Salute e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro PDF

Summary

The document provides detailed information on health and safety in the workplace, covering topics such as risk assessment, protective measures, and worker responsibilities. It emphasizes legal requirements (Decreto Legislativo 81) and best practices for maintaining a safe working environment, as well as touching on specific risks like exposure to radiation. The document appears to be associated with a course or training program, evidenced by references to a professor and a test for certification.

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1.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 04.03.2025 La prof dice che chiunque abbia già un attestato o una certificazione inerente a questo corso può provare a mandare il documento alla sua email ([email protected]) in modo tale che, la prossima vol...

1.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 04.03.2025 La prof dice che chiunque abbia già un attestato o una certificazione inerente a questo corso può provare a mandare il documento alla sua email ([email protected]) in modo tale che, la prossima volta, saprà dire, in maniera informale, se si riuscirà ad ottenere la convalida oppure no. Tuttavia, sarà la segreteria poi a decidere se dare la convalida del corso oppure no valutando il documento inviato. Il corso attuale è propedeutico al tirocinio che verrà effettuato, secondo quanto riportato dalla prof, durante il mese di maggio. In questo corso, di 12 ore, verranno approfonditi i rischi di sorveglianza e gli aspetti pratici con i quali avremmo a che fare durante il tirocinio. Verrà approfondito, in maniera particolare, il rischio biologico. Se l’esame viene superato, viene rilasciata l’attestazione della sicurezza per la formazione. Il test sarà: scritto, a risposta multipla (4 risposte date, 1 sola corretta), ci saranno 21 domande e, per poterlo superare, bisogna raggiungere il 75% di risposte esatte. Il test si considera “superato” o “non superato” (non sarà presente un voto). La prof sostiene che è necessario aver completato prima il corso sulla sicurezza presente su Moodle ed aver ottenuto i relativi 8 attestati. Il programma del corso prevede una prima parte normativa, indispensabile perché è la base su cui si basa tutta l’organizzazione della sorveglianza sanitaria, e una parte dove verranno approfonditi i principali rischi: biologico, da agenti chimici, ergonomico, turno notturno e stress lavoro correlato, fisico (in particolare, il rischio da radiazioni ionizzanti e non ionizzanti), neurologico e uso di sostanze cancerogene. PARTE NORMATIVA Verranno visti gli aspetti legati alla legge, alla norma, quali sono le regole dettate dal legislatore per l’organizzazione della sorveglianza sanitaria. Questo rappresenta un po’ la base di tutto perché la tutela della salute è evitare l’esposizione ad agenti che possono creare danno fisico o psicologico. EVOLUZIONE NORMATIVA SICUREZZA Nel corso degli anni, si è passati da quella che era una prevenzione oggettiva a quella che è una prevenzione soggettiva. Prevenzione oggettiva: Una norma del 1955 prevedeva che il lavoratore venisse tutelato da un punto di vista oggettivo: le strutture devono avere una determinata altezza, le porte devono una determinata larghezza. Venivano, dunque, date una serie di indicazioni oggettive su quello che il datore di lavoro doveva fare per proteggere il lavoratore. Prevenzione soggettiva: Una norma degli anni ’90 (decreto legislativo 626 del 1994), che ha cambiato e rivoluzionato tutta la medicina del lavoro e la tutela del lavoratore, segna il passaggio da una prevenzione oggettiva ad una prevenzione soggettiva. In questo caso, il lavoratore non è solo l’oggetto passivo di tutta una serie di norme e di regolamenti, ma diventa un soggetto attivo. Tuttavia, per esserlo, deve essere adeguatamente formato ed informato: deve sapere riconoscere quali sono i rischi a cui è esposto, sapere come proteggersi, sapere come comportarsi in presenza di un determinato rischio lavorativo. Essere formati ed informati è già un modo di prevenire il rischio. SBOBINATORE: Carlo Zaccheo REVISIONATORE: Andreas Corjuc 1.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 04.03.2025 DECRETO LEGISLATIVO 81 Un ulteriore passo avanti, viene fatto con il decreto legislativo 81, una norma estremamente importante, che regolamenta, ancora oggi, tutta l’organizzazione dell’ambito della medicina del lavoro, della sorveglianza sanitaria, dei rischi. Si tratta di un grosso testo che ci fa arrivare ad una prevenzione che viene definita “sistemica”. Ciò significa che non ci sono solo le indicazioni oggettive ma anche il soggetto (il lavoratore) viene coinvolto attivamente in questa tipologia di organizzazione che ha un andamento dinamico, si autoalimenta. Quindi, un modello di organizzazione di gestione per non lasciare alla sola individualità (né solo al datore di lavoro né solo al lavoratore) tutto il compito di gestire la sicurezza. Un processo, dunque, dinamico e organizzato. Oggi come oggi, le norme e le indicazioni legislative sono molto spesso, come nel caso del decreto 81, delle norme che sono il recepimento di quello che dice l’Unione Europea. Infatti, nell’UE, attraverso tutta una serie di direttive in vari ambiti, vi è poi un campo specifico, che riguarda la salute e sicurezza dei lavoratori, che è stato trasformato dai vari Stati membri dell’Unione Europea (come l’Italia), tramite un’armonizzazione del recepimento di quello che dice l’Unione Europea, all’interno della nostra legislazione. Questo ha fatto sì che abbiamo tutta la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori regolamentata dal decreto legislativo 81 del 2008 che racchiude tutto quello che dobbiamo fare e sapere per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. SBOBINATORE: Carlo Zaccheo REVISIONATORE: Andreas Corjuc 1.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 04.03.2025 Si parte sempre dalla valutazione dei rischi: devo sapere, come prima cosa, a quali rischi si è esposti in ambito lavorativo. Essi, tuttavia, possono variare in base alla figura professionale, ad esempio, un ortopedico che lavora in sala operatoria con un rischio biologico importante, un medico legale che lavora in sala autoptica oppure un biologo molecolare che lavora in laboratorio, perché le loro attività lavorative sono molto diverse. Sulla base della valutazione dei rischi, viene organizzata la sorveglianza sanitaria: viene organizzato tutto quello che sono gli accertamenti, la visita medica relativa ai rischi lavorativi che ha il lavoratore in questione. Ogni lavoratore, che risulta essere la figura più importante e centrale, deve essere formato, informato e addestrato relativamente ai rischi lavorativi a cui è sottoposto. I PRINCIPALI PROTAGONISTI DELLA NORMATIVA Tra gli “attori” della normativa, troviamo: 1) Lavoratori: “Qualsiasi persona che, indipendentemente da qual è il contratto che lo lega all’azienda, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione del datore di lavoro, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere una professione” (come nel caso dei tirocinanti). Il lavoratore ha dei diritti (essere formato, informato, sottoposto a controlli sanitari) ma ha anche degli obblighi, in quanto figura attiva (prendersi cura della propria salute e sicurezza ma anche di quella dei colleghi, osservare le disposizioni aziendali, usare correttamente attrezzature DPI, ovvero dispositivi di protezione individuale come, ad esempio, guanti, mascherine, camici, cuffiette e visiere, che vengono prescritti e che sono indispensabili per proteggersi, sottoporsi alla sorveglianza sanitaria, segnalare le inefficienze che vengono riscontrate, non modificare i dispositivi di sicurezza, sottoporsi ai controlli sanitari richiesti). 2) Datore di lavoro (nel caso dell’università, è il Rettore): nelle rappresentazioni, è colui che viene rappresentato con la valigetta contenete soldi, dunque, ha disponibilità economica. Il datore di lavoro è il titolare del rapporto di lavoro, ha la responsabilità dell’organizzazione dell’attività produttiva ed esercita i poteri decisionali e di spesa. Ciò significa che ha la capacità e la responsabilità non solo di organizzare il tutto ma anche la disponibilità di decidere di spendere cioè la possibilità di decidere, nell’ambito della sicurezza, le spese (ad esempio, un lavoratore segnala un dispositivo che produce dei rumori elevati, essendo un suo obbligo, ma spetta al datore di lavoro comprare il nuovo dispositivo in quanto possiede una certa disponibilità economica). Il datore di lavoro, proprio per la sua possibilità di fare tutta una serie di cose relative all’ambito della sicurezza grazie alla sua disponibilità economica, ha numerosi compiti ed è legato a moltissimi aspetti dal punto di vista della responsabilità perché molti “attori”, che interagiscono nell’organizzazione, non hanno la SBOBINATORE: Carlo Zaccheo REVISIONATORE: Andreas Corjuc 1.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 04.03.2025 possibilità di cambiare le cose (possono segnalare ma non hanno la disponibilità economica per poter cambiare una determinata cosa e non hanno neanche il potere decisionale di farlo). 3) Dirigenti: è una figura collegata al datore di lavoro perché attua le direttive da lui sancite. Organizza l’attività lavorativa e vigila su di essa (ad esempio, il primario o il direttore del reparto). Quindi, il dirigente attua quelle che sono le indicazioni del datore di lavoro e organizza l’attività lavorativa. 4) Preposti: è una figura che ha una grossa importanza nell’ambito del decreto legislativo 81 perché su di lui ricadono tutta una serie di responsabilità. Il preposto sovraintende alle attività lavorative, garantisce l’attuazione delle direttive ricevute e controlla la corretta esecuzione. Prendendo come esempio il nostro caso, in relazione al reparto dove lavoreremo, il datore di lavoro è il Rettore, il dirigente è il direttore di struttura, il preposto, per quanto riguarda gli infermieri, è il coordinatore infermieristico (in un turno notturno, invece, in cui non c’è il coordinatore infermieristico o il medico responsabile, sarà l’infermiere più anziano quello che ha la responsabilità ed è una figura importante perché controlla la corretta esecuzione e verifica, che dal punto di vista della sicurezza, tutto venga fatto seguendo una serie di indicazioni come, ad esempio, il corretto utilizzo dei DPI, l’uso corretto di guanti in lattice e di mascherine). 5) Responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP): il servizio di prevenzione e protezione (SPP) può avere caratteristiche diverse a seconda dell’unità produttiva ed è un insieme di persone, sistemi e mezzi che hanno la finalità di prevenzione e protezione dei rischi. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP): individua e valuta i rischi (alla base c’è sempre l’indicazione e valutazione del rischio che posso riscontrare in un determinato ambiente di lavoro), si reca nei reparti e svolge i sopralluoghi, elabora le misure di sicurezza e salute e le necessarie procedure (per esempio, elabora, collaborando con altre figure, cosa bisogna fare se c’è un paziente ricoverato in base alle sue condizioni: valuta se mettere la mascherina, quale tipo di mascherina, dove deve essere ricoverato e con quale modalità), elabora e propone, in base a quali sono i rischi, i programmi di formazione e informazione dei lavoratori, partecipa alle riunioni periodiche (solitamente per norma una volta all’anno c’è una riunione periodica alla quale partecipano la maggior parte delle figure che abbiamo visto come, ad esempio, il datore di lavoro, il medico competente, il RSPP, un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, in cui vengono esposti i dati relativi alla sorveglianza, alla valutazione dei rischi, a cosa si sta facendo per la tutela) e fornisce informazioni ai lavoratori. Immaginando di recarsi una sera in un reparto e, passando vicino al laboratorio, di sentire un odore strano, bisogna avvisare il preposto che è sempre presente e che, a sua volta, avviserà il servizio di prevenzione e protezione che verrà a fare un sopralluogo e metterà in atto tutta una serie di procedure. 6) Medico competente 7) Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS): si tratta di un rappresentante che viene eletto dai lavoratori che ha delle facoltà relativamente alla salute e sicurezza dei lavoratori. Può accedere ai luoghi di lavoro, riceve informazioni sui rischi, può consultare la documentazione specifica sulla sicurezza e riceve documentazioni in caso di visite dell’organo di vigilanza. Si tratta di un rappresentante che fa da figura di passaggio tra i lavoratori e le altre figure interessate. SBOBINATORE: Carlo Zaccheo REVISIONATORE: Andreas Corjuc 1.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 04.03.2025 Il sistema della prevenzione e della sicurezza viene definito: globale, programmato, informato e partecipato. “Globale” perché interessa e coinvolge tutti (il lavoratore, il datore di lavoro, il dirigente e le altre figure). “Programmato” perché alla base del monitoraggio di questo sistema c’è sempre una programmazione (quello che non funziona, quello che dobbiamo fare, quello che dobbiamo correggere e come possiamo migliorare). “Informato” perché i lavoratori sono informati su quello che stanno facendo e sugli eventuali rischi. “Partecipato” perché il lavoratore è parte integrante del sistema e non è una figura passiva (il lavoratore non è solo l’oggetto di tutta una serie di indicazioni e normative ma deve essere parte attiva in questo sistema). In seguito, si parte da una pianificazione, cosa bisogna fare, controllare che tutto funzioni bene e riesaminare, verificare e migliorare il sistema che si autoalimenta. Il lavoratore rimane sempre al centro di questo sistema ed interagisce con tutte le figure elencate precedentemente. Per essere una figura attiva, il lavoratore deve essere formato e informato relativamente a dove andrà a lavorare. SBOBINATORE: Carlo Zaccheo REVISIONATORE: Andreas Corjuc 1.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 04.03.2025 ALCUNE NORME DEL DECRETO LEGISLATIVO 81 - Tutto quello che viene fatto nell’ambito della sorveglianza sanitaria, la formazione, l’informazione non deve, in nessun caso, comportare oneri finanziari per il lavoratore (nel nostro caso, infatti, non ci hanno fatto pagare gli esami del sangue, la visita o il corso di formazione). Tutto, compreso i guanti (anche guanti specifici perché magari si è allergici al materiale di cui sono formati) deve sempre essere a carico del datore di lavoro. Tutto quello che riguarda la sicurezza non deve, quindi, arrecare nessun onero finanziario per il lavoratore. - Bisogna valutare tutti i rischi. Infatti, l’SPP valuta non soltanto i rischi normati. Esistono dei rischi che necessitano di sorveglianza sanitaria obbligatoria come, ad esempio, il rischio biologico. Infatti, se uno è sottoposto ed è esposto al rischio biologico, deve sottoporsi a sorveglianza sanitaria per obbligo. Altri non hanno l’obbligo della sorveglianza sanitaria come, ad esempio, lo stress. Tuttavia, tutti i rischi devono essere valutati (viene valutato anche lo stress anche se non ho una sorveglianza sanitaria normata per legge). Se invece faccio il turno notturno (guardia attiva, ovvero, lavoro durante l’orario notturno per un certo numero di ore, a differenza della reperibilità dove si sta a casa e, nel caso di problemi, si viene chiamati e nel giro di tot minuti ci si deve presentare in ospedale) devo, per norma, fare una sorveglianza sanitaria con periodicità biennale (per quanto riguarda la reperibilità non serve). - Eliminazione dei rischi dove sia possibile oppure riduzione al minimo. - Riduzione dei rischi alla fonte e priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale. Ciò significa che, dove posso, il rischio deve essere eliminato o ridotto al minimo. Prima di tutto cerco di tutelare la collettività e, se non riesco, tutelo il singolo. Ad esempio, se ho un macchinario che produce un rumore al di sopra dei limiti normati oppure ho una sostanza chimica che ha effetti irritanti, prima di tutto cerco di ridurre il rischio (cambio il macchinario o la sostanza). Se ciò non è possibile, cerco di tutelare la collettività. Se posso, vado a modificare il macchinario, ad esempio, confinandolo con apposite barriere per proteggere tutti. Se anche questo non è possibile, allora proteggo il singolo, dando ad ogni singolo lavoratore delle cuffie o dei tappi per proteggersi. SBOBINATORE: Carlo Zaccheo REVISIONATORE: Andreas Corjuc 1.2 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 4/03/2025 PREVENZIONE SISTEMATICA Per la tutela della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro è importante:  valutare tutti i rischi, non solo quelli che richiedono la sorveglianza sanitaria;  eliminare i rischi, ove possibile; oppure ridurre i rischi alla fonte, dando priorità alla collettività prima ancora del singolo. Pertanto, sostituire ciò che è pericoloso con ciò che non lo è o è meno pericoloso, limitando l’utilizzo di agenti chimici, fisici e biologici e il numero di lavoratori esposti al rischio stesso;  sottoporre il lavoratore a controlli sanitari (cioè alla sorveglianza sanitaria), sulla base del rischio a cui è esposto;  formare e informare adeguatamente il lavoratore, affinché possa comprendere il rischio a cui è esposto; - Per esempio, persone di nazionalità diversa da quella italiana che lavorano in una ditta devono essere formate adeguatamente (come con un depliant nella loro lingua) affinché capiscano cosa prevede il regolamento  partecipazione e consultazione del lavoratore, il quale deve essere parte integrante e attiva di questo tipo di organizzazioni; - Il lavoratore ha ruolo attivo  predisposizione delle misure di emergenza; - Per esempio, le misure di sicurezza anticendio  regolare manutenzione di ambienti, strutture, attrezzature, impianti e dispositivi di sicurezza in conformità all’ indicazione dei fabbricanti. Tali misure non devono mai, in alcun modo comportare oneri finanziari per i lavoratori. Il D.lgs. 81/2008 riunisce in unico testo normativo tutte le norme vigenti sulla salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro nel rispetto delle norme comunitarie VALUTAZIONE DEI RISCHI È la valutazione di tutti rischi per la salute la sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le misure di prevenzione e protezione e di elaborare le misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute sicurezza. Dunque, prevede di dare priorità alla valutazione di tutti i rischi, non solo quelli sottoposti a sorveglianza sanitaria, I rischi valutati non sono soltanto rischi per la salute, ovvero rischi di natura igienico-ambientale (agenti chimici, biologici, fisici), ma anche rischi di natura infortunistica, valutati dal RSPP, e rischi per la salute e sicurezza, intesi come rischi di origine organizzativa e gestionale (es: stress). Sbobinatore: Lisa Scanferla Revisore: Alma Adami 1.2 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 4/03/2025 Nella valutazione dei rischi che non riguarda più il medico competente ma l’RSPP è importante dunque prevenire non solo le malattie professionali ma anche i rischi di natura infortunistica - Per esempio, si controlla il lavoro in altezza, le strutture adeguate anticendio... Si deve cercare di prevenire anche i rischi per la sicurezza e salute del lavoratore dal punto di vista - Fisico - Nella sua totalità (stress, turni di lavoro notturni...) Qualora il rischio sia diverso, anche la sorveglianza sanitaria da attuare sarà diversa PERICOLI E RISCHI Nella valutazione del rischio è importante la differenza tra pericolo e rischio. pericolo: qualcosa che potenzialmente è in grado di creare un danno. Pertanto, una situazione pericolosa è qualsiasi situazione in cui una persona è esposta ad uno o più pericoli. rischio: probabilità che un pericolo arrechi un danno, ovvero la combinazione di probabilità e gravità di possibili lesioni o danni alla salute in una situazione pericolosa. La valutazione del rischio, dunque, è una valutazione complessiva della probabilità e gravità di possibili lesioni in una situazione pericolosa. Nell’ambito di un’organizzazione si identificano i pericoli, ma soprattutto si valutano quali sono i rischi per il lavoratore (se in un laboratorio si fa uso di agenti cancerogeni, il pericolo c’è ed è importante, ma se vengono utilizzati in quantità ridotte, esclusivamente sotto cappa e in ambienti a circuito chiuso, l’esposizione del lavoratore al rischio è quasi nullo) Per conoscere la reale portata di un rischio, bisogna rispondere ad almeno tre domande: 1. cosa può succedere; 2. con quale probabilità; 3. con quali conseguenze. Queste domande mi danno un’indicazione di qual è il rischio. Una maggiore conoscenza e informazione è il fattore determinante per il contenimento del rischio stesso. Informare è già prevenire. Sbobinatore: Lisa Scanferla Revisore: Alma Adami 1.2 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 4/03/2025 Una volta che si sono valutate tutte queste cose, si valuta il rischio, quindi, alla base di tutto c’è probabilità della lesione x gravità della lesione: Rischio= probabilità x conseguenza DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI (DVR) Per poter valutare i rischi, viene stillato un documento specifico, il documento di valutazione dei rischi (DVR). Quest’ultimo non è un vero e proprio adempimento cartaceo ma normativo. È importante perché rappresenta la base da cui partire per decidere, valutare e sottoporre a sorveglianza; dunque, consente di prendere decisioni in base a priorità ben definite. RISCHI IN AMBITO SANITARIO  Rischio fisico: esposizione a radiazioni ionizzanti e non ionizzanti (radiografie, TAC, scintigrafie, radioterapie, laser, risonanze); Sbobinatore: Lisa Scanferla Revisore: Alma Adami 1.2 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 4/03/2025  Rischio biologico: entrare in contatto attraverso punture, tagli, contatto biologico con epatiti (HBV, HCV); AIDS (HIV); TBC  Rischio allergologico: allergia al lattice  Rischio ergonomico: esposizione a rischio psico-fisico (sollevamento pazienti, trasporto pazienti, patologie del rachide, patologie del polso, patologie della spalla)  Rischio da stress: burn out; organizzazione del lavoro; lavoro e turni (soprattutto quelli notturni  Rischio chimico: gas anestetici; farmaci antiblastici; detergenti e disinfettanti; solventi e acidi. VALUTAZIONE DEI RISCHI La valutazione dei rischi è articolata come segue: 1. identificazione dei pericoli (sapere quali sono i pericoli presenti nell’ambiente lavorativo) 2. identificazione dei lavoratori che possono essere esposti al rischio Sbobinatore: Lisa Scanferla Revisore: Alma Adami 1.2 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 4/03/2025 3. valutazione dei rischi a livello - qualitativo - quantitativo SORVEGLIANZA SANITARIA Ha una periodicità specifica Ci sono dei rischi lavorativi con obbligo di sorveglianza sanitaria:  agenti biologici  agenti cancerogeni  agenti chimici  agenti fisici - Rumore - Vibrazioni meccaniche a corpo intero trasmesse sul rachide (per chi conduce mezzi meccanici come gru, macchine di movimentazione terra carrellisti, tassisti, autisti dei bus) e vibrazioni mano-braccio - Radiazioni ottiche artificiali - Campi elettromagnetici - Infrasuoni e ultrasuoni - Atmosfere iperbariche - Videoterminali (solo nel caso dio espèosizione superiore a 20 ore alla settimana) La sorveglianza sanitaria è, in ambito sanitario, l’insieme degli atti medici finalizzati alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori ed alla formulazione del giudizio di idoneità alla mansione specifica - si viene giudicati idonei sulla base della mansione specifica, non generica, in quanto è importante fare una valutazione sulla base dell’ambiente specifico in cui si lavora. (esempio:un infermiere che lavora in sala operatoria è esposto a rischi diversi rispetto ad un infermiere che opera in ambito ambulatoriale) La sorveglianza sanitaria è svolta dal medico competente (medico del lavoro) sulla base del programma di sorveglianza sanitaria posto dal datore di lavoro. Sbobinatore: Lisa Scanferla Revisore: Alma Adami 1.2 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 4/03/2025 OBIETTIVI DELLA SORVEGLIANZA SANITARIA Tutela dello stato di salute sicurezza dei lavoratori attraverso:  Valutazione della compatibilità tra condizioni di salute e compiti lavorativi;  Individuazione degli stati di ipersucettibilità individuale ai rischi lavorativi; - Esempio: allergia al lattice  Verifica dell’efficacia delle misure di prevenzione dei rischi attuate in azienda;  Promozione della salute: migliorare il livello della salute in ambito lavorativo;  Identificazione degli effetti precoci dell’esposizione al rischio;  Verificare la valutazione dei rischi (che sia corretta) La sorveglianza sanitaria è un obbligo, il lavoratore è obbligato a sottoporsi alla sorveglianza sanitaria. Tali obblighi, se non rispettati, sono sanzionabili. IDEONEITA’ Significa andare a studiare e valutare il rischio e se ci siano dei possibili danni o effetti a livello del lavoratore da cui l’esposizione al rischio L'obiettivo e quello di ottimizzare il rapporto tra il lavoratore stesso e la sua mansione agendo sull’idoneità Al termine della sorveglianza sanitaria viene rilasciato il certificato di idoneità, che attesta che le condizioni di salute del lavoratore non presentano controindicazioni in relazione all’esposizione al rischio specifico. Il ruolo del medico competente è quello di ottimizzare il rapporto tra il lavoratore e la sua mansione agendo sull’idoneità. VISITE Le visite a cui il lavoratore deve sottoporsi durante la sorveglianza sanitaria, secondo la normativa vigente, sono:  visita preventiva: visita a cui il lavoratore si sottopone prima dell’inizio del lavoro e dell’esposizione ad eventuali rischi ed è finalizzata ad accertare l’assenza di controindicazioni alla mansione specifica;  visita periodica: si controlla lo stato di salute del lavoratore e si verifica che le condizioni di idoneità non siano variate, è in funzione all’esposizione  visita su richiesta: tramite compilazione di un documento, effettuata quando il lavoratore percepisce un peggioramento delle sue condizioni, purché siano pertinenti ai rischi presenti nell’ambito lavorativo e che potrebbe costituire una controindicazione o modificare l’idoneità;  visita dopo malattia superiore ai 60gg: per assenze superiori a 60 giorni c’è l’obbligo di effettuare una visita medica di rientro dopo la malattia. Tutto questo esita nel giudizio di idoneità alla mansione specifica. Sbobinatore: Lisa Scanferla Revisore: Alma Adami 2.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 11.03.25 La professoressa riprende i concetti della lezione precedente e ne approfondisce alcuni. Nello specifico ripete nuovamente il significato di sorveglianza sanitaria, le modalità di tutela del lavoratore e chiarisce le differenze fra le diverse visite mediche. Quando viene ripreso l’argomento delle visite mediche vengono specificati due casi particolari. Ci sono dei casi particolari: 1. Visita medica in occasione del cambio della mansione. Viene effettuata al fine di verificare l’idoneità alla nuova mansione specifica, dal momento che, insieme ad essa cambiano anche i rischi ai quali il lavoratore è sottoposto (es: infermiera che cambia reparto da cardiochirurgia ad uno di clinica medica); 2. Visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro in alcuni casi particolari previsti dalla norma vigente. Per norma è prevista una visita a fine dell’esposizione a, nello specifico, sostanze cancerogene e radiazioni ionizzanti. Tale visita ha lo scopo di fornire al lavoratore indicazioni utili per proseguire il controllo del suo stato di salute. In questo modo sarà possibile l'effettuazione di una diagnosi precoce di eventuali effetti tardivi. Le visite mediche sono rivolte, specificatamente, a tutti coloro che sono stati esposti a sostanze cancerogene e radiazioni ionizzanti, dal momento che, queste possono provocare problemi con una latenza molto lunga (es. per i cancerogeni 10/20 anni). I controlli a cui il lavoratore si sottopone servono a chiarire quali siano gli accertamenti che è necessario fare al termine dell’esposizione. Gli strumenti della sorveglianza sanitaria sono: - Protocollo di sorveglianza sanitaria. Sono tutti gli accertamenti previsti per i lavoratori in relazione ai rischi che corrono nello svolgere la loro mansione. Tali accertamenti, chiaramente, sono definiti e programmati dal medico competente. Ad esempio, noi studenti di medicina siamo esposti a rischio biologico e nel protocollo sono previsti: esami ematochimici e visita medica, chi è esposto al rumore, invece, si sottoporrà anche ad un’ audiometria. - Cartella sanitaria e di rischio. In questa sono annotate le condizioni psicofisiche di ogni lavoratore, compresi i risultati degli accertamenti strumentali, di laboratorio e specialistici, eventuali livelli di esposizione professionale individuali forniti dal Servizio di prevenzione e protezione, nonché il giudizio di idoneità. La visita medica comprende un'anamnesi ed un esame obiettivo. Tuttavia, il medico competente ha sempre la possibilità di richiedere tutto quello che ritiene necessario per il completamento del suo giudizio di idoneità, ad esempio esami complementari di tipo clinico, biologico o indagini diagnostiche mirati al rischio. Per il rischio biologico sono previsti: - esami ematochimici; - valutazione della funzionalità epatica, renale, test di Mantoux in relazione al rischio di tubercolosi; Sbobinatore: Matilde Ambrosini Revisore: Mariasole Cauz 2.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 11.03.25 - sierologia per le malattie infettive (es. morbillo, parotite, rosolia, varicella) al fine di controllare il sistema immunitario in relazione a questi rischi; - markers dell’epatite, per controllare lo stato presente ed eventualmente fornire consigli al fine di prevenire future esposizioni nell’ambito dell’attività lavorativa. L’esame dell’HIV deve essere effettuato previo consenso scritto e con garanzia dell’anonimato. Nel caso in cui qualcuno volesse sottoporsi all'esame in forma anonima, deve essergli garantito. A quel punto, quindi, al posto di inserire nome e cognome del paziente verrà inserito un codice identificativo che permetterà di effettuare l’accertamento senza che sia presente il nome in chiaro del paziente. Alla termine di tutti gli accertamenti, viene formulato il giudizio di idoneità, il quale non va a valutare la capacità lavorativa di un lavoratore (es. se un medico è in grado di fare il medico), ma va a valutare se la persona è idonea a eseguire quella specifica mansione e ad ogni singolo rischio che la mansione comporta garantendone la sua salute e sicurezza. Il giudizio di idoneità riguardante l’attitudine lavorativa è di pertinenza del collegio medico legale della A.S.L di appartenenza del lavoratore (Art. 5 – statuto dei lavoratori). I giudizi relativi alla mansione specifica possono essere: 1. Idoneità piena (quella che viene rilasciata nella maggior parte delle volte): il lavoratore è idoneo e può svolgere tutte le attività proprie della sua mansione senza che ci sia pregiudizio della sua salute o prevedibile pericolo per la sua sicurezza. 2. Idoneità con limitazione: prevede delle limitazioni/eliminazioni di alcune attività ad un determinato rischio specifico. Le limitazioni possono riguardare, sia l’esclusione da alcuni compiti della mansione, sia, programmi individuali di sorveglianza sanitaria. La limitazione può essere: Parziale temporanea: menomazione psico-fisica comportante una limitazione parziale temporanea (mi aspetto che si autolimiti nel tempo) dei compiti lavorativi specifici della mansione. Il lavoratore è idoneo ma deve evitare specifiche mansioni per un determinato periodo di tempo, aspettando così che la problematica venga risolta (Un infermiere, per esempio, è normalmente esposto a rischio chimico, biologico ed ergonomico come sollevamento di carichi e pazienti. In caso di ernia discale riceverà idoneità limitata per il rischio ergonomico, ossia gli sarà impedito di sollevare carichi e pazienti per un certo periodo di tempo, fino a che non sarà guarito). Esempio pratico: un OS alla precedente visita medica di controllo era in perfetta salute. Dopo 6 mesi sviluppa una grave tendinite a livello dell’arte superiore destro. Egli, dunque, data la problematica, compilerà un modulo di richiesta di visita con il medico competente per sopraggiunti problemi di salute. A questo punto il medico accetterà la richiesta, visiterà il paziente e con tutta probabilità l’idoneità del lavoratore verrà limitata per un certo intervallo di tempo. Trascorsi, per esempio, 3 mesi il medico competente visiterà nuovamente il lavoratore per accertarsi che questo abbia ri-acquisito la piena funzionalità dell’arto. In tal caso la sua idoneità a svolgere la mansione non sarà più limitata. Parziale permanente: menomazione psico-fisica comportante una limitazione parziale permanente (non ci si aspetta che migliori) dei compiti lavorativi specifici della mansione. Per esempio, in caso di ernia discale grave magari operata, allergia respiratoria o cutanea a materiali ospedalieri, il lavoratore sarà Sbobinatore: Matilde Ambrosini Revisore: Mariasole Cauz 2.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 11.03.25 sì idoneo a svolgere la maggior parte delle mansioni anche se con alcune limitazioni costanti nel tempo. Idoneità con prescrizioni: Il lavoratore è idoneo a svolgere tutte le mansioni a patto che osservi le indicazioni fornitegli dal medico competente. Anche in questo caso le prescrizioni possono essere disposte per periodi temporanei o permanenti. Con il termine “prescrizione” si intende appunto l’indicazione, il consiglio fornito dal Medico Componente/Autorizzato al Datore di Lavoro sulla necessità di intervento. Gli operatori sono totalmente idonei a svolgere le proprie mansioni ma sono tenuti ad utilizzare, per esempio, DPI specifici (camice, mascherina e guanti, che, nel caso di soggetti allergici al lattice, devono necessariamente essere latex free). Osservare le prescrizioni del medico competente è obbligatorio anche per il lavoratore. 3. Inidoneità permanente/temporanea: Il lavoratore non è idoneo a svolgere, temporaneamente o permanentemente, la maggior parte delle attività addebitate alla propria mansione. Tale inidoneità è una dichiarazione che comporta forti conseguenze, dunque alcune aziende cercano di ricollocare il lavoratore non idoneo a quella determinata mansione in un'altra attività. Tuttavia, ove questo non accada, il lavoratore può anche andare incontro a licenziamento. Dopo aver ricevuto il giudizio di idoneità, il lavoratore, se in disaccordo, può opporsi e fare ricorso entro 30 giorni dalla data di comunicazione all’organo di vigilanza territorialmente competente. Questo prenderà in carico la persona, rivaluterà l’idoneità e deciderà se confermare o eventualmente cambiare/revocare il giudizio di idoneità del medico competente. RISCHIO BIOLOGICO Con rischio biologico si intende il contatto con virus, batteri, microrganismi nel corso dell’attività. Tale rischio biologico si suddivide in due categorie. Il rischio biologico può manifestarsi: - quando viene fatto uso deliberato, ossia quando si immette l’agente biologico in un ciclo produttivo/lavorativo (es. nei laboratori di ricerca dove si studiano batteri come quello che causa la tubercolosi oppure in alcune industrie alimentari in cui l’uso di determinati batteri è finalizzato alla produzione di alimenti); - quando il contatto con l’agente biologico è un’esposizione potenziale ed è un fenomeno a carattere indesiderato. Questo rischio in ambito sanitario è molto presente (infortuni biologici). Inoltre, in aggiunta all’ambito sanitario, potenziali esposizioni extra-sanità sono problematiche che riguardano, per esempio laboratori, il servizio di raccolta rifiuti, disinfezione, sterilizzazione, impianti fognari. La bilancia da indicazione dei fattori che influenzano la possibile esposizione e l’eventuale sviluppo di infezioni conseguenti al contatto con agenti biologici. Tutti questi fattori sono rilevanti a tal punto che sono in grado di far pendere il piano inclinato da una parte o dall’altra della bilancia, ossia, aumentano o diminuiscono il rischio di sviluppare l’infezione o patologie da contatto. Il fatto che il peso della bilancia sia spostato più da una parte o dall’altra dipende da: Sbobinatore: Matilde Ambrosini Revisore: Mariasole Cauz 2.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 11.03.25 - ospite: dal soggetto che viene a contatto con il virus in termini di età (es. sistema immunitario di un anziano è più compromesso rispetto a quello di un giovane), sesso (in alcuni casi le donne sono più suscettibili), stato generale di salute (es. immunodepressi), stato di gravidanza, vaccinazioni che proteggono verso uno specifico rischio. Tutti questi fattori influenzano positivamente o negativamente la suscettibilità dell’ospite a sviluppare un’infezione dopo un contatto con l’agente biologico. - microrganismo: la tipologia di virus o batterio o microrganismo, e quindi la carica batterica o la virulenza. Il contatto con un virus dell’influenza sarà certamente diverso da un contatto con virus Ebola - modalità: si intende il modo con cui avviene il contatto, le condizioni ambientali, le misure di prevenzione utilizzate al momento del contatto, il tipo di politica o procedure che si utilizzano nelle varie mansioni. I GRUPPI DI RISCHIO Nel D.Lgs 81/2008 i microrganismi vengono classificati in gruppi di rischio a seconda della capacità di infettare o meno, sulla base di: - INFETTIVITÀ: capacità di penetrare nell’ospite e di moltiplicarsi in quello; - PATOGENICITÀ: capacità di provocare la malattia nell’ospite; - TRASMISSIBILITÀ: capacità di passare dal soggetto infetto ad un altro; per esempio, il morbillo ha una trasmissibilità molto alta o comunque molto più alta per esempio della parotite. Dunque, se un soggetto non vaccinato viene a contatto con un soggetto (es. bambino) che ha il morbillo, il primo ha una probabilità maggiore di contrarre il morbillo piuttosto che la parotite. - NEUTRALIZZABILITÀ: coincide con gli strumenti in nostro possesso atti a prevenire l’infezione (es. vaccini) o le capacità terapeutiche per contrastare l’infezione (es. farmaci efficaci). Per esempio, il tetano è una patologia molto grave. Tuttavia, dal punto di vista della neutralizzabilità si ha a disposizione un vaccino estremamente efficace, dunque, c’è alta possibilità di andare a minimizzare (o addirittura eliminare) il rischio. Diverso accade per il virus ebola, per il quale non esistono né mezzi di protezione né misure terapeutiche per contrastarlo, infatti il virus dell’ebola è posto nella classe 4 dei gruppi di rischio (la peggiore). Per molti rischi esistono valori soglia, ovverosia “limiti” al di sotto dei quali uno specifico rischio non è in grado di nuocere ad un organismo. Nell’ambito del rischio biologico, invece, non esistono valori soglia che possono essere considerati “sicuri” (banalmente pungersi anche una volta con un ago infetto può già, di per sé, avere effetti gravi) e l’unica misura adottabile è la prevenzione del rischio e del contagio. Sbobinatore: Matilde Ambrosini Revisore: Mariasole Cauz 2.2, Salute e sicurezza 11.03.2025 I GRUPPI DI RISCHIO Esistono quattro gruppi di rischio, che sono definiti per legge, quindi sono presenti nell’articolo 81. Ogni gruppo prevede una diversa organizzazione della sicurezza del lavoratore. Sono classificati in ordine crescente di pericolosità, sulla base dei fattori di rischio (infettività, patogenicità, trasmissibilità e neutralizzabilità):  Gruppo 1: l’agente biologico presenta poche probabilità di causare malattie nei soggetti umani  Gruppo 2: l’agente biologico può causare una patologia nei soggetti umani e dunque costituisce un rischio per i lavoratori, ma con basse probabilità di propagazione nella comunità. Dal punto di vista della neutralizzabilità, esistono efficaci misure terapeutiche o profilattiche. Un esempio è il batterio del Tetano, per il quale esiste una vaccinazione obbligatoria  Gruppo 3: l’agente biologico è in grado di causare gravi malattie in soggetti umani, costituisce un rischio serio per i lavoratori; può propagarsi nella comunità, ma di solito esistono efficaci misure profilattiche o terapeutiche. Esempi: Epatite B, per la quale esiste la vaccinazione, Epatite C e HIV che non prevedono una vaccinazione, ma per cui esistono degli efficaci trattamenti terapeutici  Gruppo 4: l’agente biologico può provocare gravi malattie in soggetti umani, costituisce un rischio molto serio per i lavoratori, può presentare un elevato rischio di diffusione nella comunità e normalmente non sono disponibili misure profilattiche o terapeutiche efficaci Probabilità di Rischio Probabilità di Disponibilità di efficaci causare malattia per i propagazione misure profilattiche o Esempi lavoratori nella comunità terapeutiche 1 scarsa 2 presente Sì Scarsa Sì Tetano, Hellcobacter Pylori, Morbillo 3 Presente Sì (serio) Presente Sì Epatite B, Epatite (malattie gravi) C, HIV 4 Presente Sì (serio) Elevata No Ebola (malattie gravi) SITUAZIONI DI RISCHIO IN AMBITO SANITARIO  Tutte le attività che comportano l’utilizzo di oggetti appuntiti, quali iniezioni intramuscolari, prelievi e terapie infusionali, che portano alla puntura d’ago  Il reincappucciamento dell’ago: sempre e comunque da evitare, la probabilità di pungersi con l’ago contaminato è altissima  Lo smaltimento di aghi, taglienti e rifiuti; lo smaltimento deve essere adeguato e completo  La detersione e disinfezione di materiale tagliente  La manipolazione e il trasporto di materiale biologico (sangue, feci, urine…)  Le attività chirurgiche, incluse le medicazioni  Tutte le manovre invasive compiute sul paziente, quindi l’accesso a tessuti, cavità e organi  Le attività di laboratorio quali pipettamento, striscio su vetrini, utilizzo di apparecchiature diagnostiche potenzialmente contaminate, utilizzo di vetreria ESPOSIZIONE A SANGUE Nell’ambito sanitario l’esposizione più frequente è quella agli oggetti taglienti (bisturi o forbici), siringhe abbandonate, aghi e schizzi. Ad esempio, l’occhio può essere colpito a seguito di uno schizzo. Sbobinatore: Martina Bagordo Revisore: Lorenzo Dijust 2.2, Salute e sicurezza 11.03.2025 VIE DI TRASMISSIONE In caso di infortunio biologico, le infezioni si possono trasmettere per via parenterale attraverso liquidi biologici (ad esempio Epatite B, Epatite C, HIV), per via aerea attraverso particelle con dimensioni minori di 5 micron (ad esempio Tbc, Morbillo, Varicella, SARS) oppure attraverso particelle più grossolane, i droplets, di dimensioni superiori o uguali a 5 micron (Ad esempio Pertosse, Difterite, Meningite meningococcica, Influenza, Rosolia, Parotite). La soglia dei 5 micron è importante perché determina la capacità del microorganismo di penetrare più o meno in profondità nel corpo: se le particelle sono più piccole di 5 micron possono penetrare all’interno dell’albero respiratorio ed arrivare fino agli alveoli polmonari. MISURE PREVENTIVE PER IL RISCHIO BIOLOGICO  Precauzioni universali: è essenziale trattare tutti i campioni e tutti i pazienti come potenzialmente infetti  Lavaggio e disinfezione delle mani (prima e dopo aver toccato il paziente, sempre presente lavatoio o gel)  Utilizzare adeguati DPI (guanti, visiere, occhiali, camici…)  Corrette procedure di smaltimento di aghi e taglienti negli appositi contenitori rigidi per rifiuti biologici (solitamente gialli, non devono mai essere riempiti completamente) e utilizzo di aghi sicuri  Immunizzazione attiva: sottoporsi a vaccinazioni ove possibile  Isolamento del paziente per contenere un’eventuale infezione STIMA DEL RISCHIO BIOLOGICO: SORVEGLIANZA SANITARIA  Formazione ed informazione dei lavoratori: spiegare i rischi a cui vengono sottoposti e fornire loro gli strumenti adeguati per potersi proteggere  Monitorare e valutare gli incidenti occupazionali a potenziale rischio biologico: verificare quali incidenti sono capitati, per capire come evitare che accadano nuovamente  Verificare e monitorare gli iper-suscettibili, come ad esempio i soggetti immunodepressi  Verificare lo stato di immunizzazione degli operatori, quindi la situazione delle vaccinazioni obbligatorie e consigliate  Valutare il rischio verso terzi, oltre a quello dei lavoratori in prima persona LA SITUAZIONE IN ITALIA Gli infortuni biologici in Italia sono molto frequenti, con il 41% di incidenza: l’esposizione al rischio biologico rappresenta l’infortunio occupazionale più frequentemente segnalato tra gli operatori sanitari. Delle esposizioni accidentali segnalate, una su tre coinvolge materiale biologico derivante da un paziente affetto da una patologia infettiva trasmissibile per via ematica. Gli infortuni devono essere sempre segnalati, sia perché servono alla sorveglianza sanitaria per capire come agire affinché la situazione non si ripeta, sia perché un paziente inizialmente negativo (rischio zero per l’operatore) potrebbe diventare positivo dopo il periodo di incubazione. In realtà, in Italia, il dato corretto per il tasso di mancata notifica dell’incidente è stimato essere del 50%. EPATITE B La diffusione dipende dalla zona del mondo, la diffusione all’interno dell’Europa è distribuita in maniera diversa negli stati membri. In Italia la vaccinazione dei bambini è obbligatoria dagli anni ‘80, ma non è così in tutto il mondo. Negli stati europei la prevalenza è molto bassa, soprattutto tra i giovani che oggi sono tutti vaccinati. In Africa e nel sud-est asiatico la prevalenza è, invece, piuttosto elevata. Sbobinatore: Martina Bagordo Revisore: Lorenzo Dijust 2.2, Salute e sicurezza 11.03.2025 Il sangue è il principale veicolo di trasmissione. Altri liquidi (cerebrospinale, sinoviale, peritoneale, amniotico, sperma e secrezioni vaginali, saliva) possono essere potenzialmente infettanti, ma con rischio minore (se non sono contaminati da sangue). Per un soggetto non protetto, a seguito di un’esposizione percutanea con oggetti contaminati con materiale biologico infetto, per esempio ferita da punta o da taglio, il rischio medio di sieroconversione è circa del 30%, quindi molto elevato. Il ciclo vaccinale classico per l’epatite B consiste in 3 dosi. Dopo queste normalmente non viene fatta alcuna determinazione del titolo anticorpale. Se l’anticorpo contro l’antigene S è maggiore di 10 milli- unità/ml si è considerati protetti. Nel caso in cui si risulti negativi sarà necessario rifare un’altra dose di epatite B e dopo 40-60 giorni verrà fatta un’ulteriore determinazione del titolo anticorpale. Se si continua a risultare negativi anche dopo questa dose aggiuntiva, verranno fatte ulteriori due dosi fino al raggiungimento di massimo due cicli vaccinali (6 dosi totali). Dopo queste 6 dosi si viene considerati “non responder” (non si risponde alla vaccinazione) solo se si continua a risultare negativi. In giovane età la risposta è ottima, sopra il 90%. Con l’aumentare dell’età (sopra i 75 anni) la risposta diminuisce fino al 75%. EPATITE C In Italia la diffusione del virus è abbastanza contenuta, mentre, ad esempio, nel Regno Unito o in altri stati del nord Europa è abbastanza elevata. Il rischio di andare incontro ad un’infezione da epatite C dopo un infortunio biologico, quindi attraverso il contatto con taglienti o pungenti contaminati, è molto contenuto grazie a tutte le procedure in grado di minimizzare al massimo il rischio. In questo caso il rischio di sieroconversione dovuto a esposizione con sangue di un soggetto positivo va dallo 0 al 7%, ma in media è dell’1,8%, decisamente inferiore a quello dell’epatite B. HIV Il rischio di sieroconversione HIV per singola esposizione occupazionale ad un soggetto positivo varia a seconda della tipologia di esposizione: - percutanea (puntura o taglio), rischio dello 0,12% - contaminazione mucosa (per via congiuntivale >5 ml), il rischio si innalza allo 0,28% - contaminazione cute lesa, rischio nullo Sbobinatore: Martina Bagordo Revisore: Lorenzo Dijust 3.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 18/03/2025 HIV ESPOSIZIONE E RISCHIO DI TRASMISSIONE Un'infezione da HIV può verificarsi a seguito di tre tipi principali di esposizione: - Percutanea - Contaminazione mucosa - Contaminazione attraverso pelle lesa Il tasso di sieroconversione in caso di contaminazione mucosa (intesa come il contatto di una goccia di sangue con l’occhio, quindi una contaminazione congiuntivale) è il più elevato ed è pari a più del doppio rispetto al tasso di sieroconversione derivante da esposizione percutanea, come nel caso di una puntura. Quando si tratta un paziente HIV positivo sono molti i fattori che possono influenzare la possibilità di trasmissione. Tra questi i più influenti sono: - la quantità di materiale biologico a cui si è esposti: - lo stato di salute del paziente fonte di esposizione, inclusa la fase di malattia e se il paziente fonte e l'eventuale trattamento per l’infezione da HIV; - la quantità di virus circolante nel paziente fonte, ovvero la sua carica virale. - soggetto fonte NON in terapia antiretrovirale. È sempre fondamentale testare il paziente fonte, poiché questi fattori determinano la probabilità che il lavoratore venuto a contatto con il liquido biologico abbia contratto il virus. PROFILASSI POST ESPOSIZIONE (PPE) Oggi si dispone di un'importante risorsa per contrastare la trasmissione dell'HIV: la possibilità di intervenire nel periodo che intercorre tra l’esposizione iniziale al virus e il momento in cui esso inizia a replicarsi e a migrare verso i linfonodi. Studi sperimentali su animali hanno dimostrato che, dopo l’esposizione iniziale all’HIV, il virus si replica nelle cellule dendritiche della cute e della mucosa; queste cellule migrano poi attraverso i vasi linfatici verso i linfonodi entro le prime 48 ore, dando avvio a un'infezione sistemica. Esiste una terapia antivirale post-esposizione ad HIV che permette di trattare il paziente proprio in questo lasso di tempo, limitando la probabilità di sviluppare la malattia. Questo ritardo nella diffusione sistemica del virus lascia infatti una “finestra di opportunità” durante la quale è possibile somministrare farmaci antiretrovirali, attuando la cosiddetta Profilassi Post Esposizione (PPE). Se somministrata nelle prime ore successive all’esposizione, la PPE ha un'alta probabilità di ridurre significativamente il rischio di contrarre l’infezione. La PPE viene utilizzata principalmente in ambito lavorativo a seguito di infortuni, ma trova applicazione anche in altri contesti, come la trasmissione nella popolazione generale, i contatti sessuali o altre circostanze. Riassumendo, la PPE consiste nell’impiego di una terapia antiretrovirale (ARV) post-esposizione per ridurre il rischio di infezione da HIV. Si tratta di una misura consolidata di prevenzione del rischio di trasmissione occupazionale in ambiente sanitario, ma viene utilizzata anche in caso di esposizione non occupazionale, soprattutto nella prevenzione della trasmissione sessuale. Sbobinatore: Barbon Giada Revisore: Quagliarella Aurora 3.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 18/03/2025 FATTORI DI RISCHIO NELLA TRASMISSIONE ACCIDENTALE DI HIV I principali fattori che influenzano il rischio di trasmissione accidentale dell'HIV sono: Tipologia di liquido biologico coinvolto; Tipo di esposizione (congiuntivale, puntura superficiale o profonda, contatto con cute integra o lesa); Carica virale della fonte; Co-infezione HIV-HCV della fonte; Condizioni di salute dell’individuo esposto. Questi fattori devono essere considerati per valutare la probabilità di contrarre l’infezione e determinare l'opportunità di sottoporsi a un trattamento profilattico post-esposizione (PPE). Per quanto riguarda l'HIV, il tasso di sieroconversione è significativamente inferiore rispetto a quello degli altri virus epatitici, che in alcuni casi può raggiungere il 30%. Il rischio medio di sieroconversione per singola esposizione accertata all'HIV è: Esposizione percutanea (ad esempio, puntura con ago contaminato, taglio con bisturi o forbici): 0,25%-0,3%; Esposizione mucosa: 0,09%; Esposizione su cute lesa (ad esempio, cute dermatitica o lesionata): non stimato, ma inferiore a 0,09%; Esposizione su cute integra e di piccole dimensioni: rischio considerato nullo. Nel 2002, un documento emanato dal Ministero della Sanità ha stabilito che tutte le strutture sanitarie e di pubblico servizio devono implementare un sistema di gestione delle esposizioni a rischio di infezione da HIV, compresa la possibilità di fornire la PPE. Le aziende sanitarie devono quindi identificare al loro interno (o in strutture limitrofe raggiungibili entro il tempo raccomandato per l’inizio della profilassi) il personale sanitario responsabile dell'avvio della PPE. Si ricorda che, in caso di infortunio lavorativo biologico, è fondamentale avvisare immediatamente i responsabili e non perdere tempo, poiché la tempestività nell'iniziare la terapia PPE ne determina l'efficacia. Se somministrata entro le prime 4 ore, la terapia ha un'efficacia molto elevata; tuttavia, con il passare del tempo, la sua efficacia diminuisce progressivamente a causa della diffusione del virus. DEFINIZIONE DI INCIDENTE BIOLOGICO Si definisce "incidente con possibile esposizione a materiale biologico" qualsiasi situazione in cui l’operatore sanitario venga a contatto con: Sangue Liquidi organici, secrezioni ed escrezioni, indipendentemente dalla presenza di sangue, escluso il sudore Materiali organici, tessuti, materiale bioptico o anatomico A seconda del liquido biologico interessato, il rischio varia in maniera significativa. Gli infortuni a rischio biologico sono molto frequenti, rappresentando circa la metà degli infortuni nelle strutture sanitarie. Fortunatamente, nella quasi totalità dei casi, tali incidenti si risolvono con semplici controlli, ma non si può escludere completamente la possibilità di sviluppare malattie infettive. L’incidenza di sieroconversioni tra gli operatori in ambito lavorativo è estremamente bassa, con stime che si aggirano intorno a 10⁻⁵ secondo i dati SIROH e 10⁻⁶ secondo i dati INAIL. Sbobinatore: Barbon Giada Revisore: Quagliarella Aurora 3.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 18/03/2025 COSA BISOGNA FARE NEL CASO DI INFORTUNIO DI TIPO BIOLOGICO? Nel caso di un infortunio biologico, è fondamentale seguire le seguenti procedure: 1. Trattare il sito di esposizione: ○ Ferita da punta o taglio: far sanguinare la ferita per favorire la fuoriuscita del carico virale (se presente), quindi lavare immediatamente con acqua e sapone per almeno 10 minuti e disinfettare. ○ Contatto con cute non integra: lavare immediatamente con acqua e sapone per 10 minuti, poi disinfettare. Eventuali residui di materiali, come vetro o altre particelle, devono essere rimossi subito. ○ Contaminazione di mucose: lavare immediatamente con soluzione fisiologica o acqua per 15 minuti. 2. Comunicare immediatamente l’esposizione occupazionale: ○ Avvisare il preposto fornendo dettagli precisi su: Data e ora dell’esposizione dove e come, ovvero sito di esposizione e tipo di strumentario coinvolto Tipo e quantità di materiale biologico e gravità dell’esposizione Informazioni sulla fonte di esposizione o il paziente fonte (è fondamentale ottenere il permesso per prelievo per determinare il suo stato sierologico). ○ Se il paziente fonte è negativo, non vi è rischio per l’operatore esposto. ○ Se il materiale fonte è contaminato da HIV, HBV o HCV, o il paziente fonte è HIV positivo, è necessario avviare tempestivamente la terapia con la PPE. ○ Raccogliere il quadro clinico del paziente fonte (carica virale, terapie antiretrovirali, eventuali resistenze). ○ Fornire informazioni sull’operatore esposto (il lavoratore), inclusa la storia vaccinale (es. HBV), la risposta alle vaccinazioni e condizioni mediche (es. gravidanza, allattamento). 3. Valutare l’esposizione: è importante conoscere quali liquidi biologici aumentino il rischio di contrarre una infezione e quindi una sieroconversione. ○ Rischio alto: sangue, sperma, secrezioni vaginali, liquido cefalorachidiano, liquido sinoviale, pleurico, peritoneale, pericardico, amniotico. Sono fluidi biologici potenzialmente infettanti. Una significativa esposizione ad uno dei liquidi precedenti implica un elevato rischio di trasmissione di agenti patogeni e richiede ulteriori valutazioni ○ Rischio basso: urina, sputo, saliva, feci, vomito, secrezioni nasali, lacrime e sudore (salvo contaminazione visibile da sangue). 4. Recarsi presso il pronto soccorso (infortunio INAIL). ○ Differenza tra infortunio e malattia professionale: L’infortunio è legato a un’esposizione o un agente lavorativo che provoca una lesione concentrata nel tempo (es. caduta con frattura alla gamba → è un infortunio perché circoscritto al periodo del turno di lavoro). La malattia professionale deriva da esposizione prolungata nel tempo (es. ipoacusia per esposizione cronica al rumore). ○ Se l’esposizione riguarda un paziente HIV positivo, è necessario recarsi immediatamente presso il pronto soccorso o una struttura di malattie infettive per avviare la PPE. 5. Recarsi presso la medicina del lavoro: ○ Seguire un programma di controlli ed esami per monitorare eventuali sieroconversioni. Si ribadisce l'importanza di comunicare tempestivamente l'incidente al preposto e di valutare attentamente la fonte di esposizione, poiché questi passaggi sono cruciali per determinare la corretta gestione e prevenzione. Sbobinatore: Barbon Giada Revisore: Quagliarella Aurora 3.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 18/03/2025 Viene poi ricordato nuovamente cos’è la Profilassi post-esposizione (PEP), ovvero l’impiego di una terapia antiretrovirale (ARV) post-esposizione per ridurre in modo significativo il rischio di infezione da HIV. È una misura consolidata di prevenzione del rischio di trasmissione professionale in ambiente sanitario. CLASSIFICAZIONE DELLE PUNTURE ALTO RISCHIO: si verifica in seguito ad una lesione profonda (causante sanguinamento) da ago cavo pieno di sangue oppure a contatto diretto con virus concentrato in laboratorio di ricerca. A RISCHIO: si verifica in seguito ad una puntura con ago o ferita (causante sanguinamento) con presidio visibilmente contaminato da sangue oppure a un’esposizione di cute lesa o della congiuntiva a sangue o liquidi biologici visibilmente contaminati da sangue BASSO RISCHIO: - lesione superficiale/graffio senza sanguinamento; - esposizione di lesione in fase di cicatrizzazione o di mucosa (diversa dalla congiuntivale), a sangue o a liquidi biologici visibilmente contaminati da sangue; - contatto prolungato di una vasta area cutanea con sangue o ferita da morso; - lesioni con presidi non visibilmente contaminati da sangue. NESSUN RISCHIO: si verifica nel caso di contaminazione di una piccola porzione di cute integra con sangue. La pelle integra di un individuo sano è una barriera sostanzialmente insormontabile per la quasi totalità degli agenti biologici. Una ferita profonda, una puntura con ago cavo utilizzato per prelievo, la presenza di sangue in quantità visibile sulla superficie del presidio implicato nell’incidente e una contaminazione congiuntivale sono fattori che aggravano qualsiasi livello di rischio. MALATTIE TRASMESSE PER VIA AEREA Il rischio biologico associato alle malattie trasmesse per via aerea include principalmente il contatto con pazienti affetti da influenza e tubercolosi. INFLUENZA Attualmente esiste un efficace sistema di protezione contro l'influenza, rappresentato dall'immunizzazione attiva, ossia la vaccinazione. Ogni anno, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) identifica i ceppi virali responsabili dell'epidemia influenzale, sulla base dei quali viene sviluppato il vaccino. La vaccinazione è particolarmente raccomandata agli operatori sanitari, poiché sono soggetti a una significativa campagna vaccinale, non solo per proteggere sé stessi, ma anche per tutelare i pazienti. La vaccinazione permette quindi sia di ridurre la probabilità di contrarre che di diffondere la malattia TUBERCOLOSI La tubercolosi (tbc) è una patologia che colpisce principalmente l'apparato respiratorio ed è causata dal Mycobacterium tuberculosis. Dal punto di vista sintomatologico tra i sintomi più gravi c’è la tosse persistente che si prolunga per almeno 3 settimane, la presenza di espettorato striato di sangue, dolore toracico, febbre, sudorazioni notturne, stanchezza e perdita di peso. Tuttavia, alcuni di questi sintomi possono passare inosservati poiché, ad eccezione dell'espettorato striato di sangue e del dolore toracico, Sbobinatore: Barbon Giada Revisore: Quagliarella Aurora 3.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 18/03/2025 sono comuni a molte altre patologie respiratorie. Pertanto, la diagnosi di tubercolosi non è sempre semplice. La tubercolosi è una malattia diffusa a livello globale e, se non trattata adeguatamente, può portare al decesso. Nel 2017, si sono registrati circa 10 milioni di casi di tubercolosi nel mondo, con 1,6 milioni di decessi. Si stima che circa un terzo della popolazione mondiale possa essere portatore del batterio. In Italia, la tubercolosi è considerata una malattia a bassa incidenza, con meno di 10 casi ogni 100.000 abitanti. Tuttavia, in altre aree del mondo la malattia è altamente diffusa. La Tbc si trasmette per via aerea, principalmente attraverso starnuti o colpi di tosse. Dopo essere venuti a contatto con un paziente a cui è stata diagnosticata tale patologia, la probabilità sviluppare la malattia non è particolarmente alta. Essa dipende da una serie di fattori: - Il paziente deve presentare una Tbc polmonare attiva (non deve cioè aver già fatto la terapia), aperta e bacillifera. Nella maggior parte dei casi è polmonare ma può essere anche laringea; - La carica batterica deve essere consistente: - Il malato non deve essere in terapia; - Ricambio d’aria ambientale scarso o assente. Sbobinatore: Barbon Giada Revisore: Quagliarella Aurora 3.2 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 18.03.2025 TUBERCOLOSI Tubercolosi latente (ITBL): non è infettiva e quindi un individuo affetto può condurre una vita tranquilla senza mettere in pericolo nessuno. È un quadro clinico privo di sintomi e non è contagiosa. Si stima che circa 1/3 della popolazione mondiale ne sia affetta e costituisce un “serbatoio umano” perché in questi soggetti, nonostante il contatto con il micro-batterio della tubercolosi, il sistema immunitario è stato in grado di rendere tale malattia latente, non sviluppando la malattia vera e propria. In questi soggetti il test diagnostico per la tubercolosi sarà positivo, ma i sintomi saranno assenti, la radiografia del torace sarà normale. Il lavoratore in questione avrà una probabilità aumentata di sviluppare la malattia in fase attiva all’infezione (specialmente nei primi 2-5 anni) ed è questa la ragione per cui il paziente viene inviato da uno specialista pneumologo che valuta la situazione e la terapia. Trattamento forme latenti: terapia profilattica durante il quale il soggetto può continuare a lavorare/ studiare ed avere normali attività (il soggetto è idoneo perché non ha la malattia e non è contagioso). È una terapia che dura diverse settimane ed è in grado di ridurre la probabilità di sviluppare la malattia vera e propria. La diagnosi per la tubercolosi e infezione tubercolare latente si effettua con il test Mantoux o con il test Quantiferon. Prevenzione negli operatori sanitari 1. Valutazione del rischio di trasmissione nosocomiale della TBC: Le strutture dell’Aziende Sanitaria sono state classificate in 3 aree a seconda del numero dei contatti/anno con il M. Tuberculosis a. Alto: laboratori di microbiologia polmonare, malattie infettive, servizio broncologia b. Medio: pneumologia, pronto soccorso, radiologia, anatomia patologica (personale di sala settoria) c. Basso: tutte le altre strutture aziendali di assistenza. 2. Attivazione di un programma di controllo modulato sulla base del rischio attuale di trasmissione della TBC. 3. Sorveglianza e profilassi individuale degli operatori. Come si fa la diagnosi: Test mantoux: iniezione intradermica a livello dell’avambraccio sinistro di una soluzione di tubercolina 5UI (o PPD). La lettura viene eseguita a distanza di 48-72h, se il test è positivo avviene una reazione localizzata che consiste in un indurimento sottocutaneo di almeno 10 mm. Invece sotto i 5mm il soggetto è negativo e tra 5-10 mm è borderline. Test Quantiferon: attraverso prelievo di sangue Sbobinatore: Nicole Bossi Revisore: Annalisa De Zan 3.2 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 18.03.2025 IMMUNIZZAZIONE ATTIVA: vaccinazioni nel personale sanitario Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV 2017-2019) La base legislativa delle vaccinazioni nei lavoratori a rischio è il Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81, che all'articolo 279 recita: 1. I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria. 2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali: - la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all'agente biologico presente nella lavorazione. Il PNPV ribadisce la necessità delle vaccinazioni negli OS per proteggere sia gli operatori sanitari sia I pazienti, viene raccomandata la vaccinazione per: Anti-epatite B Anti-influenzale Anti-morbillo, Anti-parotite, Anti-rosolia (MPR) Anti-pertosse e Anti-varicella A queste vaccinazioni va comunque aggiunta la vaccinazione contro difterite e tetano che è raccomandata ogni 10 anni per tutti i soggetti adulti Il Friuli-Venezia Giulia offre gratuitamente questi vaccini agli operatori sanitari. Riprendendo dalla Carta di Pisa delle vaccinazioni negli operatori sanitari, come già ripetuto più volte, i vaccini devono essere considerati fondamentali strumenti di prevenzione primaria nella lotta a numerose infezioni e malattie infettive di grande impatto sanitario, sociale ed economico per l'intera collettività La vaccinazione dell'operatore sanitario (OS) ha una valenza multipla: serve a proteggere l'operatore dal rischio infettivo professionale, serve a proteggere i pazienti e i cittadini dal contagio in ambiente assistenziale e comunitario, serve a difendere l'operatività dei servizi assistenziali, garantendo la qualità delle prestazioni erogate. PROCEDURA PER IL LAVAGGIO DELLE MANI Le mani sono la principale via di trasmissione di germi. Per prevenire la trasmissione di germi patogeni la misura più importante da adottare è il lavaggio delle mani. A tale proposito si ricorda che l'utilizzo dei guanti non è sostitutivo rispetto al lavaggio delle mani, ma complementare. Il lavaggio delle mani va effettuato nei seguenti casi: in caso di contatto accidentale con materiale biologico e con agenti chimici prima di indossare i guanti dopo aver tolto i guanti prima di mangiare Sbobinatore: Nicole Bossi Revisore: Annalisa De Zan 3.2 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 18.03.2025 RISCHIO ALLERGOLOGICO E DERMATITI RISCHIO ALLERGOLOGICO: IL LATTICE I tipi di guanti possono essere in: Lattice: guanti più chiari, molto elastici, comodi e mantengono la sensibilità fine Vinile: guanti meno elastici, di buona qualità Nitrile: guanti con spessore più elevato e più azzurri Polietilene: guanti che si trovano raramente nei reparti. Il lattice è allergizzante e ciò lo confermano i dati registrati nella struttura di Trieste, dove è stata valutata la percentuale di soggetti allergici al lattice: il 1.37% della popolazione generale è allergica al lattice Il 4.32% dei lavoratori dell’ospedale è allergica al lattice (circa 4 volte tanto) Si può dedurre che l’utilizzo dei guanti di lattice aumenta il numero di allergici. Tra i problemi dell’utilizzo del lattice vi sono: Dermatite alle mani con un OR= 2.46 (I lavoratori dell’ospedale esposti al lattice hanno un rischio aumentato di 2,46 di avere dermatite alle mani rispetto a quelli che non sono in contatto) Asma o respiro sibilante con un OR= 1.55 Rinocongiuntivite con un OR= 2.73 Nel 2000 è stato fatto un intervento a livello locale: I guanti in lattice sono stati sostituiti da guanti in lattico privi o con poco polverino lubrificante e nella scelta dei guanti si è prestata attenzione ad utilizzare un lattice a basso rilascio di proteine (capitolati). Inoltre, sono stati messi a disposizione per tutti guanti in polivinile o polietilene e anche guanti latex free per gli allergici o sintomatici. A distanza di 6 anni dall’intervento, è stata fatta una nuova valutazione in cui è emersa una diminuzione significativa dei sintomi. In particolare, risultavano diminuiti i sintomi di tipo irritativo, ma anche le orticarie e le dermatiti allergiche. Questi dati sono avvalorati anche dai risultati dai vari studi fatti anche nel resto del mondo, come negli Stati Uniti in cui si è notato che se si riduce l’esposizione all’antigene (lattice) si riduce l’insorgenza dei disturbi legati ad esso. Il lattice è ancora un problema, ma si possono mettere in atto delle strategie come: bandire i guanti con lubrificante pulverulento usare guanti in lattice di buona qualità solo quando servono usare mezzi di protezione diversi (nitrile, vinile polietilene) se non è necessario il lattice fare in modo che gli allergici non usino guanti in lattice Sbobinatore: Nicole Bossi Revisore: Annalisa De Zan 3.2 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 18.03.2025 DERMATITI Le patologie cutanee sono la seconda causa di malattia professionale in Europa e in particolare le dermatiti costituiscono il 30% di tutte le patologie professionali. La dermatite interessa spesso I giovani a causa del cambio di attività lavorativa e gli operatori sanitari che entrano in contatto con determinati agenti. Gli agenti più comuni di dermatite da contatto sono: 1. Utilizzo di mezzi di protezione 2. Contatto con gomma e sue componenti 3. Utilizzo di saponi e detergenti (agenti irritanti) 4. Lavori cosiddetti umidi, che implicano un contatto prolungato con acqua Dermatiti: patologie Dermatiti irritative da contatto (DIC) Dermatiti allergiche da contatto (DAC) Orticaria: è una reazione allergica di primo tipo ovvero una reazione rapida che può essere causata dall’esposizione al lattice, ad esempio, e presenta una manifestazione pomfi. Sbobinatore: Nicole Bossi Revisore: Annalisa De Zan 4.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 25.03.2025 La professoressa riprende l’argomento della scorsa lezione DERMATITI IRRITATIVE DA CONTATTO (DIC) Sono dermatiti che insorgono dal contatto con sostanze irritanti: per queste dermatiti; infatti, ci sono alla base azioni talvolta di tipo meccanico, talvolta di irritazione diretta dello strato cutaneo DERMATITI ALLERGICHE DA CONTATTO (DAC) Sono dermatiti di tutt’altro meccanismo ezio-patologico: il meccanismo è allergico che porta alla formazione di una reazione allergica di quarto tipo e che spesso ha, dal punto di vista clinico, manifestazioni simili al punto da poter essere confuse (nonostante la dermatite allergica porta a forte prurito). Questo tipo di dermatite non dipende dalla quantità, bensì basta il minimo contatto per scatenare una risposta importante (basti pensare alle persone allergiche al pelo dei gatti, è sufficiente anche solo sedersi in una zona). MANIFESTAZIONI La foto raffigura una reazione da dermatite allergica. L’eritema, più o meno importante, ha un’evoluzione desquamativa e associabile ad intenso prurito, solitamente insorge in tempi prolungati, circa qualche giorno dopo il contatto. Ne è esempio la “dermatite da bigiotteria”, dovuta alla sensibilizzazione spesso del nichel, cobalto, cromo, ma anche gomma. La diagnosi viene eseguita tramite “Patch Test”, eseguito sul dorso del paziente, applicando dei cerchietti metallici contenenti diverse sostanze, tra quelle più comunemente allergizzanti. Nel corso dei giorni seguenti vengono fatte due letture per valutare le reazioni locali. La foto raffigura una reazione da orticaria (dermatite irritativa). Sono visibili i ponfi, ossia lesioni simili a punture di zanzare, a volte confluenti e molto pruriginose. L’insorgenza è di solito molto rapida (circa 15 min). Ne sono esempio tutte le sostanze che sono in grado di dare un’irritazione alla nostra cute per mezzo di una lesione del film protettivo della pelle. Gli agenti chimici responsabili sono solventi, acidi, ma anche detergenti, disinfettanti. Anche la stessa acqua può causare dermatite da contatto; per questo motivo, le professioni che ne fanno uso quotidiano sono a maggiore rischio. La sostanza più comune tra gli operatori sanitari è, invece, il lattice. Sbobinatore: Chiara Scroccaro Revisore: Riccardo Mattarollo 4.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 25.03.2025 PREVENZIONE Per evitare l’insorgenza di irritazioni o dermatiti sopra citate, esistono delle linee guida generali volte a prevenire ogni forma di rischio. Le principali sono: - Evitare di tenere le mani bagnate e asciugarle bene; - Usare guanti consoni a seconda del tipo di attività (latex-free, alternativi ai soliti in lattice); - Lavare le mani con saponi a pH acido (5.5) perché chiude lo strato corneo; - Utilizzare il gel idroalcolico è meglio del lavarsi le mani se la cute non è molto sporca (non è più irritante dell’acqua, continente alcool ma anche agenti idratanti); - Non indossare bigiotteria sul lavoro perché si possono annidare batteri; - Uso di crema idratante (meglio senza profumi e additivi); La professoressa afferma che ci sono studi che mostrano che le dermatiti da contatto sono la prima causa tra i giovani di abbandono dell’ambiente di lavoro, perché alla base c’è una sottovalutazione del rischio, che però sfocia in casi anche più gravi. RISCHIO ERGONOMICO È il rischio da spostamento di carichi e pazienti. Si studia perché il mal di schiena è una patologia molto diffusa, una delle più comuni, anche nelle professioni sanitarie (si pensi, ad esempio, alla movimentazione del paziente sul lettino). Si stima infatti che il 70% delle persone nel corso della loro vita abbiano avuto almeno un episodio di mal di schiena. Il mal di schiena in generale è un disturbo che può essere segno di patologie varie ma il sintomo in sé è estremamente comune. I disturbi in carico al rachide nei lavoratori sono: mal di schiena (30%), stress (28%), dolori a collo e spalle (23%), dolori agli arti superiori (13%), dolori agli arti inferiori (12%). Se le patologie occupazionali sono andate gradualmente diminuendo negli anni, sono andate aumentando invece le malattie lavoro-correlate, (Work related deaseses). Queste sono patologie che aumentano negli esposti al rischio ma che possono riconoscere anche altre cause. Aumenta quindi la probabilità negli esposti, ma non sempre questa è sufficiente perche sono patologie multifattoriali (come la lombalgia, dolori osteo-articolari o ernia discale). Il fattore lavorativo è quindi una con-causa della patologia. “La sola esposizione lavorativa non sempre è un fattore predittivo del tipo e dell’entità delle manifestazioni cliniche” (Snook, 1999). Negli anni, l’età media dei lavoratori si sta alzando, motivo per cui i lavoratori manifestano una serie di disturbi o modificazioni fisiologiche correlati all’età. Le persone sopra i 55-60 anni sono già considerati lavoratori anziani che con molta probabilità svilupperanno artrosi o altre patologie. DISTURBO LOMBARE ASPECIFICO I sintomi sono diversi; il più classico è il lower back pain, dolore a livello lombare aspecifico che interferisce con le normali attività quotidiane. Si stima che 7 persone su 10 abbiano sperimentato questo tipo di dolore. Sbobinatore: Chiara Scroccaro Revisore: Riccardo Mattarollo 4.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 25.03.2025 LOMBALGIA ACUTA Molto meno frequente è la lombalgia acuta, il cosiddetto “colpo della strega”, è un dolore lombo- sacrale che costringe all’immobilità per almeno due giorni (frequenza del 15%). SCIATICA Con sciatalgia, invece, si intende un dolore non sol lombare ma che si irradia agli arti inferiori, dovuto alla compromissione delle radici a livello lombare-sacrale. (frequenza del 5%) Essendo tutte malattie correlate al lavoro, si è andati a studiare quali siano i fattori fisici o meccanici nelle attività lavorative che più hanno influenza nell’insorgenza di queste patologie. Movimentare pazienti, sacchi, scatole oppure lavorare nell’edilizia ha un’influenza sicuramente importante. Anche l’esposizione alle vibrazioni causate da mezzi meccanici per molte ore al giorno sottopone il rachide a delle sollecitazioni che portano l’insorgenza di patologie lombari. ERGONOMIA FISICA L’ergonomia fisica è l’insieme di tutte le caratteristiche dell’uomo in relazione all’attività lavorativa. Lo studio di questa relazione ci permette di avere un quadro che ci consente di lavorare limitando l’esposizione al rischio ed evidenzia l’importanza di movimentare i carichi nel modo corretto. La figura descrive le due modalità in cui un soggetto può sollevare un carico. L’uomo con la schiena colorata di verde solleva il carico in modo corretto, con la schiena dritta, retta. L’uomo con la schiena rossa invece ha una posizione scorretta, inarcata. Le forze per quella verde si distribuiscono in maniera omogenea e simmetrica a livello del disco intervertebrale (L3-L4). In quella rossa invece le forze vengono trasmesse in maniera irregolare ed asimmetrica, con una forza maggiore che tende a far uscire uno di questi vettori verso l’esterno, tendendo così ad una formazione erniaria. I chili che si vedono raffigurati in figura non sono i chili sollevati ma una stima del peso che si fa a distribuire a livello delle nostre vertebre lombari in diverse situazioni: l’uomo perfettamente in piedi corrisponde ad un peso di 70 kg mentre l’uomo che solleva il bilanciere con la schiena curva corrisponde ad un peso di 340 kg. Se l’uomo lo solleva correttamente il peso corrisponde a 210 kg, quasi 2 volte in meno al precedente. Sbobinatore: Chiara Scroccaro Revisore: Riccardo Mattarollo 4.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 25.03.2025 Questo si ripercuote sulla funzionalità dei dischi intervertebrali. Un carico leggero è preferibile per mantenere la funzionalità dei nostri dischi intervertebrali, con un carico intenso possiamo avere delle lesioni (microfratture, alterazioni della cartilagine, degenerazione del disco). Muoversi in maniera corretta influisce quindi sulla funzionalità del nostro rachide e può determinare l’insorgenza o meno di patologie della schiena. I carichi si sollevano tenendo il peso il più vicino al corpo possibile. Per sollevare o spostare oggetti ci sono delle aree in cui si può fare in sicurezza. Normalmente viene indicata l’area che va dalle spalle alle spine iliache (gli infermieri e gli oss, per spostare i pazienti, devono posizionare i letti proprio in queste zone). Evitare sollevamenti al di sopra della linea delle spalle o sotto le ginocchia. VALUTAZIONE DEL RISCHIO Nella valutazione del rischio conta sicuramente il tipo di pazienti: i reparti con pazienti che sono autosufficienti sono diversi dai reparti pediatrici o chirurgici, dove i pazienti hanno la necessità di aiuto esterno. Si esegue la valutazione del rischio: se è possibile eliminarlo, lo si elimina, se ciò non è possibile si cerca di attuare delle modalità di contenimento. Nel caso il rischio dovesse permanere si può: - Dotare il reparto di attrezzature idonee che aiutano i lavoratori a spostare i pazienti - Formare e informare i lavoratori del rischio ergonomico eventuale - Garantire la sorveglianza sanitaria Per la valutazione del rischio si utilizza per lo più la metodica NIOSH, metodo utilizzabile in ambito industriale ma non in ambito sanitario. Sbobinatore: Chiara Scroccaro Revisore: Riccardo Mattarollo 4.2 salute e sicurezza 25/03/2025 VALUTAZIONE DEL RISCHIO RIGUARDO ALLA MOVIMENTAZIONE CARICHI Per valutare il rischio in ambito industriale viene usato il modello NIOSH che tiene conto del tipo di carico (quanto pesa), a che altezza ci si trova, quanta distanza si deve fare per trasportarlo, frequenza dello spostamento (esempio: uno in tutta la giornata o uno ogni due minuti) e lo spostamento angolare necessario per spostarlo. Tutto questo ci offre un’indicazione di quant’è il rischio da movimentazione carichi. Tuttavia, questo metodo non è applicabile in ambito ospedaliero ed in questo contesto viene usato un altro metodo chiamato MAPO (movimentazione e assistenza pazienti ospedalizzati), che va a valutare in modo integrato il contributo dei principali fattori di rischio da movimentazione di pazienti ospedalizzati. Dipende da alcuni fattori come:  Tipologia di pazienti in quanto essi possono essere collaboranti o no  Reparto ospedaliero  Numero di operatori  La formazione stessa degli operatori in quanto una maggiore formazione riduce il rischio  Gli ausili, che sono tutti quegli strumenti che il datore di lavoro fornisce per ridurre il rischio ergonomico, come per esempio il sollevatore Se vengono seguite le procedure corrette, il carico ergonomico verrà ridotto notevolmente MOVIMENTI RIPETUTI È lo stesso movimento ripetuto per diverse volte in un minuto, ovvero un compito che ha cicli della durata uguale o inferiore ai 15 secondi che si ripetono per 4 ore al giorno. Esempio: i movimenti effettuati dai lavoratori nelle linee di produzione. Le conseguenze di questo movimento dipendono dall’area interessata come spalle, gomiti, polsi. Un esempio è il tunnel carpale che interessa il polso (sindrome da intrappolamento); a livello di questa articolazione passano numerose strutture di varia natura (nervose, tendinee ecc…) che si trovano in uno spazio ristretto e un’attività svolta in modo ripetuto a carico di questa articolazione (come per esempio nei lavori di lavorazione delle carni, in cui è presente anche una componente riguardante l’intensa forza applicata per tagliarle) va a dar luogo ad una compressione di un nervo chiamato nervo mediano che genera disturbi a livello della mano (nelle prime 3 dita, di solito parestesie). I disturbi sono prevalentemente notturni e più frequenti nel genere femminile. Per prevenire questa tipologia di problematiche si può ridurre la frequenza dei movimenti, riposare durante i compiti ripetitivi, variare la mansione. DPI (DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE) I dispositivi di protezione individuale sono: qualsiasi attrezzatura (anche accessoria) che deve essere indossata dal lavoratore per proteggerlo da uno o più rischi. Ne esistono di vari tipi come guanti, mascherine, visiere, scarpe antinfortunistiche (in alcune fabbriche). Deve essere un’attrezzatura indossata o portata dall’operatore per proteggerlo da uno o più rischi (devono essere specifici per quel determinato rischio). I DPI si usano nel momento in cui le misure di protezione collettiva non sono sufficienti a proteggere adeguatamente ogni operatore da un rischio specifico. NON sono DPI:  Indumenti di lavoro ordinari (es: la divisa dell’ospedale)  Materiali di autodifesa  Apparecchi portatili per segnalare fattori nocivi I DPI devono avere delle caratteristiche:  Marcati CE  Essere idonei e mirati al rischio Sbobinatore: Mattia La Mura Revisore: Ricardo De Cesco 4.2 salute e sicurezza 25/03/2025  Adeguati alle condizioni di lavoro esistenti (devono essere portati in maniera abbastanza confortevole per poter svolgere al meglio la mansione)  Compatibili con le esigenze del lavoratore (esempio infermiere allergico alla gomma necessiterà di guanti fatti da un’altra componente) Il datore di lavoro è obbligato a fornire i DPI con tutte le caratteristiche sopra citate ai suoi dipendenti e a formarli per il loro coretto utilizzo (per esempio fornendo video sul loro utilizzo). Esistono degli obblighi anche da parte dei lavoratori ovvero devono usare i DPI e a conservarli in maniera corretta. I preposti e dirigenti devono vigilare affinché i DPI vengano usati correttamente. I DPI vengono scelti dal datore di lavoro in collaborazione con l’RSPP, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e con il mendico competente Le mascherine sono degli esempi di DPI (chirurgiche, ffp1, ffp2 e ffp3) I DPI si dividono in 3 categorie:  Primo tipo: proteggono da danni fisici di lieve entità (guanti, tute e occhiali)  Terzo tipo: salvaguardano da rischi di morte o lesioni gravi e di carattere permanente (maschere anti-gas, pantaloni e guanti antitaglio, cuffie anti-rumore, imbracature per cadute)  Secondo tipo sono tutti quelli che non sono ne di primo ne di terzo tipo Sbobinatore: Mattia La Mura Revisore: Ricardo De Cesco 5.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 01.04.2025 RADIAZIONI IONIZZANTI Le radiazioni ionizzanti trovano applicazione in moltissimi ambiti, come quello chirurgico, in cui vengono adoperate macchine radiogene per coadiuvare il chirurgo in specifiche procedure. Sono impiegate, ad esempio, in ortopedia (per verificare durante l’intervento la corretta posizione dei mezzi di sintesi), neurochirurgia, urologia, emodinamica, elettrofisiologia e cardiologia (pazienti che necessitano di pacemaker). Le radiazioni ionizzanti rappresentano un rischio non visibile, che non si avverte con i sensi, ma risulta estremamente importante conoscere la loro natura e adottare le giuste precauzioni per agire in sicurezza. Riconoscere il rischio da radiazioni ionizzanti è fondamentale per evitare di sottovalutarlo o sopravvalutarlo. L’esposizione a radiazioni ionizzanti è un pericolo, può avere degli effetti a breve e lungo termine, ma se si lavora in sicurezza il rischio è minimizzato. Il Decreto legislativo 101/2020 è la legislazione che racchiude tutte le norme relative all’utilizzo di radiazioni ionizzanti e alla radioprotezione. Questo decreto attua una serie di direttive europee, che forniscono linee guida basate sulla letteratura scientifica e vengono recepite dai singoli stati membri nelle rispettive normative nazionali. Gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti sull’individuo esposto: - Effetti somatici sull’individuo esposto, si suddividono in deterministici e stocastici. I danni deterministici sono danni dose-dipendenti, si manifestano al raggiungimento di un determinato valore soglia. Esempi di tali danni includono le radiodermiti, la sindrome acuta da esposizione elevate, la cataratta. Nell’ambito della radioprotezione, l’obiettivo è evitare che la popolazione lavorativa esposta subisca danni di questo tipo. È fondamentale garantire che nessun lavoratore raggiunga i valori soglia che lo esporrebbero a danni deterministici. I danni stocastici sono di natura probabilistica e sono correlati all’insorgenza di neoplasie. Le radiazioni ionizzanti sono classificate come agenti cancerogeni di tipo 1, poiché aumentano la probabilità che l’individuo esposto sviluppi certe neoplasie. Inoltre, hanno una modalità di insorgenza molto diversa dai danni deterministici. - Effetti sull’embrione e sul feto. Durante la gravidanza è assolutamente vietata l’esposizione a radiazioni ionizzanti. - Aspetti normativi: sotto il profilo normativo, il D.lgs. 101 fornisce indicazioni chiare e accurate sulla sorveglianza sanitaria, sulla classificazione dei lavoratori e sulla formazione degli stessi. - Effetti genetici: le radiazioni ionizzanti possiedono una quantità di energia sufficiente da agire a livello genetico, ionizzando a livello atomico e provocando danni alle strutture biologiche che attraversano. L’interazione a livello del nucleo del DNA causa mutazioni e aberrazioni cromosomiche. Sbobinatore: Lisa Scanferla Revisore: Adriana Bargan 5.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 01.04.2025 LIVELLI DI ESPOSIZIONE Esposizione in termini di popolazione generale ed operatori esposti: tutti sono esposti a radiazioni ionizzanti e diverse sono le cause dell’esposizione. Fondo naturale: esposizione a radiazioni ionizzanti dovute a cause naturali. Raggi cosmici: più aumenta l’altitudine, più si è esposti ai raggi cosmici. A seconda del luogo in cui si abita, il livello di esposizione può variare, per via della composizione del terreno e delle rocce, che possono contenere isotopi o altri componenti che espongono gli individui a radiazioni. Radon: è un gas radioattivo prodotto naturalmente dal terreno che entra nelle case dalle tubature, dalle cantine o scantinati. Si accumula soprattutto nei piani bassi delle case e può aumentare il rischio di sviluppare neoplasie polmonari. Fondo di esposizione artificiale: esposizione a radiazioni ionizzanti dovute a cause artificiali Radiografie – l’esposizione avviene durante gli esami diagnostici che utilizzano radiazioni ionizzanti. L'incidente nucleare avvenuto a Chernobyl ha rilasciato una quantità significativa di radiazioni ionizzanti nell'ambiente circostante, con il fall-out di radioisotopi a lunga emivita. Trattamenti con radiazioni ionizzanti, come la radioterapia oppure la tomografia computerizzata TAC. I livelli di esposizione per fondo naturale in Italia si aggirano intorno a 3-3,5 mSv l’anno. I lavoratori radioesposti per cause artificiali vengono classificati in base alla tipologia di attività svolta, alla distanza mantenuta dalla fonte di radiazione e al numero di procedure eseguite: - esposizione < 1 mSv/anno, il lavoratore è considerato NON radioesposto; - esposizione 1-6 mSv/anno, il lavoratore è esposto in categoria B; - esposizione 6-20 mSv/anno, il lavoratore è esposto in categoria A Se non si è suscettibili a radio esposizione non si ha bisogno di sorveglianza sanitaria. Tuttavia, chi appartiene alla categoria A deve essere sottoposto a sorveglianza sanitaria costante. EFFETTI SOMATICI DETERMINISTICI Un sistema di radioprotezione che funziona non deve mai permettere a un lavoratore l’esposizione a danni deterministici, ma deve annullare totalmente i danni deterministici. Gli effetti deterministici sono: Dose-dipendenti, si manifestano quando all’aumentare dell’entità di esposizione, si raggiunge un determinato valore soglia al di sopra del quale tutti i lavoratori manifestano lo stesso danno. La gravità è proporzionale alla dose: all’aumentare della dose, aumenta la gravità del danno. La velocità è proporzionale alla dose: all’aumentare della dose, aumenta la velocità con cui il danno si manifesta. L’insorgenza è precoce, con una latenza inversamente proporzionale alla dose assorbita. Esempi di effetti deterministici che si conoscono per eventi accidentali o bellici, in cui gli individui furono esposti a dosi molto importanti: Sindrome acuta da radiazioni (SAR): si verifica a causa di livelli estremamente elevati di esposizione prolungate nel tempo. La tabella mostra le cause di morte in relazione alla Sbobinatore: Lisa Scanferla Revisore: Adriana Bargan 5.1 Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro 01.04.2025 dose soglia assorbita, le stime derivano dalla valutazione di alcuni sopravvissuti all’incidente di Chernobyl. o All’aumentare della dose soglia si manifestano le sindromi più gravi. Per dosi soglia più contenute si manifesta la sindrome emopoietica, con interessamento di tutte le cellule del sangue. Si osservano effetti come la diminuzione dei globuli rossi con comparsa dell’anemia, la riduzion