SPETTROFOTOMETRIE DI ASSORBIMENTO ATOMICO.docx

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SPETTROFOTOMETRIE AD ASSORBIMENTO ATOMICO (AAS): - l'assorbimento atomico, si basa sullo spettro dei vari atomi, i quali sono in grado di assorbire parti dello spettro delle lunghezze d'onda in base ai valori di energia dei loro livelli energetici - in questo caso abbiamo che i vapori...

SPETTROFOTOMETRIE AD ASSORBIMENTO ATOMICO (AAS): - l'assorbimento atomico, si basa sullo spettro dei vari atomi, i quali sono in grado di assorbire parti dello spettro delle lunghezze d'onda in base ai valori di energia dei loro livelli energetici - in questo caso abbiamo che i vapori atomici di un determinato elemento, sono in grado di interagire con le radiazioni elettromagnetiche ed assorbirle - la struttura di un apparato per l'assorbimento atomico è composta da: - una lampada che funziona come sorgente della radiazione: - nel caso di sorgenti ad emissione continua, dove la miglior banda passante che riusciamo ad ottenere è dell'ordine di 0,1 nm, la quale causa una diminuzione dell'assorbimento della banda passante del 1%, diminuendo l'intervallo di trasmittanza totale, e anche se fosse possibile creare delle bande passanti nell'ordine dei [10^ − 3^]{.math.inline} nm, queste non avrebbero la quantità necessaria di energia luminosa per poter riuscire a funzionare correttamente, quindi non possiamo usare sorgenti a spettro continuo - lampada a catodo cavo: - l'idea è quella di avere una lampada che emetta lo spettro dell'elemento che vogliamo andare ad analizzare, questo permette di isolare la singola riga di risonanza che vogliamo analizzare, dallo spettro di emissione, questo perché le righe di risonanza sono le sole che possono essere emesse, in quanto presenti in un passaggio da uno stato base ad uno eccitato - se le suddette righe non sono troppo vicine non è nemmeno necessario l'uso di un monocromatore con una banda passante ridotta (normalmente la banda passante è di 1nm) - le sorgenti di questi sistemi sono delle sorgenti a scarica a bagliore, le quali sono costituite da un catodo a forma di bicchiere, rivestito interamente dell'elemento che vogliamo determinare, e di un anodo a forma di barretta, il quale è costituito da un metallo poco volatile che generalmente è il tungsteno - tutta questa struttura è rinchiusa in un cilindro di vetro o quarzo, il quale viene riempito con un gas nobile - funzionamento: - applicando tra l'anodo e il catodo una tensione (tra 100 e 400 V), viene provocata una scarica, la quale ionizza il gas nobile, ed i suoi ioni (di solito [*Ar*^+^]{.math.inline}) vengono accelerati dal campo elettrico, ed andranno quindi a bombardare il catodo (per via della sua carica negativa), causando il riscaldamento e quindi la successiva espulsione di atomi dal catodo (questo fenomeno è chiamato sputtering) - dentro il catodo si forma così una nube atomica dell'elemento che vogliamo analizzare, i cui urti tra i suoi elettroni e gli atomi del metallo, portano gli atomi della barra ad eccitarsi, e quindi emettere lo spettro del metallo, possiamo quindi analizzare le righe di risonanza dello spettro per recuperare i nostri dati di analisi - nel caso dell'assorbimento atomico, possiamo osservare fenomeni di autoassorbimento: - sappiamo che l'intensità di emissione è proporzionale alla corrente che circola nella lampada, se però la corrente è troppo elevata, la temperatura del catodo tende ad aumentare, portando alla vaporizzazione del metallo (soprattutto con metalli molto volatili), questo porta inoltre ad allargamenti dovuti a Doppler e Lorenz, che, come visto prima, sono entrambi dipendenti dalla T, e questo può portare a: - diminuzione della vita della lampada - autoassorbimento - essendo che sarebbe necessaria una lampada per ogni elemento (il che garantirebbe un'altissima efficienza), in linea generale non è possibile, in quanto andrebbe sostituita per ogni singola misurazione, quindi abbiamo due possibili soluzioni: - torretta ad alloggiamento multiplo: - in queste torrette possono essere montate un certo numero di lampade, lo svantaggio è che va sempre rieseguita la focalizzazione del fascio della lunghezza d'onda utilizzata sull'atomizzatore - lampade multielemento: - il catodo di queste lampade è costituito da polveri metalliche di più elementi - la radiazione di queste lampade è quindi la sovrapposizione di tutti gli spettri di emissione dei metalli - lo svantaggio di questa tecnica è che i metalli devono essere scelti accuratamente, per evitare che si creino interferenze non volute, e si perda quindi il principale vantaggio dell'AAS, ovvero la selettività della tecnica - le intensità di emissione di queste lampade, sono divise su più elementi, quindi su più righe di risonanza, il che causa un'intensità di irraggiamento minore, che comporta un abbassamento dei limiti di rilevabilità - queste lampade hanno inoltre una vita minore rispetto a quelle monoelemento - lampada a scarica senza elettrodo (EDL): - composizione: - un tubo di quarzo di dimensioni ridotte nel quale abbiamo pochi mg dell'elemento che vogliamo andare ad analizzare - l'elemento è sottoforma di metallo puro, o alogenuro del metallo, per aumentarne la sua volatilità - bobina: - in questa bobina viene inserito il tubicino - generatore: - è collegato alla bobina, e genera radiofrequenze con potenza fino a 200W - circuito di innesco: - necessario in quanto nel tubetto non vi sono portatori di carica, e serve a ionizzare l'elemento e quindi riuscire a generare dei portatori di carica - è composto da due elettrodi che vedono scoccare una scintilla, ad alta tensione, tra di loro quando si accende una lampada - circuito di alimentazione - i vantaggi di questa sorgente sono: - l'intensità di emissione, che è di alcuni ordini di grandezza superiori rispetto al catodo cavo - un tempo di vita maggiore per gli elementi più volatili - gli svantaggi sono: - maggiori costi - possibilità di autoassorbimento - funzionamento: - l'eccitazione è ottenuta per induzione elettromagnetica, infatti la bobina che circonda il tubetto, è collegata ad un generatore di radiofrequenze, che permette di generare un campo magnetico alternato, inducendo un campo elettrico (anch'esso alternato) nel tubetto, il quale provoca una scarica elettrica che vaporizza ma soprattutto eccita l'elemento - utilizzi: - sono generalmente usati per elementi molto volatili come arsenico e selenio - una fiamma o un dispositivo di atomizzazione, che nebulizza il nostro campione, rendendolo idoneo ad un'analisi: - questi sistemi accolgono la radiazione prodotta dalla sorgente nella loro cella di atomizzazione, la quale contiene il vapore atomico dell'elemento che vogliamo analizzare - l'atomizzazione è generalmente ottenuta per dissociazione termica - nella cella di atomizzazione gli atomi generati allo stato fondamentale (in assorbimento servono atomi e non ioni, quindi la ionizzazione degli elementi è da evitare) - dall'efficienza del sistema di atomizzazione dipende l'efficienza del nostro strumento e quindi la sensibilità delle nostre analisi (che sono proporzionali al grado di atomizzazione raggiunto) - in assorbimento atomico, è fondamentale che la velocità di inserimento del campione nella cella di atomizzazione sia costante, il che ci permette di avere un segnale di assorbanza in funzione del tempo che ha un range lineare (caso delle fiamme), se dal campione invece si ottiene un segnale in assorbanza transiente che forma dei picchi (caso degli atomizzatori elettrotermici), dove la risposta non è più data dalla risposta lineare ma dall'area/altezza dei picchi del nostro spettro\ Immagine che contiene diagramma, linea, testo, schizzo Descrizione generata automaticamente - l'altezza/area e il segnale lineare, saranno infatti proporzionali alla concentrazione di analita nel campione - un sistema di atomizzazione ideale deve essere: - efficiente e veloce nell'atomizzazione, oltre a dover rendere l'atomizzazione veloce e quantitativa - non devono avvenire reazioni parallele che impediscono l'atomizzazione del campione - queste reazioni sono dette interferenze chimiche - questo perché sennò si ha un rapporto segnale rumore peggiore, e quindi si ha una difficoltà nella lettura dei segnali - non deve esserci ionizzazione - il sistema di atomizzazione che costituisce la nostra cella, non deve assorbire o emettere radiazioni: - nel caso delle fiamme esse devono essere otticamente trasparenti - molto spesso un'inefficienza nella trasparenza non è dovuta alla fiamma ma al campione, che va incontro ad un'atomizzazione non completa, e quindi provoca presenza di particelle solide o liquide all'interno del nostro campione di riferimento, che causano diffusione della radiazione, questi fenomeni si chiamano assorbimenti di fondo non specifici (sono compensabili tramite azzeramento), e si presentano come errori a banda larga - questi effetti si mostrano più spesso nei sistemi elettrotermici che nelle fiamme, ma sono stati inventati dei sistemi di correzioni di fondo, che sfruttano il fatto che la banda di questi assorbimenti è più larga di quella delle altre righe - atomizzazione in fiamma: - in questa tecnica deve esserci una formazione quantitativa e rapida di atomi liberi, diminuendo al minimo tutti quegli effetti che vanno a ridurre la quantità di atomi liberi disponibile - funzionamento di una fiamma: - nebulizza la soluzione e trasporta il nebulizzato nella fiamma - evaporazione del solvente, la quale velocità dipende dalle dimensioni delle gocce e dal tipo di solvente usato - incenerimento/calcinazione ossidazione delle sostanze organiche contenute nel nebulizzato, formando un aerosol solido/gas nella fiamma - la temperatura a cui avviene il processo, trasforma i composti solidi presenti nella fiamma, e queste trasformazioni possono migliorare o peggiorare le letture successive; infatti, fenomeni di interferenza possono già presentarsi in questa fase - volatilizzazione e atomizzazione del campione, infatti, la fiamma in base alla sua temperatura avrà la capacità di gestire l'aerosol, in quanto questa dissociazione termica è endotermica, e quindi è controllata dalla T della fiamma - possono avvenire reazioni parallele che intralciano l'efficienza della nostra fiamma, e vanno quindi ridotte al minimo - questo sistema di atomizzazione è parecchio efficiente sui campioni liquidi - i principali bruciatori che generano le fiamme sono a regime turbolento o a premiscelazione: - i primi sono costituiti da due tubi concentrici dove vengono inseriti il combustibile e il comburente, che si incontrano all'augello della fiamma, per vedere la soluzione del campione condotta all'interno del bruciatore del flusso di comburente - vantaggi: - facili da progettare - sicuri - svantaggi: - fiamma non strutturata, ovvero non abbiamo una zona dove la temperatura di atomizzazione è massima - alto assorbimento non specifico - creazione di gocce di aerosol di grandi dimensioni - tempo di residenza del campione basso, e quindi bassa efficienza - i secondi vedono il combustibile, il comburente ed il campione nebulizzato, premiscelati in una camera che precede il bruciatore, dove è presente un nebulizzatore nel quale viene aspirata e poi nebulizzata la soluzione da analizzare, l'aerosol formatosi passa attraverso una serie di eliche che lo rendono più omogeneo scartando le gocce di dimensioni maggiori, portando questa soluzione alla testa del bruciatore (le aperture della testa sono di pochi mm, e le lunghezze vano dai 5 ai 10 cm per garantire un cammino ottico più lungo), che è composta di un metallo inerte - vantaggi: - fiamma strutturata e molto stabile, infatti a differenza della tecnica precedente, essa ha una zona di temperatura ottimale dove l'atomizzazione avviene correttamente - bassa velocità di uscita dei gas, che permette un tempo di residenza minore dentro la fiamma, e quindi migliori atomizzazioni - svantaggi: - solo una parte del campione viene iniettata in fiamma, la stragrande maggioranza è scartata per renderlo più uniforme - si rischiano ritorni di fiamma, ma possono essere evitati regolando le fenditure della testa in modo corretto - le caratteristiche di una fiamma strutturata: - queste fiamme presentano una zona di combustione primaria, la quale è la zona riducente della fiamma stessa, dove non viene raggiunto l'equilibrio termico - i confini della fiamma sono chiamati zona di combustione secondaria, e si formano ossidi stabili - la regione tra le due parti precedenti è la zona di atomizzazione con migliore efficienza, perché è quella con più atomi liberi, e viene detta regione interzonale o interconale - normalmente per ottenere le migliori condizioni di ossidazione e riduzione, e quindi la miglior regione interzonale i due componenti vanno mischiati in quantità stechiometriche - le fiamme più utilizzate sono: - aria-acetilene: - molto usata per AAS - riesce a dare letture per molti elementi, per via delle sue condizioni a temperatura e ambiente, sufficienti per le atomizzazioni - è completamente trasparente, a parte sotto lunghezze d'onda inferiori a 230 nm, dove ha il suo assorbimento - si usa in condizioni stechiometriche o leggermente ossidanti - non è in grado di dissociare determinati composti, ma rendendola riducente di può ottenere la loro dissociazione al costo di un aumento dell'NSA (assorbimento non specifico) - gli elementi che formano ossidi molto stabili non possono essere determinati con questa fiamma (come Ti, Ba, Be, ecc...) - protossido di azoto-acetilene: - è una fiamma molto calda con una bassa velocità di combustione - è un ambiente favorevole per quasi tutti i metalli che difficilmente sono determinabili con quella aria-acetilene - la stechiometria della fiamma è - viene fatta normalmente funzionare con un leggero eccesso di combustibile, che garantisce una zona primaria di colore bianco blu di 2-4 mm, una zona di riduzione da 5 a 50 mm ed una zona secondaria al di sopra di quest'ultima di colore blu-violetta dove avviene l'ossidazione - la zona di interesse è quella di riduzione che è priva da interferenze come quelle causate dagli ossidi - svantaggi: - è una fiamma molto calda e quindi gli elementi vengono ionizzati, il che non va bene in AAS, ma possiamo aggirare il problema introducendo elementi facilmente ionizzabili come K - essendo l'emissione molto intensa, i radicali di CN, CH e NH, ricoprono una gran banda, e se il segnale cade lì vicino diventa difficile da leggere - necessità dell'appropriata testa di combustione per evitare esplosioni - la procedura di accensione è diversa da quella acetilene-aria, in quanto il protossido ha bisogno di essere inserito successivamente - vantaggi: - velocità di combustione superiore a quella aria-acetilene - gli svantaggi delle fiamme sono: - l'ambiente non è chimicamente inerte - la volatilizzazione e la dissociazione termica non sono sempre soddisfacenti - nei bruciatori a premiscelazione solo una parte del campione va in fiamma e viene volatilizzato - il tempo di residenza degli atomi all'interno della fiamma è basso, il che non permette di creare nubi atomiche molto concentrate - solo un atomo su 10000 viene portato allo stato di atomo libero - il campione è molto diluito - atomizzatori elettrotermici: - composizione: - piattaforma L'vov: - nei dispositivi di tipo Massmann, quindi con un tubicino di 2-3 cm di lunghezza e 0,5 cm di diametro, il riscaldamento delle pareti causerà la volatilizzazione ed atomizzazione del campione, che andrà quindi a formare un vapore atomico in tempi decisamente brevi, questo però porta il vapore in un ambiente in cui si raffredderà, causando possibili ricombinazioni dei vapori atomici nella fase gas, o in zone più fredde del fornetto, la piattaforma L'vov, serve proprio ad ottenere condizioni di isotermicità maggiori, e quindi minori ricombinazioni e ricondensazioni del vapore atomico - fornetto: - il più usato è quello a riscaldamento trasversale, questo tipo di fornetti garantisce che la temperatura all'interno del sistema di atomizzazione sia sempre omogenea, al costo della diminuzione delle dimensioni del fornetto, che però comporta una diminuzione della sensibilità e quindi dei LOD del sistema - funzionamento: - il campione viene inserito nell'atomizzatore tramite una micropipetta (con volumi tipici di 10 [*μ*]{.math.inline}L o 100 [*μ*]{.math.inline}L), in un nebulizzatore non più pneumatico, il quale mantiene le proprietà del campione che quindi incideranno maggiormente sulla misura rispetto alla fiamma - svantaggi rispetto alla fiamma: - il fornetto va lavato continuamente per evitare una sua rapida degradazione a causa dell'ossigeno atmosferico - vantaggi rispetto alla fiamma: - in questi dispositivi il campione viene atomizzato tramite riscaldamento elettrico - sono dispositivi costituiti da tubicini di materiale refrattario e conduttore (grafite pirolitica) - il riscaldamento di questi apparati è ottenuto per effetto Joule; quindi, facendo passare attraverso di essi correnti molto elevate - i picchi di temperatura raggiungibili sono dell'ordine dei 2700-3000 °C, quindi leggermente superiori alle fiamme - il flusso di gas ha anche la funzione non solo di eccitare come in fiamma, ma anche di portare via prodotti di pirolisi e il solvente - possiamo interrompere il flusso di gas per aumentare i tempi di residenza del campione - i maggiori tempi di residenza nel fornetto, e la minore quantità di volume, garantiscono nubi più concentrate e quindi LOD più bassi della fiamma - essendo l'ambiente chimicamente inerte non abbiamo reazioni parallele come per esempio la formazione di ossidi - non siamo più limitati a campioni liquidi, ma possiamo anche analizzare campioni solidi, anche se non consigliati per via degli svariati problemi - atomizzazione a vapori freddi: - se abbiamo un campione che è volatile già a freddo, non dovremo riscaldare il campione ad alte T, per avere una sua atomizzazione, basterebbe infatti ridurlo, e trascinarlo via con una sorgente di gas inerte, e successivamente portarlo ad un sistema di assorbimento atomico, e misurare l'area o l'altezza del picco del segnale - le soluzioni riducenti normalmente usate sono [SnC*l*~2~]{.math.inline} e [NaB*H*~4~]{.math.inline} - usando come fase di preconcentrazione un oro, possiamo ottenere sensibilità nell'ordine dei ppt - vantaggi: - niente sistemi di atomizzazione complicati - meno interferenze dai sistemi di atomizzazione - separazione dell'analita dalla matrice tramite i vapori, e quindi mancanza di effetti matrice - svantaggi: - l'unico campione che possiamo sottoporre a questa analisi è il mercurio - essendo inutile uno strumento a parte solo per questa analisi, sono stati inventati dei componenti ausiliari da montare sullo strumento di base, per poter effettuare questo tipo di analisi - per evitare questo problema, alcuni campioni (metalli e semimetalli) possono essere trasformati in idruri (tramite sodio boroidruro in soluzione acida), e seguire lo stesso procedimento di trasporto, con al differenza che l'idruro andrà atomizzato introducendo la corrente che lo trasporta, o in una cella di quarzo riscaldata, oppure in una fiamma aria-idrogeno molecolare diluita con argon (fiamma diffusa), che ha una T bassa, ma sufficiente ad atomizzare gli idruri, senza produrre interferenze chimiche - un monocromatore, in grado quindi di assorbire determinate lunghezze d'onda, che saranno poi quelle che andranno ad essere analizzate - un rilevatore, per l'elaborazione dei dati ottenuti dalla nostra analisi - questo tipo di analisi permette di analizzare campioni che vadano dalle concentrazioni di 10 ppm fino a quelle di 0,01 ppb - il limite di rilevabilità/qualificazione del nostro strumento dipende dal sistema di atomizzazione, ma soprattutto dal campione che prendiamo in analisi - come in tutti i metodi analitici, l'intervallo di risposta che ci interessa è quello lineare, che è però piuttosto limitato; quindi, serie di misurazioni risultano essere più efficaci della singola misura, quando serve un'analisi quantitativa - questa tecnica si adatta bene allo studio dei metalli di transizione, questo perché le righe di emissione atomica di questi ultimi, sono numerose, e soprattutto cadono a coefficienti di assorbimento diversi tra loro; quindi, permettono la loro analisi non ad una singola lunghezza d'onda (dove potrebbero essere presenti degli interferenti) ma a più lunghezze d'onda, questa cosa non si può dire per i non metalli, in quanto hanno degli spettri di emissione nel vacuum UV, e quindi non sono visualizzabili dai classici rilevatori - la larghezza delle righe atomiche di emissione è dovuta alle transizioni elettroniche - gli spettri atomici rispetto a quelli molecolari sono caratterizzati da righe molto più strette, questo perché essendo l'analisi svolta su singoli atomi, non sono possibili livelli di energia rotazionale o vibrazionale - la larghezza di queste righe atomiche dovrebbe essere di [10^ − 5^]{.math.inline} nm ma per via dell'effetto Doppler e dell'allargamento di Lorenz, questa lunghezza passa a [10^ − 3^]{.math.inline} nm: - effetto Doppler: - questo effetto è causato dal fatto che gli atomi sono in movimento relativo rispetto all'osservatore (il rilevatore), e questo causa uno spostamento verso il blu se si spostano verso di esso, e verso il rosso se si allontanano da esso - il risultato di questo fenomeno è che in un mezzo energetico come il nostro sistema, avviene una distribuzione statistica delle frequenze che porta ad un allargamento delle linee spettrali - questo effetto aumenta all'aumentare della T, in quanto viene aumentata l'energia di agitazione termica e quindi anche il movimento degli atomi - allargamento di Lorenz: - gli urti continui tra gli atomi nella fase nebulizzata portano ad una perturbazione dei loro livelli energetici, il che porta ad una variazione dei livelli di partenza e arrivo dell'emissione - essendo che questo effetto dipende dal numero di collisioni, esso sarà direttamente proporzionale all'aumento di T e p del nostro sistema, in quanto aumenteremo la velocità delle particelle e quindi i loro possibili urti - i campioni migliori per questa analisi sono liquidi, infatti sono quelli più facilmente nebulizzabili - questa tecnica è purtroppo di tipo sequenziale, e non permette l'analisi di più campioni in maniera contemporanea, questo perché gli strumenti devono essere calibrati in modo diverso in base all'elemento voluto per la nostra analisi - interferenze: - le interferenze più frequenti sono quelle dovute alla matrice, che vengono di solito rimosse tramite una serie di trattamenti termici di distruzione della stessa, i quali sono precedenti all'atomizzazione - NAS: - questi effetti avvengono durante l'atomizzazione delle nostre soluzioni, infatti l'atomizzazione porta non solo a vaporizzare la specie atomica, ma anche le altre specie presenti nella nostra soluzione, le quali vanno a sommarsi all'assorbimento dell'analita, dando assorbanze maggiori di quelle che ci aspetteremo - questo tipo di effetto avviene specialmente a basse lunghezze d'onda - avviene principalmente con molecole molto volatii, questo perché non è possibili trattare termicamente il campione in precedenza, perché si potrebbe rischiare di perdere parte dell'analita - sono però facilmente distinguibili rispetto agli analiti, perché si estendono su bande molto più larghe - sono più frequenti nei dispositivi elettrotermici - correzione: - a due righe: - questo metodo per poter essere applicato richiede la presenza di una riga di emissione della sorgente che sia il più vicino possibile a quella dell'analita, ma non in risonanza con essa - se le condizioni sono soddisfatte, possiamo assumere che ogni diminuzione della potenza della riga che abbiamo preso come riferimento (rispetto al valore di calibrazione), sia dovuta all'assorbimento o alla diffusione da parte dei prodotti della matrice - la diminuzione viene puoi usata per correggere l'assorbanza dell'analita - svantaggi: - la correzione è eseguita a lunghezze d'onda diverse rispetto a quelle di assorbimento dell'analita - non sempre abbiamo le righe di riferimento abbastanza vicine a quelle dell'analita - con sorgente continua: - se usiamo due sorgenti di cui una continua, di cui sappiamo che la diminuzione è solo dell'1%, possiamo farle passare entrambe nel nostro sistema, usando quindi una lampada a catodo cavo essa assorbirà sia il vapore atomico, che il fondo, mentre la radiazione della sorgente continua (normalmente la lampada al deuterio), possiamo poi confrontare i due risultati e usare la sorgente continua come riferimento - vantaggi: - poco costoso - svantaggi: - serve una seconda sorgente e la sua relativa ottica per poter essere utilizzato - l'assorbanza che viene determinata è quella media, quindi non abbiamo delle buone accuratezze se l'assorbimento di fondo ha una struttura fine - abbiamo una diminuzione del rapporto segnale/rumore, questo perché l'energia radiante complessiva, che va all'atomizzatore, è minore - nel caso delle fiamme, essendo disomogenee, avremo una correzione errata che porterà ad errori sia positivi che negativi, se non sono perfettamente allineate tra di loro - l'emissione della lampada al deuterio (spesso usata come sorgente continua) non permette l'uso di questa tecnica a lunghezze d'onda superiori a 350 nm - Zeeman: - se applichiamo un campo magnetico al nostro sistema di analisi, le bande spettrali si separano in più componenti, e questa separazione è proporzionale all'intensità del campo stesso - le componenti vengono inoltre polarizzate infatti alcune saranno in direzione parallela al campo, altre in perpendicolare - ovviamente questa separazione avviene sia in assorbimento che in emissione - questo effetto è possibile, perché i moti degli elettroni all'interno di un orbitale li possiamo immaginare come correnti chiuse a cui ad ognuna di esse è associato un dipolo magnetico (momento magnetico orbitale), e in base a come esso si associa alle linee di forza del campo, si avrà che l'orbitale avrà un'energia diversa - ogni riga atomica si dividerà quindi in tre componenti: - [*π*]{.math.inline}, che avrà la stessa lunghezza d'onda della riga originale e polarizzazione parallela al campo magnetico - [*σ*]{.math.inline}, che saranno due a lunghezze d'onda differenti, ma simmetriche rispetto a quella originale, ma con polarizzazione perpendicolare rispetto al campo magnetico - questo effetto può essere applicato in diversi modi: - applicazione del campo magnetico: - sulla sorgente (preferita in fiamma, in quanto abbiamo la possibilità di applicarlo sulla zona di interesse della nostra fiamma) - sulla cella di atomizzazione (questa è preferita nei sistemi elettrotermici, in quanto la degradazione della matrice avviene in questa zona) - orientamento del campo magnetico: - trasversale, dove le linee del campo, saranno perpendicolari al camino ottico del raggio - longitudinale, dove le linee del campo magnetico sono parallele al cammino ottico - questa sarebbe la configurazione migliore, ma è difficilmente realizzabile; infatti, richiederebbe che i magneti vengano forati, diminuendone la loro efficienza - tipo di campo: - continuo, dove se avvenissero errori non verrebbero corretti tra una misura e l'altra ma in alcuni casi è l'unica opzione - pulsato, permette la correzione tra una misurazione e l'altra, ma non è sempre realizzabile - funzionamento: - la radiazione non polarizzata viene fatta passare attraverso un polarizzatore rotante, il quale divide il fascio in due componenti polarizzate ortogonali tra di loro - le due componenti attraversano un fornetto in grafite - il fornetto è circondato da un magnete permanente, il quale separa i livelli nelle loro 3 componenti - sapendo che il picco centrale che rappresenta l'assorbimento della radiazione da parte dell'analita, esso avviene solo a metà ciclo - nelle altre metà si vede invece l'assorbimento totale dovuto anche dalle interferenze; quindi, tramite una serie di cicli di sottrazione lo strumento corregge la misurazione - vantaggi: - avviene alla stessa lunghezza d'onda dell'analita - Smith-Hjeftie: - sfrutta il fenomeno dell'autoassorbimento - funzionamento: - si alternano due cicli di alimentazione delle lampade, uno a bassa intensità, ed uno ad elevata intensità delle correnti - durante questi cicli abbiamo che, quando l'intensità è bassa, abbiamo un'emissione di una riga a profilo normale, mentre quando abbiamo correnti elevate entriamo nel campo dell'autoassorbimento, e la riga analitica tende a presentare inversione, ovvero si creano due picchetti collegati tra loro, questo causa che lo strumento non sarà più in grado di assorbire il campione, e assorbirà quindi solo il fondo - si corregge quindi il tutto effettuando una differenza tra l'assorbanza che abbiamo tra le due fasi - vantaggi: - non abbiamo necessità di ottiche particolari - funziona con ogni dispositivo di atomizzazione - utilizzabile a tutte le lunghezze d'onda - avvenendo la correzione alla stessa l'lunghezza d'onda dell'assorbimento, riusciamo a correggere anche fondi strutturati ed interferenze spettrali - svantaggi: - gli impulsi elevati esauriscono velocemente le lampade - l'assorbimento atomico durante l'impulso non è sempre trascurabile - si perde di sensibilità e quindi di precisione rispetto al metodo con sorgente continua - chimiche: - queste interferenze si generano perché in base al gruppo con cui è legato il nostro analita, il suo tempo di residenza cambierà, in quanto la T da raggiungere sarà minore o maggiore, questo è quindi un effetto matrice (per esempio il piombo se legato con cloruri, nitrati o fosfati, avrà un tempo di residenza maggiore o minore all'interno del fornetto) - può anche capitare l'evaporazione del campione avvenga senza atomizzazione, questa interferenza provoca effetto matrice - un metodo per arginare le interferenze è quello di renderle confrontabili con gli standard; quindi, se l'atomizzazione viene condotta a T diverse, devono cambiare anche i tempi di residenza del campione - eliminazione delle interferenze: - trattamenti termici (curve di incenerimento atomizzazione): - uno dei modi più facili per evitare interferenze dovute alla matrice è eliminarla; infatti, è molto spesso composta da componenti più volatili dell'analita; quindi, trattandola termicamente (senza causare la volatilizzazione dell'analita), possiamo rendere l'atomizzazione esente da interferenze - abbiamo tre stadi del trattamento: - essiccamento/evaporazione del solvente - arrostimento/distruzione/incenerimento/pirolisi della matrice, la quale elimina la maggior quantità possibile di componenti della matrice diversi dal nostro analita di interesse - atomizzazione, la quale viene eseguita a temperature non troppo superiori a quelle necessarie per l'analita, onde evitare che vi siano altre specie interferenti che atomizzano a T superiori - le temperature di distruzione e atomizzazione della matrice, vanno analizzate caso per caso, tramite le curve di incenerimento e atomizzazione: - nelle curve di incenerimento viene messa la risposta analitica in funzione della temperatura di incenerimento, mantenendo l'atomizzazione costante, possiamo così notare che la risposta diminuisce dopo un certo aumento della T, per via delle perdite di analita del nostro sistema - la T di incenerimento migliore è quella che ha la minima T possibile e non causa perdita dell'analita - per la determinazione della curva di atomizzazione la si mette la risposta analita in funzione della temperatura, e quindi si nota che per T crescenti la risposta cresce fino ad un asintoto (o una decrescita) - la T di atomizzazione migliore è la minima T alla quale abbiamo già la massima risposta - modificatori di matrice: - nel caso di metalli o campioni molto volatili, la T di incenerimento può superare quella di atomizzazione, quindi in questi casi si usano agenti chimici, per aumentare la volatilità della matrice o diminuire quella del metallo, per poterli poi trattare o analizzare direttamente - questo parametro può essere controllato tramite i modificatori di matrice, che appunto aumentano la volatilità di uno o diminuiscono quella dell'altro - tra i composti più usati per la modificazione della matrice abbiamo: - [*NH*~4~*NO*~3~]{.math.inline} - [(*NH*~4~)*H*~2~*PO*~4~]{.math.inline} - [Mg(*NO*~3~)~2~]{.math.inline} - Pd - Rh - Ir - [*Pd* + *Mg*(*NO*~3~)~2~]{.math.inline} - questi modificatori si addizionano al campione prima dell'iniezione o direttamente insieme a quella del campione nell'atomizzatore - questi composti hanno lo scopo di minimizzare le perdite di analita durante i processi di trattamento termico, massimizzando l'eliminazione dei componenti della matrice - questi modificatori possono legarsi all'analita, formando un sale meno volatile, oppure formare con esso composti intermetallici - struttura di uno strumento per assorbimento atomico: - singolo raggio: - sorgente: - generalmente una lampada a catodo cavo - alimentatore modulato, che serve ad alimentare la lampada - atomizzatore: - serve ad atomizzare il nostro campione, per rendere l'analita analizzabile in assorbimento - monocromatore: - posto dopo l'atomizzatore in modo che l'emissione di fondo che può raggiungere il rilevatore, sia ridotta in quanto sarà solo quella che passerà nella banda passante del monocromatore - trasduttore: - che ha il compito di trasformare la grandezza fisica in un segnale elettrico o penumatico d'intensità proporzionale alla quantità di analita presente nella soluzione - fotomoltiplicatore: - genera ed amplifica la corrente elettrica in risposta alle sollecitazioni luminose dovute all'assorbimento, aumentando così l'intensità del segnale rispetto al fondo - doppio raggio: - in questo caso il concetto è lo stesso, ma dopo la sorgente è presente un chopper, il quale farà passare una volta la sorgente in mezzo all'atomizzatore, ed una volta lo farà aggirare - i due fasci si incontreranno prima del monocromatore, dando così un'autocompensazione degli errori - il fascio di riferimento non passa però attraverso la fiamma; quindi, non possiamo correggere errori dovuti alla potenza radiante dovuta all'assorbimento o alla diffusione dovuta della fiamma stessa - ET-AAS o GF-AAS: - sono delle tecniche che si basano sull'uso di atomizzatori elettrotermici, che hanno dei limiti di rilevabilità talmente bassi, i quali vengono usati nell'analisi in tracce dei metalli

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