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RASSU, TRENTANNI

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biologia cellulare biochimica scienze

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Questo documento contiene appunti di lezioni di Biologia Generale, con argomenti che spaziano dalle proteine agli amminoacidi, dalla vita cellulare al DNA. Sono descritti i processi fondamentali, tra cui la replicazione, la trascrizione e la traduzione. Gli appunti sono concentrati nel contesto della biochimica cellulare e riguardano le informazioni sui processi biologici chiave.

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INDICE L01_10/10/2022 ……………………………………………………………………..………….....1 Proteine Amminoacidi Vita Cellula procariote Cellula eucariote L02_13/10/2022……………………………………………………………………….………...…7 Struttura cellula eucariote Differenze principali eucarioti/procarioti La nascita della vita e l’evoluzione cellulare L03_17/...

INDICE L01_10/10/2022 ……………………………………………………………………..………….....1 Proteine Amminoacidi Vita Cellula procariote Cellula eucariote L02_13/10/2022……………………………………………………………………….………...…7 Struttura cellula eucariote Differenze principali eucarioti/procarioti La nascita della vita e l’evoluzione cellulare L03_17/10/2022…………………………………………………………………………..…..…..15 Il ciclo cellulare (fasi, checkpoints, chinasi, fattori regolatori) L04_21/10/2022.………………………………………………………………………………….24 Continuazione lezione precedente L05_25/10/2022…………………………………………………………………………………..30 Riepilogo lezione precedente Storia del DNA Esperimento di Griffith Eugenetica Esperimento di Avery, Mc Leod e Mc Carty L06_28/10/2022.………………………………………………………………………………….38 Composizione e struttura del DNA Metodo di replicazione L07_04/11/2022…………………………………………………………………………………..45 Continuazione lezione precedente Replicazione procarioti Replicazione eucarioti Telomeri e telomerasi DNA extranucleare L08_08/11/2022…………………………………………………………………………………..52 DNA mitocondriale Cromosomi Cariotipo Fase M del ciclo cellulare Mitosi L09_11/11/2022…………………………………………………………………………………..62 Continuazione lezione precedente Meiosi Oogenesi e spermatogenesi L10_15/11/2022……………………………………………………………………………..……68 Continuazione lezione precedente Malattie genomiche Aneuploidie L11_18/11/2022………………………………………………………………………..…………76 Continuazione lezione precedente Espressione genica Rna polimerasi Promotore Trascrizione L12_22/11/2022………………………………………………………………………………..…85 Inizio trascrizione eucarioti Maturazione RNA Splicing Traduzione Codice genetico L13_25/11/2022……………………………………………………………………..……………95 Continuazione lezione precedente Traduzione procarioti Traduzione eucarioti e principali differenze Sintesi proteica Mutazioni Meccanismi di riparazione L14_29/11/2022…………………………………………………………………………………103 Continuazione lezione precedente Regolazione dell’espressione genica Meccanismi di controllo procariotici Operone lattosio (LAC) Operone triptofano (TRP) Riboswitch Regolazione negli eucarioti L15_02/12/2022…………………………………………………………………………………111 Regolazione epigenetica Modulazione trascrizionale Splicing alternativo Regolazione traduzionale mRNA L16_06/12/2022…………………………………………………………………………………118 Regolazione post-traduzionale Tipi di segnalazione dei messaggeri Basi genetiche del cancro L17_13/12/2022…………………………………………………………………………………124 Continuazione lezione precedente Mutazioni Cellule staminali tumorali Approccio terapeutico L18_16/12/2022…………………………………………………………………………………130 Trasposoni Apoptosi Senescenza L01_10/10/2022 BIOLOGIA GENERALE | PROF.SSA OLIVIERI RASSU, TRENTANNI LE PROTEINE Quando si apre una cellula e se ne separano le componenti dal punto di vista biochimico, le biomolecole più rappresentate sono le proteine, che hanno un ruolo fondamentale nel metabolismo cellulare per molti motivi: costituiscono la maggior parte degli enzimi possono funzionare come fattori di trascrizione hanno un ruolo strutturale posso essere proteine contrattili costituiscono i canali ionici sono ormoni e fattori di crescita sono recettori cellulari regolano il trasporto di materiale tra l'esterno e l'interno della cellula nei vari compartimenti cellulari possono avere un ruolo di deposito possono essere tossine costituisce gli anticorpi coinvolti nel sistema immunitario La loro attività biologica può essere finemente regolata. Nel nostro corpo tutte le cellule (con piccole eccezioni) hanno le stesse informazioni a livello del DNA: infatti, se io estraggo il DNA da una cellula neuronale o da una cellula dello stomaco ciò che è scritto al suo interno è pressoché uguale. Questo però implica che negli organismi pluricellulari ci sia la possibilità da parte dell'organismo di leggere istruzioni diverse in cellule diverse; per esempio, il neurone ha le informazioni per produrre l'enzima digestivo ma non le usa, come anche la cellula dello stomaco possiede l'informazione per produrre il neurotrasmettitore ma non la usa. Per capire perché l'attività biologica delle proteine può essere definita finemente regolata, partiamo da una domanda: dove vengono prodotte le proteine? Nelle cellule in cui sono necessarie. Queste però non passano tutta la vita a produrre ininterrottamente quelle specifiche proteine (la cellula dello stomaco non passa la vita a produrre l’enzima digestivo, ma lo fa solamente quando è necessario). Perciò verrà deciso dove produrre una proteina, quando farlo, quanta farne, quando smettere e, una volta finito, cosa fare della proteina avanzata; inoltre, una buona parte delle proteine presenti nelle nostre cellule possono essere attivate o spente da vari cambiamenti, come variazioni della struttura tridimensionale o una modificazione covalente, come l'aggiunta di un gruppo fosfato. Molte proteine vengono sintetizzate, ma così come sono non assumono immediatamente attività biologica, rimangono nella cellula e aspettano di essere necessarie per la stessa; ad un certo punto questa necessità sopraggiunge e altre proteine vanno a modificare quest'altra che deve essere attivata, per esempio aggiungendo un gruppo fosfato, per poi spegnerla o togliendo il gruppo fosforico che era stato aggiunto, o aggiungendone un altro in un’altra posizione. Le proteine possono essere definite come polimeri di amminoacidi, da polys meros, cioè molte componenti di base. Se sono composte solo da amminoacidi si parla di proteine semplici, mentre se oltre alla parte amminoacidica, chiamata apoproteina, è presente qualcos'altro, chiamato gruppo prostetico, il quale può essere rappresentato da ioni, glucidi o strutture più complesse come il gruppo eme, vengono definite proteine complesse. GLI AMMINOACIDI Il nome amminoacido indica il fatto che essi sono composti da un gruppo amminico da un lato, che darà caratteristiche basiche, e da un gruppo carbossilico dall'altro lato, che darà caratteristiche acide; il tutto legato ad un carbonio centrale, chiamato carbonio-alfa, a cui sono legati anche un idrogeno e un radicale. [Fig.1] Gli amminoacidi hanno tutti la stessa struttura chimica, ma le caratteristiche diverse dei radicali danno caratteristiche diverse ai singoli amminoacidi e quindi anche a particolari regioni delle proteine. Gli amminoacidi ufficiali sono 20, ma in realtà sappiamo che sono 22 (gli ultimi due scoperti sono la selenocisteina e la pirrolisina) e vengono catalogati in molti modi differenti: per esempio ci sono amminoacidi polari, apolari, acidi e basici. Essi possono differenziarsi oltre che per le caratteristiche chimiche anche per le strutture chimiche del radicale: passando da una struttura molto semplice come la glicina, che possiede un idrogeno come radicale (è l’unica con il carbonio non completamente asimmetrico), o l’alanina, che ha solo un CH3; ad una più 1 complessa, come il triptofano, o la tirosina che ha un anello aromatico, o la prolina, che crea addirittura un legame intramolecolare. Gli amminoacidi per formare una proteina si legano in sequenza tra loro attraverso un legame covalente, chiamato legame peptidico, ottenuto da una reazione di condensazione tra il gruppo -OH del gruppo carbossilico e uno degli idrogeni del gruppo amminico dell’amminoacido successivo, con conseguente eliminazione di una molecola d’acqua e formazione del legame. Quindi, per quanto può essere lunga la catena di amminoacidi all'inizio ci sarà sempre un gruppo ammino-terminale (estremità N-terminale) e alla fine ci sarà sempre un gruppo carbossi-terminale (estremità C-terminale). [Fig. 1] L'ordine di inizio e di fine non è casuale, perché è proprio così che vengono sintetizzate le proteine dalla cellula. In realtà la catena polipeptidica così com'è non ha alcun significato biologico funzionale, infatti, affinché una proteina possa essere utile alla cellula, deve necessariamente acquisire una struttura bidimensionale e tridimensionale; queste strutture sono già in parte suggerite dalla struttura primaria nonostante siano molto complesse. La struttura tridimensionale viene mantenuta sia da legami covalenti, ad esempio i ponti di solfuro, grazie allo zolfo nel radicale della cisteina, sia da legami non covalenti, quali i ponti a idrogeno, i legami apolari e quelli ionici, che si combinano tutti insieme per dare e mantenere la corretta struttura tridimensionale delle proteine. All'interno della cellula esistono delle proteine il cui ruolo biologico è proprio quello di aiutare altre proteine a raggiungere la corretta conformazione tridimensionale: si chiamano chaperonine, dal francese chaperon, il cavaliere che accompagna la dama al ballo. L'Alzheimer, per esempio, una delle principali malattie degenerative neuronali, è dovuto a depositi di proteine all'interno delle cellule neuronali, che diventano tossiche per la cellula stessa, sia perché non funzionano bene, sia perché si depositano e questo accade perché non hanno più la loro corretta struttura tridimensionale e quindi passano dalla loro conformazione corretta ad una struttura tridimensionale che ne favorisce l'impacchettamento e il deposito all'interno della cellula. LA VITA La biologia è lo studio della vita, ma cos'è la vita? La vita di solito viene definita come un sistema chimico capace di evoluzione darwiniana, in grado di generare copie quasi esatte di se stesso ed in grado di autocorreggersi, riportando se stesso ad uno stato definito riparando il danno e ogni essere vivente assorbe materia ed energia dall'ambiente. Per generare copie esatte di noi stessi e riportarci ad uno stato definito noi abbiamo bisogno di informazioni che ci dicano come strutturare un organismo vivente e da trasmettere alla generazione successiva, e la molecola che ci permette di gestire l’informazione genetica è il DNA [Fig.2]. Il fatto che un organismo vivente assorba materia ed energia dall'ambiente, presuppone che questo le utilizzi nelle reazioni chimiche e quindi c'è bisogno di qualcosa che ci aiuti a far sì che queste reazioni chimiche avvengano: in tempi compatibili con la vita dell'organismo, sappiamo che alcune reazioni chimiche spontanee ci mettono decenni per avvenire - e non sono compatibili con la durata della vita di un organismo vivente - e altre reazioni che avvengono contro gradiente spontaneo. Questo significa che c'è bisogno di catalizzatori e quindi di enzimi. L'essere vivente è caratterizzato da complessità ma anche gli oggetti inorganici possono essere complessi, sia di forma che di composizione chimica, che di struttura molecolare; ma la differenza fondamentale è che la complessità dell'oggetto inorganico è casuale, nel senso che una roccia si è formata in un determinato modo perché in quel momento per caso erano presenti quelle componenti chimiche, pressione, calore ed energia da permettere la sua formazione; l'essere vivente invece non ha niente di casuale, la sua complessità è specificatamente definita e questo perché possediamo delle informazioni che ci permettono di costruire un essere vivente in maniera molto precisa ed esse sono contenute all'interno del DNA. Gli esseri viventi inoltre hanno capacità di accrescimento, che è legata alla capacità di prelevare materia dal mondo inorganico e organico e trasformarla in composti caratteristici di ciascun organismo e di prelevare energia in modo tale da poter fare reazioni chimiche, grazie all’aiuto di catalizzatori che ci permettono di farle nei tempi e nei modi che sono necessari all’organismo. Un'altra capacità fondamentale dell'essere vivente è quella di autoriprodursi, ovvero di dare origine a nuovi organismi con caratteristiche simili o uguali ai genitori, quindi c'è la necessità che le informazioni che noi 2 possediamo per costruire l'organismo possano essere trasmesse da una generazione all'altra e quindi c'è la necessità di duplicare queste informazioni, grazie al meccanismo di duplicazione e replicazione del DNA, per tramandarle alle generazioni future. C'è poi l'adattamento all'ambiente, che è importantissimo perché gli esseri viventi sono sottoposti alla spinta evolutiva. L'evoluzione è stata studiata per la prima volta da Lamarck, il quale diceva che la giraffa ha avuto il collo corto finché le foglie più in basso sono finite e quindi ha iniziato ad allungarlo per raggiungerle e potersi nutrire; quindi parlava di modificazioni indotte dall'ambiente. Dopodiché però si è visto che non funzionava in questo modo, bensì come aveva suggerito Darwin, cioè che i cambiamenti sono casuali ed è poi l'ambiente che seleziona quei cambiamenti che possono essere considerati positivi. Il parametro che mi dice se un cambiamento può essere positivo o negativo per la natura è la fitness riproduttiva, perché se in un ambiente ho dei vantaggi, questo mi permette di riprodurmi di più e quindi di far sì che le mie informazioni genetiche si spargano all'interno di un gruppo. Ma come calcoliamo la positività o meno della fitness riproduttiva? Facciamo finta che io sia allergica alle graminacee e in primavera vada in giro con le pustole sul viso, il naso rosso e gli occhi gonfi; in questo caso quindi, a Pavia ed in primavera la mia fitness riproduttiva non è molto buona, ma facciamo finta che quella variante genetica che causa l'allergia alle graminacee mi permetta anche di digerire facilmente la carne di foca. A Pavia questa capacità mi serve a ben poco, ma supponendo di essere al polo nord in primavera, le graminacee non ci sono, e mentre le altre ragazze sono accasciate perché non digeriscono la carne di foca mangiata a pranzo, io l'ho già digerita e posso corteggiare i ragazzi del villaggio; non solo, perché supponendo anche che in quel momento ci insegua un orso bianco, io che ho già digerito, ho già l'energia derivante dal mio pranzo e corro più veloce delle altre ragazze che sono appesantite dalla carne di foca e non hanno ancora le energie per averla digerita. Quindi l'orso bianco non mi mangia e la mia fitness riproduttiva va alle stelle. Quindi il cambiamento che mi fa venire l'allergia è positivo o negativo? Come spesso accade in biologia la risposta è dipende; se vivo a Pavia la mia variante mi dà una fitness riproduttiva pari a zero, mentre se vivo al polo nord essa è decisamente migliore. Inoltre l'ambiente non gioca solo un ruolo nella selezione, ma ha un ruolo importante anche nella capacità delle nostre cellule di leggere le informazioni, quindi l'ambiente seleziona e modifica la nostra capacità di leggere il DNA. Quindi sappiamo bene che le scelte di vita che manteniamo, quello che mangiamo, lo sport che facciamo, cosa fumiamo e le medicine che prendiamo possono influenzare la capacità delle nostre cellule di leggere le istruzioni all'interno del nostro codice genetico. Riguardo a questo c'è tutto un ramo della medicina, quello della medicina evoluzionistica, che si occupa di mettere in correlazione alcune problematiche e patologie con l'evoluzione del nostro organismo e che può aiutarci a comprendere l'origine di alcune patologie umane. Per esempio, ciò che ci differenzia di più dalla scimmia è che l'uomo abbia assunto una posizione eretta ed abbia iniziato a camminare; questo però ha richiesto degli adattamenti del fisico che hanno delle conseguenze. Ad esempio, il nostro bacino per permettere la posizione eretta si è dovuto stringere rispetto a quello di molti altri animali [Fig.3], ma esso non serve solo a stare in piedi, è un punto di passaggio fondamentale per il parto ed il fatto che si sia stretto ha comportato come conseguenza un aumento di rischi per la madre e per il feto durante il parto. Questo ha anche delle conseguenze sociali, perché ha fatto sì che l'uomo avesse bisogno di assistenza durante il parto e quindi è stata necessaria la nascita di figure sociali che aiutino la partoriente. Dal punto di vista della natura, più io mi riproduco, più le mie caratteristiche genetiche si spargono all’interno di un ambiente e quindi questo è una selezione positiva per le mie caratteristiche genetiche. LA CELLULA L'unità fondamentale degli esseri viventi è la cellula, la quale è stata descritta per la prima volta verso la fine del 1600. Il primo è stato Hook, che ha costruito un rudimentale microscopio, dato che le cellule hanno dimensioni al di sotto della risoluzione dell'occhio umano, quindi il problema principale dello studio della cellula era la mancanza di strumenti tecnici per poterla osservare. In questo modo, grazie al suo microscopio Hook riuscì a vedere e a studiare la struttura interna di alcune sottili fettine di sughero [Fig.4]. Quello che vide però non erano in realtà le cellule, ma le impronte lasciate da esse; queste strutture gli ricordarono le celle dove abitano i frati, da qui ha origine il nome cellula, cioè “piccola cella” in latino. Il problema non fu solo quello di osservare le cellule, a causa delle dimensioni ridotte, ma anche quello di riuscire a maneggiarle senza danneggiarle. Un grosso balzo in avanti si fece con il commerciante olandese Leeuwenhoek, che elaborò un microscopio molto potente per l’epoca [Fig.5], (aveva una capacità di ingrandimento di quasi 275 volte) che gli permise di 3 fare per primo delle osservazioni fondamentali: riuscì a vedere i batteri nelle loro diverse forme, i globuli rossi e gli spermatozoi, riuscendo a farne descrizioni molto particolareggiate già di diverse anomalie. Tuttavia egli decise di portare il segreto del suo microscopio nella tomba, quindi dopo la sua morte ci fu un momento di stasi finché non si riuscì a ricostruire un altro microscopio. Oggi abbiamo diverse possibilità di osservare la cellula attraverso microscopi ottici, con un potere di risoluzione legato al fatto che la sorgente di energia è la luce, con una capacità di ingrandimento fino a 1000-2000 volte; e microscopi elettronici che utilizzano come sorgente di energia un fascio di elettroni, quindi hanno una capacità di ingrandimento maggiore. A Pavia c’è uno dei microscopi elettronici più potenti in Italia ed europa, il Cryo-EM, microscopia elettronica a bassa temperatura, che permette di studiare le molecole a maggiore definizione ed addirittura interazione tra molecole diverse. La teoria cellulare vera e propria si sviluppò intorno al 1800, quando venne dimostrato che tutti gli organismi viventi sono costituiti da cellule; ciò fu di più facile asserzione per gli organismi vegetali, in quanto la presenza di una parete cellulare preservava le cellule e permetteva di studiarle. Furono Schwann e Schleiden a dire che la cellula è l'unità funzionale della materia vivente, mentre nel 1855 ci fu l'affermazione di Virchow "omnis cellula e cellula", cioè che tutte le cellule derivano da altre cellule. Questo ebbe delle conseguenze rilevanti in quanto significava affermare che tutti gli esseri viventi derivassero da un antenato comune e per questo l'uomo fu messo di fronte al fatto che aveva qualcosa in comune con il gatto, il topo, il serpente, etc..; perciò questa scoperta ebbe delle implicazioni non solo a livello scientifico, con il concetto di evoluzione, ma anche a livello filosofico e religioso in quanto venne visto come distorsione del concetto di uomo al centro del mondo e quindi di creazione divina. LA CELLULA PROCARIOTE I modelli di cellula che noi conosciamo sono due, cellula procariote ed eucariote, nomi derivati dal greco carion, cioè nucleo, una struttura membranosa che raccoglie il materiale genetico dell'organismo. Quindi dato il prefisso pro, cioè “prima”, la cellula procariote è arrivata prima del nucleo, perciò ne è priva ed il suo materiale genetico è sparso all'interno della cellula stessa; mentre quella eucariote, avendo il prefisso eu, cioè “buono”, possiede il nucleo. I procarioti sono esclusivamente unicellulari, possono vivere in colonie, ma non diventano un organismo composto da più cellule che interagiscono tra di loro. Essi si dividono in archeobatteri ed eubatteri: i primi dei quali, come dice il loro nome, sono i più antichi, probabilmente quello che rimane dei primi esseri viventi, anche perchè oggi colonizzano gli ambienti più estremi, come quelli presenti sulla terra all'origine della vita; gli eubatteri invece sono arrivati probabilmente dopo e si dividono a loro volta in batteri e in cianobatteri, cioè alghe verdi e azzurre, che ad esempio formano strati batterici sui nostri laghi. I procarioti sono i più piccoli esseri viventi, hanno dimensioni che vanno da frazioni ad alcuni micron, possono avere forme diverse: i cocchi sono rotondi, i bacilli sono a bastoncino e gli spirilli sono a spirale [Fig.6]; ed hanno caratteristiche comuni, infatti come tutte le cellule essi hanno una membrana cellulare che li separa dall'ambiente esterno. Inoltre, quasi tutti i procarioti oltre alla membrana hanno all'esterno una parete rigida di peptidoglicano, uno zucchero complesso, che ne determina alcune caratteristiche come il volume e il mantenimento dei rapporti osmotici. A seconda della composizione di questa parete possiamo dividere i batteri in due grandi famiglie, i gram positivi ed i gram negativi, a seconda che risultino positivi o meno alla colorazione di gram, che utilizza un colorante dal nome di violetto di genziana che si lega al peptidoglicano. Noi vediamo quindi che alcuni batteri si colorano e altri no, questo perché la struttura della parete può essere di due tipi diversi: in un caso c'è la membrana plasmatica e uno spesso strato di peptidoglicano, cui si lega il violetto di genziana (gram +), nell'altro la parete cellulare è formata da un sottile strato di peptidoglicano e da un'altra struttura membranosa esterna, che non permette al violetto di genziana di raggiungerlo, non colorandolo (gram -) [Fig.7 e 8]. Questo è importante perché una buona parte degli antibiotici che noi usiamo per combattere le infezioni batteriche, come ad esempio la penicillina, servono a bloccare la produzione della parete, quindi è ovvio che pareti diverse richiederanno un antibiotico diverso, se un antibiotico va bene per un gram positivo non va bene per un gram negativo; 4 tuttavia ci sono i micoplasmi, dei batteri che la parete non ce l'hanno e quindi la maggior parte degli antibiotici su di loro non funziona. A volte all'esterno della parete cellulare osserviamo una capsula polisaccaridica, a volte gelatinosa, la cui presenza o assenza è importante perché tutto ciò che sporge dalla superficie della cellula ne determina alcune caratteristiche, tra cui la capacità di essere riconosciuta dal nostro sistema immunitario; perciò la presenza della capsula può modificare il modo in cui il sistema immunitario dell'uomo reagisce ad un'infezione batterica. I batteri si possono muovere inoltre grazie alla presenza di flagelli (che possono essere uno o più) e fimbrie, dette anche pili, che hanno però un struttura completamente diversa dai flagelli e dai pili degli eucarioti. I flagelli sono costituiti da una proteina caratteristica che si chiama flagellina e permettono il movimento dei batteri, mentre i pili oltre a ciò danno la capacità di adesione all'organismo che vanno ad infettare, quindi determinano la loro capacità infettiva. Un'altra caratteristica dei procarioti è la capacità di produrre spore: quando l'ambiente esterno non è particolarmente adatto alla riproduzione del batterio, alcuni batteri possono perdere la loro componente acquosa ed entrare in uno stato di sporulazione, dove abbassano il loro metabolismo e possono rimanere in questo stato anche per molti anni, finché l'ambiente esterno non diventa ideale, quindi riassorbono acqua e ricominciano il loro ciclo vitale: l'esempio migliore è quello del tetano, che produce delle spore e nel momento in cui ci tagliamo, le spore entrano nell'ambiente sanguigno, ottimale per la maggior parte dei batteri, e si riattivano. Un'altra differenza fondamentale tra procarioti ed eucarioti è che i primi non hanno organuli membranosi, ciò non significa però che non abbiano organuli al loro interno, presentano infatti i ribosomi, deputati alla sintesi proteica ed è impossibile che un essere vivente viva senza questa funzione, perciò anche i batteri li hanno al loro interno. Sebbene non esistano organuli membranosi nei procarioti, a volte possiamo osservare un'invaginazione della membrana cellulare, chiamata mesosoma e che serve alla cellula nel momento della sua divisione, per assicurare una corretta suddivisione del materiale genetico nelle due cellule figli. Nei procarioti non c’è un nucleo, ma una singola molecola di DNA genomico circolare, chiamato nucleoide; al microscopio però non vedremo un cerchio, ma una struttura complessa poiché il DNA è una molecola grande e quindi si attorciglia su se stesso per poter stare in una struttura più piccola. Inoltre, il DNA genomico in tutti gli organismi viventi, con le dovute eccezioni - di conseguenza anche nei procarioti - ha una struttura a doppia elica. Oltre al DNA genomico si possono trovare nei batteri altre piccole molecole di DNA, sempre circolari, che vengono chiamate plasmidi; essi non hanno le informazioni fondamentali per la vita del batterio, ma possono dare informazioni aggiuntive, per esempio la resistenza ad un antibiotico, quindi il batterio può vivere senza plasmidi ma non senza il DNA genomico. Una caratteristica che hanno i procarioti, ma che manca negli eucarioti è che i primi, oltre ad avere una trasmissione di informazione genetica di tipo verticale, cioè dalla cellula madre alla cellula figlia, hanno anche la possibilità di avere una trasmissione di tipo orizzontale; questo è fondamentale nella pratica clinica, perché significa che se noi lasciamo un paziente coinfettato da due specie batteriche diverse rischiamo che le due specie si passino le informazioni genetiche (ad esempio, se una di loro ha una resistenza ad un antibiotico, questa informazione può essere acquisita anche dall’altro ceppo, che prima non era resistente). O addirittura è possibile che questo passaggio di informazioni tra batteri avvenga anche tra pazienti diversi posti nella stessa stanza ed infettati da batteri resistenti ad antibiotici differenti; in questo modo il rischio è che si vengano ad originare dei nuovi batteri insensibili ad entrambi gli antibiotici e quindi molto difficili da combattere. Prima del covid la resistenza agli antibiotici era l'emergenza sanitaria internazionale. Nei procarioti c’è la possibilità di trovare anche vacuoli gassosi. [Fig 9] L'assenza di strutture membranose fa sì che molte delle specializzazioni che nella cellula eucariote sono deputate agli organuli membranosi, nei procarioti siano svolte direttamente dalla membrana: per esempio, i batteri che fanno fotosintesi clorofilliana hanno gli enzimi per la fotosintesi sulla membrana e la stessa cosa avviene per quelli che fanno la fosforilazione ossidativa. Quindi una parte del metabolismo cellulare dei procarioti è proprio svolto dalla membrana. 5 La divisione dei batteri avviene per scissione binaria, la quale è un modello di riproduzione asessuata e in ambienti favorevoli può essere molto rapida (Escherichia coli si divide in circa 20 minuti); ciò significa che da un solo batterio dopo 7 ore ne avremmo 2 milioni e questo avrà delle ripercussioni nell'assunzione degli antibiotici, infatti se la prescrizione è di un antibiotico ogni 8 ore, l'assunzione anche solo un’ora in ritardo fa un'enorme differenza nel numero di batteri da andare ad attaccare, poiché in questo lasso di tempo esso si è già replicato tre volte, che potrebbero non essere più contrastabili con quella stessa dose di antibiotico. Nel 2010 per la prima volta è stata costruita in laboratorio una cellula batterica artificiale, quindi è stato preso un batterio, a cui è stato tolto il DNA batterico ed è stato sostituito con un DNA sintetizzato in laboratorio, che recuperava le informazioni di un altro ceppo. Questo è il primo essere vivente sintetizzato in laboratorio ed è riuscito a produrre alcune proteine caratteristiche del micoplasma da cui era stato modificato il DNA e si è riusciti anche a far dividere questa cellula. La maggior parte delle specie di procarioti però ad oggi non può essere coltivata in laboratorio con tecniche standard, quindi molte delle caratteristiche dei batteri che noi oggi conosciamo sono state identificate solo dallo studio del loro DNA; il 99% delle specie procariotiche resta da caratterizzare. LA CELLULA EUCARIOTE La struttura degli eucarioti non è semplice come quella dei procarioti. I modelli di struttura cellulare eucariote sono fondamentalmente due: la cellula animale e la cellula vegetale. Possono essere sia organismi unicellulari che pluricellulari. La caratteristica principale delle cellule eucariotiche è proprio quella di avere organuli membranosi, che permettono un vantaggio metabolico enorme sfruttando al massimo le capacità reattive di un enzima: la presenza della membrana va infatti a creare un microambiente all'interno del quale sono racchiusi enzimi e altre proteine necessarie ad uno specifico processo metabolico e in quell'ambiente racchiuso è possibile creare una concentrazione salina o un pH, diverso da quello dell'ambiente cellulare nella sua totalità, dove si possono svolgere al meglio alcune reazioni chimiche. Le caratteristiche della cellula vegetale sono: - avere una parete esterna, diversa in composizione da quella dei batteri e dei lieviti, e che fornisce alcune caratteristiche di forma, dimensioni e di regolazione dell'attività osmotica della cellula; - la presenza di un grande vacuolo centrale che può occupare anche la maggior parte del volume della cellula, regola l'osmosi cellulare e al suo interno ci sono sostanze di riserva; - un'altra struttura membranosa caratteristica delle piante verdi sono i cloroplasti, quelle strutture all'interno delle quali ci sono i tilacoidi, altre strutture membranose, nelle quali avviene la fotosintesi clorofilliana; nelle altre piante esistono organuli simili, per esempio nei petali dei fiori, dove ci sono altre strutture che hanno la capacità di assorbire certe lunghezze d'onda e di utilizzare l'energia del sole per alcune reazioni chimiche. [Fig.10] Gli eucarioti si caratterizzano, come tutti gli esseri viventi, dall'avere una membrana cellulare che separa l'ambiente interno della cellula dall'ambiente esterno; essi hanno un’altra struttura membranosa che raccoglie il DNA genomico, ovvero il nucleo, che permette una separazione tra nucleo e citoplasma. Gli organuli membranosi sono: reticolo endoplasmico (o endoplasmatico) mitocondri apparato del Golgi lisosomi perossisomi Ma esistono anche organuli non membranosi, come ovviamente i ribosomi. Siccome gli eucarioti possono essere sia unicellulari che pluricellulari, significa che una singola cellula deve poter in qualche modo mimare le caratteristiche di tutto un organismo; quindi se in un organismo noi abbiamo un apparato respiratorio vuol dire che all'interno della cellula troveremo un organulo o un complesso di membrane che permette alla cellula di fare la respirazione cellulare (mitocondrio) e allo stesso modo se nell'organismo abbiamo un apparato digerente, nella cellula devono esserci strutture cellulari che le permettano di fare la digestione cellulare (lisosoma). Se abbiamo nel nostro organismo uno scheletro, che permette di posizionare alcuni organi e di muoversi in un certo modo, ecco che all’interno della cellula noi troveremo delle strutture che vanno a formare uno scheletro cellulare (citoscheletro). 6 L02_13/10/2022 BIOLOGIA - PROF.SSA OLIVIERI RIZZI, ZAMMUTO La cellula eucariote animale Introduzione In una cellula eucariote animale il genoma cellulare costituito da cromosomi lineari (con le dovute eccezioni) è contenuto in una struttura membranosa chiamata nucleo. Inoltre, essa è dotata di un insieme di organuli membranosi che hanno il vantaggio oltre che di permettere la conquista di nuovi ambienti che i procarioti non posseggono, di racchiudere in un ambiente circoscritto tutti gli elementi necessari per regolare determinati processi cellulari, tra cui il mantenimento di un certo livello del pH, la concentrazione di solventi, soluti e ioni, e la presenza costante in soluzione di enzimi necessari alle varie funzioni metaboliche. Potendo essere gli eucarioti sia organismi pluricellulari che unicellulari, è indispensabile che anche a livello della singola cellula si ritrovino le funzioni di un organismo intero: vi sono infatti organuli deputati alle molteplici funzioni, come la respirazione cellulare o la digestione, o, proprio come nel caso dello scheletro umano, esiste a livello cellulare il citoscheletro, responsabile della forma e del movimento di ogni singola cellula. Struttura cellulare Membrana cellulare La MEMBRANA CELLULARE o PLASMALEMMA separa la cellula dall’ ambiente esterno ed è formata da due strati fosfolipidici leggermente diversi tra loro, che seguono il modello a mosaico fluido. Questo significa che i fosfolipidi, essendo in continuo movimento, si spostano generalmente all’interno del proprio strato di appartenenza (o solo internamente o solo esternamente), fatta eccezione per il fenomeno del flip flop, meccanismo che può essere favorito da specifiche proteine, che determina lo scambio tra i fosfolipidi dello strato interno con quelli dello strato esterno. La membrana plasmatica ha una composizione lipidica grassa in quanto, oltre ai fosfolipidi, si trovano altri grassi, e presenta zuccheri (soprattutto sullo strato esterno) e proteine. Le proteine possono poggiare solo sullo strato esterno (estrinseche) o solo sullo strato interno (intrinseche), oppure attraversare interamente la membrana (queste proteine presentano una regione extracellulare, una intramembrana e una regione intracellulare o citoplasmatica e sono dette proteine transmembrana); Tutto ciò che è esposto al di fuori della cellula o sulla sua superficie può fungere da segnale, che può essere recepito da altre cellule come un allarme, come si può facilmente osservare nel caso del sistema immunitario. Dato che i fosfolipidi sono costituiti da una testa polare (si affaccia in ambiente acquoso) e da una coda apolare, essi si dispongono in modo da formare una regione apolare da cui dipende la permeabilità selettiva della membrana, che è in grado di regolare gli scambi tra la cellula e l’ambiente esterno, permettendo il passaggio selettivo di piccole molecole neutre, tra cui gas e l’acqua - il cui passaggio è facilitato da canali formati dalle acquaporine, dato che si tratta di un composto polare). Tutti questi passaggi avvengono secondo gradiente, ovvero vanno da una zona a concentrazione maggiore a una minore, non richiedendo energia. Quando invece le molecole che devono entrare o uscire dalla cellula hanno dimensioni troppo grandi per poter attraversare la membrana, sono necessari canali, cioè proteine altamente specifiche che permettono il passaggio selettivo di alcune sostanze (ioni); e dei trasportatori (carrier), ovvero proteine caratterizzate da un’alta specificità rispetto a ciò che trasportano. Anche questi tipi di trasporto avvengono secondo gradiente di concentrazione, pertanto non è richiesta energia. Quando invece il trasporto è contro gradiente, invece, è necessaria energia: in questo caso non si parla più di canali, bensì di pompe (es: pompa sodio-potassio). Essendoci una differenza di componenti, per lo più di ioni (es: sodio/potassio), tra l’esterno e 7 l’interno della cellula, a cavallo della membrana si forma una differenza di potenziale di circa -70 mV: essa risulta fondamentale per una serie di meccanismi cellulari, come la trasmissione dell’impulso nervoso e la contrazione muscolare. Sulla superficie esterna della membrana ci sono poi delle proteine che fungono da recettori: queste recepiscono un segnale dall’esterno, che può essere un ormone, un fattore di crescita o una qualsiasi molecola, ed instaurano un legame specifico con questo messaggero o ligando, riuscendo poi a captare questo segnale esse lo trasmettono all’interno della cellula. Nucleo Il nucleo è quella regione che raccoglie in sé il genoma degli eucarioti, che è diviso in cromosomi lineari, ed è caratterizzato da una doppia membrana nucleare, una interna e una esterna. La membrana esterna si continua con il reticolo endoplasmico, perlopiù quello ruvido; mentre la membrana interna prende contatto con la lamina nucleare, una struttura proteica complessa costituita da proteine chiamate lamìne (accento importante). Il nucleo non può essere una struttura stagna, priva di contatti con il resto della cellula, quindi è necessario che ci siano dei passaggi che permettano a proteine, nutrienti e agenti vari di entrare e uscire dal nucleo. Questo passaggio deve essere fortemente controllato e può avvenire soltanto attraverso delle strutture complesse (costituite da più di cento proteine diverse) note come pori nucleari, che dunque permettono il passaggio di materiale dall’interno del nucleo al citoplasma e viceversa. All’interno del nucleo vi è poi una regione più scura chiamata nucleolo, in cui si raccolgono tutti quei geni che codificano per l’RNA ribosomiale. Questa, infatti, è una regione dove il DNA è molto aperto e dove c’è un’intensa attività trascrizionale, proprio perché la cellula ha continuamente bisogno di sintetizzare proteine e, per riuscirci, ha bisogno dei ribosomi, i quali sono costituiti da proteine ma soprattutto da RNA ribosomiale, che quindi deve essere prodotto in grandi quantità dal nucleolo. L’importanza della lamina nucleare è stata identificata di recente: infatti, fino ad alcuni anni fa si credeva che essa fosse un’impalcatura che manteneva la corretta struttura del nucleo. In realtà si è visto che la lamina nucleare ha anche un ruolo importante sul controllo dell’espressione genica, quindi sulla capacità della cellula di leggere le istruzioni che sono all’interno del DNA. Guardando al microscopio elettronico la struttura nucleare [fig.2], si può osservare che le regioni scure, dove vi è un’intensa attività di trascrizione, sono il nucleolo e la regione al di sotto della membrana del nucleo, in prossimità della lamina nucleare: questo significa che, probabilmente, le proteine della lamina hanno un ruolo fondamentale nella regolazione dell’espressione genica. Questo è stato anche in parte dimostrato: esiste infatti una malattia causata dagli errori in una delle proteine della lamina nucleare, la lamìna A, nota come progeria o Sindrome di Hutchinson-Gilford. Si tratta di una malattia che causa invecchiamento precoce ed è causata da una variante che insorge in un gene per la lamìna A e che dunque causa un’alterazione nella struttura nucleare delle cellule dei bimbi affetti, i quali muoiono per le problematiche legate all’invecchiamento, come aterosclerosi, patologie cardiovascolari, perdita dei capelli e difetti nell’alimentazione. Reticolo endoplasmico Il RETICOLO ENDOPLASMICO che si continua con la membrana esterna del nucleo è di due tipi, liscio (REL) e ruvido o rugoso (RER), che hanno due funzioni diverse e due strutture membranose leggermente differenti. Il RER non è una struttura membranosa piatta ma appare quasi raggrinzita: questo è dovuto al fatto che sulla sua superficie si appoggiano i ribosomi. Questo ci suggerisce che il RER sia coinvolto nella sintesi proteica; in effetti, nel RER, troviamo una serie di enzimi che servono per le modifiche post-traduzionali delle proteine: infatti, dopo la sintesi di alcune proteine a livello del citoplasma, la presenza di segnali particolari a livello della sequenza amminoacidica suggerisce al ribosoma di appoggiarsi sul RE, così che la sintesi della proteina avvenga direttamente, attraverso un canale, all’interno del reticolo, dove, in un secondo momento, può essere modificata. I ribosomi sono costituiti da due subunità, una 8 maggiore ed una minore, che sono separate a livello del citoplasma e che si uniscono solo al momento della sintesi proteica, prima infatti si hanno due subunità indipendenti. Il REL è un complesso di membrane su cui non sono appoggiati ribosomi. Questo, infatti, è deputato al rinnovo delle membrane: il suo ruolo principale è la sintesi di trigliceridi, di fosfolipidi, di colesterolo, di steroidi, cioè tutti componenti delle membrane cellulari. Ha poi un ruolo nella liberazione di glucosio nel sangue, nella detossificazione di sostanze presenti del sangue e nella regolazione della concentrazione del calcio (calcemia) nella cellula e nel sangue. Apparato di Golgi L’APPARATO DI GOLGI, che riceve le vescicole formatesi e provenienti dal RE (principalmente quello ruvido), è un organulo membranoso così chiamato perché identificato da Golgi (vincitore del Nobel per le sue scoperte sulle cellule nervose). Esso è formato da strutture definite cisterne, in cui si identificano tre regioni, la CIS (verso il nucleo), la MEDIUM (intermedia) e la TRANS (si affaccia verso la membrana plasmatica). Questo organulo ha diverse funzioni, la più importante delle quali è quella di completare le modifiche post-traduzionali delle proteine (esempio: aggiunta di zuccheri, o glicosilazione). Tuttavia, si stanno portando avanti molti studi per comprendere l’effetto di maturazione delle cisterne del Golgi. Vi è infatti un importante traffico vescicolare dal RE al Golgi e dal Golgi al RE: si parla quindi di maturazione delle membrane, facendo riferimento al fatto che arrivano vescicole dal RE che si fondono per formare la regione CIS; le vescicole che costituiscono la regione CIS, maturando, diventano parte della regione MEDIUM e, analogamente, le vescicole costituenti la regione MEDIUM vanno poi a formare la regione TRANS (anche se i meccanismi alla base di questa maturazione non sono ancora chiari). L’apparato di Golgi ha dunque il ruolo di veicolare il traffico vescicolare in alcuni punti particolari della cellula: le vescicole, infatti, possono contenere degli enzimi che devono andare a strutture membranose diverse dalle cisterne. Questo ruolo nel traffico vescicolare è diventato importante quando si è visto che può essere alterato durante le infezioni patogene: alcuni patogeni, infatti, colpiscono la capacità di regolazione del traffico da parte del Golgi, che, ad esempio, prepara le proteine che sono trasportate nei lisosomi, organuli adibiti alla digestione cellulare. Una volta che il Golgi viene bloccato, le proteine digestive non arrivano ai lisosomi e il batterio, impedendo il corretto traffico vescicolare, non può essere più digerito. Mitocondri I MITOCONDRI sono organuli cellulari complessi molto particolari che presentano caratteristiche uniche rispetto ad altri organelli. Come il nucleo, sono circondati da una doppia membrana: quella esterna è una membrana di contenimento, mentre quella interna si piega per formare le creste mitocondriali. Il ruolo del mitocondrio è fondamentale perché a livello delle creste avviene l’ultima parte della glicolisi aerobica, la fosforilazione ossidativa, così come il completamento del ciclo di Krebs. Per questo, sulle creste mitocondriali si trovano gli enzimi respiratori della fosforilazione ossidativa e l’ATP sintetasi, ovvero la proteina che determina la fine del movimento degli elettroni, facendo passare gli ioni H+ per sintetizzare l’ATP. Da qui si può intuire il ruolo fondamentale del mitocondrio nel metabolismo cellulare, anche se una cellula (es. globulo rosso) può vivere per glicolisi anaerobica, che è molto meno conveniente di quella aerobica dal punto di 9 vista energetico. Inoltre, il mitocondrio, diversamente dagli altri organuli, ha al suo interno delle piccole molecole circolari di DNA (circa 20) di provenienza materna. Il numero di mitocondri può variare dal tipo cellulare a tipo cellulare o a seconda delle esigenze metaboliche della specifica cellula; a tal proposito, è possibile osservare un mitocondrio che si divide in due nel momento in cui la cellula ha bisogno di più energia, con un meccanismo che ricorda la scissione binaria. Quando questa necessità non c’è più, i due mitocondri si possono di nuovo fondere insieme per formarne uno. Una serie di caratteristiche dei mitocondri ha suggerito che il mitocondrio sia ciò che resta di una precedente simbiosi tra un eucariote e un batterio: l’organismo eucariote, al posto di digerire un batterio, si è accorpato con esso ed è stato così in grado di fare una reazione chimica che da solo non sarebbe stato in grado di fare, cioè la fosforilazione ossidativa, che ha comportato un vantaggio metabolico. Così, nel corso del tempo, quella che all’inizio sembrava una simbiosi è evoluta verso la formazione di un nuovo organulo cellulare: questo significa che il mitocondrio, ora come ora, non è in grado di vita propria, anche perché il DNA mitocondriale codifica solo per 13 proteine - la maggior parte delle proteine che si trovano all’interno del mitocondrio sono state sintetizzate seguendo le istruzioni del DNA nucleare. Tuttavia, siccome al suo interno ha del DNA, deve essere in grado di fare la propria sintesi proteica, regolata da ribosomi che sono leggermente diversi da quelli degli eucarioti, più simili a quelli dei procarioti. E’ importante sapere che alcuni antibiotici che colpiscono i ribosomi dei procarioti potrebbero danneggiare anche i ribosomi dei mitocondri, proprio perché sono molto simili a quelli dei procarioti. Inoltre, bisogna sottolineare che alterazioni del DNA mitocondriale possono dare luogo a malattie genetiche che hanno una trasmissione matrilineare (il DNA mitocondriale è ricevuto totalmente da parte della mamma – trasmissione matrilineare-). Queste malattie colpiscono principalmente quei tessuti che hanno una certa necessità energetica, soprattutto cervello e cuore. Citoscheletro (cito = relativo alla cellula) Il CITOSCHELETRO è formato da tre diverse componenti che hanno dimensioni differenti: i microtubuli, formati da dimeri di tubulina, sono i componenti citoscheletrici più grandi. La tubulina e i microtubuli vanno a formare delle strutture fondamentali per la cellula, tra cui le ciglia, i flagelli, il centriolo ( l’organizzatore del citoscheletro cellulare) e le fibre del fuso, e hanno la capacità di polimerizzare e depolimerizzare molto rapidamente a seconda delle necessità della cellula. Normalmente si avrà una regione +(più) che è quella dove solitamente si aggiunge la tubulina, quindi il microtubulo si accrescerà in direzione di questa zona e si depolimerizza nella regione - (meno): è un processo unidrezionale. Il centriolo è formato da triplette di microtubuli; generalmente i centrioli viaggiano a coppie, che sono ortogonali l’uno rispetto all’altra e fanno parte di quella regione che va ad organizzare tutte le strutture citoscheletriche cellulari, come i binari su cui viaggiano le proteine motorie quando devono trasportare le vescicole. I microfilamenti sono i filamenti citoscheletrici più piccoli, fondamentalmente formati da F-actina, ovvero actina fibrosa. I filamenti intermedi presentano uno spessore intermedio rispetto agli altri filamenti e sono specifici per determinati tessuti. Tra questi troviamo le cheratine, presenti nella pelle e nei capelli, le vimentine, le desmine (importanti per i contatti cellula-cellula) e le lamìne nucleari. Negli ultimi anni si è visto che alcuni componenti del citoscheletro non hanno solo il ruolo di mantenere intatta la struttura cellulare, ma svolgono importanti funzioni in determinati processi cellulari, come quello dell’actina nel riparare il DNA (nella Drosophila) Lisosoma I LISOSOMI sono organuli cellulari deputati alla digestione delle componenti cellulari quando necessario. Questo significa che quando arriva qualcosa dall’esterno della cellula deve essere sminuzzato nei suoi 10 sottocomponenti affinché la cellula possa utilizzarlo, questo viene mandato all’interno del lisosoma, che contiene idrolasi acide, che quindi lavorano in un ambiente acido (pH 4-5). Da qui si capisce l’importanza della membrana di questo organulo, che lo isola da tutto il resto della cellula; le idrolasi acide possono inoltre fondersi con vescicole che hanno racchiuso organuli cellulari che non sono più funzionanti. Vale il principio secondo cui nulla viene sprecato: un organulo non più funzionante raggiunge il lisosoma e si fonde con la membrana così che le idrolasi acide possono digerirlo in modo tale da suddividerlo in tutte le componenti base (lipidi, proteine, carboidrati) che possono poi essere riciclate dalla cellula stessa. Le idrolasi acide all’interno del lisosoma hanno anche un altro ruolo fondamentale: Che cosa succede se si dovesse rompere un lisosoma? Niente, perché le idrolasi acide a contatto con un pH cellulare basico non funzionano più, si tratta di un meccanismo di difesa: anche se un lisosoma si rompe, la cellula sopravvive, mentre invece si avrebbero invece danni se esse uscissero fuori dalla cellula. Quando le idrolasi acide non funzionano, si parla di malattie lisosomiali: quando alcuni degli enzimi presenti all’interno dei lisosomi non funzionano bene, ecco che quello che doveva essere digerito da quel lisosoma non viene digerito. Il danno cellulare consiste da una parte nell’assenza di materiale di riciclo, da cui l’impossibilità di recuperare l’energia che ha sprecato ricostruendo nuove componenti, e dall’altra nell’accumulo di queste sostanze all’interno della cellula, dandone poi tossicità: si parla di Lysosomal Storage Diseases. Ce ne sono di diversi tipi, viste anche le tante reazioni chimiche deputate ai lisosomi: una di queste patologie è la glicogenosi tipo 2, che è stata studiata per la prima volta a Pavia. La forma infantile si chiama malattia di Pompe: a questi bambini manca un enzima la alfa-1-4-glicosidasi acida che è in grado di staccare le unità che compongono il glicogeno e di riportare le singole molecole di glucosio. All’interno del lisosoma si accumula il glicogeno, perciò la cellula non ha il glucosio per far avvenire le reazioni ed è priva di energia, mentre il glicogeno si accumula e diventa tossico per la cellula stessa: questa patologia colpisce in primis gli organi che hanno più bisogno di energia, il cuore e il cervello, determinando una grave ipotonia e la morte prematura del paziente. Perossisomi o Microcorpi I PEROSSISOMI o MICROCORPI sono organuli in cui avvengono reazioni fondamentali per iniziare il processo di digestione e riciclo di alcune sostanze, in particolare quello degli acidi grassi. Gli acidi grassi, infatti, vengono mandati ai perossisomi per essere ossidati, digeriti ed utilizzati per costituire glucosio (ci sono diversi modi per sintetizzarlo, uno di questi parte proprio dagli acidi grassi): nei perossisomi vi sono delle ossidasi che portano avanti questo tipo di reazione. È poi importante sottolineare che molte delle reazioni organiche che avvengono all’interno della cellula hanno anche come effetto collaterale quello di formare perossido di idrogeno (acqua ossigenata), una specie altamente reattiva che, se lasciata all’interno della cellula, potrebbe darle tossicità. Per questo motivo, all’interno dei perossisomi esistono anche degli enzimi che si chiamano catalasi che sono deputati alla degradazione dei derivati tossici dell’ossigeno. Ovviamente, proprio perché tutti questi organuli sono delimitati da una membrana (questa non è solo fosfolipidica, ma anche proteica: ci sono infatti delle proteine che funzionano da canale, permettendo il passaggio di uno specifico materiale) c’è sempre il rapporto con l’esterno, quindi è importante che anche sui perossisomi ci siano quelle proteine per il trasporto delle molecole all’interno e all’esterno dell’organulo, per far entrare gli enzimi, necessari per far avvenire le reazioni. 11 Anche in questo caso, quando questo meccanismo non funziona più, si ha a che fare con delle patologie: un esempio è l’Adrenoleucodistrofia, una patologia X-linked (che quindi colpisce principalmente i maschi) che porta alla demielinizzazione delle fibre nervose. Una storia che ha fatto scalpore negli anni ‘80 è quella di Lorenzo, un bambino affetto da Adrenoleucodistrofia: i suoi genitori, con l’aiuto di un chimico, hanno studiato e compreso le basi molecolari di questa malattia, dando vita poi al cosiddetto Olio di Lorenzo, un olio normalmente tossico, ma che per i bambini malati di Adrenoleucodistrofia è una sostanza che rallenta l’evoluzione della malattia. DIFFERENZE PRINCIPALI EUCARIOTI / PROCARIOTI Organismi tipici Batteri ed archeobatteri Protisti, funghi, piante ed animali Dimensioni tipiche ~ 1-10 µm ~ 10-100 µm (con poche eccezioni, come la cellula uovo e i neuroni motori spinali) Tipo di nucleo Nucleoide: nessun nucleo Nucleo racchiuso da doppia membrana cellulare davvero definito DNA Cromosoma singolo, Cromosomi multipli, lineari, circolare, spesso presenti complessati da istoni plasmidi in aggiunta Sintesi Accoppiate nel citoplasma Sintesi dell'RNA nel nucleo e delle di RNA e proteine proteine nel reticolo endoplasmatico rugoso Ribosomi 50S+30S 60S+40S Strutture Poche strutture Numerose strutture racchiuse da citoplasmatiche membrane e citoscheletro Movimento Flagelli composti di flagellina Flagelli e ciglia composte di tubulina cellulare Mitocondri Nessuno Da uno a diverse migliaia (con alcune eccezioni) Cloroplasti Nessuno Nelle alghe e nelle piante Parete cellulare Presente Presente nelle piante e in alcuni funghi 12 Organizzazione Solitamente unicellulare Unicellulare, a colonie e in organismi pluricellulari (contenenti cellule specializzate) Divisione cellulare Scissione binaria Mitosi (fissione o gemmazione) e meiosi La nascita della vita e l’evoluzione cellulare Molto probabilmente le prime forme di vita sono state del tipo degli Archea; solo successivamente si sono sviluppate le forme come batteri ed eucarioti. Ancora oggi gli archeobatteri, diversamente dagli eubatteri, colonizzano le regioni più estreme sulla terra, vivendo nelle zone in cui c’è metano, nei laghi salati, negli habitat molto freddi; inoltre, tra questi, vi sono i batteri termoacidofili, che possono essere utilizzati in laboratorio per dar luce alla taq polimerasi della PCR. L’evoluzione cellulare fa sì che questo batterio, per endosimbiosi o per formazione di invaginazioni membranose, che poi diventano organuli singoli, diventi un eucariote. Fino a qualche tempo fa, invece, si pensava che fosse un eubatterio a trasformarsi da procariote ad eucariote: in realtà, i dati più recenti dimostrano che la cellula eucariote derivi dagli archeobatteri, i quali hanno fatto endosimbiosi con un eubatterio, originando il mitocondrio, e dal quale hanno iniziato a costituire questo sistema di membrane intracellulari per costruire gli organuli. Ma la biologia è lo studio della vita e per studiare la vita bisogna allenarsi alle eccezioni: l’eccezione è arrivata a giugno di quest’anno, con la Thiomargarita Magnifica [fig.3], un batterio che fa parte delle alghe verdi e che è lungo 9 cm. È stato scoperto in Amazzonia nel giugno del 2022, crea colonie e, al suo interno, ci sono delle membrane e una struttura pseudo-nucleare: si tratta di un’eccezione e ovviamente sono necessari degli studi, anche perché più del 90%\99% dei procarioti non possono essere studiati in laboratorio. Visione e commento dell’animazione The Inner Life of a Cell-Full version Inner Life Of A Cell - Full Version.mkv link: https://youtu.be/yKW4F0Nu-UY contenuto del video: 0:00-0:40 Vediamo un globulo bianco che cammina sull’endotelio, cioè su uno strato di cellule che ricopre il vaso sanguigno, e, a mano a mano che ci cammina sopra, le proteine sulla sua superficie entrano in contatto con le proteine della superficie dell’altra cellula. Esiste, all’esterno della cellula, la matrice extracellulare, un insieme di componenti principalmente proteiche, come il collagene, prodotte dalla cellula stessa e necessarie per creare dei microambienti vicino alla membrana, dove possono avvenire delle reazioni, e per regolare l’interazione tra queste cellule e le altre cellule dell’organismo o esterne all’organismo. 0:40-2.00 Ad un certo punto, queste proteine si incollano tra di loro e si formano quelle che vengono chiamate zattere lipidiche, ovvero quelle regioni dove la membrana è meno fluida e più rigida, e quindi questo permette di spostare contemporaneamente proteine simili o diverse tra di loro. Come viene regolata la fluidità della membrana? Attraverso la modifica della concentrazione di colesterolo, che ha una piccola testa polare che sbuca fuori dalla regione delle teste polari dei fosfolipidi e ha un grosso corpo apolare che si può incastrare tra le code apolari dei fosfolipidi, regolandone la fluidità. È importante notare che i fosfolipidi dello strato esterno sono diversi da quello dello strato interno, ma può 13 avvenire uno scambio tra i fosfolipidi che stanno sopra e quelli che stanno sotto. Inoltre, vi sono delle proteine che attraversano tutta la membrana (regione extracellulare, intra mediana, citoplasmatica), struttura tipica dei recettori, mentre altre che non la attraversano. Mentre le cellule si avvicinano una all’altra e si bloccano per trasmettersi segnali reciproci, ecco che l’endotelio ha esposto, attraverso una proteina segnale, un segnale: questa proteina, altamente specifica, viene riconosciuta da un recettore presente sul globulo bianco. Questo recettore ha una struttura che gli permette di attraversare il doppio strato fosfolipidico: il recettore ha anche una parte intracellulare che gli permette di interagire con questa proteina, la proteina G. 2:00-2:28 Poi, guardando bene la struttura della membrana, vediamo che sotto di essa c’è un’impalcatura proteica, costituita da tetrameri di spettrina, che creano delle microregioni all’interno delle quali si spostano più facilmente le proteine. 2:28-3:18 Troviamo a questo punto, addentrandoci nella cellula, i microfilamenti di actina, che creano, insieme ad altre proteine, una fitta rete di filamenti diversi, permettendo di formare degli incastri e di costituire il citoscheletro, che polimerizza e depolimerizza con molta facilità. Ciò che avanza viene subito depolimerizzato in modo da poter essere riciclato ed utilizzato per la sintesi di un nuovo filamento. 3:18-3:57 I microtubuli, che sono costituiti da tubulina, hanno un ruolo fondamentale nel posizionamento degli organuli cellulari e c’è una regione dove la depolimerizzazione avviene più velocemente. I microtubuli fungono da binari per le proteine motorie, che trasportano le vescicole all’interno della cellula. Queste vescicole, quindi, non navigano, ma camminano in una direzione precisa guidate dalle proteine motorie. 3:57-4:14 I mitocondri si spostano all’interno della cellula seguendo i binari dettati dai microtubuli. 4.14-4:29 Ci avviciniamo al centrosoma, quella struttura proteica che vede al proprio centro proprio i centrioli ed è il posto dove si organizza tutta la struttura della cellula 4:29-6:07 Ora siamo al nucleo e vediamo la membrana nucleare con i suoi pori, da cui sta uscendo qualcosa: l’RNA messaggero, che diventa un cerchio. Arrivano due strutture, una più grande e una più piccola, che costituiscono il ribosoma e, leggendo le istruzioni, fanno la sintesi delle proteine. Dove finiscono queste proteine? In parte vengono prese da carriers, da chaperonine e da trasportatori e portate ai mitocondri; altre volte, invece, la sintesi proteica inizia nel citoscheletro e a un certo punto si ferma finché il ribosoma non arriva sul traslocatore, in modo da poter sintetizzare la proteina entrare direttamente all’interno di una struttura membranosa, ovvero il RER, dove verrà successivamente modificata. Altre proteine che subiscono questo destino sono quelle destinate a far parte della membrana del RER. Dal RER gemmano delle vescicole che vanno a finire nell’Apparato di Golgi. 6:07-6:24 Nell’apparato di Golgi queste vescicole si fondono con le membrane delle cisterne CIS e quindi quello che c’è dentro, cioè le proteine da modificare, entra nell’ambiente del Golgi. Dal Golgi poi partono vescicole per i lisosomi, per i perossisomi o per la membrana plasmatica. 6:24-7:02 Il contenuto di ciò che c’è nelle vescicole che si fondono con la membrana plasmatica può diventare una proteina intrinseca o estrinseca. Queste proteine di membrana sono state sintetizzate perché una chemochina è stata messa dal suo recettore, che ha comunicato con la proteina G, ha trasmesso il messaggio all’interno della cellula ed ha permesso che delle nuove proteine venissero sintetizzate. 7:02-8:00 Interviene a questo punto una zattera lipidica che avvicina le proteine in quanto queste devono lavorare insieme. Queste prendono contatto con un’altra proteina presente nell’endotelio per fare in modo che il globulo bianco che stava camminando si fermi e cambi completamente la sua morfologia per uscire dal vaso sanguigno e raggiungere il tessuto dove probabilmente è in atto un’infiammazione o un attacco esterno: questo fenomeno si chiama extravasazione. 14 L03_17/10/2022 BIOLOGIA - PROF.SSA OLIVIERI MAINARDI, TROVATO Il ciclo cellulare Introduzione. Iniziamo un nuovo argomento che sarà un po’ l’argomento chiave del nostro corso, perché buona parte di quello che faremo si riallaccerà al ciclo cellulare. Riguardo al ciclo cellulare iniziamo con delle definizioni, così sapremo cosa stiamo andando a studiare, possiamo quindi iniziare a dare delle definizioni che ci servono per il proseguimento del corso. In linea generale, la vita di una cellula solitamente (salvo eccezioni) inizia e termina con una divisione. Una nuova cellula inizia la sua vita generata da una divisione e la termina dividendosi a sua volta. Tutto questo processo è chiamato ciclo cellulare. Quali possono essere le eccezioni? La prima è quando abbiamo a che fare con una riproduzione sessuata (non tutti gli animali fanno riproduzione sessuata), poiché in questo caso una nuova cellula e un nuovo organismo nascerà dall’unione di due cellule, uno spermatozoo e una cellula uovo; questa iniziale fusione tra cellule rappresenta un’eccezione, poi lo zigote inizierà regolarmente a dividersi e a entrare in una serie di cicli cellulari che permetteranno al nuovo organismo di formarsi, perché abbiamo iniziato a produrre nuove cellule per costruirlo. L’altra eccezione è quando una cellula esce dal ciclo cellulare e percorre un cammino di estrema specializzazione. Se questa è molto complessa, non le è possibile tornare nel ciclo cellulare e dividersi più, quindi andrà ad invecchiare e morire all’interno di questo suo ruolo altamente specializzato. Definizione. Il ciclo cellulare viene anche definito come una serie ordinata di eventi che porta alla divisione di una cellula. Quindi tutto è focalizzato sul concetto di divisione. Noi studiamo il ciclo cellulare come percorso che porta alla divisione della cellula1. Funzioni. A che cosa serve dividere la cellula? A produrre cellule che possano costituire un organismo funzionante A sostituire cellule che muoiono in un organismo I nostri tessuti sono per la maggior parte sottoposti a rinnovamento cellulare, nel momento in cui una cellula muore, un’altra si divide e la sostituisce. Durata. Quanto dura il ciclo cellulare? Dipende dal tipo di cellula: Cellule in attiva proliferazione (es: embrione si divide molto rapidamente rispetto alle cellule dei tessuti adulti e ha un tasso di divisione molto elevato, perché per costruire un nuovo organismo ho bisogno di molte cellule. Dalla cellula di partenza devo infatti produrre molte cellule per formare l’organismo) Cellule con alta propensione alla divisione (es: epiteli e altri tessuti che vanno incontro ad un frequente rinnovamento cellulare; perciò le cellule germinali dell’epitelio, prima di essere specializzate, si dividono di frequente) Cellule stabili, normalmente non si dividono, ma in alcuni casi particolari, come la risposta al danno d’organo o ad uno stimolo preciso, possono rientrare nel ciclo cellulare e ricominciare a dividersi (es 1: epatociti, il fegato è l’unico organo che potenzialmente si può rigenerare nel nostro organismo.2 Alcuni epatociti, quando vi è un danno epatico, possono tornare nel ciclo cellulare e possono ricostruire l’organo dividendosi e formando nuove cellule che l’organo può utilizzare; es 2: linfociti, 1 concetto messo in evidenza dalla professoressa 2 Cenno al mito di Prometeo dell’aquila che gli mangia il fegato di giorno e la notte ricresce, deriva da osservazioni che probabilmente erano già state fatte. Il fegato si può rigenerare, ovviamente non tutto. 15 cellule del sistema immunitario, che normalmente non si dividono e circolano nel sangue, ma in risposta ad un attacco patologico il linfocita è spinto a dividersi e supportare la risposta immunitaria) Cellule perenni, dopo il differenziamento non possono più dividersi perché il loro differenziamento è estremo, talmente tanto specializzato che il danno nel farle tornare indietro alla loro specializzazione sarebbe enorme (es 1: neurone, perché il neurone mano a mano che si sviluppa crea dei contatti con altre cellule e tornare indietro significherebbe perdere questi contatti; es 2: cellule muscolari, formano dei sincizi, di conseguenza essendo connesse ad altre cellule non possono dividersi; es 3: globuli rossi, arrivano ad uno stadio di maturazione estremo, tanto da perdere il nucleo, a questo punto non c’è più lo scopo di dividersi, perché dobbiamo ricordare che lo scopo primario della divisione cellulare è quello di tramandare le informazioni genetiche alla generazione cellulare successiva: si parla di riproduzione cellulare)3 Esempi di durata diversi tessuti : gli epiteli sono tra i tessuti che si rigenerano più facilmente: la pelle, in giovane età, è sostituita circa ogni tre settimane, avanzando con l’età si sostituisce un po’ meno frequentemente, però rimangono sempre tessuti sottoposti ad un alto tasso di rigenerazione. L’epitelio non è solo la pelle, ma tutto ciò che ricopre il nostro corpo e che prende rapporti con l’ambiente esterno: si trova anche all’interno della bocca e del tratto gastro-intestinale. Le cellule dell’intestino si rinnovano molto velocemente (7/14 gg), infatti noi perdiamo ogni giorno 200/300g del nostro intestino. A prescindere dal fatto che ritornino o meno nel ciclo cellulare, le cellule hanno una vita di un certo numero di giorni (gli epatociti, ad esempio, hanno una vita di circa 150 gg). Tra i tessuti che non si rinnovano abbiamo nominato quelli costituiti da cellule estremamente specializzate, incluse le muscolari che formano sincizi, dove dunque è impossibile recuperare l’unità della singola cellula; nelle altre cellule che si specializzano, se non subiscono stimoli, hanno dei turnover abbastanza rapidi (sia i globuli bianchi che rossi). Quindi il tessuto muscolare danneggiato lo è per sempre? No, perché in tutti i nostri tessuti c’è un pool di cellule staminali. Le cellule staminali adulte sono solitamente tessuto-specifiche, cioè sono in grado di darci cellule di quel determinato tessuto, quindi il grado di staminalità è già avanzato. Per questi casi esistono cellule staminali che andranno a rigenerare il tessuto danneggiato, mentre nel caso di cellule stabili, come quelle del fegato, è lo stesso epatocita che torna indietro nella specializzazione e si divide. Dunque bisogna evidenziare la differenza una cellula specializzata si “despecializza” e si divide epatocita una cellula specializzata muore e un’altra non specializzata si divide e si specializza staminale che diventa cellula muscolare. Fasi: Il ciclo cellulare si divide in due grandi fasi [Fig.1]: Interfase: costituisce tutti quei momenti di vita della cellula preparatori alla fase successiva Fase M: può essere di due tipi a seconda del tipo cellulare che stiamo osservando, mitosi o meiosi 4 L’interfase è suddivisa a sua volta in più fasi: G1 (gap = “intervallo”): la cellula è appena nata, è molto piccola e deve accrescersi, per cui ha bisogno di molto materiale. È quindi una fase di intensa sintesi proteica. Inoltre la cellula riceve dei segnali dall’ambiente esterno grazie ai quali decide se avanzare nel ciclo cellulare o fermarsi. Inoltre si prepara per la fase successiva. S (fase chiave insieme alla fase M): è la fase di sintesi di DNA, ovvero il momento di duplicazione del DNA genomico allo scopo di poterlo poi dividere tra le due cellule figlie. 3 “La biologia è probabilmente l’unica materia in cui moltiplicazione e divisione sono la stessa cosa, la cellula si moltiplica dividendosi”. 4 Chiamata M per entrambe 16 G2 (altra fase di intervallo): la cellula verifica che la fase S si sia completata correttamente e si prepara alla fase di divisione. La cellula riceve prevalentemente segnali dal suo interno. Segnali (intracellulari ed extracellulari) Nel corso della fase G1 i segnali che decideranno il destino della cellula sono prettamente extracellulari, nella fase G2 sono invece prettamente intracellulari (anche se in entrambe le fasi sono presenti entrambi i segnali). Dopo l’interfase avviene la fase di divisione cellulare5 1. fase G1 I segnali esterni nella fase G1 possono far reagire la cellula, che inizia a produrre proteine e lipidi tipici di quella cellula, iniziando quindi ad assumere una sua identità, ad accrescersi e a sintetizzare le proteine e tutti reagenti necessari per la fase successiva (es: se la cellula deve duplicare il DNA nella fase S, i nucleotidi necessari saranno prodotti in questa fase). Tutto ciò che è necessario nella fase successiva sarà prodotto prima che questa inizi. Questo è il momento in cui la cellula decide se proseguire il proprio ciclo o rimanere in uno stadio di sospensione, chiamato G0. Questo stadio può essere affrontato per un periodo limitato o per sempre. La cellula può fermarsi (specializzandosi, quindi, non potendo più rientrare nel ciclo, come nel caso del neurone, o, come nel caso dell’epatocita, rientrare nel ciclo sotto opportuni stimoli) o limitarsi ad aspettare di raggiungere condizioni ambientali migliori per la divisione (es: in assenza di nutrienti la cellula può aspettare finchè questi non arrivano). Il futuro della cellula è deciso in questo momento perché la fase successiva, che è quella di duplicazione del DNA, serve solo se la cellula andrà a dividersi6, quindi in base a cosa necessita l’organismo, la cellula decide prima a cosa andare incontro. I segnali esterni determinanti per il futuro della cellula sono: Presenza/assenza di nutrienti: se ci sono, va avanti, altrimenti si ferma Presenza/assenza fattori di crescita: se sono presenti, va avanti, altrimenti si ferma Presenza/assenza di stimoli proliferativi o antiproliferativi Segnali di differenziamento: decidono se può continuare nel ciclo cellulare o se deve specializzarsi Se, nell’insieme, questi segnali fanno sì che la cellula si fermi nel suo ciclo, essa entra quindi in fase G0, che è una fase di “stallo”, che può essere momentanea o di differenziamento. 2. fase S Durante la fase S l’usuale sintesi proteica è quasi del tutto ferma (non completamente), perché la cellula è tutta concentrata nella replicazione del DNA. In questa fase vengono però sintetizzate delle proteine, come le proteine istoniche, attorno alle quali si avvolge il DNA. Inoltre, in questa fase si duplicano i centrioli 7 3. G2. In fase G2 i segnali sono interni prevalentemente: il DNA è stato duplicato, la cellula si è ingrandita e ha raggiunto una dimensione adatta alla divisione e sono presenti tutte le componenti necessarie per la divisione cellulare (proteine ma non solo). Quando tutti questi segnali dicono alla cellula che si può proseguire, essa lo farà. Durata delle varie fasi Il ciclo cellulare ha durata differente a seconda dell’organismo e della cellula (nei pluricellulari) studiata, e le stesse fasi hanno durata differente: G0: può essere quasi nulla (nelle cellule embrionali ad esempio) quindi essere subito G1, oppure può durare più di 20 ore (ad esempio, i neuroni durano per tutta la vita dell’organismo: anni) S: 6/8 h, a seconda della capacità di replicazione di DNA del singolo organismo G2: 2/3 h M: 0.5/1 h Le cellule umane in coltura (es. fibroblasti) si rinnovano ogni 24 ore, ma ricevono segnali di divisione: nutrienti e segnali di crescita. Non è una cellula normale, ma in condizioni che la spingono a dividersi. 5 Non confondere tra il momento di divisione vera e propria: mitosi o meiosi, e quello detto di citodieresi/citochinesi, che avvengono quasi contemporaneamente, talvolta la seconda è inglobata nella fine della prima 6 “si evita il lavoro inutile” 7 anche se di essi si sa poco e si hanno risultati contrastanti, prima si credeva anche che avessero DNA proprio 17 Importanza del ciclo cellulare. Fin dall’inizio, si è compresa l’importanza del ciclo cellulare, che ancora oggi è oggetto principale di studio delle ricerche di biologia, perché è chiaro che quando esso è alterato, la cellula inizia a dividersi in maniera incontrollata, e prima o poi questo genera tumore. Ma la comprensione dei meccanismi del ciclo cellulare è fondamentale per la comprensione di tanti altri meccanismi cellulari, per esempio alla base di altre patologie. Studio del ciclo su organismi modello Esso si studia su organismi modello, perché è più semplice. I due organismi modello usati per lo studio del ciclo cellulare sono Saccharomyces cerevisiae e Schizosaccharomyces pombe, che sono lieviti, scelti perché sono unicellulari, quindi facili da studiare in laboratorio, ma eucarioti, quindi hanno la complessità metabolica di questi ultimi. Ciclo cellulare nei lieviti È possibile riconoscere le diverse fasi del ciclo cellulare guardando la morfologia di questi lieviti. Saccharomyces cerevisiae è un lievito gemmante, quindi a seconda della sua forma si può capire in quale fase si trova. Schizosaccharomyces pombe invece è un lievito che si divide per scissione e in base alle sue dimensioni (a quanto si è allungato) capiamo la fase del ciclo in cui si trova. Quindi grazie ad osservazioni morfologiche noi sappiamo di poter catalogare un lievito in un momento preciso del suo ciclo, mentre questo non è possibile nel dettaglio per le cellule umane. Se andiamo a studiare una popolazione cellulare, per esempio in coltura, (siano lieviti, cellule umane, etc) la maggior parte di cellule si troverà in fase G1/G0. Come facciamo a studiarlo? Ci sono diverse tecniche, qui è stata utilizzata una tecnica che prevede un intercalante del DNA per vedere in quale fase si trovano le cellule. Il concetto è che nella fase G1/G0 c’è una certa quantità di DNA e nella fase S e G2 il DNA sarà il doppio di quella quantità, perché si è replicato. Si possono utilizzare anche altre tecniche, ad esempio i marcatori di membrana. Il concetto di ciclo cellulare è appunto una fase che si segue all’altra, ma è il lavoro principale della vita di una cellula, quindi dev’esserci la sicurezza che, prima di proseguire nella fase successiva, quella precedente sia stata completata, altrimenti non si può andare avanti perché si rischierebbe sia la mancanza elementi necessari per la fase dopo, sia di andare incontro a divisioni incontrollate. Esiste quindi un sistema di punti di controllo che regolano l’esatto procedere delle fasi. Checkpoint del ciclo cellulare I punti di controllo principale del ciclo cellulare sono quattro e tre di questi regolano i momenti salienti della vita della cellula (vedi figura 2): 1. Il primo è tra fase G1 e S, chiamato anche punto di restrizione o punto di non ritorno, perché una volta che si supera questo punto, la cellula è spinta ad andare avanti. È posto in questo momento perché la fase S è uno dei punti più importanti del ciclo cellulare, e questo punto di controllo decide se la cellula potrà entrare in fase S. A seguito del passaggio da questo punto di controllo, la cellula può andare avanti e compiere la fase S, replicando il proprio DNA, finché non viene bloccata nuovamente. 2. Il secondo è tra la fase G2 e M, perché la fase M è il secondo momento più importante della vita della cellula (con la fase S). Controlla che tutto il materiale genetico si sia replicato correttamente, induce la replicazione in tutto il centrosoma, cioè di tutto il complesso di proteine (i centrioli sono già stati duplicati), per organizzare poi il fuso mitotico/meiotico. 3. Il terzo è nel momento più critico della fase M: tra metafase e anafase 4. Checkpoint diffuso: non è un momento fisso della vita della cellula, ma durante tutte le fasi del ciclo cellulare c’è questo controllo, che consiste nel controllo dell’integrità del genoma. In qualsiasi 18 fase del ciclo c’è un momento in cui questa integrità viene controllata, ovvero che non ci siano danni nel DNA, se ci sono danni nel DNA, in qualsiasi fase si trovi la cellula, essa si ferma. È un checkpoint diffuso perché l’integrità del genoma è qualcosa di talmente importante che il suo controllo non può essere legato ad un momento solo della vita della cellula. Il controllo dell’integrità del DNA, che è proprio del checkpoint diffuso (4), avviene anche negli altri tre checkpoint, insieme agli altri parametri controllati propriamente negli specifici checkpoint. 1° punto di controllo. Al punto di controllo G0, la cellula controlla una serie di parametri, come la dimensione della cellula, la presenza di nutrienti, fattori di crescita, segnali di proliferazione, e decide cosa fare. O prosegue il ciclo, o entra in questo stato di quiescenza che è G0, in cui può decidere di stare ferma oppure può decidere di specializzarsi. 2° punto di controllo. Nel checkpoint G2/M vengono controllati: la dimensione della cellula e che la replicazione del DNA si sia completata correttamente. 3° punto di controllo. Fra metafase e anafase è controllato principalmente il corretto attacco dei cromosomi al fuso mitotico, in modo tale che siamo sicuri che la divisione del materiale genetico nelle cellule figlie potrà avvenire nel modo corretto. Quindi nei checkpoint la cellula deve prendere delle decisioni in base a segnali interni (G2/M) ed esterni (G1/S) e decidere che cosa fare. Nel caso di G1/S c’è poi per la cellula la possibilità di entrare in questo stato di quiescenza chiamato G0. Il principio fondamentale è che, perché una fase funzioni, devono aver funzionato bene tutti i passaggi della fase precedente. Studio su lieviti mutanti Lo studio del ciclo cellulare e della sua regolazione è stato studiato all’inizio sui lieviti, che sono facili da tenere in coltura, da osservare, da catalogare all’interno delle fasi cellulari, ma anche perché è facile ottenere dei loro mutanti. E quando un lievito è mutato, significa che qualcosa non funziona, e ciò ci permette di capire un meccanismo fisiologico. I lieviti hanno come temperatura normale di crescita 25°C circa, quando però sono messi a 36°C (le cellule poste a temperature diverse dalle loro ideali fanno sempre fatica a crescere), non crescono più. La temperatura è un segnale esterno, che influenza il metabolismo cellulare. La “non crescita” non causa la morte delle cellule, ma un accumulo in una loro fase del ciclo cellulare, quindi andando a studiare le proteine presenti in una particolare fase del ciclo si sono identificate quelle proteine chiamate Cdc (=cell division cycle), cioè quelle proteine e quei geni che codificano per le proteine che regolano in qualche modo il ciclo cellulare. E in questo modo sono stati identificati più di 70 geni, non soltanto nel lievito8 In particolare, si era visto che Schizosaccharomyces pombe poteva avere dei mutanti che se portati a 36°C, si comportavano diversamente. In particolare a 36° il Wild Type (cioè il lievito non mutato ma normale, selvatico) riusciva a continuare il suo ciclo cellulare9. Analizziamo ora due problemi opposti per i due mutanti: 1. C’era poi un mutante che è stato chiamato Cdc2, che non riusciva a dividersi, pur continuando il ciclo cellulare, e ciò significa quindi che in Cdc2 manca qualcosa che permette l’ingresso in mitosi. 2. C’era poi un altro mutante, Wee1, che a 36°C si divideva in maniera eccessiva: le cellule erano molto piccole, come se non avessero avuto il tempo di crescere; come se in Wee1 ci fosse invece qualcosa che spinge la cellula ad entrare in mitosi In Saccharomyces cerevisiae invece si notava che il mutante chiamato Cdc28 è bloccato in G0, cioè entra in G0 e non riesce più a tornare indietro, quindi non riesce a fare il passaggio G1 S. Nei lieviti, questo punto di restrizione (o punto di non ritorno) si chiama “stacco”. Di conseguenza si è andati a capire che cosa era mutato nei lieviti Cdc2 ed hanno identificato la proteina mutata, quella che impediva l’ingresso in fase M. Quindi quando Cdc2 funziona, è la proteina che “aiuta” l’ingresso in fase M. Dal punto di vista biochimico 8 molti di loro si è visto che vengono geneticamente conservati fino ai mammiferi, quindi anche fino a noi 9 Era un lievito che “stava bene” anche a 36°C 19 Cdc2 è una chinasi, cioè una proteina che attacca gruppi fosfato ad altre proteine10 quindi che “accende” e “spegne” altre proteine. Ma anche le chinasi non lavorano sempre, si è visto che si attivano solo se hanno attaccata a loro un’altra proteina regolatrice, che però non è sempre presente all’interno della cellula. Compare verso la fine della fase S e scompare all’inizio dell’anafase. Ricordando sempre che se Cdc2 non funziona, la cellula non entra in fase M (2° checkpoint: la cellula decide se andare incontro a mitosi), se non c’è Cdc2 al 2° checkpoint, la cellula non entra in mitosi, perché non vengono attivate/spente le proteine che permettono l’ingresso in mitosi. Ma Cdc2 a sua volta non funziona senza il suo attivatore, che se fosse sempre presente farebbe sì che Cdc2 sarebbe attivo in tutte le fasi del ciclo cellulare, ma l’attivatore compare alla fine della fase S e scompare in anafase, quindi Cdc2 può lavorare al massimo in quell’intervallo. Studio di meiosi Osservando la meiosi (più complicata), si è visto, facendo degli studi, che l’ovocita di rana (Xenopus Laevis, un altro animale modello) passava da G2 a M quando veniva stimolato da progesterone. Si notò inoltre che, prendendo l’ovocita normale, stimolato con il progesterone, entrava in fase M. Prendendo poi del citoplasma da questo ovocita in fase M e messo in una cellula in fase G2, senza dare a questa seconda cellula il progesterone, anche questa entrava in fase M. Vuol dire che nel citoplasma dell’ovocita di Xenopus ci sono delle proteine, che si sono attivate e prodotte nel citoplasma, che hanno causato l’ingresso in fase M (non è quindi direttamente il progesterone a causare l’ingresso in fase M). Se si prende citoplasma da un ovocita stimolato e lo si mette in un ovocita non stimolato, comincia anche lui la sua divisione. E fra tutte le componenti del citoplasma dell’ovocita stimolata si è identificato un complesso che andava veramente a regolare il passaggio G2 M, ed è stato chiamato MPF (mitosis promoting factor = fattore che promuove la meiosi). Se si infila questo complesso nell’ovocita non stimolato, lo fa entrare comunque in meiosi. MPF è un eterodimero, cioè una proteina formata da due subunità diverse: una è sempre presente in tutte le fasi del ciclo cellulare ed è dotata di attività chinasica, l’altra invece compare alla fine della fase S e scompare nell’anafase. Riassumendo: Cdc2 è una proteina chinasica che si attiva solamente in presenza del suo regolatore, il quale compare all’inizio della fase S e scompare in anafase e MPF ha una componente chinasica e un’altra che compare all’inizio della fase S e scompare in anafase. Per somiglianza si è potuto notare che la componente chinasica di MPF è omologa a Cdc2 e la seconda componente è simile alla proteina regolatrice di Cdc2. SUBUNITÀ 1 = CDC2 SUBUNITÀ 2 = PROTEINA REGOLATRICE DI CDC2 Eucarioti Passando agli eucarioti superiori non si parla Cdc, ma di Cdk (cycle depending kinase = chinasi ciclina-dipendente) perché sono proteine ad attività chinasica, ma la loro capacità di essere chinasicamente attive dipende da un’altra proteina. Queste proteine hanno un andamento ciclico nel ciclo cellulare, non sono sempre presenti, e quindi i biologi le hanno chiamate “cicline”, che sono proteine regolatrici che si osservano solo in alcune fasi del ciclo cellulare e vanno ad attivare le chinasi ciclina-dipendenti. Siccome quella osservata nello Xenopus è stata la prima chinasi ciclina-dipendente ad essere stata identificata, è stata chiamata Cdk1. La ciclina invece è chiamata ciclina B. Quindi l’MPF è formato da Cdk1 e da ciclina B. Quindi sappiamo che anche negli eucarioti superiori c’è un punto di controllo tra G2 e meiosi. Poi si sono sviluppate tecniche che hanno permesso di fare studi su organismi ancora più vicini a noi11, ed è stato possibile fare esperimenti di fusione cellulare, nei quali si è visto che 1. fondendo una cellula in fase S con una in fase G1, quest’ultima entra a sua volta in fase S. 2. fondendo una cellula in fase S con una in fase G2, quest’ultima rimane in G2 e non torna in fase S. 3. fondendo invece una cellula in fase G1 con una cellula in mitosi, si osserva che la cellula in G1 entra a sua volta in mitosi, anche se non ha passato tutte le fasi intermedie. 10 Nella prima lezione si era detto che le proteine possono essere attivate o inibite attraverso l’attacco di un gruppo fosfato 11 altri mammiferi, quali i topi 20 Questo ha permesso di capire che: se la cellula è “andata avanti”, cioè è diventata “qualcos’altro”, non può più tornare indietro. Infatti la cellula in G2 non è tornata indietro, mentre quella in G1 è andata avanti. La spinta può essere sempre solo in avanti e mai indietro. Probabilmente esistono dei meccanismi protettivi contro una seconda divisione del DNA, che sarebbe deleteria per la cellula. E si è visto che delle proteine presenti in fase M possono stimolare una cellula in G1 ad entrare in mitosi, anche se non è pronta, cioè se non possiede tutto ciò che occorre per la fase M, superando tutti i punti di controllo. Tutto questo ci dice che questi meccanismi di controllo sono presenti anche nelle cellule superiori, ci identifica un altro punto di controllo nel passaggio G2 M, e ci spiega che ci sono fattori proteici che possono stimolare l’avanzamento delle cellule nel ciclo cellulare. Dopo di che si è visto che il fattore MPF (Cdk1+ciclina B) era in grado di stimolare anche la meiosi. Quindi non è solo mitosis promoting factor ma anche meiosis promoting factor. Ad oggi è diventato quindi maturation promoting factor, cioè un fattore che favorisce la maturazione e la divisione cellulare. Studio di MPF Se si guarda la quantità delle proteine che compongono MPF durante il ciclo cellulare e in particolare la quantità di Cdk1, è costante in tutte le fasi del ciclo, mentre la presenza di ciclina B varia: comincia a comparire alla fine della fase S, ha un picco nel passaggio tra G2 ed M, e poi precipita nel passaggio metafase anafase della fase M. Il complesso funziona solo quando ci sono entrambe le proteine, quindi ci si aspettava un andamento del complesso che mimasse quello delle proteine, ma si è visto che l’attività del complesso è racchiusa in uno spazio davvero molto stretto: si attiva all’improvviso e precipita all’improvviso. C’è differenza tra presenza della proteina ed attività della stessa: può esserci ma non funzionare. Perché il complesso ciclina B e Cdk1 favorisce l’inizio della divisione cellulare? Perché Cdk1 è una chinasi, quindi fosforila (aggiunge gruppi fosforici). MPF favorisce l’ingresso in mitosi/meiosi perché va a fosforilare: condensine, che sono le proteine che favoriscono la compattazione del DNA, che è una delle prime cose che succedono all’inizio della divisione cellulare. Quindi Cdk1 fosforila le condensine che quindi iniziano a funzionare e il DNA si compatta, inizia la condensazione della cromatina lamine e proteine delle membrane e dei pori nucleari. Una delle altre tappe iniziali della divisione cellulare è la destrutturazione delle membrane cellulari, e quindi c’è la rottura della membrana nucleare. proteine dell’apparato di Golgi, che va così a frammentarsi, perché così si separa tra le due cellule figlie componenti del citoscheletro e proteine del centrosoma, perché bisogna iniziare a formare il fuso mitotico Se non avvengono queste fosforilazioni, non possono avvenire le prime fasi della mitosi/meiosi. Questo meccanismo di complessi Cdk-cicline, si è visto essere comune a tutti i checkpoint del ciclo cellulare. Complessi Cdk-cicline. Quindi esistono diversi complessi Cdk-cicline che regolano i passaggi tra momenti diversi nell’avanzamento del ciclo cellulare (vedi Figura 3): Avanzamento nella fase G1 è dato da ciclina D + Cdk4 e Cdk6 Passaggio a fase S è dato da ciclina E + Cdk2 Avanzamento intera fase S è dato da ciclina A + Cdk2 21 Passaggio G2 M è dato da ciclina B + Cdk1 (su cui ci focalizzeremo maggiormente per lo studio del ciclo cellulare) Attivazione-disattivazione di MPF A mano a mano che la ciclina B viene prodotta, va ad unirsi a Cdk1 per formare MPF, ma se MPF appena formato fosse attivo, non ci sarebbe la discordanza vista tra presenza di ciclina b e funzionamento di MPF. Questo significa che MPF a mano a mano che viene prodotto viene inattivato in modo che non possa funzionare, perché la fase M deve iniziare ad un certo punto, non appena si forma il complesso. Anche MPF a sua volta viene finemente controllato nella sua attività, essendo una chinasi, deve attaccare gruppi fosfato ad altre proteine, e li andrà a prendere dall’ATP. Quindi Cdk1 deve avere come una tasca per legare con l’ATP. A mano a mano che si forma il complesso, una proteina chiamata Wee1, insieme ad un’altra presente nei mammiferi superiori come l’uomo, chiamata Mhyt1, va a fosforilare Cdk1 su due residui particolari: la treonina 14 e la tirosina 15, che si trovano nella regione della proteina dove c’è la tasca per far entrare l’ATP. Quindi se Wee1 e Mhyt1 hanno fosforilato in treonina 14 e tirosina 15, hanno messo una sorta di “coperchio” nella tasca dove si deve mettere l’ATP, che quindi non può legarsi. Per cui il MPF viene inattivato immediatamente, man mano che si forma, come abbiamo detto, perché non può legare l’ATP perché l’ingresso dell’ATP è chiuso. Wee1 è la stessa proteina già incontrata con i lieviti: c’erano lieviti che non avevano Wee1 e che continuavano ad entrare in mitosi, infatti in questo caso Wee1 funziona da freno inibitore: se manca ques

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