Summary

Questo documento presenta un'introduzione alla biochimica, discutendo concetti fondamentali come la struttura della cellula, le biomolecole e il metabolismo, descrivendo anche le applicazioni della biochimica in diversi campi. Si focalizza inoltre su processi come la sintesi e degradazione di biomolecole e il ruolo dei diversi tipi di cellule. Il testo è conciso e presenta un'introduzione in modo chiaro.

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Biochimica: La biochimica è la scienza che studia la vita (bio+chimica). Si propone di spiegare le forme biologiche e le loro funzioni in termini chimici. Ha lo scopo di spiegare quali sono i meccanismi che regolano l'attività di un organismo, in particolar modo all’interno delle cellule. Cellula:...

Biochimica: La biochimica è la scienza che studia la vita (bio+chimica). Si propone di spiegare le forme biologiche e le loro funzioni in termini chimici. Ha lo scopo di spiegare quali sono i meccanismi che regolano l'attività di un organismo, in particolar modo all’interno delle cellule. Cellula: La cellula è la più piccola unità che governa gli organismi viventi, sia animali sia vegetali. La cellula vivente come oggi conosciamo è il risultato dell’assemblaggio di grosse molecole, le MACROMOLECOLE. Nelle cellule avvengono una serie di reazioni biochimiche, che andranno a costituire le biomolecole. Molecola: La molecola è un’entità composta da due o più atomi uniti da un legame. Le biomolecole sono: proteine, carboidrati, lipidi, acidi nucleici. Gli aminoacidi si combinano e si polimerizzano formando proteine; i nucleotidi si uniscono per costituire gli acidi nucleici. Essi svolgono un ruolo cruciale nei processi vitali, permettendoci di vivere. Applicazioni della biochimica: -​ Biochimica clinica (analisi del sangue). -​ Applicazioni in campo medico, cosmetico, agricoltura, nutrizione, industria. -​ Conoscenza della struttura dettagliata dei bersagli (enzimi, proteine, ribosoma, virus) guida la progettazione di molecole sintetiche ad azione farmacologica. -​ Test diagnostici che prevedono il prelievo del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo, prelievo capillare da eseguire in farmacia -​ Tecnologie post genomiche: la Proteomica (che riguarda le proteine) o la Metabolomica (biomarcatori di malattie, sviluppo di nuove terapie). Organismo vivente: Un organismo vivente animale e vegetale si basa sull’organizzazione di cellule. La cellula è la più piccola unità di materia e presenta proprietà fondamentali, tipiche della vita: la capacità di riprodursi, di reagire, di metabolizzare, di crescere (non soltanto in volume ma anche differenziandosi), di cambiare, di perpetuare le proprie variazioni e persino di morire. Tutti gli organismi sono formati da cellule: ​ UNICELLULARI: 1 sola cellula, sono la maggior parte; ​ PLURICELLULARI: più cellule, come l’uomo. Gruppi di cellule svolgono funzioni specializzate e sono collegati da sistemi complessi di comunicazione. Ci sono scambi di informazioni tra una cellula e un’altra: è un processo dinamico. Divisione della cellula: - PROCARIOTI: unicellulari - EUCARIOTI: sia unicellulari sia pluricellulari. Cellula eucariote: La cellula eucariotica è più complessa, con nucleo, membrana nucleare dove dentro c’è il materiale genetico. Al contrario, il DNA nei procarioti è presente in un unico filamento senza alcuna protezione. Struttura interna della cellula eucariotica: La cellula animale presenta una membrana cellulare che protegge tutta la cellula. Nel nucleo, è presente il patrimonio genetico. Poi, ci sono molti organelli: l’apparato di Golgi, il reticolo endoplasmatico liscio e rugoso, il citoscheletro, i mitocondri. I principali compartimenti intracellulari sono ciascuno separato da una membrana SEMIPERMEABILE. Non è totalmente impermeabile, perché sennò sarebbe un struttura chiusa, senza alcun contatto con l’esterno. Presenta un ingresso e un’uscita, quindi la membrana plasmatica è molto dinamica. Mitocondri: I mitocondri sono organelli cellulari presenti negli organismi eucarioti. Sono considerati la centrale energetica della cellula dove avvengono importantissime reazioni del metabolismo. Al loro interno avviene la respirazione cellulare, con cui sono in grado di produrre grandi quantità di energia sotto forma di molecole di ATP. Metabolismo: È l’insieme di tutte le reazioni chimiche che, in modo coordinato e integrato, sono deputate alla SINTESI e alla DEGRADAZIONE delle biomolecole. Svolge tre funzioni principali: 1.​ Una cellula e, dunque tutto l’organismo, può ricavare energia attraverso processi degradativi delle biomolecole. Esempio: quando ho bisogno di energia durante l’attività fisica, cioè se ho bisogno che il muscolo si contrae in maniera molto veloce, il nostro corpo attua delle vie metaboliche in modo tale da poter sfruttare il glucosio (zucchero) presente nelle riserve del nostro organismo. Tramite l’ossidazione del glucosio, il muscolo può contrarsi. 2.​ Sintetizza macromolecole e polimeri a partire dai precursori. Esempio: gli eritrociti (globuli rossi) hanno una durata di 120 giorni, dopodiché muoiono. Ma il nostro corpo è in grado di rigenerarli. Si degradano macromolecole per ricavare energia o perché è finito il loro ciclo. 3.​ Converte i nutrienti in molecole utili per la cellula. Due processi: 1.​ ANABOLISMO: processi di sintesi di nuove molecole; 2.​ CATABOLISMO: processi di degradazione di macromolecole. Sono strettamente correlati. Quando è attivo il processo di sintesi, non può essere avviata una via di degradazione. Sono processi finemente regolati. Quando un corpo ha bisogno di energia, si degradano delle biomolecole con grassi (zuccheri). Al contrario, nel caso di un eccesso di energia, una parte di essi può essere conservata nelle riserve per poi essere utilizzata successivamente. L’energia rilasciata dalle reazioni favorisce la formazione di ATP. Letteralmente è l’Adenosina TriFosfato, un nucleotide. È la molecola di scambio energetico del nostro corpo. Regola l’anabolismo e il catabolismo. Chimica organica: La conoscenza della chimica è fondamentale per potersi approcciare alla biologia. La chimica è la scienza che studia le proprietà della materia e tutte le trasformazioni a cui può andare incontro. Si divide in organica e inorganica. Materia: La materia è definita come un piccolo numero di sostanze fondamentali, chiamate ELEMENTI, ognuno dei quali con caratteristiche particolari. Ha una massa e occupa uno spazio, cioè volume. Nella materia, costituita da atomi, si dividono le sostanze pure e le miscele. Le sostanze pure possono essere: 1.​ Elementi: in forma pura, come l’ossigeno e l’azoto. 2.​ Composti: elementi combinati tra loro, per esempio l’acqua e l’anidride carbonica. Le miscele possono essere omogenee (acqua, vino; solide, liquide, gassose) o eterogenee (sabbia) in base alla dimensione delle particelle che le vanno a costituire. Elementi: Gli elementi costituiscono i composti e definiscono la materia. Sono sostanze che non possono essere decomposte ulteriormente attraverso delle reazioni chimiche. Sono dei mattoncini della materia. Esistono 118 elementi, di cui 89 naturali, identificati attraverso un simbolo: una o due lettere dell’alfabeto (per esempio il Cl: cloro). Questi simboli possono avere origine latina, quindi non sono spesso immediati. Composti: Ogni composto viene identificato da una formula che rappresenta gli elementi che lo costituiscono (NaCl: sale da cucina, cloruro di sodio). Atomo: L’atomo è alla base degli elementi chimici. Un atomo è la più piccola porzione di un elemento che mantiene inalterate tutte le proprietà dell’elemento stesso. È la particella elementare che costituisce la materia. Presenta un nucleo con due tipi di particelle: ​ PROTONI: hanno una carica positiva; ​ NEUTRONI: non hanno carica. Vi è una parte esterna periferica, dove orbitano come nuvole che avvolgono il nucleo, le particelle degli ELETTRONI cariche negativamente. Gli elettroni e i protoni hanno carica uguale ma di segno contrario. Tutti gli atomi allo stato fondamentale, cioè quando l’atomo è più stabile, hanno lo stesso numero di protoni uguale al numero di elettroni. Pertanto sono elettricamente neutri. Massa atomica: Nel nucleo è concentrata la MASSA ATOMICA. La massa di un protone viene presa come unità di misura della massa degli atomi: dalton (1 dalton= 1,660565 x 10⁻²⁴ grammi). Il neutrone ha la stessa massa del protone e pesa circa 1 dalton. L'elettrone è 1830 volte più leggero del protone e la sua massa è trascurabile. Numero di massa (A): Il numero di massa (A) corrisponde alla SOMMA DEL NUMERO DEI PROTONI E DEI NEUTRONI (nucleoni). Numero atomico (Z): Il numero di massa (Z) corrisponde al SOLO NUMERO DEI PROTONI. Si legge in basso a sinistra nella tavola periodica ed è caratteristico di ogni elemento. Dato che l'atomo è elettricamente neutro, risulta che il numero degli elettroni è uguale al numero dei protoni presenti nel nucleo. Si può perciò dire che il numero atomico (Z) coincide con il numero di elettroni presenti in un atomo. Carbonio: Il carbonio è fondamentale in biochimica, perché tutti i composti organici sono formati dal carbonio. 6C: elemento carbonio con Z=6 (6 protoni e 6 elettroni). Tavola periodica degli elementi: Gli elementi sono raggruppati nella tavola periodica, in caselline con il loro simbolo. Molti sono stati i tentativi di classificazione, ma quello che ebbe più successo fu l'ordinamento ideato dal chimico russo Mendeleev nel 1869. È lo schema con cui sono ordinati gli elementi chimici sulla base del loro numero atomico (Z) e del numero di massa presenti negli orbitali atomici. A seconda delle loro proprietà fisiche e chimiche, gli elementi si possono suddividere in METALLI, NON METALLI, SEMIMETALLI. I metalli sono circa 80 e occupano la parte sinistra. Sono i più numerosi. Sono solidi, duri, lucenti, malleabili, duttili, conducono calore ed elettricità. I non metalli occupano la parte destra. Le loro proprietà chimiche dipendono dalla loro capacità di accettare elettroni diventando ioni negativi. Gli elementi del gruppo VII sono detti ALOGENI. ​ GRUPPI: sono rappresentati dalle colonne verticali e vengono indicate con numeri romani e lettere maiuscole. ​ PERIODI: sono costituiti da righe orizzontali e vengono indicate da un numero progressivo al lato sinistro della tavola. Informazioni: La tavola periodica indica: classe, massa atomica, numeri di ossidazione, configurazione elettronica, temperatura di fusione ed ebollizione, raggio atomico, elettronegatività, densità. Elementi di transizione: Sono presenti in piccole quantità nel corpo umano e in una porzione di tavola periodica. ​ Ferro, rame, cobalto, zinco, molibdeno sono elementi fondamentali nell’organismo perché partecipano a numerose reazioni metaboliche. FERRO: trasporto ossigeno. RAME: essenziale per molti enzimi. COBALTO: presente in tracce nella vitamina B12. ZINCO: funzione strutturale nelle proteine (zinc finger). MOLIBDENO: importante per enzimi. Ferro: Il ferro è uno degli elementi di transizione più abbondanti negli esseri umani, circa 4-6 grammi. Si trova in una grande quantità di biomolecole. Il ferro proviene sia dall’alimentazione sia da proteine animale sia vegetale. Noi siamo in grado di conservarlo perché esso è presente all’interno degli eritrociti, legato alla mioglobina o alla proteina dell’emoglobina. Questa ha la funzione di trasportare il sangue dai polmoni ai tessuti e viceversa. Il ferro è conservato in molecole di riserva, come la ferritina e l’emosiderina. La proteina della transferrina trasporta il ferro. Elettroni: Gli elettroni sono particelle cariche negativamente che si muovono intorno al nucleo, in una NUBE ELETTRONICA. L’elettrone si muove velocemente attraverso una funzione d’onda, la quale non fornisce un’indicazione precisa di dove si trova l’elettrone, ma indica la probabilità di trovarlo in un dato punto dello spazio, in un certo momento. Orbitale: L’orbitale è la porzione di spazio tridimensionale disposto intorno al nucleo, all’interno della quale abbiamo un’alta probabilità (più del 90%) di trovare l’elettrone. Ogni orbitale è caratterizzato da una determinata dimensione, forma e orientamento spaziale, indicati da 3 numeri interi, detti NUMERI QUANTICI. Configurazione elettronica esterna: La configurazione elettronica esterna indica quali e quanti sono gli elettroni sono disposti più esternamente nell’atomo. Un atomo può avere diversi elettroni, che spesso si spostano da un orbitale all’altro. La configurazione elettronica esterna determina le proprietà chimiche di un atomo. Tutti gli elementi appartenenti allo stesso GRUPPO, hanno la stessa configurazione elettronica esterna e quindi hanno proprietà chimiche simili. Ione: Un atomo è elettricamente neutro ma se, durante una reazione tra due elementi chimici neutri, un elettrone si trasferisce da un atomo all’altro, si generano due ioni, ossia due atomi carichi, uno positivamente (catione) e l’altro negativamente (anione). Un atomo è in grado di ricevere e cedere elettroni. ​ CATIONE: un elemento chimico perde un elettrone, quindi diventa positivo. ​ ANIONE: un elemento chimico acquista un elettrone, quindi diventa negativo. Isotopi: Un elemento chimico presenta lo stesso numero di protoni ed elettroni. Un elemento può avere diverse forme nel caso in cui varia il numero di neutroni. Il numero dei neutroni può variare anche per atomi che appartengono ad uno stesso elemento, esso si indica con N. Gli atomi di uno stesso elemento che differiscono per il numero dei neutroni vengono chiamati ISOTOPI. Gli isotopi dello stesso elemento hanno le stesse proprietà chimiche, per via dello stesso numero di elettroni, ma diverse proprietà fisiche. Sono elementi chimici che occupano la stessa casella nella tavola periodica. Hanno lo stesso numero atomico (Z), ma diverso numero di massa (A). Isotopi naturali e artificiali: In natura esistono circa 270 isotopi. Oltre agli isotopi da sempre presenti in natura (isotopi naturali), esiste oggi un gran numero di isotopi artificiali, cioè prodotti dall'uomo. Esempi di isotopi artificiali sono il cobalto-60 (27 protoni, 33 neutroni), usato in radioterapia, e il plutonio-239 (94 protoni, 145 neutroni), usato come combustibile nelle centrali nucleari, molto dannoso. ​ ABBONDANZA ISOTOPICA: presenza in percentuale di un singolo isotopo in natura. Idrogeno: L’idrogeno è un elemento chimico particolare perché ha un solo protone e un solo elettrone. Uno stesso elemento lo possiamo trovare in diverse forme. Il numero dei protoni è fisso, cambia il numero dei neutroni. ​ DEUTERIO: isotopo dell’idrogeno con 1 neutrone e 1 protone. ​ TRIZIO: isotopo dell’idrogeno con 2 neutroni e 1 protone. In natura ogni elemento chimico è in realtà composto da una miscela di diversi isotopi. Stabilità: Molti isotopi risultano instabili per via del loro numero di neutroni o troppo elevato o troppo basso rispetto a quello richiesto per raggiungere il minimo energetico che caratterizza i nuclei appartenenti alla fascia di stabilità. ​ Isotopi STABILI: non sono soggetti a decadimento. ​ Isotopi INSTABILI: decadono, presentano tipo un elevato numero di neutroni. Si trovano in una nuvola grigia. Devono subire delle modifiche, devono decadere per cercare di raggiungere una maggiore stabilità. Radioisotopi: Per decadere emettono radiazioni. Possono essere naturali o artificiali. Radioattività: La radioattività è un fenomeno per cui alcuni nuclei instabili si trasformano spontaneamente in altri, emettendo particelle o radiazioni. A volte devono perdere un neutrone, un protone, dividersi in 2, subire arrangiamenti. Uranio-236: L’uranio-236 presenta un nucleo particolarmente instabile. Per raggiungere la stabilità, si deve spaccare in nuclei più piccoli: Ba144 e Kr89. Decadimento radioattivo: Nel processo di trasformazione nucleare, il nucleo ha perso una parte dei suoi nucleoni, è "decaduto" e si è trasformato in un altro elemento più stabile: può emettere particelle o radiazioni. La reazione di decadimento nucleare si scrive con una notazione simile a quella delle reazioni chimiche. Sulla sinistra si scrive il substrato, mentre sulla destra i prodotti del decadimento. La freccia indica il senso della reazione. Tempo di dimezzamento: T½ o EMIVITA è il tempo necessario affinché la concentrazione dell’isotopo radioattivo si riduca alla metà della concentrazione iniziale. Decadimenti nucleari: Decadimento α: Il decadimento α avviene quando un atomo con elevato numero atomico (Z > 83) emette una particella, detta particella α, composta da 2 protoni e 2 neutroni perdendo così due posizioni nella tavola periodica degli elementi. È più leggero perché perde 2 protoni e 2 neutroni. Uranio-238: Ha 238 di numero di massa. Perde 2 protoni e 2 neutroni e decade nel Torio-234. Perde una particella α, sotto forma di Elio (He). Il processo di decadimento si conclude quando il nucleo raggiunge una forma stabile. Durante questo processo il nucleo può trasformarsi in diversi elementi chimici. Il Torio-230, uno dei più abbondanti elementi radioattivi della crosta terrestre. Perdendo 2 neutroni e 2 protoni, si trasforma in un nucleo di Radio-228. Decadimento β: Il decadimento β è caratteristico dei nuclei troppo ricchi di neutroni rispetto ai protoni. Tali nuclei devono aumentare il numero di protoni per stabilizzarsi, in modo da ripristinare l’equilibrio tra i due nucleoni. La spiegazione sta nel fatto che il neutrone, quando è isolato, è instabile e può disintegrarsi spontaneamente originando un protone. L’elettrone libera energia sotto forma di radiazioni. Decadimento ɣ: Quando i nucleoni si trovano in uno stato di eccitazione nel nucleo dell’atomo, questi occupano un livello energetico superiore. Al ritorno al loro stato fondamentale, una parte dell'energia nucleare in eccesso viene espulsa sotto forma di FOTONI (radiazioni elettromagnetiche gamma). Radiazioni: Queste radiazioni penetrano i tessuti. Le radiazioni alfa sono meno pericolose e possono essere schermate da un foglio di CARTA. Le radiazioni beta penetrano di più e possono essere schermate da un foglio di ALLUMINIO. Le radiazioni gamma vanno in profondità, ma possono essere bloccate con del PIOMBO. Il livello di pericolosità e danno dipende dal tessuto. Possono danneggiare le membrane nucleari, ovvero gli acidi nucleici. Proprio per la loro capacità di danneggiare i tessuti, le radiazioni possono essere utilizzate nella terapia dei tumori. ​ Il cobalto-60, per esempio, emette radiazioni β e γ che, essendo molto penetranti, raggiungono e distruggono i tessuti cancerosi di tumori profondi. ​ Lo iodio-131 è invece utilizzato nel trattamento radioterapeutico della tiroide. Medicina nucleare: La Medicina Nucleare (MN) è una branca della Radiologia che si avvale dell’uso di RADIONUCLIDI a scopo diagnostico, terapeutico e di ricerca biomedica. Ai pazienti vengono somministrate sostanze radioattive (“radiofarmaci”) per scopi diagnostici o terapeutici. Ci permette di fare un’immagine profonda tramite le radiazioni. PET: È la tomografia a emissione di positroni. Il positrone ha una carica elettrica +1 uguale e opposta all'elettrone, lo stesso spin 1/2 e la stessa massa. Fornisce indicazioni funzionali: biochimiche, fisiologiche e patologiche, differentemente da altre tecniche di imaging come Radiologia, Ecografia e RMN. La PET è una tecnica di imaging che rileva una coppia di raggi gamma emessi dal corpo di un paziente in seguito alla somministrazione di un radiofarmaco che si lega alle cellule bersaglio. SPECT: È la tomografia computerizzata a emissioni di fotone singolo. La SPECT è un’altra tecnica di imaging molecolare. L’imaging con SPECT rileva le emissioni di un raggio gamma singolo da parte del corpo di un paziente in seguito alla somministrazione di un radiofarmaco che spesso si lega a una cellula bersaglio (informazioni più precise e più precoci sia in campo oncologico che non oncologico). Esempi di isotopi usati in Medicina Nucleare: - TECNEZIO 99mTc: Viene utilizzato per diagnosi di patologie della tiroide, del fegato, dei reni, del cuore, delle ossa. Tipicamente le attività somministrate ai pazienti variano da 80 a 600 MBq. Gamma: 140 keV. - IODIO 131I: Viene utilizzato sia per diagnostica che per la terapia della tiroide (tumori ed ipertiroidismo). Tipicamente le attività somministrate ai pazienti variano da 200 a 8000 MBq. Gamma: 365 kGV. Beta: 606 keV (max). - ITTRIO 90Y: Viene utilizzato per terapia e per irradiazione terapeutica dell'ipertrofia. Le attività somministrate ai pazienti variano da 1000 a 7000 MBq (tipicamente vengono somministrati circa 2000 MBq). Beta: 2284 keV (max). L'ittrio-90 è un emettitore di radiazioni beta puro. - FLUORO 18F: Principale radioisotopo utilizzato nella diagnostica PET (con FDG). Le attività somministrate ai pazienti variano da 200 a 400 MBq. Gamma: 511 keV. Incidente nucleare: In caso di incidente nucleare, per esempio Chernobyl: ​ Le sostanze più importanti rilasciate in seguito a un incidente nucleare sono: iodio-131 (131I), stronzio-90, assorbito dall’osso, che può causare tumori ossei e leucemia; cesio-137 che si accumula prevalentemente nei muscoli; plutonio che può causare tumori del polmone. ​ Durante un incidente nucleare, lo iodio radioattivo può essere rilasciato contaminando l'ambiente, con conseguente esposizione esterna. L'inalazione di aria contaminata e l'ingestione di cibo e acqua potabile contaminati possono portare all'esposizione interna alle radiazioni e all'assorbimento di iodio radioattivo principalmente da parte della tiroide. La ghiandola tiroidea utilizza lo iodio per produrre ormoni tiroidei e non distingue tra iodio radioattivo e iodio stabile. ​ Per livelli di radiazioni elevati (tecnicamente > 100 mSv nell’adulto) la probabilità di ammalare di tumore della tiroide aumenta significativamente. ​ I tumori della tiroide indotti dalle radiazioni compaiono dopo una latenza di 10-20 anni. ​ Dopo un incidente nucleare, se lo iodio radioattivo viene inalato/ingerito, la ghiandola tiroidea lo assorbe allo stesso modo dello iodio stabile. Se lo iodio stabile viene somministrato prima o all'inizio dell'esposizione allo iodio radioattivo, l'assorbimento di esso sarà bloccato dalla saturazione della ghiandola tiroidea con iodio stabile, riducendo così efficacemente l'esposizione interna della tiroide. La somministrazione di una dose soprafisiologica di iodio non radioattivo, sotto forma di ioduro di potassio (KI), può ridurre, fino a bloccare, l’accumulo dello iodio radioattivo all’interno della tiroide. Deve essere assunto solo se raccomandato dalle autorità sanitarie locali, soltanto in seguito a prescrizione medica e sotto controllo medico. Linee guida OMS. Unità di misura delle radiazioni: L'unità di misura della radioattività è il BECQUEREL (Bq). Un Bq corrisponde a una disintegrazione al secondo. L'unità di misura usata in precedenza era il Curie (Ci), definita come la quantità di radioattività presente in un grammo di radio. Questa unità è immensamente più grande del Bq. Poiché questa unità di misura è assai piccola, la radioattività si esprime in multipli di Bq: ​ Kilo-becquerel (kBq) = 103 Bq, ​ Mega-becquerel (MBq) = 106 Bq; ​ Giga-becquerel (GBq) = 109 Bq. Danno biologico delle radiazioni sull’organismo. Dose assorbita: Quantità di energia assorbita per unità di massa. D = E / m. Viene espressa in GRAY (Gy o J/kg). Intensità di dose assorbita: In molte applicazioni è preferibile misurare la dose assorbita nell'unità di tempo, che è detta intensità (o rateo) di dose assorbita. Gy / s Dose equivalente: La misura della sola dose assorbita in un organo o tessuto non è sufficiente a valutare il danno biologico causato dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti. La dose equivalente è la dose assorbita moltiplicata per il fattore di pericolosità delle diverse radiazioni. L’unità di misura è il SIEVERT. Dose assorbita × fattore di pericolosità Q, da 1 a 20 a seconda delle radiazioni. Cosa esprime la formula chimica? La formula chimica è una combinazione di simboli e spesso dei numeri, i quali informano sul tipo di elemento e sulla quantità di atomi che formano la molecola di un composto. I numeri, posti in basso a destra del simbolo, indicano dunque le proporzioni nelle quali gli elementi si trovano in un composto. ​ ACQUA: è costituita da 2 molecole di idrogeno H e una di ossigeno O. La sua formula chimica è H2O. Il numero 2, piccolo e posto in basso, dopo l’H, sta ad indicare che in quella molecola vi sono 2 atomi di idrogeno. L’ossigeno non è seguito da nessun numero, perciò è sottinteso che nella molecola di acqua è presente solo un atomo di ossigeno. Sostanze elementari: Le sostanze chimiche possono essere costituite da atomi di uno stesso elemento (O2, N2) e sono perciò dette SOSTANZE ELEMENTARI. Sostanze composte: A volte gli atomi di elementi diversi sono legati (H2SO4, CO2) e sono perciò dette SOSTANZE COMPOSTE o, semplicemente, composti molecolari. Un composto molecolare è formato da molecole. Molecola: Una molecola è la più piccola parte di materia che presenta le medesime caratteristiche chimiche della sostanza alla quale appartiene. È costituita da un gruppo definito di atomi, tra loro legati, ma distinti e separati dagli atomi che costituiscono altre molecole. Formule molecolari e di struttura: Le formule che rappresentano tali composti sono dette formule molecolari. Non danno alcuna informazione sul modo in cui gli atomi sono legati. A questo scopo sono state introdotte rappresentazioni, dette FORMULE DI STRUTTURA. Lo zolfo è legato all’ossigeno tramite un doppio legame (gruppo ossidrilico, alcolico). Reazioni chimiche: Le molecole, in biochimica, subiscono modifiche. Nelle trasformazioni chimiche, comunemente dette reazioni chimiche, le sostanze messe a reagire, dette REAGENTI, si trasformano in altre specie chimiche, dette PRODOTTI di reazione. Ciò avviene essenzialmente perché alcuni legami, che tenevano uniti gli atomi nelle sostanze reagenti, si spezzano e si riformano secondo nuove combinazioni. Le nuove configurazioni atomiche che si generano costituiscono i prodotti finali della reazione. Equazione chimica: Una reazione chimica viene simbolicamente rappresentata mediante un’equazione chimica. A primo membro troviamo le formule dei reagenti, mentre a secondo membro le formule dei prodotti di reazione, separate dal segno di addizione (+). Il segno di eguaglianza tra i due membri (=) viene sostituito dalla freccia di reazione, se la reazione si completa e tutti i reagenti si trasformano nei prodotti, o dalla doppia freccia di reazione (⇄), se si tratta di un equilibrio chimico e la reazione forma una miscela in equilibrio di reagenti e prodotti. Nomenclatura tradizionale dei composti. Sali: Per i sali formati da un metallo e un non metallo, il nome si ottiene assegnando prima il nome allo ione formato dal non metallo, seguito dal nome del metallo. Si aggiunge il suffisso -URO al non metallo. Un esempio è il cloruro di sodio (NaCl), più comunemente il sale da cucina. Ioni monoatomici: Gli ioni sono atomi che hanno ceduto (CATIONI +) o acquistato (ANIONI -) elettroni rispetto all’atomo neutro. CN-: ione cianuro; H-: ione idruro; S2: ione solfuro; OH-: ione idrossido. Reazioni REDOX di ossidoriduzione: Molti metalli possono essere presenti nei composti con più stati di ossidazione. ​ OSSIDAZIONE: perdita di elettroni; ​ RIDUZIONE: acquisto di elettroni. Ossiacidi: Gli ossiacidi sono acidi. Sono formati da un elemento non-metallico e da atomi di ossigeno e idrogeno. Nella formula si scrive prima l’idrogeno, poi il simbolo dell’elemento non-metallico e infine l’ossigeno. Due diversi suffissi: -OSO e -ICO. Idrossidi: Sono composti basici formati da un metallo, ossigeno e idrogeno. Hanno la desinenza -IDROSSIDO e terminano con un gruppo OH. Esempio: Fe(OH)2 è l’idrossido ferroso; Fe(OH)3 è l’idrossido ferrico. Legami chimici: Un legame chimico è un insieme di forze che tengono uniti un atomo a un altro. Si forma sempre fra almeno due atomi. Energia di legame: È un’energia fondamentale per rompere il legame chimico. Legame covalente: È un legame basato sulla CONDIVISIONE degli elettroni dei due atomi. È la condivisione di elettroni tra due atomi che possono essere uguali oppure atomi per i quali non c’è una tendenza a uno trasferimento di elettroni di un atomo verso un altro. I due atomi risultano legati perché i due nuclei attraggono simultaneamente gli elettroni condivisi. ​ SINGOLO: condivisione di una singola coppia di elettroni, rappresentato con un trattino; ​ DOPPIO: due coppie di elettroni; ​ TRIPLO: tre coppie. Le biomolecole sono fatte di carbonio, legati tra di loro o con altri elementi come l’ossigeno. Legame metallico: È basato sulla forza di COESIONE esercitata da elettroni di valenza liberi di muoversi. Non è di interesse biologico. Legami tra molecole: Le forze INTERMOLECOLARI sono forze che si esercitano fra molecole e/o ioni. Sono generalmente molto meno intense delle forze di legame intramolecolari (cioè quelle che tengono uniti gli atomi di una molecola), ma determinano una serie di importanti proprietà macroscopiche della materia. ​ Legame ionico, ​ Legame ione-dipòlo, ​ Legame idrogeno, ​ Forze di van der Waals (interazioni deboli). Legame ionico: È una forza elettrostatica attrattiva che si forma tra ioni di carica opposta (negativa e positiva). Quando la differenza di elettronegatività tra due elementi è grande, come nel caso di un metallo e un non metallo, essi sono in grado di generare un composto attraverso la formazione di un legame ionico. Cloruro di sodio: Il cloro è più elettronegativo del sodio. ​ L'atomo di cloro acquista permanentemente un elettrone trasformandosi in uno ione negativo (CL-). ​ L'atomo di sodio (Na) cede permanentemente un elettrone trasformandosi in uno ione positivo (Na+). Forze ione-dipolo: Sono generalmente le forze intermolecolari più intense. Uno ione positivo (negativo) interagisce con una molecola polare venendo attratto dal polo negativo (positivo) del dipolo. L'interazione ione-dipolo ha una grande importanza nelle soluzioni. L'acqua è una molecola polare e come tale interagisce con gli ioni. Elettronegatività: Un elemento può avere una tendenza ad attrarre elettroni più o meno rispetto a un altro. La scala di FOLDING è l’unità di misura dell’elettronegatività. Questa informazione si ricava nella tavola periodica. Esempio: l’idrogeno ha una elettronegatività di 2,1, mentre l’ossigeno di 3,5. Quest’ultimo ha una maggiore capacità di attrarre elettroni rispetto all’idrogeno. Legame idrogeno: È un tipo di interazione dipolo-dipolo particolarmente intensa. È di fondamentale importanza in biochimica, dato che tantissime molecole sono tenute insieme tramite un legame idrogeno. Si verifica quando un atomo di idrogeno, legato ad un atomo molto più elettronegativo, interagisce con una coppia di un altro atomo di questo tipo. Prende in considerazione il dipolo: formato da 2 cariche elettriche di segno opposto poste a una distanza fissa. Il legame H tiene uniti i filamenti di DNA a doppia elica. È responsabile della struttura secondaria dell’RNA e della struttura secondaria e terziaria delle proteine. Stati della materia: La materia, tutto ciò che esiste, può trovarsi sotto forma di 3 stati: AERIFORME, LIQUIDO, SOLIDO. Stato solido: È la materia che ha una forma e volumi propri, ben definiti. Gli atomi all’interno formano una struttura simile a un rigido reticolo cristallino, in cui gli atomi a livello microscopico sono legati gli uni agli altri attraverso legami. L’unico movimento accessibile è un moto VIBRAZIONALE intorno alle posizioni di equilibrio degli atomi. Alcuni esempi sono: sale, zucchero, vetro, legno, ghiaccio… Stato liquido: La materia allo stato liquido ha un volume proprio, ma non una forma propria. La forma viene data dal contenitore che lo racchiude. A livello microscopico, i legami tra le molecole sono caratterizzati da un’intensità debole: dunque hanno la possibilità di scorrere le une sulle altre. Nel caso dell’acqua, per esempio, ci sono legami a idrogeno. Stato gassoso: La materia sotto forma di gas non ha né volume né forma propria, ma tende a occupare tutto lo spazio a loro disposizione nel contenitore. È un qualsiasi elemento o composto chimico che, alle temperature e pressioni della Terra, si presenta allo stato AERIFORME. Per ragioni di trasporto e utilizzo, possono essere trasportati nelle bombole e immagazzinati a certe pressioni, per essere usati sia in medicina sia nelle analisi di laboratorio. Gli atomi sono distanti tra loro, non sono legati dai legami. Variabili di stato: Sono proprietà macroscopiche misurabili, che descrivono lo stato della materia: -​ Pressione -​ Temperatura -​ Volume -​ Composizione -​ Numero di moli (proprietà chimica che determina il quantitativo). Unità di misura delle variabili di stato Volume: è una misura presente nel Sistema Internazionale. La sua unità di misura è il m3, che indica lo spazio occupato da un cubo con lato di 1 metro. Si può utilizzare anche il litro (l) con i suoi sottomultipli: millilitro (ml) e microlitro (µl). 1 l = 10⁻³ m3 Pressione: l'unità di misura è il PASCAL (Pa) o Torr (TORRICELLI) o ATMOSFERA (atm). 1 atm = 760 Torr = 1,01325×105 Pa. Temperatura: si misura con la scala Fahrenheit o la scala Celsius (in centigradi) o la scala Kelvin, chiamata ASSOLTA perché è la scala di temperatura usata in ambito scientifico. ​ Temperatura di congelamento dell’acqua: 0°C = 32°F = 273,15 K. ​ Temperatura di ebollizione: 100°C = 212°F = 373,15 K. Stato fisico dei gas: I gas possono essere COMPRESSI, LIQUEFATTI, CRIOGENICI O DISCIOLTI. Gas compressi: Sono gas che, a temperatura ambiente e alle pressioni massime consentite per il riempimento all'interno dei recipienti, restano allo stato gassoso. La pressione massima consentita all'interno dei recipienti è 200 bar = 200 kg/cm2. Pertanto, possono essere trasportati in recipienti, detti bombole, che possono sopportare questa pressione. In ambito ospedaliero i più comuni sono: Ossigeno - Aria Compressa - Azoto - Argon - Elio. Gas liquefatti: A temperatura ambiente e alle pressioni di equilibrio all'interno dei recipienti passano dallo stato gassoso allo stato LIQUIDO, avendo temperature di ebollizione vicine alla temperatura atmosferica. La pressione massima di carica è tra i 40 e i 70 bar e rimane costante in presenza del liquido. In ambito ospedaliero i più comuni: -​ CARBONIO DIOSSIDO (Anidride Carbonica) - CO2 -​ AZOTO PROTOSSIDO (Protossido d'Azoto) - N2O Gas criogenici liquefatti: Sono i gas compressi che, se raffreddati al di sotto della loro temperatura di ebollizione, passano allo stato liquido. Per maneggiarli, serve una protezione come i guanti, altrimenti ci si brucia. In laboratorio servono per congelare dei campioni o delle cellule. ​ AZOTO: -195.8°C (1 bar), crea un effetto nebbia. ​ ELIO: -268.92°C (1 bar) ​ OSSIGENO: -182.97°C (1 bar) ​ AZOTO PROTOSSIDO: -88.47°C (1 bar), N2O Caratteristiche fisiche comuni a tutti i gas criogenici liquefatti: Temperature estremamente basse. Sviluppo per l'evaporazione di grandi volumi di gas a partire da piccole quantità di liquido. Tendenza all'accumulo dei vapori freddi negli strati più bassi dell'ambiente. Stati di aggregazione della materia: Lo stato solido, liquido o gassoso di una sostanza ad una data temperatura dipende dalle interazioni che si instaurano fra le molecole, dette FORZE INTRAMOLECOLARI. Temperatura: La temperatura è la misura dell’energia cinetica media delle particelle presenti. Cambiamenti di stato: Gli stati fisici sono interconvertibili tra loro variando la temperatura e/o la pressione originando i cambiamenti di stato. La materia ha la capacità di trasformare il proprio stato fisico quando viene sottoposta a variazioni di temperatura, di pressione, o di entrambe. La variazione comporta il passaggio da uno stato fisico a un altro, che vengono chiamati CAMBIAMENTI DI STATO. Passaggi di stato: Stato solido-aeriforme: SUBLIMAZIONE Stato aeriforme-solido: BRINAMENTO Stato vapore-liquido: CONDENSAZIONE Stato liquido-solido:SOLIDIFICAZIONE Stato solido-liquido: FUSIONE Stato liquido-vapore: EBOLLIZIONE I passaggi di stato sono caratteristici di ciascun composto. Liofilizzazione: In laboratorio avviene il processo di liofilizzazione: processo tecnologico che permette l'eliminazione dell'acqua da una sostanza. Si congela il materiale, quindi si riduce la pressione e si aggiunge calore per consentire all'acqua congelata nel materiale di sublimare in corrispondenza del punto triplo dell'acqua. Punto triplo: Il punto triplo è lo stato termodinamico dell’acqua dove coesiste allo stato liquido, aeriforme e solido. Coincide con la temperatura di 273,15 Kelvin. Temperatura critica: Ogni materia ha il proprio DIAGRAMMA DI STATO. A temperature e pressioni elevate, caratteristiche di ogni materia, si giunge alla temperatura critica, oltre la quale la materia cessa di esistere allo stato di vapore e si comporta come un gas. Soluzione: La materia può comportarsi da SOLUTO se la mettiamo in un liquido che si comporta da SOLVENTE. Una soluzione è una miscela di composti chimici. Esempio: L’aria è una soluzione gassosa perché è composta da gas. La soluzione alcolica è composta da alcol disciolto nell’acqua. Nella soluzione glucosata, in acqua viene disciolto il glucosio (zucchero). Un’altra soluzione liquida è l’acqua in cui si aggiunge il sale da cucina. Il sale si scioglie in base alla quantità di acqua che c’è. L’ottone, invece, è una soluzione solida, di zinco e rame. Soluzione satura: È una soluzione di equilibrio tra un componente, che è la soluzione, e la parte solida. Il soluto non si scioglie all’interno di un solvente ad un determinato volume: non è abbastanza solubile. Sul fondo della provetta si ha il CORPO DI FONDO (soluto non disciolto nel solvente). Soluzioni sovrasature: Il soluto è superiore alla quantità del liquido/solvente. Per esempio, il bicchiere pieno di sale, con solo un goccio di acqua. Solubilità: È la capacità di un soluto di sciogliersi in una certa quantità di solvente ad una determinata temperatura. Viene espressa come grammi di soluto che si sciolgono in 100 ml di solvente. Miscibilità: Due liquidi sono completamente MISCIBILI quando formano un’unica soluzione omogenea. Immiscibilità: Due liquidi sono IMMISCIBILI quando non si sciolgono l’uno nell’altro, quindi si ottengono due strati liquidi delle due sostanze nella provetta (in base alla densità dei due componenti). Un esempio sono l’acqua e l’olio, perché quest’ultimo forma uno strato in superficie: le molecole non polari dell’olio non attraggono le molecole polari dell’acqua. Parziale miscibilità: Due liquidi sono PARZIALMENTE MISCIBILI quando si scioglie solo una piccola quantità e dell’altra permane uno strato. Miscugli o miscele: Sono sistemi formati da due o più sostanze. Possono essere OMOGENEI (aria) o ETEROGENEI (latte). Leggi dei gas: Le soluzioni gassose sono soggette alle leggi dei gas: BOYLE, CHARLES, GAY-LUSSAC. La pressione (p), il volume (v) e la temperatura (t) sono variabili termodinamiche. Legge di Boyle: La variabile della temperatura è costante. Si chiama curva ISOTERMA. La pressione e il volume sono variabili e inversamente proporzionali. Aumentando il volume, la pressione diminuisce e viceversa. Legge di Charles: La variabile della pressione è costante. La curva è detta ISOBARA. All’aumentare della temperatura, aumenta anche il volume. Al diminuire, diminuisce anche il volume del gas. Sono direttamente proporzionali. Legge di Gay-Lussac: La variabile del volume è costante. La curva è ISOCORA. Variano la temperatura e la pressione e sono direttamente proporzionali. All’aumentare di una, aumenta anche l’altra. Respirazione: Anche nel nostro organismo è valida la LEGGE DI BOYLE: la temperatura è costante, di circa 37°C. Ciò che varia è il volume o la pressione durante la respirazione. Il movimento di aria dall’esterno al polmone e viceversa, è assicurato da un gradiente pressorio che si crea tra l’esterno (P ATMOSFERICA) e l’interno del polmone (P ALVEOLARE). Secondo la Legge di Boyle, P x V = K, la P alveolare si modifica attraverso cambiamenti del volume polmonare. Il polmone non ha strutture di sostegno, ma è adeso alla gabbia toracica attraverso la pleura. Il diaframma, innervato dal nervo frenico (C3- C5) è responsabile per 2/3 dell’aumento di volume polmonare. Quando il diaframma si contrae, il volume della cavità toracica aumenta, la pressione diminuisce (legge di Boyle) e i polmoni si espandono automaticamente richiamando aria. Inspirazione: L’inspirazione è una fase attiva della respirazione. Attraverso la contrazione del diaframma, il contenuto addominale viene spinto in basso, la gabbia toracica viene spinta all’esterno. Si ha una riduzione della pressione endopleurica, dunque un’espansione dei polmoni e una conseguente espansione degli alveoli e richiamo di aria. Espirazione: L’espirazione è una fase passiva della respirazione. Tramite il rilassamento del diaframma, si verifica un abbassamento della gabbia toracica: il volume toracico viene ridotto e si ha uno svuotamento polmonare. Spirometria: In clinica, la misurazione dei volumi e delle capacità polmonari viene eseguita tramite la SPIROMETRIA. Serve per valutare la funzionalità polmonare, accertare la presenza di disturbi respiratori e ostruzioni. Spirometria globale: La spirometria globale consente di misurare il volume di aria che rimane nel polmone alla fine di un’espirazione massimale, che in nessun modo può essere misurato direttamente. Tale volume, VOLUME RESIDUO (VR), dev’essere necessariamente misurato per ottenere la CAPACITÀ POLMONARE TOTALE (CPT), ovvero il volume massimo di aria contenuto dai polmoni. Acqua: L’acqua è un costituente fondamentale per la vita dell’organismo umano. Possiamo anche non nutrirci per giorni e smaltire tutte le riserve di zuccheri, grassi e proteine, ma non possiamo non idratarci. Non fornisce energia, ma può contenere dei minerali fondamentali per il nostro organismo (calcio, ferro, manganese, magnesio). L’acqua non è tutta uguale, alcune sono più mineralizzate, altre meno. È fondamentale per innumerevoli reazioni chimiche, processi fisiologici e metabolici che avvengono in una soluzione acquosa. Essa svolge un ruolo importante nella digestione, nell’assorbimento e nel trasporto. Lo stato di idratazione varia a seconda dell’età, della dieta, del livello di attività fisica. Quantità di acqua: L’acqua diminuisce all’aumentare dell’età nel nostro organismo. -​ Feto: 85% -​ Neonato: 80% -​ Adulto: 70% -​ Anziano: 50% (perdita di tono e idratazione) Proprietà dell’acqua: L’acqua, dal punto di vista chimico, è formato da 2 molecole di idrogeno e 1 di ossigeno (H2O). È un solvente POLARE. È un ottimo solvente per molecole polari e ioniche. Composti idrofili: I composti che si sciolgono facilmente in acqua sono detti IDROFILICI (composti polari). I carboidrati/zuccheri, per esempio, hanno determinate caratteristiche per cui si legano e si sciolgono in acqua. L’acqua scioglie anche i sali, come il cloruro di sodio (NaCl, sale da cucina). Composti idrofobici: I composti non polari sono detti IDROFOBICI. Alcuni esempi sono: cloroformio, benzene, lipidi, cere. Gli idrocarburi, che contengono solo C e H, sono non polari. Gas a contatto con l’acqua: I gas, per loro natura, sono non polari, quindi sono molto poco solubili in acqua. Alcuni esempi sono: ossigeno (O2), ossido nitrico (NO), anidride carbonica (CO2). Questi gas vengono trasportati nel nostro corpo: alcuni sono ben veicolati, altri, come l'ossigeno, non riescono a essere trasportati nel sangue da soli. L’ossigeno, in particolare, ha bisogno di PROTEINE TRASPORTATRICI solubili in acqua che trasportano il gas in vari distretti del nostro corpo: come l’emoglobina. Essa è una proteina nei globuli rossi/eritrociti (con struttura biconcava, priva di nucleo) che lega l’ossigeno e lo trasporta nel nostro organismo. Composti anfipatici: Quando un composto anfipatico viene mescolato all’acqua, la regione polare IDROFILA interagisce favorevolmente con l’acqua e tende a dissolversi, mentre la regione non polare, IDROFOBICA, evita il contatto con l’acqua. Le regioni non polari della molecola si raggruppano in modo da esporre al solvente acquoso la minor superficie possibile e le regioni polari si dispongono in modo da rendere ottimali le loro interazioni con l’acqua. Micelle: Queste molecole si organizzano in strutture chiamate MICELLE: strutture a palla che possono contenere centinaia o migliaia di molecole. Le teste sono idrofile, rivolte verso l’esterno a contatto con l’ambiente acquoso. La coda idrofobica è protetta, si trova all’interno della membrana a doppio strato fosfolipidico. Alcuni esempi di micelle sono: proteine, vitamine, lipidi. Cellule: Il corpo umano è formato per il 60% da acqua. Il 60% rappresenta il peso corporeo negli uomini (variando da circa il 50% nelle persone obese, al 70% in quelle magre) e circa il 50% nelle donne. ​ 2/3 all’interno delle cellule, nel liquido INTRACELLULARE; ​ 1/3 nel liquido EXTRACELLULARE. Il liquido extracellulare si suddivide in: liquido plasmatico (o intravascolare) e liquido interstiziale (o extravascolare). Le membrane che separano questi compartimenti si comportano come MEMBRANE SEMIPERMEABILI. L’acqua può diffondere liberamente da un compartimento all’altro, ma non tutti i soluti possono farlo. Si parla di meccanismi di trasporto. Omeostasi: L’organismo tende a mantenere uno stato stazionario o di equilibrio: OMEOSTASI. Una variazione della concentrazione dei soluti determina una VARIAZIONE DI OSMOLARITÀ, a cui segue un rapido passaggio di acqua per ristabilire l’equilibrio osmotico. Ad esempio, la membrana è impermeabile al sodio e ne impedisce l’entrata: per questo motivo il sodio influenza la pressione osmotica. Una variazione della concentrazione di sodio extracellulare porta a uno spostamento di acqua tra il compartimento cellulare e quello interstiziale e varie disfunzioni. Fegato: Il fegato, organo fondamentale, è al centro del metabolismo di zuccheri, proteine, lipidi. Ha la funzione anche di regolare l’omeostasi del glucosio, principale zucchero da cui ricavare energia. Le alterazioni dell’omeostasi del glucosio portano, per esempio, ad un aumento dell'INSULINA (ormone prodotto dal pancreas che segnala alti livelli di concentrazione di glucosio del sangue) o del GLUCAGONE (ormone pancreatico). Membrane cellulari: Sono costituite da lipidi e proteine e svolgono diverse funzioni. Ci sono proteine, sotto forma di CANALI, che permettono l'ingresso e l’uscita delle molecole tramite segnali extracellulari (essi regolano l’ingresso e l’uscita, per esempio, del sodio). Sono finemente regolati. Un inibitore, invece, chiude il canale di passaggio. - Più una molecola è piccola e solubile nei lipidi, più facilmente attraversa la membrana. - Più una molecola è grossa e apolare, più non diffondono attraverso la membrana. Osmosi e pressione osmotica: Le molecole di solvente e di soluto in una soluzione danno luogo a fenomeni importanti nei sistemi biologici come la diffusione e l’osmosi. La funzione di scambio di sostanze è esercitata principalmente dalla membrana plasmatica. La membrana non consente solo il transito di sostanze verso l'esterno o verso l'interno, ma impedisce anche l'ingresso di sostanze dannose all'interno della cellula. Inoltre, la membrana ha un ruolo nella comunicazione intracellulare. A seconda del tipo di meccanismo con il quale una sostanza entra o esce dalla cellula parliamo di trasporti attivi o trasporti passivi. Trasporto attivo: Il trasporto ATTIVO ha un consumo di energia. Il passaggio di molecole nella membrana cellulare (dall’esterno all’interno) può non richiedere energia. Lo ione, per esempio, passa tranquillamente attraverso il doppio strato fosfolipidico della membrana. L’energia viene fornita dall’ATP, cioè dell'adenosina trifosfato. Tutto il metabolismo è regolato da essa. Trasporto passivo: Il trasporto PASSIVO non implica il consumo di energia per il passaggio di sostanze/molecole da un compartimento all’altro della membrana cellulare. Sono trasporti passivi: ​ DIFFUSIONE SEMPLICE. ​ DIFFUSIONE FACILITATA. ​ OSMOSI. Diffusione semplice: Consiste nel passaggio di piccole molecole liposolubili attraverso il doppio strato fosfolipidico. Il movimento avviene secondo gradiente, ovvero secondo concentrazione. Una molecola si sposta da una zona dove è PIÙ concentrata verso una dove è MENO concentrata. La diffusione delle sostanze procede fino a quando non si raggiunge una concentrazione uguale da entrambi i lati della membrana. Diffusione facilitata: Avviene per le molecole di medie dimensioni, oppure per le molecole aventi carica elettrica. Questo tipo di trasporto sfrutta le proteine transmembrana, che possono essere di due tipi: ​ Proteine CANALE: si aprono senza bisogno di un riconoscimento della molecola, creando un canale diretto di passaggio. ​ Proteine TRASPORTATRICI: necessitano prima di un riconoscimento chimico-spaziale. Avvenuto il riconoscimento la proteina cambia la sua struttura spaziale, si apre. In questo modo anch'essa crea un canale diretto e permette il passaggio delle molecole. Anche la diffusione facilitata avviene secondo gradiente di concentrazione, per questa ragione non richiede dispendio di energia. Osmosi: È la diffusione semplice di acqua, secondo gradiente di concentrazione. Consiste nel passaggio di solvente dalla soluzione a minore concentrazione di soluto, verso quella maggiormente concentrata, per avere equilibrio tra i soluti. È un fattore importante nella vita della maggior parte delle cellule. Soluzioni iso-osmotiche, iper-osmotiche e ipo-osmotiche: È la quantità di soluto per LITRO di soluzione. L’osmolarità di una soluzione è la concentrazione totale di particelle osmoticamente attive. ​ = 300 mOsm ISO-OSMOTICA. ​ > 300 mOsm IPER-OSMOTICA. ​ < 300 mOsm IPO-OSMOTICA. Se le due soluzioni hanno la stessa osmolarità, cioè hanno lo stesso numero di particelle di soluto per unità di volume, si dice che sono iso-osmotiche. Se invece le concentrazioni sono differenti, la soluzione maggiormente concentrata viene definita iper-osmotica, quella più diluita ipo-osmotica. Osmolalità: È la quantità di soluto per CHILOGRAMMI di soluzione. Soluzioni isotoniche: La soluzione esterna ha la stessa concentrazione interna dei globuli rossi, quindi si è in equilibrio e l’eritrocita è in perfette condizioni. Un esempio è la soluzione fisiologica (NaCl allo 0,9%), che viene somministrata per idratare. Oppure tutte quelle soluzioni utilizzate come diluenti per numerosi farmaci somministrati per via endovenosa. Hanno un’osmolarità tra 240 e 340 mOsm/l. Soluzioni ipertoniche: La concentrazione della soluzione esterna è più alta, quindi si verifica un RAGGRINZIMENTO dell’eritrocita. Per cercare di mantenere l’equilibrio, l’acqua cercherebbe di fuoriuscire dall’eritrocita. Hanno un’osmolarità superiore a 300-310 mOsm/l con valori che raggiungono anche 500-1.000 mOsm/l. Tra le soluzioni fortemente ipertoniche ci sono per esempio la soluzione glucosata al 20% e il bicarbonato all’8,4%. Non vengono utilizzate nella somministrazione di farmaci. Solitamente queste soluzioni non sono diluenti adatti. Soluzioni ipotoniche: La concentrazione della soluzione esterna è più bassa. Per ristabilire l’equilibrio, l’acqua tende a entrare dentro il globulo rosso, che si rigonfia man mano che l’acqua entra. Si può incorrere nel fenomeno dell’EMOLISI, ovvero della rottura dell’eritrocita. Importanza del mantenimento dell’omeostasi: L'omeostasi dei liquidi corporei viene mantenuta in primo luogo dai reni (sistema di FILTRAGGIO). Se il rene non è in condizioni ottimali, si altera l’equilibrio dei soluti. L'acqua attraversa liberamente le membrane cellulari da aree a bassa concentrazione di soluti verso aree ad alta concentrazione. Quindi, l'osmolarità tende a equilibrarsi tra i vari compartimenti dei liquidi corporei, grazie soprattutto al movimento dell'acqua, non dei soluti. Concentrazione della soluzione: La soluzione è un sistema omogeneo formato da un solvente e uno o più soluti. La quantità relativa di un soluto in un solvente è detta concentrazione del soluto. Modi di esprimere la concentrazione di una soluzione: 1. Massa % del soluto rispetto alla soluzione. ​ % p/p: grammi di soluto in 100 g di soluzione. ​ % p/v: grammi di soluto in 100 ml di soluzione. 2. Massa di soluto nell'unità di volume di soluzione o di solvente. ​ Molarità (M): numero di moli del soluto in 1 dm3 o 1 l di soluzione. ​ Molalità (m): numero di moli di soluto in 1 Kg di solvente. ​ Normalità (N): numeri equivalenti di soluto in 1 dm3 di soluzione. ​ Frazione molare (x) del soluto: rapporto tra numero di moli soluto e (n.moli soluto + n.moli solvente). Peso molecolare o massa molecolare (PM/MM o MW, molecular weight): È dato dalla somma delle MASSE ATOMICHE che compongono la molecola. ​ PM di NaCl = 58,44 gr/mole (peso molecolare del cloruro di sodio). ​ Na (22,99) + Cl (35,45) = 58,44. Mole (m oppure mol): È la quantità di sostanza che contiene 6,022 ×1023 molecole. È un sistema per quantizzare gli atomi, dato che sono elementi piccolissimi, si è cercato un modo per riuscire a contarli. Numero di particelle elementari, atomi o molecole presenti in 1 mole di sostanza: L'atomo è una particella molto piccola e non può essere direttamente pesata, per questo la sua massa si calcola in rapporto a quella di un altro atomo preso come riferimento. In passato, è stato preso come riferimento l'atomo più piccolo, quello dell'IDROGENO. Si è poi passati alla 16esima parte dell'atomo di ossigeno. Dal 1961, è stato definitivamente fissato come riferimento la 12esima parte del carbonio-12. Acidi e basi: In soluzione, il comportamento biochimico di molti composti dipende dalle loro proprietà acido-base. Come può un composto comportarsi da acido se è l’unico composto presente in una soluzione acquosa? L’acqua può agire come BASE o si comporta da ACIDO. BASE ACIDO Si comporta da BASE se acquista uno ione idrogeno. Si comporta da ACIDO se si libera di uno ione idrossido. Acido cloridrico: L’acido HCl cede un protone e si trasforma nella sua base coniugata Cl-. La base H2O, che accetta il protone rilasciato da HCl, si trasforma nell’acido coniugato H3O+. Dissociazione dell’acqua: L’acqua è in grado di accettare e cedere protoni. Soluzione acida: Se in una soluzione la concentrazione di H3O+ è maggiore della concentrazione di OH-, la soluzione si definisce ACIDA. Soluzione basica: Se la concentrazione di OH- è maggiore della concentrazione di H3O+, la soluzione si dice BASICA. Soluzione neutra: Se OH- e H3O+ hanno la stessa concentrazione, la soluzione si dice NEUTRA. Si è in equilibrio. pH Il pH indica l’acidità o la basicità di una soluzione. La scala comprende i numeri dall’1 al 14. Si calcola tramite: ​ pH = -log [H3O+] In una soluzione neutra, la concentrazione degli idrogenioni è uguale a quella degli ioni OH-. ​ [H3O+] = [OH-] Una soluzione neutra ha pH = 7. La neutralità è rappresentata dall’acqua. In una soluzione acida, la concentrazione di idrogenioni sarà maggiore di 10-7, quindi si avrà pH < 7. Una soluzione basica ha pH > 7. Come si aumenta il pH di una soluzione particolarmente acida? In laboratorio, per aumentare il pH di una soluzione particolarmente acida, bisogna aggiungere una BASE all’interno. Per esempio, per l’idrossido di sodio, una soluzione basica, bisogna aggiungere dell’acido cloridrico (molto acido). pH nel nostro organismo: Il pH nel nostro organismo è molto importante. Il nostro pH varia in base alla parte del corpo (per esempio a livello della pelle o delle mucose). Il pH nel sangue, in condizioni fisiologiche normali, dev’essere compreso nel range di 7.35-7.45. Al di sopra o al di sotto di questo valore, si hanno delle condizioni patologiche ​ ACIDOSI: pH nel sangue minore di 7.35. ​ ALCALOSI: pH maggiore di 7.45. Questi possono essere dovuti a problematiche renali, perché alterano l’equilibrio idrosalino e di conseguenza il pH del sangue. Oppure altri problemi come il diabete o malattie polmonari. Lo scopo finale del nostro corpo è sempre quello di mantenere l’omeostasi, equilibrio all’interno della cellula Sistemi tampone: Nel sangue esistono sostanze capaci di svolgere una funzione TAMPONE. I sistemi tampone hanno lo scopo di tamponare, di riportare all’equilibrio eventuali alterazioni del pH di alcuni compartimenti cellulari o tessuti, come il sangue. Il pH all’interno delle cellule deve essere controllato e le eventuali variazioni devono essere mantenute entro limiti molto ristretti. Come si può misurare il pH di qualsiasi soluzione? Esistono due metodi: ​ METODI COLORIMETRICI: con l’utilizzo di cartine tornasole. Esse permettono di misurare molto facilmente il pH di una soluzione, immergendo la cartina nel liquido. Il colore che risulterà corrisponde al pH. Questo sistema può rivelarsi molto utile per verificare in maniera rapida il pH delle urine. ​ PHMETRI: strumento in cui un elettrodo viene posizionato in una soluzione che misura in maniera continua e molto precisa il pH della soluzione. L’elettrodo è immerso nel becher e viene aggiunta una base per innalzare il pH acido fino a quello desiderato. CHIMICA ORGANICA: “Chimica organica” significa “chimica degli elementi che contengono il carbonio”. I composti organici sono quelli elaborati dagli organismi viventi (animali e vegetali) e costituiti prevalentemente dall’elemento chimico del CARBONIO. La chimica organica è quella scienza che studia i comportamenti chimici e fisici dei composti organici. Gli elementi principali sono: IDROGENO, AZOTO, ZOLFO, FOSFORO, OSSIGENO. Il carbonio è presente ovunque. Il SODIO, MAGNESIO, CLORO, POTASSIO, CALCIO permettono alle nostre cellule di effettuare i vari cicli metabolici. Carbonio: La chimica organica è la chimica dei composti contenenti carbonio. Poiché l’apparato cellulare degli organismi viventi è costituito da composti del carbonio, le biomolecole sono materia di studio della chimica organica. Perché è così importante? Il carbonio è così importante perché contiene 4 atomi di valenza nel suo orbitale più esterno che gli consentono di formare 4 LEGAMI COVALENTI con altri atomi. Questi legami li può instaurare con: -​ Altri atomi di carbonio (legami carbonio-carbonio). Sono diffusissimi; -​ Azoto; -​ Zolfo; -​ Ossigeno; -​ Idrogeno. Proprio per questa facilità del carbonio di creare legami con altri elementi chimici, è l’elemento che caratterizza gli organismi viventi. Classificazione dei composti organici: I composti organici possono suddividersi in base a: 1. STRUTTURA MOLECOLARE: ​ Composti aciclici: hanno solo catene lineari o ramificate; ​ Composti carbociclici: hanno anelli formati solo da atomi di carbonio; ​ Composti eterociclici: gli anelli contengono almeno 1 eteroatomo (quindi N, O, S). 2. GRUPPI FUNZIONALI: Sono porzioni della molecola soggette a diverse reazioni chimiche: sono in grado di reagire con altre molecole per formare legami. Nella maggior parte delle reazioni organiche, le trasformazioni avvengono a livello di una porzione della molecola (raggruppamenti di atomi) che hanno proprietà chimiche. Metabolismo: Nel metabolismo, le reazioni chimiche sono costituite da un SUBSTRATO che si trasforma in un PRODOTTO. Il prodotto diventa substrato della reazione successiva, e così via. Questo processo di continue reazioni strettamente correlate le une alle altre sono collegate alla formazione e alla rottura di legami che vanno a interessare i gruppi funzionali. Idrocarburi: Sono tutti i composti che contengono CARBONIO e IDROGENO. -​ ALIFATICI: lineari o ramificati. -​ AROMATICI: con anelli di carbonio, idrogeno o un altro sostituente. Alifatici: Negli alifatici, i legami che vanno a interessare i vari carboni possono essere: -​ SEMPLICI o SATURI: singolo legame carbonio-carbonio; -​ DOPPI o INSATURI. Aromatici: È presente un anello a 6 atomi di carbonio. È un esagono dove in ogni vertice c’è un carbonio. Qui ci sono sia dei doppi legami sia dei legami semplici. Metano: La formula chimica è CH4: c’è un carbonio legato a 4 idrogeni tramite un legame semplice. In questa tabella, si aumenta di 1 carbonio a scendere e di 2 idrogeni contemporaneamente. Gruppo ossidrile o alcolico: Al posto dell’idrogeno, si ha un OH (gruppo ossidrile). In chimica organica si chiama GRUPPO ALCOLICO, la cui desinenza è -OLO. Il metano è convertito in metanolo, che è un solvente. Sono composti che interagiscono con l’acqua mediante legami a idrogeno. Gruppo carbonilico: Il carbonio è legato con un doppio legame a un ossigeno. Il CARBONILE possiamo trovarlo in strutture chiamate: -​ ALDEIDI se il carbonile è legato anche a un idrogeno; -​ CHETONI se il carbonile si trova in mezzo alla molecola. Glucosio e fruttosio: Gli zuccheri vengono divisi in ALDOSI e CHETOSI: ​ Glucosio: zucchero aldoso (formula lineare a 6 atomi di carbonio); ​ Fruttosio: zucchero chetoso (esoso, 6 atomi di C). Gruppo carbossilico: È molto comune negli acidi grassi o negli amminoacidi. CH3 è il metile. Questo gruppo è fortemente POLARE. I lipidi hanno una testa polare di gruppo carbossilico. Gruppo amminico: L’azoto N è legato a due idrogeni. Un esempio è NH2. È fondamentale negli amminoacidi. Gruppo sulfidrile: È presente lo zolfo S. Gruppo fosfato/fosforico: È presente il fosforo P. Per esempio, si trova nella molecola dell’ATP oppure nei nucleotidi. Amminoacidi: Sono i mattoni che vanno a costituire le proteine, tipo l’emoglobina o il collagene. Ne abbiamo 20 nel nostro organismo. Hanno uno scheletro comune a tutti e una catena laterale caratteristica di ognuno. C’è un gruppo carbossilico legato a un carbonio, a sua volta legato a un idrogeno. Poi c’è un gruppo amminico. Entrambi i gruppi permettono all’amminoacido di legarsi con un LEGAME PEPTIDICO. Devono legarsi per formare le proteine. Il gruppo R è caratteristico di ogni amminoacido. Proteine: Le proteine appartengono a una vasta famiglia di biomolecole diffuse in tutti gli organismi viventi e nei virus. Sono le macromolecole biologiche più abbondanti presenti in tutti i tipi di cellule. Le cellule sono in grado di produrre proteine dotate di diverse funzioni unendo 20 AMMINOACIDI IN COMBINAZIONI DIVERSE. Il cambiamento di un singolo amminoacido può dare una proteina diversa (con diverse proprietà fisiche-chimiche) o una patologia. Tipologie di proteine: ​ COLLAGENE, CHERATINE: proteine fibrose e strutturali; ​ ENZIMI: svolgono funzioni catalitiche (velocizzano le reazioni); ​ EMOGLOBINA, MIOGLOBINA: lega l’ossigeno e ha una funzione di deposito e di trasporto dell’ossigeno; ​ MIOSINA, ACTINA, TUBULINE: proteine contrattili; ​ IMMUNOGLOBULINE: proteine del sistema immunitario, come i GM, GG, G7, deputate alla difesa; ​ RECETTORI; ​ ORMONI: sostanze chimiche, prodotte in piccole quantità da tessuti specializzati (secreti dalle ghiandole endocrine) e trasportate dal sangue ad organi bersaglio, su cui agiscono regolando funzioni. Proteoma: L’insieme di tutte le proteine funzionanti di una cellula è detto PROTEOMA. La proteomica è lo studio delle proteine presenti all’interno della cellula. Neurotrasmettitori: Sono sostanze prodotte dai neuroni e liberate nelle sinapsi (più esattamente nella fessura sinaptica) in seguito all’arrivo di un impulso nervoso. Sono i principali mediatori molecolari delle attività svolte dal SNC e SNP, che forniscono risposte rapide. Alcuni esempi di neurotrasmettitori: ​ NEUROTRASMETTITORI CLASSICI a basso PM (acetilcolina, acido glutammico, GABA, glicina, amine biogene); ​ NEUROTRASMETTITORI PEPTIDICI, composti da 3-36 amminoacidi come encefaline, endorfine. Insulina e glucagone: Sono ormoni proteici e peptidici PANCREATICI, cioè prodotti dal pancreas. Regolano il metabolismo glucidico e quindi anche quello lipidico: vanno a segnalare alti livelli di glucosio nel sangue (insulina) e bassi livelli di glucosio nel sangue (glucagone). Turnover: Il turnover delle proteine (degradazione e sintesi) è un processo che avviene continuamente nella cellula e serve per riciclare gli amminoacidi e per degradare le proteine difettose. ​ ANABOLISMO: vie deputate alla sintesi di nuove proteine, nuovi lipidi, nuovi nucleotidi, nuovi enzimi, nuovi ormoni; ​ CATABOLISMO: le biomolecole vengono degradate per ricavare energia. Durante la degradazione, alcune parti delle molecole organiche vengono conservate per riutilizzarle; altre parti vengono espulse con l’urina o le feci. La degradazione avviene nei LISOSOMI, per azione di enzimi chiamati proteasi lisosomiali. Gli enzimi hanno una loro nomenclatura (con desinenza -ASI) e sono proteine specifiche per ogni tipo di reazione. Senza gli enzimi, le reazioni non avverrebbero. Emivita: L'emivita delle proteine è molto varia, da 1 minuto a molti giorni. Alcune proteine strutturali e l'emoglobina sono proteine a lunga vita (tempo superiore alle 200 ore). Ormoni e anticorpi sono a breve vita, secreti solo quando c’è necessità. Amminoacidi: Le proteine sono formate dall’unione di soli 20 AMMINOACIDI, in numero e in sequenza diversa. Alcune proteine possono avere anche solo 2 amminoacidi. L’insulina ha oltre 100 amminoacidi. Struttura chimica: Essa ne definisce le proprietà chimico-fisiche e biologiche. Un amminoacido ha una struttura comune, con gruppi funzionali che permettono legami e reazioni: ​ GRUPPO CARBOSSILICO (COOH); ​ CARBONIO CENTRALE, chiamato carbonio-alfa; ​ GRUPPO AMMINICO: è presente un azoto, NH2 o NH3; ​ IDROGENO. Poi è presente un GRUPPO R: una catena laterale che si attacca a una parte della molecola e può variare. È diversa in tutti e 20 gli amminoacidi e definisce le proprietà chimico-fisiche. Gli amminoacidi sono 20 e suddivisi in diversi gruppi a seconda del gruppo R. A ognuno è stato assegnato un’abbreviazione a tre lettere, più raramente solo 2. Configurazione: A seconda della posizione dei vari gruppi, si può avere una configurazione differente. Tutti gli amminoacidi nelle proteine hanno una configurazione L, con NH2 a sinistra. La nomenclatura è stabilita con il sistema D/L, basato sulla convenzione proposta da Fisher nel 1891, in base alla posizione di NH2. Classificazione degli amminoacidi: Secondo il gruppo R, esso possono essere divisi in vari gruppi: ​ POLARI: buona affinità con l’acqua. Sono carichi positivamente, negativamente o non carichi. ​ APOLARI: sono aromatici o alifatici. Gruppi R alifatici, non polari: GLICINA, ALANINA, VALINA, LEUCINA, ISOLEUCINA, PROLINA. Glicina: La glicina fa parte del gruppo degli ALIFATICI NON POLARI. Ha la struttura più semplice di tutte: ha solo l’IDROGENO come catena laterale. Si può trovare dappertutto e siamo in grado di sintetizzarla per produrre proteine. Prolina: La PROLINA ha una struttura particolare: la catena R è inglobata nello scheletro comune degli amminoacidi. Nonostante ciò, siamo in grado di sintetizzarla. Gruppi R aromatici: FENILALANINA, TIROSINA, TRIPTOFANO. Possiedono degli anelli benzenici. Hanno una catena laterale molto complessa e non siamo in grado di sintetizzarli. Bisogna introdurli con la dieta. Questi generano degli ormoni, degli ammino biogene. Amminoacidi essenziali: Gli amminoacidi possono essere sintetizzati, ma non tutti: alcuni hanno una struttura chimica troppo complessa. Gli aromatici hanno catene laterali troppo complesse, quindi non siamo in grado di biosintetizzarli: sono AMMINOACIDI ESSENZIALI, che dobbiamo introdurli con la dieta. Gruppi R carichi positivamente: LISINA, ARGININA, ISTIDINA. Nella catena laterale è presente un gruppo NH2 con una carica positiva. Gruppi R carichi negativamente: ASPARTATO, GLUTAMMATO. Le catene laterali presentano un gruppo carico negativamente, come un gruppo carbossilico. Gruppi R polari, non carichi: SERINA, TREONINA, CISTEINA, METIONINA, ASPARAGINA, GLUTAMMINA. Presentano un gruppo polare molto idrofilo. La cisteina e la metionina sono gli unici 2 amminoacidi ad avere uno ZOLFO all’interno del gruppo R. Nella metionina è posizionato all’interno, quindi non c’è alcuna possibilità di formare legami. La cisteina ha lo zolfo (SH) all’estremità della catena laterale, quindi può interagire con un’altra cisteina, andando a formare i ponti disolfuro (legame S-S). Aminoacidi derivati: Oltre ai 20 amminoacidi presenti nelle proteine, sono stati identificati ben 300 amminoacidi. Perché essi possono subire delle modificazioni con fosforilazioni (MODIFICAZIONI POST-TRADUZIONALI O POST-BIOSINTETICHE). Danno origine ad amminoacidi che però non fanno parte della struttura della proteina. Alcuni esempi sono: ​ Fosfoserina: serina fosforilata; ​ 4-idrossiprolina: prolina idrossilata in 4, si trova nel collagene; ​ δ-idrossilisina: si trova nel collagene; ​ Ornitina: amminoacido nella via metabolica del ciclo dell’urea, con la funzione di espellere l’azoto (ammoniaca tossica). ​ Omocisteina, ornoserina, citrullina. Aminoacidi essenziali, non essenziali, condizionali: I mammiferi sono capaci di biosintetizzare circa la metà degli amminoacidi nelle quantità richieste per la crescita e per il mantenimento di un normale equilibrio dell'azoto, mentre i rimanenti devono essere necessariamente assunti con la dieta. Gli aminoacidi vengono distinti in: ​ ESSENZIALI: l’organismo umano non riesce a sintetizzarli, bisogna introdurli tramite una dieta il più possibile varia. ​ NON ESSENZIALI: l’organismo umano può sintetizzarli partendo da altri substrati; non è necessario introdurli con la dieta. ​ CONDIZIONALI: ne esistono solo 2. Sono essenziali, ma riusciamo a sinstetizzarli a partire da altri aminoacidi. Se però mancano i substrati di partenza, ciò non è possibile. Glutammina: Deriva dal GLUTAMMATO. Si ha una via di biosintesi a partire da una molecola chiamata alfa-chetoglutarato che permette di ricavare il glutammato di cui abbiamo bisogno. Il glutammato funge anche da neurotrasmettitore. Tirosina: La TIROSINA ha una catena laterale R complessa: ha un anello benzenico con un gruppo OH. La posso sintetizzare a partire dalla fenilalanina (aminoacido essenziale). Tirosina e fenilalanina hanno una struttura molto simile, solo che nella tirosina c’è il gruppo OH. Arginina: L’ARGININA ha una struttura complessa. Viene prodotta da una via metabolica, dal ciclo dell’urea: serie di reazioni in cui il primo reagente diventa anche l’ultimo. Se si sottrae tutta l’arginina, il ciclo si interrompe. Recentemente non è più considerato come un amminoacido essenziale. Legame peptidico: Gli amminoacidi sono la base delle proteine e interagiscono tra di loro tramite il LEGAME PEPTIDICO (legame ammidico): è un legame chimico covalente che si crea tra due molecole di amminoacidi. Il legame avviene tra il gruppo carbossilico dell’amminoacido 1 e il gruppo amminico dell’amminoacido 2. Durante questa reazione viene rilasciata una molecola di acqua, H2O. Tutte le proteine, nella struttura primaria data dalla sequenza degli amminoacidi, possiedono un’estremità amminoacidica (N-terminale) e un’estremità carbossilica (C-terminale), cioè termina con il gruppo carbossilico. I legami peptidici si possono anche rompere, perché siamo in grado di degradare le proteine (turnover). ​ DIPEPTIDE: 2 amminoacidi; ​ TRIPEPTIDE: 3 amminoacidi; ​ TETRAPEPTIDE: 4 amminoacidi; ​ OLIGOPEPTIDI: 10-20 residui amminoacidici; ​ POLIPEPTIDI: superiori a 20 residui amminoacidici (20-100). Struttura primaria: La struttura primaria di una proteina è fondamentale. Essa caratterizza la proteina per quella determinata funzione. Una variazione anche di un solo amminoacido può comportare la formazione di una proteina diversa o si incorre in una patologia. Un esempio è l’ANEMIA FALCIFORME. Anemia falciforme: L’anemia falciforme è una patologia che interessa i globuli rossi. L’eritrocita è una particella corpuscolata del sangue, con una forma BICONCAVA (senza nucleo). Durante il processo di formazione dei globuli rossi, il nucleo viene estruso. Gli eritrociti contengono l’EMOGLOBINA, che trasporta l’ossigeno dai polmoni ai tessuti. L’emoglobina (proteina globulare) è costituita da 4 catene polipeptidiche: 2 catene α di 141 amminoacidi, 2 catene β di 146 amminoacidi nell’adulto. Nei soggetti affetti di anemia falciforme un singolo amminoacido viene sostituito. Al posto del GLUTAMMATO (polare, carico negativamente) abbiamo la VALINA (alifatico apolare) a causa di un errore genetico. Ciò genera una modifica anche nella struttura dell’eritrocita, che assume la caratteristica forma a falce. Ciò avviene perché l’emoglobina ha cambiato la propria struttura e va a modificare di conseguenza anche la struttura dell’eritrocita. Questo causa dei problemi: può provocare delle ostruzioni, con possibilità di infarto. Gli eritrociti sono molto deboli, quindi si può andare incontro a un’EMOLISI (distruzione). Ossitocina e vasopressina: Queste due molecole hanno funzioni completamente diverse ma una struttura praticamente identica. Piccole differenze nella struttura primaria implicano funzioni biologiche completamente diverse: cambiano solo 2 amminoacidi. L’ossitocina e la vasopressina sono due ormoni che vengono secreti dall’IPOFISI, in risposta a vari impulsi nervosi. Hanno un’emivita breve, circa 10 minuti. ​ OSSITOCINA: ormone di 9 aminoacidi, con isoleucina e leucina. ​ VASOPRESSINA: ormone di 9 aminoacidi, con fenilalanina e arginina. Ossitocina: È un ormone strettamente correlato con le cellule muscolari epiteliali a livello della ghiandola mammaria. Permette la fuoriuscita del latte. È correlato anche alle cellule muscolari lisce dell’utero, serve per l’induzione al parto. Ha numerose altre funzioni, come: cuore, reni, pancreas, ovaio… Vasopressina: È un ormone strettamente correlato con il rene. Controlla la diuresi e la regolazione idrosalina a livello del rene. Fenilchetonuria: La fenilchetonuria è una patologia del metabolismo amminoacidico, causata dalla mutazione del gene PAH che codifica l’enzima FENILALANINA IDROSSILASI: questo enzima produce la tirosina. Se si ha un’alterazione di questo enzima, si ha un accumulo della concentrazione di fenilalanina nel flusso sanguigno. Questo è dannoso a livello del sistema nervoso centrale: si hanno dei danni al cervello nei primi mesi di vita. Esistono diverse forme di fenilchetonuria. Causa una sindrome clinica caratterizzata da disabilità intellettive associate ad anomalie cognitive e comportamentali; se non trattata, la disabilità intellettiva diventa grave. L’unica trattamento possibile consiste nel controllare la malattia attraverso una dieta restrittiva di fenilalanina, iniziata fin dai primi mesi di vita del bambino. Amine biogene: Possono essere considerati degli ormoni o dei neurotrasmettitori. Sono delle molecole importantissime che derivano dal catabolismo degli amminoacidi. Essi subiscono un processo di DECARBOSSILAZIONE (viene eliminato il gruppo carbossilico) e si generano le amine biogene. Alcuni esempi sono: catecolamine; acido gamma-aminobutirrico (gaba) che deriva dall’acido glutammico; istamina (vasodilatatore); serotonina; poliamine. Catecolamine: Sono un gruppo di molecole importanti che derivano dalla TIROSINA come precursore (amminoacido aromatico condizionale). Con una serie di reazioni, dà origine a molecole che fungono sia da ormoni che da neurotrasmettitori: ​ DOPA; ​ DOPAMINA; ​ NORADRENALINA o NOREPINEFRINA; ​ ADRENALINA. Dopamina: La dopamina è un neurotrasmettitore. Una carenza determina la malattia del Parkinson, dato che è correlata alla locomozione, al movimento, ai meccanismi del piacere, alla ricompensa e alla gratificazione. Noradrenalina o norepinefrina: È un ormone o neurotrasmettitore secreto nelle fasi di “attacco e fuga”, cioè situazioni che richiedono una risposta immediata. Si va ad attivare il sistema nervoso e di conseguenza si ha un’accelerazione del battito cardiaco e un rilascio di energia sotto forma di glucosio e glicogeno, perché per esempio dobbiamo attivarci immediatamente per scappare (il glucosio viene ossidato per ricavare energia). Regola l’umore, la concentrazione, la motivazione e la determinazione. Adrenalina o epinefrina: È una molecola utilizzata a livello farmacologico come vasocostrittore. Ha una breve durata d’azione e viene secreto in risposta a fenomeno di allarme o “attacco di fuga”. È correlato al metabolismo dei carboidrati, quindi con i livelli di glucosio nel sangue: correla il metabolismo glucidico e lipidico. Serotonina: È un neurotrasmettitore importante per il ritmo sonno-veglia. È coinvolto nelle sindromi maniaco-depressive e deriva dalla decarbossilazione del TRIPTOFANO (amminoacido). La serotonina è prodotta al bisogno dal sistema nervoso, principalmente dal cervello, ma anche da particolari cellule dell’albero bronchiale (polmoni) e del tratto gastrointestinale. Le più alte concentrazioni si trovano: ​ PARETE INTESTINALE: stimola la peristalsi intestinale, anche la digestione; ​ SANGUE: favorisce la coagulazione e aiuta a contrastare le emicranie; ​ SISTEMA NERVOSO CENTRALE: influenza l’umore, l’appetito, la percezione del dolore. Funzioni dell’apparato digerente: ​ Rifornire l’organismo di acqua (costituente fondamentale per sopravvivere), ​ Mantenere l'omeostasi di elettroliti, ​ Rifornire macromolecole biologiche (proteine, carboidrati, lipidi) tramite l’alimentazione. Apparato digerente: La digestione inizia nella bocca, continua a livello stomaco e poi dell’intestino. Le scorie vengono eliminate attraverso le feci. Bocca: La bocca è il primo organo deputato all’ingestione dei cibi. Contiene la SALIVA: liquido viscoso prodotto da numerose ghiandole minori e da 3 ghiandole salivari maggiori: PARATIROIDI, SOTTOMANDIBOLARE, LINGUALE. Le principali classi di proteine di origine secretoria presenti nella saliva umana sono amilasi e altri enzimi che svolgono un ruolo di PREDIGESTIONE rispettivamente dell’amido e dei lipidi complessi. Stomaco - fase gastrica: Il cibo passa poi nello STOMACO e il tempo di permanenza varia in base al tipo di pasto: ​ Liquido: pochi minuti; ​ Carboidrati: 1-2 ore; ​ Proteine: 2-3 ore; ​ Grassi: 5 o più ore. Le proteine presenti nel bolo vengono frammentate in grossi frammenti amminici piuttosto lunghi. Il bolo è arrivato allo stomaco. Lo stomaco ha un pH molto acido (pH 2 a causa di HCl nel succo gastrico). Succo gastrico: Il succo gastrico contiene: HCl, enzimi (PEPSINA e LIPASI GASTRICA) che idrolizzano i legami peptidici delle proteine, rompendoli. L’HCl attiva gli zimogeni: enzimi in forma inattiva. L’acido cloridrico nel nostro corpo rende l’ambiente idoneo agli enzimi che lavorano con pH acido: ogni enzima ha un pH preciso. Pepsina: Il principale enzima proteolitico è la PEPSINA. L’acido cloridrico presente nello stomaco non solo attiva la pepsina, ma serve anche per creare le condizioni favorevoli per l’enzima cioè pH=2. Fase intestinale: Alla fine della digestione gastrica, lo stomaco inizia a svuotarsi. Qui avviene il passaggio del CHIMO nel duodeno con inizio della fase intestinale. L’intestino contiene gli enzimi necessari per rompere le proteine in porzioni sempre più piccole, 10-12 amminoacidi. Ogni enzima rompe il legame peptidico tra amminoacidi ben definiti. Nell'intestino quindi partecipano altri enzimi come la tripsina, la chimotripsina, l'elastasi, la carbossipeptidasi, secreti dal pancreas, che viene stimolato dopo l'assunzione del cibo. Questi enzimi sono riversati nel lume intestinale e ogni enzima si occupa di rompere i legami peptidici tra 2 aminoacidi particolari. Bile: La bile è un liquido che giornalmente viene prodotto a livello del fegato. Contiene ACQUA e SALI BILIARI, i quali hanno la funzione di emulsionare i grassi. Succo pancreatico: Il succo pancreatico viene prodotto dal pancreas, organo che ha un ruolo sia endocrino che endocrino. Esso viene riversato all’interno dell’intestino. Contiene enzimi digestivi che presentano ZIMOGENI: forme inattive che verranno convertite in attive grazie all’azione dell'ormone peptidico secretina. La secretina neutralizza il pH acido dello stomaco riportandolo a un pH neutro, ideale per far lavorare gli enzimi del succo gastrico. Degradazione delle proteine: La degradazione delle proteine assicura un continuo apporto di amminoacidi alle cellule. Le proteine alimentari contengono amminoacidi essenziali, quelli che il nostro organismo è incapace di sintetizzare. Gli aminoacidi vengono utilizzati principalmente per la sintesi di proteine, nucleotidi, ormoni. Gli amminoacidi in eccesso vengono ossidati per ricavare energia: prendono il gruppo amminico e lo scheletro carbonioso viene ossidato a CO2 e H2O. Ciò avviene in diverse situazioni metaboliche: ​ In caso di dieta ricca di proteine; ​ Durante il turnover delle proteine cellulari; ​ Durante il digiuno; ​ In caso di diabete mellito. Proteine: Rappresentano gli elementi strutturali e funzionali più importanti dei sistemi viventi. Svolgono un’ampia varietà di funzioni. Sono sintetizzate come una sequenza di amminoacidi uniti in una struttura polimerica. 1.​ PROTEINE SEMPLICI: costituite solo da amminoacidi; 2.​ PROTEINE CONIUGATE: alla proteina è legato un gruppo non proteico. Esempi di proteine: GLICOPROTEINE (zucchero), LIPOPROTEINE (lipide), NUCLEOPROTEINE (acidi nucleici), EMOPROTEINE (gruppo eme), METALLOPROTEINE (ioni metallici), FOSFOPROTEINE (acido fosforico). Organizzazione delle proteine: Le proteine sono organizzate in 4 livelli strutturali: 1.​ STRUTTURA PRIMARIA; 2.​ STRUTTURA SECONDARIA; 3.​ STRUTTURA TERZIARIA; 4.​ STRUTTURA QUATERNARIA. Sequenza primaria: La struttura primaria è la SEQUENZA AMMINOACIDICA LINEARE ben precisa di una proteina. Basta cambiare un amminoacido per ottenere una proteina differente. Molte malattie genetiche sono dovute alla sintesi di proteine con una sequenza amminoacidica alterata. C’è un’estremità N-terminale (termina con gruppo amminico) e una C-terminale (termina con gruppo carbossilico). Gli amminoacidi sono legati con legami polipeptidici tra il gruppo CARBOSSILICO di un amminoacido e il gruppo AMMINICO dell’amminoacido seguente. Struttura secondaria: Le proteine non sono statiche: sono mobili e modulabili, infatti possono cambiare la loro conformazione e struttura in base ai legami che instaurano. La catena polipeptidica, la sequenza lineare, si può organizzare in strutture più complesse: ALFA-ELICHE e FOGLIETTI BETA. Alfa-elica: L’alfa-elica presente nelle proteine è DESTRORSA. È l’elemento di struttura secondaria più comune nelle proteine, in particolare nelle alfa-cheratine. Ogni spira dell’elica presenta 3,6 residui amminoacidici. La struttura viene stabilizzata tramite legami a idrogeno che si instaurano tra il gruppo amminico e il gruppo carbossilico dei vari amminoacidi. La lunghezza dell’elica è variabile: da piccoli peptidi di 4-5 amminoacidi fino a 40. Glicina, tirosina, prolina: Nella formazione di queste eliche influiscono i vari tipi di amminoacidi: la GLICINA per esempio ha un solo idrogeno; la TIROSINA invece ha una catena laterale complessa. Ci sono amminoacidi che sono buoni formatori di alfa-elica, altri meno. La PROLINA è l’unico amminoacido che è inglobata nello scheletro della struttura dell’amminoacido. Si trova all’inizio e alla fine della catena di alfa-elica, mai in mezzo, poiché fa fatica a formare dei legami a idrogeno. Foglietti-beta: Hanno una struttura molto regolare, con tante pieghe. Sono a zig zag, più rigidi delle alfa-eliche. Sono costituiti da 2 a 15 filamenti beta, allineati lateralmente tra di loro. Essi formano dei legami a idrogeno tra un filamento e l’altro. Più filamenti insieme danno origine ai foglietti-beta. I filamenti possono essere orientati in senso ANTIPARALLELO, PARALLELO o MISTO. Loop: Oltre alle strutture ordinate secondarie α-eliche e foglietti-β, le proteine presentano anche porzioni e sequenze non ordinate: la maggior parte di esse sono sotto forma di anse o curve, poiché producono cambiamenti direzionali nella struttura polipeptidica. Struttura terziaria: La catena proteica delle alfa-eliche e dei foglietti-beta si ripiega ulteriormente su stessa generando la forma tridimensionale compatta, il FOLDING della struttura terziaria. Si origina dal ripiegamento della catena polipeptidica, che assume una struttura tridimensionale. Il ripiegamento avviene dopo che la catena ha già stabilito le sue strutture primaria e secondaria. Essa è caratterizzata dai DOMINI, ovvero le unità funzionali. Struttura quaternaria: La struttura quaternaria è composta da più catene polipeptidiche unite insieme. Due esempi di proteine con struttura quaternaria sono l’EMOGLOBINA e il COLLAGENE. Conformazione nativa: Affinché una proteina possa svolgere la propria funzione biologica, essa deve essere strutturata nella cosiddetta CONFORMAZIONE NATIVA: è una configurazione 3D, stabile e funzionale, caratterizzata da un’energia di potenziale. Denaturazione: A volte una proteina viene denaturata, come se si srotolasse fino a tornare alla struttura primaria. La DENATURAZIONE è causata dalla rottura dei legami deboli che stabilizzano le strutture secondaria, terziaria, quaternaria delle proteine. Può avvenire tramite: ​ CALORE; ​ VARIAZIONE DEL pH; ​ UTILIZZO SOLVENTI ORGANICI (alcool, acetone), SOLUTI e DETERGENTI. Attraverso la denaturazione si ha la perdita dell’attività biologica. Spesso questo processo è irreversibile: solo raramente le proteine possono riacquistare la loro struttura nativa e, quindi, la loro attività biologica, solo dopo aver allontanato l’agente denaturante. Classi di proteine: 1.​ FIBROSE: formano delle fibre; 2.​ GLOBULARI: formano dei globuli; La distinzione viene fatta in base alla loro funzione e alla loro struttura. ECM, matrice extracellulare: La matrice extracellulare è una rete dinamica che provvede al supporto strutturale delle cellule e dei tessuti. Regola: metabolismo, proliferazione, differenziamento, migrazione. Essa si trova in tutto il nostro corpo, sotto la pelle e attorno agli altri organi nella cartilagine (tessuto connettivo), nel tessuto osseo, cornea. L’ECM è composto da: ​ PROTEOGLICANI; ​ GLICOSAMINOGLICANI (HA); ​ ELASTINA; ​ LAMININA; ​ FIBRONECTINA; ​ COLLAGENE (30%, TIPO I, II, III). Proteine fibrose: Le proteine fibrose sono fibre resistenti alla trazione e alle sollecitazioni meccaniche. Costituiscono la matrice extracellulare della struttura delle ossa, dei legamenti e della pelle. Sono insolubili perché presentano un elevato numero di amminoacidi idrofobici. Hanno proprietà tali da conferire resistenza e/o elasticità alla struttura di cui fanno parte. ​ ELASTINA; ​ COLLAGENE; ​ FIBROINA; ​ CHERATINE. Cheratina: La cheratina è una proteina localizzata nella corteccia del capello. Appartengono alla famiglia dei filamenti intermedi. Presenta un alto contenuto di cisteina. La cheratina si trova: nei capelli, nella lana, nelle penne, nelle unghie, negli artigli, nelle corna, negli zoccoli. Le α-cheratine si trovano solo nei mammiferi. Esistono anche le β-cheratine. Elastina: L’elastina è una proteina fibrosa molto presente nella matrice extracellulare, è la più stabile delle proteine. Si trova nelle parti dell’organismo elastiche: pelle, vescica, legamenti, arterie, polmoni, i quali subiscono delle sollecitazioni. È composta da COLLAGENE, GLICOPROTEINE, GLICOSAMINOGLICANI e PROTEOGLICANI. L’elastina è composta da prolina (11%), glicina (33%) e alanina (22%). Collagene: Il collagene è la proteina fibrosa più abbondante nei vertebrati. È scarsamente solubile in acqua. Presenta una struttura secondaria regolare e ordinata e un ruolo prevalentemente strutturale (non funzionale). La sua struttura è particolare: è formata da filamenti a TRIPLA ELICA SINISTRORSA, che si unisce in un avvolgimento chiamato tropocollagene. Di collagene ce ne sono diverse tipologie: il corpo umano presenta 26 tipi di collagene, indicati con le lettere romane. Il collagene di tipo I, II, III sono i più diffusi. Sono prodotti da fibroblasti e anche nelle cellule muscolari lisce. Si trova soprattutto a livello del tessuto connettivo. La struttura amminoacidica del collagene è quella dell’elastina. Prolina e lisina: Nel collagene si possono trovare anche le forme idrossilate della prolina e della lisina. IDROSSILAZIONE vuol dire che l’amminoacido prolina e l’amminoacido lisina vengono idrossilati, quindi aggiunto un gruppo OH in posizione 4 della prolina e 5 della lisina. Il g

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