarà fondatore di colonie omo o eteromorfe, potranno quindi comprendere al loro interno individui tutti uguali oppure individui specializzati in diverse funzioni. Tuttavia, in questi animali, proprio per la necessità adattativa di dover formare velocemente delle colonie, è elevatissima la capacità di riprodursi asessualmente. Lo possono fare in tantissimi modi diversi, ci sono dei polipi che a livello della colonna del corpo formano una strozzatura fino a separarsi del tutto e dare origine ad un nuovo individuo; alcuni individui si ingrandiscono, raddoppiando all’incirca la propria dimensione per poi separarsi in due, oppure si generano nuovi individui attraverso frammentazione pedale, da un frammento della base del corpo del polipo origina un nuovo individuo, oppure ancora si formano individui dalla modificazione di un tentacolo. Le modalità di riproduzione asessuale di questi organismi sono incredibili e noteremo che questa capacità rigenerativa è molto presente nei phyla basali, ma che a mano a mano va perdendosi a pari passo con l’acquisizione di uno sviluppo sempre più determinato, le cellule degli organismi più complessi perdono capacità di totipotenza. Ulteriori rapporti di simbiosi: Gli antozoi sono famosi anche per i loro particolari rapporti simbiotici con altri organismi (es. batteri), in particolare vediamo la simbiosi mutualistica che stabiliscono con i pesci pagliaccio e con i paguri. Il rapporto tra le attinie ed i pesci del genere Amphiprioninae (appunto pesci pagliaccio) è stato per lungo tempo misterioso, questi pesci passano la maggior parte del loro tempo tra i tentacoli ricoperti di cnidociti del polipo senza esserne affetti, questo accade perché sembra che questo genere di pesci sia in grado di produrre una sostanza mucosa che di fatto neutralizza lo stimolo nei confronti degli cnidociti (è stato visto che pulendo questo muco il pesce viene effettivamente attaccato esattamente come tutti gli altri pesci). Il vantaggio per il pesce in questo rapporto mutualistico è chiaramente la protezione data dai tentacoli dell’attinia, mentre l’attinia è in grado di nutrirsi dei metaboliti di scarto del pesce e anche a sfruttare il pesce stesso come esca per richiamare delle prede. Per quanto riguarda il paguro, esso è un crostaceo che presenta un punto debole fondamentale rispetto ad altri tipi di crostacei: presenta un addome inerme, non possiede di fatto copertura esoscheletrica sull’addome. Per questo motivo, il paguro tende a proteggere questa porzione di corpo procurandosi gusci di conchiglie, che cambia 14 periodicamente con l’aumentare delle sue dimensioni. Per incentivare inoltre l’aspetto difensivo della struttura orna queste conchiglie con delle attinie (talvolta le utilizza anche come vere e proprie armi per difendersi), inoltre, esiste in qualche caso anche un rapporto specie-specifico molto elevato (co-evoluzione). La simbiosi mutualistica nasce dal fatto che il paguro sfrutta l’attinia migliorando il suo apparato difensivo, mentre l’attinia supera i suoi limiti costituzionali dati dal fatto di essere un animale immobile, trasportata dal paguro può continuamente catturare nuove prede. Le sottoclassi nello specifico → Cerianthipataria: non molto tempo fa all’interno degli esacoralli si consideravano anche i cosiddetti anemoni solitari, i Ceriantari, in realtà i ceriantari rispetto all’attinia hanno la caratteristica di costruire esoscheletri chitinosi tubolari con funzione protettiva, che si elevano dal fondo sabbioso e possono anche essere ornati con frammenti esterni come conchiglie, sassi, ecc. L’animale vive all’interno del tubo proteico, dal quale fuoriesce una splendida corona di tentacoli, sempre con organizzazione esamera (per questo stavano negli esacoralli). Altro gruppo dei Cerianthipatari sono gli Antipatari, i cosiddetti coralli spinosi, sono coralli di profondità rappresentati da poche specie (è un gruppo molto piccolo) con un endoscheletro di colore nero, noto in gioielleria proprio come corallo nero. → Esacoralli: molto importante è il gruppo dei coralli Zoantari o Madrepore, veri responsabili, insieme alle alghe calcaree, della costruzione dei reef corallini. Le madrepore hanno la caratteristica di costruire questi scheletri calcarei esterni sui quali l’animale colloca la parte viva, l’animale secerne lo strato calcidico al di sotto del suo corpo e forma una struttura a coppa nella quale si alloggia come singolo individuo all’interno della colonia, detto zoide. I singoli zoidi, individuabili per le formazioni a coppetta, caratterizzate all’interno anche da setti (sclerosetti), sono uniti fra loro da una porzione corporea viva, di materia organica, che si insinua appunto tra gli sclerosetti e unisce i vari polipi. In definitiva, tutti gli animali che compongono la colonia ricoprono la struttura calcidica che forma lo scheletro calcareo, nel tempo si ingrandisce e la porzione vivente tra polipo e polipo lo ricopre come fosse una pelle. Abbiamo già visto come questi organismi, con un metabolismo tutto sommato banale, siano in grado di portare alla costruzione di strutture così imponenti: grazie ai rapporti simbiotici con le zooxantelle. Esempio: Porites, possono formare colonie grandi anche 2-3m di diametro e altre 4 o 5m, sezionando queste enormi colonie è possibile riconosce una memoria storia importantissima (vari strati, come fossero anelli di un albero) delle varie condizioni ambientali che si sono susseguite nel tempo, in quanto queste enormi formazioni sono ovviamente influenzate dalle condizioni esterne di temperatura, pH ecc. (in particolare temperature calde facilitano la deposizione di calcio, quindi uno strato più spesso è indice di maggior tasso di deposizione; temperature più fredde si traducono in strati più sottili). Sono quindi molto utili per valutare i cambiamenti climatici presenti e passati. Esistono anche esacoralli solitari, come quelli appartenenti al genere Fungia, possono essere rotondi o ellitici, devono il loro nome al fatto che assomigliano una cappella di fungo capovolta, fanno sempre parte dei coralli delle barriere (tipica domanda sul preparato: è coloniale o solitario?). Un altro esempio di esacorallo coloniale è il genere Diploria, anche detta madrepora cerebriforme proprio per la caratteristica somiglianza con un cerebro, nelle settature si vanno a collocare i singoli zoidi (tipica conformazione di antozoi coloniali, gli avvallamenti accolgono i singoli invidui, strutture che sembrerebbero unitarie). 15 → Ottocoralli: laddove le madrepore costruiscono uno scheletro calcidico esterno, gli ottocoralli, accanto all’organizzazione ottamera dei tentacoli e dei setti e accanto alla diversa ornamentazione dei tentacoli (tentacoli pinnati, caratterizzati da pinnule laterali che aumentano la superficie utile alla cattura del cibo), costruiscono vari tipi di scheletri, più o meno calcidici o proteici, ma con la grande differenza che sono scheletri interni, si tratta ti endoscheletri. Questi endoscheletri sostengono ricche colonie, rappresentate da vari zoidi sempre in collegamento fra loro, tramite un sistema di canali della cavità gastrovascolare, detti solenii, che si sviluppano all’interno di un ricchissimo e spesso strato di mesoglea, detto cenenchima. Le fibre di sostegno si trovano internamente alla mesoglea. Esempi di ottocoralli sono il corallo rosso (Corallum rubrum), all’interno del gruppo dei Gorgonacei assieme anche alle gorgonie (i coralli cornei, molto belli, colonie arborescenti a forma di ventaglio che si sviluppano in senso perpendicolare alla corrente, filtratori deposivori); poi abbiamo il gruppo dei Pennatulacei, che devono il loro nome al fatto che si tratta di colonie a forma di penna con un individuo che forma il ramo centrale (rachide) e il resto della colonia che si sviluppa perpendicolarmente in rami laterali, prediligono fondi sabbiosi; poi abbiamo la Tubipora musica, del gruppo degli Stolonifera, da viva assomiglia ad un vaso di fiori con i singoli zoidi che fuoriescono dallo scheletro della colonia, una volta morta la colonia emerge la particolare struttura di questo scheletro formato da tubi verticali inframmezzati da forami orizzontali dai quali fuoriescono in vita gli zoidi, ricorda un organo delle chiese; in ultimo gli Alcionari, le cosiddette dita di morto o corallo molle, hanno elementi scheletrici formati da spicole sparse nei tessuti e sono appunto molli, quindi si muovono seguendo il movimento delle acque (sembrano dita di un morto). Il Corallum rubrum in particolare, è endemico del mediterraneo, anche se si conoscono colonie appena agli inizi dell’Atlantico. È coloniale e sciafilo, ossia amante dell’ombra, si trova a basse profondità raramente dai 30-40 m fino anche 300 m di profondità (in Italia a Portofino e Alghero). I tentacoli sono pinnulati e si possono ritrarre all’interno del corallo, amano anche ambienti con scarsissima circolazione delle acque, poiché non sopportano il minimo ricoprimento da parte di sedimenti; infatti, nelle grotte si sviluppano nella volta, penduli verso il basso. Barriere coralline La barriera corallina è uno degli ecosistemi più complessi e ricchi di rapporti trofici che si possano osservare in natura (la punto di vista della produttività primaria sono probabilmente più produttive delle forseste troficali), albergano una quantità innumerevole di specie legate fra loro da interazioni specifiche e complesse (una barriera corallina media può contenere fino a 4000 specie di animali differenti, appartenente praticamente a tutti i phyla animali). Sono realizzate principalmente dai coralli costruttori (+ alcuni Ottocoralli e Idrozoi) e dalle alghe coralline. Si tratta delle più importanti biocostruzioni che si possano osservare in natura, hanno una distribuzione caratteristica, si sviluppa in una fascia latitudinale per precisa, compresa tra 30° latitudine Nord e 30° latitudine Sud, zona equatoriale/tropicale. La loro distribuzione è così ben definita poiché sono strutture che necessitano di fattori 16 ambientali stringenti, sia rispetto a fattori climatici-ambientali, sia per quanto riguarda la profondità del mare, difatti è difficile trovare una sana barriera corallina oltre i 30 m di profondità (dipende molto dalla trasparenza delle acque, ma per quanto riguarda le barriere coralline di acque basse questo è circa il limite batimetrico. Esistono anche barriere coralline di acque profonde, sono un’altra cosa). Si sviluppano in questo modo poiché le barriere coralline devono la loro esistenza, come sappiamo, a organismi fotosintetici, la presenza di luce è quindi indispensabile per la loro formazione. Altri parametri indispensabili sono: acqua ad elevata salinità, intorno al 35/40‰, mentre non sono tollerate acque dolci (non ci sono infatti barriere nelle zone interessate da grandi foci fluviali); mediamente la temperatura non può scendere sotto i 18-20°, l’optimum di temperatura è tra i 25-30°. Questi ambienti così complessi necessitano di parametri ambientali molto stringenti, qualsiasi cambiamento determina effetti disastrosi. Hanno varie forme, a seconda del tipo di sviluppo che hanno: → Possono formare dei cordoni paralleli alla linea di costa (es. barriera corallina australiana) → Possono organizzarsi come atolli → Possono rappresentare delle chiazze, più o meno sviluppate, lungo la linea di costa Alla costruzione di queste barriere partecipano tantissimi tipi di madrepore, coralli e di alghe, uno dei fattori che più influenza la costituzione della barriera è il dinamismo delle acque costiere. In rapporto a questo fattore ambientale abbiamo una disposizione differente dei diversi tipi di corallo: nella zona in cui il moto ondoso è più violento si sviluppano coralli tipo quelli a corna di cervo, con braccia molto lunghe (branching corals), dove l’acqua è più calma si sviluppano coralli con formazioni più massicce (massive corals), come i Porites. Un reef corallino è organizzato con una zona appiattita (reef flat) vicina alla spiaggia, seguita da una laguna, la cui parte centrare è priva di coralli, che si sviluppano principalmente al bordo, cioè nella cresta del reef (reef crest), la linea che separa la laguna interna dal mare, al di là della cresta, verso il mare aperto si ha il fronte del reef (reef front), il vero e proprio “giardino fiorito” della barriera. Darwin fu il primo che diede una spiegazione all’origine degli atolli corallini; infatti, in queste particolari zone era possibile trovare ai tempi (1600-1700) con dei dragaggi ciò che rimaneva di madrepore, a profondità in cui non sarebbero potute mai crescere. Darwin propose come teoria che l’atollo in origine fosse un’isola vulcanica nella quale si era formato normalmente un reef corallino, ma che con il tempo avesse subito un mutamento: in qualche modo con un collasso della camera magmatica il vulcano piano piano era sprofondato, mentre la barriera ha continuato ad accrescersi in altezza, per “sopravvivere” e rimanere in superficie, creando una sorta di muro altissimo strutturato dai coralli morti, portando alla formazione dell’atollo. Le barriere sono ecosistemi estremamente fragili, ma estremamente importanti sia dal punto di vista biologico che economico. L’uomo sta introducendo nell’ambiente fattori di contrasto così forti da non consentire i normali meccanismi di resilienza degli ecosistemi naturali, uno delle principali cause di danno è il global warming, indotto dall’aumento di gas serra in atmosfera, l’innalzamento della temperatura coinvolge anche le acque oceaniche determinando lo scioglimento delle calotte 17 polari. Il rapporto tra le madrepore ed i loro simbionti è strettamente correlato alla temperatura dell’acqua, un aumento inconsulto di questa od anche la presenza in acqua di sostanze tossiche o ancora in generale la presenza in acqua di fattori di contrasto non naturali, determina la fine del rapporto mutualistico tra i due organismi, fenomeno conosciuto come sbiancamento dei coralli. I coralli sottoposti a stress ambientali espellono i simbionti e spesso sono proprio questi ultimi a determinare la colorazione dell’animale, l’effetto macroscopico visibile è che il corallo assume una colorazione bianca. A questo stadio il corallo è “malato”, è uno stadio patologico, è indebolito e privato del surplus energetico prodotto dai simbionti e risulta maggiormente esposto alla predazione (es. pesci o stelle marine). Lo sbiancamento dei coralli è un fenomeno che sta interessando molto le grandi barriere coralline, come ad esempio quella Australiana, ma anche quelle del Mar Rosso e quelle caraibiche. Esiste la possibilità di invertire la rotta di questo fenomeno, gli Cnidari possono riassorbire i simbionti, ma solo se l’effetto di contrasto è di breve durata (3-10 giorni). Purtroppo, generalmente i fattori di stress sono persistenti nel tempo e tale è il danno che provocano ai coralli. Filogenesi degli Cnidari Le teorie sono varie su chi si sia sviluppato prima tra polipo e medusa, quale tra i due sia la forma evolutiva più “recente” e quale più basale. Studiosi pensano che la forma primitiva sia rappresentata dal polipo, mentre altri autori pensano il contrario. Secondo indagini di tipo molecolare è molto probabile che all’interno del ciclo metagenetico sia in realtà il polipo la forma più primitiva, in questo senso la classe degli Antozoi diventa una classe di tipo basale, solo successivamente sarebbe emersa la medusa come fase espansiva. Sono informazioni ancora in fase di dibattito. PHYLUM CTENOFORA Generalità Una volta insieme agli Cnidari veniva considerato