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Riassunto di "Storia del Teatro Drammatico" - Silvio D'Amico. Volume 1 e 2 Storia del Teatro e dello Spettacolo Università degli Studi di Roma La Sapienza (UNIROMA1)...

Riassunto di "Storia del Teatro Drammatico" - Silvio D'Amico. Volume 1 e 2 Storia del Teatro e dello Spettacolo Università degli Studi di Roma La Sapienza (UNIROMA1) 73 pag. Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ Storia del teatro drammatico - riassunti PRIMO SEM TRE 2019 Valeria Maria Rossi Parte prima - La Grecia e Roma Nascita della tragedia Durante la civiltà agricola, in Grecia, le feste legate al culto di Dioniso acquisiscono sempre maggiore importanza, differenziandosi poi in piccole e grandi Dionisiache, celebrate nei momenti salienti legati alla produzione del vino. In occasione di queste feste si intonava il ditirambo, che prende il nome di tragodia, ossia il canto del capretto che veniva sacrificato per tali eventi. Il ditirambo si evolse da canto improvvisato a scritto, poi codificato da una “coreografia”. Il passaggio graduale a dramma avvenne grazie all’introduzione di due cori diversi, ognuno dei quali rispondeva all’altro: essi erano rappresentati da due corifei che quindi dialogavano tra loro. Con l’inserimento di un attore che impersonava la divinità, che quindi prendeva parte al dialogo, nacque la rappresentazione teatrale. Via via, accanto a Dioniso si rappresentarono altre divinità o personaggi mitologici, fino al decentramento del dio dalla narrazione. La prima rappresentazione viene attribuita a Tespi, il quale sarebbe stato il primo ad introdurre un attore che dialogando con il coro rappresentava vari personaggi. Criticato da Solone per aver messo in scena una “bugia”, un “inganno”, Tespi avrebbe girato l’Attica con i suoi spettacoli rappresentati su un carro mobile. Di altre personalità legate alla tragedia primitiva ci rimangono solo pochi frammenti. Solo con Eschilo il dramma non si svolge più tra coro e divinità, ma tra vari eroi in scena. L’edificio teatrale e le forme di dramma in Grecia Secondo alcuni studiosi, alla forma dell’edificio teatrale classico sarebbe preceduta una struttura poligonale che ospitava gli spettatori su delle gradinate poste su 3 lati. Lo spettacolo (di qualsiasi tipo) avveniva in basso al centro. L’edificio circolare posto sul declivio di una collina (prima in legno e 1 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ poi in muratura) sarebbe comparso solo nel IV secolo a.C. Tale struttura presenta alcuni elementi essenziali: il koilon (cavea) per gli spettatori, l’orchestra con l’ara divina al centro, sede del coro, due parodoi per l’ingresso del coro ai due lati delle gradinate, il proskenion, cioè il luogo dove agivano gli attori, la skenè di pietra che assunse sempre più le fattezze di un palazzo reale, con porte praticabili. Dietro alla skenè erano posti i magazzini e i camerini. Inizialmente poeta e regista coincidevano. Gli attori, solo uomini, erano sostanzialmente cantori che dovevano elevarsi ad eroi fuori dal comune, perciò la loro figura veniva innalzata e ingrandita con l’uso di costumi particolari: i coturni e delle imbottiture per il corpo. Essenziale è l’uso della maschera. Insieme ad un’alta parrucca, contribuisce ad ingrandire l’aspetto dell’attore, ma allo stesso tempo lo “priva” di se stesso, dandogli le fattezze, seppur stilizzate, dell’eroe che rappresenta. Le maschere portavano tratti particolari per cui i personaggi ad esse associati erano immediatamente riconoscibili dagli spettatori. Inoltre, la maschera nascondeva un megafono per amplificare la voce. I costumi erano convenzionali, contemporanei: si usava il chitone, diverso dalla veste “normale” perché aveva le maniche lunghe ed era colorato. Anche i colori apportavano significati simbolici che contribuivano al riconoscimento del personaggio. Il dramma si evolse fino ad Eschilo rimanendo sempre legato al canto, ad una recitazione comunque cadenzata e poco “realistica”. Ad Eschilo si attribuisce l’aggiunta del secondo personaggio, il deuteragonista e a Sofocle quella del terzo. Non ci furono mai più di tre personaggi sulla scena (ad eccezione di ruoli minori), posto che uno stesso attore ne poteva interpretare diversi durante lo stesso spettacolo. Il coro, in quanto elemento fondatore della tragedia, non venne mai eliminato dalla struttura del dramma: rimase come veicolatore dei sentimenti del poeta-autore. Ad esso erano affidati interventi di tipo “pratico”, come l’esposizione di antefatti o di eventi che non potevano essere messi in scena. Tuttavia non si limita ad esporre tali avvenimenti, ma mostra una commossa partecipazione, o li commenta. Si configura quindi a metà tra spettatore e personaggio. Con Eschilo e Sofocle il coro mantenne una certa importanza, mentre con Euripide esso decadde a commentatore degli eventi. Lo stesso passaggio avverrà nella commedia. L’edificio regale rappresentato sul fondo della scena, poteva assumere altre connotazioni grazie all’aggiunta di dettagli o di altre parti dipinte, in base a quanto il dramma richiedeva. Atti a questo erano i periaktoi. Certamente vennero utilizzati vari meccanismi per entrate o uscite spettacolari, o per movimenti complessi degli attori o per ricreare effetti sonori. Le forme tipiche del dramma greco sono quattro: tragedia, commedia, dramma satiresco e mimo. Aristotele rintraccia nella tragedia la forma più alta di poesia, per il suo potere catartico. 2 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ Egli distingue sei elementi essenziali della tragedia, di cui quattro legati alla dimensione letteraria: il mito da cui il poeta attinge la materia, i caratteri, il pensiero espresso in parole e azioni, la elocuzione cioè lo stile. Gli altri due elementi sono lo spettacolo scenico e la composizione musicale. Le parti della tragedia sono: 1-prologo, 2-parodos, 3-gli episodi, 4-gli stasimi, cioè gli intermezzi del coro, 5-l’esodo. Gli umanisti italiani del XVI secolo ricavarono dalla Poetica di Aristotele le tre unità della tragedia: di tempo, di luogo e di azione. -unità di azione: il dramma si deve riferire ad un unico personaggio principale e ad un unico evento della sua vita che inizia, si svolge e si conclude. Inoltre, bisogna sempre tenere distinti i generi. (Anche se non era proprio così) -unità di tempo: le tragedie (la trilogia) si svolgevano nell’arco di una giornata, per questo gli eventi cercavano di seguire lo scorrere del tempo reale e le azioni si limitavano nel tempo. -unità di luogo: le tragedie si svolgono per tutta la loro durata nello stesso luogo, attenendosi ai limiti della scena rappresentata, salvo poche eccezioni. Queste “regole” vennero codificate a posteriori: gli autori greci erano guidati dal loro gusto classico per la verosimiglianza e per la semplicità, non da imposizioni (da cui le diverse eccezioni). Lo stesso discorso è applicabile alle altre convenzioni del teatro classico, come i pochi personaggi, il non rappresentare catastrofi sulla scena. Il dramma satiresco era una farsa di soggetto mitico, la cui invenzione è attribuita a Pratina. Presto venne aggiunto alle trilogie di tragedie che divennero, quindi, tetralogie. La struttura tecnica era sostanzialmente quella tragica, ma il suo spirito era buffonesco. La commedia era anch’essa una composizione di carattere buffonesco ma si basava su materie di vita contemporanea. La commedia attica antica era solita mettere in scena personalità contemporanee ed era divisa in due parti dal canto del coro detto parabasi. La commedia nuova invece non fa riferimenti specifici, ma mette in scena “tipi” di personaggi; la sua andatura è più prosaica, ma sempre in versi, e non c’è più il coro; presenta una scenografia multipla, con i luoghi mostrati tutti insieme e i suoi attori sono quattro. Il mimo era una farsa popolare nata nelle feste. Restò un genere inferiore, non essendo mai ammesso alle gare poetiche. 3 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ In tutte le forme del teatro greco, quindi, a “regnare” è il poeta, che spesso si rivolge a sussidi musicali per scrivere i suoi versi i cui interpreti sono come “enormi statue viventi” i quali restituiscono al pubblico l’immagine stilizzata della vicenda, incorniciata, più o meno idealmente, dal coro. L’attore greco, diversamente da quanto sarà per quello romano, era una personalità apprezzata ed onorata, essendo “sacerdoti” del rito teatrale. Il teatro era infatti una vera e propria funzione di stato cui presiedeva l’Arconte Eponimo, le cui spese erano sostenute da ricchi privati. Le gare poetiche si svolsero a partire dal VI secolo a.C., ad Atene avvenivano una volta l’anno ed il popolo partecipava gratuitamente. Il poeta vincitore poteva godere di grande gloria. Quando i costi crebbero oltremodo, Pericle istituì il theoricon per pagarlo con il denaro dello Stato. Eschilo Tra i suoi tratti biografici sono da segnalare, in relazione alla sua opera, la partecipazione alla battaglia di Salamina contro i persiani e la sua formazione religiosa, in particolare con i riti sacri a Demetra. Scrisse in tutto circa 90 tra tragedie e drammi satireschi (di cui rimangono solo sette) e fu il poeta più vittorioso della sua epoca, almeno fino all’esordio di Sofocle. Tutti i soggetti sono tratti dalla mitologia e dai poemi omerici. A lui vengono attribuiti, oltre alla creazione del dramma stesso, l’introduzione dei coturni e delle maschere. Le supplici: rappresentata forse nel 490 a.C., quantunque presenti i due attori in scena, il Coro mantiene la parte di “protagonista”. Dal punto di vista tecnico, si tratta quindi di un embrione di dramma: rappresenta solo il primo momento di una trilogia le cui altre due parti sono andate perdute. Pare che sia stata eseguita ancora senza apparato scenico, nell’orchestra attorno all’altare. I persiani: rappresentati nel 472 a.C., presentano uno sviluppo drammatico già più articolato. Anch’essi parte di una trilogia andata per il resto perduta, ma la loro maggiore complessità permette di conferirgli un compiuto interesse drammatico. Qui Eschilo propone gli echi dei suoi sentimenti riguardo la battaglia di Salamina: non si gloria del suo successo, ma mostra comprensione e pietà nei confronti del nemico. Rimette il merito della vittoria non ai soldati, quanto alla divinità desiderosa di colpire Serse per la sua tracotanza. In primo piano, al posto del coro, abbiamo qui i personaggi: Atossa, l’ombra di Dario, il messaggero, Serse. I sette contro Tebe: rappresentati nel 467 a.C., parte del ciclo tebano ripreso poi da Sofocle. Qui il dramma si complessifica e pur essendo tutto raccontato (la battaglia e le uccisioni non potevano 4 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ essere mostrate), gli eventi vengono riferiti man mano che accadono. Segna un’evoluzione sia per l’accrescimento del numero dei personaggi (ci sono anche Antigone e Ismene), per la disposizione dei colpi di scena, ma soprattutto per l’individualismo caratteriale di Eteocle: è il primo carattere eschileo. Il nuovo Eschilo e l’ “Orestiade”: La trilogia è formata da Agamennone, Coefore, Eumenidi. Offrono singolarmente dei drammi compiuti grazie alla loro complessa struttura di drammi raccontati ma anche agiti, ricchi di scontri drammatici ed effetti scenici. C’è una tecnica nuova, vicina al dramma moderno. Il cambiamento è dovuto alla concorrenza di Sofocle nelle gare poetiche; egli aveva, infatti, introdotto il terzo attore nei suoi drammi, con possibilità di sviluppi drammatici molto più vari. Soprattutto, i personaggi erano veri e propri caratteri. Ed Eschilo si adegua. La trilogia espone una serie di quei motivi che saranno propri della grande Tragedia classica: l’ineluttabilità del Fato, l’ereditarietà del delitto, il contrasto tra legge umana e divina. Eschilo inserisce uomini e donne di grande personalità, all’interno di un conflitto atroce che tuttavia si risolve nella calma. Prometeo incatenato: precedente all’Orestiade, sarebbe stato la seconda parte di una trilogia dedicata a Prometeo. Appare qui per la prima volta tra le tragedie a noi note il tritagonista ed i personaggi presentano tutti un “divenire” durante il dramma, ma soprattutto appare chiara, come elemento di discostamento tra le altre opere del poeta, l’irreligiosità della vicenda. Glorifica Prometeo ribelle contro una divinità crudele: Zeus. Queste questioni hanno sollevato dubbi sulla paternità di Eschilo su quest’opera. Il carattere principale di Eschilo rimane la religiosità, anche se essa a volte può non coincidere con quella comune. Egli tende a vedere in Zeus una divinità unica, quasi in un monoteismo, che punisce chi pecca. Il poeta scorge nelle vicende umane una forza che si configura come giustizia inesorabile che punisce non solo il colpevole, ma tutta la sua stirpe. Da questo deriva anche la violenza del suo stile, sempre di “gigantesca potenza”. Oltre alla potenza verbale, la magnificenza si esprime anche nelle fisionomie dei personaggi sempre più riconoscibili, più eroici. Non riproduce la realtà, la sublima. Sofocle Sofocle visse durante il periodo d’oro della Grecia, figlio di una ricca famiglia e con un’alta istruzione. La critica gli riconosce centoventitré drammi di cui solo sette tragedie ci sono giunte. Fu tanto apprezzato dalla comunità ateniese non solo per la sua opera poetica. 5 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ La riforma tecnica fondamentale che Sofocle apportò al dramma fu l’aggiunta del terzo attore, frutto della più ricca e complessa visione che l’autore ebbe della tragedia. Infatti, ogni sua tragedia acquista completa autonomia rispetto alle altre due componenti della trilogia, che potevano anzi essere scollegate tra loro. Il carattere sempre più drammatico dei drammi risulta anche dal sempre più vivace sviluppo dei contrasti, titi mirati alla persuasione dello spettatore. Risultato di questo è certamente una “umanizzazione” dei personaggi che sono sì idealizzati, ma più accessibili degli eroi eschilei. Essi sono caratterizzati da una psicologia mutevole e dinamica, che permette di sveltire i dialoghi, arrivando durante i botta e risposta a far parlare due personaggi nello stesso verso (antilabè). Anche il coro si fa sempre più personaggio. Aiace: per costruzione e concezione è, in un certo senso, la più rudimentale tra le opere sofoclee e per tanto è stata collocata agli esordi della sua carriera. E’ una tragedia di carattere grandioso sulla morte dell’eroe, accompagnato da sua moglie Tecmessa. Rimane comunque trattata scenicamente in modo elementare. Antigone: è opera ammirata per la sua misura e per l’efficacia scenica, tutta raccolta attorno alla figura della giovane protagonista, nei confronti della quale non mancano tuttavia accuse di crudeltà (verso la sorella Ismene) o di tradimento e contraddizione. Il vero è che Antigone ha costruito da sé il suo essere eroina e le sue finali dubitazioni sono squisitamente sofoclee, nel senso che si configurano nella costruzione di personaggi sempre meno “eroi” e più “uomini”. Anche il tiranno Creonte ha, di fronte alle parole di Tiresia, la sua crisi e torna sui suoi passi, anche se ormai è troppo tardi. E così si potrebbe parlare anche di Ismene e di Emone. Elettra: per l’identità del tema trattato, si presta al confronto con le Coefore di Euripide, mentre in Eschilo il confronto tra la protagonista e Clitennestra rimane in secondo piano. Qui, al contrario, le due donne si scontrano apertamente, in una tragedia ricca di particolari e a tratti esagerata nei caratteri dei personaggi. Filottete: presenta una chiara influenza euripidea in un Sofocle ormai anziano: la tragedia viene risolta dal “deus ex machina” con la restaurazione di un equilibrio felice, ed in generale i caratteri sono molto più umani dei precedenti. Le Trachinie: il contrasto tra personaggi si fa più vivo che mai con la vicenda di Eracle e Deianira. Ampiamente ed aspramente criticata, soprattutto per motivi tecnici: è sostanzialmente una successione di sei episodi con al termine l’intervento di Eracle. Non si può, tuttavia, tralasciare l’effetto tragico dei due grandi caratteri che essa contiene: quello eroico di Eracle e quello tenero e intimo di Deianira. 6 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ Le tragedie di Edipo: (“Edipo Re” e “Edipo a Colono”). Nel dramma di Edipo Re si intrecciano, con una pionieristica tecnica “investigativa”, i motivi più terribili della tragedia umana: l’ineluttabilità del Fato, il riconoscimento di se stessi diversi da come ci si credeva di essere. Bisogna qui accettare la visione del male come una malattia: si può cadere in colpa anche involontariamente; solo più tardi, nell’Edipo a Colono, Sofocle farà dichiarare al suo protagonista che in realtà non ha peccato, perchè non sapeva. Non sarà per questo, comunque, che Edipo morirà riconciliato con se stesso e con gli dèi. Le sue opere sono profondamente diverse da quelle eschilee: sono più pure e semplici, i suoi personaggi più umani, ma le sue vicende sono ugualmente terribili e crudeli: sovente Sofocle non si ritenne dal portare sulla scena atroci sofferenze, come gli occhi cavati di Edipo, o il corpo ustionato di Eracle, la sofferenza fisica di Filottete. Differisce soprattutto lo spirito dei due poeti: se in Eschilo si rintraccia l’inclinazione a scoprire una forma di legge di giustizia che regola l’esistenza dell’uomo, nel successore Sofocle questa prospettiva viene interrotta dalla convinzione, più pessimistica, che la vita umana non sia altro che un divertimento per le divinità. In Sofocle non esiste Dike e non esiste catarsi, il volere umano è solo un’illusione, e la sola consolazione (catarsi) è l’opera dei poeti, tramandatori del sempre uguale e inesauribile dolore umano. Euripide Autore di una generazione successiva rispetto agli altri due, presenta una religiosità diversa da quella tradizionale, dovuta allo spirito razionalistico e di innovazione che fu conseguenza della vittoria sui persiani a Salamina, dove la tradizione vuole che sia nato Euripide. Fu un personaggio poco amante della vita pubblica e, tra l’altro, neanche il pubblico ateniese lo apprezzò particolarmente, almeno finché rimase in vita. La disproporzione tra tragedie (70) e drammi satireschi (8) che gli vengono attribuiti, sarebbe dovuta al fatto che Euripide sostituì il dramma satiresco al termine delle sue tetralogie con una tragedia a lieto fine. Alcesti: pur muovendo da toni lugubri, l’ingresso di Eracle nella seconda parte conferisce una certa comicità al dramma che si risolve nel lieto evento del ritorno in vita di Alcesti. Medea: benché consti per la maggior parte di racconti e confessioni della protagonista, la tragedia ha caratteri notevoli: il gesto terribile di Medea è, se non giustificato, almeno ascoltato, indagato e compreso dal poeta che ne fa intendere tutte le ragioni anche agli spettatori. Ella esita a lungo nella scelta tra la vendetta, eco della sua barbarità, e il suo amore di madre. Supremamente tragica è la 7 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ scena in cui Medea, rientrata nella casa, uccide i figli di cui si sentono le strazianti grida: la protagonista sceglie di compiere questo atto consapevole di andare incontro ad una perenne infelicità. Durante l’uccisione, il coro di donne rimaste fuori dall’edificio, assiste impotente: qui si sottolinea l’estraneità del coro rispetto all’azione del dramma. Ippolito: la vicenda è tratta da un antico tema, ma profondamente rivisto dall’autore per giustificare in qualche modo le azioni di Fedra e per dare all’evento mitico i caratteri di una verità umana più schietta. Fedra, prima di essere colpevole assassina, è vittima di Afrodite. Le Tragedie di Ifigenia: In “Ifigenia in Aulide” e “Ifigenia Taurica” siamo nel regno dell’intrigo: ciò non esclude la presenza di grandi caratteri vivi e commossi, come quello di Agamennone nella prima tragedia. La scena dell’arrivo di Ifigenia e della madre Clitennestra nell’accampamento con il conseguente incontro con Achille sfiora la commedia: la sola figura puramente tragica è quella della protagonista. Più espressamente l’intrigo sarà prevalente nella seconda tragedia. Elettra: ulteriormente umanizzata rispetto alle equivalenti eschilea e sofoclea, l’Elettra di Euripide, seppur spinga il fratello Oreste ad uccidere la madre, quando assiste all’omicidio si sente mancare. Il tema è ripreso in toni certo meno grandiosi rispetto alla tradizione tragica, ma sovento suggestivi e ricchi di intima commozione. Le baccanti: considerata l’opera per eccellenza dionisiaca e religiosa: il poeta scettico, da vecchio, avrebbe ritrovato la fede. La vicenda riprende i tradizionali riti del culto bacchico: secondo gli antichi scrittori, durante questi eventi, fra le donne greche dilagava una vera e propria follia, che nessun oppositore poteva fermare, andando incontro alla feroce ira delle Menadi. E proprio questa crudeltà delle donne fa ragionare sul carattere religioso dell’opera: ci fa dubitare se il poeta non spinga lo spettatore addirittura ad una ripugnanza del rito stesso, più che alla venerazione. Il ciclope: unico dramma satiresco giunto a noi per intero. Sull’antica trama omerica, Euripide ha intrecciato i più rudi e popolari temi della comicità e soprattutto uno spirito terriero e selvatico conferendo all’opera il sapore dionisiaco. Il trionfo delle opere di Euripide, come s’è detto, cominciò solo dopo la sua morte e durò per secoli, con alterne vicende. Quasi venerato dai suoi diretti successori, ripreso dai poeti latini e citato dai Padri della Chiesa e scrittori cristiani, subì poi una svalutazione alla quale solo nell’Ottocento seguì una nuova esaltazione delle sue tragedie. Sia dai sostenitori che dai detrattori, viene notato comunque (con giudizi differenti) l’utilizzo di misure mediocri, psicologie modeste e quindi più realistiche che nulla avevano a che vedere con la magniloquenza della grande tragedia originaria. 8 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ Il razionalismo di Euripide è volto a rivendicare un’etica più ragionevole e umana, diremmo oggi che le sue opere sono “laiche”. Egli vagheggia piuttosto un’umanità migliore, regolata da leggi etiche e sociali più giuste. Per questo la prima caratteristica delle sue figure è la rassomiglianza al reale, inserite in drammi che non presentano innovazioni tecniche rispetto ai precedenti, anzi che riprendono le convenzioni teatrali già esistenti. La commedia antica e Aristofane Origini della commedia. Come in altri luoghi, anche in Grecia fin dai tempi più remoti ci furono buffoni girovaghi che divertivano il popolo imitando e caricaturando la vita umana. Famosi furono soprattutto quelli attivi in Magna Grecia, noti con il nome di Filiaci. I temi erano gli stessi di ogni farsa di tipo popolaresco: le vicende più basse della natura umana, dai bisogni fisici alla lotta per l’esistenza. Le terre italiche avrebbero, tra l’altro, dato i natali al primo commediografo greco, Epicarmo vissuto a cavallo tra VI e V sec a.C. il quale avrebbe il merito di essere stato il primo a trarre da queste piccole scene delle vere e proprie commedie. I temi trattati potevano derivare dalle vicende mitologiche ma anche dalla vita quotidiana che anzi assumevano un ruolo di rilievo. La “Commedia attica antica”: di questo tipo di spettacolo era certamente più proprio il lirismo e il dichiarato fine la riproduzione della vita mediocre di tutti i giorni; vi troviamo tuttavia la forma in versi e addirittura i cori nella parabasi. Questo perché anche all’origine della commedia ci sono motivazioni religiose ed in particolare dionisiache. Come la tragedia muove dal ditirambo, la commedia nasce invece dai cori intonati durante le processioni dette falloforie, versandovi all’interno il contenuto buffonesco degli istrioni. Aristofane: delle sue numerose commedie - le uniche ad essere giunte fino a noi - ce ne rimangono undici. Libera da ogni restrizione di tempo e di luogo, la commedia di Aristofane è una sorta di bizzarra fantasia. Non aveva una scena unica, ma rappresentava più luoghi contemporaneamente lasciando gli attori di muoversi da un luogo all’altro. Tutte le commedie sono divise in due dalla parabasi; nella prima parte si espone l’antefatto ed il protagonista si avvia nella attuazione della vicenda, attraverso vari contrasti, al termine dei quali proclama un discorso che gli dà vittoria; qui interviene il Coro che si rivolge agli spettatori come apologia del poeta; la commedia poi riprende con i festeggiamenti del protagonista e la conclusione. I temi trattati toccavano tutti i problemi della vita pubblica del tempo del poeta. 9 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ Gli argomenti: La contemporanea guerra del Peloponneso è uno degli argomenti più trattati e il poeta mostra un sentimento popolare pacifista e ostile al governo. In questo filone si possono inserire commedie quali gli Acarnesi, La Pace, con un’accesa metafora negli Uccelli, e certamente tante altre. Commedie di stampo più satirico sono invece le Ecclesiazouse, le Vespe, le Rane, le Nuvole. Nell’adottare pienamente i mezzi della farsa popolaresca a fini comici, Aristofane portò sulla scena momenti della più sfrenata oscenità eppure con versi di elevata tecnica e con i canti dei cori. E l’allusione personale nelle commedie di satira, talvolta oltrepassa il valore immediato per bollare invece un carattere di verità sempre uguale. Comunque non si può dire che egli abbia tracciato veri e propri caratteri, i “tipi”, come sarà per i suoi successori, quanto più dei portavoce dell’anima popolare che tuttavia ci appaiono così immutabili. Questa eterna attualità, a pensarci bene, rimane però limitata: solo gli spettatori ateniesi poterono godere appieno delle sue opere che adesso, ad essere rappresentate, perderebbero innanzitutto per via della traduzione impossibilitata a rendere gli stessi giochi di parole, e poi per le messe in scena spesso non riproducibili. E con questo si toglie lo spirito del poeta dall’opera. In questo si possono riconoscere alcuni perpetui motivi comici, offerti dall’ateniese a quelli che gli sono succeduti; è questo che gli legittima la dicitura di “padre della Commedia”: colui che elevò la materia prima dei divertimenti popolari ad arte. La commedia nuova e il mimo Dalla Commedia attica di mezzo alla Commedia attica nuova: la commedia di mezzo corrisponde ad un periodo di decadenza per Atene e per la Grecia tutta, con l’imposizione del governo spartano e la ripresa delle ostilità tra le due città. Anche i drammi si fanno, quindi, specchio di un popolo sempre più imborghesito e spento. I principali caratteri delle commedie di questo periodo sono: l’abolizione della satira personale e del Coro, entrambi per ragioni pratiche (non vi era libertà di espressione e per risparmiare denaro), la rappresentazione di una vita più “generica”. D’altra parte, Aristofane stesso scrisse commedie di questo tipo alla fine della sua carriera e due suoi figli sono i maggiori esponenti del nuovo modo di scrivere. Giungiamo alla commedia nuova che vuole essere una rappresentazione della vita dei cittadini e dei loro costumi, in genere dei casi più ridicoli e delle debolezze e vizi più mediocri. Si utilizza un’unica scena fissa, in genere con l’ingresso di due abitazioni e uno spazio pubblico. I personaggi sono da nove a undici, con tre o quattro attori che si alternano sul palco; i loro costumi sono ancora codificati tramite i colori e alcuni particolari, con l’uso delle maschere. 10 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ Menandro: autore largamente tradotto e ripreso dai commediografi latini, di lui ci sono giunti frammenti anche abbastanza lunghi. E’ il rappresentatore d’una vita borghese molto scarsa di vera moralità attraverso avvenimenti avventurosi con tipi e figure che tuttavia presentano fisionomie umane. Non abbandonò comunque le linee marcate nella recitazione, la comicità vivace con grandi colpi di scena, ricorrendo a intrighi macchinosi e complicati che si assomigliano un po’ tutti. Due grandi innovazioni apportate da Menandro sono: l’aver semplificato e dimesso il tono altiloquente del discorso, rendendolo vicino alla prosa e il modo di rappresentare i caratteri. Nelle sue opere manca comunque quella vis polemica insita nella satira aristofanesca, volta ad una vera e propria denuncia di quanto rappresentato: qui troviamo invece una più sconsolata accettazione della mediocrità della propria esistenza. Il mimo: dopo la morte della commedia, l’unico genere ad avere una certa risonanza nel tempo, fino a Roma, fu il Mimo. Fu in origine una rappresentazione popolaresca, in cui il buffone di turno divertiva il pubblico con varie imitazioni, sviluppando con il tempo un intreccio e assumendo forme diverse (realistico e lirico). Il teatro romano Spirito greco e spirito romano: con i primi contatti tra i due popoli, avvenuti nel II sec a.C. durante l’espansione dell’impero romano, le due culture iniziarono a fondersi: la fredda intelligenza romana si fa tramite della cultura ellenica, assimilandola e trasmettendola con il proprio senso di ordine e chiarezza. Nel caso specifico del teatro, la rielaborazione è meno evidente, soprattutto per i commediografi Terenzio e Plauto. Quanto all’unico tragediografo a noi noto, Seneca, egli scriveva le sue opere per la lettura e non per la rappresentazione. Per certi versi, però, la commedia latina seppe superare quella greca. Prime forme di teatro romano: tipicamente italico è lo spirito di beffa e satira che era anche alla base del teatro dell’Ellade; Quintiliano scrisse “satura tota nostra est”. L’attaccamento latino al reale e al concreto lo inducono a ridere degli illusi, delle fantasie, perciò inizialmente l’unica forma di spettacolo teatrale era quello comico rivolto al popolo della campagna. Anche in questo caso le rappresentazioni si tenevano in occasione di feste religiose, come i Ludi maximi, anche se gli spettacoli non avevano alcun carattere di religiosità. Abbiamo diverse forme: Fescennino: il nome deriverebbe da una città etrusca, come etruschi erano i primi attori giunti a Roma, i quali per ragioni linguistiche dovevano limitarsi a recitare con 11 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ la sola mimica. Si basa su dialoghi scurrili tra contadini, specialmente durante il periodo della vendemmia. Un’ipotesi più moderna vuole invece che l’etimologia sia “fascinum”, ossia il malocchio contro cui venivano intonati questi primitivi canti. Satura: deriva dal nome di un piatto contadino che si mangiava durante le feste, contenente ogni sorta di alimento, così come questo genere era una miscela di tanti stili: canti, dialoghi, danze. Solo più tardi il termine assunse il significato che gli attribuiamo anche oggi. Atellana: deriva dalla città campana di Atella, i popolari attori che la recitavano mascherati finirono per assumere ruoli fissi, progenitori delle future maschere italiane. Per un certo periodo fu anche improvvisata da giovani cittadini romani che non erano attori di mestiere (i quali venivano invece criticati). Quando il teatro assunse una forma regolare, le atellane vennero rappresentate alla fine del dramma principale per poi divenire un genere letterario. Mimo: anche qui troviamo le maschere, si evolverà in un genere privo di dialoghi e suoni. Primi drammi letterari: Andronico e Nevio. Quando Roma, nel III sec a.C. viene a contatto con la Magna Grecia, Livio Andronico pensa di apportare alle primitive forme di teatro un vero e proprio valore estetico. La sua grande innovazione fu quella di utilizzare nelle opere teatrali la misurazione del verso per “quantità” come avveniva in Grecia, e non per sillabe. Probabilmente i suoi drammi si allineavano con i caratteri della commedia nuova. Egli risolse il problema della censura mantenendo le ambientazioni e i personaggi greci, pur rivelando caratteri comuni a tutti, greci e romani. Il successo di Andronico incoraggiò Gneo Nevio a provare drammi di soggetto romano, sia antico che contemporaneo; più avanti inserì elementi di satira con allusione personale e venne prima imprigionato e poi esiliato. La scena romana e i suoi generi drammatici: la commedia si attenne perciò al tema greco (commedia palliata), differenziandosi da quella a tema latino (togata. La tragedia è invece praetexta). Oltre all’abolizione del coro, non vi è altra differenza tecnica tra le tragedie latine e le originali greche. La commedia invece, con attori i quali recitano, cantano e danzano, è profondamente diversa da quella greca. Lo stato romano assunse il controllo e la cura degli spettacoli teatrali nel momento in cui questi iniziarono ad avere un forte impatto sociale. Inizialmente si costruirono edifici provvisori, in legno, ma poi anche in pietra e marmo. La costruzione di edifici stabili cominciò nel I sec a.C., il primo dei quali fu quello di Pompeo. La scenografia era quella ereditata dai greci, con i tre tipi di scene plastiche elencate da Vitruvio: tragica, comica, satiresca. Gli spettacoli furono fin dal principio una 12 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ forma di guadagno per l’impresario, in quanto erano gli edili a pagare tutte le spese. Gli attori erano originariamente reclutati tra gli schiavi poiché il mestiere veniva mal considerato; essi erano tutti uomini e potevano recitare più parti, ma si distingueva il primo attore da quelli generici. Si usavano calzature diverse a seconda del tipo di dramma e era in uso la maschera: essi contribuivano all’immediato riconoscimento del personaggio, sempre riconducibile a un carattere. La commedia romana Vita e opere di Plauto: (III-II sec a.C.) di umili origini, acquisì denaro e fortuna grazie alle sue commedie, tanto che autori minori tentavano di vendere le proprie opere con il suo nome. Di lui ci sono giunti 21 titoli, tutti tratti dalla commedia nuova anche se non possiamo sapere a che livello poiché non abbiamo gli originali greci: vi ritroviamo gli stessi schemi e tipi che si perpetueranno poi fino al XVIII secolo. Uno dei tipi più famosi è il miles gloriosus, derivato dal personaggio di una commedia greca, padre di molti personaggi della commedia italiana; il miles plautino, però, assume caratteri quasi inumani per la sua comicità così sfrenata, oltre ogni caricatura. Più umano è l’avaro dell’Aulularia: ripreso, tra gli altri, da Moliere (grande rifacitore di commedie plautine). Se è vero che Plauto ha ripreso soggetti greci per le sue opere, non si può dire che non abbia aggiunto nulla di suo: rispetto alle commedie di Menandro, la condotta scenica rapida e i dialoghi violenti sono una novità; non vi sono accenni di sentimento o psicologia, i suoi caratteri vivono negli equivoci dell’azione drammatica. Originale è poi la sua metrica estremamente varia, con discorsi d’una latinità piuttosto arcaica. Tramite i personaggi greci, egli racconta persone e sentimenti del suo popolo e del suo tempo, come si intuiva, anche per gli spettatori contemporanei, dall’uso di costumi e usi romani. Ennio e Pacuvio: Ennio, padre della poesia epica romana, è contemporaneo di Plauto; di lui ci sono giunte soprattutto tragedie praetextae che sembrano attestare uno spirito positivo e filoromano nell’affrontare argomenti etici e morali. Insieme a quelle del nipote Pacuvio, le sue opere attestano la nascita di una letteratura Latina e del pregio letterario del Teatro, cui corrispondono i successi di pubblico e le prime reazioni “avanguardistiche”. Terenzio: (II sec a.C.) schiavo di origine africana, affrancato, frequentò i salotti culturali della Roma del suo tempo, iniziando a scrivere giovanissimo le sue commedie: il suo stile raffinato e delicato non trovò apprezzamenti presso il pubblico abituato alla violenza del discorso plautino. Derivando entrambi le opere dalla commedia di Menandro, è chiaro che abbiano dato due interpretazioni 13 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ diverse degli stessi soggetti. I personaggi di Terenzio non sono mai esagerati, anzi si lasciano andare a sentimentalismi, hanno sempre un certo rispetto per gli altri, si pongono domande sulle loro azioni. Tutto questo veniva messo in scena, però, in una cornice non adeguata, con gli attori che recitavano con i grossi mascheroni fissi che nascondevano un megafono: non c’è da stupirsi se la raffinatezza dell’opera terenziana sia risultata evidente non ai suoi contemporanei, ma a quelli che ne hanno letto le commedie negli anni - e secoli - successivi. In questi anni gli autori si indirizzano con più coraggio anche verso la commedia togata, anche se l’ambientazione non è ancora Roma, ma piccole città italiche; le opere narrano di gente comune, con problemi soprattutto di tipo familiare. Le togate rispecchiano gli usi e costumi romani: gli schiavi sono molto più sottomessi, le donne hanno parte più attiva. La tragedia romana, il mimo, gli spettacoli circensi La tragedia romana e Accio: Cicerone attesta che nei grandi teatri di pietra sorti, dall'ultimo secolo della Repubblica, a Roma e poi nelle altre città, il pubblico apprezzava sempre di più non solo la commedia, ma anche la tragedia: gli attori recitavano di fronte ad un pubblico, quindi, più colto, almeno in parte. Sembra che il massimo dei tragici latini sia Lucio Accio (II sec a.C.): delle sue quaranta tragedie, solo due sono praetextae ma lo stile era pacato ed essenziale, vicini alla saggezza e persuasività dell’oratoria. Dal mimo al pantomimo: la stragrande maggioranza del popolo romano, comunque, continuava a chiedere più che il Dramma, lo Spettacolo: così le forme letterarie, per compiacere questa moltitudine, decadono impregnandosi dei due caratteri che più confacevano ai romani; l’oscenità e l’allusione politica. l’Atellana acquista autonomia rispetto agli spettacoli principali, riferendosi alla vita del popolo minuto, a feste popolari e più raramente ad argomenti mitologici. Le satire politiche in epoca imperiale furono spesso scontate dai suoi autori. il mimo, con alterne fortune, non era solo scurrilità. Nel tempo assunse forme più complesse e più ampie. un’evoluzione del mimo, che accettava anche attrici donne, vide la totale scomparsa della parola in favore della gestualità con l’azione accompagnata da una musica. Gli 14 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ argomenti erano tratti da drammi e poemi noti al pubblico, ma soprattutto vicende amorose. Fu un genere apprezzatissimo. Per reazione a questa concorrenza, commedia e tragedia moltiplicarono gli splendori della messa in scena: i registi riprendevano le opere di autori repubblicani e le riproponevano come pretesti a coreografie spettacolari, simili al circo. I romani, nel far sorgere i primi grandi teatri stabili, si ispirarono alla forma greca ma con alcune differenze: non sorgono su declivi collinari cavea e proscenium si dividono il circolo esattamente a metà non essendoci il coro, l’orchestra contiene i posti per le autorità il proscenio è molto ampio, sormontato da un tetto e da un certo momento, anche con un sipario sulla cavea veniva distesa una copertura per il sole il teatro comprende anche luoghi di incontro e ristoro Spesso questi edifici si confusero con gli anfiteatri per il circo; per la loro enormità, la messinscena sopraffece la parola. Seneca: (I sec d.C.) aspirando la rinascita della grande tragedia, rifiutava le forme a lui contemporanee e quindi si dedicò alla stesura di un’opera destinata alla sola lettura. Espresse in nove tragedie, tutte di argomento greco, gli stessi ideali veicolati dalle sue opere filosofiche e scientifiche: la fede stoica e laica, il pessimismo per il presente, l’aspirazione ad un mondo migliore, la speranza nella vita oltremondana. Queste tragedie vennero, come detto, pensate per essere lette a una cerchia ristretta di ascoltatori in qualche luogo chiuso: da ciò il carattere oratoriale. Sono costruite secondo le regole scolastiche: divise in cinque atti, non più di tre attori, un commento del coro alla fine di ogni atto; constano per la maggior parte di soliloqui. La Chiesa contro il teatro: con la decadenza dell’Impero, decade anche il teatro lasciandosi andare alla corruzione dei costumi, importando dal circo anche il gusto macabro delle torture. E’ naturale, quindi, che vi si scaglino contro i portatori del nuovo messaggio cristiano. Anche nei primi secoli del Medioevo, il paganesimo persiste, nei costumi e nell’animo; una delle più appariscenti espressioni è, appunto, il Teatro. All’empietà e immoralità dell’argomento trattato, si univano i mezzi della rappresentazione, nelle azioni violente, nella non pudicizia tanto delle attrici quanto degli attori che interpretavano parti femminili. L’insistenza con cui i Padri della Chiesa sostenevano la battaglia contro il teatro ci fa intuire quanto ancora il successo di pubblico fosse grande; tuttavia instillarono 15 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ nel pensiero dei nuovi cristiani l’idea della professione attoriale come immorale, in quanto gli attori offrivano se stessi al diavolo, essendo il teatro il suo tempio. Il far sfoggio di se stessi, fingendo di essere altro da sé, non poteva essere accettato. Questa critica, comunque, si rivolge solo ad un tipo di teatro: quelle allora in voga. E allora la Chiesa pensa di sostituire ai grandi eroi greci, le gesta dei martiri, dei santi, degli apostoli, conferendo alle rappresentazioni una funzione sacerdotale: rinasce il Teatro come Teatro cristiano. Parte seconda: il Medioevo Origini e forme del teatro medievale Si distinguono più elementi tra le forze che costituirono la storia del Medioevo. L’elemento barbarico, conquistatore dell’Europa, ma conquistato subito dalla Chiesa, nel perpetuo ricordo della Roma imperiale. Il Teatro, quindi, rispecchia queste tendenze: da un lato gli eruditi studenti tentano di perpetuare la Letteratura antica, dall’altro le ben più nutrite fila di scrittori religiosi, i quali tentano la conciliazione del vecchio col nuovo. Infine, un Teatro popolare: sia nell’aspetto buffonesco dei mimi, sia nell’aspetto rituale cristiano che tanta fortuna avrà nei secoli a venire. I tentativi letterari di dramma cristiano risentono delle nostalgie verso la Letteratura classica, forse riconducibili ad un primo tentativo di dramma biblico del I secolo. La Chiesa greca, comunque, poco ebbe a che fare con la nascita del Teatro in Occidente. L’influenza classica nel Dramma cristiano della Chiesa latina: Rosvita. Monaca sassone del X secolo. Nei suoi sei piccoli drammi, si era riproposta di imitare Terenzio, ma ne sviluppò un’opera nuova, con una prosa ritmica raffinata dall’eleganza terenziana. Tutti i drammi sono ispirati all’elegio della castità, forte elemento di distacco dal teatro classico, come pure l’argomento attinto dalle storie dei martiri e dei santi, adottando la tecnica dei continui mutamenti di scena, tanto che sembra che ai testi scritti manchi “qualcosa”. Chiesa greca: le Omelie drammatiche. anche nel mondo cristiano il Teatro rinasce dal rito, spontaneamente e contemporaneamente sia a Oriente che a Occidente. Il Teatro greco-bizantino nascerebbe dalla propaganda dei cristiani eretici che decisero di offrire al popolo spettacoli sacri, introducendo nei riti la gesticolazione propria dei mimi. Un documento del Concilio di Costantinopoli pare attestare una certa abitudine alla rappresentazione sacra, dandone delle prescrizioni precise 16 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ per la figura di Gesù nella Passione. Queste si sarebbero sviluppate quando le omelie vennero fatte in forma dialogica a scopi didattici. Il teatro in quest’area avrà comunque ben poco sviluppo e risonanza se paragonato a quello di matrice latina. Chiesa latina: dalla Messa al Dramma liturgico. Il teatro nuovo nasce dalla liturgia romana, la quale venne diffusa in tutto il mondo cattolico e pervasa di elementi drammatici, per il forte contenuto simbolico, nonché per la dimensione dialogica, in particolare dei riti della Settimana Santa che precede la Pasqua. Di questi prime forme di Teatro cristiano, dette “dramma liturgico” fa parte il “Quem quaeritis” in uso a Montecassino. Le caratteristiche sono: l’essere legato alla dimensione rituale, la lingua latina, l’essere rappresentato da sacerdoti nella chiesa. Un elemento relativamente libero era, qui, la musica. Questa forma finì col consentire una larghezza sempre maggiore, arricchendosi e umanizzandosi, assumendo tratti del vero e del comico, introducendo frasi in volgare nei testi latini ormai incomprensibili ai più, allontanandosi dall’altare della chiesa, verso il sagrato e poi nella piazza. Gli spettacoli comici nell’alto Medioevo. Accanto allo spettacolo sacro, persiste quello buffonesco e comico, soprattutto opera di istrioni, i soli professionisti del teatro dell’epoca. Distinti da diversi appellativi, malgrado le riprovazioni dell’autorità civile e religiosa, alcuni vennero ampiamente apprezzati dal popolo. Caratteri del Teatro medievale e della sua messinscena. Nell’Europa unificata dal Cristianesimo, anche il Teatro si sviluppò parallelamente da ogni parte. Il teatro religioso spesso si confuse con quello profano, sviluppando particolari realistici, istrionici e non di rado di sconcezza; d’altro canto il teatro comico tentò di darsi una giustificazione etica. Tutti gli spettacoli medievali hanno come caratteristica essenziale la concezione della scena multipla, per cui non si cura né dell’unità di luogo, né di quella di tempo e di argomento. Il palcoscenico medievale non rappresenta un luogo, ma l’Universo intero, offrendo tutti i luoghi simultaneamente allo sguardo dello spettatore. Le scenografie, dapprima suggerite o accennate, vennero poi sviluppate, specialmente quando la rappresentazione si spostò all’aperto. Queste scene presero, in Italia, il nome di “luoghi deputati”. La libertà di vagare nel tempo e nello spazio permetteva agli autori di questo periodo di mostrare tutti gli eventi agli spettatori e di fare un teatro agito. Si trattava sempre di attori uomini non professionisti, provenienti da tutte le classi, che si prestavano per l’amor di Dio. 17 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ Il teatro medievale in Francia Il Dramma sacro: Le più antiche composizioni europee di carattere religioso che ci siano rimaste in lingua volgare sono quelle che usano idiomi dei vari territori francesi e collocabili a cavallo tra il 1100 e il 1200. Dalle indicazioni sulla messinscena, ancora in latino, presenti in questi scritti, si intende come l’elemento comico cominciasse a poco a poco a riapparire nello spettacolo sacro. Accanto ad una serie di drammi del secolo XIV, chiamati Miracles de Notre Dame perché risolti sul finale da Maria, come un vero e proprio deus ex machina, troviamo i più vasti e complessi Mistères, di durata lunghissima. Essi venivano rappresentati su palcoscenici provvisori eretti nelle piazze in cui si allineavano i luoghi deputati anche su più piani, tutti dipinti e con l’aiuto di macchine e altri mezzi scenici. Il carattere di queste composizioni, sempre più complesse, è impersonale e anonimo in quanto ogni autore attingeva dalla materia preesistente anche copiandola; questo non toglie che comunque vi possano essere drammi che si distinguono. Da ricordare la Passion di Arnoul Greban (1452) il quale scrisse un’opera mastodontica comprendendo tutta la vita di Gesù, la morte e Resurrezione e, infine, gli Atti degli Apostoli. Ecco che, però. il gusto del pubblico, il cui unico modo di imparare e comprendere un racconto è quello di vederselo rappresentato o narrato, si rivolge anche a storie di natura non religiosa. Ed in questo è aiutato dai particolari profani, presenti in misura sempre maggiore, proprio negli spettacoli sacri; da questo, sempre in Francia, i primi drammi di natura storica, di cui si ricorda il Siège d’Orléans sulle vicende, quasi contemporanee, di Giovanna d’Arco. Il Dramma comico: la forma comica sopravvisse nei secoli, nonostante gli attacchi delle autorità soprattutto religiose, soprattutto negli spettacoli degli joculatores che erano buffoni e suonatori. Attori veri e propri erano invece i jouers de personnages che lavoravano al servizio di coloro che li potevano pagare. Comunque, un teatro comico già organizzato, con attori non professionisti ma specializzati, in Francia lo si trova solo nel secolo XV; in primo luogo grazie alle Basoches, corporazioni di scrivane originariamente dedite a drammi religiosi e poi incanalatesi su altre vie. A loro imitazione nacquero una serie di altre società, molte delle quali muovevano da divertimenti carnevaleschi, legittimando le proprie recitazioni con argomentazioni moralistiche. Da qui il nome Moralités, che per tramite dei soggetti più vari, avevano un fine edificante. Vi erano poi le Farces che volevano fare solo divertire, con caricature di personaggi noti, eccedendo spesso in lazzi volgari. 18 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ Il teatro medievale in Italia Primi saggi di Teatro comico: muove sostanzialmente dalla stessa natura di tutto il Teatro comico del Medioevo. Oltre ai motivi classici, altri sono ripresi da canzoni e danze popolari. Il primitivo Dramma sacro italiano: “Lauda”, “Devozione” ecc. Un’importanza più evidente che altrove l’ha avuta il dramma sacro, sviluppatosi con modi più articolati per via delle numerosi fonti, nuove e originali. La Lauda, propagatasi da riti religiosi in uso in Umbria, fiorì nelle campagne ed era molto più semplice ed esile dei drammi rappresentati in Francia. Si ricordi la compagnia dei Flagellanti che, durante le guerre di metà Duecento, percorse le strade umbre flagellandosi a sangue e predicando penitenza. Questa ebbrezza mistica ricordò ai suoi primi studiosi le esaltazioni dionisiache di cui era colma la tragedia greca. E similmente ad essa, anche nella Lauda umbra presto si passò dalla invocazione lirica alla forma dialogica e drammatica, di cui si ricorda la lauda di Jacopone da Todi (sec. XIII), Il Pianto della Madonna: siamo ancora nella dimensione del “raccontato”. Che la lauda acquistasse carattere di rappresentazione è chiaro anche dalle indicazioni sceniche che ne accompagnano alcune nel secolo XIV, sbocciando nelle Devozioni e, poi, nella vera e propria Sacra Rappresentazione. Apparato scenico e contenuto del Dramma sacro: probabilmente i primi drammi, nelle loro forme più semplici, ruotavano intorno alla presenza di un monte, elemento fondamentale in molti eventi biblici; tuttavia, intorno ad esso, la scena, anche se in modi solo suggeriti, era comunque costituita dalla molteplicità dei luoghi deputati. Quanto all’argomento, si può dire che questi drammi erano fatti sostanzialmente di atmosfere mistiche, animati dal Soprannaturale, in cui i protagonisti sono irrigiditi in una serie di cliches, con discorsi che si ripetono uguali da paese a paese. La “Sacra Rappresentazione” a Firenze e altrove: Il Dramma sacro era nato più o meno contemporaneamente in tutte le regioni italiane. Un’espressione più letteraria la ebbe a Firenze, dove prese il nome di Sacra Rappresentazione, messo in scena da compagnie più o meno famose. Vediamone i caratteri: il palco era eretto, di preferenza, in una piazza dove il popolo accorreva solitamente nel tardo pomeriggio; era diretto dal festajolo in tutte le sue parti; è scritto in volgare, con inserimenti di latino o lingue straniere; gli eventi sono attinti dalla storia sacra; spesso si utilizzavano i costumi contemporanei; si arricchì sotto l’influenza della fastosità delle rappresentazioni mute (quadri viventi, presepe). E presto la scenografia e l’apparato meccanico presero il sopravvento sulla rappresentazione stessa, con l’inserimento di intermezzi coreografici di 19 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ vario genere tra un episodio e l’altro del Dramma. Così i letterati della corte di Lorenzo il Magnifico si presero il compito di dare una vera e propria forma d’arte alla Sacra Rappresentazione. Conclusioni sul Dramma sacro italiano: all’inizio del Cinquecento, ogni forma letteraria in Italia aveva raggiunto un apice, potremmo dire, di perfezione; tranne il teatro. Questo perché il Dramma sacro ha sempre conservato un carattere di “libretto” che trovava il suo compimento e la sua ragione solo nella rappresentazione scenica tramite la messa in scena, la coreografia, la musica. Il teatro medievale in altri Paesi d’Europa Inghilterra: anche qui confluiscono liturgie drammatiche, feste pubbliche e di corte, spettacoli buffoneschi. Il Dramma Sacro in Inghilterra assume varie denominazioni: Mysteries: di argomento biblico, noti già all’inizio del 1100, rappresentati da attori occasionali a scopo religioso in luoghi pubblici, a lungo con scene sommarie. E’ tipica di questa forma la pittura dei caratteri che richiamano vizi e virtù tanto dei nobili quanto del popolo dell’epoca. Più forte che altrove è il sentimento di critica e satira verso il clero e lo stesso papa. Moralities: tramite personaggi allegorici si ponevano l’obiettivo di insegnare qualcosa, che fosse filosofia, scienza, morale. Miracles: avvenimenti meravigliosi, soprattutto della vita dei santi. Questi tipi di spettacoli sopravvissero a lungo e furono eliminati dalle autorità politiche e religiose di secoli successivi. Spettacoli profani: sia nella forma delle esibizioni dei fools sia nelle corti che nelle piazze, sia in quella dei pageants, termine che inizialmente indicava il palco su cui si rappresentavano drammi sacri e poi una serie di processioni trionfali che fino all’inizio del Rinascimento vennero sempre più in uso nelle grandi ricorrenze pubbliche. In queste si sviluppò anche una parte dialogica. 20 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ Altra forma profana erano i Masks: mascherate di carattere mitologico, inizialmente di carattere allegorico, rappresentate in luoghi chiusi, soprattutto nelle corti. Il loro sviluppo si avrà solo nel Rinascimento. Abbiamo poi la farsa, senza scopo estetico né didattico, ma solo di divertimento. Germania: Il Dramma sacro trae le origini nella liturgia della Chiesa nei periodi più importanti dell’anno, divenendo già dal XII drammi in latino su soggetti di storia sacra. Lo spettacolo visivo aveva qui più che altrove uno scopo pratico poiché il latino era divenuto incomprensibile prima che in altri luoghi, per cui presto si passò al volgare. Si mettevano in scena grandiose rappresentazioni sacre nel XVI e XV secolo. Quanto al dramma comico, molto spesso si inserì nelle rappresentazioni sacre. Frequenti sono i motivi di satira contro gli ecclesiastici e contro l’autorità papale. Altra fonte del teatro comico furono le feste di carnevale in cui si suoleva spiegare in rima il significato del proprio travestimento, anche in monologhi o dialoghi. Spagna: qui più che altrove il teatro conservò, delle suo origini religiose, tracce durature e profonde. Certamente, come nel resto dell’Europa, si praticavano dopo l’anno Mille le rappresentazioni sacre. La fioritura del genere, in maniera più autonoma, si ha negli ultimi due secoli del Medioevo, come moralidades: commedie di santi o divine che presero il nome dalle processioni per la festa del Corpus Domini. Compariranno gli Autos Sacramentales, dal nome dei brevi drammi edificanti rappresentati durante le pause appunto di queste processioni. Il teatro comico ebbe la duplice forma buffonesca e letteraria, la più importante, di cui si ricorda La Comedia de Calisto y Melibea, originariamente destinata alla sola lettura, ma fonte principale del teatro spagnolo, e non solo, di almeno due secoli successivi. 21 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ Parte terza: dal Rinascimento al Romanticismo Il Dramma pastorale e la Tragedia umanistica italiani Il Rinascimento italiano: il Rinascimento, in contrapposizione all’età “buia” del Medioevo, sarebbe il tempo in cui l’uomo ritrova se stesso, abbandonando l’interpretazione della vita umana come preparazione alla vita oltremondana, riappropriandosi della terra per rinunciare al Cielo. Si riscopre l’antica cultura, in tutti i suoi campi. Lutero propone una “rivoluzione” con cui i paesi del Nord escono dalla comunione della Chiesa apostolica. Tutto questo ha le basi nell’Umanesimo, ossia il culto amoroso della classicità greco-latina, già iniziato nel medioevo, quando si tentava di conciliare il pensiero antico con quello cristiano, con le due figure di spicco di Tommaso d’Aquino e Dante. Il Rinascimento fu, più che altro, la rottura dell’equilibrio, con la prevalenza di ciò che è terreno; ma grazie alla Controriforma cattolica fu anche un periodo ricco di nuovi impulsi spirituali anche grazie ai nuovi ordini religiosi. Sulla scia degli eventi europei, un’idea di unità nazionale si instillava nelle menti dei pensatori italiani. La scena e il dramma nel Rinascimento italiano: C’è una contraddizione: la Letteratura italiana rimpiange la mancanza, nel Cinque e Seicento, di un teatro nazionale; eppure, gli ormai fioriti Teatri stranieri, ad esempio inglese e spagnolo, sostengono di basarsi sul Teatro italiano del Rinascimento che fu il primo a far riaffiorare la tradizione classica, ad istituire l’arte dell’Attore, la Scenografia e l’Architettura moderna. Al principio e fino alla metà del XVI secolo, solo in Italia esisteva un Teatro, nella forma più compiuta del termine, che portava le firme di grandi poeti e scrittori, rappresentato presso le corti da compagnie che proprio allora iniziavano a costituirsi come “professionali”; intanto, nel resto d’Europa il teatro profano era ancora limitato a opere grossolane messe in scena nelle piazze. In particolar modo, il teatro italiano venne innalzato dalla nuova scenografia pittorica, invogliata dall’invenzione della prospettiva - anch’essa italiana. In origine, i tipi di scenografia erano ancora tre: la scena comica, la scena tragica e la boscareccia per il Dramma pastorale. Di questo un’importante fonte è l’opera di Sebastiano Serlio sull’Architettura. Uscendo da questa “ristrettezza”, la fantasia degli scenografi ebbe sfogo negli intermezzi. Il problema sta nell’argomento trattato: mentre nel resto dell’Europa si seguì lo sviluppo del teatro medievale da cui nacque il nuovo Teatro, in Italia ci si limitò alla copia e al rifacimento della Tragedia e della Commedia greco-latine. Per i critici dell’epoca, infatti, lo splendore stava nella Scena, non nel Dramma. 22 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ Le prime imitazioni accademiche: Già dalla fine del Quattrocento abbiamo tentativi di riportare sulla scena i grandi testi latini e greci; si può citare la rappresentazione di Fedra data nella piazza di Volterra per il cardinal Riario, che fece guadagnare l’appellativo della protagonista all’attore che la interpretò. Sempre più spesso le commedie vennero tradotte nella lingua corrente e per questo si fiaccarono e divennero prolisse. Quanto agli autori che scrissero opere originali, la loro aspirazione fu quella di creare un teatro nuovo imitando pedissequamente l’antico. Il primo lavoro originale in lingua italiana a comparire nel Teatro “erudito” del Rinascimento è la Favola d’Orfeo (1480) di Angelo Poliziano. Sia la scena che l’uso dell’ottava come metro sono derivate dalle forme del Dramma sacro, ma qui invece che mettere in scena gli eventi, essi vengono più classicamente riferiti dai personaggi-narratori con racconti più o meno dialogati. L’opera ebbe molto successo di pubblico e venne più volte ripresa. Il Dramma pastorale: Nell’Orfeo c’era già il desiderio di ritorno alla “natura”, dell’evasione dalla realtà in favore dell’idillio. E c’era anche l’esortazione a vivere il presente, ché “del doman non v’è certezza”. Questi due elementi diverranno tipici del nuovo genere teatrale, originalmente italiano, che conquisterà poi tutta Europa: il dramma pastorale. Ripresa dei pastori, delle ninfe, dei satiri protagonisti dell’antica egloga, qui i loro dialoghi e le loro vicende vengono complicate e rese vera e propria rappresentazione. Lo spirito della Pastorale apparvero chiari con il capolavoro del genere: l’Aminta (1573) di Torquato Tasso. Cinque atti di effusioni liriche e narrazioni più o meno dialogate, al termine di ognuno dei quali troviamo i canti del Coro che interviene a sentenziare per trarre la morale della vicenda. L’opera fece scuola non solo ai letterati, ma anche e soprattutto alla scena. Non è un caso che l’Aminta nacque nella corte di Ferrara, in un certo senso capitale del Teatro italiano del Rinascimento. Ad essa successe il Pastor Fido di Giambattista Guarini, rappresentato nel 1596, in cui troviamo una grande costruzione nell’intreccio di eventi e personaggi. Sulle orme di Tasso e Guarini, le scene italiane per più di un secolo rimasero popolate di ninfe e pastori che popolavano un mondo che doveva in qualche maniera corrispondere all’ideale che la società di Cinque e Seicento vagheggiò, seppure intimamente. La pastorale annuncia qualcosa di opposto al Dramma: l’Arcadia; la sua fine sarà il Melodramma di Metastasio. La Tragedia umanistica e le unità aristoteliche: Nel caso della tragedia l’imitazione dei modelli antichi assunse un sapore palesemente scolastico. Questo perché mancava, per creare una tragedia originale, lo spirito religioso preferendo quindi autori come Euripide e Seneca. Preoccupazione fondamentale fu l’ossequio alle teorie della Poetica aristotelica. 23 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ La commedia italiana del Rinascimento Sue origini greco-latine: l’argomento più trattato dal teatro del rinascimento - eccezion fatta per la tragedia - fu l’Amore, soprattutto trattato nella forma comica della disputa tra giovani e vecchi. E ancora si copiò il più possibile dai testi antichi, pure quando si scrissero commedie in italiano. Il modello non fu Aristofane, che appariva inimitabile per lo stretto legame con la sua contemporaneità, ma la commedia attica nuova, quella borghese e realistica di Menandro e dei suoi colleghi. Di queste fonti gli umanisti non avevano altro che pochi frammenti e le opere di Plauto e di Terenzio, a loro volta rifacimenti. Dei due latini, i letterati del Rinascimento scelsero quanto avevano di comune, adottando le loro formule sceniche come il migliore mezzo di rappresentazione comica. La storia della commedia del Cinquecento sarà, quindi, segnata dal progressivo liberarsi da questi modelli per avvicinarsi ad un’espressione più libera, specialmente grazie alla diffusione della novellistica sui tipi e motivi attuali e, quindi, l’aggiunta fondamentale del riferimento alla vita contemporanea. Le prime commedie: Ariosto. La reazione contro il sistema di regole fisse sulla stesura delle commedie cominciò fin da subito e fu lo sforzo di quasi tutto il secolo. Ma per avere risultati concreti, c’era bisogno di personalità geniali. Il primo grande nome dell’elenco dei commediografi è quello di Ludovico Ariosto (1474-1533) il quale, alla corte di Ferrara, aveva avuto occasione di assistere a numerose sacre rappresentazioni di tipo medievale, ma anche ai rifacimenti di commedie antiche e a scene pastorali, partecipando anche come attore. Stretto, quindi, tra la libertà della fantasia medievale e i precetti del nuovo Umanesimo, Ariosto scelse i precetti. Sul palco eretto alla corte d’Este, frequentatissimo dal cardinale Ippolito, venne messa in scena nel 1508 la prima commedia dell’Ariosto, la Cassaria che ebbe grande successo, così l’autore si presentò l’anno successivo con I suppositi, di andatura più snella e ambientato nella stessa Ferrara, con personaggi che ricordano figure della novellistica contemporanea. Dieci anni più tardi, in Vaticano, grazie a papa Leone X, ebbero gran voga le rappresentazioni teatrali, ostentazioni di grandi scenografie. Per il papa Ariosto terminò Il negromante, prima opera in cui usa l’endecasillabo sdrucciolo al posto della prosa, ma forse osò un pò troppo negli argomenti e la commedia non venne messa in scena. La sua ultima commedia fu La Lena (1528). “La Mandragola” di Machiavelli: Trionfo dell’arte è il capolavoro di Niccolò Machiavelli, il quale si era esercitato imitando e rifacendo alcune commedie antiche. La Mandragola è del 1520 e si potrebbe definire una beffa sollevata, per opera del poeta, in un clima che gli ha conferito una significazione che riassume il secolo e lo supera. La grossa novità fu che sulla scena, in mezzo alle solite due case che danno su uno spazio pubblico, comparve una chiesa. La Mandragola è l’esatto 24 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ opposto del Dramma Sacro medievale non solo per la tecnica scenica, sostanzialmente classica, ma per lo spirito che la forma. I personaggi si muovono nell’azione con un dialogo acceso e coloritissimo, in un crescendo che palesa il loro essere creature vive, non più fantocci. Altri autori notevoli furono Pietro Aretino (La cortigiana), G.M. Cecchi, autore di commedie buffe e di commedie religiose, Giordano Bruno, che con il suo Candelaio si dimostrò il più libero dai modelli greci e latini, G.B. Della Porta, le cui commedie rappresentano l’estremo sforzo di evasione dalla imitazione classica e di accostamento alla realtà della vita. La reazione antiaccademica degli autori popolari: la Farsa e la Commedia popolare. Contro la maggioranza degli autori dell’epoca, tutti impigliati nelle regole classiche, si sviluppò una doppia reazione: quella degli autori popolareschi e quella degli attori, con esiti diversi. Gli autori, nei fatti, rinnegarono i precetti classici molto meno che nelle parole. La Farsa godeva sì di maggiore libertà, ma era una composizione spontanea e grossolana, scritta in dialetto. E proprio in dialetto, quello padovano, misto ad altri, sono le commedie di Angelo Beolco, detto il Ruzzante (1502-1542) il quale fu autore, si potrebbe dire, del suo personaggio, una maschera che interpretava in varie farse per il divertimento dei suoi amici, forse sentore di uno degli “zanni” della Commedia dell’arte. Tirando le somme, si può concludere che il Teatro italiano del Rinascimento - escludendo i citati casi eccezionali - adempì al pratico compito di riprendere la materia antica e di riportarla in scena. La Commedia dell’Arte La reazione degli attori alla Commedia dei letterati: Gli attori in questo periodo iniziano una forte reazione contro gli autori letterati in quanto iniziavano a praticare la loro attività come una vera e propria professione, perciò dovevano guadagnare dal teatro. Il fenomeno, tipico di ogni volta nella storia in cui il dramma è decaduto, si verificò soprattutto in Italia intorno alla metà del Cinquecento, quando fu inventata la commedia dell’arte. Tra le diverse denominazioni, “commedia dell’arte” era quella che più identificava i caratteri di questa nuova forma: era recitata, per la prima volta in Europa, da compagnie di comici regolarmente costituite e di professionisti; gli attori venivano formati con una istruzione specifica. Anche essi avevano iniziato a recitare opere completamente scritte, ma il loro vero campo fu la commedia “a soggetto” ossia la commedia in cui si scriveva solo la trama, lasciandone lo sviluppo mimico e dialogico all’improvvisazione dei comici. 25 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ Se è vero che nelle forme teatrali latine precedenti a Plauto vi si possono rintracciare personaggi che potrebbero far pensare a delle primitive maschere, con rassomiglianze anche evidenti, oggi le ipotesi di una derivazione diretta della Commedia dell’Arte dall’antichità latina sono abbandonate. Le “maschere” e i tipi fissi sono elementi caratterizzanti l’intero genere comico, in ogni sua forma; ciò che identifica la commedia dell’arte è, appunto, l’arte metodica dell’improvvisazione degli attori. Caratteri della commedia dell’arte: i temi sono attinti ovunque, ma spessissimo dalla commedia classicista anche di Plauto e Terenzio. Per quanto riguarda la scenografia, inizialmente e per molto tempo ci si trovò davanti alla vecchia scena della commedia classica, spesso rozze e sommarie; solo col tempo e con l’affinarsi della tecnica prospettica, la scena pittorica si sviluppò secondo il gusto barocco di Sei e Settecento in forme più sontuose. I personaggi, anche loro, non sono altro che la trasformazione di quelli della commedia classica, alla quale si torna anche con gli intrighi, ma senza più scrupoli riguardo al numero di sottotrame, risolte il più delle volte con condotte discutibili. Pur con diversi mezzi e diverse estetiche, nei suoi due secoli e mezzo di vita, la commedia dell’arte consta insomma di quegli elementi del Teatro erudito che annoiava ormai il pubblico e delle risorse delle rappresentazioni popolaresche, mai assunte come teatro vero. I personaggi; come nascono le maschere. Le maschere sono senz’altro una delle ragioni del grande successo. Esse sono il risultato, come si diceva, di una trasformazione di quei personaggi che si incontrano piuttosto frequentemente nella commedia erudita, ma con nomi o in luoghi diversi. Ora, la Commedia dell’arte ebbe il coraggio di dichiarare apertamente che i suoi personaggi erano sempre gli stessi. E questo venne dal fatto che essa era fatta non dagli autori, ma dagli attori che facevano allora valere i propri diritti, essendo divenuti la vera attrattiva. Gli attori in un certo senso riconoscono i propri limiti fisici e spirituali, rinunciando all’illusione di poter interpretare personaggi sempre diversi, limitandosi, quindi, ad una sola parte, quella che più si confaceva ad essi. Vediamo un elenco delle principali maschere. Pantalone: rielaborazione veneziana del senex latino, spesso era un ricco mercante, in lui si rilegge qualcosa dell’avaro, del vecchio brontolone beffato dai giovani. Graziano, detto Balanzone: avvocato o medico, è rimasto il tipo della bestilità dottoreggiante, parla dialetto bolognese. Capitano: in diverse forme e nomi, rimane sempre identico negli atteggiamenti militareschi e fanfaroni, grotteschi nella magniloquente vanagloria dei dominatori spagnoli, come spagnoli furono gli influssi nel suo linguaggio. 26 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ Il forte delle note comiche fu affidato agli zanni che avevano rimpiazzato i servi della commedia classica ed erano sempre in due. Il primo a prendere nome fu Brighella, servo furbo di origine bergamasca (alta). Servo sciocco, di Bergamo bassa, è invece Arlecchino, sboccato e scanzafatiche. L’abito bianco tipico dei servi, subì in lui una forte trasformazione a forza di essere rattoppato, fino a diventare unicamente di toppe, poi nel tempo disposte anche in modo regolare. Alle volte le loro parti potevano intercambiarsi o fondersi. E dalla loro fusione è nato Pulcinella, fatto di tutti gli istinti umani ai quali si lascia andare. Da questi tre personaggi ne nacquero una moltitudine innumerevole. Ai servi si accodano le Serve (Colombina), di solito toscane, come pure la schiera degli Innamorati, uomini e donne. Vi era poi una moltitudine di altri personaggi identificati dai loro mestieri. L’improvvisazione e i formulari: I comici dell’arte non esattamente “improvvisavano”: essi non solo discutevano e decidevano con il direttore, anche detto corago, e tramite i procedimenti da loro imparati, l’insieme dollo spettacolo; soprattutto ognuno di essi aveva un formulario che imparava minuziosamente a memoria e al quale attingeva costantemente. La loro capacità, dunque, consisteva nel saper inserire il loro repertorio nel giusto luogo e nel giusto tempo. Il punto essenziale era che non si cambiasse tono tra quanto era improvvisato e quanto preparato. Oltre i repertori dei formulari (vere e proprie opere letterarie) i comici consultavano e ricordavano i lazzi, di cui pure esistono raccolte. Tecnica della recitazione: la maschera non veniva usata da tutti i personaggi. Le maschere erano di cuoio ed inizialmente, per gli zanni, di fattezze grottesche e orride, ma poi mirarono soprattutto ad annullare la riconoscibilità dei vari attori per ridurli ad un tipo uniforme. Va da sé, quindi, che la mimica del comico dell’arte si basava con l’atteggiamento dell’intera figura. Bisogna tenere presente, poi, anche l’elemento acrobatico, in cui venivano addestrati gli attori, unendo poi la danza e la musica. Quando, poi, dal Seicento in poi si aggiunsero i grandi trucchi meccanici e le meraviglie della nuova scenografia, mescolando agli argomenti soliti le evocazioni mitologiche e i colpi di scena, il successo della Commedia dell’arte fu inarrestabile. Il successo all’estero: sappiamo che già nella metà del Cinquecento, nelle corti tedesche si imitava la commedia italiana. Quello che conta però, è che le stesse compagnie italiane girarono l’Europa portando le loro rappresentazioni e raccogliendo successi ovunque. Tra tutte, si ricordino la compagnia dei Gelosi di Flaminio Scala e Isabella Andreini. Nella metà del Seicento ci furono esempi di compagnie stabilitesi a Parigi, adottando anche la lingua francese nei loro spettacoli, avendo il 27 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ primato sulle compagnie locali e un successo che li porterà a fondersi con l’Opera-Comique, durato fino al 1801 quando si dispersero. La commedia dell’arte e il costume sociale: parve problematico soprattutto il capitolo della sconcezza, su cui contava grandissima parte della comicità degli attori. Per rendersi conto del motivo per cui anche le classi nobiliari apprezzavano tali spettacoli, si pensi che il concetto di comicità, allora, sembrava inseparabile da quello di sconcezza e veniva considerata assolutamente al di fuori della vita “normale” e dalle sue leggi morali. Ad ogni modo la commedia dell’arte venne fortemente osteggiata dalle autorità ecclesiastiche che cercarono di tirare dalla loro parte, a volte con successo, quelle civili, spiegando anche il marchio di infamia impresso sulla figura dell’attore. Influenza sulla modernità: la Commedia dell’arte, più che appartenere alla storia del Dramma, appartiene a quella del Teatro come scena e organizzazione tecnica, nel tentativo di fare a meno del drammaturgo. Un segno importante lo ha lasciato dell’ “arte” dell’attore, essendo i comici dell’arte i primi ad avere una formazione apposita. Essi dettero all’Europa l’organizzazione del Teatro moderno nel quale le maschere sono, col tempo, scomparse lasciando il posto ai ruoli, cioè le definizioni dei limiti di ciascun attore. La diffusione delle loro rappresentazioni in Europa servì d’insegnamento ai nuovi autori, come Lope de Vega e Shakespeare, Moliere e Goldoni. Il teatro spagnolo nel Cinquecento e nel Secolo d’Oro. Nella Spagna del XVI secolo, quella dell’apogeo toccato da Carlo V e Filippo II, si ebbero le grandi personalità dei suoi geni e dei suoi santi: Lope di Vega e Calderòn, Valàzquez e Cervantes, Teresa d’Avila e Ignazio da Loyola. La Spagna era un paese etnicamente e grograficamente molto vario in cui si sono incrociate le razze più diverse. L’unità veniva dal comune sentimento di essere portatori del messaggio cattolico contro la minaccia meridionale dell’Islam, cui si aggiunse quella della Controriforma. L’anima che si esprime nel Dramma spagnolo è rimasta immutabilmente fedele ai tre grandi ideali ereditati dal Medioevo: Dio, il Re, la Dama. La Tragedia si riaffaccia sul mondo quando questi ideali entrano in conflitto. Medievale e popolare è il fondo del Teatro spagnolo che ignora le leggi dell’accademia classicista, seguendo i procedimenti liberi e sfrenati, abbandonandosi alla fantasia. Lope de Rueda e Cervantes: de Rueda era, prima di un letterato, un attore girovago facente parte di una compagnia di origini italiane. Scrisse alcune commedie di ispirazione italiana, ma il suo genere originale che ebbe gran successo furono i pasos, brevi scene d’intrigo bizzarro e inverosimile, vivacissime, il cui valore era accresciuto dalle interpretazioni degli attori, con quattro tipi principali. Il 28 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ pubblico delle rappresentazione degli attori nomadi era misto; la reazione all’avvilimento della Scena nazionale fu da una parte l’appello alle buone maniere e alla classicità, dall’altra l’insistenza sulla comunione dei gusti col pubblico. Il grande nemico del teatro plebeo, apostolo di un Teatro nobile e letterario, fu Miguel de Cervantes Saavedra (1547-1616), autore del Don Chisciotte, il quale seguì l’esempio del colto Teatro italiano. In pratica, però, non fu così ligio alle regole. Sosteneva che, a causa delle mutate condizioni nel tempo, Plauto e Terenzio e gli altri modelli non si potessero seguire pedissequamente. Perseguiva, inoltre, l’ideale degli attori professionisti. Cervantes scrisse una trentina tra opere sacre e profane, commedie e tragedie, ma il meglio della sua produzione sono gli entremeses che scrisse senza grossi intenti, brevi composizioni burlesche di pura coreografia. Lope de Vega: (1562-1635) avversario di Cervantes, ne sosteneva l’ideale opposto, fu autore fecondissimo, soprattutto per ragioni economiche, in quanto rispose, tralasciando la qualità, alla crescente richiesta del pubblico spagnolo per il teatro. La sua formazione veniva anche dall’influsso del Rinascimento italiano, ma scriveva per denaro, quindi per il pubblico di cui conosceva i gusti per l’aver frequentato, da giovane, teatri e attori e impresari nei corrales di Madrid. Lope è medievale nell’anima: nella sua credulità e nella setie di miracoloso, con un certo senso di “facilità” che pervade una vita fatta di colpe e traversie. Commediografi minori: nel Seicento, nonostante la decadenza della nazione, il Teatro rimase forte per il desiderio della gente di rigugiarsi nelle eroiche e vivaci fantasie teatrali. Si può citare l’opera del monaco Tirso de Molina, formato nello studio degli umanisti italiani, scrittore di opere del genere di Lope, che rivelano un intento morale, ma non moralistico. Calderon de la Barca: la sua vita attraversa gran parte del XVII secolo, fu militare e poi monaco, subì l’influenza italiana, fu fecondissimo in tutti i generi. Porta a compimento sia elevandoli, sia esasperandoli, certi caratteri del Teatro spagnolo quali si erano già delineati in Lope e successori, ma tende allo schematismo e astrattismo per via della sua tensione a un significato universale. I caratteri dei suoi personaggi mirano al tipo, vivono nel regno dell’Onore. Il suo spirito intimamente cattolico ha soprattutto trionfato nei drammi si soggetto eroico o religioso e negli autos sacramentales, di cui per un periodo ebbe l’esclusiva. Il dramma più notevole è sicuramente La vita es sueno, in cui allo spirito deluso dalla realtà umana, la fede cristiana mostra la via per giungere alle supreme vette della poesia e alla catarsi. Insiste sulla vanità della vita mondana e sull’importanza di quella oltremondana. In conclusione, il Teatro spagnolo fra i secoli XVI e XVII risente dei difetti a cui la mancanza di misura e di controllo può indurre i seguaci della liberà della scena medievale, spesso pervaso da 29 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ un’ambigua psicologia dei suoi eroi e da linguaggi prolissi e magniloquenti; la sua ricchezza sta nel sentimento che lo pervade, intimo e sincero, vivo per particolari scene rimaste nelle memorie di tanti autori successivi, soprattutto i Romantici europei. Il teatro inglese e l’annuncio di Shakespeare La ribellione alla Chiesa romana era avvenuta in Inghilterra, come già in Germania, muovendo dall’orrore per la corruzione del clero e accusando di paganesimo la vita cattolica; questo non vuol dire che si aprì un periodo di ascetismo e carità: al contrario, in questo periodo si sfrenò in Inghilterra l’orgia dei sensi e del sangue a cui si accompagnò l’influenza del Rinascimento italiano. In realtà la Riforma si accordava col Rinascimento sulla rivendicazione del libero esame da cui derivò una situazione complessa in cui di fatto si sprofondava sempre più nell’esclusivo amore della esistenza terrena. Non ci si stupisce, dunque, se da simili fermenti siano sbocciati grandi esempi di letteratura e, soprattutto, di Teatro, per eccellenza l’arte del conflitto che sapeva contentare ogni genere di pubblico, adempiendo inoltre ad un ufficio divulgatore e stimolante. Questo teatro aveva ereditato dal Medioevo il Dramma religioso, particolarmente nell’astrattismo allegorico; aveva ereditato i coloriti spettacoli dei pageants, l’amore per la danza e la musica, le situazioni farsesche, adeguando tutto alla attualità dei gusti del pubblico, con l’intervento dei classici antichi alla moda italiana. Organizzazione della scena inglese: Per la prima metà del Cinquecento, gli attori furono costretti a mettersi sotto l’egida di qualche grande signore, per ripararsi dal disprezzo della Chiesa anglicana. Nel 1576 James Burbage costruisce il primo teatro pubblico, chiamandolo The Theatre; nel 1587 esistono a Londra sei compagnie privilegiate, più altre due di coristi di chiesa e il numero andava sempre a crescere. Queste recitavano sia in teatri pubblici che privati, anche se gli spettacoli che si davano a corte erano molto più elaborati di quelli dati nei luoghi pubblici. Vi si intrecciano grossi grammi violenti, la passione per i viaggi (scoperta dell’America) e per le avventure, l’influsso della novellistica, la passione per la storia nazionale o straniera. Tutti i generi teatrali sono messi a servizio di questi temi. La produzione sovrabbondò in quel periodo per la forte richiesta, per cui pressochè tutti potevano dichiararsi autori di opere teatrali. Tutti i maggiori drammaturghi nascono come attori di mestiere, ma colti e letterati, anche se provenienti da umili origini ma invogliati dalla ventata culturale del Rinascimento italiano. Come in Spagna, si elevano autori intellettuali contro il Teatro popolare, invocando l’Italia e il Classicismo, pur non rendendo mai il loro repertorio “accademico”, facendo prevalere il gusto della folla eterogenea che assisteva agli aspettacoli. 30 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ Farse buffonesche e “moralità” religiose: Al principio del Cinquecento si compongono ancora miseri religiosi, all’uso medievale, come pure gli interludes seri o buffoneschi. In altre farse e commedie è già palese lo sforzo di imitare i classici, sostenuto contro il gusto popolare per più di trent’anni, ma la moda italianizzante si limitava a un certo clima e a un certo modo di esprimersi. Marlowe: Seguace della scuola opposta, quella fedele alla libera e violenta tradizione nazionale. Tra i poeti “tavernieri”, sregolati e ribelli, il più famoso è Christopher Marlowe (1564-1593), esaltato in età romantica che esaltò la sua figura di ribelle al credo religioso. Tutta la sua opera è concepita in questo senso: mette in scena eroi ossessionati dalla volontà di potenza oltre ogni misura contro i quali si scaglia il destino della vicenda, ma nei confronti dei quali l’autore mostra tutta la sua simpatia. Le sue tre grandi opere sono: il Doctor Faustus, ripreso da Goethe per il suo capolavoro, è il dramma dell’eroe che sfida Dio; The Jew of Malta è il dramma dell’odio e della ribellione contro i Cristiani; Edward II è, infine, un dramma che ha unità solo di protagonista in cui si mettono in scena atrocità anche visive. Tutti gli autori del periodo, classicisti e romantici, brillano più che altro della luce che sarà portata da Shakespeare, al quale però essi hanno preparato la strada. William Shakespeare Nacque nel 1564. Entra a contatto con la mentalità cattolica, si trasferisce a Londra dove cerca lavoro da James Burbage; da qui la sua ascesa fu rapida. Riprese contatti con gli ambienti culturali, introdotto nelle cerchie dei grandi signori amanti delle lettere dove conoscerà Giovanni Florio che gli farà conoscere la cultura italiana umanista. Iniziò a lavorare da solo dopo i primi successi, ottenuti da varie collaborazioni, tra cui quella con Marlowe, ma si limitava sempre a rifare lavori precedenti, riadattare cronache, racconti, novelle. Nel 1598 il Globe venne sostituito al Theatre, sotto la guida del figlio di Burbage, morto l’anno prima, in collaborazione con Shakespeare: autore, attore, impresario e regista. Inaugurarono il teatro con Enrico V. Shakespeare non solo alterna commedie e drammi, ma anche nel dramma tragico introduce elementi e personaggi comici. La sua fama divenne grande con tutti i suoi capolavori successivi, tragici e comici, il suo agio accrebbe e nel 1603 la sua compagnia ebbe il titolo di King’s men. Nel 1912 si ritira nella campagna, ma muore solo quattro anni dopo. 31 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ Opere di Shakespeare: I supremi saggi di Shakespeare lirico sono i sonetti in cui espresse l’amarezza dei suoi tormenti nella crisi della maturità. I suoi drammi possono essere classificati nel seguente modo: Drammi storici inglesi, già dalle prime collaborazioni Drammi dell’antichità Drammi “umani” Commedie Per studiare l’evoluzione dello spirito del poeta è più utile seguire l’ordine cronologico delle opere, in cui è chiaro come le commedie fin dal principio si mescolano ai drammi. Dopo i grandi personaggi tragici di Riccardo III e Falstaff (Enrico IV) che ricompare, su richiesta della Regina, nelle Allegri comari di Windsor, si fanno chiari i caratteri di Shakespeare come comico che vive tra la commedia e la fiaba con i temi propri della grande tradizione comica. La prima grande commedia è Sogno d'una notte di mezza estate: l’umorismo e la buffoneria si conciliano con un clima fantastico e lirico; seguono Come vi piace, che fa il verso al dramma pastorale e altre opere tutte sospese in un’atmosfera di grazia fantasiosi. Eccezionale è la Bisbetica Domata, con vigorosi effetti scenici. Tra i grandi drammi: Romeo e Giulietta, dramma dell’amore contrastato dalle fazioni, giovanile ma con personaggi di vivissimi caratteri e mirabili scene d’amore; il Giulio Cesare: ha il carattere delle cronache drammatizzate, in cui ogni personaggio è eroe, evoca i nomi più solenni. I drammi forse più tecnicamente perfetti sono Otello e Macbeth. Il primo è un dramma psicologico il cui vero protagonista è, forse, Iago, senza traccia di elementi comici, qui l’autore rinuncia alla rappresentazione di un “mondo” per lo studio di un caso umano; il secondo, di argomento attinto da vecchie cronache scozzesi, per certi versi è una rappresentazione morale, ancora cristiana, quella dell’uomo vinto dalla tentazione proveniente dal di fuori, rappresentato dalle streghe, gettandosi in una follia che investirà anche Lady Macbeth. Macbeth mantiene caratteri tipicamente medievali, mentre modernissimo è l’Amleto. Rifacimento di un tema antico, la differenza fondamentale, insieme ai tanti elementi modificati da Shakespeare, è il fatto che Amleto non si finge pazzo per eseguire la vendetta sullo zio, ma per rimandarla. Amleto, infatti, non ha la tempra dell’uomo d’azione; anche quando, dopo aver fatto mettere in scena da artisti vagabondi il dramma di un assassinio regale, ha la prova della colpevolezza dello zio, non riesce ad ucciderlo, domandandosi se la verità stia nella fede nella giustizia oltremondana o nella certezza della vita terrena. Solo dopo essersi conto di essere stato tradito, ferito da Laerte, Amleto trova la forza di uccidere prima il suo avversario, poi suo zio, per poi morire lui stesso. Il Re Lear pare essere il dramma più pessimista, quello in cui gli 32 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ umani sono schiacciati da una fatalità ostile che incombe dall’alto, una natura nemica. L’ultimo dramma è, però, La Tempesta: tratto da un evento di cronaca, diviene una favola fantastica, con una storia d’amore di dialoghi soavi, contemplando la vita accettata, giustificata ed amata. Shakespeare, dunque, non riproduce il mondo quale è, ma lo idealizza e lo sublima. Tutti i suoi eroi sono elevati di statura, anche quelli della commedia. La grandezza di tali opere è così grande che qualsiasi tentativo di riproposizione è destinato alla diminuzione o al tradimento dell’originale. I caratteri non sono figure immobili, ma personaggi in crisi; essi si rivelano con il progredire dell’azione ma anche e soprattutto con il mezzo della parola. Se Shakespeare ha rappresentato infinite creature spiegandole tutte, non è vero che le abbia giustificate tutte. Costituisce un’eccezione nell’essere uno dei pochissimi comici a non ridere mai a spese della morale tradizionale. In generale, nei primi drammi si dipinge un mondo che è ancora quello ordinato dalla Chiesa cattolica, ma ad un certo punto il poeta entra in crisi, sensuale e famigliare, ma soprattutto spirituale, ed in questo periodo sprofonda nel pessimismo più nero, superato con la visione laica della vita che traspare ne La Tempesta. I successori di Shakespeare: Ben Jonson fu l’antagonista di Shakespeare, suo contemporaneo, grande conoscitore della classicità, predicava la necessità di tornare all’ordine e all’armonia dei testi antichi, ma non con servili imitazioni. Comunque, le sue opere non ebbero successo. Successo lo ebbero i masks scritti per la corte di Giacomo I più che altro perchè scenicamente si fondavano sulla varietà di un sontuoso spettacolo, che trovò la massima espressione grazie alle scenografie di Inigo Jones. Di successo furono anche le sue commedie, in cui dipinse eccezionali carattere, specialmente col tema della sete di denaro. Il moralismo tipico inglese, ereditato dalle moralities medievali, fu l’espediente a cui ricorsero molti drammaturghi elisabettiani allo scopo di difendere la pratica teatrale dai sospetti e dalla guerra che ad essa muoveva l’intolleranza anglicana. In Inghilterra la diffusa diffidenza cristiana verso la scena era stata accentuata sia per l’ordine pubblico, sia per problemi igienici nei teatri, sia per lotte religiose. Dopo il regno di Giacomo I le lotte si acuiscono sempre più finché, nel 1642, i Puritani ottengono il decreto per cui i teatri vengono interdetti e chiusi in tutto il Regno Unito. Il classicismo francese e Corneille In Francia nel Cinquecento la letteratura si espresse in due correnti opposte: una seguace del mondo della carne e della sensualità, l’altra assertrice di un cristianesimo cupo e inesorabile. 33 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-drammatico-silvio-d-amico-volume-1-e-2/8573693/ Dalle “moralità” e dalle farse ai primi drammi classicisti: anche in Francia si ritrova, nel Teatro, il dualismo tra il genere popolare e il desiderio dei letterati di un ritorno alla classicità. Alla prima corrente appartengono i dilettanti che iniziavano a costituirsi in corporazioni per la recita di drammi sacri, arrivati anche alla satira dello stesso clero e addirittura della religione; ampiamente accettati dal gusto tradizionale del popolo, furono proibite definitivamente nel 1548. Ci fu una compagnia che ebbe, quindi, l’idea di recitare tragedie di carattere profano ma con la tecnica del Teatro sacro medievale, sulla scia della rifioritura della classicità in Italia. Attori e teatri nei secc. XVI e XVII: il vero Teatro, nel Cinquecento, si spostò dai luoghi aperti a quelli chiusi, cercando la “intimità” necessaria ad opere sempre meno grossolane, per esplorare le possibilità delle nuove risorse scenografiche. Tuttavia, non si costruivano ancora edifici appositi per le rappresentazioni teatrali, come accadeva ad esempio in Inghilterra. L’esempio più vicino è l’Hotel de Bourgogne. Comunque, in Francia, a fare da giudizio fu sempre il parere dell’élite, non del popolo. Gli attori professionisti comparvero nella seconda metà del Cinquecento, nomadi al modo italiano. Anche essi in compagnie, si fregiavano, se potevano, del patronato di qualche gran signore o anche del Re. In questo secolo iniziarono ad essere ammesse, non senza scandali, le donne. Hardy e la messinscena al principio del Seicento: Il successo del Teatro francese nei teatri via via sorti fu dovuto all’apparizione di tragedie, commedie e pastorali di Alexandre Hardy. La scenografia era una sorta di compromesso tra la molteplicità dell’apparato medievale e la sobrietà della nuova scena classica inventata dagli italiani; dalla semplicità iniziale, si passò presto al fastoso gusto barocco con la comparsa dell’illuminazione artificiale. E, ovviamente, fastosi divennero anche i costumi, realistici per la commedia e più particolari per la tragedia. La reazione classicista: l’aspirazione alle tre unità non era il risultato di un preconcetto artificioso, ma corrispondeva al gusto del semplice, del chiaro e del classico caro allo spirito francese, o perlomeno all’intellettualità che lo rappresentava. E l’apparato scenico assecondò questa evoluzione, passando dalle scene molteplici a quella unitaria. Corneille: (1606-1684) la sua prima commedia, poco divertente e in cui si rivede molto delle pastorali, intitolata Melite, stentò ad avere successo, ma venne lentamente apprezzata dalle elite francesi che imposero il loro gusto su quello popolare. Dopo altre commedie, in cui le unità erano rispettate sì, ma non troppo rigorosamente, Corneille si cimentò con la tragedia, senza ottenere grossi successi. La sua compagnia si trasferì al jeu de pomme del Marais, dove finalmente scrisse il suo capolavoro: Le Cid (1637). Tragedia a lieto fine, fu salutata come un prodigio di psicologia, lucidità e vigore drammatico. Qualche anno dopo mise in scena due nuove tragedie di argomento 34 Document shared on https://www.docsity.com/it/riassunto-di-storia-del-teatro-dram

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