Psicologia Generale PDF
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This document provides an overview of general psychology, including its common understanding, etymology, and different approaches. It discusses the evolution of the discipline, from studying the soul to the scientific study of behavior and mental processes. It explores the different schools of thought (e.g., Wundt, Brentano) and the methods used in psychological research. The document also touches upon the ethical and reproducibility issues related to modern psychological research.
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PSICOLOGIA GENERALE Cosa pensa la gente comune, dizionario ed etimologia, della PSICOLOGIA La PSICOLOGIA POPOLARE Per lo più tutti conoscono un solo psicologo (Sigmund Freud). Il libro più letto è di gran lunga “L’interpretazione dei sogni” CHE COS'È LA PSICOLOGIA? Quattro...
PSICOLOGIA GENERALE Cosa pensa la gente comune, dizionario ed etimologia, della PSICOLOGIA La PSICOLOGIA POPOLARE Per lo più tutti conoscono un solo psicologo (Sigmund Freud). Il libro più letto è di gran lunga “L’interpretazione dei sogni” CHE COS'È LA PSICOLOGIA? Quattro approcci per capire cos’è la psicologia 1. Leggere la de nizione tratta dal vocabolario 2. Studiare l’etimologia della parola 3. Veri care di ciò che fanno gli psicologi 4. Studiare della storia della disciplina La PSICOLOGIA nei vocabolari ha due anime: speculativa e sperimentale (1971-2008) Poi conscia e inconscia (2000) Studia anima e spirito (1955) Studia l’uomo e l’animale (1987) Studia anima e corpo (1971) Riassumendo: - ha molte anime - Il concetto di PSICOLOGIA della gente comune = Personalità, Freud, Recalcati, lettino, inconscio - La parte che viene studiata molto dagli psicologi ma che non arriva alla gente comune = sperimentale, animale, comportamento - Osservando come cambiano le sue de nizioni nei vocabolari nel tempo, scopriamo che la psicologia ERA la scienza dell’anima e dello spirito ma ora è la scienza del comportamento e dei processi mentali. Nei dizionari la psicologia non è la scienza del cervello (ma in parte lo sta diventando). fi fi fi - Per la gente comune, psicologia = Freud, ma costui è morto nel 1939 (84 anni fa!) molto prima della nascita della totalità del corpo docente che insegna psicologia nelle università italiane. ETIMOLOGIA: LOGIA = riferimento a qualcosa di razionale PSICO = lascia intendere l’oggetto d’esame, ma è di signi cato dubbio. Vuol dire letteralmente ANIMA con 2 signi cati, entrambi sono oggetto di studio: - Principio, sostanza vitale = Studiare l’oggetto in sé, la sua essenza, come è fatto, di quali parti si compone e come funzionano. - Carattere personale, modo di agire. = Scienza che si occupa di capire COME funziona l’uomo (o animale) e spiega PERCHÉ l’uomo si comporta in una certa maniera oppure un’altra. Studia l’oggetto in sé, ovvero la sua essenza, come è fatto, di quali parti si compone e come funzionano. SECONDO VICARIO (2001) Il primo signi cato (principio) si riferisce alla psicologia generale: la psicologia che studia percezione, memoria, pensiero (etc.) umani (o animali) Il secondo signi cato (carattere personale) si riferisce alla psicologia dinamica, la psicologia che studia le “forze” che spingono i comportamenti, gli a etti, le decisioni (etc.) di una persona. COSA FANNO GLI PSICOLOGI DELL’ACCADEMIA? La lista degli argomenti di ricerca della psicologia è stilata dalla APA (American Psychological Association). La psicologia studia ormai ogni settore della vita civile (e non). STORIA Periodo di inizio della psicologia scienti ca contemporanea: metà 800. Posizioni che tagliano la psicologia in due: Wundt (1832-1920): la psicologia deve adottare il metodo sperimentale e collegarsi alla siologia (orientamento siologico) = riduzionismo. Brentano (1838-1917): i fatti mentali non possono essere ricondotti ai fatti siologici = antiriduzionismo. I metodi proposti da B. sono l'analisi fenomenologica e la dimostrazione. Esiste la coscienza. La di erenza dell'approccio di questi due capostipiti sta nel fatto se la psicologia si occupi: – del cervello (Wundt) – della mente (Brentano) fi ff fi fi fi fi fi fi fi ff INFORMARSI SULLA PSICOLOGIA Da dove attingere le informazioni: libri o riviste scienti che. Possono essere entrambi ina dabili (chiunque può scrivere un libro e pubblicate riviste anche di dubbia scienti cità). RIVISTE Alcuni titoli di alcune molto prestigiose (lingua inglese): – Annual Review of Psychology – Psychological Bullettin – Psychological Review Esistono 2 tipi di riviste: tradizionali (autore non paga per pubblicare) e open access (autore paga la publicazione, quindi chiunque può farlo). Gli articoli scienti ci che riportano i risultati di ricerche empiriche (e quindi anche quelli di psicologia) sono sempre strutturati secondo i seguenti nodi messi sempre nello stesso ordine: Riassunto Introduzione teorica (spiegazione di cosa si sta per dire o dimostrare) Metodo (passi fatti nella ricerca) Risultati (analisi dei dati ottenuti) Discussione (discussi i risultati) Riferimenti bibliogra ci (lista delle documentazioni consultate per la pubblicazione) L’ARTICOLO SCIENTIFICO La pubblicazione di articoli si poggia sulla peer review (revisione tra pari) = la rivista chiede a dei colleghi di valutare la bontà scienti ca del lavoro (esiste raramente per i libri). Ne esistono di 2 tipi: - Tradizionale—> scritto l’articolo, la rivista valuta il lavoro (accettato, modi che o ri utato) e poi lo pubblica. - Registered report —> si scrive l’idea e anche il metodo in cui verrano analizzati i dati. Viene valutato tutto il progetto dalla rivista che decide se modi carlo o ri utarlo. Si scrivono le parti mancanti e poi viene pubblicato. LA PSICOLOGIA OGGI si può guardare dal punto di vista della RICERCA e della PROFESSIONE —> ambiti che stanno so rendo. Per la ricerca ci sono 2 problemi: - Etico —> riviste non consultabili se non si paga e le scoperte possono essere coperte da copyright. La scienza è anche un business. - Di ducia: Una rivista per essere scienti ca deve essere fi fi fi fi fi ff fi ffi fi fi fi fi fi 1. riproducibile = che altre persone possano ripercorrere i passi degli scienziati. Spesso le informazioni riportate si sono veri cate insu cienti per poterle riprodurre. 2. replicabile = i dati si devono poter osservare più volte. Spesso le ricerche, provando a riprodurle, non davano i risultati originali. Processo di crisi innescato nel 2011 per dei risultati apparsi molto strani. Si sono identi cate 2 tipi di cause: alcune del ricercatore che può aver operato male (endogene) e altre dell’ambiente in cui opera che favorisce il di ondersi di scienza di scarsa qualità (esogene). Questo grazie alle valutazioni della qualità che sono state fatte, tramite il calcolo di molti parametri numerici a partire dalle pubblicazioni scienti che, come ad esempio l’impatto factor, il numero di pubblicazioni, ecc… LA PROFESSIONE In Italia c’è tanta psicologia —> Importante puntare all’eccellenza, all’innovazione e alla qualità. CONCLUSIONI E’ una disciplina molto vasta, dalle origini lontane (“anima”) che si sta trasformando sempre più in disciplina del cervello. Molto spesso ne traspare una immagine limitata, ancorata ad autori e discipline che però ne hanno marcato la nascita e il successo. Forse dovrebbe cominciare a svecchiarsi. Al momento attuale la disciplina presenta alcune criticità, sia nella ricerca (non così a dabile come si credeva) che nella professione. Lo studio della psicologia può essere e ettuato secondo 5 prospettive diverse, le quali si focalizzano su aspetti diversi di uno stesso fenomeno complesso (ognuna o re una spiegazione parzialmente diversa): biologica, comportamentale, cognitiva, psicoanalitica e fenomenologica. Tra le principali specializzazioni ci sono: psicobiologia, psicologia cognitiva, evolutiva, sociale e della personalità, clinica, scolastica, delle organizzazioni. STORIA DELLA PSICOLOGIA I tre libri/momenti fondamentali: - processi psicologici di basso livello, sensazione percezione: Fechner (Elemente der Psychophysik) - processi psicologici di alto livello, apprendimento e memoria: Ebbinghaus (Über das Gedächtnis) - processi inconsci e inconscio: Freud (Die Traumdeutung) Le radici possono essere rintracciate nei grandi loso dell’antica Grecia come Socrate (si pose domande fondamentali sulla vita mentale, importanti oggi come lo erano ai tempi), Platone, Aristotele. ff ffi fi ff fi fi fi ffi fi ff Uno dei primi dibattiti, ancora attuale riguarda le origini delle capacità umane, se siano innate o qualcosa che si acquisisce con l’esperienza = dibattito natura- ambiente. Due prospettive principali erano agli opposti: la prospettiva naturalistica e quella esperienzale; oggi molti preferiscono una più integrata che riconosce l’in uenza dei processi biologici ma anche l’impatto dell’esperienza. Quindi oggi si cerca di comprendere come natura e ambiente si combinino, dando forma all’assetto psicologico. Solitamente la storia si divide in 2 fasi: pre 1920 e post 1920 perché quella pre propone una serie di metodi di indagine e idee teoriche molto semplici (come quelle di Wundt). Poi nel 1920 ci sono accadimenti importanti: nascono la scuola della Gestalt (in Germania) e il Comportamentismo (negli USA). PSICOLOGIA PRIMA DEL 1920 Wundt nel 1879 fonda il primo laboratorio di psicologia sperimentale a Lipsia —> resta la patria per diversi anni. Questa viene considerata la data nascita della psicologia moderna. Questo laboratorio, è il primo luogo dove uno sperimentatore (un uomo) si mette a studiare un altro uomo (il soggetto sperimentale)—> primo studio sistematico della psiche = inizio della psicologia scienti ca. Prima si faceva psicologia in maniera diversa dalle normali scienze empiriche, era una discussione senza dati. Si arriva a studiare l’essere umano perché passa il messaggio che l’essere umano non è altro che un ANIMALE e può essere studiato alla stessa maniera. Nella prima psicologia non si va a studiare il disagio mentale, arriva molto dopo: prima c’è una conoscenza molto semplice, della psiche normale. PRIMI LABORATORI Germania 1879: Università di Lipsia (Wundt) USA 1883: Johns Hopkins University.(Stanley Hall) Russia 1886: Università di Kazan (Bechterev) Francia 1889: Università la Sorbona di Parigi (Beaunis) Italia 1889: Università di Roma (Sergi) Inghilterra 1897: Università di Cambridge (Rivers) Giappone 1903: Università di Tokyo (Matsumoto) Padova 1919: Benussi usa gli strumenti, comprati da Ardigò nel 1882 Psicologia nasce in Europa: la psicologia contemporanea si sviluppa in Germania (Lipsia) ma viene presto esportata (ed assimilata) negli USA, da Titchener. Dagli inizi del ‘900 no USA e Germania diventano i due paesi trainanti no alla seconda guerra mondiale. Il 1800 è (al di là di Wundt) un secolo dove l’interesse per la psicologia si sviluppa fi fi fi fl parecchio: grandi pensatori come Fechner, von Helmoltz, Galton si occupano di diversi aspetti della psicologia anche se in modo non sistematico. Wundt è il primo ad a rontare in modo ORGANICO la disciplina. WUNDT (1832-1920) Primo ricercatore a sistematizzare lo studio della psicologia. Sostiene che la psicologia debba uscire dal soggettivismo: motivo per cui è ricordato è per lo studio della PERCEZIONE SENSORIALE, e tra i suoi metodi prediletti c’è l’INTROSPEZIONE = investigazione sistematica che verbalizza i contenuti della mente, registra la natura di percezioni, pensieri e sentimenti. Porta le persone in laboratorio e le studia così come sono. Questo metodo ha origini loso che, ma per lui la sola auto-osservazione non bastava e doveva essere implementata in modo sperimentale. Per lui la psicologia è lo studio della mente, deve adottare il metodo sperimentale e collegarsi alla siologia (biologia, chimica, sica)—> RIDUZIONISMO (= ridurre lo studio di questa scienza a quello di altre sottostanti) Intorno a Wundt ci sono: BRENTANO (1838-1917) Sostiene che i fatti mentali non possano essere ricondotti a fatti siologici (neuroni, comportamenti cervello, ecc…) sono qualcosa di a sé stante, e la psicologia va spiegata con metodi e mezzi propri: i metodi da lui proposti sono l'analisi fenomenologica e la dimostrazione. ANTIRIDUZIONISMO (la psicologia non si può ridurre alla siologia). La di erenza di approccio di questi due, sta nel fatto che per uno, la psicologia si occupa del cervello e per l’altro della mente. Nella psicologia accademica ha vinto Wundt, fortemente riduzionista. Tollerando che sia spiegabile con le altre scienze, non è il libero arbitrio (mente) che governa le cose = mente come prodotto del cervello. FECHNER (1801-1887) anche lui studia le SENSAZIONI e nota che come esseri umani siamo in grado di classi care le sensazioni in una scala di intensità. Lui cerca di capire se la sensazione che abbiamo ha una relazione con una possibile reazione sica. Scrive la legge Weber-Fechner in cui tenta di descrivere la relazione tra uno stimolo sico e l’intensità della percezione soggettiva umana di questo. Alcuni considerano Fechner il vero padre della psicologia moderna. DONDERS (1818-1889) Introduce una delle misure che aprono la mente: i tempi di reazione (TR, verrà usata da Wundt e poi trascurata) e la cronometria mentale —> uno dei primi metodi OGGETTIVI per studiare i processi mentali (TR). ff fi fi fi fi fi ff fi fi fi fi CRONOMETRIA MENTALE Detezione: “premi un tasto non appena percepisci lo stimolo” (TR1) Go/Nogo: “premi il tasto tutte le volte che compare uno stimolo tranne che quando compare lo stimolo A” (TR2) Scelta: “premi il tasto A quando vedi lo stimolo A e il tasto B quando vedi lo stimolo B” (TR3) —> Confrontando i diversi tempi di reazione si scopre che: TR1 Ogni sensazione inizia a partire da una certa soglia assoluta. Classicamente, la soglia assoluta viene identi cata come quella quantità sica che uno stimolo deve avere per elicitare una risposta di “percepisco” (essere distinti dalla sua totale assenza) nel 50% dei casi. Ovviamente, esistono molti tipi di soglie assolute, ce ne sono per l’udito, per la vista, per l’olfatto, per il tatto, etc. A volte con soglia assoluta non si intende solo uno stimolo debolissimo, ovvero, uno così debole da poter essere appena percepito, ma si intendono anche stimoli “grandissimi”, come ad esempio, la massima frequenza sonora per cui l’essere umano è in grado di udire la sensazione di “suono”. Nel primo caso si può parlare di soglia INFERIORE, nel secondo di soglia SUPERIORE. Questi valori si determinano tramite delle procedure psico siche = tecniche sperimentali in cui uno sperimentatore presenta una serie di stimoli con ampiezze diverse in prove diverse con sequenza casuale e si determina la percentuale di risposte positive per ogni ampiezza. Cosa succede quando ‘misuriamo una soglia? Nella realtà la sensazione non si passa da «sì» a «no» bruscamente, ma le risposte a ermative aumentano GRADUALMENTE. Questo si mette in evidenza ri-misurando il tutto una seconda, una terza, una quarta etc. volta il passaggio da sì a no avverrà spesso in corrispondenza di intensità stimolo di erenti = non sempre nello stesso punto, non allo stesso identico livello di intensità, ma di volta in volta ad intensità diverse (es. di un’ascoltatore che deve dire quando avviene il passaggio da “sento” a “non sento). Il passaggio avviene invece secondo una FUNZIONE SIGMOIDE (che cresce progressivamente) come questa sotto: fi ff ff fi ff fi fi fi fi fi ff fi Perché questa gradualità? Ci sono molteplici ragioni: – uttuazioni dell’attenzione = essa può variare di momento in momento – “rumorosità” variabile dell’ambiente dove faccio la misura – uttuazioni nella prestazione dell’organo di senso – svista nella risposta (es. volevo dire “sì” mi sbaglio e dico “no” – motivazione del soggetto SOGLIA E 50% Solitamente si de nisce soglia come il valore sico di una data stimolazione, in corrispondenza del quale il soggetto: - percepisce il 50% delle volte - non percepisce il 50% delle volte Perché il 50%? Perché non 0%, 25%, 75%, oppure 100%? Perché non 0% o 100%: - Perché esistono INFINITI stimoli di bassissima intensità per cui la probabilità di percepire è 0% - Perché esistono INFINITI stimoli di intensità alta per cui la probabilità di percepire è 100% Perché non 25% o 75? Perché 50% è il punto maggiormente distante sia da 0% che da 100% quindi il più facile da misurare perché il più lontano da un «e etto pavimento» e un «e etto so tto». LA SOGLIA DIFFERENZIALE (JND) è la minima di erenza tra due stimoli, tale per cui si è in grado di discriminare i due stimoli con un certo grado di accuratezza. —> Se la soglia assoluta segna l’inizio e la ne della percezione per un certo stimolo, la soglia di erenziale ci dice di quanti gradini è composto l’arco di percepibilità di quello stimolo, entro i quali si sviluppa una certa sensazione. In inglese si dice JND: just noticeable di erence. Poiché si tratta di misurare una soglia di “di erenza”, è necessario avere DUE STIMOLI: fl fl ffi ff fi ff ff fi ff fi ff ff - uno è sempre uguale, rimane costante durante le prove (non viene manipolato) = STANDARD, è lo stimolo di riferimento. - l’altro viene manipolato no a che non si trova la soglia di erenziale = VARIABILE. Viene chiesto agli osservatori di de nire lo stimolo variabile, come più intenso o meno rispetto a quello standard. Questa soglia si può esprimere in forma di rapporto, IL RAPPORTO DI WEBER: SOGLIA = DeltaS/S Dove S è il valore sico dello stimolo standard e ΔS l’incremento che abbiamo dovuto imporre allo stimolo variabile per raggiungere la soglia di erenziale. Il rapporto di Weber esprime la soglia in percentuale = di quanto devo aumentare lo stimolo di partenza per arrivare allo stimolo che coincide con la soglia di erenziale. ESEMPI: - Esempio1: JND per la sensazione di pesantezza. Lo stimolo standard è 100g e la soglia di erenziale si raggiunge con uno stimolo variabile di 120g. Il rapporto di Weber è (120-100)/100=0.2 - Esempio2: JND per la sensazione di durata di un suono. Lo stimolo standard è 1s e la soglia di erenziale si raggiunge con uno stimolo variabile di 1.1s. Il rapporto di Weber è (1.1-1.0)/1=0.1 - Esempio3: JND per la sensazione di durata di un suono. Lo stimolo standard è 3s e la soglia di erenziale si raggiunge con uno stimolo variabile di 3.3s. Il rapporto di Weber è (3.3-3.0)/3=0.1 Fin da subito si capisce che la soglia di erenziale cresce al crescere dello stimolo di riferimento da cui stiamo partendo. —> Quindi ΔS cresce. Ma quello che poi si è scoperto è che se esprimiamo la soglia in forma di rapporto di Weber, questa rimane COSTANTE indipendentemente dalla grandezza di partenza S. A causa di tale costanza nel valore del rapporto di Weber, si parla di LEGGE DI WEBER: Una delle prime “scoperte” della psico sica, che riguarda una caratteristica della soglia di erenziale. E’ anche uno dei primi casi in cui una caratteristica psicologia è stata descritta in termini matematici. Weber fa sollevare un peso di 1 Kg. Poi o re al soggetto un secondo oggetto di peso maggiore del primo. Scopre che il soggetto percepisce un aumento di peso con un oggetto pari a (supponiamo) 1.1 Kg. Quindi, il rapporto di Weber è uguale 0.1 (1.1 Kg/1.0 Kg). Poi ne fa sollevare uno di 2 kg e scopre che viene percepita una di erenza di peso (JND) con un oggetto di 2.2 Kg. Quindi, il rapporto di Weber è ancora uguale a 0.1 (2.2Kg/2.0Kg=0.1Kg). ff ff ff ff ff fi fi fi fi ff ff ff ff ff Successivamente, scopre che tale regolarità si veri ca partendo da qualunque peso standard iniziale. Ecco fatta la legge di Weber. Essa, seppur circoscritta alla sensazione ed ad alcuni continua sensoriali (non tutti) è molto importante. La sua scoperta mette in luce che il cambiamento della sensazione segue una regolarità che è predicibile ed esprimibile per mezzo di un valore calcolato con un rapporto numerico (= in modo semplice). LA FUNZIONE PSICOFISICA è quella funzione matematica che descrive come varia la sensazione in funzione della manipolazione di una certa variabile sica (Es. La luminosità percepita in funzione della luminosità sica di una sorgente luminosa). Storicamente, ne sono state proposte due principali: - La funzione Weber-Fechner [legge logaritmica di Weber-Fechner], la più vecchia (seconda metà 1800). - La funzione Stevens [legge potenza di Stevens], formulata nella metà del 1900. Le due leggi sono state ottenute secondo ragionamenti e metodi diversi e sono valide in certi casi e non valide in certi altri. LA LEGGE DI WEBER-FECHNER FECHNER (1801-1887): Il padre della psico sica (1860 Elemente der Psychophysik). Per primo vuole studiare in modo formale la relazione esistente tra il mondo sico e il mondo fenomenico. Prima di lui c'era solo l'introspezione. Gustav Theodor Fechner ha utilizzato la scoperta di Weber (che la soglia di erenziale è costante e proporzionale alla grandezza dello stimolo) per studiare la funzione psico sica che lega il crescere di una certa sensazione al crescere della corrispettiva variabile sica. Il ragionamento che fa Fechner è il seguente: l'arco delle nostre sensazioni va dalla soglia assoluta inferiore a soglia assoluta superiore in tanti passi quanti sono le JND. In altre parole, partendo dalla soglia assoluta inferiore e misurando tutte le soglie di erenziali, possiamo interpolare quale funzione matematica sottende questo continuum sensoriale. Tuttavia le JND sono spesso numerosissime, e misurarle richiede spesso molto tempo, cosicché arrivare “direttamente” alla funzione psico sica diventa un compito arduo. Per farlo Fechner ricorre alla MATEMATICA. Secondo lui la funzione psico sica è una FUNZIONE LOGARITMICA: la grandezza della sensazione (evocata da uno stimolo) cresce secondo il logaritmo della grandezza sica che manipoliamo, dell’intensità della stimolazione. ff ff fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi Questo dipende dal fatto che la soglia di erenziale segue la legge di Weber, ovvero, che se espressa come rapporto cresce proporzionalmente alla grandezza della stimolazione da cui siamo partiti per misurarla. Presto si è scoperto che esistevano molte eccezioni a questa legge —> LO SCALING - funzione Stevens Nella prima metà del 1900 Stanley Stevens propone metodi nuovi e alternativi per misurare la grandezza di una sensazione. Stevens non stima soglie sensoriali, ma chiede ai propri soggetti di stimare direttamente la grandezza delle proprie sensazioni (es. esprimendo un numero). Utilizzando questi metodi, trova che la funzione che meglio esprime la funzione psico sica (che descrive il cambiamento della sensazione in funzione del cambiamento della stimolazione sica) non era a atto una funzione logaritmica, ma una è una FUNZIONE POTENZA. S= ∗ ^ – S = intensità della sensazione percepita – I = l’intensità sica dello stimolo – c = costante di proporzionalità che dipende dall’unità di misura dello stimolo – a = esponente che dipende dal tipo di stimolo che viene misurato Ciò che di erenzia le varie funzioni è l’ESPONENTE. Alcune funzioni sono più ripide (es. quella dello shock elettrico nella gura), altre sono meno ripide (es. luminanza nella gura). 𝒄 fi 𝑰 ff 𝒂 fi fi fi ff fi ff RUOLO DELL’ESPONENTE: Se l’esponente della funzione è superiore a 1 la funzione cresce rapidamente, se è inferiore a 1 la funzione cresce lentamente —> funzione ADATTIVA: - Certe funzioni psico siche (es. quella di dolore provocata dallo shock elettrico) crescono molto rapidamente, perché potenzialmente pericolose per l’essere umano se non fossero percepite subito, invece cosi si ha un intervento immediato. - Altre (es. Luminosità) crescono molto lentamente e ci permettono di provare una vastissima gamma di sensazioni (di erenza tra la visione in penombra e quella in pieno giorno). APPLICAZIONI: Esempio. Conoscere la funzione psico sica per le intensità sonore ha permesso di progettare protesi acustiche con ampli cazione di erenziale in funzione della intensità sica/soggettiva del suono da ampli care. TEORIA DELLA DETENZIONE DEL SEGNALE estende il concetto di soglia sensoriale. Ogni informazione è costituita dal SEGNALE (parte di riferimento della percezione) e dal RUMORE (parte irrilevante). Quello che cerchiamo di fare nel rispondere alla domanda se si prova o meno una sensazione, è di rilevare la presenza del segnale nascosto nel rumore: si possono avere successi o falsi allarmi. Questa teoria è una delle ultime teorie psico siche sviluppate e mette in risalto come, nel misurare una soglia (performance sensoriale) sia importante anche tenere in conto il CRITERIO DI RISPOSTA utilizzato dall’ascoltatore (oltre che della sensibilità dell’organo sensoriale) = come il soggetto decide di rispondere. In funzione del criterio adottato dall’ascoltatore, la stima di soglia può cambiare drasticamente; esso può essere liberale (ovvero, molte risposte “sì”) oppure conservativo (ovvero, molte risposte “no”). Esempio: supponiamo di udire un rumore continuo. Ad intervalli regolari, in tale rumore può essere presentato un suono la cui intensità è appena percepibile. A volte però il suono non viene presentato. Negli stessi intervalli lo sperimentatore vi chiede se udite il suono o meno. Si possono veri care quattro diverse situazioni: - Il *suono c’era* e l’ascoltatore lo *ha percepito* = HIT. - Il *suono c’era* ma l’ascoltatore *non ha percepito* = MISS - Il *suono non c’era* e l’ascoltatore *ha percepito* un suono = FALSO ALLARME - Il suono *non c’era* e l’ascoltatore ha riportato correttamente che *non ha percepito* alcunché = CORRETTO RIFIUTO Hit e corretti ri uti sono risposte corrette, mentre falsi allarmi e miss sono risposte errate. Credete non esista un “criterio di risposta”? fi fi fi fi ff fi fi fi fi ff Supponiamo siate informati che ogni qual volta indovinate ricevete 100€. Per contro, se sbagliate ne perdete solo 10. Come vi comportereste? Sicuramente fornireste un ALTO numero di risposte “Sì” Quindi: - indovinereste molto (molti hit)… - ma commettereste anche MOLTI falsi allarmi Supponiamo invece che riceviate 10€ se indovinate ma che vi vengano sottratti 100€ per ogni risposta sbagliata. Come vi comportereste? Probabilmente fornireste un ALTO numero di risposte “NO”. Quindi: - indovinereste poco (pochi hits) - ma non commettereste falsi allarmi Gli esperimenti e sono identici e partecipate ad entrambi con le medesime orecchie. La soglia assoluta tuttavia sembrerà diversa nei due casi: più bassa nel primo e più alta nel secondo. Invece, ciò che cambia è il vostro criterio di risposta. Questo è quello che insegna la teoria della detezione del segnale: il criterio di risposta può modulare ed in uire sulla prestazione sensoriale, quindi deve essere separato dalla sensibilità sensoriale. LA CODIFICA SENSORIALE COSA ACCOMUNA I SENSI Vediamo luci, sentiamo suoni, assaporiamo gusti... eppure tutte le sensazioni hanno qualcosa che condividono: 1. Tutte si originano nel nostro cervello 2. Per tutte (può) esiste un momento chiamato TRASDUZIONE 3. Tutte codi cano quantità e qualità della stimolazione 4. In pressoché tutte è visibile una forma di “adattamento” 1. Quando proviamo una sensazione questa si origina nel nostro cervello a livello della CORTECCIA. Infatti, stimolando direttamente la corteccia cerebrale, possiamo udire suoni, vedere luci, avere sensazioni somatosensoriali anche in assenza di stimolazione sica. A ulteriore riprova: proviamo sensazioni anche durante i sogni! Quindi, la stimolazione sica è necessaria (ma non su ciente) per provare una sensazione. 2. TRASDUZIONE Quando la stimolazione sica esiste (es. Onda sonora), si passa alla sensazione tramite questo processo. fi fi fi fi fl ffi L’informazione sica deve essere tradotta in una rappresentazione neurale e questo avviene grazie alla presenza di RECETTORI = ogni organo di senso possiede queste cellule nervose specializzate, deputate alla conversione di un certo tipo di energia in attività elettrica neurale. Poi, questo loro segnale elettrico neurale viene trasmesso ai neuroni circostanti e viaggia nché giunge alla corteccia celebrale, all’area deputata a riceverlo (speci che per ciascuna sensazione). Le dimensioni di ogni area è proporzionale alla quantità di neuroni sensoriali presenti nella speci ca parte del corpo da cui provengono gli input —> parti del corpo più sensibili, aree più grandi. 3. Tutti gli organi di senso codi cano sia la quantità che la qualità di stimolazione. Ad esempio, possiamo dire che un cibo è «poco salato» oppure molto che un altro è «molto dolce». «Molto» e «poco» si riferiscono alla quantità mentre «salato» e «dolce» si riferiscono alla qualità. - L’intensità (quantità) viene codi cata neuralmente da un aumento della frequenza di scarica del neurone (= ritmo degli impulsi nervosi): più scariche per unità di tempo, più intensità e quindi maggiore ampiezza percepita dello stimolo. - La qualità invece (es. suono acuto vs suono grave) viene codi cata da cellule speci che che rispondono per lo più ad una certa tipologia di qualità. 4. Pressoché tutti i nostri sensi, quando sono stimolati per un periodo prolungato vanno incontro ad ADATTAMENTO: la sensazione diminuisce mano a mano che il tempo passa. Es1 Se teniamo sul palmo della mano un peso, via via che il tempo passa la sensazione della sua pesantezza si attenuerà. Es2 In profumeria, appena entriamo, sentiamo un forte odore di profumo ma dopo pochi minuti non ci accorgiamo più dell’odore. LA VISTA Modalità più ra nata di raccogliere informazioni su ciò che è distante da noi. Ogni senso risponde ad un tipo particolare di energia sica, la sensazione visiva si origina dalla ricezione di ENERGIA ELETTROMAGNETICA. Se l’energia ha una lunghezza d’onda compresa tra i 400 e i 700 si può parlare di LUCE e possiamo avere una sensazione visiva. Se fossimo sensibili ad altre lunghezze d’onda potremmo “vedere” anche altri fenomeni (es. Le microonde del vostro forno di casa). Il sistema visivo si compone di: occhi, parti del cervello e vie che li connettono. L’OCCHIO CORNEA dove entra la luce e i raggi diretti verso l’interno per iniziare la formazione dell’IMMAGINE. fi fi fi ffi fi fi fi fi fi fi Il CRISTALLINO (una lente) completa la messa a fuoco della luce. Esso cambia forma e diventa più sferico per oggetti vicini, più piatto per oggetti lontani. La PUPILLA regola la quantità di luce in ingresso e aiuta nella messa a fuoco: cambia il suo diametro per assicurare la quantità di luce su ciente a mantenere la qualità dell’immagine. La RETINA è la parte fotorecettiva (soprattutto nella regione della fovea), strato di tessuto sul retro del globo oculare costellato di recettori, dove ha inizio la TRASDUZIONE: - Coni: visione diurna a colori, alta risoluzione. - Bastoncelli: visione notturna bianco/nero, scarsa risoluzione. Una grossissima porzione dell’occhio in prossimità della fovea (dove ci sono le cellule deputate a convertire la luce in impulsi nervosi, dove il nervo ottico lascia l’occhio) è priva di fotorecettori: la luce che tocca questa cosiddetta MACCHIA CIECA, non stimola alcunché e siamo ciechi agli stimoli. Eppure, quando guardiamo il mondo, non lo vediamo con un buco perché il cervello lo riempie automaticamente. Anatomia del NERVO OTTICO: ffi BASTONCELLI = Operano a bassa intensità luminosa (poca luce), sono collocati alla periferia della fovea: per questo di notte si vede meglio con la coda dell’occhio. CONI (più al centro dell’occhio) = operano ad alta intensità luminosa e sono collocati nella regione centrale della fovea. Ce ne sono di tre tipi (di erentemente sensibili alla lunghezza d’onda) che consentono la visione cromatica: ci sono coni che entrano in funzione con diversi colori perché alcuni maggiormente sensibili al rosso, al verde al blu. MISURE Per misurare la sensibilità dell’occhio, quindi l’abilità dell’occhio di visualizzare i dettagli (acuità visiva) esistono diversi modi: misure psico siche che permettono di avere una stima di “quanto bene” ci vede una persona. Il più comune è la tavola visiva degli studi oculistici. IL COLORE Tutta la luce visibile è uguale, ciò che cambia è la lunghezza d’onda, e questa viene trasformata dal nostro sistema visivo in COLORE. Il colore può essere di due tipi: - DIRETTO (es. Una luce colorata) - RIFLESSO (es. Il colore degli oggetti, come il rosso del pomodoro, il verde delle zucchine) Una luce può produrre un colore speci co in base alla lunghezza dell’onda: breve- blu, media-verde, lunga-rosso. La luce solare detta BIANCA perché contenente tutti i colori; nel caso degli oggetti, se colpito da una luce bianca, l’oggetto ri ette proprio il colore che noi percepiamo (es. Il pomodoro ri ette il rosso). Il colore è quindi una costruzione del cervello, ma anche un’esperienza oggettiva perché due osservatori con gli stessi recettori per i colori costruiscono il colore nello stesso modo. L’essere umano vede i colori per lo più grazie ai CONI. Distinguiamo (percettivamente) i colori lungo tre dimensioni: - TINTA (es. verde vs rosso) - LUMINOSITÀ (quanto chiaro/scuro sembra il colore) ff fl fi fl fi - SATURAZIONE (la purezza del colore, es. Quanto rosso c’è in un rosa) L’essere umano è in grado di distinguere un numero elevatissimo di colori. TEORIE SULLA VISIONE DEL COLORE Sono esistite per molto tempo due teorie antagoniste: - TRICROMATICA: per spiegare il colore percepito è su ciente ipotizzare un sistema che risponda a TRE COLORI (rosso, verde e blu). Questa teoria si deve a Young e Helmoltz e si poggia sul fatto che è su ciente mescolare luci di tre colori di erenti (blu, rosso e verde) per ottenere qualunque colore (sintesi additiva): in altre parole, mescolando opportunamente luci rossa, verde e blu è possibile ottenere un colore (es. giallo) che è identico percettivamente ad una luce di lunghezza d’onda pari al giallo. Inoltre, la teoria ha un fondamento biologico poiché, successivamente, si è scoperto che possediamo tre recettori colore e la loro azione congiunta determina la sensazione del colore. - DI OPPONENZA CROMATICA (o quadricromatica): per spiegare il colore percepito è su ciente ipotizzare un sistema che risponde a due coppie di colori antagonisti: asse rosso-verde, asse giallo-blu. Colori che non possono essere percepiti simultaneamente. La teoria si deve a Hering e si poggia su una osservazione percettiva: esistono colori antagonisti (rosso/verde, giallo/blu) e colori non antagonisti. - Le miscele di colori antagonisti hanno come risultante un colore in cui non si vede traccia dei colori originali. - Le miscele di colori non antagonisti invece fanno trasparire i due colori da cui si è partiti. Il colore percepito sarebbe il risultante della combinazione della risposta dell’asse rosso-verde e dell’asse giallo-blu, secondo cui si riesce a spiegare la percezione di tutti i colori possibili. Recentemente le teorie sono state integrate, in una TEORIA A DUE STADI: ci sono neuroni nel talamo, che funzionano come unità antagoniste del colore —> aumentano il loro ritmo di attività per un certo intervallo di lunghezza d’onda e lo diminuiscono per un altro = cellule ad un livello più alto, quello visivo, mandano impulsi più rapidamente se la retina è stimolata d a una luce blu e più lentamente se gialla. - La tricromatica agirebbe a livello periferico (a livello dell’occhio) - Quella quadricromatica a livello centrale L’UDITO Un’onda sonora è un alternarsi di variazioni di pressione (condensazione, rarefazione) in un medium (es. aria). Lo si capisce bene osservando il comportamento di un altoparlante, questo si muove alternativamente in avanti e all’indietro. L’udito è conseguente a questi piccoli cambiamenti di livello che provocano la vibrazione della membrana nell’orecchio interno. ffi ff ffi ffi L’onda di cambiamenti di pressione si trasmette perché le molecole di aria vengono spinte insieme, spingendo altre molecole, e poi tornano alla loro posizione originale. Il suono si propaga in tutte le dimensioni (3D) e viaggia alla velocità del suono: ~340 m/s, ~1200 Km/h, Mach1 Non è una velocità molto alta, è per questo che ai grandi concerti all’aperto le ultime le cantano in ritardo. Caratteristiche delle onde sonore: La FREQUENZA: misurata in Hertz (Hz) o kilohertz (kHz), che determina la sensazione acuto/grave = ritmo con cui le molecole si muovono avanti e indietro. È alla base della nostra percezione del TONO. L’INTENSITÀ: misurata in decibel (dB) che determina la sensazione di VOLUME = di erenza di pressione tra il picco più elevato e quello più basso (AMPIEZZA dell’onda). Lo SPETTRO (la forma speci ca della onda sonora), che determina il TIMBRO che è la nostra esperienza di complessità del suono (quella caratteristica per cui una chitarra e un pianoforte che suonano la stessa identica nota alla stessa identica intensità sono comunque distinguibili). Onda sonora sinusoidale - Onda sonora complessa Il sistema uditivo si compone di: orecchie, parti del cervello e varie vie di connessione. L’ORECCHIO Le orecchie sono le appendici ai lati della testa. Ogni orecchio contiene due sistemi: uno che ampli ca e trasmette il suono ai recettori, l’altro che raccoglie e trasforma il suono in impulsi nervosi. ff fi fi fi Il sistema uditivo periferico (di trasmissione) si suddivide in tre parti principali: - L’orecchio ESTERNO: padiglione e canale uditivo (pinna e meato acustico) [medium aria] - L’orecchio MEDIO (timpano sistema dei 3 ossicini: martello, incudine e sta a) [medium aria] - L’orecchio INTERNO (coclea e nervo uditivo) [medium liquido] —> contiene i recettori per il suono e avviene la TRASDUZIONE Noi siamo più sensibili a suoni di frequenza intermedia nella nostra gamma di frequenze. L’intensità percepita da entrambe le orecchie NON è la stessa, esistono delle sottilissime di erenze: un orecchio percepisce con maggiore intensità in base a dove si ORIGINA il suono (destra o sinistra) e ciò ci permette di localizzare da dove proviene. CODIFICA DELLA FREQUENZA SONORA (del TONO) Esistono due teorie alternative che ora sono viste come integrate: - In parte la frequenza viene codi cata dalla PORZIONE della membrana basilare che viene stimolata a dare risposta (ogni posizione produce una sensazione di tono diversa, vista la numerosa presenza di recettori diversi). Le posizioni della membrana che vibrano di più determinano quali bre nervose si attivano = TEORIA POSIZIONALE (TONOTOPICA) ff fi fi ff - In parte la frequenza viene codi cata dalla frequenza di scarica dei neuroni = TEORIA TEMPORALE. ALTRI SENSI Il gusto e l’olfatto sono decisamente dei sensi “inferiori” rispetto alla vista e all’udito. Sono entrambi molto più sviluppati in altri animali che non nell’essere umano. IL TATTO La sensazione tattile viene distinta in tre dimensioni: - Sensazione di PRESSIONE: la pressione sica sulla pelle. La sensibilità è di erente in funzione della parte del corpo in base al numero di recettori (l’omuncolo di Pen led). Soggetta a un adattamento moto veloce. - Sensazione di TEMPERATURA: sotto la pelle ci sono neuroni con terminazioni nervose libere, e ci sono quelli per il freddo e per il caldo, che in corrispondenza dell’aumento o diminuzione della temperatura cutanea inviano degli impulsi nervosi. È una sensazione soggetta a un adattamento molto veloce ai cambiamenti moderati. - Sensazione di DOLORE: è una particolarità del tatto che ci fa percepire e che è di cile da ignorare. Saremmo a rischio se non avessimo questo senso. ff ffi fi fi fi Uno stimolo è dolori co quando è abbastanza intenso da causare danno ai tessuti. Esso rilascia nella pelle delle sostanze chimiche che stimolano particolari recettori a soglia alta. La distinzione più importante, tra i generi di dolore è tra: FASICO = quello che si prova immediatamente dopo aver avuto il danno, acuto e di breve tempo. TONICO = è la sensazione di dolore prolungata dopo il danno avvenuto, meno intenso e lunga durata. La sensazione di dolore si caratterizza per forti di erenze individuali. Ma anche uno stesso individuo può classi care in modo molto di erente una stessa stimolazione dolorosa: es. Quando siamo calmi e rilassati vs quando siamo in una situazione aggressiva o di pericolo. È una sensazione molto in uenzata da fattori diversi allo stimolo, come la cultura, le aspettative e le esperienze precedenti individuali. Il dolore: i recettori quando stimolati manderebbero segnali dolori ci che arrivano al cervello se e solo se superano il cancello di controllo del dolore. Così, a parità di stimolazione, se il cancello che si trova nel midollo spinale è aperto proviamo dolore, se è chiuso (quando attivate bre speci che nel midollo) non lo proviamo. IL GUSTO Categorizziamo i gusti secondo le dimensioni salato/ acido e dolce/ amaro. Il gusto è facilmente in uenzabile da fattori olfattivi, cognitivi, visivi, assetto genetico ed esperienza passata. Lo stimolo è una sostanza solubile nella saliva. Il sistema gustativo comprende i RICETTORI GUSTATIVI situati sulla lingua, sulla gola e sul palato, e stanno in gruppi chiamati PAPILLE GUSTATIVE: esse prendono contatto con le soluzioni nella bocca e lo trasformano in impulso elettrico che viaggia verso il cervello (trasduzione). Non esiste una mappa-recettori “netta” come quella ra gurata, ma zone più sensibili ad un particolare gusto primario. fi fl fl fi ff fi ffi fi ff fi PERCEZIONE = l’elaborazione della sensazione. È il passaggio tra esperire sensazioni semplici e vedere un mondo dotato di senso —> percepiamo un mondo di unità integrate, non di sensazioni parcellizzate. L’uomo, per compiere tutte le azioni caratteristiche della sua specie, necessità di una immagine nel cervello, continuamente aggiornata, del mondo: per prendere decisioni, percepire, comportarsi consciamente. La percezione consiste nell’uso delle ASSUNZIONI su come è assemblato il mondo, che si possiedono, per integrare le informazioni sensoriali in entrata, sulla base di cui poi si decide come agire. Ciascuna modalità sensoriale è costituita oltre che dall’organo di senso, da un sistema nel cervello che trasforma le informazioni grezze dell’ambiente in percetti organizzati. A volte si tende a credere che ci sia coincidenza tra gli stimoli sici che ci colpiscono, le sensazioni e le percezioni = REALISMO INGENUO. Infatti: - Esistono stimolazioni perfettamente percepibili ma che non percepiamo - A parità di stimolazione è possibile percepire cose diverse Il mondo come lo percepiamo è il risultato di un lavoro del cervello che seleziona ed elabora lo stimolo sensoriale per o rire alla mente un oggetto dotato di senso = percepire il mondo non è un’istantanea dell’esterno, ma il cervello fa grandi operazioni. Il numero di stimolazioni che ci colpiscono in un dato momento è elevatissimo: - Serve FILTRARLE: per togliere quelle inutili - Serve ELABORARLE: per dare senso a quelle ritenute utili La percezione ha sostanzialmente 5 funzioni: 1. ATTENZIONE = decidere quale informazione in entrata va elaborata ulteriormente e quale scartare 2. Determinare dove sono gli oggetti di interesse 3. Riconoscere quali oggetti ci sono 4. Astrarre le caratteristiche salienti dell’oggetto riconosciuto 5. Mantenere invariate certe caratteristiche degli oggetti La percezione VISIVA è il settore più studiato. DIVERSE TEORIE PERCETTIVE La teoria della Gestalt, la teoria ecologica (Gibson), la teoria cognitiva… Al giorno d’oggi non ci si poggia ad alcuna teoria particolare, piuttosto si combinano diverse teorie assieme. ff fi LA PERCEZIONE DI OGGETTI Per risolvere i vari problemi, è richiesta la LOCALIZZAZIONE delle informazioni nell’ambiente. L’uomo ha due problemi principali: muoversi nell’ambiente spesso pieno di ostacoli, e a errare un oggetto. Quindi per localizzarli, li deve separare dal resto, quindi avere delle abilità percettive. Per percepire gli oggetti statici (alcuni valgono anche per oggetti in movimento) ed organizzare la percezione, esistono diversi stadi importanti e PRINCIPI: - LA SEGREGAZIONE FIGURA-SFONDO Il primo processo che deve fare l’occhio per riuscire a percepire un oggetto, è segregarlo dallo sfondo. Una stesa gura propone due oggetti diversi ( gure e colonne), non esiste una regola precisa per determinare cosa diventerà gura e cosa sfondo. In linea di massima, gli oggetti tendono ad avere dei margini, gli sfondi no, gli oggetti tendono ad essere “chiusi”, gli sfondi no. La più piccola area tende ad essere vista come gura. In certe situazioni, il cervello può decidere arbitrariamente cosa è gura e cosa sfondo. In ogni caso, è un’operazione che NON consente di percepire qualcosa contemporaneamente come gura e sfondo. Non si possono tenere tutte e due sullo stesso piano. Figure come queste si chiamano BISTABILI perché possono essere viste in due modi alternativi. - FORMAZIONE DI OGGETTI VISIVI Nel tempo sono stati proposti diversi approcci, i tre principali sono: - L’approccio della Gestalt: di tipo BOTTOM-UP, ovvero che nella creazione dell’oggetto, il cervello determina automaticamente cosa si vedrà indipendentemente da ciò che si conosce sull’oggetto. - L’approccio alla Biederman, sempre di tipo bottom-up. - L’approccio cognitivo: detto di tipo TOP-DOWN, ipotizza che nella creazione dell’oggetto, il cervello utilizza la conoscenza per generare il percetto. Ciascuno contribuisce, in modo di erente, a capire come si formano gli oggetti percepiti. - LEGGI DELLA GESTALT Sono anche dette: leggi di Wertheimer. Sono state ricavate dall’OSSERVAZIONE DELL’AMBIENTE. Permettono di “predire” come una certa con gurazione di stimolazione verrà percepita —> se usate “a rovescio” sono il principio del “mascheramento”. Sono (potenzialmente) tantissime. Ri ettono le caratteristiche degli OGGETTI FISICI DEL MONDO fl fi ff fi ff fi fi fi fi fi Iniziano tutte con “A parità di tutte le altre condizioni…”. —> gli oggetti si raggruppano per: vicinanza, somiglianza, buona continuazione, chiusura, pregnanza, esperienza passata. LE LEGGI DELLA GESTALT NELL’UDITO E’ possibile osservare le stesse leggi anche per la percezione uditiva anche se si devono applicare su dimensioni siche diverse come il TEMPO e la FREQUENZA. - Es: raggruppamento per vicinanza temporale - Es: raggruppamento per vicinanza frequenza - L’APPROCCIO DI BIEDERMAN Secondo Biederman, la percezione di un oggetto deriva dalla combinazione di GEONI = unità geometriche tridimensionali che, combinate, permettono la “creazione” di qualunque oggetto. Ipotizza l’esistenza di 36 di questi, che combinati a due (36x36) o a tre (36x36x36) permettono la “creazione” di un insieme elevatissimo di oggetti. Questo è possibile perché per costruire la forma di un qualsiasi oggetto riconoscibile si devono combinare linee e curve, forme geometriche, che sono archi, cilindri, cubi, coni e piramidi (i geloni). - APPROCCIO COGNITIVO Secondo von Helmholtz (idea ripresa dalla psicologia cognitiva) l’organizzazione avviene secondo PRINCIPI PROBABILISTICI. Il cervello mette in atto meccanismi che, dato un contesto, forniscono la soluzione percettiva più probabile. E’ il CONTESTO che determina l’oggetto = Lo stesso stimolo può essere visto come una cosa oppure un’altra in funzione del contesto in cui è collocato. L’approccio cognitivo si basa sulla MEMORIA —> È necessaria per ricostruire la scena percettiva in modo probabilisticamente verosimile. L’EFFETTO MCGURK E’ un e etto per cui ciò che percepisco con le orecchie è modulato da ciò che vedo con gli occhi = L’informazione visiva “modula” quella uditiva perché il percetto complessivo deve essere VEROSIMILE. IL PRIMING Prova a supporto dell’idea cognitiva e del ruolo dei processi top-down sul riconoscimento di oggetti, priming semantico: - Il riconoscimento di oggetti è facilitato (più veloce) se la visione dell’oggetto viene preceduta da un oggetto semanticamente simile (prime) «coltello» -> «fo…»; «paura» -> «fo…». Dimostra i potenti e etti del CONTESTO: la conoscenza pregressa dell’uomo si traduce in forte aspettativa, e basta un piccolo input per il riconoscimento. ff ff fi L’e etto di priming si può ottenere presentando parole, gure, suoni... e dimostra come la percezione di oggetti possa essere guidata da ciò che precede la visione di questi. Per esempio, meccanismi di priming potrebbero guidare il riconoscimento di oggetti che sono scarsamente visibili. - ASTRAZIONE E RAPPRESENTAZIONE Quel processo per cui degli oggetti che percepiamo ne rappresentiamo solo le caratteristiche salienti (NON una copia identica). La rappresentazione mentale degli oggetti per lo più contiene gli aspetti essenziali, non i dettagli. ASTRAZIONE E etto della codi ca semantica sulla percezione-ricordo di oggetti. L’astrazione è il processo di conversione delle informazioni sensoriali in categorie astratte già immagazzinate in memoria. L’informazione astratta richiede meno tempo ed è più veloce da maneggiare —> è più e ciente percepire e codi care in memoria un’astrazione dell’oggetto, che la sua rappresentazione esatta. Carmichael, mostrava degli stimoli ai soggetti (colonna centrale) che erano ambigui e potevano essere accompagnati dall’etichetta di sinistra oppure da quella di destra. Nella fase successiva dell’esperimento al soggetto veniva chiesto di disegnare quanto aveva visto. Il disegno del soggetto aggiungeva dettagli che erano conformi all’astrazione che il soggetto aveva messo in atto nel momento della codi ca, nella prima parte dell’esperimento = i disegni somigliavano più all’oggetto dell’etichetta che al simbolo e ettivamente visto. —> Questo dimostra che il processo di astrazione-rappresentazione non fa una semplice “copia” di quanto percepiamo. - IL COMPLETAMENTO AMODALE Gli oggetti possono non apparire nella loro interezza perché spesso la loro visione è interrotta da altri oggetti, che li occludono. Ciononostante, gli oggetti ci paiono “continuare” anche dietro l’oggetto che li occlude = CONTINUAZIONE AMODALE che si realizza perché non si poggia su segnali provenienti dalla modalità sensoriale. ff ff ff fi ffi fi fi fi Ci si accorge di questo completamento soprattutto in casi particolari. Nella gura di sinistra vediamo che il contesto è una serie di quadrati. Tuttavia, il completamento amodale si realizza automaticamente, cosicché il cerchio grigio di sinistra sembra coprire un unico quadrato (e non quattro quadratini) mentre il cerchio di destra sembra coprire una croce. Nella gura di destra, un quadrato occlude due dei cani rappresentati in gura, eppure, per completamento amodale, ci pare di vedere un cane con un corpo lungo più del normale. IL COMPLETAMENTO AMODALE UDITIVO Alternando la presentazione di un tono a quella di un rumore, è possibile udire il tono “continuare” dentro al rumore quando l’intensità del rumore è alta e quella del tono è bassa. - PERCEZIONE DI VOLTI IL VOLTO UMANO sembra essere un oggetto particolare: siamo in grado di riconoscere tantissimi volti. Esso è riconoscibile soprattutto quando è in posizione canonica. Le facce sono estremamente di cili da riconoscere quando sono presentate capovolte = e etto inversione. AGNOSIA (dal greco a-gnosis, "non conoscere") = lesione celebrale caratterizzata dal mancato riconoscimento di oggetti, solo se la loro rappresentazione è visiva, in assenza di disturbi di memoria o sensoriali. PROSOPAGNOSIA è una agnosia speci ca per i volti: Il soggetto a erma di non riconoscere la persona che ha davanti, anche se questa è un familiare. Tuttavia, mostra indizi di riconoscimento implicito come un aumento della risposta psicogalvanica. Il riconoscimento di egli oggetti avviene in base alle loro componenti, mentre quello dei volti sulla base della con gurazione generale che le singole parti compongono. LA PERCEZIONE DELLA DISTANZA Per sapere dove è un oggetto, dobbiamo conoscere la distanza e profondità, a cui però non abbiamo un accesso diretto poiché la retina è una super cie bidimensionale su cui si proietta un mondo tridimensionale, quindi essa ri ette l’altezza e l’ampiezza —> la profondità si perde e deve essere ricostruita sulla base degli indici di profondità (binoculari e monoculari). L’uomo usa entrambi gli occhi per percepire la profondità e inferiscono congiuntamente, perché nella testa sono posizionati separati e ricevono due immagini leggermente di erenti della stessa scena. fi fi ff ff ffi fi fi ff fi fi fl È proprio queso, il più forte indizio per comprendere la distanza di un oggetto vicino: DISPARITÀ BINOCULARE = di erenza tra le immagini retiniche nei due occhi. Maggiore più gli oggetti sono vicini, e diminuisce mano a mano che aumenta la distanza. Entro 3-4 metri le immagini retiniche dei due occhi sono di erenti. Oltre, perde la sua e cacia perché le di erenze tra le due immagini è troppo piccola. Maggiore è la disparità binoculare, più vicino è l’oggetto: es. Un oggetto posto all’in nito o re la stessa immagine retinica a entrambi gli occhi. Alcune operazioni quotidiane (es. versare acqua in un bicchiere) diventano di cili se fatte con un occhio solo. Gli indici binoculari sono ine caci per gli oggetti lontani, utili solo per quelli vicini. Quindi ne servono altri: INDICI MONOCULARI Grandezza relativa: più grande = più vicino, più piccolo = più lontano Sovrapposizione Vicinanza all’orizzonte Prospettiva: La convergenza delle linee verso l’orizzonte è indizio di distanza Ombra Parallasse di movimento: oggetti più vicini sembrano muoversi più velocemente. GRANDEZZA RELATIVA Immagine con oggetti di dimensioni diverse, i più piccoli sono percepiti come più lontani. Poiché le automobili hanno pressoché tutte grandezze comparabili, la macchina più a sinistra sembra più vicina perché è più grande. SOVRAPPOSIZIONE La “T-junction” determina quale dei due oggetti sta davanti e quale sta dietro. Ovvero se un oggetto impedisce la vista di un altro, quello posto davanti è percepito come più vicino. VICINANZA ALL’ORIZZONTE Tanto più un oggetto è vicino alla linea dell’orizzonte, tanto più ci appare distante. Qui abbiamo tre macchine (identiche) che sono a diverse distanze dalla linea dell’orizzonte. E la distanza che percepiamo tra noi e loro è in funzione della loro vicinanza all’orizzonte. In questa particolare foto però, la stessa macchina è stata copiata/incollata tre volte in posizioni diverse creando un e etto strano: la macchina più distante sembra anche enorme, mentre la più vicina sembra piccina in confronto. Poiché si fi ffi ff ff ffi ff ff ff ffi tratta dello stesso oggetto dislocato via via sempre più lontano, l’ultima macchina dovrebbe apparire piccola in confronto alla prima. Ma questo non accade. E per questo motivo il cervello assume che deve trattarsi di una macchina molto grande. OMBRA L’ombra che si proietta quando un oggetto non riceve una luce diretta, da informazioni importanti sulle forme degli oggetti, sulla distanza fra i due oggetti e sulla localizzazione della sorgente luminosa. DISTANZA E SPAZIO UDITIVO Anche l’udito riesce a o rire delle informazioni spaziali di: 1. Collocazione lungo il PIANO ORIZZONTALE (AZIMUTH): Disparità del segnale alle due orecchie = Se una sorgente sonora è a dx, l’onda sonora colpirà PRIMA l’orecchio di dx (di erenza interauricolare di tempo, ITD) e lo colpirà anche in maniera più FORTE (di erenza interauricolare di livello, ILD). In contesti e con suoni diversi i due indizi ci fanno capire dove è la sorgente. 2. Collocazione lungo il PIANO VERTICALE (ZENITH): È la forma asimmetrica dell’orecchio a permetterci di capire da dove proviene un suono; è una capacità scarsa. 3. DISTANZA e PROFONDITÀ: La percezione della distanza dipende (in campo aperto) solo dall’intensità sonora: più la sorgente è vicina più il suono è intenso. LA PERCEZIONE DEL MOVIMENTO È la RISULTANTE dell’interazione di TRE FATTORI: il movimento dell’OCCHIO (se si sta muovendo) Il movimento della TESTA e del CORPO (se si sta muovendo) il movimento dell’OGGETTO che si sta osservando (se si sta muovendo) MOVIMENTO APPARENTE (O STROBOSCOPICO) ff ff ff L’esistenza di un movimento non è una condizione necessaria alla percezione di movimento, lo vediamo anche quando niente si muove sulla retina = IL MOVIMENTO PHI DI WERTHEIMER. Si produce proiettando una luce nell’oscurità, e dopo proiettandone un’altra in una posizione vicina a quella prima. Essa sembrerà muoversi in modo indistinguibile dal movimento reale. In un tipico esempio si osserva una rapida successione di immagini statiche, ciascuna lievemente di erente da quella precedente. La manipolazione accurata dei tempi di accensione e spegnimento delle immagini garantisce il movimento: le immagini sono presentate ad una velocità superiore al tempo di fusione —> fa si che siano percepite come movimento normale. ILLUSIONI DI MOVIMENTO A parità di velocità, gli oggetti grandi sembrano muoversi più lentamente degli oggetti piccoli (Questo spiega il gran numero di incidenti stradali treno vs auto). Per lo stesso motivo, la luna sembra muoversi tra le nuvole, o l’illusione alla “partenza del treno” quando crediamo che siamo noi ad essere partiti. Gli indizi visivi sono equivoci (si tratta di un movimento relativo) e solo i segnali del corpo disambiguano. ADATTAMENTO AL MOVIMENTO Se osserviamo un movimento continuo, perdiamo la sensibilità a questo perché siamo soggetti ad un veloce adattamento e dopo un po’ il movimento ci sembrerà meno veloce: es. Osservando una cascata a lungo dopo un po’ la sua velocità ci sembrerà diminuire. Una conseguenza dell’adattamento è il MOTION AFTER EFFECT: Il movimento è codi cato da cellule speci che nella corteccia visiva: alcune rispondo ad alcuni movimenti e non ad altri, è meglio ad una direzione e velocità. Le cellule corticali che rispondono alla direzione del movimento osservato, si a aticano e via via rispondono sempre meno, mentre quelle specializzate per il movimento opposto funzionano come sempre e niscono per dominare il processo. Se si porta lo sguardo su un oggetto statico questo sembrerà muoversi perché la normale attività a riposo dei neuroni che rispondono alla direzione opposta sovrasterà quella degli altri neuroni, esausti. IL MOVIMENTO BIOLOGICO Movimento studiato da Johansson attaccando luci su punti nodali di un essere umano in movimento. Scopre che per “percepire” un movimento come biologico, è su ciente un numero molto limitato di luci (una decina) collocati in posizioni chiave. LA COSTANZA PERCETTIVA COSTANZA = quel fenomeno per cui un oggetto percepito ci pare sempre uguale a sé stesso a dispetto di cambiamenti (anche grandi) nelle caratteristiche siche ff fi ff fi fi ffi fi dello stimolo (stimolo distale) e nella immagine retinica (stimolo prossimale) dello stimolo stesso: la maglia che indossate appare dello stesso colore in penombra e con sole a mezzogiorno nonostante col sole a mezzogiorno ri etta una quantità di luce enormemente più elevata che in penombra. Esistono diversi tipi di “costanze”: COSTANZA DI COLORE/LUMINOSITÀ I colori ci appaiono “costanti” nonostante, sicamente, ciò che giunge al nostro occhio può essere una stimolazione molto di erente: es. Un foglio di carta ci appare bianco, sia che lo si guardi con poca illuminazione, sia che lo si guardi in pieno giorno a luce del sole. COSTANZA DI FORMA Quando una porta ruota verso di noi, la forma della sua immagine retinica subisce una serie di cambiamenti. Nonostante ciò, percepiamo una porta invariata che ruota in apertura. COSTANZA DI GRANDEZZA Un oggetto (es. una persona) ci appare avere la sua ragionevole grandezza nonostante l’immagine retinica possa avere dimensioni notevolmente diverse a causa della sua distanza: Es. Un uomo di 2 metri posto a 4 metri da me produce una immagine retinica della stessa grandezza di un uomo di 1 metro posto a 2 metri da me. In generale, l’occhio COMPENSA per la distanza e percepisce le grandezze come ‘invarianti’. Tuttavia, queste costanze sono anche alla base di molte ILLUSIONI ottiche, come LA CAMERA DI AMENS E’ una stanza in cui ci si prende gioco degli indizi di profondità e grandezza per “aggirare” la costanza di grandezza. La camera è disegnata in modo da ingannare la nostra percezione e percepirla come regolare. È costruita in modo che l’angolo sinistro sia almeno due volte più lontano di quello destro. fi ff fl Il nostro occhio non corregge la distanza, perché le linee della stanza ci portano a credere che sia una camera normale, e assumiamo che due soggetti posti ai due angoli della stanza siano alla stessa distanza, quando non è così = illusione. SVILUPPO E BASI NEUROFISIOLOGICHE LA PERCEZIONE NEL CERVELLO Udito e vista hanno una parte dedicata nella neocorteccia. LE CORTECCE SENSORIALI si dividono in primarie, secondarie, terziarie… Più basso il numero, più semplice il tipo di elaborazione fatto dalla corteccia. LA CORTECCIA OCCIPITALE A livello della corteccia occipitale è possibile trovare cellule che rispondono a certe (e non certe altre) caratteristiche degli oggetti visivi. Nella corteccia è possibile trovare cellule specializzate per vari micro-compiti visivi. Tre sistemi celebrali distinti sembrano mediare l’atto di selezione di un oggetto a cui prestare attenzione: il primo associato all’attivazione, il secondo (sistema posteriore) seleziona gli oggetti sulla base di localizzazione, colore o forma, il terzo (sistema anteriore) guida il processo a seconda degli obiettivi dell’osservatore. Nella corteccia del gatto e scimmia sono state trovate: - Cellule semplici (campi recettivi ON-OFF di forma allungata): selettive per l'orientamento dello stimolo - Cellule complesse: rispondono alla direzione di movimento dello stimolo - Cellule ipercomplesse: selezionano anche le dimensioni dello stimolo IMPARIAMO A PERCEPIRE? Gli studi su animali e bambini (dai neonati in su) permettono di capire quanta parte della percezione sia “innata” e quanta parte “appresa”, i contributi di ciascuna componente. Alla nascita la nostra percezione è di erente e col passare del tempo arriviamo a percepire come in età adulta. Alcune capacità innate, possono comparire solo dopo che si sono sviluppate altre capacità più basilari, altre richiedono un certo genere di input ambientale per un tot di tempo. STUDI SUI NEONATI ff Un paradigma molto utilizzato è quello del “preferential looking”: Si mettono di fronte al neonato due stimoli alternativi e si guarda quale dei due viene guardato di più (magari alternandoli di tanto in tanto in posizione). Il fatto che il neonato guardi più a lungo uno (rispetto all’altro) indica che: - È in grado di discriminarli - Preferisce uno rispetto all’altro PERCEZIONE NEI NEONATI A un mese di vita, i neonati non sono in grado di cogliere i dettagli, ma distinguere solo oggetti grandi. L’acuità visiva migliora fortemente nei primi tre mesi di vita: La vista dei neonati vede soprattutto MARGINI, non dettagli. La percezione della profondità migliora altrettanto. La “costanza” si sviluppa altrettanto nei 6 primi mesi. —> durante la crescita “impariamo” a percepire. ESPERIMENTI SU ANIMALI Anche gli animali possono essere utili per studiare lo sviluppo della percezione - Li si può allevare in “deprivazione sensoriale” - Li si può allevare facendoli percepire stimoli controllati (es. Un ipotetico mondo in bianco/nero per capire se sviluppano comunque sensibilità al colore) Gli studi su animali mettono in luce l’esistenza di periodi critici = periodi entro cui bisogna necessariamente apprendere una determinata capacità altrimenti non verrà più appresa. PROVA MASCHI VS. FEMMINE Percepire dipende anche dal SESSO. I maschi e le femmine percepiscono diversamente l’informazione: - I maschi a “percezione più analitica” - Le femmine a «percezione più globale” ATTENZIONE DEFINIZIONE: “è il prendere possesso da parte della mente in chiara e vivida forma di uno fra tanti oggetti e fra tanti treni di pensieri possibili, esso comporta il ritrarsi della mente da alcune cose per poter operare su altre con grande e cienza...” (James, 1890, Principi di Psicologia). = è una funzione COSCIENTE. Ci aiuta a SELEZIONARE l’informazione rilevante nell’ambiente, e un pensiero che abbiamo nella mente. Un processo molto CONTROLLATO, una abilità cognitiva controllata dalla persona. “E’ una funzione multicomponenziale che svolge un ruolo di regolatore dei processi mentali, ltrando ed organizzando le informazioni provenienti dall’ambiente per consentire di mettere in atto un comportamento adeguato”. (Ladavas E., Berti A. Neuropsicologia, Il Mulino, 1995) = non è un unico processo, ma apre la possibilità che ci sia altro (altre informazioni), anche un processo inconscio, automatico —> insieme di processi che interagiscono. La funzione non è di ltrare solo le informazioni, ma anche di elaborarle per rispondere in maniera adeguata. È quindi una condizione NECESSARIA per PERCEPIRE le informazioni date dall’ambiente e per SELEZIONARE solo quelle rilevanti, concentrando le nostre risorse solo su quelle —> l’uomo è continuamente bombardato da informazioni proveniente dall’ambiente, ma è generalmente impegnato ad eseguire qualche compito, per cui solo una piccola porzione di queste dovrà essere rilevante. L’attenzione è quel processo per cui una stimolazione diviene il centro del contenuto di coscienza = L’insieme dei processi di selezione che il cervello mette in atto nei confronti degli stimoli che giungono attraverso gli organi di senso. E’ una condizione necessaria per la percezione di un oggetto: – Se uno stimolo è oggetto di attenzione, diviene contenuto di COSCIENZA = FUOCO DELL’ATTENZIONE: Consente di concentrare le risorse attentive su uno speci co stimolo ambientale Può variare per dimensioni Presenta una relazione inversa con l’e cienza di elaborazione dell’informazione ORIENTAMENTO DELL’ATTENZIONE = distinzione tra attenzione implicita (covert) ed esplicita (overt). Come dirigiamo lo sguardo nell’ambiente per distinguere le informazioni rilevanti. Quando lo sguardo si muove nell’ambiente per cercare una speci ca attenzione e il focus/attenzione coincide = ESPLICITO. Quando orientiamo l’attenzione senza dirigere i movimenti oculari (es. parlare con una persona, guardarla, ma ascoltare ciò che sta dicendo qualcun altro) = guardare qualcosa ma essere concentrati su altro, IMPLICITO. ffi fi fi ffi fi fi Altre due distinzioni fondamentali: orientamento VOLONTARIO (ENDOGENO): messo in atto quando volontariamente si cerca l’informazione rilevante —> volontaria ricerca con lo sguardo e con il focus. INVOLONTARIO (ESOGENO): quando c’è un’informazione critica che attira la nostra attenzione senza volerlo (es. uno sparo, un colpo, ecc…). Questo orientamento automatico (involontario, esogeno): 1. Non può essere interrotto 2. Non dipende dalla probabilità che il bersaglio su cui si dirige l’attenzione sia quello giusto (cioè, quello ricercato dal soggetto) 3. Non è soggetto a interferenza da parte di altro compito RISORSE ATTENTIVE Per RISORSE si intende una sorta di ‘energia mentale’ aspeci ca che può essere trasferita da un compito ad un altro. Il sistema attenzionale è una funzione cognitiva a risorse LIMITATE (sistema di risorse limitato). È più facile eseguire compiti in sequenza che due compiti simultaneamente (meglio in sequenza che in simultanea). Questo si è capito grazie all’INTERFERENZA DA DOPPIO COMPITO: - Interferenze strutturale : I due compiti richiedono gli stessi meccanismi, le stesse strutture per essere svolti e quindi possono essere eseguiti solo separatamente. Ascoltare musica e sostenere una conversazione richiedono l’uso delle vie acustiche (ascolto dicotico). - Interferenze da risorse: In alcuni casi l’interferenza da doppio compito si veri ca anche in assenza di competizione per un meccanismo comune —> Le operazioni mentali che compiamo sono impegnative e richiedono una certa quota di risorse attentive. Il fenomeno viene attribuito al fatto che le operazioni mentali non automatiche richiedono una certa quota di ‘risorse’ attentive. La quantità globale di risorse attentive è limitata e quindi tanto maggiore è la quota di esse impegnata per l’esecuzione di un compito, tanto minore è la quota residua disponibile per l’esecuzione di un secondo compito. = condividono la stessa quantità di risorse attentive che si devono distribuire. Il compito che riceve la quota di risorse su ciente per un’esecuzione ottimale, viene de nito COMPITO PRIMARIO. Il compito che riceve solo la quota residua di risorse e che quindi non sarà eseguito in modo ottimale, viene de nito COMPITO SECONDARIO. —> L’attenzione involontaria non va a incidere sulle risorse attentive, quella volontaria si. Diversi TIPI di attenzione: - Selettiva fi fi fi ffi fi - Divisa - Alternata - Sostenuta Le FUNZIONI dell’attenzione: Attenzione di allerta: mantenimento dell’allerta (es. in ogni momento, qualunque cosa io stia facendo, se si veri ca un rumore improvviso, me ne accorgo). Attenzione sostenuta: la capacità di mantenere le risorse elaborative verso una certa sorgente per un tempo prolungato (es. seguo la lezione per 45 min). Attenzione selettiva: capacità di orientare le risorse elaborative verso informazioni rilevanti (ad una festa, seguo solo le parole della persona di fronte a me). Attenzione divisa (distribuita): la capacità di dividere la propria attenzione su più attività (es. Guido l’auto ma seguo la radiocronaca della partita). COMPONENTI legate all’INTENSITÀ: allerta, attenzione sostenuta e vigilanza. ALLERTA, essa può essere: - TONICA: stato di attivazione generalizzato (molto simile all’attenzione sostenuta) = capacità di mantenere un buon elevato stato di attenzione per un certo tempo. - FASICA: facilitazione nel dare una risposta dopo un segnale di avvertimento = prontezza alla risposta. ATTENZIONE SOSTENUTA = Capacità di mantenere un’adeguata prestazione in compiti monotoni e per periodi prolungati, e di mantenere l’attenzione su eventi salienti per un certo periodo. Facile focalizzare l’attenzione per brevi periodi, molto più complesso è prestare attenzione per lunghi periodi —> Il termine indica la capacità di mantenere l’attenzione selettiva protratta nel tempo. Attenzione sostenuta e vigilanza rendono conto della variabilità nel tempo delle nostre prestazioni. Viene misurata ed esaminata con compiti che richiedono risposte veloci per almeno 20 minuti, ovvero monitorare una serie di stimoli per individuare uno stimolo critico che appare raramente (dopo una serie di stimoli lenti e noiosi, compariranno gli stimoli richiesti e in quel momento si sarà annoiati). VIGILANZA = la capacità di monitorare nel tempo eventi infrequenti. Inizialmente la prestazione è accurata e la risposta è veloce —> col tempo la prestazione diventa inaccurata (incremento dei tempi di risposta, dei falsi allarmi e delle omissioni). Il peggioramento della performance avviene rapidamente (entro i primi 15 minuti). Diminuzione del livello di attivazione siologica (arousal) in presenza di stimolazioni sensoriali deboli, tipiche dei compiti di vigilanza. fi fi —> vigilanza chiede di notare un piccolo cambiamento in un tempo prolungato, l’attenzione sostenuta chiede di eseguire un compito per molto tempo (non notare una variazione). Altre componenti legate alla SELETTIVITÀ: attenzione selettiva e divisa ATTENZIONE SELETTIVA = Capacità di concentrarsi su un determinato compito, ignorando gli stimoli irrilevanti per l’obiettivo. Contemporaneamente avviene: elaborazione in maniera privilegiata delle informazioni rilevati per il compito e l’inibizione delle informazioni irrilevanti. Sistema che permette che le risorse elaborative siano orientate solo verso le informazioni rilevanti per il compito che si sta svolgendo. L’attenzione selettiva VISIVA coincide per lo più con i movimenti oculari = orientare sicamente i nostri recettori sensoriali per privilegiare gli oggetti di interesse. Nella maggioranza dei casi, siamo “attenti” lì dove cade la visione foveale. Guardiamo per mezzo di una serie di ssazioni che si alternano a saccadi (i movimenti dell’occhio): la ssazione dura c.a. 300 ms, la saccade c.a. 20 ms. Siamo però in grado di prestare attenzione ad uno stimolo visivo anche senza spostare gli occhi. L’attenzione involontaria è un processo BOTTOM-UP, viene dall’ambiente e viene elaborato dal cervello. I meccanismi BOTTOM-UP corrispondono a predisposizioni o ‘bias’ innati del sistema visivo verso stimoli percettivamente ‘salienti’ o ‘nuovi’, i quali non dipendono dai processi cognitivi o mentali dell’osservatore, ne dalle richieste del compito svolto. I meccanismi bottom-up operano nelle prime aree visive e consentono il rilevamento AUTOMATICO di un particolare stimolo posto su un background di distrattori omogenei. L’attenzione volontaria è un processo TOP-DOWN: viene dal cervello, svolto dalla corteccia frontale, e si manifesta nell’esecuzione di una speci ca azione. I meccanismi TOP-DOWN sono processi cognitivi attraverso cui oggetti rilevanti sono selezionati VOLONTARIAMENTE dall’attenzione. L’attenzione selettiva ci consente di seguire e meglio elaborare uno stimolo (di qualsiasi modalità percettiva) —> L’informazione cui si presta attenzione è selezionata ed elaborata in modo più e cace dell’informazione a cui non si presta attenzione. Le informazioni che attirano in maniera involontaria la nostra attenzione, sarà la loro peculiarità che permetterà di elaborarle in maniera accurata. LA RICERCA VISIVA (attenzione selettiva spaziale) L’attenzione selettiva è coinvolta nella ricerca visiva (ESPLICITA – ENDOGENA), come quando ci capita di cercare qualcosa che abbia delle caratteristiche particolari in una scena visiva a ollata. fi fi ff fi ffi fi I movimenti oculari ci aiutano a studiare questo fenomeno. Nei paradigmi di ricerca visiva il soggetto deve cercare un certo oggetto target, in un insieme, nel più breve tempo possibile. CECITÀ AL CAMBIAMENTO: incapacità di notare consapevolmente cambiamenti rilevanti nella scena quando questi hanno luogo insieme ad altri elementi visivi di disturbo. Dati che dimostrano che è l’attenzione il fattore che consente la percezione di un cambiamento: se non vi è attenzione sulle parti che cambiano, i soggetti rimangono ciechi di fronte al cambiamento e può capitare di ignorare stimoli dell’ambiente potenzialmente importanti. A volte ignoriamo informazioni che non sono rilevanti nell’ambiente = ADATTAMENTO SENSORIALE O ABITUAZIONE. EFFETTO POP-OUT Funziona seguendo 2 modi: dipende dalle caratteristiche percettive dello stimolo (forma, colore). - Quando cerchiamo un oggetto, se questo oggetto possiede e si distingue per UNA CARATTERISTICA UNICA rispetto agli altri (es. la forma, il colore, l’orientamento) trovarlo è immediato (“feature search”): sarà quella caratteristica l’informazione che riusciremo a cogliere con facilità, indipendentemente dal numero dei distrattori (oggetti) = farà pop-out all’interno del nostro campo visivo (= fare SALIENZA) = RICERCA PARALLELA. - Per contro, se l’oggetto non possiede tale caratteristica unica, il tempo necessario per trovarlo cresce in funzione del numero di distrattori che lo circondano (“conjunction search”). = Più di cile perché si devono guardare più informazioni in contemporanea, RICERCA SERIALE. —> La nostra attenzione funziona meglio quando la caratteristica che cambia è solo UNA, indipendentemente dai distrattori si riesce a essere veloci. Più distrattori ci sono, più le accuratezze diminuiscono e i tempi di reazione aumentano, nella ricerca. RICERCA VISIVA TEORIA DI TREISMAN - Lo stadio di elaborazione PREATTENTIVO (automatico) permette la rilevazione di caratteristiche siche (colore, grandezza, forma), degli attributi primari: le immagazziniamo e se servono dopo bene, altrimenti restano li. - Lo stadio ATTENTIVO (elaborazione della risposta) combina queste informazioni in un insieme integrato e determina la percezione degli oggetti. ffi fi Quando la durata di uno stimolo è su ciente a percepire solo gli attributi primari ma non per lo stadio attentivo di integrazione, si veri cano le CONNESSIONI ILLUSORIE. L’assenza di interferenza da parte della numerosità dei distrattori nel caso feature search (ricerca caratteristica peculiare), metterebbe in luce MECCANISMI PREATTENTIVI ( che non richiedono risorse attentive, sono automatici). Tuttavia, è possibile dimostrare in certi contesti (es. Quando la ricerca visiva è svolta contemporaneamente ad un secondo compito) che tale “facilità” si attenua e la ricerca diventa più di cile all’aumentare dei distrattori anche nel caso “feature search”. I processi PRE-attentivi: non richiedono l’impiego di risorse attentive. sono elaborate pre-attentivamente le caratteristiche elementari di uno stimolo (colore, forma, movimento). processi molto rapidi che non risentono del numero di distrattori (numero di stimoli simili presenti nel campo percettivo). L’attenzione opera da FILTRO ATTENTIVO = il blocco che mettiamo dell’attenzione rispetto alle informazioni che arrivano dall’ambiente (esclusione delle informazioni irrilevanti). Dello stimolo cui noi non prestiamo attenzione ricordiamo solo le caratteristiche super ciali. Le informazioni irrilevanti subiscono il lavoro del ltro attentivo = di scarto, che può essere precoce o tardivo. Dove posizioniamo il ltro? Teorici diversi hanno posizioni diverse: dipende dal MOMENTO in cui avviene la selezione. SELEZIONE PRECOCE (= arriva subito il ltro): lo stimolo irrilevante non viene elaborato, il ltro attentivo lo esclude subito. L’informazione che non ci interessa non viene elaborata, processo cognitivo per l’elaborazione e la risposta solo a quelle di nostro interesse. Sistema tutto/niente, elaborato da Broadbent: l’attenzione è un ltro tutto/nulla che interviene prima dei processi ad alto livello (es. estrazione del signi cato). ASCOLTO DICOTICO Tecnica basata sulla presentazione simultanea di due diversi stimoli uditivi, uno in ciascun orecchio. Si presta attenzione ad UNO SOLO dei due messaggi (Compito di shadowing). Bisogna ripetere le informazioni proveniente dall’orecchio selezionato. I partecipanti non sanno ripete in maniera adeguata la conversazione. La prestazione migliora se sappiamo in anticipo a quale informazione prestare attenzione. Se dobbiamo ripetere ad alta voce l’informazione selezionata non si ha memoria dell’informazione presentata all’altro orecchio. fi fi fi ffi ffi fi fi fi fi fi I messaggi a cui non si presta attenzione sono elaborati solo per caratteristiche elementari (es. maschio o femmina). L’elaborazione arriva relativamente presto prima della codi ca semantica. = riuscivano comunque a dire delle INFORMAZIONI DI BASE semplici che percepivano comunque (sesso della voce, accento o particolare). Questo perché il sistema percettivo elabora parzialmente gli stimoli sfuggiti all’attenzione, anche se essi raggiungono di rado la coscienza. MODELLO DEL FILTRO ATTENUATO (TREISMAN) Modi ca in parte la Teoria di Broadbent. Gli stimoli non attesi sono elaborati ma in forma ATTENUATA. Il sistema sensoriale registrerebbe e analizzerebbe tutte le caratteristiche degli stimoli esterni. Queste passerebbero, poi, attraverso il ltro attentivo che le invierebbe, a sua volta, al sistema percettivo distinguendo le informazioni rilevanti da quelle non rilevanti. —> C’è un ltro posto in posizione precoce ed elaboriamo tutto ma in maniera pre-attentiva, di base. Il livello più alto di elaborazione avviene nel momento in cui si deve elaborare la risposta allo stimolo. Il ltro RIDUCE l’elaborazione delle informazioni irrilevanti, ma non la blocca. Gli stimoli rilevanti hanno una maggiore attivazione e raggiungono più facilmente la consapevolezza, rispetto a quelli IRRILEVANTI (= con signi cato emotivo, come il proprio nome, o coerenti con il contesto a cui si presta attenzione, vengono comunque rilevati) che restano sotto la soglia della consapevolezza, a meno che non siano particolarmente importanti —> Ogni stimolo ha un proprio livello di soglia che solo se viene superata esso viene riportato ed elaborato (anche se proviene dal canale ignorato). SELEZIONE TARDIVA (= arriva dopo): lo stimolo irrilevante viene elaborato, il ltro avviene al momento della selezione della risposta. EFFETTO COCKTAIL PARTY Stando in una stanza a ollata un soggetto riesce a percepire con chiarezza una conversazione che si svolge dall’altra parte della stanza, ma che considera particolarmente importante = si inibiscono le informazioni irrilevanti. —> Attenzione focalizzata (volontaria) che sembra attenuare la voce della persona con cui si conversa permettendo l’ascolto di una voce più lontana. La pronuncia del vostro nome cattura l’attenzione distogliendola dalla conversazione che stavamo seguendo, indipendentemente dalla nostra volontà. MODELLO A SELEZIONE TARDIVA (Deutsch & Deutsch) prima vi è un’elaborazione di tutte le informazioni provenienti dal sistema sensoriale e poi entra in azione il ltro attentivo che lascia passare quelle rilevanti, di cui veniamo resi consapevoli, bloccando invece quelle non rilevanti, che non raggiungono quindi la consapevolezza = la selezione dell’informazione avviene nel momento di dare la risposta (tardivamente). fi fi fi fi ff fi fi fi fi Cognitivamente molto dispendioso perché presuppone che tutte le informazioni siano elaborate prima di poter agire. L’informazione non rilevante, seppur non selezionata, è potenzialmente disponibile, anche se solo per un brevissimo periodo di tempo e