Biologia - Segnalazione Cellulare PDF

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Trabetti Elisabetta

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cellular signaling biology cell communication physiology

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These notes cover different types of cellular signaling, including endocrine, paracrine, juxtacrine, and autocrine signaling. The document also explains the different types of signaling molecules and how cells regulate signaling.

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BIOLOGIA Trabetti Elisabetta 19/11/2024 La segnalazione cellulare comprende diverse fasi. La prima è quella della produzione della molecola segnale e il suo invio. Dopodiché abbiamo la ricezione, cioè la po...

BIOLOGIA Trabetti Elisabetta 19/11/2024 La segnalazione cellulare comprende diverse fasi. La prima è quella della produzione della molecola segnale e il suo invio. Dopodiché abbiamo la ricezione, cioè la possibilità da parte di alcune cellule di rispondere ai segnali esterni che arrivano ad esse. Infine sono presenti dei meccanismi di trasduzione del segnale: verrà trasdotto e amplificato all’interno della cellula (si parla di trasduzione e non di traduzione del segnale, perché il termine traduzione viene adoperato per la parte di espressione genica nelle sintesi delle proteine). Le molecole segnale possono agire in modalità diverse di segnalazione, in base alle distanze tra la cellula che produce la molecola segnale e la cellula che riceve il segnale, cioè la cellula bersaglio. Si distinguono le modalità di segnale di tipo: Endocrino, quando la cellula che produce il messaggio si trova lontana dalla cellula bersaglio. Paracrino, dove la cellula produttrice del segnale e cellula bersaglio si trovano nelle vicinanze. Iuxtacrino (o giustracrino o a contatto): in questo caso la molecola segnale non è solubile, quindi non viene rilasciata dalla cellula produttrice, ma viene ancorata in membrana e posta rispetto alla cellula bersaglio la quale ha recettori specifici. È quindi presente una comunicazione di contatto. Autocrino, laddove la cellula che produce il messaggio è essa stessa cellula che lo riceve, quindi in questo caso produttrice e bersaglio coincidono. È una cellula in grado di autostimolarsi, cioè di mandare messaggi e di rispondere ad essi. La tipologia di segnalazione endocrina è quindi una segnalazione che riguarda l’intero organismo, perché il messaggio viene rilasciato nell’ambiente extracellulare e viene portato attraverso la circolazione sanguigna negli altri distretti del corpo, lontani da dove sono stati prodotti i messaggi. Per esempio le ghiandole endocrine rilasciano gli ormoni e questi si diffondono e vengono recepiti dalle cellule bersaglio (distanti dalle ghiandole). Nella segnalazione paracrina, come tipologia di molecole segnale, si hanno per esempio i fattori di crescita, l’istamina o i neurotrasmettitori (rilasciati nella sinapsi). L’azione di tipo iuxtacrino riguarda le molecole segnale che rimangono ancorate alla membrana e che non sono solubili. Questo tipo di segnalazione è molto importante nello sviluppo embrionale, quando le cellule pongono in membrana dei segnali che vengono riconosciuti da cellule vicine e che stimolano la crescita, l’orientamento e la migrazione. Anche le cellule del sistema immunitario sono interessate da questo tipo di segnalazione. Infine abbiamo l’azione di tipo autocrino, dove la cellula che produce è anche se stessa bersaglio di quello che produce. Ne abbiamo un esempio nelle cellule del sistema immunitario e nelle cellule tumorali o neoplastiche (quando le cellule che non rispondono ai normali controlli di regolazione del 1 ciclo cellulare sono in grado di autostimolarsi alla propria crescita in conseguenza di misura e moltiplicazione cellulare). Distinzione della segnalazione in base alla modalità di azione Possiamo anche distinguere la segnalazione cellulare a seconda dell’azione della molecola segnale. Si possono distinguere delle molecole segnale che fungono da fattori di crescita, implicati nella modalità di segnalazione autocrina e paracrina e sono importanti per lo sviluppo e la crescita delle cellule ma anche per la capacità di movimento delle cellule e per il differenziamento. Altre molecole segnale sono le citochine, implicate in modalità di segnalazione autocrino e paracrino, per esempio è tipico delle cellule del sistema immunitario utilizzare queste molecole come segnale. Abbiamo altre molecole segnale che sono gli ormoni, implicati nella via di segnalazione di tipo endocrino, che diffonde nei vari distretti dell’organismo attraverso la circolazione sanguigna. I principali segnali per modalità diversa di segnalazione sono quindi i fattori di crescita, le citochine e gli ormoni. Tuttavia c’è ne sono altre, come ad esempio i segnali che arrivano all’interno delle cellule e che le inducono ad andare in morte attraverso una serie programmata di eventi (apoptosi, morte cellulare programmata); altri segnali possono fungere da morfogeni nel differenziamento dell’embrione. Natura chimica dei ligandi Si può avere inoltre una distinzione sulla natura chimica delle molecole segnale o ligandi. Una parte della segnalazione cellulare riguarda dei segnali che non sono delle molecole, per esempio i segnali luminosi percepiti dai recettori del nostro occhio, anche se nella maggior parte dei casi si tratta di molecole segnale. Le molecole segnale sono principalmente costituite da amminoacidi o da derivati di amminoacidi (es. neurotrasmettitori o ormoni sintetizzati a livello della tiroide),ma possono essere anche molecole gassose (ossido nitrico, monossido di carbonio), steroidi (molecole che derivano dal colesterolo, come gli ormoni sessuali e I corticosteroidi, cioè steroidi prodotti dalla corteccia del surrene, importanti per il metabolismo glucidico e per gli effetti antinfiammatori), fosfolipidi (prodotti dalle cellule e rilasciati all’esterno, importanti per indicare la migrazione delle cellule e per indicare il differenziamento), derivati dell’acido arachidonico come le prostagaldine (importanti nei processi infiammatori, ma intervengono anche a livello della coagulazione sanguigna e regolano la capacità contrattile della muscolatura liscia), molecole di natura peptidica (polipeptidi come ormoni e fattori di crescita). Ligandi polari e apolari I primi messaggi sono quelli che arrivano all’esterno della cellula. In generale una cellula viene in contatto con tantissime molecole segnale, però è in grado di rispondere solo a quei segnali per i quali è dotata di specifici recettori. Se il ligando è di natura polare, il recettore (proteina transmembrana) che riconosce questo segnale si troverà a livello della membrana citoplasmatica, quindi il segnale si fermerà all’esterno della cellula. I ligandi di natura apolare o idrofobi hanno la possibilità di attraversare lo strato fosfolipidico sfruttando gli spazi che si vengono a formare dal movimento dei fosfolipidi di membrana per poter entrare attraverso la membrana e trovare i propri recettori all’interno della cellula, che possono 2 situarsi all’interno del citoplasma (recettori citoplasmatici) o a livello del nucleo (recettori nucleari). I recettori nucleari si prossono trovare all’ interno al nucleo o associati alle molecole di DNA. Nell’immagine a sinistra un recettore di membrana riceve un segnale che arriva all’esterno della cellula (ligando di natura idrofilica o polare) e attiva delle reazioni che avvengono all’interno attraverso delle vie di trasduzione del segnale. Il segnale di natura apolare (immagine con ormoni steroidei), entra attraverso lo strato fosfolipidio nella cellula e raggiunge il proprio recettore (che prima si trovava in forma inattiva) per attivarlo. Dopodiché, ci sarà una trasduzione del segnale a seconda del messaggio che arriva e delle proteine presenti nelle diverse cellule, per dare una risposta adeguata al messaggio. Tra il ligando e il sito di legame del recettore si formano dei legami di natura non covalente, e per questo vengono paragonati ai complessi enzima-subastrato. Questa analogia fa sì che si parli di una cinetica di saturazione anche a livello dei recettori delle molecole segnale. Pertanto, ad un certo punto, c’è un aumento della concentrazione extracellulare del segnale che porta a un aumento della trasduzione di esso, fino a quando i recettori sono tutti occupati. Di conseguenza la velocità di trasduzione del segnale smette di crescere. Agonisti e antagonisti del recettore Ci sono delle molecole che hanno una struttura chimica simile alle molecole segnale e che quindi possono agire sullo stesso recettore andando a dare analogamente la stessa stimolazione (agonisti del recettore) oppure possono andare a bloccare il recettore (antagonisti). Possono essere degli agonisti o antagonisti fisiologici (all’Interno dell’organismo) o di natura esterna (introdotti tramite dieta o terapia). C’è un elevata affinità tra recettori e ligandi (molecole segnale) perché c’è un elevata specificità. Questa elevata affinità viene definita in base alla costante di dissociazione, cioè il rapporto che c’è tra la concentrazione della molecola ligando e del recettore e la concentrazione del complesso recettore-ligando. Per costanti di dissociazione molto inferiori all’unità risulta esserci una buona affinità, quindi c’è una bassa tendenza del complesso recettore-ligando una volta a dissociarsi. È stimato che le costanti siano nell'ordine di 10^-6 e 10^-12 M. Fenomeno di desensibilaizzazione Bisogna garantire la funzionalità dei recettori nella capacità di ricevere lo stimolo e di trasmetterlo all’interno perché ci può essere il fenomeno di desensibilizzazione. Se il segnale rimane ad elevate concentrazione all’esterno della cellula in prossimità dei recettori, questi tenderebbero ad essere continuamente stimolati, ma è presente il fenomeno di desensibilizzazione. Bisogna che ci sia una variazione nella concentrazione esterna della molecola segnale perché si abbia una continuità da 3 parte della cellula di recepire e di trasdurre il segnale, quindi di dare una risposta adeguata. Il segnale quindi ad un certo punto deve essere rimosso e rinnovato. La desensibilizzazione può avvenire in diversi modi: Degradazione del ligando tramite enzimi extracellulari: le cellule che hanno i recettori producono degli enzimi che rilasciano all’esterno e vanno a degradare la molecola segnale (meccanismi di feedback, regolazione della comunicazione cellule). Endocitosi del complesso ligando-recettore che, attraverso l’invaginazione di vescicole endocitiche, viene portato all’interno della cellula per essere degradato e in alcuni casi la parte recettoriale può essere riciclata e portata in membrana. Modificazioni del recettore: si possono verificare delle modificazioni del recettore, per cui la componente citoplasmatica del recettore può essere oggetto di fosforilazioni o defosforilazioni le quali vanno a ridurre l’affinità che ha la molecola del recettore oppure a bloccare la trasduzione del segnale. La cellula regola la ricezione La ricezione è un processo molto selettivo, dove per ciascuna molecola segnale (ligando) si ha uno specifico recettore. Una cellula può modificare il numero dei recettori che presenta (in un determinato momento fisiologico per esempio) quindi si può avere più o meno espressione di recettori presenti sulle cellule. Immaginiamo di avere una concentrazione di insulina elevata protratta nel tempo. L’insulina è una molecola segnale induce le cellule del fegato e dei muscoli a portare al loro interni il glucosio, per sottrarlo dal circolo sanguigno. Se la concentrazione di insulina rimane troppo elevata, per evitare che ci sia un abbassamento eccessivo della glicemia, vengono diminuiti i recettori di membrana (con meccanismi di endocitosi) quindi la cellula diminuisce la sua capacità di portare all’interno il glucosio: si parla di un meccanismo di down-regolazione (quando viene ridotto il numero di recettori). Ci sono anche dei meccanismi che permettono di aumentare il numero dei recettori specifici di membrana (up-regolazione), ad esempio, nel caso di una bassa concentrazione per lungo tempo di questo segnale (insulina), la cellula presenta sulla membrana un maggior numero di recettori per aumentare le sue possibilità di recepire questo segnale e portare il glucosio all’interno. (Ci sono casi in cui una stessa molecola segnale provoca risposte diverse in cellule diverse, quindi la stessa molecola viene riconosciuta da uno stesso recettore ma che evoca risposte diverse in cellule diverse. Parliamo principalmente di ligandi di natura chimica). Modifica delle proteine bersaglio Si possono avere diverse risposte da parte delle cellule che avvengono attraverso modifiche delle attività delle proteine bersaglio presenti all’interno delle cellule. Gli effetti che si possono avere all’interno della cellula in seguito alla modificazione di una proteina bersaglio (quando recettore viene legato dal ligando) sono i seguenti: Attivazione o inibizione delle vie metaboliche che ci sono all’interno delle cellule Apertura dei canali ionici che ci sono a livello delle membrane Riorganizzazione del citoscheletro (diversa mobilità alle cellule) Segnali che causano all’interno della cellula uno stimolo per iniziare la replicazione del DNA (da G1a S) 4 morte programmata della cellula (smembramento della cellula che va in apoptosi con la fagocitosi da parte delle cellule vicine). un'influenza sulla regolazione dell’espressione genica, per esempio l’attivazione di alcuni geni che vengono indotti ad essere trasferiti e tradotti per la produzione di cicline, molecole importanti per la regolazione del ciclo cellulare. Trasduzione del segnale Nella trasduzione del segnale (dopo che il recettore ha riconosciuto la molecola segnale all’esterno) segue una cascata di reazioni (solitamente sono reazioni di fosforilazione, quindi vengono aggiunti gruppi fosfato nei diversi componenti delle molecole) che sono all’opera delle serina/treonina chinasi, le quali vanno a fosforilare la serina e la treonina (fosforilano i residui alcolici -OH di questi amminoacidi) oppure le tirosine chinasi che fosforilano i residui ossidrilici delle tirosine. Le chinasi, quindi, sono implicate nella trasduzione del segnale. Nella via di trasduzione avviene un’amplificazione del segnale, quindi, a partire da una molecola segnale che arriva dall’esterno, la cellula risponderà con il rilascio di moltissime molecole. Al contrario delle chinasi, le fosfatasi sono delle proteine che idrolizzano i legami dei gruppi fosfato (defosforilazione) occupandosi della disattivazione delle risposte cellulari che erano state attivate con la fosforilazione. Come si attiva un recettore di superficie? I recettori sulle membrane delle cellule sono delle proteine transmembrana sono formate da: domini esterni alla membrana che riconoscono la molecola segnale una parte che attraversa lo strato fosfolipidico dei domini citoplasmatici in grado di trasdurre il segnale. L’interazione tra la molecola segnale e il recettore fa sì che ci sia una modifica conformazionale del recettore che viene trasmessa nella sua interezza nella sua composizione, in modo da attivare la componente citoplasmatica e iniziare la trasduzione del segnale all’interno (attivazione data dalla modifica della conformazione innescata dal legame con la molecola segnale) Le vie di trasduzione possono essere a lungo o a breve termine. Breve termine: ci può essere un’attivazione di enzimi a livello citoplasmatico che possono indurre ad una modifica delle vie metaboliche o a influire sulla motilità della cellula Lungo termine: quando il messaggio viene trasdotto fino all’interno del nucleo quindi a livello di modifica dell’espressione dei geni quindi a influenzare la produzione di proteine. 5 Tipi di recettore Recettori presenti sulle membrane delle cellule: Recettori accoppiati a canali ionici: sono proteine canale dipendenti dal ligando, che non sono sempre aperti e la cui apertura e chiusura è determinata dalle molecole segnale che arrivano dall’esterno. Questi recettori convertono un segnale chimico in un segnale elettrico. Immagine – il recettore di membrana è una proteina canale per lo ione sodio. Arriva la molecola segnale (sfera rossa), e si avrà un ingresso degli ioni sodio in base al suo gradiente di concentrazione. Nella comunicazione neuronale (tra 2 cellule nervose) si ha un messaggio di questo tipo: nella fessura sinaptica tra assone e membrana post-sinaptica avviene il rilascio, parte del terminale pre-sinaptico, delle vescicole che contengono il neurotrasmettitore. Sulla membrana post-sinaptica avviene il riconoscimento da parte dei recettori di membrana (accoppiati a canali ionici) e la apertura dei canali con conseguente ingresso degli ioni. In base al neurotrasmettitore rilasciato, si aprono diversi canali ionici. Recettori accoppiati a proteine G Recettori accoppiati ad enzimi Non rientrano in queste 3 categorie, per esempio, i recettori importanti per lo sviluppo embrionale o per i segnali dell'omeostasi tissutale (importanti per influire sulla staminalià delle cellule) o recettori per i segnali di morte cellulare. Recettori accoppiati a proteine G Questi recettori sono costituiti da un'unica catena polipeptidica che attraversa però la membrana di doppio strato fosfolipidico sette volte. Abbiamo delle anse a livello extracellulare (componente amminoterminale) e delle anse invece, nella parte citoplasmatica (componente carbossiterminale). L'ansa che si trova tra le alfaeliche 6 e 7 (extracellulare = amminoterminale) è di fatto il segmento che va a interagire con la molecola segnale (ligando). L'ansa che si trova tra la 5 la 6 elica è quella che viene attivata in risposta all’arrivo del segnale extracellulare e che va a interagire con le proteine G. Questa ansa non è importante solo per trasdurre il segnale ma anche per la terminazione del segnale: può anche essere fosforilata nei residui di serina e treonina portando alla sua interazione 6 con proteine di arresto (es. arrestina) impedendole di stimolare le proteine G. Inoltre, questa estremità, carbossiterminale, è importante per andare a interagire con delle proteine del citoscheletro, in particolare con quelle che si trovano subito al di sotto della membrana citoplasmatica. Quindi c'è una sorta di trasduzione del segnale che è ben articolata. Perché si chiamano proteine G Sono proteine che si associano a loro volta a dei nucleotidi guanosidici. Quando le proteine G sono in uno stato inattivo sono legate al GDP (guanosina difosfato) e quando vengono attivate scambiano il GDP con il GTP (guanosina trifosfato). La maggior parte dei recettori di superficie nelle cellule animali è rappresentata proprio da recettori accoppiati a proteine G; per questo rappresentano anche bersagli di farmaci che vanno ad agire come molecole agoniste o antagoniste. Le molecole segnale che vengono riconosciute da questi recettori accoppiati a proteine G possono essere degli ormoni, neurotrasmettitori o dei metaboliti. Sono importanti questi recettori a livello degli organi di senso, per il gusto e per l’olfatto. nell’ immagine di fianco si possono vedere due tipi di recettori: Recettore associato a proteina G: lega un neurotrasmettitore, si attiva proteina G e questo determina l’apertura di un canale ionico. Questo tipo di recettori sono detti metabotropici: recettori accoppiati a proteine G le quali, una volta attivate, possono mandare ad aprire il canale ionico (in questo caso il canale è sulla membrana plasmatica) oppure possono agire su un effettore che produce un secondo messaggero che apre il canale ionico. Si distinguono dai recettori ionotropici, che aprono direttamente canali ionici in risposta al legame del ligando, causando una risposta rapida Le proteine G sono per lo più trimeriche perché presentano tre subunità (alfa, beta, gamma) mentre possiamo trovare anche delle proteine G monomeriche costituite da un unico polipeptide Trasduzione del segnale Dall’ immagine si può vedere cosa avviene all’inizio della trasduzione del segnale quando il recettore associato alla proteina G riconosce la molecola segnale. 7 Arriva la molecola segnale, si attiva il recettore che modifica la propria conformazione andando così ad attivare la proteina G. Questa, attivata, scambia GDP con GTP: di conseguenza la subunità alfa (dove si è legato GTP) perde affinità con le altre due subunità: inizia cosi la trasduzione del segnale: la sub alfa, legata al GTP, va ad attivare l’effettore. È importante notare che la subunità alfa ha anche attività GTPasica, cioè può idrolizzare GTP che torna GDP: in questo modo ha di nuovo affinità per le sub beta e gamma e facendo tornare così la proteina G ad uno stato inattivo. Come evitare la desensibilzzazione della trasduzione del segnale Bisogna assicurarsi di avere una buona funzionalità della capacità di poter trasdurre il segnale; deve esserci perciò un equilibrio tra quando c’è il segnale la sua trasduzione e quando invece quest'ultima deve essere fermata per on avere un fenomeno di desensibilizzazione. Si è già visto come l’’ansa tra la 5 e la 6 elica è soggetta a fosforilazioni dei residui di serina e treonina da parte della GRK (chinasi del recettore assocciato a proteina G). La fosforilazione induce l’arrivo dell’arrestina che determina l’arresto della trasduzione del segnale impedendo il legame con la proteina G. In questo modo le cellule riacquistano la sensibilità a stimoli successivi non venendo desensibilizzate. Ci sono anche delle proteine associata alla membrana che stimolano l’attività GTPasica delle proteine G in modo da interrompere la trasduzione. Il recettore dopo essere fosforilato può essere portato ad una internalizzazione per via endocitica dove andrà ad interagire con degli endosomi (vescicole con contenuto acido all’interno) e poi ci sarà l'incontro con i lisosomi e la degradazione. A volte può invece avvenire il riciclo del recettore. Questo serve impedire la desensibilizzazione e assicurare una funzionalità costante nel poter ricevere nuovi segnali Funzioni della subunità alfa Esiste una diversa trasduzione del segnale diversa a seconda della struttura della subunità alfa. Si può avere: 8 subunità alfa di tipo stimolatorio: stimola l’effettore, ad es. adenilato ciclasi, AC, che produce AMP ciclico (cAMP) a partire da molecole di ATP che si trovano nel citoplasma. Altre sub alfa possono stimolare un altro effettore, la fosfolipasi C, proteina associata alla membrana che va a produrre altri secondi messaggeri e non cAMP. (c’è sub alfa 12/13 che ha come effettore altre proteine) subunita alfa di tipo inibitorio: blocca l’attività dell’adenilato ciclasi I secondi messaggeri, non solo cAMP, modulano l’attività di diverse proteine bersaglio: c’è una risposta da parte della cellula che è articolata e complessa in modo da dare una risposta più ampia. AMP ciclico è un secondo messaggero (il primo messaggero è la molecola segnale che arriva dall’esterno) che porta ad una amplificazione maggiore del segnale perché ha come bersaglio una famiglia di proteine (proteine chinasi A, PKA) che a loro volta andranno ad attivare altre proteine in una cascata di fosforilazione che portano ad una risposta da parte della cellula. Il cAMP viene prodotto dall’adenilato ciclasi e viene anche deciclizzato da una fosfodiesterasi altrimenti se rimanesse troppo cAMP nel citoplasma si avrebbe una via di trasduzione eccessiva; anche qui c’è un controllo relativamente ad attivazione e deattivazione. L’importanza del controllo della concentrazione cAMP si può vedere a seguito di una deregolazione causata da agenti esterni: tossina pertosse e colerica. tossina pertosse: inattiva una proteina G che normalmente inibisce AC: aumenta cAMP tossina colerica: inattiva l’attività GTPasica di una proteina G nella mucosa dell’intestino che causa l’attivazione della AC: aumenta cAMP; si ha un trasporto eccessivo nell’ambiente extracellulare di Cl seguito dalla fuoriuscita di H2O: questo causa diarrea e disidratazione. Pathway di cAMP cAMP agisce attivando altre proteine chinasi A (PKA) che a loro volta fosforilano altre proteine che potranno così essere attivate o inattivate Le PKA sono costituite da subunità regolatrici e subunità catalitiche: cAMP interagisce in maniera allosterica nei confronti delle chinasi A in modo da modificare la loro conformazione tali per cui avviene il distacco delle subunita catalitiche: quindi di conseguenza potranno agire come chinasi mentre normalmente essendo complessate con queste subunita regolatrici sono inattive Gli effetti nelle cellule sono diversi perché ci possono essere diversi substrati di queste PKA. Si è visto che dipende anche a quali strutture cellulari (RE, citoscheletro, ecc) sono ancorate. 9 Amplificazione e articolazione del segnale Un esempio di ciò è della molecola di adrenalina a livello degli epatociti. Lo scopo dell'adrenalina è quello di indurre le cellule del fegato a rilasciare il glucosio nel sangue con una amplificazione del segnale. L’adrenalina stimola il recettore che attiva la proteina G la cui sub alfa va a stimolare la AC che produce diverse molecole di cAMP. Queste attivano le PKA che a loro volta vanno a fosforilare altre chinasi e infine viene fosforilata glicogeno fosforilasi chinasi del glicogeno che degrada glicogeno in glucosio. Si ha quindi una amplificazione del segnale: una piccola quantità di segnale (l’adrenalina) viene trasformata in una risposta cellulare molto più grande, grazie a una serie di passaggi intracellulari che moltiplicano l'effetto iniziale. Oltre ad una amplificazione c’è anche una articolazione di questa risposta: le proteine chinasi attivate non solo trasducono il segnale fino ad attivare la glicogeno-fosforilasi ma vanno anche a fosforilare la glicogeno-sintasi, inattivandola. Le PKA possono pure entrare nel nucleo, essere riconosciute dal fattore di trascrizione CREB e attivare geni per produrre enzimi importanti per le gluconeogenesi Adrenalina e acetilcolina Segnali diversi che legano recettori simili possono portare a effetti opposti: un esempio di ciò si può vedere con gli effetti che hanno l’adrenalina e l’acetilcolina sulle cellule muscolari cardiache. L’adrenalina porta ad una maggiore contrazione: si lega ad un recettore associato alla proteina G, questa si attiva, si stimola AC a produrre cAMP, si attivano le PKA e per trasduzione del segnale si giunge poi ad una frequenza cardiaca maggiore. L’acetilcolina ha effetto opposto: in questo caso il recettore a cui si lega acetilcolina attiva una proteina G la cui sub alfa ha una funzione inibitoria su AC: non si produce cAMP e si ha alla fine una diminuzione della frequenza cardiaca. Adrenalina e glucagone Segnali diversi possono anche portare ad una stessa risposta perché viene seguita la stessa via di trasduzione: ad esempio sia l’adrenalina che il glucagone portano al rilascio di glucosio nel sangue. Entrambi hanno una subunità alfa stimolante verso AC. Effetti diversi dell’adrenalina Uno stesso segnale può dare risposte diverse in cellule diverse: i recettori per l’adrenalina nelle diverse cellule hanno la stessa parte extracellulare per riconoscere il ligando ma sono suddivisi in dei sottotipi di recettori che hanno un dominio citoplasmatico che riconosce proteine G diverse. Quindi l’adrenalina, a seconda della cellula su cui agisce, porta ad una risposta diversa. Esempi: 10 Epatociti: produce glucosio Cellule muscolari cardiache: un’isoforma del recettore interagisce con una proteina G che stimola AC facendo aumentare cAMP: si ha contrazione muscolare Cellule della muscolatura dell’intestino: un’isoforma del recettore interagisce con una proteina G che inibisceAC facendo diminuire cAMP: la muscolatura si rilassa Altri effetti dell’adrenalina: [Ultima parte] La modifica del recettore collegato alla proteina G porta alla modifica dei canali ionici, determina l’apertura del “cancello”. È stato stimato che negli organi di senso dei mammiferi ci sono migliaia di neuroni perché hanno dei recettori specifici. Non solo recettori di senso, ma possono essere anche recettori di luce, pressione, suoni… Ci sono + di 900 geni che codificano per + di 900 proteine recettore, ma sappiamo anche che ne vengono espresse meno della metà avendo delle isoforme. Sulla membrana dei neuroni, per esempio, sono presenti dei recettori accoppiati a delle proteine G che vanno ad attivarle; queste proteine G nella subunità α attivano l’adenilato ciclasi (AC) che va ad attivare la proteina canale, così c’è un’apertura dei canali specifici per gli ioni, e di conseguenza questo segnale viene inviato al cervello, che elabora (per esempio) la percezione dell’odore specifico. Ma ci sono anche delle proteine G che vanno ad attivare altri enzimi, diversi dall’adenilato ciclasi, le fosfolipasi C con attività stimolante, quindi, producono delle molecole (diacilglicerolo, e inositolo tri fosfato) come prodotto della reazione di idrolisi di componenti specifici della membrana, ovvero i fosfolipidi inositolo, sono delle molecole che si trovano nella membrana sul foglietto interno, dove abbiamo la parte lipidica associata a gruppi fosfato e uno zucchero. Il più comune di questi è il fosfoatidilinositolo bifosfato, che ad opera delle fosfolipasi C viene scisso nelle due molecole, il diacilglicerolo (DAG) (che rimane associato alla membrana) e inositolo tri fosfato (IP3) che è fortemente polare. 11 Questi due ultimi messaggeri cosa fanno? Il DAG è in grado, rimanendo in membrana, di attivare PKC, mentre l’inositolo tri fosfato (IP3), va a trovare i suoi recettori sulla membrana del REL, questi recettori sono dei canali per lo ione Ca2+. In questo modo, andando ad agire sul canale, lo apre e lo ione Ca2+ è libero di fluire secondo gradiente di concentrazione, quindi uscirà dal REL per andare a concentrarsi nel citoplasma, dove viene mantenuto a basse concentrazioni. Il Ca2+ si può anche andare ad associare ad altre proteine come la calmodulina che poi andrà ad attivare delle chinasi, che possono culminare con la contrazione muscolare. Possono anche andare ad attivare la polimerizzazione dei microtubuli, importante per la formazione del fuso mitotico. Esempio del bersaglio della via con lo ione Li+ (immagine delle slides) Se c’è un’eccessiva stimolazione prolungata in alcune aree del cervello, si può arrivare ad esempio alla sindrome del bipolarismo. Lo ione Li+ può bloccare la via di trasduzione nella attivazione della proteina G e anche nella produzione del secondo messaggero IP3 (inositolo-trifosfato) e il DAG, e si è visto che la somministrazione di questo ione va a regolare l’eccessiva stimolazione del cervello. I secondi messaggeri sono piccole molecole coinvolte nella trasduzione del segnale, e non sono di natura proteica: cAMP IP3 DAG Ca2+ NO (ossido nitrico) (un messaggero che viene sia dall’esterno ma che viene anche prodotto all’interno delle cellule, e viene poi lasciato diffondere). Viene così mantenuto un gradiente di concentrazione dello ione Ca2+ molto ampio, (molto concentrato nel RE e nei mitocondri, mentre poco concentrato nel citoplasma), grazie alla presenza dei trasportatori (Calcio-ATPasi), e poi abbiamo anche degli scambiatori di ioni, in antiporto. Si è visto che negli animali gli ioni Ca2+, sia fondamentale per trasduzione nervosa, per la contrazione muscolare, ma anche per la secrezione degli ormoni, o di enzimi digestivi. A livello del pancreas esocrino, abbiamo delle vescicole che contengono i precursori degli enzimi che andranno a livello dell’intestino (le proteasi), che vengono mantenute all’interno di questi granuli e che poi vengono rilasciate e si fondono con la membrana che sporge sul lume, in modo da poter lasciare i precursori degli enzimi, avviene così lo stimolo che genera un aumento degli ioni Ca2+ intracellulare, che fa spostare queste vescicole. 12 Per le piante è importante l’apertura e la chiusura degli stomi per l’entrata della CO2 per la fotosintesi, che è mediata dagli ioni calcio, ma anche il fototropismo, per la cattura delle onde luminose è mediata dagli ioni Ca2+. Lo ione Ca2+ è fondamentale anche subito dopo la fecondazione, nello sviluppo dello zigote, che lo porta ad andare in divisione cellulare, per poi dar vita all’embrione. 13 Sommario 1. Cellule fotosensibili....................................................................................................... 3 1.1 Fotorecettori........................................................................................................... 3 1.2 Trasduzione del segnale visivo................................................................................... 3 1.3 Sistema di controllo.................................................................................................. 4 1.4 Ricapitolazione del processo di trasduzione................................................................. 4 1.5 Daltonismo............................................................................................................. 5 2. Recettori accoppiati ad enzimi........................................................................................ 5 2.1 Tipi di recettori accoppiati ad enzimi.......................................................................... 5 2.2 Struttura di un recettore tirosin-chinasico................................................................... 5 2.3 Classificazione recettori............................................................................................ 6 2.4 Dimerizzazione........................................................................................................ 6 3. Recettori Tirosina Chinasi: Autofosforilazione................................................................... 7 4. Attivazione di recettori con attività tirosin chinasica.......................................................... 7 4.1 Proteine adattatrici.................................................................................................. 7 4.2 Proteine di attracco.................................................................................................. 7 4.3 Attivazione di fattori di trascrizione............................................................................ 7 4.4 Attivazione diretta degli enzimi.................................................................................. 7 5. Proteine G-monomeriche............................................................................................... 8 5.1 Caratteristiche........................................................................................................ 8 5.2 Attivazione e disattivazione...................................................................................... 8 6. Via di trasduzione del segnale che coinvolge la proteina monomerica RAS........................... 8 7. Via di trasduzione del segnale che coinvolge la proteina monomerica PIP2.......................... 10 8. Diversi tipi di recettori.................................................................................................. 11 8.1 Recettore tirosin chinasico per l’insulina.................................................................... 11 8.2 Recettori della morte cellulare.................................................................................. 11 8.3 Recettori serina treonina chinasi............................................................................... 11 9. Recettori intracellulari.................................................................................................. 12 9.1 Recettori nel nucleo................................................................................................ 13 9.2 Enzimi come recettori intracellulari........................................................................... 13 10. Antagonisti e agonisti nelle vie di segnalazione.............................................................. 14 1 10.1 Antagonista.......................................................................................................... 14 10.2 Agonista............................................................................................................... 14 11. Batteri: segnalazione e risposte.................................................................................... 15 2 BIOLOGIA – LEZIONE 2 Data: 02/12/2024 Professore: Elisabetta Trabetti Sbobinatore n°1: Rachele Minotto Sbobinatore n°2: Sara Gilardi Revisionatore: Alissa Zani Segnalazione Cellulare 1. Cellule fotosensibili 1.1 Fotorecettori Esistono vie di trasduzione del segnale in cui il segnale stesso non è rappresentato da una molecola, quindi non è un segnale chimico, bensì è un segnale rappresentato dalle radiazioni luminose, ossia le radiazioni che colpiscono i fotorecettori che abbiamo nelle cellule fotosensibili della retina. Abbiamo due tipologie di cellule fotosensibili nella retina, ossia i coni e i bastoncelli, e questi sono responsabili della diversità della percezione delle radiazioni; entrambi hanno una struttura membranosa nel segmento esterno, costituita da membrane impilate come fossero dei dischi e che sono la sede in cui si trovano i fotorecettori delle radiazioni luminose. La membrana è formata anche da un segmento interno e un terminale sinaptico che va ad interagire con la parte neuronale che, attraverso il nervo ottico, darà il segnale al sistema nervoso centrale. Quindi, oltre all’epitelio olfattivo e alle papille gustative dove ci sono dei recettori accoppiati alle proteine-G per molecole (quindi per segnali chimici), abbiamo anche dei recettori, sempre accoppiati a proteine-G, che sono responsabili della percezione della radiazione luminosa. Questi recettori (coni e bastoncelli), sono delle molecole proteiche che attraversano il doppio strato fosfolipidico con 7 domini ad alfa-elica, e sono anche associati ad una molecola, ossia il retinale, che è una molecola fotosensibile. Il retinale, quando è nella sua forma inattiva, è nella forma cis, quando invece viene colpito dalla radiazione luminosa diventa tutto trans e quindi c’è il distacco del retinale dal suo fotorecettore, che è la rodopsina, e avviene la liberazione e attivazione delle opsine. A seconda del tipo di opsine, cioè a seconda della componente proteica associata al retinale, si ha la capacità di assorbire diverse radiazioni e diverse lunghezze d’onda della radiazione luminosa. 1.2 Trasduzione del segnale visivo I fotorecettori sono sensibili alla radiazione luminosa, attraverso la molecola del retinale. Il recettore, ossia la rodopsina, nel momento il cui arriva la radiazione luminosa, stacca e isomerizza il retinale che da cis 3 diventa trans, e di conseguenza l’opsina va ad attivare una proteina-G trimerica. Quest’ultima, nella subunità alfa, è stimolata a scambiare il nucleotide guanilico, e si associa ai GTP; la subunità alfa così attivata, va ad attivare a sua volta un effettore che è una fosfodiesterasi. La fosfodiesterasi ha l’effetto opposto della ciclasi: va ad idrolizzare il GMP ciclico, che normalmente va ad attivare l’apertura dei canali per il sodio, portando così alla chiusura dei canali per il sodio. Che cosa succede al buio? Al buio non si riceve lo stimolo luminoso e ci sono alte concentrazioni di GMP ciclico perchè la fosfodiesterasi non è attiva, per questo avviene l’apertura dei canali per il sodio con una parziale depolarizzazione della membrana. Quando invece arriva lo stimolo luminoso si nota che, venendo a mancare il GMP ciclico, si chiudono i canali per il sodio e si ha un’ iper polarizzazione della membrana. Il segnale viene trasdotto ai neuroni, attraverso il potenziale d’azione, che a sua volta viene trasmesso dal nervo ottico al sistema nervoso centrale. 1.3 Sistema di controllo Ovviamente anche per questo meccanismo è necessario avere un sistema di controllo che assicuri il funzionamento della trasmissione del segnale e che permetta il ritorno alle condizioni iniziali. Ciò avviene grazie all’attività GTP-asica della proteina-G, che è in grado di tornare allo stato inattivo e quindi non permette una continua stimolazione, e anche ad opera di una chinasi della rodopsina, ossia una chinasi che va a fosforilare i residui che ci sono sull’estremità carbossi-terminale del recettore dell’opsina, che a sua volta va ad attivare le arrestine (proteine) che rendono il recettore incapace di attivare le proteine-G. 1.4 Ricapitolazione del processo di trasduzione 1. Arriva il segnale luminoso 2. Il segnale viene captato dal fotorecettore (ossia la molecola del retinale associata alla rodopsina) 3. La rodopsina associata al retinale permette di attivare il retinale stesso (trans) con liberazione di opsine 4. Le opsine liberate attivano una proteina G trimerica 5. Avviene lo scambio del nucleotide guanilico e si associa al GTP in modo da attivare la subunità alfa che a sua volta attiva la fosfodiesterasi 6. La fosfodiesterasi va ad idrolizzare il GMP ciclico 7. Il GMP ciclico viene ridotto e si chiudono i canali per il sodio, la membrana si iper polarizza 4 8. L’iper polarizzazione si traduce in potenziale d’azione che attraverso il nervo ottico trasporta il messaggio al SNC 1.5 Daltonismo Il daltonismo è una patologia x-linked recessiva, associata al cromosoma X, perchè i geni che codificano per le opsine si trovano sul cromosoma X e se alterati nella loro funzione, possono causare la comparsa di questa patologia anche abbastanza diffusa (in Europa circa l’8% dei maschi la presenta). Questa patologia è dovuta al fatto che i geni che codificano per le opsine del rosso e del verde non sono funzionali, sono stati alterati. La conclusione è che, per un’alterazione dei geni che codificano per le opsine del rosso, abbiamo una visione grigia anziché rossa, oppure nel caso di alterazioni di geni che codificano per le opsine del verde abbiamo sempre una visione grigia. 2. Recettori accoppiati ad enzimi E’ possibile parlare di recettori accoppiati ad enzimi perché questi possono essere effettivamente dei recettori che fungono da enzimi, e quindi hanno un’attività enzimatica propria, oppure una volta attivati dalla molecola ligando si associano ad un enzima, quindi questi ultimi non hanno loro stessi un’attività enzimatica. Quindi o hanno, nella loro porzione citoplasmatica, la funzione di enzima (sono in grado di agire da enzimi), oppure la loro porzione citoplasmatica, una volta attivata, si associa ad un enzima. 2.1 Tipi di recettori accoppiati ad enzimi Esistono diversi tipi di recettori accoppiati ad enzimi: i più comuni sono i recettori chinasici, cioè in grado di andare a fosforilare; la maggior parte di queste chinasi sono le tirosin-chinasi, le quali vanno a fosforilare su residui di tirosina, si trovano però anche chinasi che vanno a fosforilare su residui di serina e treonina, per le quali si parla di serin-treonin-chinasi. Le tirosin-chinasi sono i recettori per i fattori di crescita e per questo sono coinvolte in vari processi: processi di sviluppo, differenziamento cellulare, divisione cellulare, trasformazione e maturazione. Nei vegetali questa funzione è svolta dalla serin-treonin-chinasi che permette la crescita, lo sviluppo e la maturazione di semi, fiori e frutti. 2.2 Struttura di un recettore tirosin-chinasico E’ presente un doppio strato fosfolipidico, una porzione extracellulare (che è il sito di legame per il ligando), il dominio enzimatico che attraversa il doppio strato fosfolipidico e una porzione citoplasmatica. Si distinguono i recettori tirosin-chinasici con attività intrinseca, quindi con attività enzimatica, dai recettori tirosin-chinasici con attività estrinseca, nei quali manca il dominio chinasico ma è presente un domino che lega una chinasi (enzima) nel momento in cui il recettore è attivato da una molecola segnale. 5 2.3 Classificazione recettori La struttura dei recettori tirosin-chinasici è una struttura semplice, tuttavia, a seconda di quelle che sono le similitudini specialmente del dominio extracellulare, che è la porzione più variabile, possono essere raggruppati in classi diverse. Per questo motivo viene dato un nome generale ad una serie di recettori sulla base di un primo prototipo che è stato individuato e poi, sulla base della struttura, anche gli altri prendono lo stesso nome. Per esempio i recettori tirosin-chinasici, che presentano due domini (uno nella porzione extracellulare e uno in quella citoplasmatica), vengono definiti tutti “recettore del fattore di crescita epidermico”, perchè è stato il primo identificato con questa struttura. La famiglia dei recettori per l’insulina, (che non sono tutti recettori per l’insulina ma che prendono il nome da essa perché sono stati individuati per la prima volta nell’insulina) hanno tutti una struttura formata da due dimeri associati. In conclusione, si può intuire che ci sono delle omologie nelle strutture, specialmente nel domino extracellulare (che è quello più variabile) che permettono di fare dei raggruppamenti in classi. I recettori con attività protein-chinasica intrinseca hanno la caratteristica di formare dei dimeri, quindi di dimerizzare nel momento in cui vengono attaccati. In questi casi ci sono due omonomeri che si associano in un dimero per poter andare ad iniziare la trasduzione del segnale. 2.4 Dimerizzazione Possiamo avere due strade che portano alla formazione di dimeri: 1. La molecola segnale, ossia il ligando, possiede due domini di riconoscimento per due recettori (i due monomeri). Il ligando lega contemporaneamente i due monomeri in modo da formare il dimero attivo, che avrà una modifica conformazionale tale da produrre all’interno della cellula (nei domini citoplasmatici) delle variazioni di chinasi. In questo caso si parla di dimerizzazione mediata dal ligando perché è il ligando stesso che induce la dimerizzazione in maniera diretta. 2. La molecola ligando è specifica per un solo dominio di legame per il recettore e di conseguenza ciascuna molecola ligando va ad attivare un monomero; questo legame induce una modificazione nella conformazione del recettore che lo induce a dimerizzare. Si va quindi a formare un dominio di dimerizzazione mediato dal recettore. Riassumendo, nel primo caso abbiamo una dimerizzazione mediata dal ligando in cui questo lega contemporaneamente due monomeri, nel secondo caso invece i due monomeri vengono indotti a dimerizzare dalla presenza, in ciascuno di questi, di una molecola ligando. L’effetto è sempre quello di attivazione della porzione chinasica. 6 3. Recettori Tirosina Chinasi: Autofosforilazione La transfosforilazione è l’attività enzimatica di un monomero che va a fosforilare le tirosine di un altro. Nel momento in cui i due monomeri formano un unico recettore, ossia il dimero, si parla di trans-auto- foasforilazione del recettore attivato/dimero. Ciò porta ad un ulteriore potenziamento dell’attività enzimatica e anche alla creazione di siti di riconoscimento per proteine che riconoscono le tirosine fosforilate e che andranno a trasdurre il segnale. Le tirosine fosforilate possono essere riconosciute anche da altre proteine che contengono dei domini (detti SH2 o PTD) che sono in grado di riconoscere le tirosine fosforilate. 4. Attivazione di recettori con attività tirosin chinasica 4.1 Proteine adattatrici Una volta che il recettore tirosin-chinasico è stato attivato dal ligando, è in grado di auto-trans-fosforilarsi, può essere riconosciuto e può andare ad attivare delle proteine adattatrici, ossia proteine che presentano domini SH2 o PTD. Questi domini possono essere legati ad un altra proteina che va, per esempio, ad attivare la proteine RAS, una proteina G-monomerica. 4.2 Proteine di attracco Inoltre può accadere che il recettore così dimerizzato, una volta attivato è in grado di essere riconosciuto da proteine cosiddette di “attracco”, le quali sono sempre proteine che hanno dei domini SH2 o PTD che riconoscono le tirosine fosforilate. Quindi la proteina di attracco riconosce le proteine fosforilate e a sua volta viene fosforilata e può trasmettere questa attivazione a delle chinasi o fosfatasi, portando così ad una trasduzione del segnale. 4.3 Attivazione di fattori di trascrizione E’ possibile avere un’altra situazione, in cui il recettore attivato con la trans-auto-fosforilazione, va ad attivare delle proteine (anche queste hanno sempre i domini di riconoscimento SH2 e PTD) però sono dei fattori di trascrizione e quindi alla fine andranno ad influire sulla variazione dell’espressione genica. Ad esempio i recettori della famiglia STAT vengono fosforilati e ciò induce una dimerizzazione di questi fattori di trascrizione, e così sono in grado di entrare nel nucleo. 4.4 Attivazione diretta degli enzimi Ultima possibilità di trasduzione del segnale da parte del recettore tirosin-chinasico attivato è quella che permette l’attivazione diretta degli enzimi. E’ sempre necessario che ci siano dei siti di riconoscimento adeguati. Tali enzimi, come ad esempio fosfolipasi-c o chinasi o fosfatasi, vengono direttamente fosforilati e a loro volta sono in grado di agire da enzimi e quindi possono andare a trasdurre il segnale a seconda della loro specificità. 7 5. Proteine G-monomeriche 5.1 Caratteristiche Le vie di trasduzione del segnale mediate da recettori tirosin-chinasici possono comprendere, come abbiamo visto, l’attivazione di proteine G-monomeriche (come la proteina G-RAS). Ci sono molte famiglie di proteine G-monomeriche presenti nelle cellule: - RAS: importante per la trasduzione del segnale - Molte altre invece hanno funzioni di controllo della motilità cellulare, per il trasporto delle vescicole, per il trasporto di proteine tra nucleo e citoplasma Tutte queste proteine hanno la caratteristica di essere associate in forma inattiva al GDP e in forma attiva, invece, sono associate alla guanosina tri-fosfato e sono dotate dell’attività GTP-asica che permette loro una disattivazione e quindi un’interruzione veloce della trasduzione del segnale. 5.2 Attivazione e disattivazione Le proteine G monomeriche impiegate nella trasduzione del segnale, come la proteina RAS in questo caso, per assicurare il corretto funzionamento della via di trasduzione devono poter essere attivate ma anche disattivate. L’attivazione avviene tramite fattori che stimolano lo scambio del nucleotide guanilico, mentre la disattivazione è garantita da fattori che, per esempio, impediscono lo scambio del nucleotide guanilico e vengono detti inibitori del rilascio di GDP, oppure attraverso fattori che stimolano l’attività GTPasica. La proteina allo stato inattivo è legata al GDP, successivamente intervengono dei fattori di scambio che inducono la proteina G a scambiare il GDP con il GTP. Facendo questo la proteina cambia la propria conformazione, si attiva ed è così in grado di andare ad attivare un’altra proteina. Esistono poi delle proteine che possono stimolare l’attività GTPasica, viene quindi disattivata la proteina G, e altre che sono invece inibitori del rilascio del GDP, per cui se la proteina non è in grado di staccarsi da quest’ultimo la trasduzione non avviene. 6. Via di trasduzione del segnale che coinvolge la proteina monomerica RAS Questa via di trasduzione riguarda l’attivazione di un recettore con attività tirosin chinasica intrinseca da parte di fattori di crescita, che sono coinvolti nella proliferazione cellulare, nello sviluppo delle cellule sia a livello embrionale che nello stadio adulto, nel differenziamento e nella divisione cellulare. Per cui un non corretto funzionamento di queste molecole porta ad una alterazione nel normale ciclo cellulare delle cellule e quindi allo sviluppo di masse non controllate nella loro crescita. 8 Trattandosi di un recettore con attività tirosin chinasica intrinseca, esso possiede un dominio enzimatico in grado di catalizzare l’idrolisi dell’ATP e trasferire i gruppi fosfato in modalità di transfosforilazione, cioè il dominio enzimatico di un monomero fosforila i residui di tirosina dell’altro monomero. Le tirosine fosforilate vengono riconosciute dai domini SH2 di una proteina adattatore, la quale attiva un'altra proteina che è uno scambiatore del nucleotide guanilico. Quest’ultima si porta a livello della membrana dove è presente la proteina G monomerica ras (è dotata di un ancora lipidica che li permette di rimanere attaccata al foglietto interno della membrana) e la induce a scambiare il nucleotide guanilico e di conseguenza ad attivarsi. Per cui la proteina G in questo caso non è attivata direttamente dal recettore ma da altre proteine dette adattatori. La proteina ras a questo punto va ad attivare la via di trasduzione del segnale che porta all’attivazione di MAP chinasi (=chinasi delle proteine attivate da mitogeni) e in questo modo la cellula è in grado di dare una risposta al segnale iniziale. Esistono poi delle proteine che hanno il compito di andare ad inattivare le proteine ras, in particolare stimolando la loro attività GTPasica. Ras tramite fosforilazione va ad attivare una cascata di chinasi dette MAPKKK (la chinasi della chinasi della chinasi della proteina attivata da mitogeni); in particolare la chinasi raf, fosforilata su residui di serina, induce la fosforilazione della chinasi mek, che provoca a sua volta la fosforilazione di un‘altra chinasi detta erk. Erk è quella proteina che è in grado, una volta attivata, di entrare nel nucleo e fosforilare dei fattori di trascrizione e di influire perciò sull’espressione dei geni, che possono essere attivati o disattivati. Sempre per garantire il corretto funzionamento della trasduzione, uno dei geni che viene attivato e quindi trascritto è anche quello che dà origine alle fosfatasi che hanno il compito di disattivare le chinasi. Anche in questo caso, come per i recettori associati alle proteine G, si ha un’amplificazione del segnale, ovvero nel momento in cui la prima chinasi viene attivata, quest’ultima può andare ad attivare a sua volta più chinasi. In questo processo sono coinvolte anche delle proteine di impalcatura dette Scaffold, che hanno la funzione di avvicinare le chinasi, ovvero fare in modo che substrato e prodotto siano a stretto contatto l’uno con l’altro e rendere così la trasduzione del segnale accurata ma anche il più veloce possibile. *Ogni enzima ha vicino il proprio substrato e il prodotto che ne deriva è a sua volta substrato per la chinasi successiva. esperimento tratto da articoli (pdf Moodle: Influenza virus propagation is impaired by inhibition of the Raf/MEK/ERK signalling cascade) E’ stato sperimentalmente dimostrato che esiste un attivazione delle MAP chinasi nella propagazione dell’infezione causata dal virus dell’influenza A/H1N1, conosciuto anche come virus della spagnola, che è quello che ha causato moltissime vittime nel 1918. Il virus ha genoma a RNA ed è in grado di influire sulle cellule andando ad attivare la cascata delle MAP chinasi. Per dimostrare tutto ciò sono state messe in coltura due gruppi di cellule di mammifero: il primo contenente cellule infette e non trattate e il secondo contenente cellule infette ma trattate con un inibitore di mek. Nell’estratto cellulare è stato poi osservato che le cellule del primo gruppo presentavano un’attività sostenuta della chinasi erk mentre le cellule del secondo gruppo avevano una bassa attività di erk. 9 Questo dimostrò che il virus agiva sulla via di attivazione delle MAP chinasi per garantire la sua propagazione. Successivamente sono stati condotti anche altri esperimenti per vedere qual era il tasso di proliferazione del virus e si osservò che nelle cellule trattate con l’inibitore di mek c’era circa l’80% di prole in meno. 7. Via di trasduzione del segnale che coinvolge la proteina monomerica PIP2 La molecola segnale causa la dimerizzazione del recettore tirosin chinasico (transautofosforilazione), il quale attiva una proteina enzimatica, ovvero la fosfolipasi C gamma, la quale è in grado di scindere un fosfolipide inositolo di membrana, detto PIP2, in diacilglicerolo e inositolo trifosfato. La fosfolipasi C gamma è in grado di essere attivata dal recettore perché presenta i domini che riconoscono le tirosine fosforilate e allo stesso tempo è dotata di attività catalitica in quanto è un enzima e per questo riesce a scindere il PIP2. Il diacilglicerolo va poi ad attivare la chinasi C e l’inositolo trifosfato attiva invece l’apertura dei canali per il calcio. Il rilascio del calcio può a sua volta stimolare le chinasi C, oppure può associarsi alla calmodulina e attivare così altre proteine. Questo è un chiaro esempio di come sia i recettori tirosin chinasici che quelli associati a proteine G possono attivare le stesse vie di trasduzione. Come è possibile che recettori diversi, con attività diversa, stimolati da molecole segnale diverse attivino le stesse vie di trasduzione? Perché, pur avendo domini di attivazione diversi, hanno lo stesso dominio catalitico e quindi andranno ad agire sullo stesso effettore, ovvero il PIP2 (fosfolipide inositolo di membrana) che produrrà gli stessi secondi messaggeri. Sicuramente ci sarà poi una specificità di risposta data dalle differenti proteine che sono presenti nella trasduzione del segnale nelle diverse cellule e che possono quindi dare risposte non completamente identiche. All’interno della stessa cellula può verificarsi anche un fenomeno che prende il nome di cross-talk, ovvero un’influenza delle vie di trasduzione del segnale. Esempio: molecole segnale fattore di crescita e adrenalina che si dirigono verso la stessa cellula Il fattore di crescita attiva il recettore tirosin chinasico che una volta transfosforilato viene riconosciuto dalla proteina adattatrice che è legata alla proteina che induce lo scambio del nucleotide in ras, la quale si attiva. Ras attiva a sua volta raf, che attiva mek, che attiva infine erk e quest’ultima porta all’attivazione dei fattori di trascrizione. L’adrenalina, attraverso l’attivazione del recettore associato a proteina G, va a stimolare la produzione di AMP ciclico che attiva la proteina chinasi A, che può inattivare raf oppure andare all’interno del nucleo per stimolare i fattori di crescita. Per cui segnali diversi diretti su recettori diversi, che possono quindi anche agire in modo differente, possono attivare vie di trasduzione del segnale che interagiscono tra di loro per aumentare la risposta oppure inibirla. I recettori tirosin chinasici delle cellule sono stimolati da mitogeni, ovvero da molecole segnale, quali i fattori di crescita, che inducono la cellula a dividersi. Per poter andare incontro a divisione è necessario che nella via di trasduzione del segnale si verifichi la separazione delle cellule tra di loro e con la matrice extracellulare; per questo nella trasduzione si verificano le fosforilazioni delle proteine che formano le giunzioni e delle 10 integrine, ovvero le proteine di membrana, che ancorano quest’ultima alle proteine fibrose della matrice extracellulare. È necessario che nella via di trasduzione del segnale che porta a divisione si verifichi la separazione delle cellule tra di loro e con la matrice extracellulare. 8. Diversi tipi di recettori 8.1 Recettore tirosin chinasico per l’insulina L’insulina è un ormone peptidico che ha lo scopo di ridurre la glicemia, ovvero di ridurre la concentrazione di glucosio presente nel sangue in seguito ad un picco glicemico. Il recettore dell’insulina attivato è un tetramero, formato da due dimeri che hanno ciascuno una subunità alfa e una subunità beta. Le tirosine fosforilate vengono riconosciute dai domini di una proteina responsiva dell’insulina, detta di attracco, che a sua volta va ad attivare altre proteine. Questa cascata di trasduzione del segnale porta, in ultimo, all’attivazione dell’enzima responsabile della glicogenosintesi, il quale sottrae glucosio nella cellula per polimerizzarlo sotto forma di glicogeno. L’attivazione del recettore tirosin chinasico porta anche all’inibizione degli enzimi coinvolti nella gluconeogenesi, ovvero nella produzione/sintesi del glucosio e poiché la via di trasduzione arriva fino al nucleo, vengono attivati i geni che portano alla sintesi dei trasportatori per il glucosio, i quali vengono portati in membrana, in modo da facilitare l’entrata di quest’ultimo nella cellula. 8.2 Recettori della morte cellulare I recettori della morte cellulare hanno la particolarità di avere nella loro porzione citoplasmatica un dominio di morte, il quale va ad attivare una serie di proteine e in ultima analisi le caspasi, ovvero degli enzimi che degradano la cromatina in modo da indurre la morte della cellula per apoptosi. Questa appena descritta riguarda la via estrinseca dell’apoptosi, dove il segnale proviene dall’esterno della cellula. Il segnale di morte può provenire anche dall’interno della cellula e in questo caso le proteine presenti sulla membrana esterna del mitocondrio inducono la formazione di pori, che causano la fuoriuscita di alcune componenti, come il citocromo C, che attivano le caspasi. 8.3 Recettori serina treonina chinasi I recettori tirosin-chinasi e, in particolare, i recettori serina tirosina chinasi sono coinvolti nella trasduzione del segnale mediata da molecole come i fattori di crescita trasformante beta (TGF-β). Questi segnali giocano un ruolo cruciale nello sviluppo embrionale, nel differenziamento cellulare, nel mantenimento della proliferazione e del differenziamento nelle cellule adulte. La trasduzione del segnale mediata dal TGF-β si basa sull’interazione tra due tipi di recettori di membrana, definiti recettore di tipo 1 e recettore di tipo 2, che dimerizzano in presenza della molecola segnale. Talvolta, questa interazione è facilitata da un co-recettore. Una volta formato il dimero, si verifica la fosforilazione delle porzioni citoplasmatiche del recettore, che attiva specifiche proteine coinvolte nella trasduzione del segnale, le proteine SMAD. Le proteine SMAD si suddividono in tre principali categorie: 1. r-SMAD (regolate dal recettore): trasducono il segnale direttamente dal recettore. 11 2. co-SMAD (mediatori comuni): interagiscono con le r-SMAD per amplificare o trasportare il segnale. 3. i-SMAD (inibitorie): modulano la via di segnalazione. Quando il TGF-β si lega ai recettori e avviene la fosforilazione, le r-SMAD vengono attivate e si associano alle co-SMAD formando complessi come omotrimeri, eterotrimeri o trimeri. Questa associazione modifica la conformazione delle r-SMAD, consentendo loro di entrare nel nucleo attraverso i pori nucleari. Una volta nel nucleo, le SMAD attivate agiscono come fattori di trascrizione, collaborando con altre proteine per regolare l’espressione genica. Questo può comportare l’attivazione o la repressione di specifici geni, a seconda del contesto cellulare e dei fattori di trascrizione presenti. Per garantire un controllo adeguato, il sistema prevede meccanismi di inattivazione della via di segnalazione. Nel nucleo, una fosfatasi rimuove i gruppi fosfato dalle r-SMAD, mentre un enzima aggiunge molecole di ubiquitina, indirizzandole al proteosoma per la degradazione. Inoltre, le i-SMAD competono con le r-SMAD per il legame al recettore, contribuendo a interrompere la trasduzione del segnale. Anche queste proteine vengono ubiquitate e degradate, mantenendo il sistema regolato. 9. Recettori intracellulari I recettori intracellulari sono fattori di trascrizione, ovvero molecole di natura proteica che influenzano l’espressione dei geni. Ne esistono varie tipologie come ormoni steroidei (cortisolo o ormoni sessuali) oppure altre proteine liposolubili come Vitamina A e B Questi recettori si trovano generalmente nel citoplasma o nel nucleo della cellula. La struttura di un recettore di una molecola segnale comprende 3 diversi domini: - Un dominio che lega la molecola segnale (ligando) - Un dominio che si associa a sequenze specifiche con il DNA - Un dominio che interagisce con i coattivatori Le porzioni sono specifiche con ognuno dei differenti legami. Le risposte date nelle cellule dei diversi tessuti possono variare a partire dalla stessa molecola segnale e dallo stesso tipo di recettore. Ad esempio, il cortisolo, un ormone importante nella regolazione del metabolismo dei carboidrati, agisce sia come antinfiammatorio a livello dei globuli bianchi sia come mobilizzatore del glucosio. Allo stesso modo, gli estrogeni danno risposte diverse a seconda del tessuto. Nel tessuto uterino attivano geni necessari a preparare l’utero alla gravidanza, mentre nel tessuto mammario reprimono gli stessi geni. Queste differenze sono dovute alla presenza o alla quantità di specifici coattivatori nelle cellule. Nell’immagine c’è un ormone di natura idrofobica che attraversa il doppio strato fosfolipidico e si unisce con il proprio recettore, il quale è in uno stato inattivo, perché complessato con un inibitore che smaschera i suoi siti di legame con le sequenze del DNA. Una volta che si è legato alla molecola segnale, c’è una modifica nella conformazione del recettore tale per cui viene liberato dall’inibitore. Avendo così i siti di legame esposti, può andare nel nucleo attraverso i pori nucleari, ed associarsi con le sequenze specifiche 12 9.1 Recettori nel nucleo Tra i recettori presenti nel nucleo, sono presenti quelli per gli estrogeni. Questi recettori sono già nel nucleo, vengono attivati dagli estrogeni ed indotti a dimerizzare. Questa dimerizzazione induce ad una modifica nella configurazione e all’unione con il DNA. In questo modo, viene attivata la trascrizione dei geni per produrre proteine che influenzano la funzione e la struttura della cellula. In termini vegetali, invece, un esempio è il fototropismo, dato da quella tendenza dell’appartato fotosintetico a dirigersi verso la radiazione luminosa per catturare le radiazioni luminose e massimizzare la fotosintesi clorofilliana. Questo comportamento è dato da un’attività di divisione cellulare che viene innescata dalle molecole di segnale auxina che demoliscono degli inibitori, per esempio le sequenze dei geni, in modo da rendere libere queste sequenze per essere oggetto di trascrizione e poi di traduzione per stimolare la divisione cellulare. 9.2 Enzimi come recettori intracellulari Esistono recettori intracellulari che agiscono come enzimi, per esempio il recettore per NO (ossido nitrico). Si tratta di un enzima, detto guanil ciclasi, deputato alla sintesi del GMP ciclico. Il recettore viene stimolato dalla presenza del legame con NO. Dunque, funge da recettore dando una stimolazione nella via di trasduzione del segnale che porta ad un rilassamento delle cellule muscolari lisce. In che modo avviene? Il cervello conduce al rilassamento le cellule muscolari lisce andando a stimolare la liberazione dell’acetilcolina, la quale trova il recettore a livello della membrana delle cellule dell’endotelio dei vasi. Il recettore della acetilcolina una volta attivato, attiva la subonità alfa, che a sua volta attiva la fosfolipasi C, producendo due secondi messaggeri. In particolare, Dp3 stimola l’apertura dei canali per il calcio sul reticolo endoplasmatico liscio. La liberazione del calcio comporta ad un aumento del calcio intracellulare, il quale stimola un enzima che è l’ossido nitrico sintasi responsabile della trasformazione da arginina a citrullina attraverso cui viene liberato ossido nitrico. L’ossido nitrico, essendo una molecola gassosa che passa attraverso il doppio strato fosfolipidico, diffonde dalla cellula endoteliale alla cellula muscolare. Nella cellula muscolare trova il suo recettore, l’enzima deputata alla formazione di GMP ciclico, che agisce da secondo messaggero, attivando una proteina chinasi che fosforila importanti proteine del muscolo. In seguito alla fosforilazione, induce ad una vasodilatazione: un rilassamento della cellula muscolare. Questo funzionamento viene mantenuto da diversi elementi: - GTPasica della proteina G → spegne la via di trasduzione del segnale inducendola a ritornare come forma inattiva. - Pompe per il calcio a livello della membrana del reticolo endoplasmatico liscio -> ripristinano le concentrazioni maggiori di calcio nel lume del reticolo sottraendolo al citoplasma in modo che l’ossido nitrico sintasi non sia più attiva. - Fosfodiesterasi nelle cellule muscolari→ idrolizzano il GNP ciclico - Fosfatasi → tolgono gruppi fosfato dalle proteine fosforilate 13 Un caso di un recettore per una applicazione farmacologica è il sildenafil comunemente noto come viagra. Il suo recettore è una fosfodiesterasi del cGMP ciclico. Il compito della fosfodiesterasi è di idrolizzare il cGMP ciclico. Il complesso farmaco-recettore conduce ad un rilassamento delle cellule muscolari lisce. Quando si forma il legame farmaco-recettore, Il farmaco inibisce il recettore: di conseguenza si avranno alti livelli di cGMP ciclico, portando ad una vasodilatazione. La specificità è che questo farmaco agisce in maniera selettiva sui recettori presenti nelle cellule del pene. In altre parole, Il farmaco lega un enzima, che distrugge GMP ciclica. Tuttavia, il legame con il farmaco impedisce la sua attività, ovvero, di distruggere GMP ciclico. Il risultato sono alte concentrazioni di GMP ciclico. 10. Antagonisti e agonisti nelle vie di segnalazione 10.1 Antagonista Un esempio di un’antagonista (effetto opposto) è la caffeina. Si tratta di un alcaloide e viene assunta come stimolante. La sua struttura è simile a quella dell’adenosina. Per cui la caffeina compete con l’adenosina per lo stesso recettore. L’adenosina, in situazione fisiologica, viene accumulata nelle cellule del cervello in condizioni di stress. Essa trasduce una via di segnalazione che porta ad una riduzione dell’attività celebrale, per cui il cervello risulta meno attivo. Quindi, la caffeina è un antagonista dell’adenosina, in modo da influire sulle vie di trasduzione del segnale innescata dall’adenosina, andando ad inibire la fosfodiesterasi. Quindi impedendo la distruzione di quelle molecole che portano ad una stimolazione. In questo modo il cervello risulta stimolato. 10.2 Agonista D’altra parte , un esempio di due molecole che competono per lo stesso sito di attivazione del recettore ma come agonista (stesso effetto) sono la morfina e le endorfine naturali, che riducono la percezione del dolore. Inoltre, influiscono anche sul rumore. Questo perché, anche la morfina è un alcaloide che ha una struttura molecolare simile a quella dell’endorfina naturale e quindi compete con i recettori per innescare la stessa via di trasduzione del segnale. Un altro caso è la nicotina, la quale va sui recettori gliconicotidici che sono quelli dell’acetilcolina, andando a comportarsi da agonisti di questo neurotrasmettitore. 14 11. Batteri: segnalazione e risposte Anche i batteri possiedono recettori intracellulari per regolare il loro metabolismo. Questi recettori rispondono alla presenza di molecole specifiche, come nitrati o nitriti, nell’ambiente esterno. Quando queste molecole vengono rilevate, i recettori di membrana dei batteri si fosforilano, attivando una via di trasduzione del segnale. Questo processo stimola l’espressione di geni che codificano per proteine trasportatrici di nitrati e nitriti, nonché per enzimi coinvolti nel loro metabolismo. In questo modo, i batteri possono utilizzare queste molecole come fonti di energia o nutrienti, adattandosi rapidamente alle condizioni ambientali. 15 Sommario 1. Le leggi di Mendel............................................................................................................................... 2 1.1 Prime teorie dell'ereditarietà.............................................................................................. 2 1.2 La prima legge di Mendel.................................................................................................... 2 1.3 La seconda legge di Mendel................................................................................................ 4 1.4 Leggi di Mendel e meiosi..................................................................................................... 5 2. Test di rincrocio o test cross............................................................................................................... 6 2.1 Previsioni genetiche nell’uomo........................................................................................... 6 3. Teoria cromosomica dell’ereditarietà................................................................................................ 9 4. Difficoltà interpretative della seconda legge di Mendel................................................................... 9 4.1 Esperimenti di Bateson e Punnett..................................................................................... 10 5. Esperimento Di Morgan(1910).........................................................................................................11 6. Frequenza Di Ricombinazione..........................................................................................................12 6.1 Quindi ciò che Mendel Aveva Osservato è Errato?............................................................. 14 6.2 Altre Scoperte Di Morgan.................................................................................................. 14 7. Calvin Bridges e i suoi esperimenti...................................................................................................15 1 BIOLOGIA-LEZIONE 3 Data: 3/12/2024 Professore: Elisabetta Trabetti Sbobinatore n°1: Anna Giulia Mazzucco Sbobinatore n°2: Gabriele Consalvi Revisionatore: Melissa Bogean Ereditarietà 1. Le leggi di Mendel 1.1 Prime teorie dell'ereditarietà Il concetto di ereditarietà, quindi lo studio della possibile trasmissione dei caratteri da genitori a figli, è un concetto molto antico. Già nel 400 avanti Cristo, Ippocrate ipotizzava che ci fosse una certa possibilità di trasmissione, quella che viene definita pangenesi, anche se allora si pensava che il corpo riuscisse a emettere una serie di caratteri (geni), di particelle, che venivano raccolte e trasmesse al momento del concepimento. Nella metà del XIX secolo si affermano due teorie: 1. Ereditarietà per rimescolamento: i caratteri che possono essere trasmessi e poi manifestati nella prole vengono in qualche modo mescolati, non c'è un'identità, non viene mantenuta un'individualità ma c'è un rimescolamento. Questo giustifica quegli aspetti e caratteristiche intermedi che si vedono nella progenie rispetto a quelli dei genitori. 2. Eredità particellare: ciascun determinante rimane distinto, non c'è un rimescolamento, vi è casomai un allontanamento; un carattere non si manifesta in un certo momento in una certa prole, ma viene mantenuto intatto nella trasmissione e quindi nella fecondazione. Nella progenie con caratteristiche intermedie ci sono ancora questi determinanti che sono separati, sono presenti e hanno una loro individualità. 1.2 La prima legge di Mendel Le due teorie si contrapponevano e la più diffusa era quella del rimescolamento, fino a quando Gregor Mendel fece degli esperimenti nel giardino dell'abbazia in cui era monaco, gettando le basi della genetica moderna. Inizialmente, quando pubblicò i risultati dei suoi esperimenti, non ebbe successo, perché molti si erano occupati di incroci di piante geneticamente pure, cioè con aspetto simile anche nella prole, e avevano evidenziato che, se venivano incrociati tra diverse linee pure, questi individui non davano a loro volta delle linee pure. La grande intuizione di Mendel fu quella di andare ad analizzare gli incroci con una quantificazione dei risultati, applicando le regole matematiche alle sue 2 osservazioni naturali, cosa che non era ben vista, perché i due campi erano distinti in chi si occupava di osservazioni naturalistiche e chi di studi di fisica e di matematica. Mendel prese come oggetto dei suoi incroci delle piante da giardino, le quali si possono replicare in maniera molto facile e molto rapida, che presentano l'organo maschile e femminile e sulle quali c’è la possibilità di togliere gli stami (l'organo maschile) per poter impollinare la pianta con il polline derivato da un'altra linea. I 7 caratteri che prese in considerazione avevano tutti la possibilità di avere due forme, ad esempio il colore del fiore (viola/porpora o bianco), il colore del seme, la forma del seme (liscia o rugosa), l'altezza dello stelo e così via. I due tratti/varianti di ciascun carattere (gene) sono indicati con la maiuscola per il tratto dominante (porpora), con la minuscola per il recessivo (bianco). Per formulare le sue leggi, Mendel si basò su dei principi che riguardano il fatto che i genitori trasmettono delle informazioni (“fattori”, caratteri, geni) alla prole; ciascun membro della prole eredita quindi una copia da un genitore e una copia dall'altro, presentando quindi due copie per ciascun tipo di carattere. Data la presenza di forme diverse (“tratti”, alleli), se i due tratti ereditati uno da un genitore e uno dall'altro sono diversi tra di loro, allora l'allele dominante è quello che determina l'aspetto esteriore, cioè si manifesta, mentre quello recessivo, pur presente, non viene espresso, dunque non influenza il fenotipo. Incrociando linee pure (piante che se lasciate incrociare tra di loro, quindi autoimpollinarsi, danno sempre piante identiche tra loro) per carattere diverso (fiore porpora e fiore bianco), otteneva una prima generazione filiale di ibridi, in particolare monoibridi (perché relativi ad un solo carattere), che avevano tutti lo stesso aspetto esteriore, quindi la manifestazione visibile di una sola delle due linee parentali, quello della linea dominante. Lasciando autoimpollinare i monoibridi, otteneva generazioni F2 in cui compariva anche il fenotipo della linea pure parentale recessivo, che non si era presentato nella F1, a dimostrazione che vi era solo un allontanamento, non una mescolanza come alcuni sostenevano. Questi caratteri venivano trasmessi come delle entità distinte, con una propria individualità. Sulla base delle osservazioni fatte su tutti e sette i caratteri, Mendel arrivò alla formulazione della prima legge o legge della segregazione, che afferma che “I due membri di una coppia di geni (gli alleli di una coppia) segregano (ovvero si separano l'uno dall'altro) durante la formazione dei gameti, in modo che metà dei gameti abbiano uno di questi alleli e l'altra metà abbiano l'altro allele”. Questo per un incrocio monoibrido in cui, per una coppia di geni su due cromosomi omologhi, si hanno due alleli segregati durante la formazione dei gameti. Le linee pure sono composte da soggetti con lo stesso fenotipo che si manifesta in tutta la progenie, e quindi hanno tutti la stessa costituzione genetica. Per avere una o progenie con lo stesso genotipo, gli individui devono essere omozigoti, ovvero presentare alleli identici per lo stesso gene. Dunque per il genotipo DD (linea pura fiore porpora) posso ottenere solo gameti che presentano l'allele D, mentre per il genotipo dd (linea pura fiore bianco) posso ottenere solo gameti che presentano l'allele d. 3 Nella composizione della prima generazione filiale (ibridi), gli individui sono quindi tutti eterozigoti Dd. Nella generazione F2 si ha invece sia la presenza del fenotipo dominante che del fenotipo recessivo, che deriva necessariamente da un genotipo omozigote recessivo. La genialità di Mendel fu di andare a misurare le osservazioni e determinare con i suoi risultati dei rapporti che si ripetevano, grazie all'analisi di un gran numero di incroci (circa 1000 piante nella F2). Questo portò alla formulazione di rapporti fenotipici per la F2 di 3:1, cioè di ¾ fenotipo dominante e ¼ recessivo, corrispondenti a rapporti genotipici di ¼ omozigote dominante, ½ eterozigoti e ¼ omozigoti recessivi. Il genotipo riguarda la composizione genetica dell'individuo, che può essere omozigote dominante, eterozigote oppure omozigote recessivo. Il fenotipo invece corrisponde alle caratteristiche che sono determinate dal genotipo, o almeno in parte dal genotipo perché oggi è nota un'influenza dell'ambiente sui geni. Se si considera un gene responsabile dell'altezza dello stelo, indicato con la lettera T, i genotipi sono TT, Tt o tt, mentre i fenotipi sono T (dato da omozigote dominante e da eterozigote) o t (dato da omozigote recessivo); l'omozigote presenta quindi i due alleli identici a livello di uno stesso gene o locus, l’eterozigote invece ha i due alleli diversi. Con locus si intende una localizzazione specifica di una determinata sequenza di DNA, che potrebbe essere un gene ma anche non un gene, poiché un gene è l'entità che codifica o per un RNA che viene tradotto in catena polipeptidica o per un RNA funzionante, avendo quindi un'accezione di funzionalità, mentre un locus potrebbe anche interessare una sequenza che non ha un'accezione genetica. Gli incroci fatti da Mendel vennero confermati da altri ricercatori su altri organismi, come ad esempio sulle cavie, dove vennero presi in considerazione il colore del pelo, nero dominante sul marrone; dall'incrocio di linee pure si ottennero degli ibridi della F1 tutti a fenotipo dominante, e incrociando maschi e femmine della generazione F2 si ottengono i rapporti che aveva osservato Mendel, quindi di ¾ dominante e ¼ recessivo. Il quadrato di Punnet permette di interpretare e prevedere i risultati degli zigoti a partire dalle combinazioni dei gameti, essendo noti i genotipi dei genitori. 1.3 La seconda legge di Mendel Mendel non fece solo incroci monoibridi, ma anche incroci con due caratteri alla volta, con le diverse combinazioni tra i sette che aveva evidenziato. Ad esempio, l'incrocio tra piante a semi lisci e gialli (omozigote dominante) e verdi e rugosi (omozigote recessivo), ipotizzando che ci fosse una trasmissione indipendente dei due caratteri. Se i due caratteri fossero stati trasmessi insieme, avrebbe avuto una F2 con ¾ di piante con semi lisci e gialli e ¼ di piante con semi rugosi e verdi; invece ottenne diversi organismi con quattro fenotipi diversi, quindi gialli e lisci, verdi e rugosi, ma anche gialli e rugosi e verdi e lisci. Questo incrocio, con numeri decisamente importanti nell'osservazione della F2, dava rapporti fenotipici nella F2 di 9/16 per omozigoti dominanti per entrambi, 3/16 per un dominante e 4 l'altro recessivo, 3/16 il reciproco e 1/16 entrambi recessivi. Nella generazione parentale si trattava di un incrocio di linee pure di doppi omozigoti (un doppio omozigote dominante e un doppio omozigote recessivo), che davano origine a una F1 a piante tutte doppie eterozigote. La presenza nella F2 di questi quattro fenotipi diversi dava ragione del fatto che i caratteri responsabili di questi due diversi fenotipi (colore e forma) avessero tratti (alleli) che venivano sparati in maniera indipendente l'uno dall'altro. La stessa cosa venne successivamente dimostrata in altri organismi tra cui le cavie, dove oltre ai caratteri del colore della pelliccia fu presa in considerazione la lunghezza del pelo. Dal rincrocio delle due linee pure si ottennero nella F1 individui a fenotipo dominante sia del colore sia della lunghezza, e poi incrociando maschi e femmine della F1 si ottennero i quattro fenotipi diversi con le proporzioni precedentemente osservate. Date queste evidenze, considerando due caratteri alla volta (incroci tra diibridi), Mendel formulò la seconda legge, o legge dell'assortimento indipendente, in cui si afferma: “Durante la formazione dei gameti la segregazione di una coppia di alleli avviene in maniera indipendente da quella di un'altra coppia o di altre coppie", il che significa che gli alleli di un gene si separano in maniera indipendente da quella di altre coppie. 1.4 Leggi di Mendel e meiosi Nella seconda metà del XIX secolo non erano note le informazioni relative ai cromosomi; in seguito, con la scoperta della meiosi e l'osservazione del comportamento dei cromosomi nella divisione, si poté abbinare ciò che Mendel aveva dichiarato con il movimento dei cromosomi. La prima legge si spiega con il comportamento dei cromosomi omologhi in meiosi I: in profase I si forma il complesso sinaptinemale, con un'associazione fisica degli omologhi, e poi una segregazione in anafase I. Precisamente, si osserva la coppia di omologhi che si dispone sulla piastra metafasica (metafase I), successivamente, in meiosi II, in ciascuna delle cellule figlie con già contenuto aploide si separano i cromatidi fratelli in anafase II, portando ad avere una popolazione di gameti di cui metà contiene un allele e l’altra metà l'altro allele. Anche la seconda legge trova i suoi corrispondenti nella meiosi, ovvero nell'allineamento casuale delle coppie degli omologhi, che vengono poi separate durante l'anafase: se il cromosoma che porta l'allele dominante viene agganciato dai microtubuli del cinetocore dallo stesso polo a cui è agganciato anche l'altro cromosoma che porta l'allele dominante per l'altro gene, e quindi entrambi i recessivi vengono tirati dall'altro polo, alla fine della seconda divisione meiotica si avranno metà gameti che portano gli alleli dominanti e metà che portano gli alleli recessivi. Se in metafase I allo stesso polo sono agganciati dai microtubuli del cinetocore il cromosoma che porta l'allele dominante per un gene e il cromosoma che porta l'allele recessivo per l'altro gene, e all'altro polo si avrà dunque la combinazione reciproca, si otterrà un'altra combinazione di gameti, ovvero 25% entrambi dominanti, 25% entrambi recessivi, 25% uno dominante e l'altro recessivo e 25% il reciproco. 5 2. Test di rincrocio o test cross Da un fenotipo recessivo possiamo con certezza dire quale sia il genotipo: poiché il fenotipo recessivo deriva dalla presenza di entrambi gli alleli recessivi, sarà un omozigote recessivo. In presenza di un fenotipo dominante, non è possibile sapere con certezza quale sia il suo genotipo, poiché potrebbe essere sia omozigote dominante sia eterozigote. Per determinare il genotipo di un organismo a fenotipo dominante bisogna effettuare un test di rincrocio o test cross, in cui si incrocia un fenotipo dominante con un fenotipo recessivo. Ad esempio, i topolini che hanno come fenotipo recessivo il manto albino (g), dato dalla presenza di entrambi gli alleli recessivi (gg), possono dare solo gameti con l'allele recessivo g, mentre i topolini con il manto grigio avranno sicuramente un allele dominante G, ma non si può sapere se abbiano genotipo GG oppure Gg. Se la prole di un topolino a manto albino ed uno a manto grigio ha tutto il fenotipo dominante, il topolino grigio è stato in grado di dare solo gameti G e ha quindi genotipo GG (omozigote dominante); se invece nella prole si osservano anche fenotipi recessivi, il topolino grigio ha dato anche gameti g, che quindi avrà necessariamente genotipo eterozigote Gg. Anche nel doppio rincrocio, quindi considerando due caratteri, si può verificare quale sia il genotipo di un fenotipo doppio dominante. Ad esempio, si considerano i caratteri della forma (liscia o rugosa) e del colore (giallo o verde) del seme. Si incrocia una pianta a fenotipo dominante per la forma e per il colore del seme con una pianta a fenotipo recessivo. Se la pianta a fenotipo dominante fosse doppio eterozigote, potrebbe dare gameti GL, Gl, gL o gl. Se incrociandola con la pianta a fenotipo recessivo (gameti solo gl) si ottengono: quattro fenotipi, cioè semi gialli e lisci, gialli e rugosi, verdi e lisci o verdi e rugosi, la pianta a fenotipo dominante è un doppio eterozigote (GgLl). due fenotipi, la pianta a fenotipo dominante è omozigote dominante per un carattere e eterozigote per l'altro (GGLl o GgLL). un solo fenotipo, la pianta a fenotipo dominante è a genotipo doppio omozigote dominante (GGLL). 2.1 Previsioni genetiche nell’uomo La metodologia del test cross non si può applicare sull'uomo, quindi si fanno previsioni genetiche basate su leggi della probabilità, che prevedono i risultati degli incroci genetici. Con probabilità si intende la possibilità che un determinato evento mi dia un certo risultato, mettendo a rapporto il numero di volte in cui si ottiene un determinato risultato con il numero totale degli eventi che si 6 possono verificare. Per un lancio di una moneta la probabilità di avere testa è ½ perché si ha una possibilità di ottenere testa su due casi totali (testa + croce). Considerando gli incroci fatti da Mendel per la F1 per l'altezza dello stelo delle piante di pisello, per l'incrocio tra due eterozigoti il quadrato di Punnet dà ¼ di possibilità che la progenie sia a stelo corto, poiché la probabilità di avere un omozigote recessivo dato un incrocio di due eterozigoti è di 1 su tutti gli eventi possibili (4). Mendel disponeva di un campione molto ampio, poiché se il campione non è ampio si può incorrere nell'errore da campionamento casuale, laddove quello che è previsto non coincide con ciò che si osserva. Campioni più grandi possono dare errori più piccoli. Ad esempio, nell'uomo, si consideri il colore degli occhi come dovuto a un gene con due varianti, l'allele per il colore marrone (B) e l'allele per il colore azzurro (b). Se si incrociano un maschio e una femmina con genotipo eterozigote, la probabilità di avere figli con gli occhi azzurri (bb) sarà ¼. Se le due persone hanno sei figli, essi possono essere tre con gli occhi azzurri e tre con gli occhi marroni, perché il numero non è sufficientemente grande da garantire le proporzioni attese. Infatti per ciascun figlio c'è una probabilità di ¼ di avere gli occhi azzurri ma, a causa del ridotto numero di figli, non necessariamente si osservano ¼ di figli con gli occhi azzurri; se invece si avessero 100 figli, le proporzioni si avvicinerebbero di più alla stima di ¼. Studiando gli alberi genealogici, considerando quindi tante famiglie imparentate tra di loro per più generazioni, si può andare a dedurre i genotipi osservando le diverse manifestazioni di un carattere nelle diverse fratrie. Regole della probabilità: Regola del prodotto: riguarda la probabilità congiunta per eventi indipendenti. Ad esempio, dall'incrocio di due soggetti eterozigoti per un determinato locus o gene con due alleli, qual è la probabilità di avere un genotipo omozigote dominante? Probabilità che un genitore dia un gamete con allele dominante (½) x probabilità che l'altro genitore dia un gamete con allele dominante (½) = ½ x ½ = ¼ Regola della somma: riguarda la probabilità congiunta per eventi che si escludono a vicenda. Qual è la probabilità che, dato un incrocio, due individui a genotipo eterozigote diano un figlio con genotipo eterozigote? - Il primo genitore dà l'allele dominante e l'altro il recessivo: ½ x ½ = ¼ - Il primo genitore dà l'allele recessivo e l'altro il dominante: ½ x ½ = ¼ Un genitore o dà l'allele dominante o dà l'allele recessivo: i due eventi sono mutuamente esclusivi, quindi si fa la somma delle due probabilità: ¼ +¼ = ½ Riprendendo gli studi di Mendel sui diibridi, qual è la probabilità che si abbiano determinati fenotipi dato il genotipo dei genitori? Esercizio: Piante con i caratteri di forma e colore sui semi: incrocio tra i due eterozigoti (RrYy x RrYy). Qual è la probabilità di ottenere piante con semi a fenotipo rugoso e giallo?

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