L'Unificazione dell'Italia - PDF
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This document provides a summary of the Italian Unification, including its key events, major figures, and conflicts. It touches upon the "Law of Guarantees" and the political tension between the Italian government and the Papacy.
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## L'Unificazione dell'Italia ### L'Unificazione dell'Italia c14 **Foto storica in cui è possibile vedere Porta Pia, nel quartiere Nomentano e, sulla destra, la breccia aperta dai bersaglieri nelle mura aureliane il 20 settembre 1870.** ### L'unificazione dell'Italia **Prima ancora che il trasf...
## L'Unificazione dell'Italia ### L'Unificazione dell'Italia c14 **Foto storica in cui è possibile vedere Porta Pia, nel quartiere Nomentano e, sulla destra, la breccia aperta dai bersaglieri nelle mura aureliane il 20 settembre 1870.** ### L'unificazione dell'Italia **Prima ancora che il trasferimento fosse ultimato, il governo italiano cercò di risolvere il conflitto con il papato impegnandosi a garantire al pontefice, con la "legge delle guarentigie" (cioè delle "garanzie") varata nel maggio 1871, la totale autonomia nello svolgimento del suo magistero spirituale e a riconoscere alla Santa Sede una serie di prerogative: dall'extraterritorialità dei palazzi del Laterano, del Vaticano e villa di Castelgandolfo, alla libertà di comunicazione con i rappresentanti dei governi di tutti gli altri paesi del mondo.** **Ma Pio IX aveva proclamato «ingiusta, violenta, nulla e invalida l'occupazione italiana»; perciò il regno d'Italia, un paese in cui il 99% della popolazione era cattolico, si trovò a scontare il peso di una scomunica papale destinata ad avere profonde conseguenze sul rapporto tra Stato e società, tra "paese legale" e "paese reale". Con il cosiddetto Non expedit (1874), Pio IX dichiarò infatti "non opportuno" (e di fatto proibi) che i cattolici partecipassero alle elezioni indette da uno Stato "usurpatore". Anche se non tutti i cattolici erano pronti a seguire alla lettera le prescrizioni di Pio IX, questo divieto e l'intransigente ostilità del papato avrebbero esercitato un'incidenza notevole sulla vita politica dell'Italia liberale.**  **GLOSSARIO:** **Extraterritorialità**: condizione giuridica in base alla quale un territorio, pur essendo compreso all'interno dei confini di uno Stato, non è soggetta alla sua sovranità. ### I NESSI II Compimento dell'Unificazione **LE ULTIME FASI DELL'UNIFICAZIONE** | 1866 | 1870 | 1871 | | :------------------------- | :------------------------------------------------------------------------------------------------- | :--------------------------------------------------------------------------- | | Terza guerra di indipendenza | Breccia di Porta Pia e annessione dello Stato pontificio | Roma diventa capitale del regno d'Italia | | contro l'Austria | Annessione del Veneto (1866) | | **Ancora una volta a risolvere definitivamente la questione fu una congiuntura internazionale favorevole. Il crollo del Secondo impero francese, in seguito alla sconfitta di Sedan nel 1870 [13.2] determinò di fatto la scomparsa di uno dei due contraenti della "convenzione di settembre", rendendola quindi nulla. Il governo italiano, allora presieduto da Giovanni Lanza, decise di rompere gli indugi: il 20 settembre 1870 l'artiglieria italiana aprì un varco nella cinta muraria che circondava la città (la celebre breccia di Porta Pia) e i bersaglieri - accolti dalla popolazione come liberatori - ebbero la meglio sulle truppe pontificie. Il 3 febbraio 1871 fu stabilito il trasferimento della capitale da Firenze a Roma.** ### II Completamento dell'Unificazione dell'Italia Una mappa che mostra le varie tappe del processo di unificazione dell'Italia. ### ATTIVARE LE COMPETENZE: - **Comprendere e interpretare una carta** **Osserva la carta e indica se le seguenti affermazioni sono vere Vo false F.** 1. Le frecce verdi indicano le spedizioni della terza guerra di indipendenza. **V** 2. Garibaldi partecipò anche alla terza guerra di indipendenza. **V** 3. L'esercito italiano venne sconfitto a Lissa e Bezzecca. **F** 4. Garibaldi tentò più volte di prendere Roma. **V** ### L'età della Borghesia - **Alcuni garibaldini imprigionati dopo lo scontro in Aspromonte: uno di loro scrive sul muro il motto "Roma o morte" e "Viva Garibaldi". Cloacchino Toma, Romo o morte, 1863 (Milano, Collezione privata).** **Come era già successo in occasione della spedizione dei Mille, in un primo momento il re e il presidente del Consiglio Rattazzi non si mossero, aspettando lo sviluppo degli avvenimenti. Ma questa volta, data la ferma opposizione della Francia, Vittorio Emanuele II dovette sconfessare la spedizione garibaldina e, di fronte all'ostinazione dei volontari, fece intervenire l'esercito regio per bloccarla; nello stesso mese d'agosto, in uno scontro a fuoco sull'Aspromonte, rimase ferito anche Garibaldi, che venne poi arrestato. Tutta l'opinione pubblica italiana, non solo quella di orientamento democratico, reagi agli avvenimenti con un moto di indignazione, e anche se a Garibaldi venne concessa un'amnistia in ottobre, l'immagine del governo ne usci gravemente compromessa.** **A risollevarla non valse l'accordo firmato nel 1864 con Napoleone III dal nuovo presidente del Consiglio Marco Minghetti, la cosiddetta "convenzione di settembre", in base alla quale si ottenne il ritiro delle truppe francesi dal Lazio in cambio dell'impegno italiano a spostare la capitale da Torino a Firenze, atto che il governo di Parigi considerava come una definitiva rinuncia dell'Italia a Roma. Il trasferimento avvenne nel 1865, suscitando a Torino proteste che sfociarono in un sanguinoso moto di piazza.** **Se la questione di Roma rimaneva per ora irrisolta, nel 1866 si delinearono invece le condizioni propizie per realizzare l'annessione del Veneto, che si trovava ancora in mani austriache. Alla vigilia della guerra austro-prussiana [13.2], infatti, il governo italiano si era alleato con la Prussia di Bismarck contro l'Austria, in base a un accordo che prevedeva, in caso di vittoria, l'acquisizione del Veneto da parte dell'Italia.**  **Le prove militari fornite dalle forze armate italiane durante il conflitto - passato alla storia italiana come terza guerra di indipendenza - furono quanto mai deludenti, sia per terra sia per mare: a Custoza (24 giugno) e presso l'isola di Lissa (20 luglio) gli austriaci riuscirono ad avere la meglio. Alla sconfitta delle forze regolari fecero da contrappunto i successi riportati dai Cacciatori delle Alpi, i volontari che agirono in Trentino sotto il comando di Garibaldi.** **La guerra si concluse comunque con il successo della Prussia. Perciò, nell'ottobre 1866 il Veneto e Mantova furono ceduti dall'Austria alla Francia di Napoleone III, come ricompensa per l'attività di mediazione diplomatica, e da questi all'Italia. Rimanevano però ancora "irredenti" (cioè non riuniti alla madrepatria) il Trentino, il Friuli orientale e Trieste. Inoltre, il modo in cui si era conseguito questo importante obiettivo politico - una mortificante via diplomatica dopo i fallimenti militari - provocò un'ondata di profonda amarezza nel paese.** **L'anno successivo, nell'ottobre-novembre 1867, falli un nuovo tentativo intrapreso da Garibaldi per liberare Roma e i territori circostanti. Con i suoi volontari, il generale invase il Lazio mentre a Roma doveva scoppiare un'insurrezione, cosa che invece non avvenne. Lepilogo ebbe luogo a Mentana, dove i garibaldini furono bartuti da un corpo di spedizione francese.** ### L'età della Borghesia - **Ritratto di Quintino Sella.** **Dopo tanti sacrifici, l'agognato obiettivo del pareggio del bilancio dello Stato fu raggiunto alla fine del 1875. Tuttavia, i sacrifici imposti al paese, in particolare il peso fiscale imposto alle classi popolari, alienò parte del consenso di cui aveva goduto la classe dirigente della Destra storica. La maggioranza su cui si reggeva in Parlamento si era andata così via via assottigliando, e la sua permanenza alla guida del paese aveva ormai i giorni contati.** ### La Terza Guerra di Indipendenza e il Completamento dell'Unificazione **La classe dirigente postunitaria si era trovata ad affrontare anche la spinosa questione di Roma, rimasta nelle mani del papato, al centro di un delicato contenzioso di politica internazionale. Gli uomini della Destra erano convinti dell'esigenza pratica e simbolica di fare di Roma la capitale del nuovo regno. L'ultimo atto politico di Cavour, prima di morire, era stato proprio la proclamazione di Roma come futura capitale d'Italia, un impegno che andava incontro anche alle istanze dello schieramento democratico. Allo stesso tempo, nel dibattito parlamentare che si era svolto nella primavera del 1861, lo statista aveva precisato il suo punto di vista, riassumendolo nel principio "libera Chiesa in libero Stato", che indicava la prospettiva di una reciproca autonomia e indipendenza dei due poteri: quello spirituale del papa e quello temporale dello Stato italiano.** **Pio IX respinse questo assioma come un'eresia, o addirittura come una diabolica macchinazione per estromettere la Chiesa dalla società. Il papa - già sdegnato per la drastica riduzione dei territori pontifici in seguito alle annessioni non intendeva affatto rinunciare alla propria residua sovranità temporale, nemmeno in cambio delle massime garanzie di autonomia nel suo magistero spirituale. L'irrigidimento del pontefice sfociò, alla fine del 1864, in una vera e propria rottura tra la Chiesa e il sistema liberale, condannato da Pio IX con le radicali enunciazioni contenute nel Sillabo, un documento allegato all'enciclica Quanta cura [15.3].** **Se una soluzione per via diplomatica risultava dunque impossibile, l'appoggio assicurato al papato dalla Francia di Napoleone III, per motivi che avevano a che fare con gli equilibri interni del suo regime [13.2], impediva anche al governo italiano di risolvere la questione con la forza, almeno per il momento.** **In questo delicato contesto i seguaci di Mazzini e di Garibaldi decisero di prendere l'iniziativa, convinti che le esitazioni dei moderati si potessero superare solo con un'azione analoga a quella che aveva portato all'annessione del Sud. Nell'agosto 1862, duemila volontari guidati da Garibaldi sbarcarono dalla Sicilia in Calabria, con l'o-biettivo di risalire verso Roma. Si trattava di una sortita coraggiosa ma politica-mente azzardata.** **Come era già successo in occasione della spedizione dei Mille, in un primo mo-mento il re e il presidente del Consiglio Rattazzi non si mossero, aspettando lo svi-luppo degli avvenimenti. Ma questa volta, data la ferma opposizione della Francia, Vittorio Emanuele II dovette sconfessare la spedizione garibaldina e, di fron-te all'ostinazione dei volontari, fece intervenire l'esercito regio per bloccarla; nello stesso mese d'agosto, in uno scontro a fuoco sull'Aspromonte, rimase ferito anche Garibaldi, che venne poi arrestato. Tutta l'opinione pubblica italiana, non solo quella di orientamento democratico, reagi agli avvenimenti con un moto di indignazione, e anche se a Garibaldi venne concessa un'amnistia in ottobre, l'imma-gine del governo ne usci gravemente compromessa.** **A risollevarla non valse l'accordo firmato nel 1864 con Napoleone III dal nuovo pre-sidente del Consiglio Marco Minghetti, la cosiddetta "convenzione di settembre", in base alla quale si ottenne il ritiro delle truppe francesi dal Lazio in cambio dell'im-pegno italiano a spostare la capitale da Torino a Firenze, atto che il governo di Parigi considerava come una definitiva rinuncia dell'Italia a Roma. Il trasferimento avvenne nel 1865, suscitando a Torino proteste che sfociarono in un sanguinoso moto di piazza.** ### L'età della Borghesia - **I primi progressi sulla via dello sviluppo** **I governi della Destra avviarono anche una politica di grandi investimenti pubblici, a cominciare dalla rete ferroviaria, la cui estensione venne quasi triplicata in dieci anni. Il mercato interno venne unificato, abolendo le barriere doganali dei vecchi stati preunitari: uomini e merci finalmente potevano circolare liberamente su tutto il territorio nazionale. Cominciò così a stabilirsi un rapporto di interdipendenza fra Nord e Sud che si sarebbe rivelato vantaggioso anche per le regioni settentrionali, e che valse fin da subito a inserire il Mezzogiorno nelle relazioni commerciali internazionali sviluppate dallo Stato unitario. L'adozione di dazi d'entrata particolarmente miti negli scambi con l'estero, d'altra parte, agevolò le esportazioni agricole (dal riso al vino, dall'olio d'oliva agli agrumi) e di seterie, pellami, oggetti d'uso comune e prodotti d'artigianato. Il governo varò anche l'incameramento e quindi la vendita di beni ecclesiastici (accompagnata dalla soppressione di molti enti religiosi) e dei demani degli stati preunitari. Con queste misure intendeva favorire, tra le altre cose, la formazione di una piccola proprietà contadina, ma l'obiettivo non fu raggiunto perché i contadini non disponevano di capitali sufficienti per l'acquisto delle terre, nonostante la suddivisione di queste in minuscoli poderi. Perciò, gran parte dei beni posti in vendita fu accaparrata dai grandi e medi proprietari, col risultato che venne crescendo la concentrazione fondiaria e quindi la disparità di condizioni economiche e sociali nelle campagne.** ### L'Età della Borghesia - **L'istruzione obbligatoria** **Per favorire il progresso civile della nazione venne estesa a tutto il paese la legge sull'istruzione pubblica del ministro Gabrio Casati (1798-1873), già in vigore nel regno di Sardegna dal 1859, che stabiliva la gratuità e l'obbligatorietà del primo biennio della scuola elementare, uguale per tutti. La legge intendeva limitare la presenza del clero nel campo dell'educazione e mirava ad abbattere il tasso di analfabetismo per creare una comunità di cittadini in grado di parlare la stessa lingua, cosa che avrebbe stimolato il senso di appartenenza nazionale. Tuttavia, il fatto che l'attuazione della legge fosse demandata ai Comuni (e che dunque spettasse loro la costruzione degli edifici scolastici e il reclutamento e la retribuzione degli insegnanti) creava forti discrepanze tra le zone più prospere e quelle più povere del paese, a discapito in particolare del Sud, le cui amministrazioni locali disponevano di magri bilanci.** ### L'Età della Borghesia - **Il risanamento dei conti pubblici** **Lo sforzo finanziario richiesto dagli investimenti nelle infrastrutture e dalla necessità di risanare il debito pubblico - gravato dalle guerre di indipendenza e dai debiti ereditati dagli stati preunitari e raggiungere il pareggio del bilancio, indispensabile sia per ottenere prestiti dalle principali case finanziarie francesi e inglesi, sia per consolidare le credenziali del nuovo Stato nel consesso internazionale, comportarono costi ingenti, destinati a riversarsi soprattutto sulle classi popolari. I fondi necessari vennero infatti reperiti per lo più imponendo tasse come quella sul sale o sul macinato (cioè sui cereali al momento della macinazione) che, pur applicandosi indistintamente a tutta la popolaz-ione, gravavano in maggior misura sui ceti meno abbienti, erodendo in pratica tutti i loro ristretti bilanci familiari. Fu in particolare la tassa sul macinato - di fatto una tassa sul pane, alimento base della gente comune a provocare forti tensioni nelle campagne, sfociate in reiterate agitazioni contro le gabelle e gli esattori. Essa era già stata in vigore negli stati preunitari, ma nel 1861 era stata abolita ovunque; nel 1868 venne reintrodotta e poi inasprita nel 1870 da Quintino Sella (ministro delle Finanze tra il 1862 e il 1863 e poi tra il 1869 e il 1873), che non aveva trovato altri mezzi per risanare i conti pubblici.** ### L'età della Borghesia - **Conflittualità sociale e fenomeno mafioso** **Tuttavia, nell'estate del 1866 scoppiò un'improvvisa insurrezione a Palermo, su isti-gazione di alcuni esponenti del clero e di agenti borbonici che fecero leva sia sul mal-contento per la requisizione dei beni ecclesiastici da parte dello Stato, sia sulle aspira-zioni autonomistiche di una parte dei proprietari fondiari dell'isola. In quella circo-stanza si manifestò per la prima volta in modo evidente anche il fenomeno della mafia che avrebbe poi accompagnato la storia d'Italia fino ai nostri giorni, capace di infiltrarsi nella rivolta e di condizionarne l'azione.** **Il governo non poteva rischiare che un'ulteriore sollevazione al Sud mettesse a repen-taglio le basi del nuovo Stato nazionale: così, dopo più di sette giorni in cui Palermo era rimasta nelle mani dei rivoltosi, la marina intervenne bombardando la città e 40.000 soldati ripristinarono l'ordine.** ### L'Età della Borghesia - **L'unificazione legislativa** **Nel frattempo procedeva il processo di uniformazione legislativa e amministrativa, che venne completato entro il 1865. Oltre allo Statuto albertino, anche la legge elettorale piemontese era già stata estesa a tutti i territori via via annessi. Inoltre, il gover-no emanò per decreto (quindi senza discussione parlamentare) il codice civile e nuovi codici di procedura civile, della navigazione e del commercio. Validi ora per l'intero territorio nazionale, essi ricalcavano, con poche modifiche, quelli già in vigo-re nel Piemonte sabaudo.** **Non si arrivò invece all'approvazione di un unico codice penale, dal momento che la Toscana sola tra gli stati preunitari - aveva abolito la pena di morte; questa discre-panza si sarebbe risolta solo con il codice Zanardelli del 1889 [17.3].** ### L'Età della Borghesia - **L'ordinamento amministrativo** **Riguardo invece all'ordinamento amministrativo, il dibattito in corso vedeva schiera-ti da un lato i sostenitori dell'accentramento, in continuità con l'assetto vigente nel regno sabaudo; dall'altro quanti ritenevano opportuna una maggiore autonomia degli organi periferici (soluzione che aveva sostenuto anche Cavour). Sebbene i rap-presentanti lombardi, emiliani e toscani fossero inizialmente favorevoli a un pro-gramma di decentramento e di autonomia sul modello inglese, finì poi col prevalere la soluzione fortemente centralistica di derivazione napoleonica, anche a causa delle rivolte contadine al Sud e del problema del brigantaggio, che portarono un autore-vole nucleo di intellettuali meridionali, esuli durante il Risorgimento a Torino, a temere il pericolo di una non completa integrazione del Mezzogiorno nello Stato unitario. Una parte rilevante della classe dirigente liberale temeva inoltre la pressione dei circoli politici clericali legati allo Stato pontificio e dei nostalgici del regime bor-bonico, la cui azione avrebbe potuto pregiudicare la tenuta delle istituzioni unitaric. Il rischio di perdere le province del Sud contribui così a bloccare ogni progetto per organizzare lo Stato italiano secondo i principi del decentramento amministrativo e dell'autogoverno locale. D'altra parte, la prospettiva di un sistema di tipo federale non era condivisa neppure dalla Sinistra, che vedeva nell'accentramento istituzionale un ordinamento più consono ai suoi ideali unitari di matrice mazziniana.** **La legge del 20 marzo 1865 -varata anch'essa per decreto - segnò dunque l'abbando-no definitivo di ogni ipotesi di decentramento. Attraverso la figura del prefetto, rap-presentante in ogni provincia del potere esecutivo, il governo venne abilitato a eserci-tare ampi poteri di controllo sulle amministrazioni locali. Per diventare esecutive, infatti, tutte le deliberazioni dei consigli e delle giunte comunali dovevano essere approvate dal prefetto, il quale era nominato dal ministro dell'Interno e a lui rispon-deva direttamente.** ### L'Età della Borghesia - **Le parole e i concetti: mafia** **Attestata nella lingua italiana a partire dal 1863, la parola "mafia" trovò una prima ampia descrizione nel Rapporto sulle condizioni della Sicilia di Leopoldo Franchetti (1876), in cui si parlava di mafia in termini di «solidarietà intuitiva, brutale, interessata, che unisce a danno dello Stato, delle leggi e degli organismi regolari, tutti quegli individui e quegli strati sociali che amano trarre l'esistenza e gli agi non gia dal lavoro, ma dalla violenza, dall'inganno e dalla inti-midazione». L'origine storica del fenomeno risale in realtà alla Sicilia preunitaria, dove i mafiosi erano membri di bande armate assoldate dai grandi latifondisti, i baroni che li recluta-vano spesso tra i delinquenti comuni, per mantenere l'or-dine nelle loro proprietà e imporre ai contadini il rispetto degli iniqui patti agrari cui erano soggetti. Da questa esperienza derivo la mafia intesa in senso moderno, cioè come organizzazione criminale che si attribuisce il compito di mantenere l'ordine esercitando il monopolio della violenza al posto dello Stato. All'indomani dell'unificazione, alcuni di quei gruppi si trasformarono in associazioni, chiamate "cosche", con lo scopo di presiedere al rispetto dell'ordine sociale vigente nelle campagne. Facendosi intermediarie tra le esigenze dei proprietari e il bisogno di lavoro della manodopera contadina, e traendo profitto e potere da questo ruolo di intermediazione, a poco a poco queste organizzazioni assunsero il controllo di gran parte dell'economia agraria del Meridione. A quel punto, forti del loro predominio rurale, le cosche cominciarono a infiltrarsi anche nell'economia urbana (in primo luogo imponendo taglie, cioè richieste illecite di denaro, al commercianti). Di lì alla politica il passo era breve: negli ultimi decenni dell'Ottocento, la mafia riuscì a intessere relazioni pro-fonde, condizionandone l'azione, con tutta la politica nazionale, con la magistratura e con le forze di polizia.** ### L'Età della Borghesia - **Conflittualità sociale e fenomeno mafioso** **Tuttavia, nell'estate del 1866 scoppiò un'improvvisa insurrezione a Palermo, su isti-gazione di alcuni esponenti del clero e di agenti borbonici che fecero leva sia sul mal-contento per la requisizione dei beni ecclesiastici da parte dello Stato, sia sulle aspira-zioni autonomistiche di una parte dei proprietari fondiari dell'isola. In quella circo-stanza si manifestò per la prima volta in modo evidente anche il fenomeno della mafia che avrebbe poi accompagnato la storia d'Italia fino ai nostri giorni, capace di infiltrarsi nella rivolta e di condizionarne l'azione.** **Il governo non poteva rischiare che un'ulteriore sollevazione al Sud mettesse a repen-taglio le basi del nuovo Stato nazionale: così, dopo più di sette giorni in cui Palermo era rimasta nelle mani dei rivoltosi, la marina intervenne bombardando la città e 40.000 soldati ripristinarono l'ordine.** ### L'Età della Borghesia - **I governi della Destra storia** **Spentosi il fragore delle armi e inaugurato il primo Parlamento italiano, il nuovo Stato dovette misurarsi con la vitale esigenza di consolidare le sue strutture istituzionali. La classe dirigente piemontese era sicura di avere tutte le carte in regola per coronare l'opera intrapresa sui campi di battaglia e ai tavoli diplomatici, e di poter guidare la nuova compagine nazionale nella formazione delle istituzioni pubbliche e delle strutture fondamentali dello Stato unitario. Questa convinzione fu sancita, in primo luo-go, dall'estensione dello Statuto albertino del 1848 a tutta l'Italia unita.**  **Del resto, le stesse potenze straniere avevano considerato la nascita del nuovo regno come la meta finale della lunga storia del Piemonte sabaudo. Secondo quanti avevano militato nelle file della sinistra democratica d'ispirazione mazziniana, invece, proprio questo rapporto di continuità fra regno sabaudo e regno d'Italia stava a dimostrare che il Risorgimento si era risolto, contrariamente alle aspettative originarie, in una "conquista regia", in un processo di successive annessioni del resto del paese da parte dei Savoia (lo stesso Cattaneo, eletto deputato nel 1861, non aveva poi messo pie-de in Parlamento per non dover giurare fedeltà alla monarchia sabauda).** ### L'Età della Borghesia - **La Destra storia al potere** **In realtà, all'atto pratico, non erano esistite alternative concrete al modello pie-montese: al momento dell'Unità, infatti, il regno di Sardegna era l'unico Stato preu-nitario ad aver sperimentato in modo stabile le norme e le istituzioni di un regime parlamentare, e lo Statuto albertino era l'unica carta costituzionale rimasta in vigore dopo il 1848.** **Le elezioni del 1861 sancirono la vittoria della cosiddetta Destra storica, vale a dire dei liberali moderati eredi di Cavour, scomparso prematuramente nel giugno di quell'anno. Non si trattava di un vero e proprio partito, ma di uno schieramento parlamentare aggregatosi attorno ad alcune figure di spicco: tra gli altri, il toscano Bettino Ricasoli (primo presidente del Consiglio dell'Italia unita dopo Cavour, dal giugno del 1861 al marzo del 1862), i piemontesi Quintino Sella e Giovanni Lanza, l'emiliano Marco Minghetti, il lombardo Stefano Jacini, il pugliese Ruggero Bon-ghi e l'abruzzese Silvio Spaventa. Allo schieramento della Destra si opponeva in Parlamento la compagine altrettanto eterogenea della Sinistra, frutto della confluenza della sinistra moderata piemontese con elementi garibaldini e mazziniani eredi del Partito d'azione.** **GLOSSARIO:** **Destra storica**: gli schieramenti parlamentari dei primi decenni di vita del regno d'Italia sono stati in seguito definiti Destra "storica" e Sinistra "storica" per enfatizzare la funzione peculiare che essi ricoprirono nel consolidamento delle strutture del nuovo Stato, oltre che per distinguerli dai moderni partiti di destra e sinistra che si sarebbero affermati successivamente sulla scena poli-tica italiana. ### L'Età della Borghesia - **Il Brigantaggio** **Pur in frequente disaccordo su singole questioni, o in competizione tra loro per via di interessi campanilistici e logiche regionali, gli uomini della Destra erano tuttavia accomunati da analoghe concezioni ideali e politiche, che coincidevano con i capisaldi del liberalismo europeo ottocentesco: la laicità dello Stato, la fedeltà all'istituzione monarchica, la fiducia nella libertà e nelle virtù di un progresso "moderato", guidato da un'élite illuminata in grado di preservare il paese sia dalle tendenze reazionarie sia da sussulti rivoluzionari.** **Animati da queste ferme convinzioni, gli uomini della Destra misero dunque mano alla costruzione del nuovo Stato. Il loro pri-mo obiettivo fu quello, estremamente impegnativo, di unificare codici, bilanci, tasse, eserciti, ordinamenti amministrativi e sistemi educativi. In secondo luogo, occorreva avvicinare il paese agli standard di sviluppo raggiunti dalle nazioni più progredite dell'Europa occidentale.** **Prima però di riuscire ad avviare un programma così importante, gli uomini della Destra si trovarono ad affrontare un problema imprevisto. Già all'indomani del travolgente successo militare riportato sul campo dai volontari di Garibaldi nel corso della spedizione dei Mille, in gran parte della classe dirigente si era diffusa la convinzione che l'arretratezza del Sud fosse da addebitare al regime dispotico dei Borbone, e che dunque, una volta conquistata la libertà, il Mezzogiorno si sarebbe rapidamente trasformato in una terra fertile e prospera. Questa speranza si infranse presto quando si ebbe modo di constatare quali fossero le reali condizioni del Sud. Il modello statuale proposto dal governo unitario si scontrò infatti pesantemente con le tradizioni locali. La formazione del nuovo Stato comportò un inasprimento del carico fiscale e la leva obbligatoria, sconosciuta sotto iBorbone. Scoppiò perciò una serie di sommosse contadine che il clero e i nostalgici della monarchia borbonica fomentarono, tanto che questi moti assunsero, tra 1861 e 1865, l'aspetto di una vera e propria guerra civile. La rivolta, capeggiata da gruppi di ex militari dell'esercito borbonico e di popolani ribelli, fu spregiativamente definita "brigantaggio". Ma il fenomeno non era riconducibile unicamente a un problema di ordine pubblico: le bande di insorti, le cui dimensioni variavano da poche unità fino a centinaia di elementi, potevano spesso contare sulla complicità delle comunità locali e riuscivano a occupare paesi e villaggi per più giorni, uccidendo gli ufficiali della guardia nazionale e i notabili che collaboravano con le nuove istituzioni liberali o in quanto erano dei proprietari terrieri, anche se non di particolare consistenza.** ### L'Età della Borghesia - **La repressione** **Il governo reagi con la forza. Nell'agosto 1862. l'allora primo ministro Urbano Rattazzi, dopo aver inviato a Napoli, con pieni poteri, il generale piemontese Alfonso La Marmora, proclamò lo stato d'assedio nelle zone colpite dal brigantag-gio, cosa che implicava la sospensione delle libertà civili e l'applicazione esclusiva della legge militare.** **Nel corso dei combattimenti tra i briganti e l'esercito si susseguirono, in alcune pro-vince, devastazioni, saccheggi, rappresaglie indiscriminate e arresti di massa. Il gover-no giunse a impiegare, per spegnere la rivolta, circa 120:000 soldati, quasi la metà di tutte le truppe, mentre i processi relativi ai briganti furono affidati ai tribunali milita-ri. Il brigantaggio venne stroncato soltanto nel corso del 1865, almeno nella sua base popolare.** ### L'età della Borghesia - **La guerra civile dei briganti** **Nella guerra per bande contro l'apparato politico-militare sabaudo, che talvolta assunse le forme di una vera e propria guerra civile, alcuni personaggi raggiunsero una fama sinistra e leggendaria. Fra questi il lucano Carmine Crocco, detto Donatelli (1830-1905), prima garibaldino, poi resistente borbo-nico e infine capo di un esercito personale, che arrivò a controllare un vasto territorio intorno a Melfi e Potenza. Tradito da uno dei suoi luogotenenti, Crocco venne arrestato e condannato a morte: la pena gli venne poi commutata in ergastolo e morì in carcere. Molto spesso, però, quando erano cattu-rati, i briganti venivano fucilati direttamente sul posto.** **I componenti di una banda di briganti appena catturati nel marzo 1868.** ### L'Età della Borghesia - **I governi della Destra storica** **La continuità Spentosi il fragore delle armi e inaugurato il primo Parlamento italiano, il nuovo Stato dovette misurarsi con la vitale esigenza di consolidare le sue strutture istituzionali. La classe dirigente piemontese era sicura di avere tutte le carte in regola per coronare l'opera intrapresa sui campi di battaglia e ai tavoli diplomatici, e di poter guidare la nuova compagine nazionale nella formazione delle istituzioni pubbliche e delle strutture fondamentali dello Stato unitario. Questa convinzione fu sancita, in primo luo-go, dall'estensione dello Statuto albertino del 1848 a tutta l'Italia unita.** **Del resto, le stesse potenze straniere avevano considerato la nascita del nuovo regno come la meta finale della lunga storia del Piemonte sabaudo. Secondo quanti avevano militato nelle file della sinistra democratica d'ispirazione mazziniana, invece, proprio questo rapporto di continuità fra regno sabaudo e regno d'Italia stava a dimostrare che il Risorgimento si era risolto, contrariamente alle aspettative originarie, in una "conquista regia", in un processo di successive annessioni del resto del paese da parte dei Savoia (lo stesso Cattaneo, eletto deputato nel 1861, non aveva poi messo pie-de in Parlamento per non dover giurare fedeltà alla monarchia sabauda).** ### L'Età della Borghesia - **La Destra *storica* al potere** **In realtà, all'atto pratico, non erano esistite alternative concrete al modello pie-montese: al momento dell'Unità, infatti, il regno di Sardegna era l'unico Stato preu-nitario ad aver sperimentato in modo stabile le norme e le istituzioni di un regime parlamentare, e lo Statuto *albertino* era l'unica carta costituzionale rimasta in vigore dopo il 1848.**  **Le elezioni del 1861 sancirono la vittoria della cosiddetta *Destra storica*, vale a dire dei liberali moderati eredi di Cavour, scomparso prematuramente nel giugno di quell'anno. Non si trattava di un vero e proprio partito, ma di uno schieramento parlamentare aggregatosi attorno ad alcune figure di spicco: tra gli altri, il toscano Bettino Ricasoli (primo presidente del Consiglio dell'Italia unita dopo Cavour, dal giugno del 1861 al marzo del 1862), i piemontesi Quintino Sella e Giovanni Lanza, l'emiliano Marco Minghetti, il lombardo Stefano Jacini, il pugliese Ruggero Bon-ghi e l'abruzzese Silvio Spaventa. Allo schieramento della *Destra* si opponeva in Parlamento la compagine altrettanto eterogenea della *Sinistra*, frutto della confluenza della sinistra moderata piemontese con elementi garibaldini e mazziniani eredi del Partito d'azione.** **GLOSSARIO:** **Destra storica**: gli schieramenti parlamentari dei primi decenni di vita del regno d'Italia sono stati in seguito definiti Destra "storica" e Sinistra "storica" per enfatizzare la funzione peculiare che essi ricoprirono nel consolidamento delle strutture del nuovo Stato, oltre che per distinguerli dai moderni partiti di destra e sinistra che si sarebbero affermati successivamente sulla scena poli-tica italiana. ### L'Età della Borghesia - **Il Brigantaggio** **Pur in frequente disaccordo su singole questioni, o in competizione tra loro per via di interessi campanilistici e logiche regionali, gli uomini della Destra erano tuttavia accomunati da analoghe concezioni ideali e politiche, che coincidevano con i capisaldi del liberalismo europeo ottocentesco: la laicità dello Stato, la fedeltà all'istituzione monarchica, la fiducia nella libertà e nelle virtù di un progresso "moderato", guidato da un'élite illuminata in grado di pres