Terapia Intensiva: Caso Clinico e Fluidoterapia

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Lezione 01.1 – 29.04.24 – Terapia intensiva – Giacchello, Morelli DOLORE CRONICO (continuazione) CASO CLINICO 8 Nella lezione precedente sono stati presentati una serie di farmaci per la cura del dolore cronico, tra cui: - Gabapentina: farmaco antiepilettico ut...

Lezione 01.1 – 29.04.24 – Terapia intensiva – Giacchello, Morelli DOLORE CRONICO (continuazione) CASO CLINICO 8 Nella lezione precedente sono stati presentati una serie di farmaci per la cura del dolore cronico, tra cui: - Gabapentina: farmaco antiepilettico utilizzato anche per la cura del dolore cronico - Lidocaina - Ketamina - Amantadina: analogo della ketamina senza effetti psicotropi - Antidepressivi triciclici: sono i farmaci più utilizzati in medicina umana per il dolore cronico, utilizzabili anche nei nostri pazienti Questo caso clinico verte su un pastore tedesco maschio di 11 anni, del peso di 45 kg. L’animale presenta: - UAP bilaterale con grave artrosi, più accentuata a destra - Protrusioni discali multiple: inficiano dal punto di vista neurologico l’animale. - Insufficienza renale - Eseguita laminectomia dorsale L7-S1: intervento chirurgico in cui si accede al canale vertebrale per asportare i pezzi di disco che sono erniati all’interno del midollo spinale. In questo modo si libera, quanto più possibile, il midollo da questo materiale e tecnicamente dovrebbe ricominciare la sua funzione - Permanenza deficit sciatico a sinistra: nonostante l’intervento chirurgico, c’è la possibilità che il nervo venga permanentemente danneggiato, soprattutto in cani che presentano problemi cronici di questo tipo Di seguito viene riportata la terapia del veterinario curante: - Cicli di FANS: nimesulide (1-1,5 mg/kg) Importante: non effettuare cicli, è la cosa più deleteria per qualsiasi artrosi colpisca un animale. La nimesulide è conosciuta come Aulin, farmaco che fortunatamente è diventato poco prescrivibile perché è stato ritirato dal commercio, in quasi tutta Europa, per epatiti fulminanti. Rimane comunque uno dei farmaci che ha azione antinfiammatoria analgesica più potente in Italia, per questo viene ancora prescritto e, infatti, dà risultati soddisfacenti in questo cane, ma solo durante il trattamento (3-4 giorni, ogni tanto). Non dare la nimesulide al gatto, il dosaggio che viene indicato è corretto ma riportato solo nel cane. Viene riferito al nostro ospedale per visita algologica. N.b.: l’ospedale di Lodi è clinica di referenza per il dolore cronico, quindi vengono inviati da noi pazienti in un secondo momento, dopo che il veterinario curante ha provato a curare questo tipo di dolore. Cane pre-trattamento: mostra riluttanza al movimento, normalmente un cane lasciato libero cammina da solo, o quanto meno segue il proprietario, mentre in questo caso il proprietario lo deve chiamare. Quando l’animale è in movimento si nota che porta l’arto anteriore destro come una stampella, lo usa come arto di scarico, e mostra debolezza anche sul treno posteriore. In ospedale viene impostata la seguente terapia: - Bedinvetmab: anticorpi monoclonali anti-NGF (Nerve Growth Factor) (0,5-1 mg/kg), in questo caso 30 mg - Prednisone: 0,1 mg/kg BID - Gabapentina: 5 mg/kg BID Questo è un caso clinico in cui sono stati utilizzati gli anticorpi monoclonali, che in medicina umana vengono già usati per curare molte patologie, tra cui l’artrosi. Quelli prescritti sono anticorpi specifici per il cane, ma esistono anche per il gatto. Anzi, secondo parere del professore, nel gatto funzionano ancora meglio. Questi anticorpi servono a non far produrre fattori dell’infiammazione e sono considerati a tutti gli effetti degli antinfiammatori, senza però avere gli effetti collaterali tipici di questi farmaci. 1 Lezione 01.1 – 29.04.24 – Terapia intensiva – Giacchello, Morelli N.b.: per i proprietari medi, il fatto che un gatto, soprattutto anziano, dorma 23 ore su 24 è una cosa normale, anche perché magari lo vedono saltare sui mobili per andare a nutrirsi e quindi lo credono in salute. Spesso, se si ha anche un cane in casa, si tende a mettere le ciotole del gatto in alto, ma questo pur di mangiare salta nonostante il dolore. Il gatto diventa artrosico quasi più matematicamente del cane dai 9 anni in avanti. Quindi un gatto di 15 anni è possibile che abbia sviluppato artrosi, anche grave, nonostante non zoppichi, perché è un animale leggero rispetto al cane, e nonostante non abbia gli atteggiamenti scenografici tipici del cane, in cui zoppia e dolore possono essere più facili da identificare. Ci sono stati episodi di gatti a cui è stato somministrato l’anticorpo monoclonale che, nonostante non ci fossero evidenze da parte del proprietario di manifestazioni di zoppie, dopo due giorni non dormivano più 23 ore su 24 ma giocavano, facevano gli agguati, cose che magari non facevano da anni. Quindi è importante ricordarsi: non è detto che un animale che non mostra segni visivi di dolore non ce l’abbia, soprattutto se è un gatto. Tornando al caso clinico, il cane prende una terapia multimodale, che è sempre la cosa migliore, composta da prednisone a 0,1 mg/Kg e gabapentina a 5 mg/Kg. Si decide di dare cortisone al posto di un FANS per due motivi principali: - Il paziente è nefropatico: il dosaggio di cortisone che viene somministrato è molto basso, normalmente per l’artrosi si dà 0,5 o addirittura 0,8 mg/Kg, in questo caso invece 10 volte meno. Il cortisone sarebbe nefrotossico a dosaggio pieno, mentre a basso dosaggio assolutamente no. I FANS sono più nefrotossici del cortisone anche a dosaggio basso. - Il cane presenta anche danni neurologici: il cortisone sfiamma molto meglio il sistema nervoso rispetto ai FANS tradizionali, per cui capiterà di trattare ad esempio problemi di ernia acuta del disco con il cortisone. In questo modo è stata combinata la poca nefrotossicità del cortisone dato a basso dosaggio con il problema neurologico, che deve essere migliorato. Tuttavia, nella maggior parte dei cani all’anticorpo monoclonale viene associato un FANS. Importante: se prima non si sfiamma, l’anticorpo monoclonale non funziona. Se quindi l’animale si presenta con gravi zoppie, repertate ectasie dei fondi ciechi articolari o qualsiasi situazione relazionata ad uno stato di infiammazione grave, bisogna prima fare una settimana di antinfiammatori e poi si inserisce l’anticorpo monoclonale che, avendo lui stesso azione antinfiammatoria, potrebbe consentire di togliere completamente qualsiasi FANS. Bisogna però aggiungere un antiepilettico come la gabapentina o, se il cane è abbattuto, un antidepressivo in associazione all’anticorpo monoclonale. Cane post-trattamento: il cane continua a zoppicare, ma meno di prima. Per questo motivo, siccome ha problemi di trascinamento dei posteriori dovuti al deficit neurologico, è stato consigliato di far indossare una specie di calzini protettivi. Il cane però è attivo, si guarda in giro, cammina davanti al proprietario che non può più lasciarlo libero, deve tenerlo al guinzaglio altrimenti se ne va. Il problema neurologico sui posteriori permane ma è comunque molto più tonico. TERAPIA INTENSIVA FLUIDOTERAPIA All’interno del corpo, i fluidi sono distribuiti in: - Fluidi intracellulari (ICF): 30-40% del peso vivo dell’animale - Fluidi extracellulari (ECF): 20% del peso vivo dell’animale Fluidi interstiziali: 15% del peso vivo dell’animale 2 Lezione 01.1 – 29.04.24 – Terapia intensiva – Giacchello, Morelli Volume intravasale (plasma): 6-9% del peso vivo dell’animale. o Cane: 8-9% del peso corporeo o Gatto: 6-7% del peso corporeo Si prende in considerazione il plasma e non il sangue intero perché stiamo parlando di liquido I fluidi sono divisi da due tipi di membrane: - Membrana capillare: divide il plasma dalla parte interstiziale - Membrana cellulare: divide le cellule da tutto il resto Sono membrane semipermeabili, quindi i soluti stanno al loro interno, mentre l’acqua si muove liberamente. Oltre al movimento dell’acqua però c’è anche il movimento di elettroliti, in particolare sodio e potassio: - Sodio: elettrolita principale del plasma e del liquido interstiziale Interstiziale e plasma: Na+=144 Intracellulare: Na+=10 - Potassio: elettrolita principale del liquido intracellulare Interstiziale e plasma: K+=4/5 Intracellulare: K+=150 Sodio e potassio si si muovono con facilità secondo gradiente di concentrazione, quindi il sodio dalla parte interstiziale passa all’interno della cellula in ragione di 3 atomi, mentre il potassio esce dalla cellula e va verso il sangue, in ragione di 2 atomi. L’acqua si muove liberamente e secondo gradiente di concentrazione si muovono anche gli elettroliti. È compito della pompa sodio-potassio riportare gli elettroliti dove sono maggiormente concentrati, quindi contro gradiente. Esempio: un cane di 10 Kg ha approssimativamente il 10% di sangue, quindi 1 kg, che può essere tradotto in circa 1L (sarà un po’ più pesante perché ci sono gli eritrociti). Quando si attacca una fluidoterapia e la si lascia aperta, un litro lo si riesce a fare in due ore, ma il fluido che si somministra non rimane nel sangue, perché: - Si morirebbe per ipervolemia in pochissimo tempo - Le membrane viste in precedenza consentono lo spostamento libero di acqua, il rene fa quello che può per allontanarla e il resto finisce all’interno delle cellule, che si gonfiano 3 Lezione 01.1 – 29.04.24 – Terapia intensiva – Giacchello, Morelli N.b.: nelle terapie intensive umane i pazienti, che restano intubati e ventilati anche per 30-40 giorni per polmonite, edema polmonare, sepsi…, vengono pesati giornalmente e invece di dimagrire, ingrassano. Non si tratta di grasso, ma di acqua, le cellule si gonfiano dappertutto e si verifica edema dei tessuti, con conseguente perdita dei lineamenti del volto. Inoltre, c’è uno sbilanciamento degli elettroliti, le cellule iniziano a concentrare tantissimo sodio a discapito del potassio. Ai pazienti in terapia intensiva viene anche somministrato del diuretico, per cercare di aiutare il rene ad allontanare quanta più acqua possibile. In una situazione del genere si potrebbe anche pensare di diminuire il rate di fluidi, il problema è che non si discute sufficientemente riguardo a dove quest’acqua vada a finire, viene persa in parte dal rene e viene ridistribuita ai tessuti. È quindi importante ricordare che non rimane all’interno del torrente circolatorio. Ne consegue che il paziente ha pressioni basse, bisogna continuare a dargli fluidi per tenerlo in vita, ma in questo modo si continua a riempire lo spazio intracellulare. Viene riportato un articolo del “The New England Journal of Medicine”, rivista di medicina più rinomata al mondo, sulla fluidoterapia in corso di rianimazione con particolare attenzione all’uso delle albumine. Le albumine rappresentano la riserva di pressione oncotica all’interno del sangue. Nell’immagine in alto è rappresentato un glicocalice. È stato scoperto pochi anni fa, grazie a nuove tecniche di microscopia elettronica, ed è quella specie di peluria che adorna qualsiasi endotelio di qualsiasi vaso, presente in tutti gli animali. Rappresenta la prima barriera, la prima protezione che tutti i vasi hanno nei confronti di: - Perdita di acqua ed elettroliti - Entrata di batteri - Uscita di macromolecole Se l’endotelio e il glicocalice sono intatti, quest’ultimo svolgerà tali funzioni. Se però c’è un problema, che può essere vascolare o di sepsi, l’endotelio si rovina e si perde una barriera importante tra i vasi, l’interstizio e il liquido intracellulare. Per riprendere il discorso fatto prima sulla quantità di fluidi da somministrare ad un animale, viene riportato un altro studio svoltosi in Africa sulla rianimazione di adulti in seguito all’infezione da malaria. Per comprendere tale studio si pensi ad un paziente uomo del peso medio di 70 Kg, che avendo il 10% di sangue 4 Lezione 01.1 – 29.04.24 – Terapia intensiva – Giacchello, Morelli ne avrà circa 7 L. A questi pazienti veniva somministrata fluidoterapia rianimatoria, quindi ad alti volumi, che prevedeva la somministrazione di: - 3,2 L di salina isotonica in 6 ore - 5,4 L di salina isotonica in 24 ore Il range del quantitativo di somministtrazione è molto ampio, infatti va da 390 a 7.300 mL. Un paziente medio del peso di 70 Kg assumeva quindi 7 L di soluzione salina in 6 ore. Tutta quest’acqua viene inserita in un sistema dove il glicocalice è danneggiato, il rene fa quello che può, in più si è in corso di infezione e si vengono a creare immunocomplessi. Questi pazienti, che venivano rianimati secondo le regole, morivano quasi tutti. Al contrario, quelli che non venivano trattati, in cui la fluidoterapia veniva somministrata goccia a goccia, si salvavano quasi tutti. Importante: quando si ha un paziente ipovolemico e si somministra una terapia rianimatoria, bisogna tenere a mente che l’organismo si deve riadattare a questa terapia. Se si ha un’infezione cronica e il paziente arriva ipovolemico dopo 7-8 giorni, se si cerca di ridargli tutto il volume subito si causano dei cambiamenti emodinamici che portano alla morte del paziente. Si tratta di organismi che sono energeticamente deficitari, poiché un paziente che ha un malessere cronico probabilmente non mangia, vomita, spesso ha diarrea. Nei casi presentati in questo studio a nessuno è stata reintegrata energia, è stata data solamente fluidoterapia in rianimazione, poi sono stati trattati per la malattia. Alla fine, però, sono morti tutti, quindi nella conclusione dello studio si dichiara che la somministrazione liberale di fluidi negli adulti è da scartare. Oltre all’acqua, bisogna pensare al fatto che per ripristinare gli elettroliti in maniera corretta nello spazio extracellulare e nello spazio intracellulare c'è dispendio di energia. Una persona di 70 Kg ogni giorno produce 70 Kg e utilizza 70 Kg di ATP solo per riequilibrare le cariche elettrolitiche. Per cui spesso si mettono i pazienti in fluidoterapia senza reintegrare le energie. Soprattutto chi si occupa di Farm Animal questo fattore non lo prende mai in considerazione, quando sarebbe fondamentale in un vitello che presenta, ad esempio, diarrea neonatale, prendere in considerazione sia il deficit fluidico che quello energetico. Tutto questo vale per qualsiasi specie animale, compresi gli esotici. Se un paziente arriva normovolemico non è necessario eccedere con la somministrazione di fluidi. PRESSIONE ONCOTICA E OSMOTICA Possiamo identificare diversi tipi di pressione: - Oncotica: dovuta alle proteine, viene calcolata in mmHg - Osmotica: dovuta agli elettroliti, viene calcolata in milliosmoli/L - Idrostatica: per essere mantenuta bisogna avere una giusta pressione all’interno del sistema (120- 80) L’osmolarità del sangue è di circa 300 milliosmoli in totale, comprese anche le proteine. Se si trasformano le milliosmoli degli elettroliti si ottengono 5107,2 mmHg, in confronto ai 25 mmHg delle albumine. Confrontando questi due valori è evidente come sia la pressione osmotica che tiene l’acqua all’interno dei vasi. Da slide: La pressione osmotica è uguale alla pressione che le millimoli di soluto contenute in 1 L eserciterebbero se fossero in fase gassosa 300mOsm*22.4 mL = 6,720 L As PV=K if compressed in 1L 6.720 L*760 mmHg = 5107,2 l*mmHg Protein =25 mmHg ALBUMINE Le albumine sono dei fluidi che si possono somministrare, banalmente anche con del plasma. Sono prodotte in continuazione dal fegato, non c’è una riserva di albumine, fattore da tenere a mente in tutte le patologie dove c’è un danno epatico. 5 Lezione 01.1 – 29.04.24 – Terapia intensiva – Giacchello, Morelli Le albumine vengono prese in considerazione come riserva oncotica, in più però legano tutti i cataboliti tossici, tutte le molecole prodotte… quindi rappresentano una nostra prima difesa. Un organo dove non c’è filtro per le albumine è il fegato, quindi dal sangue passano al fegato, dove vengono distrutte insieme alle molecole a cui sono legate. Un sito dove invece le albumine non passano è il cervello, a causa della presenza della barriera ematoencefalica. Quindi si hanno i due estremi: 100% di passaggio delle albumine nel fegato e 0% nel cervello. In altri organi, invece, come ad esempio nel polmone, le albumine escono dal sangue per un 60%, poi rientrano nel versante opposto e detossificano il parenchima polmonare. Quindi esiste una barriera per le albumine, ma non è costante in tutti gli organi, quindi queste possono uscire dal circolo. La situazione descritta si verifica quando il glicocalice è intatto; se il glicocalice è danneggiato si allargano le maglie e praticamente le albumine del sangue e quelle dell’interstizio si parificano. Importante: nel momento in cui si ha un danno al glicocalice, che potrebbe essere dovuto a sepsi, infiammazione vascolare o anche biosi per una banale infezione che prende la via sistemica, bisogna ricordarsi che quella che si abbassa non è l’osmolarità nel sangue ma è la pressione oncotica, che quindi scende da 300,1 a 300. Con una variazione di pressione del genere, in un animale di 70 Kg con 7 L di sangue, il plasma che si perde è poco, quindi basterebbe altrettanto poco per ripristinare la volemia. Generalmente però si continua a fare cristalloidi isotonici, ad esempio, perché si pensa che mettendoli in vena rimangano in vena. Questo non succede, non rimangono dove li si mette. Nel momento in cui si vuole fare una fluidoterapia e si sa che l’osmolarità, che si legge anche dall’emogas, è ridotta di un punto, un fluido che si potrebbe usare è l’ipertonica ma dura solo un’oretta, perché poi gli elettroliti passano, dopodiché bisogna pensare ad altro. Esistono delle molecole chiamate colloidi che rialzano la pressione oncotica, sono delle macromolecole più grandi dell’albumina che possono permanere in circolo anche per 24 ore. Purtroppo, però, i colloidi hanno degli effetti collaterali che vanno presi in considerazione, soprattutto in pazienti che hanno problemi epatici o renali. Per riespandere il volume circolante quando c’è soltanto una perdita del glicocalice, e quindi bisogna riequilibrare i 25 mmHg delle albumine, è necessario somministrare solo 200/300 mL. L’importante è che questi 200 mL stiano all’interno dei vasi. Per ottenere questa cosa non c’è niente di meglio del sangue intero, perché i globuli rossi contengono l’emoglobina, proteina che tiene l’acqua all’interno dei vasi. Ci sono però delle problematiche legate al sangue: - Bisogna avere una banca del sangue - Ha costi elevati che spesso i proprietari non possono sostenere - Ci possono essere delle reazioni allergiche Nonostante questo, è un’opzione da considerare. Ad esempio, quando dopo giorni di tentativi i fluidi che si stanno somministrando non riespandono il volume circolante a dovere, il sangue intero potrebbe essere la svolta per il paziente. Di fatto bisogna cercare di mediare con la cosa migliore anche a seconda di quello che può spendere il proprietario. Spesso basta anche somministrare una salina ipertonica, che richiama molta acqua perché aumenta molto l’osmolarità, che abbiamo detto essere la pressione che tiene maggiormente l’acqua all’interno dei vasi. 6 Lezione 01.1 – 29.04.24 – Terapia intensiva – Giacchello, Morelli STUDIO SPERIMENTALE Viene riportato un ultimo studio sperimentale effettuato su dei maialini. È stato condotto dal Professor Gattinoni, che si occupa di fluidoterapia e ventilazione meccanica ed è il maggior esponente al mondo, italiano, sulla ventilazione polmonare nell’uomo. L’immagine mostra la ripartizione dei liquidi 5% in fluidi extracellulari e intracellulari. Risulta molto chiaro come nella cellula ci sia la maggior parte dell’acqua. In questo studio viene fatta ai maialini una fluidoterapia in entrata, per cui si sa esattamente la quantità che si sta somministrando, e poi viene calcolata la quantità di fluido in uscita. Gli animali, integri dal punto di vista energetico, venivano addormentati e cateterizzati, in modo che impostata la fluidoterapia si potesse vedere l’output urinario. Se si somministrano 10 ml/Kg e l’animale urina 10 ml/Kg, quello che riceve poi perde. Se invece in un’ora si somministra 1 L e il maialino perde 250 ml/h, bisogna capire i fluidi rimanenti dove sono andati a distribuirsi. Durante lo studio sono stati usati diversi fluidi: - Reidratante III: soluzione elettrolitica bilanciata, un po’ più forte, un po’ più alcalinizzante rispetto al Ringer Lattato - Ringer Lattato - Soluzione salina allo 0,9% Nella tabella si possono osservare evidenziati in giallo gli mL delle varie soluzioni che sono stati somministrati. Viene presa in considerazione l’emoglobina come punto di espansione volemica perché questa è una molecola grossa, che non può passare dal punto di vista renale, può rimanere solo nel sangue. Esempio: si parte da un’emoglobina di 15 e si conosce il volume circolante. Si somministra una dose di liquidi che corrisponde esattamente al volume circolante, quindi ci si aspetta che il volume all’interno del sangue sia raddoppiato, e se questi fluidi rimangono all’interno dei vasi l’emoglobina sarà dimezzata perché viene diluita. Quindi se 7 L di volume circolante li aumento a 14 L somministrando solo acqua, la concentrazione dell’emoglobina scenderà alla metà netta (7,5), per questo l’emoglobina è un dato attendibile. Dopo di che è stato fatto un calcolo sugli elettroliti. A seconda del fluido somministrato e in base alla quantità degli elettroliti contenuti, è stata calcolata la concentrazione di sodio. La concentrazione attesa, se tutti i fluidi fossero rimasti in circolo, sarebbe dovuta essere: - Reidratante III: 178 Na - Ringer Lattato: 176 Na - Salina: 193 Na-> maggiore contenuto di sodio 7 Lezione 01.1 – 29.04.24 – Terapia intensiva – Giacchello, Morelli La concentrazione reale che poi hanno trovato, dopo la fluidoterapia, è invece: - Reidratante III: 140 Na - Ringer Lattato: 141 Na - Salina: 143 Na Considerando che la quantità di sodio extracellulare normale è di 144, l’incremento è stato di circa 1,2, quindi praticamente nullo. Hanno guardato anche la concentrazione elettrolitica delle urine, ma anche qui ne veniva allontanato pochissimo. Quindi il sangue non si è espanso e il liquido è uscito tutto, insieme anche agli elettroliti. In particolare, il sodio per gradiente di concentrazione va a finire nelle cellule, dove richiama acqua provocando edema, i tessuti si gonfiano e non funzionano più. Bisogna fare attenzione alla fluidoterapia permissiva: se si dimenticano i fluidi aperti si fanno dei danni, bisogna stare attenti e calcolare bene la fluidoterapia anche in pazienti disidratati. Infine, è stato calcolato con molta attendibilità dove andava a distribuirsi il sodio. Nelle urine, rappresentate in azzurro nei grafici, è stato trovato: - Reidratante III: 34% - Ringer Lattato: 26% - Salina: 20% Di fatto tutto il resto del sodio andava a distribuirsi all’interno della cellula, soprattutto con la soluzione salina. Quindi, le alte concentrazioni di sodio nel sangue portavano alla fuoriuscita dell’elettrolita dal circolo, con conseguente concentrazione normale nel sangue a scapito di un’alta concentrazione intracellulare. Gli animali tornavano al giusto peso dopo 4-5 ore, quindi il rene impiegava tale tempo per riportare all’equilibrio il sistema in un organismo energeticamente sano. 8 LEZIONE 1.2- 29.04.24- TERAPIA INTENSIVA- Morelli, Giacchello FLUIDOTERAPIA CLASSIFICAZIONE FLUIDI Per quanto riguarda la fluidoterapia, bisogna differenziare la fluidoterapia di mantenimento da quella di reintegrazione/rianimazione. L’animale normoidratato ha bisogno di fluidi di mantenimento, mentre se l’animale è anche solo leggermente disidratato o ha subito perdite quali emorragie acute avrà bisogno di una terapia fluidica di rianimazione. Se si considera come esempio un animale con emorragia acuta è necessario effettuare una terapia con grosse quantità di fluidi, mentre se si ha una perdita cronica con conseguente disidratazione cronica sarà necessario reidratarlo più lentamente. Si parla di rianimazione di un paziente anche durante l’anestesia, se si ha una perdita per emorragia importante si somministrerà una quantità di fluidi idonea per reintegrare la perdita e mantenere il volume circolante, è un’integrazione immediata che non esce subito dai vasi, ci rimane per un po’ e poi si deve pensare cosa fare in più. Se è troppo anemico, si possono utilizzare dei colloidi oppure del sangue intero. FLUIDI DI MANTENIMENTO Come fluidoterapia di mantenimento, sui libri di testo si riporta l’utilizzo di fluidi già preconfezionati, ossia Ringer lattato, Ringer acetato… Tuttavia, è possibile trovare anche la seguente composizione, che nei testi viene indicata come la migliore: - glu5% + NaCl 0,7% + 20 mEq/L K+: Glu 2,5 % Na+ 77 mEq/L Cl- 77 mEq/L K+ 20 mEq/L Si parte quindi dalla soluzione fisiologica, ossia NaCl allo 0,9%, si svuota un po’ di liquido dalla boccia e si aggiunge la glucosata al 5%, così da ottenere una soluzione diluita che presenta sodio e cloro in pari valori. Dopodiché si aggiungono 20 mEq/L di cloruro di potassio. Questa è una soluzione che va benissimo per mantenere idratato un paziente senza far migrare il sodio all’interno della cellula, mantiene stabili le concentrazioni di sodio all’interno del sangue. Se poi nella pratica di tutti i giorni si utilizzano i fluidi preconfezionati va bene lo stesso, in particolare il Ringer lattato non si discosta molto dalla soluzione descritta. FLUIDI DI REINTEGRAZIONE Cristalloidi: sono quelli più utilizzati - Fisiologica NaCl 0.9%: costituita da acqua e tanto sodio e cloro - Glucosio al 5%: mai utilizzarlo da solo, perché il glucosio viene metabolizzato e rimane solo l’acqua che migra all’esterno dei vasi - Soluzioni elettrolitiche bilanciate: Ringer lattato Ringer acetato Reidratante III: soluzione elettrolitica bilanciata che tende più all’alcalinità rispetto al ringer lattato, in quanto ha una maggiore quota di bicarbonati Soluzione di Hartman: soluzione che si interpone tra ringer lattato e reidratante III Tutte queste soluzioni danno un apporto alcalino, quindi tendono a correggere una situazione di acidosi; vale un po’ meno per il ringer acetato, il quale si utilizza soprattutto per i pazienti epatopatici gravi (molto raro trovarli), perché non contiene lattati, i quali vengono metabolizzati dal fegato. In un paziente con tale patologia il ringer lattato potrebbe risultare addirittura acidificante - Ipertonica 3%-7.5%: in Italia si ha solo la salina ipertonica al 7,5%, diluibile in caso si volesse somministrare a concentrazione inferiore; queste si utilizzano in piccoli volumi che incrementano il volume circolante nel giro di pochi minuti. Va utilizzata solo in pazienti normoidratati, perché disidrata lo spazio intracellulare e quello intercellulare 1 LEZIONE 1.2- 29.04.24- TERAPIA INTENSIVA- Morelli, Giacchello Dal punto di vista dei costi le soluzioni elettrolitiche bilanciate costano meno, l’ipertonica costa leggermente di più. Colloidi: - Succinilgelatina - Amido idrossietilico - Destrani - Albumina: è un prodotto più costoso rispetto agli amidi di sintesi - Plasma: è il prodotto più costoso in assoluto-> sono necessari dei donatori, una banca del sangue e un processo di separazione dalla parte corpuscolata del sangue I primi 3 sono amidi di sintesi, quindi in circolo risultano essere dei veri e propri corpi estranei. Infatti, in caso il glicocalice sia molto danneggiato anche i colloidi passano nei parenchimi e vi permangono per tutta la vita. I colloidi sono molto più costosi rispetto ai cristalloidi. Bisogna sempre ricordare che si deve fare il meglio che si può con quello che può spendere il proprietario CARATTERISTICHE DELLE SOLUZIONI La tabella riporta alcune caratteristiche delle diverse soluzioni. La glucosata (destrosio) è una soluzione priva di elettroliti, in quanto è costituita solamente da acqua e glucosio. Per questo motivo la sua somministrazione causa un’importante diluizione degli elettroliti. Presenta comunque un’osmolarità alta, pari a quella del ringer lattato (280 mOsm/kg), ma una volta digerito tutto il glucosio presente nella soluzione, quello che rimane è solo acqua. In questa tabella vengono riportate altre caratteristiche dei diversi fluidi. Poniamo il caso in cui si abbia la necessità di somministrare un fluido che espanda il volume circolante per alcune ore. Il paziente non è molto malato, non ha pressione molto bassa, quindi si può presupporre non sviluppi insufficienza renale, uno degli effetti collaterali della somministrazione dei colloidi. Prendiamo in considerazione l’albumina (PM= 69 KDa), che ha una durata d’azione di 16 ore, molto maggiore rispetto alle altre soluzioni (salina ipertonica: 1 ora; cristalloidi isotonici: 10-15 min). Bisogna ricordare che la durata è direttamente proporzionale al peso molecolare. Non per tutti è così, ci sono le eccezioni, a volte è la conformazione della molecola che influisce, ma per darsi una regola si considera il peso molecolare. Il problema è che più l’amido somministrato è grosso più è tossico, quindi la 2 LEZIONE 1.2- 29.04.24- TERAPIA INTENSIVA- Morelli, Giacchello possibilità che dia insufficienza renale sarà maggiore. Tra le sostanze elencate nella tabella Emagel è quella meno tossica in assoluto. La stima di queste durate vale solo se il glicocalice è integro, altrimenti non ha senso somministrare queste sostanze perché andrebbero persa all’esterno dei vasi. Non ha senso fare l’albumina ad un cane in sepsi, perché si fa pagare tanto e la si perde subito. PERMANENZA DEI FLUIDI IN CIRCOLO In generale i colloidi stanno nel compartimento intravascolare per un periodo maggiore rispetto ai cristalloidi, come mostrato nell’immagine. Questo succede perché, essendo i colloidi macromolecole, permangono più a lungo all’interno del sangue e contribuiscono maggiormente al ripristino del volume circolante. CARATTERISTICHE CRISTALLOIDI I cristalloidi sono caratterizzati da breve permanenza in circolo: 1/3 rimane in circolo dopo 30 minuti, quindi se si somministra un litro di cristalloidi dopo 30 minuti ne avrò solo 33 ml in circolo; quindi per riespandere il volume circolante è necessario dare 3 volte la dose calcolata e anche in questo caso non si ha la certezza del tempo di permanenza in circolo. Fisiologica allo 0.9% È una soluzione isotonica, acidificante per l’alto contenuto di cloro. Con la somministrazione di questo fluido bisogna prestare attenzione all’aumento di sodio e alla deplezione di potassio, soprattutto in pazienti che eliminano poco il sodio a causa di patologie quali diabete insipido, insufficienza epatica, iperaldosteronismo e insufficienza cardiaca cronica (in cui si hanno deficit di perfusione renale). Soluzione glucosata al 5% Sulla carta è una soluzione isotonica, ma di fatto è una soluzione ipotonica, perché il glucosio viene subito utilizzato e rimane soltanto l’acqua. È utile per trattare la disidratazione iperosmotica, ossia una condizione di disidratazione che porta a concentrazione di elettroliti, soprattutto di sodio. In queste situazioni si ha una disidratazione anche a livello cerebrale, che, se cronica, può essere tollerata dall’animale fino ad un certo punto. In queste situazioni non bisogna cercare di portare subito il livello di sodio a valori normali, perché somministrando acqua in quantità eccessive questa tenderà ad entrare nelle cellule, che sono disidratate e con alta concentrazione di elettroliti, causando edema, che sarà grave soprattutto a livello cerebrale, con conseguente morte dell’animale. Per cui i valori devono essere riportati alla normalità in maniera molto graduale, ci vogliono anche giorni in pazienti come questi. N.b. punto crioscopico: punto di congelamento → in caso di alte concentrazioni di soluti il punto di congelamento si abbassa notevolmente. Questo meccanismo di concentrazione dei soluti è quello utilizzato dagli animali che vanno in letargo per evitare il congelamento. Soluzioni elettrolitiche bilanciate Sono: - Ringer lattato - Ringer acetato - Soluzione di Hatmann - Reidratante III 3 LEZIONE 1.2- 29.04.24- TERAPIA INTENSIVA- Morelli, Giacchello Per tutte queste bisogna fare attenzione alla deplezione di potassio in pazienti anoressici. In questi casi, e in tutti i casi in cui si trova un livello basso di potassio nell’emogas, si può addizionare alla soluzione una quantità di 20-40 mEq/L di cloruro di potassio. Ricordarsi sempre che se un elettrolita è basso va reintegrato! N.b. l’escrezione di potassio avviene a livello renale Ipertonica Dà rapida espansione volemica transitoria (20-70 min). La durata varia in relazione alla dose e alla concentrazione, quindi se si utilizza una concentrazione più alta si avrà un’espansione più duratura, lo stesso se si utilizza una dose maggiore (il range di dosaggio va da 2 a 5 mL/Kg). È utile per lo shock ipovolemico, ha un effetto inotropo positivo perché aumenta il precarico, rispondendo alla legge di Starling. In questo modo ne beneficia tutto l’organismo perché si ha una maggiore ossigenazione tissutale e un maggiore apporto di nutrienti. Un esempio: 16 ml/kg NaCl 5% (ipertonica) = 125 ml/kg NaCl 0,9% (fisiologica) La riespansione volemica è molto elevata ma queste soluzioni non hanno una lunga durata. Permettono però di salvare la vita al paziente, soprattutto in situazioni di shock ipovolemico grave. REINTEGRAZIONE VS MANTENIMENTO Se si hanno pazienti con: - Alta concentrazione di sodio (130 mEq/L → 77 meq/l): si diluisce la fluidoterapia portandola a 77 mEq/L di sodio (da 130 mEq/L), soprattutto in pazienti disidratati e con scarsa funzionalità renale-> questo tipo di soluzione si chiama “mezza forza” e permette di ripristinare idratazione ed elettroliti più lentamente in modo da permettere all’organismo di adattarsi - Bassa concentrazione di potassio (85meq/l → 20 meq/L): in pazienti anoressici o con perdite dall’apparato gastroenterico si fanno integrazioni da 5 mEq/L a 20 mEq/L di cloruro di potassio Bisogna sempre monitorare gli elettroliti, soprattutto nei casi ancora critici, mentre se l’intensità dell’intervento permette di raggiungere una stabilità bisogna controllarli periodicamente (ogni 8-12 ore). Un’emogas all’ora può essere fatto all’inizio per verificare che la fluidoterapia stia dando i risultati attesi. 4 Lezione 2.1 – 13/05/2024 –– Terapia intensiva veterinaria – Magnaghi, Balbiani FLUIDOTERAPIA FLUIDI DI REINTEGRAZIONE: COLLOIDI Succinilgelatina: macromolecole piccole (35K Da) che durano poche ore, al max 20 ml/kg/gg Amido idrossietilico: espansione plasmatica 172% della dose somministrata o Hetarstarch (450 K Da) durata 6-8 h o Pentastarch (200 K Da) durata 2,5 h Destrani: basso peso molecolare (40K Da) o ad alto peso molecolare (70K Da), durata fino a 24 h Plasma: fresco, fresco congelato: ha lunga durata, circa 16 h I colloidi emoderivati, si conservano a lungo. Quando si somministra plasma, questo contiene albumine e aumenta la pressione oncotica. Inoltre, alcuni tipi di plasma contengono fattori immunitari e fattori della coagulazione. I colloidi stanno nel compartimento intravascolare per un periodo di durata superiore ai cristalloidi. Sono prodotti di sintesi che espandono il volume circolante richiamando acqua dal terzo spazio, principalmente dalla componente cellulare. Quindi, se vengono utilizzati colloidi o soluzione cristalloidi ipertoniche (che richiamano acqua aumentando la pressione osmotica), il terzo spazio deve essere ben idratato o si asciuga troppo. Il vantaggio dei colloidi è che durano molto a lungo. Effetti collaterali legati ai colloidi: Impatto renale: possono dare insufficienza renale acuta, soprattutto se usati in fase di disidratazione, in quanto agiscono cercando di disidratare il terzo spazio per richiamare liquidi e, non riuscendoci, sovraccaricano il rene. Essendo nefrotossici si possono quindi utilizzare solo a pressioni ristabilite. Disturbi di coagulazione Sovraccarico del circolo Anafilassi FLUIDI DI REINTEGRAZIONE: CRISTALLOIDI Sono i fluidi che vengono somministrati per reintegrare liquidi in un organismo, che in o terapia intensiva o in anestesia generale, non beve. Un paziente in terapia intensiva può non bere per lunghi periodi di tempo. SOLUZIONI ISOTONICHE Fisiologica NaCl 0,9%: Isotonica, acidificante (CI-) Attenzione all’aumento di Na e alla diminuzione di K in pazienti che non eliminano Na (diabete insipido, insufficienza epatica, iperaldosteronismo, Insufficienza cardiaca cronica) Soluzione glucosata 5%: risulta clinicamente ipotonica in quanto una volta che il glucosio tocca il sangue, viene metabolizzato e rimane solamente acqua distillata che migra, non rimane nel sangue e “disturba” gli elettroliti causandone lo spostamento verso il basso. È utile per trattare disidratazione iperosmotica. Prestare attenzione all’abbassamento di Na e di K. Soluzioni elettrolitiche bilanciate: ringer lattato (RL), acetato (RA), Hatmann, Reidratante III. Sono le soluzioni più utilizzate e che salvaguardano il bilancio elettrolitico. Attenzione all’abbassamento di K in pazienti anoressici = addizionare 20-40 mEq/L K. I cristalloidi isotonici hanno un breve tempo di permanenza in circolo (circa 1/3 rimane in circolo dopo 30 minuti). Perciò se, ad esempio, è necessario fare una riespansione volemica di 10 ml, bisogna somministrare almeno 30 ml di soluzione isotonica, in modo che dopo 30 minuti ci siano almeno 10 ml di espansione. Per fare un’espansione volemica con i cristalloidi isotonici è necessario somministrarne molti. Lezione 2.1 – 13/05/2024 –– Terapia intensiva veterinaria – Magnaghi, Balbiani Nel momento in cui devo rianimare un paziente, è fondamentale stabilire se il paziente è idratato o no e bisogna nel caso pensare di rispanderlo velocemente. Esempio: il paziente è ipovolemico disidratato, si possono somministrare dei boli di cristalloidi isotonici (10 ml/kg in 10-20 minuti). Subito dopo, visto che i cristalloidi isotonici permangono poco in circolo, è necessario supportare l’idratazione dell’animale (reidratazione + mantenimento) con fluidoterapia di mantenimento. N.b. i boli di cristalloidi isotonici sono la soluzione migliore da fare sempre come prima cosa. SOLUZIONI IPERTONICHE Permette una rapida espansione transitoria (20-70 min) secondo la dose e la concentrazione. La soluzione ipertonica maggiormente usata è quella a base di sodio cloruro, che ha un’alta concentrazione di elettroliti (Na e Cl) che richiamano 𝐻2 𝑂 dal terzo spazio (es. nel cavallo in colica). Si può utilizzare questo tipo di soluzione in animali non disidratati. N.b. potrei fare un bolo di soluzione ipertonica in animali fortemente disidratati, ma subito dopo dovrei somministrare una grande quantità di colloidi isotonico, non è conveniente. È meglio usare subito i colloidi isotonici in animali disidratati. Le soluzioni ipertoniche sono ottime nei soggetti non fortemente disidratati che riespandono il volume circolante con poco volume. Richiamano acqua e asciugano i tessuti, possono quindi essere utili in molte situazioni (es. in caso di trauma, “asciugano” il cervello con diminuzione della pressione endocranica). NaCl 3-5-7%: utile per shock ipovolemico, effetto inotropo positivo, maggior ossigenazione tissutale. (16 ml/kg NaCl 5%= 135 ml/kg NaCl 0,9%) Esempio: Il paziente si presenta politraumatizzato, iperteso sistemico (220/160), ha perso i sensi e le pupille sono anisocoriche. Sta avendo un edema cerebrale con aumento della pressione intracranica. Quale farmaco gli somministrerei? Un diuretico (nello specifico potrei usare il mannitolo). Se invece la pressione è più bassa (50/30), ma comunque la pressione intracranica sta ancora aumentando si utilizza la soluzione ipertonica: rialza la pressione nel sistema e toglie l’edema cerebrale. N.b. mannitolo e soluzione ipertonica sono due farmaci utilizzati per il trattamento dell’aumento della pressione endocranica. Un piccolo volume di cristalloidi ipertonici corrisponde ad un grande richiamo di acqua; quindi, è come se si somministrassero cristalloidi isotonici ad alto volume. VIE DI SOMMINISTRAZIONE Via endovenosa: pazienti ospedalizzati, in anestesia, somministrazione rapida e/o alti volumi; Via sottocutanea: da utilizzare soprattutto per la prevenzione dei deficit. Se il paziente è disidratato non si utilizza questa tecnica: avendo circolo sottocutaneo basso (prossimo a zero), c’è pochissimo sangue che potrebbe distribuire il fluido, che quindi non verrebbe assorbito. Esempio: si applica a gatti insufficienti renali cronici, la terapia si può seguire anche a casa. Solo cristalloidi isotonici Via apparato gastroenterico (OS): se il tratto gastroenterico è funzionante (quando l’animale può alimentarsi e bere da solo, oppure se ha una sonda) è la reidratazione migliore perché l’animale reintegra i fluidi completamente da solo. Questa via non può essere presa in considerazione se il paziente vomita o ha diarrea. RATE DI INFUSIONE MANTENIMENTO Cane: da 2 a 6 mL/kg/h Gatto: da 2 a 3 mL/kg/h Lezione 2.1 – 13/05/2024 –– Terapia intensiva veterinaria – Magnaghi, Balbiani In anestesia può essere più elevato rispetto ai valori standard ( reidratazione + mantenimento 4. All’ora: 897.6/24 = 37 mL circa. N. gocce = 20 * 37 = 740 gocce / h Rate di gocce = 740/60 = 12.3 gocce/min = 0.2 gocce / sec Quindi, verrà somministrata una goccia ogni 1 / 0.2 = 5 secondi. Lezione 2.2- 13.05.24 – Terapia intensiva veterinaria – Balbiani, Magnaghi IL PAZIENTE POLITRAUMATIZZATO Il paziente politraumatizzato è di pertinenza del terapista intensivo che però deve avere nozioni di anestesia. È una combinazione variabile di lesioni viscero-scheletriche (rottura d’organo insieme a delle fratture) tali da determinare instabilità delle funzioni vitali (respiratoria, cardiaca e cerebrale). Questo può portare alla morte dell’animale nell’immediato o nel breve termine. Lo scopo, quindi, è prolungare il più possibile la vita di quel paziente. Il ripristino delle funzioni vitali è molto più importante del numero e della sede delle lesioni viscero- scheletrico, quindi ha la priorità assoluta. N.b. Prima controllo che il respiro e il cardiocircolo siano nella norma, stabilizzo il paziente e solo successivamente vado ad indagare le fratture. “Primum non nocere”: non fare niente prima dell’ABC! PRINCIPI: - calma e sangue freddo - sicurezza personale (i cani politraumatizzati hanno male e quindi aggrediscono) - priorità di trattamento: c’ è la golden hour in cui il paziente subisce il trauma e viene portato in pronto soccorso (bisogna sempre chiedere da quanto tempo si è fatto male, più passa il tempo peggio è, di solito entro l’ora si riesce a salvarlo) e ci sono i 5/10 minuti di platino (miglior tempo per salvarlo). MORTALITÀ DEL POLITRAUMATIZZATO: la prima cosa da dire al proprietario è che la prognosi è riservata e non si scioglie prima di 24-48 ore (anche in assenza di lesioni evidenti). - Il 50 % muore nei primi secondi/minuti. - Il 30% nelle prime ore. - Il 20% dopo giorni-settimane (soprattutto per danni multiorgano, o in caso di sviluppo di sepsi, o insufficienza renale…). Solo il 13% degli arresti cardiorespiratori negli animali politraumatizzati viene ad oggi trattato con successo. Del 13% la maggioranza muore per un nuovo arresto entro 4 ore (68% dei cani e 38% dei gatti), solo il 4 % viene poi dimessa con successo. In generale gli arresti cardiocircolatori sono meglio trattati nel cane rispetto al gatto, perché il cane è un animale più resistente (l’uomo è più resistente e ha la taglia giusta per essere rianimato). Il coniglio è ancora più difficile da rianimare rispetto al gatto. Le stesse percentuali di rischio valgono in anestesia. Linee guida per le compressioni e la rianimazione cardiopolmonare (ad oggi lievemente modificate): www.veccs.org Il paziente politraumatizzato non è mai stabile. PRINCIPALI LESIONI del paziente politraumatizzato (cane investito): - Gabbia toracica: contusione polmonare 58% (aree non areate di polmone per emorragia o infiammazione quindi edema a seguito di un trauma, per cui non avvengono gli scambi. Queste possono verificarsi anche dopo 24 ore dal trauma; è quindi importante non sbilanciarsi con i proprietari e ricoverare l’animale), pneumotorace 47%, emotorace 18%, fratture costali 14%, pneumomediastino 8%, ernia diaframmatica 6% - Testa, collo: epistassi (molto frequente e non da molti problemi a meno che non vi sia un grave trauma cranico, ad eccezione del gatto in cui i coaguli causano un deficit di respirazione, infatti pochi respirano dalla bocca, attenzione durante la sedazione: aprire subito la bocca dopo la sedazione per farlo respirare), fratture del cranio 1 Lezione 2.2- 13.05.24 – Terapia intensiva veterinaria – Balbiani, Magnaghi - Addome: emoperitoneo 23%, ernia addominale 5%, rotture vie urinarie 3% - Tessuti molli: abrasioni 56%, lacerazioni 26%, enfisema sottocutaneo 10%, sguantamento 8% - Arti anteriori: fratture (scapola 7%, radio), lussazioni gomito 3% - Arti posteriori: fratture al bacino 28%, frattura femore 16%, lussazioni anca 12%, fratture distali 8% - Colonna vertebrale: fratture vertebrali 10%, lussazione sacro 9% (frattura sacro 3%) Il paziente politraumatizzato che non riesce ad alzarsi dev’essere sedato e immobilizzato e solo successivamente può essere spostato. COSA FARE: - Valutazione globale immediata dell’animale - ABCDEF e assistenza al primo soccorso: valutazione del grado di urgenza, controllo e riequilibrio dei sistemi vitali (BLS) dando precedenza alla risoluzione dei problemi potenzialmente più letali (es. se c’è un arresto respiratorio lo devo intubare e ventilare meccanicamente) - Prevenzione delle complicanze (es. prevenire un’emorragia in corso somministrando dei procoagulanti) ABCDEF: è importante non invertire mai l’ordine, bisogna riconosce il problema ad ogni punto e risolverlo prima di passare al punto successivo (es. se c’è un cane che non respira perché ha un coagulo, prima lo rimuovo e poi lo intubo; se cercassi di intubarlo direttamente non ci riuscirei); se la situazione peggiora ritornare sempre ad A, concludere l’ABCDEF prima di passare ad altre operazioni, eseguire RCP in caso di arresto cardiaco. - Airway - Breathing - Circulation - Disability - Exposure, “t control - fractures 1)AIRWAY: Valutazione dello stato di coscienza e della pervietà delle vie aeree. Esempio: se vi fosse un coagulo in faringe/laringe o un corpo estraneo; Bisogna valutare lo stato di coscienza dell’animale toccandolo e stimolandolo con stimoli uditivi per osservare se risponde muovendo gli occhi o la testa e cercare di proteggere le vie aeree. Se le vie aeree sono occluse bisogna liberarle anche attraverso la cateterizzazione percutanea della trachea o con le manovre di Heimlich (contrazione tra torace e addome). È importante ricordare che l’occlusione non è collegata all’assenza di respirazione, addirittura si potrebbe vedere una respirazione più accentuata e potrei sentire dei rumori respiratori (stridore: rumore respiratorio tipico dell’ostruzione delle vie aeree superiori). Di fatto, la respirazione c’è ma non vi è un adeguato ingresso di aria: affanno. Insieme alle vie aeree si svolge la stabilizzazione del rachide cervicale: nei politraumatizzati c’è una lesione vertebro-midollare cervicale fino a prova contraria, soprattutto nei pazienti che non camminano autonomamamente. Incoscienza+ respirazione= coma: intubare senza bisogno dell’anestesia (gli animali hanno sempre prima un arresto respiratorio e poi quello cardiaco, quindi se vi è solo quello respiratorio ventilo il paziente) Incoscienza + assenza di respirazione = arresto: CPR: faccio compressioni a livello del torace (supporto cardio-circolatorio e contemporaneamente respiratorio) 2 Lezione 2.2- 13.05.24 – Terapia intensiva veterinaria – Balbiani, Magnaghi 2)BREATHING: valutare se l’animale respira o meno, valutare i caratteri del respiro ed eventuali rumori respiratori; se vi è un arresto respiratorio ma non cardiaco si svolge la ventilazione meccanica. Valutare la colorazione delle mucose: blu- cianotico colore della vita, mentre il grigio è il colore della morte; infatti, finché il paziente è blu significa che c’è un circolo ancora garantito e quindi bisogna migliorare la circolazione e gli scambi: ossigenoterapia e utilizzo la pulsiossimetria. ALTERAZIONI POSSIBILI: respiro cheyne-stokes: respiro preagonico, quindi è preludio di morte; è un respiro totalmente irregolare (uno molto profondo poi pausa di 1 minuto poi 2-3 superficiali poi apnea poi un altro profondo…) e avviene soprattutto per traumi cranici molto violenti presenza di pneumotorace: o iperteso (dovuto a rottura polmonare): il paziente presenta torace a botte, va immediatamente decompresso mettendo in comunicazione il torace con l’esterno (toracocentesi/ago in torace attaccato ad un aspiratore/lama da bisturi): infatti l’aria preme sulle cave e l’animale muore per arresto cardiaco; dopo aver svolto la decompressione si intuba, ventila e si applica un drenaggio toracico. o non iperteso: non è prioritario a patto che le mucose rimangano rosee; se lo pneumotorace non dà deficit di perfusione non si interviene in quanto, se è modico, quella rottura polmonare si risolve autonomamente; emotorace: o massivo: è molto e limita la respirazione, quindi bisogna toglierne abbastanza per permettere la respirazione, ma non tutto; o non massivo: non è prioritario; non bisogna drenarlo perché verrebbe immediatamente rimpiazzato da altro sangue; quindi, se non limita la respirazione, non dreno. volet costale o pneumotorace a valvola: è la frattura di 2 o 3 coste contigue, per cui quando l’animale ventila causano o una comunicazione con l’esterno oppure bucano il polmone; è un’emergenza! 3)CIRCOLAZIONE: (ogni instabilità emodinamica è emorragica fino a prova contraria) Bisogna inserire subito l’accesso venoso. Valutare: l’itto (si può valutare anche come il cuore si sta riempiendo, se non si sta riempiendo bene sento l’itto meno pieno) il polso periferico il TRC la colorazione delle mucose riconoscimento eventuale di shock e sua risoluzione: Fluidi: cristalloidi 10 ml/kg in 10 min, colloidi 10-20 ml/kg nel cane o 5-10 ml/kg nel gatto in 10-20 min, salina ipertonica 7-7,5% 3-5ml/kg Amine (vasopressori): dopamina 0,003-0,01 mg/kg/min EV; dobutamina 0,003-0,01 mg/kg/min EV; adrenalina 0,003-0,005 mg/kg EV Corticosteroidi: desametasone 0,5 mg/kg EV; metilprednisolone 15 mg/kg EV; indicati solo se c’è uno stato infiammatorio del midollo spinale (contusione midollare) Antiaritmici: lidocaina 2-4 mg/kg EV; infatti, con il trauma si possono sviluppare delle aritmie (si valuta la troponina cioè l’enzima che si libera dal cuore in seguito ad infarto o insulto al muscolo cardiaco) monitoraggio pressione 3 Lezione 2.2- 13.05.24 – Terapia intensiva veterinaria – Balbiani, Magnaghi solo a questo punto si svolge la valutazione delle emorragie esterne: uso lacci o bendaggi compressivi. 4 Lezione 3.1 – 20.05.24 – Terapia intensiva veterinaria – Giacchello, Florio PAZIENTE POLITRAUMATIZZATO (continuazione) ABCDEF Ripartendo dalla C dell’ABCDEF della rianimazione del paziente, bisogna trattare energicamente l’instabilità dinamica, perché in caso di emorragia acuta bisogna ripristinare velocemente il volume circolante o fornire un vasopressore per ristabilire la pressione nel sistema. 3) Circulation Ogni instabilità emodinamica è emorragica fino a prova contraria. - Accesso venoso: se un paziente presente da tempo nella nostra clinica dovesse morire senza presentare un accesso venoso, si è passibili di malpractice, quindi l’accesso va sempre guadagnato. Può capitare che un paziente sia talmente ipoteso che non lo si riesca a mettere, ma bisogna fare diversi tentativi perché è indispensabile per fare fluidoterapia adeguata alla rianimazione e per somministrare farmaci di emergenza - Valutazione itto, polso periferico, TRC, colorazione mucose: l’itto si sente palpando la zona di proiezione del cuore e va valutato per capire se il cuore si svuota; se l’itto si sente poco o niente si ha un cuore vuoto, che per la legge di Starling funziona male, quindi questi pazienti vanno riempiti con dei fluidi - Riconoscimento eventuale shock e sua risoluzione: Fluidi: o Cristalloidi: uno tra tutti il Ringer lattato a 10 ml/kg in 10-20 min, dosaggio per la fluidoterapia da shock per ripristinare i volumi circolanti o Colloidi: 10-20 ml/kg (cane) o 5-10 ml/kg (gatto) in 10-20 min. Sono amidi di sintesi che rialzano la pressione oncotica, utili soprattutto in pazienti che hanno un endotelio integro e quindi non disperdono queste molecole (se il glicocalice è danneggiato, le albumine escono e si abbassa la pressione oncotica). Non è detto che i colloidi somministrati rimangano in circolo, per questo bisogna sfruttare il peso molecolare (più alto è, più stanno in circolo). Il problema però è che sono nefrotossici, quindi un alto peso molecolare vuol dire nefrotossicità. o Salina ipertonica 7/7,5%: 3-5 ml/kg. Viene utilizzata per espandere i volumi circolanti. Il paziente politraumatizzato è in una situazione acuta, non fa in tempo a disidratarsi, quindi la salina ipertonica, che richiama acqua dall’interstizio e dallo spazio intracellulare, è una buona opzione. Piccoli volumi espandono il volume circolante per un periodo più lungo rispetto ai cristalloidi. Amine: il paziente politraumatizzato è un paziente in shock, quindi per definizione può andare incontro a una crisi ipotensiva. Per questo bisogna pensare all’eventuale utilizzo di amine vasoattive. o Dopamina: 0,003-0,01 mg/kg/min EV o Dobutamina: 0,003-0,01 mg/kg/min EV o Noradrenalina: 0,003-0,005 mg/kg/min EV Corticosteroidi: sono utili in caso di gravi processi infiammatori ma sono controindicati nel trauma cranico. o Desametasone: 0,5 mg/kg EV o Metilprednisolone: 15 mg/kg EV Antiaritmici: spesso il trauma porta delle aritmie, generalmente sono delle extrasistoli ventricolari che si trattano molto bene con la lidocaina. o Lidocaina: 2-4 mg/kg EV. Ha una triplice funzione: è antiaritmica, analgesica e previene i danni da ischemia/riperfusione. Con un solo farmaco si riescono ad avere queste tre azioni utili soprattutto su un paziente politraumatizzato. - Monitoraggio pressione - Valutazione eventuali emorragie esterne 1 Lezione 3.1 – 20.05.24 – Terapia intensiva veterinaria – Giacchello, Florio N.b.: sulla reale perdita emorragica, si può sempre prendere in considerazione la somministrazione di sangue intero o emoderivati. 4) Disability A questo punto abbiamo valutato che le vie aeree siano pervie e, per quanto riguarda l’apparato cardiovascolare, il paziente ha un buon ritmo e una buona pressione. Una volta stabile dal punto di vista emodinamico e respiratorio, che sono le due cose che portano a morte il paziente politraumatizzato nel giro di poco, bisogna fare un primo check sulla disabilità: - Rivalutazione stato di coscienza: stimolazione vocale, tattile/dolorosa. Alle volte i pazienti politraumatizzati non hanno la forza di alzarsi, ma ci guardano e muovono le orecchie quando sentono un rumore o uno stimolo tattile. Questo è indicativo del fatto che sono prostrati dalla situazione ma che sono coscienti di quello che avviene - Valutazione del sensorio: questa valutazione passa attraverso la Glasgow Coma Scale, scala del coma presente in letteratura veterinaria che prende in considerazione tre aspetti: Attività motoria: non tutti i pazienti politraumatizzati arrivano in decubito laterale, alcuni entrano in ambulatorio anche sulle loro gambe, perfettamente in grado di intendere e volere Riflesso del tronco: si valuta se ci sono problemi alla colonna vertebrale Livello di coscienza/stato del sensorio Più basso è il punteggio sulla scala di Glasgow, maggiore sarà la gravità dell’animale, quindi maggiore dovrà essere il grado di attenzione nel curare la terapia intensiva di quell’animale. - Trattamento immediato in caso si sospetta ipertensione intracranica: Sollevamento della testa: se si ha il sospetto di trauma cranico, il semplice sollevamento della testa facilita il drenaggio di sangue dalle giugulari verso il cuore, abbassando così la pressione intracranica. Fun fact: una fine regolazione della pressione intracranica fisiologicamente ce l’ha la giraffa, perché altrimenti quando abbassa la testa per bere potrebbe aumentare la pressione intracranica a tal punto da farla svenire. Le pressioni che servono per irrorare il suo cervello sono enormi, il sangue deve percorrere tre metri di collo. Quando la testa scende la pressione sale in maniera esagerata. La giraffa ha quindi un riflesso barocettoriale di mantenimento della pressione intracranica, che rimane anche quando viene messa in anestesia generale. Altrimenti, il problema principale sarebbe quello di far venire all’animale un edema cerebrale, così quando si risveglia non è perfettamente in grado di intendere e volere e muore generalmente per frattura delle vertebre cervicali. Lieve iperventilazione: potrebbe essere fatta autonomamente dall’animale durante le fasi post-incidentali. Differentemente, se il paziente fosse in coma e quindi non dovesse iperventilare da solo, la cosa migliore è intubarlo e ventilarlo, abbassando i livelli di CO2. Se si abbassa la CO2 si ha vasocostrizione cerebrale, di conseguenza il turnover del liquor aumenta e quindi si abbassa la pressione intracranica per due motivi: 1. I vasi occupano meno spazio all’interno della teca cranica 2. Aumenta il drenaggio del liquido cefalorachidiano 2 Lezione 3.1 – 20.05.24 – Terapia intensiva veterinaria – Giacchello, Florio Al contrario, l’ipercapnia dà vasodilatazione dose dipendente. Questa è la condizione più frequente nel paziente con trauma cranico, perché viene insultato l’encefalo che sviluppa, a livello di centro respiratorio, una minor sensibilità all’ipossia e all’ipercapnia, aumentando così la vasodilatazione (i vasi occupano più spazio all’interno del cervello, diminuisce il turnover e il riassorbimento del liquido cefalorachidiano). In questi casi o il paziente è incosciente, lo si intuba e lo si ventila, oppure deve essere prima sedato profondamente, o messo in anestesia generale. I livelli arteriosi normali di CO2 sono 35-45 mmHg, ventilandolo si abbassano a 30, 28, addirittura 25 mmHg. Riassumendo: o CO2 bassa → vasocostrizione cerebrale o CO2 alta → vasodilatazione cerebrale Questo è lo stesso motivo per cui a volte è necessaria la sedazione con propofol in caso di convulsioni. Mannitolo: 0,5-2 g/kg in 10-20 min EV La scala di Glasgow riguarda il coma, quindi in caso di paziente con perdita di coscienza bisogna valutare la gravità in base al trauma cranico che ha ricevuto, che oltre all’incremento della pressione intracranica può causare: - Fratture a livello di teca cranica: possono essere fratture da impressione, quindi schiacciano il parenchima cerebrale - Emorragie: può avvenire in tanti distretti e può presentarsi sotto forma di emorragia del parenchima cerebrale o di ematoma. Il sangue è un grosso tossico per il cervello, causa la morte di grandi parti di tessuto nervoso, per questo deve esistere la barriera ematoencefalica. Anche l’ematoma, se non viene drenato, può accumularsi e fare pressione sui distretti cerebrali, compromettendo le funzioni mentali, oltre a quelle cognitive - Ischemia: problema opposto all’emorragia. Il processo infiammatorio a livello cranico non ha la possibilità di espandersi, quindi il parenchima preme sui vasi causandone l’occlusione Una cosa che si fa normalmente come protocollo per il trauma cranico è la TAC d’urgenza, esame veloce che dà informazioni sulla gravità del problema e indicazioni utili per entrare in sala operatoria. Se risulta esserci un ematoma subdurale, ad esempio, si procede con una craniotomia per drenarlo. È un’operazione molto semplice, molto più semplice di una laminectomia per un’ernia discale. Con la TAC si individua il distretto interessato, si fa un foro a livello di teca cranica e si scoperchia quel piccolo pezzetto. Di fatto sono metodiche facili da attuare, ma purtroppo in medicina veterinaria stentano ad essere promosse per i costi, spesso i proprietari non sono disposti a sostenerli quindi bisogna procedere cercando di dare una terapia sintomatica e vedere poi quali sono i danni che l’animale riporterà. N.b.: l’unica cosa che provoca dolore è l’incisione del sottocute, nel cervello non c’è informazione diretta della nocicezione. Per questo motivo in medicina umana sono praticati interventi al cervello in awake, ossia vengono tolti tumori, anche grossi come un pugno, con il paziente sveglio. 5) Exposure e T control - Togliere guinzagli, collari, pettorine: d’inverno gli animali potrebbero avere dei maglioncini, in tal caso vanno tagliati per cercare di spostare il paziente il meno possibile - Limitare i movimenti: fino a prova contraria, una frattura della colonna vertebrale è sempre possibile - Controllare temperatura, prevenendo ipotermia - Liberare e pulire il corpo per cercare segni di trauma: gli animali senza pelo, come ad esempio il cane cinese crestato e lo sphinx, sono avvantaggiati sotto questo punto di vista, perché anche solo una lesione del sottocute la si vede subito. Quando hanno il pelo invece vanno rasati, anche se si vede una singola goccia di sangue in un punto, va rasato per capire esattamente cos’è successo. Una situazione in cui il cane deve essere rasato tutto è il politrauma causato da morso, soprattutto quando i due cani coinvolti nella vicenda sono di taglie differenti. Viene riportato l’esempio di due pastori tedeschi che hanno aggredito un bassotto. Una volta rasato, il cane presentava 3 Lezione 3.1 – 20.05.24 – Terapia intensiva veterinaria – Giacchello, Florio sventramento, che altrimenti non si sarebbe notato perché il bassotto sembrava fosse soltanto grasso, invece i visceri erano fuoriusciti nel sottocute. Una volta che il cane morde, inizia a shakerare con la testa, quindi spesso c’è un distacco tale del sottocute che bisogna andare a cercare dove sono entrati i denti per disinfettare e suturare. Tornando al caso del bassotto, è stata fatta una TAC d’urgenza da cui si è vista la presenza di sangue in addome. Si pensava provenisse dalla milza, ma una volta in sala operatoria si è scoperto arrivasse dal rene, che è quindi stato asportato con una nefrectomia. Il pastore tedesco aveva lasciato l’impronta del canino che aveva rotto in due il rene. Fortunatamente la colonna era rimasta illesa. 6) Fractures Non sono importanti di per sé, perché verranno trattate da un ortopedico, ma quello che interessa sono le lesioni provocate alle strutture associate alle ossa coinvolte nella frattura. - Causa di insufficienza respiratoria acuta: la rottura delle coste può provocare emotorace, pneumotorace oppure può compromettere la respirazione a causa del dolore; lesioni maxillo- facciali possono coinvolgere le cavità nasali, difficoltose soprattutto nei gatti che raramente respirano con la bocca aperta - Causa di shock emorragico: si verifica soprattutto con fratture del bacino e delle ossa lunghe nei gatti ed è una costante. L’ematocrito si abbassa in maniera violenta, perché queste fratture fanno perdere molto sangue al paziente, per cui potrebbe essere necessario prendere in considerazione la trasfusione (a 15-18% si può valutare di effettuare una trasfusione) - Causa di insufficienza respiratoria acuta e shock: fratture vertebrali. Viene mostrata la radiografia di un uomo con una frattura a livello di vertebre cervicali. Se dovesse succedere una cosa simile ad un cane o un gatto, l’unica cosa da fare è consigliare al proprietario l’eutanasia ESAMI COLLATERALI Una volta concluso l’approccio al paziente seguendo la regola dell’ABCDEF, si può procedere con tutti gli esami collaterali ritenuti necessari per il caso: - RX torace addome - ECO torace addome - Emogasanalisi - Emocromo: consente di capire se si sta andando incontro ad anemia, se si sta sviluppando un’infezione per cui si potrebbe valutare l’uso di antibiotici - Biochimico: dà informazioni su eventuali danni d’organo. Ad esempio, dopo lo shock, soprattutto in un paziente anziano, può verificarsi insufficienza renale ANALGESIA Spesso i pazienti politraumatizzati, anche se sono di carattere docile e normalmente bravissimi alla visita clinica, possono mostrare fenomeni di aggressività causati dal dolore. Noi operatori dobbiamo sempre proteggerci usando i dispositivi di sicurezza che abbiamo a disposizione, come ad esempio museruola e guanti, se si parla di gatti, ma bisogna anche considerare di fare analgesia su questi pazienti, per aumentare il loro comfort e diminuire stress e aggressività. Si possono utilizzare quindi farmaci oppioidi come: - Butorfanolo - Metadone - Tramadolo Questi sono assolutamente indicati perché lasciano integro il cardiocircolo e tolgono la componente dolorosa. Possono essere eventualmente associati alle benzodiazepine, perché anche queste lasciano il cardiocircolo abbastanza inalterato. 4 Lezione 3.1 – 20.05.24 – Terapia intensiva veterinaria – Giacchello, Florio SEDAZIONE E ANESTESIA Nel valutare la sedazione e l’anestesia di questi pazienti, bisogna tenere bene a mente le loro condizioni: - Paziente stabile: lo si tratta come qualsiasi altro paziente, ponendo particolare attenzione al cardiocircolo. Infatti, questi animali hanno una riserva simpatica diminuita perché sono stati stressati a lungo, quindi bisogna considerare l’utilizzo di vasoattivi - Paziente instabile: Sedazione: o Butorfanolo 0,3 mg/kg + diazepam 0,25 mg/kg o Oppioidi: butorfanolo, morfina, metadone, fentanil La cosa migliore è usare l’oppioide in associazione con la benzodiazepina. Per quanto riguarda gli oppioidi, insieme al Ringer lattato, il metadone è il farmaco che si usa con i minori effetti collaterali, ha un potere analgesico molto più importante rispetto al butorfanolo, per cui, se si può, usare sempre quello. Il butorfanolo potrebbe essere utile in caso di dolore viscerale o dolore di bassa entità Induzione: o Ketamina 1-2 mg/kg + propofol 1-2 mg/kg (ketofol): il propofol può dare fenomeni di ipotensione, la ketamina invece stimola il sistema nervoso simpatico e dà analgesia (cosa che il propofol non dà), quindi l’associazione tra i due farmaci è la soluzione corretta. Il Ketofol viene generalmente utilizzato per indurre in anestesia generale i pazienti politraumatizzati con anamnesi muta, perché è molto sicuro dal punto di vista del cardiocircolo o Fentanil 0,008 mg/kg + midazolam 0,2-0,3 mg/kg EV lenti, eventualmente associati a basse dosi di propofol e barbiturici o Benzodiazepine + Ketamina Mantenimento: o Ketofol/propofol in infusione continua: è un po’ meno ipotensivo dell’isoflurano o Isoflurano al minimo dosaggio indispensabile: tutti gli anestetici inalatori sono fortemente ipotensivi, quindi si può eventualmente associare l’infusione di un altro farmaco che ne diminuisce la dose necessaria, come ad esempio fentanil, ketamina, lidocaina o Piccoli boli di benzodiazepine e ketamina: è utile quando bisogna fare delle procedure, come un’ecografia in sala ecografica, dove il carrello anestesiologico non c’è, non si ha a disposizione una pompa-siringa. Si somministrano quindi dei boli ogni qual volta il paziente tenta di risvegliarsi Una cosa importante da rispettare è lo strettissimo monitoraggio del paziente, perché se è instabile si potrebbero dover utilizzare dei farmaci d’emergenza. Ad esempio, in caso di bradicardia improvvisa si somministra subito atropina, così da alzare la frequenza cardiaca; in caso di ipotensione improvvisa con tachicardia l’atropina non serve, perché la frequenza è già alta, quindi bisogna somministrare noradrenalina per ripristinare la pressione sistemica. 5 Lezione 3.1 – 20.05.24 – Terapia intensiva veterinaria – Giacchello, Florio TRAUMA CRANICO I pazienti politraumatizzati possono presentare diverse problematiche: fratture, sventramenti, emotorace, pneumotorace… La cosa di gran lunga più frequente però è il trauma cranico, soprattutto in pazienti di specie felina e canina. È molto difficile trovare un trauma cranico in un cavallo o in un bovino, tuttavia verrebbero trattati allo stesso modo, con le limitazioni che ci sono sull’uso dei farmaci in buiatria. In caso di trauma cranico aumenta la pressione cerebrale, a causa della succussione del cervello. Ogni volta che si ha un trauma si liberano fattori dell’infiammazione e si gonfia la parte lesa, perché si crea edema da vasodilatazione. La vasodilatazione abbassa la pressione idrostatica e non si ha riassorbimento di liquido. Le azioni da mettere in atto in caso di trauma cranico sono le seguenti: - Mannitolo 0,2-1 g/kg EV per 15-20 min: è il trattamento d’elezione per cercare di ridurre la pressione intracranica. Il mannitolo è un diuretico osmotico, viene ultrafiltrato dal rene e non più riassorbito, quindi richiama acqua all’interno dei tubuli e la allontana. Essendo uno zucchero disaccaride non metabolizzabile, crea un aumento della pressione osmotica, esattamente come farebbe il glucosio che però dura troppo poco e viene metabolizzato. Il mannitolo invece aumenta la pressione osmotica e richiama acqua da tutto l’interstizio, soprattutto dal parenchima cerebrale, e per questo è stato studiato molto per il trauma cranico, perché sembra essere molto efficace nel ridurre l’edema dei tessuti a livello cerebrale. - Sedazione e anticonvulsivi se si procede con una chirurgia intracranica - Fluidi: soluzione salina ipertonica, soluzione fisiologica, soluzioni elettrolitiche bilanciate. La salina ipertonica svolge la stessa funzione del mannitolo, cioè aumenta la pressione osmotica a livello di vasi, ma il mannitolo ha come qualità in più quella di allontanare i liquidi tramite l’emuntorio renale. La salina ipertonica aumenta la perfusione renale ma non in maniera così efficiente come farebbe un diuretico. Quindi l’importante differenza è che: Mannitolo: aumenta la pressione osmotica e l’acqua richiamata nel sangue si perde con le urine Soluzione salina ipertonica: aumenta il richiamo di acqua nei tessuti, riespande il volume circolante e con molta più calma allontana l’acqua con l’emuntorio renale - Evitare sedazione profonda: può causare ipotensione e depressione respiratoria, quindi nei pazienti politraumatizzati i tranquillanti maggiori non vanno utilizzati. Qualsiasi cosa scombini il cardiocircolo va evitato, come ad esempio, gli α2-agonisti (vasocostrizione) e le fenotiazine, come l’acetilpromazina (vasodilatazione). - Induzione: propofol 2-4mmg/kg, eventualmente preceduto da benzodiazepine 0,2-0,4 mg/kg - Rapido controllo vie aeree, evitando la tosse all’intubazione (→lidocaina topica) ed emesi: ogni volta che si tossisce aumenta la pressione intracranica, aumenta il ristagno di sangue a livello giugulare e aumenta la pressione cerebrale. I pazienti che presentano instabilità della pressione intracranica dovuta a masse intracraniche, per un colpo di tosse possono morire, perché l’aumento di pressione può causare l’erniazione della massa. L’erniazione acuta porta a morte istantanea del paziente. - Mantenimento: propofol in infusione continua 0,1-0,5 mg/kg/min + oppioide a breve durata d’azione (fentanil). In alternativa si può usare l’isoflurano al minimo dell’effetto - Evitare attivazione simpatica: per evitare l’attivazione simpatica dovuta alla nocicezione durante la movimentazione del paziente bisogna utilizzare oppioidi potenti - Monitoraggio pressione arteriosa (media > 70 mmHg): la situazione migliore è che il paziente abbia pressioni medie tra 70 e 140 mmHg - Prevenire ipotermia (=evitare brividi): quando il paziente trema per ripristinare la temperatura corporea, le cellule consumano di più dal punto di vista metabolico, quindi producono più CO2. L’aumento dell’anidride carbonica provoca vasodilatazione, con conseguente aumento della gravità del trauma cranico. - Monitoraggio attento del paziente 6 Lezione 3.1 – 20.05.24 – Terapia intensiva veterinaria – Giacchello, Florio Parametro “David Bowie”: David Bowie aveva un’anisocoria fisiologica, dalla nascita una pupilla risultava più midriatica rispetto all’altra. La presenza di anisocoria è un parametro che può essere utilizzato per fare diagnosi di trauma cranico con molta velocità, senza dover sapere a memoria la scala di Glasgow. Basta aprire gli occhi dell’animale e guardarli con una luce puntata contro, l’anisocoria c’è nel 99% dei pazienti con trauma cranico. Se si riscontra questo parametro si è nel limbo per il trattamento immediato, perché indica una situazione grave ma ancora non gravissima. Dall’anisocoria si potrebbe passare alla miosi puntiforme o alla midriasi bilaterale pronunciata, condizione più grave che di solito è preludio di morte perché è indice che la pressione intracranica è salita alle stelle. OSMOTERAPIA È una terapia che viene utilizzata per il trattamento di pazienti con ipertensione intracranica, indipendentemente dalle cause che l’anno provocata (tumori, politrauma). L’osmoterapia è l’infusione di un liquido iperosmolare con l’intenzione di produrre un gap osmolare, trasferire il liquido dal parenchima celebrale ai vasi ed espellerlo con le urine. Ciò riduce la viscosità del sangue, con conseguente costrizione delle arteriole piali (della pia madre). In questo modo, oltre a diminuire la pressione cerebrale, aumenta il turnover del liquido cefalorachidiano, quindi viene maggiormente riassorbito. I fluidi più utilizzati per l’osmoterapia includono mannitolo (18 o 25%) e salina ipertonica (3-7,5%). Un giornale prestigioso della medicina veterinaria nel 2021 riporta quanto segue: “L’evidenza disponibile dal punto di vista scientifico suggerisce che sia mannitolo che l’ipertonica riducono efficacemente la pressione intracranica, ma non ci sono prove sufficienti per suggerire quale fluido sia superiore. Alcuni studi suggeriscono che l’ipertonica possa avere un numero leggermente inferiore di fallimenti terapeutici nei pazienti con ipertensione intracranica.” In realtà questo non è vero. Ipotizziamo che arrivi in ospedale un paziente politraumatizzato, con trauma cranico, abbattimento del sensorio e punteggio sulla scala di Glasgow di 6, quindi molto basso. Il paziente è in anisocoria, quindi gli si alza la testa, viene messo davanti all’ossigeno per migliorare quanto meno l’ossigenazione del sistema e a questo punto bisogna impostare una terapia osmolare. Ci si trova davanti a due opzioni efficaci nel trattare l’ipertensione intracranica, mannitolo o salina ipertonica. È stato fatto l’ABCDEF della valutazione del paziente, il parametro da prendere in considerazione per decidere quale delle due vie terapeutiche intraprendere è la pressione (70-140). Questa può essere provata sia in maniera invasiva, per avere una misurazione perfetta, che in maniera non invasiva, ottenendo comunque dei risultati accurati se viene misurata correttamente. L’animale può risultare: - Iperteso: lo stress e il dolore sono molto elevati - Ipoteso: prevale lo stato di shock I due liquidi a disposizione sono: - Mannitolo: diuretico - Salina ipertonica: soluzione utilizzata per aumentare il volume circolante e lasciarlo stabile Procedendo per logica: - Paziente ipoteso → salina ipertonica (dose NaCl 7,5%: 3-5 ml/kg in 15-20 min, a seconda dell’ipotensione) - Paziente iperteso → mannitolo (dose mannitolo 18%: 0,5 -1 g/kg in 15-20 min, se iperteso in 30 min) Con il mannitolo, servono grandi volumi di somministrazione che all’inizio provocano un rialzo della pressione. Questo risulta un problema solo per i pazienti gravemente ipertesi, ma in questo caso la scelta non ricade sulla salina ipertonica, bensì sulla furosemide. È un farmaco molto concentrato, è un diuretico che richiede pochissimo volume per la somministrazione. Non è perfetto per richiamare i fluidi del cervello, ma consente inizialmente di abbassare la pressione, dopodiché si può intervenire con il mannitolo. 7 Lezione 3.1 – 20.05.24 – Terapia intensiva veterinaria – Giacchello, Florio Riassumendo: quando arriva un paziente politraumatizzato con trauma cranico, bisogna misurare subito la pressione per decidere quale fluido impostare, se mannitolo o salina ipertonica. Dopo di che si procederà con la gestione della CO2, l’eventuale intubazione e ventilazione e il monitoraggio della pressione intracranica. Il monitoraggio si fa tenendo sotto controllo le pupille del paziente, che rimarranno anisocoriche anche una volta messo in anestesia generale. Con il passare del tempo dovrebbero tornare normali, normomidriatiche, e a quel punto ci si può concedere di svezzare il paziente dalla sedazione, o dall’anestesia generale, per avere la controprova del fatto che si svegli dal coma o che quantomeno la scala del coma sia migliorata. Quindi è sempre la scala di Glasgow che dà informazioni sul miglioramento delle condizioni del paziente. In medicina umana misurano la pressione mettendo direttamente un catetere nel liquido cefalorachidiano, però con gli animali ci sono grossi rischi di infezione e i macchinari sono molto costosi. Infine, altre azioni da svolgere in un paziente politraumatizzato e con trauma cranico sono: - Monitoraggio anche per quanto riguarda la produzione urinaria: un paziente in shock presenta deficit di gittata, quindi malfunzionamento renale, per cui può diventare oligurico. Questo fattore va preso in considerazione quando si imposta la fluidoterapia - Ricordarsi di somministrare antibiotici a largo spettro d’azione: spesso il politrauma porta come conseguenze ferite aperte, quindi c’è il rischio di infezione e setticemia - Monitoraggio completo e continuo nelle ore successive con frequente ripetizione degli esami collaterali: l’esame maggiormente utilizzato per valutare i miglioramenti del paziente è l’emogas, che dà informazioni su elettroliti, pH, urea e creatinina per il funzionamento renale… Domanda: se la pressione fosse alta non potrei abbassarla vasodilatando? Il grosso problema è che non è possibile vasodilatare in maniera distrettuale, quindi si andrebbe a vasodilatare anche all’interno della teca cranica, inficiando così sull’aumento della pressione intracranica. La vasocostrizione, entro certi limiti, aiuta a portare via liquido cefalorachidiano e infiammazione. Al di sopra dei 140 mmHg, invece, inizia a creare dei forti problemi di fuoriuscita di liquido, perché si aumenta troppo la pressione idrostatica all’interno del cervello. 8 Lezione 3.2 – 20.05.2024 - Terapia intensiva – Florio, Giacchello COLPO DI CALORE E IPOTERMIA IN TERAPIA INTENSIVA Il colpo di calore è una patologia abbastanza ricorrente nei cani, specie nelle calde giornate estive dove i proprietari decidono erroneamente di far fare grandi sforzi fisici all’animale, o semplicemente nelle razze brachicefale che vanno incontro a colpi di calore spontanei in assenza di aria condizionata, specialmente se tenuti in macchina! n.b. se doveste dimettere un paziente brachicefalo, ricordare al proprietario di non tenere il cane nel baule, bensì sui sedili dell’abitacolo e con l’aria condizionata accesa. Questo perché le dinamiche respiratorie influiscono sulla perdita o meno del calore da parte dell’animale, specialmente nel cane e nel gatto, i quali hanno un sistema di termoregolazione assolutamente deficitario rispetto alle altre specie. IPERTERMIA E FEBBRE Ipertermia e febbre per molti aspetti si toccano, quindi bisogna innanzitutto parlare di ipertermia in generale. È indispensabile in terapia intensiva avere un opportuno controllo della temperatura. È un parametro facilmente rilevabile che però spesso viene guardato troppo poco. Una T° rettale superiore a 39° è da considerarsi elevata in un paziente non stressato. Esempio: sappiamo che la T° normale del cane va da 38° a 39°C. Se un paziente abbattuto, non stressato, nella gabbia ha 39°C, dobbiamo considerarla febbre, perché è un soggetto che non si sta muovendo ed è tranquillo, soprattutto se è in queste condizioni da diverse ore e la temperatura aumenta nel tempo. Al contrario, molti pazienti ricoverati sono evidentemente stressati, si agitano e perciò sappiamo che l’aumento della temperatura non è febbre. Un rialzo di temperatura può voler dire molte cose, non necessariamente infezione e febbre vera: va valutata in base allo stato del paziente. TERMOREGOLAZIONE La termoregolazione viene regolata in base alla termodispersione e alla produzione di calore. Viene controllata da termocettori presenti nell’ipotalamo (dal cervello nel cervello) e un paziente sano riesce a produrre o disperdere calore aumentando o limitando l’attività fisica. Si devono verificare alcune condizioni per cui anche un paziente fisiologico/sano non riesce a termoregolare correttamente e sviluppa ipertermia, come: aumento T° ambientale, umidità, ecc.. che vedremo in seguito. I pazienti cachettici o anestetizzati perdono la normale capacità di termoregolare, infatti nel 99% dei casi vanno incontro a ipotermia. IPERTERMIA Si parla di ipertermia quando viene prodotto più calore di quanto non si riesca a dissipare. È tipico, ad esempio, dei pazienti con piometra, soggetti in sepsi dove i pirogeni esogeni (LPS) stimolano la risposta infiammatoria interna e quindi si ha iperpiressia. L’ipertermia non è dovuta ai tentativi del corpo di alzare la T° come nella febbre, dove normalmente questa risposta è atta a fermare l’infiammazione, che sia batterica o virale. È, invece, principalmente dovuta a dei cambiamenti fisiologici, patologici, oppure anche farmacologici (avvelenamenti) che fanno accumulare calore senza poterlo disperdere. N.b. la febbre può essere una cosa positiva MA entro certi limiti: si tiene 40°C come cut-off per cercare di abbassare la febbre, perché oltre si inizia ad avere denaturazione delle proteine. SINDROME DA IPERPIRESSIA o COLPO DI CALORE Da definizione, sindrome associata a moderato o importante esercizio fisico in zone con clima caldo-umido; tuttavia, come detto prima, si verifica anche se si lascia il cane in auto con 40° esterni, poiché si crea un ambiente ostile anche in assenza di grande umidità all’interno dell’abitacolo. L’umidità permette in minima parte di dissipare il calore, e nelle nostre zone in pianura Padana è alta anche in estate. 1 Lezione 3.2 – 20.05.2024 - Terapia intensiva – Florio, Giacchello È comune soprattutto nei cani da caccia e nei brachicefali: i cani da caccia fanno attività fisica a prescindere dal proprietario, sono molto iperattivi nonostante le temperature esterne elevate; i brachicefali, invece, presentano problemi di ostruzione delle vie aeree superiori che limitano l’entrata/uscita di aria, soprattutto con frequenze respiratorie molto alte, per cui è ovvio che facciano fatica a dissipare calore. Inoltre, i brachicefali dissipano il calore molto male anche per la loro fisionomia, perché hanno tanto volume e poca superficie di scambio. Quando la T° rettale arriva a 41°C bisogna iniziare il raffreddamento esterno immediatamente, anche in maniera aggressiva. Se la temperatura si alzasse ulteriormente, si avrebbe il rischio di danno permanente d’organo e morte: non solo viene colpito il SNC con danni da colliquazione, ma “cuociono” tutti gli organi; in letteratura è descritta la mionecrosi del miocardio, di conseguenza si creano aree necrotiche del muscolo che portano ad aritmie fatali. Perciò, l’ipertermia è da tenere in seria considerazione! I sintomi sono: - Iperemia delle mucose/cianosi: è una costante in questi pazienti. TRC è molto inferiore a 2’’ (normalmente è circa 2’’), spesso anche mezzo secondo, a causa dell’iperemia attiva dei distretti periferici, per cui tanto sangue va alla periferia per cercare di termodisperdere, provocando anche un abbassamento della pressione del sistema. Mentre la cianosi (colore blu) è correlata all’ipossia, il paziente non riesce a stare dietro al metabolismo cellulare aumentato a causa dell’ipertermia, si sta superando l’assunzione di ossigeno e non riesce con i suoi atti respiratori a compensare. - Atassia locomotoria – incapacità di mantenere la stazione – convulsioni – coma: il cane sembra ubriaco, fa fatica a stare in stazione e il proprietario deve accompagnarlo nella camminata. Questo indica che siamo già in uno stato di “obnubilazione” del SNC, il quale non riesce a rispondere in maniera corretta agli stimoli né tantomeno alle attività locomotorie. Possono esserci convulsioni e nei peggiori dei casi arrivare al coma. - Scialorrea e iperventilazione: la scialorrea è un modo per cercare di allontanare liquidi e con essi anche calore. Inoltre, durante un colpo di calore l’animale tende a non deglutire, non perché manca il riflesso di deglutizione ma perché è troppo impegnato a respirare, quindi la saliva fuoriesce dalla bocca. Oltre all’ossigenoterapia che deve essere una costante in questi pazienti, bisognerebbe subito guadagnare un accesso venoso, per somministrare farmaci di emergenza se servono ed iniziare la fluidoterapia. Questa in primis va a sanare una situazione di ipotensione (dovuta a vasodilatazione periferica), e poi può essere somministrata fredda, da frigo, così da abbassare la T° dall’interno. In seguito, si può iniziare il raffreddamento attivo esterno: - Bagnare l’animale con acqua o alcool: la cosa migliore sarebbe immergerli completamente in una bacinella d’acqua fredda, perché il contatto diretto costante con la cute permette di raffreddare il sangue che circola in periferia, il quale andrà poi a raffreddare i tessuti interni. Si può usare anche l’alcool, che ha un punto di evaporazione inferiore all’acqua; in questo caso conviene sfruttare specialmente le aree con poco pelo e le parti che possono termodisperdere di più, dove ci sono le arterie più grandi, come la plica della grassella e il cavo ascellare. - Utilizzare se possibile un ventilatore per termodisperdere: aiuta ad allontanare il calore. Viene utilizzato in degenza anche per mantenere una temperatura adeguata nei pazienti brachicefali ricoverati, prima che vadano in colpo di calore. n.b. NON utilizzare coperte bagnate! Fanno da cappa e mantengono il calore, non permettendo la dispersione. Domanda fondamentale: quanto la abbasso la T°? quando mi devo fermare? (Possibile domanda esame) IMPORTANTE: Fermarsi una volta raggiunti i 39°C, altrimenti c’è il rischio di staratura dei centri ipotalamici, per cui si perdono i sistemi di termoregolazione e si sviluppa ipotermia, con conseguenze importanti: - Rischio elevato di mortalità: 25-70% - Possibili sequele: Insufficienza renale acuta: i parenchimi iniziano a non funzionare bene a basse temperature Disturbi di coagulazione (CID): si presentano già a seguito di ipertermia, per attivazione dei fattori della coagulazione 2 Lezione 3.2 – 20.05.2024 - Terapia intensiva – Florio, Giacchello Mioglobinuria: si instaura a prescindere dall’ipotermia iatrogena, per il semplice fatto che durante l’ipertermia le cellule muscolari possono andare incontro a mionecrosi, con conseguente liberazioni di mioglobina che va a intasare il rene. La mioglobinuria è una patologia ricorrente, può capitare per diverse ragioni, pensiamo per esempio: - Miopatia post-anestetica nel cavallo: si ha schiacciamento dei vasi; i muscoli lavorano in anaerobiosi; quando il paziente si sveglia i muscoli vengono riperfusi; si ha danno da ischemia-riperfusione; mionecrosi; liberazione di mioglobina con danno renale - Miopatia da cattura: nel momento in cui si cattura un animale in “free ranging” (vita libera), questo soggetto inizia a correre perché spaventato e può sviluppare miopatia - Ipertermia →Il punto fondamentale è che tutte queste cose rientrano nella insufficienza renale acuta. IPERTERMIA INDOTTA DA ESERCIZIO Ci sono anche tipi di ipertermie non dovute a fattori ambientali, specialmente non correlate all’umidità, come l’aumento di T° indotto dall’esercizio. In questo caso, raramente vengono raggiunte T° così alte da dare tutte le sequele precedentemente descritte. Colpisce soprattutto quei cani che non si allenano frequentemente, sovrappeso o con patologie respiratorie (es. bulldog). Tuttavia, anche l’ipertermia classica, che non raggiunge queste temperature, può predisporre all’insorgenza di un colpo di calore. EPILESSIA Quando si alza la temperatura, indipendentemente dalla causa, una cosa da tenere sotto controllo sono le crisi convulsive (epilessia), dovute alla denaturazione delle proteine cerebrali (per l’alta temperatura). Può verificarsi anche la situazione opposta, ossia le crisi epilettiche stesse (organiche, metaboliche, idiopatiche) sono la causa dell’ipertermia, dovuta all’elevata attività muscolare che si verifica specialmente durante una crisi prolungata. Dopo aver intrapreso un’adeguata terapia anticonvulsivante bisogna quindi raffreddare il paziente. Esempio: Nel momento in cui arriva in ambulatorio un paziente con crisi epilettiche prolungate, “l’errore” che facciamo è tentare solamente un rimedio farmacologico per le crisi epilettiche, ma di fatto queste crisi potrebbero perdurare perché aumenta la temperatura; quindi va trattata aggressivamente anche l’ipertermia in un soggetto epilettico. IPERTERMIA PATOLOGICA E FARMACOLOGICA - Lesioni ipotalamiche possono sfociare in ipertermia: tumori cerebrali - Agenti tossici: veleni che causano convulsioni - Ipertermia maligna (PSS, tipica del suino): molto rara, si sviluppa in seguito alla somministrazione di anestetici inalatori soprattutto in soggetti geneticamente predisposti, che non si possono riconoscere a priori. Quasi la totalità dei pazienti in anestesia generale va incontro a ipotermia, ma in rari casi si ha l’effetto opposto e spesso si tratta di ipertermia maligna. Se ne ha la conferma nel momento in cui si tenta di raffreddare il paziente ipertermico durante la chirurgia, utilizzando fluidoterapia fredda, ghiaccini, guanti riempiti d’acqua ghiacciata o chiedendo al chirurgo di eseguire dei lavaggi addominali con del liquido refrigerato. Se dopo tutti questi tentativi non si ottiene un abbassamento della T°, allora si tratta effettivamente di ipertermia maligna. L’unico

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