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**Indice** 1. [CONCETTO DI VARIABILE 3](#concetto-di-variabile) 2. [TIPI DI VARIABILE 5](#tipi-di-variabile) 3. [TRATTAMENTO DELLE VARIABILI 7](#trattamento-delle-variabili) [BIBLIOGRAFIA 9](#bibliografia) Concetto di variabile ===================== Gli scienziati elaborano leggi e teorie p...

**Indice** 1. [CONCETTO DI VARIABILE 3](#concetto-di-variabile) 2. [TIPI DI VARIABILE 5](#tipi-di-variabile) 3. [TRATTAMENTO DELLE VARIABILI 7](#trattamento-delle-variabili) [BIBLIOGRAFIA 9](#bibliografia) Concetto di variabile ===================== Gli scienziati elaborano leggi e teorie per spiegare i fenomeni che osservano. Per fare ciò bisogna passare da affermazioni generiche sulle grandi categorie del comportamento agli esempi specifici di tale comportamento. Il fenomeno da studiare può essere qualsiasi evento. Per studiare sperimentalmente tale evento dobbiamo eliminare parte della sua complessità, cioè dobbiamo prendere il fenomeno e trasformarlo in una o più **variabili**. Una variabile è **qualche proprietà di un evento reale che viene misurata**. Ovvero, la variabile è una qualsiasi caratteristica di un evento o di un oggetto che può assumere valori diversi, che possono essere misurati. Le variabili sono attributi dei fenomeni e pertanto appartengono alla realtà **(sono tangibili).** Le variabili devono necessariamente variare **(non possono essere costanti**). La riduzione del fenomeno a variabili focalizza l'attenzione dello sperimentatore su alcuni eventi specifici tra i molti che sono legati al fenomeno. Ad esempio, nello studio di Lepper et al. (1973), l'ipotesi prediceva che i bambini che venivano premiati dovessero mostrare un minore divertimento in una attività di colorazione. Per misurare questo costrutto (il grado di divertimento del bambino), Lepper e colleghi decisero di misurare il tempo trascorso nell'attività di colorazione. Tuttavia, in linea teorica, avrebbe potuto focalizzarsi su altri aspetti, quali il numero di disegni colorati o il numero di volte in cui i bambini mostravano espressioni di piacere. Poiché le variabili appartengono alla realtà, e la teoria è un prodotto dell'immaginazione dello scienziato, [il collegamento tra variabili e teoria richiede degli assunti, che leghino la teoria alla realtà.] Le variabili sono **tangibili**: ad esempio, durata, frequenza, intensità di azionamento di una leva; risposte ad un questionario; numero di libri scritti; etc. I concetti teorici sono immateriali: ad esempio, fame; motivazione; ansia; etc. Le variabili sono collegate ai concetti teorici per mezzo delle **definizioni operazionali** usate per misurare i concetti. Ad esempio, i ricercatori che lavorano con i topi misurano la capacità di memoria spaziale misurando il tempo che impiega il topo per raggiungere una pedana sommersa posizionata all'interno di una vasca circolare (il cosiddetto **Morris Water Maze Test**). Ancora, supponiamo di voler verificare una teoria che sostiene che l'ansia aumenta la motivazione ad affiliarsi. Per vagliare la teoria, occorre prendere i concetti di ansia e motivazione all'affiliazione e collegarli a variabili nella realtà. Le due misure costituiscono le variabili. Lo sperimentatore può decidere di misurare l'ansia con i punteggi ottenuti dai partecipanti alla **State-Trait Anger Expression Inventory (STAXI) di Spielberger** e la motivazione ad affiliarsi con la distanza alla quale il partecipante decide di sedersi rispetto ad un confederato (il quale avrà una posizione fissa). A questo punto, la misura della correlazione tra le variabili permette di vagliare l'ipotesi: la presenza o assenza di correlazione è prova, rispettivamente, pro e contro la teoria che ha originato l'esperimento. Tipi di variabile ================= Uno degli scopi della scienza è trovare relazioni sistematiche tra eventi della realtà: queste vanno cercate tra variabili indipendenti e dipendenti. Una distinzione fondamentale in psicologia è quella tra **variabile *dipendente* e *indipendente*.** La variabile dipendente rappresenta l'effetto, ovvero la modificazione nella risposta del partecipante, ed è quindi una misura del comportamento osservato. D'altra parte, la variabile indipendente rappresenta la causa, ovvero la modificazione dello stimolo che ha causato la risposta. In genere, la variabile indipendente è manipolata dallo sperimentatore**. Ogni variabile deve assumere almeno due valori, chiamati livelli**. Ad esempio, lo sperimentatore può decidere di somministrare una particolare droga al gruppo sperimentale, ma non al gruppo di controllo. In tal caso, la variabile indipendente ha due livelli: presenza vs. assenza della droga. Altre distinzioni utili sono quelle tra: **variabili *quantitative*** (cambia in grandezza: es., tempo di reazione) **e variabili *qualitative*** (cambia in genere: es. girare a destra o sinistra). a. **variabili *continue*** (possono assumere qualsiasi valore in un insieme continuo: es., durata, frequenza, intensità di azionamento di una leva) e ***discontinue*** (rientrano in categorie distinte: es., i sapori che si distinguono in salato, acido, dolce e amaro). Non sempre è così semplice distinguere tra variabile indipendente e variabile dipendente come causa ed effetto. Ad esempio, vi è un grande dibattito sulla questione se la visione di programmi violenti in tv faciliti o meno l'insorgenza di condotte aggressive. Anche se alcuni scienziati considerano la visione di programmi violenti come la variabile indipendente, molti altri studiosi ritengono invece che gli individui che già di per sé hanno una inclinazione alla violenza hanno una maggiore probabilità di scegliere programmi violenti. In questo caso, la (presunta) tendenza innata alla violenza diventa la variabile indipendente. Talvolta, ci sono variabili indipendenti che non possono essere controllate dallo sperimentatore. Tipicamente, queste variabili sono intrinseche ai soggetti esaminati, come il sesso, il QI, lo status sociale, etc. L'effetto di queste variabili deve essere considerata attentamente ed esistono diversi metodi per fare ciò (ad esempio, lo sperimentatore potrebbe decidere di limitare la sua indagine ai soli maschi o alle sole femmine). [Le **variabili "confuse**" variano in accordo con la variabile indipendente ma non sono di interesse per verificare l'ipotesi di partenza]. Ad esempio, se uno sperimentatore trova che i ragazzi preferiscono il colore blu mentre le ragazze preferiscono il colore rosa, il risultato potrebbe essere dovuto ad una differenza innata nelle preferenze; tuttavia, è anche possibile che il risultato sia dovuto all'esperienza passata, in quanto i genitori tendono a vestire i bambini con abiti blu e le bambine con abiti rosa. In relazione alla distinzione tra variabili continue e discontinue, occorre notare che, in linea di principio, la precisione della misura è illimitata. Tuttavia, in pratica[, la finezza della misura è limitata dalla precisione dello strumento utilizzato.] Pertanto, variabili che in teoria sono continue sono spesso misurate in modo discontinuo (es., l'altezza di una persona, che è una variabile continua, viene di solito approssimata al centimetro più vicino). Trattamento delle variabili =========================== È importante considerare il modo in cui le variabili sono trattate nell'ambito di un esperimento. Normalmente, le modalità più ricorrenti sono quattro (si consulti Areni, Ercolani, & Scalisi, 1994): - Il **modo X**: consiste nel controllare la variabile in maniera rigida **facendole assumere** solo alcuni **valori noti allo sperimentatore**. Supponiamo che l'ipotesi di una ricerca sia che un certo tipo di droga aumenta l'attività motoria nel ratto. In questo caso, è bene fare assumere alla variabile "droga" solo alcuni valori noti e verificare come il comportamento dei ratti varia in base a ciascuno di essi. Ad esempio, lo sperimentatore può decidere di somministrare la droga al gruppo sperimentale, mentre il gruppo di controllo viene testato in assenza di droga. In genere, il modo X si applica alle variabili cosiddette "indipendenti". - Il **modo Y**: consiste nel far **variare la variabile liberamente** e registrare i valori che essa assume. Nell'esempio precedente, l'attività motoria dei ratti potrebbe essere misurata ponendo l'animale in una ruota e registrando il numero di giri che compie. In genere, il modo Y si applica alle variabili "dipendenti". - Il **modo K**: consiste **nel tenere una variabile costante**. Ad esempio, gli effetti della droga sull'attività motoria potrebbero variare in funzione della razza dei ratti. In tal caso, lo sperimentatore può decidere di utilizzare solo ratti appartenenti ad una determinata specie. In genere, il modo K si applica alle variabili di disturbo (ovvero, variabili che possono influire sui risultati ma non sono rilevanti per verificare l'ipotesi di partenza). - Il **modo M** (da *matching* o appaiamento): **consiste nel costruire dei sotto-insiemi di soggetti nei quali la variabile di disturbo sia presente in uguale misura**. Ad esempio, se l'età è una variabile di disturbo, si potrebbero creare due o più gruppi composti da soggetti della stessa età (ad es., gruppi di ragazzi di 6, 8 e 10 anni). In ciascun gruppo, si assegna a caso Bibliografia ============ - Areni, A., Ercolani, A. P., & Scalisi, T. G. (1994). Introduzione all\'uso della statistica in psicologia. Milano: LED, Edizioni Universitarie. - Lepper, M. R., Green, D., & Nisbett, R. E. (1973). Undermining children\'s intrinsic interest with extrinsic reward: A test of the \"overjustification\" hypothesis. *Journal of Personality and Social Psychology, 28*, 129-137. - McBurney, D. H., & White, T. L. (2008). *Metodologia della ricerca in psicologia*. Bologna: Il Mulino.

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