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This document seems to cover topics in clinical psychology, with sections on ADHD, psychopathology, and developmental psychology. It introduces various concepts, theories, and historical perspectives of mental disorders.
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Psicologia Clinica Craig 9CFU (scritto, risposte chiuse 30 minuti) 2 ottobre 2023 La psicologia clinica è una delle principali branche teorico-applicative della psicologia. Comprende lo studio scientifico e le applicazioni della psicologia in merito alla comprensione, prevenzione ed interv...
Psicologia Clinica Craig 9CFU (scritto, risposte chiuse 30 minuti) 2 ottobre 2023 La psicologia clinica è una delle principali branche teorico-applicative della psicologia. Comprende lo studio scientifico e le applicazioni della psicologia in merito alla comprensione, prevenzione ed intervento nelle problematiche psicologiche e relazionali a livello individuale, familiare e di gruppo, comprese anche le attività di promozione e mantenimento del benessere psicologico e il trattamento di molte forme di psicopatologia. Secondo l’American Psychological Association, “la psicologia clinica è una forma di psicologia applicata che mira a definire le capacità e le caratteristiche comportamentali degli individui attraverso metodi di misura, analisi e osservazione; e, che sulla base di un’integrazione di questi risultati coi dati ricevuti da esami fisici e anamnesi sociali, fornisce suggerimenti e raccomandazioni per un appropriato adattamento degli individui.” La psicologia clinica quindi si interessa di tutte le relazioni personali e intrapersonali. La figura dello psicologo è differente da quella dello psicoterapeuta in quanto hanno sia percorsi di studio che le mansioni che possono essere svolte. Ci sono altre figure molto importanti nell’ambito della psicologia clinica come il neurologo e il neuropsichiatra infantile. 3 ottobre 2023 Seminario ADHD Con disturbi del neurosviluppo si intende, condizioni a predisposizione genetica che accompagneranno il soggetto per tutto il corso della propria vita e vanno ad intaccare in maniera atipica lo sviluppo del bambino già nelle prime fasi di vita. Fanno parte dei disturbi del neurosviluppo (secondo il dsm5): disabilita intellettive (il "ritardo mentale" termine non più usato dal 2013); disturbi della comunicazione (disturbo specifico del linguaggio); disturbo dello spettro autistico; disturbo specifico dell'apprendimento; disturbi del movimento; disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD). La prevalenza del disturbo da deficit di attenzione/iperattività è stimata intorno al 5% nella popolazione in età prescolare. Tra le persone con ADHD, il 25/40% ha un DSA in comorbidità. Tra le persone con DSA 15/26% possono avere l'ADHD. Definizione ADHD La sindrome da deficit di attenzione/inattenzione e/o iperattività/impulsività è uno dei più comuni disordini dell'età evolutiva (infanzia e fase adolescenziale) e che interferisce con il corretto funzionamento del soggetto. L'ADHD colpisce circa il 3-5% dei bambini e può persistere anche in età adulta, compromettendo il funzionamento sociale, scolastico e professionale. La ADHD è caratterizzata tipicamente da: Deficit di attenzione; Attività motoria eccessiva, persistente e continuativa (iperattività); Impulsività comportamentale e verbale. La sindrome da deficit di attenzione e iperattività non riconosce una singola causa specifica. L'origine del disturbo sembra dipendere, infatti, dall'interazione di vari fattori ambientali, sociali, comportamentali, biochimici e genetici. Nell'eziologia dell'ADHD, in particolare, pare sia implicata l'espressione di alcuni geni che regolano il livello dei neurotrasmettitori di tipo dopaminergico e noradrenergico. Queste alterazioni si ripercuotono soprattutto sulle funzioni svolte da zone specifiche del cervello, che regolano l'attenzione (corteccia prefrontale, parte del cervelletto e alcuni gangli della base, cioè ammassi di cellule nervose situate in profondità nel cervello). La sindrome da deficit di attenzione e iperattività tende a ricorrere, poi, all'interno della stessa famiglia e si presenta spesso in associazione con altri disturbi del comportamento o di condotta. Evoluzione storica del disturbo L'identificazione prima definizione, viene data da Still nel 1902 ->"deficit nel controllo morale". Aveva definito così un gruppo di bambini che presentavano dei comportamenti accessivi e distruttivi. Nel 1968, si iniziò a parlare di un quadro definito come "relazione ipercinetica dell'infanzia e dell'adolescenza" (DSM-II). Solo negli ultimi anni si è iniziato a parlare di deficit di iperattività e attenzione. Terapie comportamentali e farmacologiche Il trattamento dell'ADHD si basa su terapie comportamentali e psico-educative. Quest'interventi includono, ad esempio, il mantenimento di un programma giornaliero, l'impostazione di piccoli obiettivi raggiungibili e la salvaguardia della concentrazione, riducendo al minino le distrazioni e premiando il comportamento positivo. Tali strategie possono essere applicate sia dai genitori, sia dagli insegnati che vengono inclusi nel percorso terapeutico. Il trattamento mira a ridurre, dunque, i comportamenti disfunzionali del bambino con ADHD. In alcuni casi, alle terapie comportamentali si può associare l'impiego di farmaci specifici. Occorre evidenziare, però, che questi medicinali permettono di controllare i sintomi dell'ADHD, finché vengono assunti, ma non curano la malattia. 1. Gli stimolanti a base di metilfenidato (MPH) e dextroamfetamina (DEX) favoriscono la comunicazione da un neurone all’altro aumentando la quantità di neurotrasmettitori nella sinapsi ossia nei siti di contatto tra le cellule del sistema nervoso. Questi farmaci sono in grado di modulare la ricaptazione della dopamina da parte della sinapsi neuronale attenuando lo stato di iperattività dovuto alla trasmissione deficitaria di tale neurotrasmettitore. 2. I non-stimolanti (ATX - atomoxetina) bloccando la ricaptazione della noradrenalina e, in misura minore, della serotonina. 4 ottobre 2023 La psicologia riguarda tutti; è come la sanità. Bisogna promuovere la salute psicologica e il benessere psicologico. Nell’aspetto psicologico, parliamo di una scienza che appartiene a tutti, soprattutto quella clinica. La psicologia clinica è una delle principali branche teorico-applicative della psicologia. Comprende lo studio scientifico e le applicazioni della psicologia in merito alla comprensione, prevenzione ed intervento nelle problematiche psicologiche e relazionali (sia interpersonali che intrapersonali) a livello individuale, familiare e di gruppo, comprese anche le attività di promozione e mantenimento del benessere psicologico e il trattamento di molte forme di psicopatologia. Secondo l’American Psychological Association, “la psicologia clinica è una forma di psicologia applicata che mira a definire le capacità e le caratteristiche comportamentali degli individui attraverso metodi di misura, analisi e osservazione; e, che sulla base di un’integrazione di questi risultati coi dati ricevuti da esami fisici e anamnesi sociali, fornisce suggerimenti e raccomandazioni per un appropriato adattamento degli individui.” Nel nostro percorso, ci si avvicina a parlare di psichiatria. La psicologia clinica sfocia nella psicoterapia che si occupa di prendere in carico la cura della persona. Personalità ed intelligenza sono le parole chiave della psicologia clinica. Importante è il concetto di “comportamento” e, con questo termine, s’intende tutti quei comportamenti che possono essere funzionali e disfunzionali per un individuo. Deve essere tutto osservabile e valutabile. Elemento specifico della psicologia clinica è la “psicodiagnostica”; lo psicologo insieme alla figura del neuropsicologo, hanno l’obiettivo di effettuare una diagnosi, tramite l’utilizzo di una batteria neuropsicologica, questionari e colloqui clinici. Per quanto riguarda il vero e proprio intervento psicologico, esistono situazioni in cui la psicoterapia può essere fatta in senso individuale (il cliente fa un percorso magari di sei mesi) oppure possono esserci terapie di gruppo. La durata è soggettiva. [Il termine “clinico” si rifà al termine greco “clinè” che significa “letto” perché, nella prospettiva medica, stava ad indicare la cura fornita al capezzale del malato.] Uno dei problemi della psicologia clinica è che c’è ancora un forte stigma ossia l’attribuzione di una particolare etichetta ad un gruppo di persone, che le distingue dalle altre. Capita molto spesso che questi individui vengono ingiustamente discriminati perché etichettate come “diversi” motivo per cui spesso, il “cliente” (diverso dal termine “paziente”; il soggetto si sentirebbe “malato”) decide di intraprendere un percorso lontano dalla propria città di origine. Introduzione alla psicologia clinica Il DSM-5 definisce il disturbo mentale come un quadro caratterizzato da difficoltà cognitive (nessuno può aiutarmi), emotive (sono arrabbiata) e comportamentali (non esco di casa) a cui è associata una sofferenza o una inabilità in ambito sociale, lavorativo e in altri importanti settori della vita dell’individuo. Il disturbo mentale colpisce il funzionamento dell’individuo e implica alterazioni clinicamente significative nella sfera del pensiero, emozioni e del comportamento. Comporta disagio personale e sociale e implica disfunzioni dei processi psicologici, evolutivi e neurobiologici. Inoltre, non è una reazione che può dipendere da un evento specifico (es. lutto). Per avere una diagnosi di disturbo mentale secondo il DSM-5, deve creare un disagio personale, una disabilità, una violazione delle norme sociali ed una disfunzione. 10 ottobre 2023 Psicopatologia dello sviluppo La psicopatologia nasce dall'integrazione tra le diverse discipline e aree di studio, tra cui l’embriologia, le neuroscienze, l'etologia, la psicologia clinica, la psicologia dell’età evolutiva, la psicologia sperimentale e la neuropsichiatria. Tra i pionieri della psicopatologia dello sviluppo, ritroviamo alcuni psicanalisti, tra cui Anna Freud, Melanine Klein, Erik Erikson, Donald Winnicott e John Bowlby che, con i loro studi, furono tra i primi a contribuire alla comprensione dei processi dello sviluppo normale e patologico dei soggetti in età evolutiva. Freud e il paradigma psicoanalitico (IV) Freud nasce nel 1856 a Freiberg e muore nel 1939 a Londra. Per Freud, i sogni e la loro interpretazione sono molto importanti e sosteneva che “il sogno è il soddisfacimento allucinatorio e camuffato di desideri camuffati.” Per quanto riguarda l’interpretazione dei sogni, due sono gli elementi di maggiore rilevanza ossia il contenuto manifesto e il contenuto latente. Inoltre, le leggi che regolano i sogni sono: → condensazione: per la quale un’idea, un’immagine del sogno può fondere insieme a vari pensieri e ricordi; → spostamento: processo per cui la carica emotiva è separata dal suo oggetto reale ed è riferita ad un oggetto differente; → drammatizzazione: in cui i pensieri e le emozioni alla base dei sogni si presentano in successione densa e movimentata; → simbolizzazione: consiste nell’utilizzo, da parte dell’inconscio, di simboli sostitutivi delle cose; → rappresentazione per l’opposto o rielaborazione secondaria: si verifica nel momento in cui ci si risveglia, cioè quando la coscienza rientra in azione con tutte le sue forze, ostacola il ricordo della trama del sogno. [Il caso del piccolo Hans] Inizialmente, nella terapia svolta da Freud, veniva utilizzata l’ipnosi ma successivamente egli decise di abbandonarla per due motivi ben specifici: 1. egli credeva che, molto spesso, gli eventi di abusi sessuali narrati, non sembravano reali ma erano solo frutto dell’immaginazione del paziente; 2. i risultati ottenuti erano momentanei. Al risveglio il paziente non ricordava quasi nulla e molto spesso, i sintomi riapparivano motivo per cui egli si convinse che ci fosse qualcosa di più profondo da scoprire. Dal momento stesso in cui la psicoanalisi abbandonò l’ipnosi, questa diventò una metodologia a sé. Il requisito più importante per l’eliminazione del sintomo era che, il materiale inconscio sgradevole diventasse accessibile alla coscienza. Nella mente del paziente, però, è presente una forza che oppone resistenza durante questo processo. 11 ottobre 2023 Il lavoro di Freud Approccio dinamico Freud descrive la sua teoria come una sorta di economia dell’energia nervosa che viene chiamata in modi diversi come energia psichica, energia pulsionale, libido. È questa energia che si presenta durante i sogni e si "scarica" attraverso i sogni. Quando l’energia non viene scaricata, si trasforma in angoscia che causa in sintomo come una paralisi e in un pensiero come ossessione. Conflitti tra energie opposte Freud elaborò il concetto di conflitto psichico andando ad ipotizzare che l’energia sessuale potesse entrare in contrapposizione con altri tipi di energia, sfociando in un vero e proprio conflitto. La mancanza di risoluzione porterà all’insorgere di un sintomo psichico (es. fobia) o fisico (es. paralisi isterica). Inizialmente parlò di conflitti tra libido e pulsione dell’Io mentre successivamente parlò di contrapposizione tra pulsione di morte e pulsione di vita. → Principio di piacere e principio di realtà → Pulsione sessuale e pulsione di autoconservazione → Pulsione di vita e pulsione di morte Approccio topografico e prima topica All'interno de "L'interpretazione dei sogni" del 1899, troviamo per la prima volta la prima topica di Freud. Per Freud, è possibile una ripartizione dei contenuti della mente umana, la quale presenta una struttura composta da inconscio e conscio. La psiche è dunque una realtà complessa che viene divisa, da Freud, in un primo tempo in tre zone o luoghi che definiscono la prima topica. 1. Lo stato più profondo della nostra psiche è l'inconscio ed è anche quello più complesso e non visibile, considerato come la sede dei desideri, impulsi e dei ricordi dimenticati; questi contenuti possono riaffiorare alla coscienza deformati e travestiti (sogni, lapsus). La terapia psicanalitica è in grado di eliminare questi effetti dalle forze rimoventi. 2. Il preconscio è un sistema attiguo alla coscienza; è la zona intermedia tra inconscio e conscio in cui sono presenti tutti quei contenuti che, pur essendo latenti, sono facilmente riconducibili alla coscienza. 3. Il conscio si basa sul “principio di realtà” e contiene tutto ciò che di noi conosciamo: idee, affetti, ricordi. Il conflitto, tra quali parti avviene? Tutto quello che c’è nell’inconscio, prima o poi vuole emergere e manifestarsi motivo per cui ci saranno i meccanismi di difesa che proveranno ad agire e ci sarà il conflitto. Se non viene superato, si svilupperanno fobie e nevrosi. Modello strutturale e seconda topica Il modello strutturale si rivela molto più efficace nella descrizione del conflitto psichico. In questo conflitto verranno coinvolte le pulsioni e difese, elementi inconsci. Inoltre, il conflitto è intrapsichico e coinvolge istanze diverse. Il modello strutturale della mente, la seconda concezione della mente secondo Freud e seconda topica, è caratterizzato da tre istanze psichiche che interagiscono dinamicamente: es, io e super io. Con questo modello strutturale, la psicopatologia è in qualche modo concepita come il risultato di impulsi inaccettabili che minacciano di sopraffare l’io e le difese contro di esse. La differenza tra la prima topica e il modello strutturale sta nel fatto che nella prima si parla prettamente di preconscio, nella seconda è presente sia materiale conscio che inconscio. Continuum Il concetto di salute mentale per Freud è un concetto di continuum. È un argomento molto importante e ripreso tutt’oggi quando si parla di esperienze traumatiche. Sono quei contenuti inconsci rimossi che vengono mantenuti nella nostra psiche tramite le resistenze, che hanno lo scopo di impedire che il materiale che un tempo veniva ritenuto dannoso per il soggetto, possa riemergere in futuro. Per far si che ciò non accada, entrano in gioco dei meccanismi di difesa. Tutti hanno due caratteristiche in comune: 1. Negano, falsificano o deformano la realtà 2. Operano fuori della consapevolezza del soggetto, cioè nell’inconscio. 16 ottobre 2023 Caso Dora Nella teoria freudiana hanno grande importanza le esperienze sconvenevoli infantili. Vanno dalle più evidenti (abuso sessuale) alle meno evidenti. L’evento colpi profondamente la mente della quattordicenne. Anche se l’abuso sessuale non c’è stato, c’è stato un contatto fisico che ha lasciato inerme la ragazza. Ovviamente l’evento è soggettivo. Nel caso di Dora, la pulsione sessuale che Dora aveva avuto è una pulsione che non era stata accettata. Il meccanismo di difesa ha agito e non ha fatto venir fuori la pulsione che si è trasformata in “fantasia”. Ciò ha portato alla piccola isteria in Dora, che è venuta fuori con i sintomi della tosse nervosa, ecc. inoltre provava rabbia, frustrazione e senso di colpa. Tutto era legato al conflitto inconscio presente nella ragazza. Emotivamente Dora non prova nulla ma inconsciamente lavora con i sogni e le fantasie. Il caso di Dora ha messo in evidenza il ruolo del transfer e del contro transfert dove la ragazza proietta in Freud. TRANSFERT La teoria del transfert è una delle idee fondamentali della psicoanalisi sviluppata da Sigmund Freud. Il transfert si riferisce all’esperienza di trasferirei, maniera inconscia, su figure di autorità presenti nella vita del paziente, come il terapeuta, le emozioni e tutti i modelli relazionali che il paziente ha maturato nei rapporti passati. Dunque, il transfert si manifesta quando il pazienta proietta sui suoi terapeuti le sue esperienze ed emozioni, sviluppatesi in seguito a relazioni con altre persone significative (genitori, amici, ecc). Il terapeuta deve essere consapevole del transfert e gestirlo attentamente per aiutare il paziente a superare le proprie difficoltà e a comprendere maggiormente sé stesso. Approccio stadiale o evolutivo Freud sullo sviluppo umano sostiene che: 1. I primissimi anni di vita sono i più importanti per la formazione della personalità. 2. Lo sviluppo comporta stadi psicosessuali. La teoria della sessualità infantile Tale teoria si fonda sul concetto di pulsione. L’evoluzione della sessualità può essere descritta come una sequenza di fasi psicosessuali, attraverso le quali diverse parti del corpo e le attività libidiche ad esse associate, diventano dominanti. Fasi dello sviluppo psicosessuale Paradigma cognitivo-comportamentale (III paradigma slide) 17 ottobre 2023 Paradigma genetico (I paradigma) Genetica vs ambiente QI è prettamente genetico. Ha una forte predisposizione genetica Fenotipo: è tutto quello che è osservabile. colore dei capelli, colore degli occhi ecc.. dunque, un insieme delle caratteristiche che noi possiamo osservare. Genotipo: non è osservabile ed è dato dal corredo genetico. È ciò che è scritto nel DNA. Quando parliamo di genetica dobbiamo sapere che quasi tutti i nostri comportamenti sono ereditabili ma allo stesso tempo i geni non lavorano in quasi totale funzionamento dell'ambiente. Caso three identical strangers. La genetica comportamentale La genetica comportamentale prevede da una parte il genotipo (materiale genetico ereditato da un individuo) e dall’altra il fenotipo (materiale genetico espresso e comportamenti osservabili). Come interagiscono geni ed ambiente? Qui si parla di “epigenetica” Epi= sopra la genetica. I primi studi vennero fatti sugli animali (topi) ai quali venne data la vitamina B12, la quale ha un effetto importante e, cioè, silenziare l’attività del gene presente nei topi (agouti). Scoperta-> primi studi su modello animale (topi). È stata una delle ricerche più interessanti. 1)mamma topo -> gene agouti-> predisposizione all'obesità e a problematiche cardiovascolari. La mamma topo partorirà due topi con gli stessi caratteri ereditati. Alla madre è stata somministrata durante la gravidanza la vitamina B12 la quale ha un effetto molto importante perché riesce a silenziare l'attività (l'espressività) del gene agouti. a uno dei due topolini i geni verranno silenziati e cambierà sia pelo che geni interni. I meccanismi epigenetici riescono a silenziare alcuni aspetti dei geni, nonostante il DNA resta invariato. Per noi esseri umani, ciò significa che, nasciamo con un patrimonio genetico che non solo è predeterminato, ma che viene passato durante la gravidanza dalla mamma al bambino, tramite il flusso sanguigno, ciò significa che se la madre durante la gravidanza fuma, il bambino avrà un’alta probabilità di sviluppare l’asma. L’epigenetica spiega come l’esperienza di una madre e di un padre, influenzi la nascita di un bambino. L’alterazione dei geni dello stress lo abbiamo nelle madri con depressione che vanno ad intaccare anche l’allattamento materno. 23 ottobre 2023 Diagnosi e valutazione Fare una diagnosi è molto complicato. Esistono diverse tipologie di diagnosi 1) DIAGNOSI NOSOGRAFICA-> andare ad incasellare la persona all'interno di una diagnosi che deriva prettamente dall'approccio medico (depressione, disturbo ossessivo compulsivo, anoressia e bulimia nervosa). È una diagnosi utilizzata soprattutto dai clinici. 2)DIAGNOSI DI FUNZIONAMENTO -> ci aiuta a capire il profilo della persona. partendo dalla nosografica, ci andiamo a chiedere il perché dell'insorgenza della patologia andando ad analizzare l'ambito sociale dell'individuo. Colloquio clinico: il colloquio clinico è un processo in cui clinico e paziente/cliente, interagiscono allo scopo di comprendere la problematica presente o, comunque, la situazione contingente che ha portato alla consultazione; il clinico deve essere in grado di dosare accoglienza, ascolto, domande e ragionamento clinico, affinché il paziente possa sentirsi a proprio agio. Anamnesi: la raccolta anamnestica paragonabile a un viaggio; è un viaggio del paziente attraverso la propria vita, toccandone le aree salienti, quali la famiglia d’origine, la prima infanzia, eventi traumatici, ecc. in questo percorso è importante che il clinico ponga domande allo scopo di facilitare il processo, senza pretese di chiarezza eccessiva o di interpretazione di eventuali difficoltà. In questo modo il paziente può tendere un “filo rosso” trasversale alla propria vita e averne una visione d’insieme. Batteria di test: l’utilizzo di una batteria di test consente l’indagine di diverse aree di funzionamento e di osservare il paziente in situazioni differenti, valutando sia quantitativamente, sia qualitativamente la presenza o l’assenza di determinati meccanismi e caratteristiche. Diagnosi in ambito clinico In clinica formulare una diagnosi nosografica è corretto e doveroso. Il compito specifico della psicologa clinica, è quello di evitare l'effetto "etichetta": in ambito clinico non bisogna omologare tutti i pazienti con la medesima diagnosi è fondamentale e, per questo motivo, ogni diagnosi nosografica, nell'ambito della psicologia clinica, deve essere accompagnata, integrata e "potenziata" dalla diagnosi di funzionamento del medesimo paziente. È quest’ultima, infatti, a esplicare in quale modo si manifesti a livello fenomenologico la malattia di cui è affetto un determinato paziente e a comprenderne il significato. Riassumendo, in ambito clinico la diagnosi nosografica serve a fornire un inquadramento della patologia del paziente che spesso viene utilizzata "a grandi linee", come se fosse un colpo d'occhio sui paziente, necessario allo psicologo clinico per un primo approccio al lavoro clinico/terapeutico; la diagnosi di funzionamento integra, completa e sfaccetta questa classificazione, facendo emergere in prima linea il paziente e le sue caratteristiche, compresi tutti I significati attribuiti alla patologia e/o al sintomo. Attraverso l'uso sinergico di questi due strumenti la psicologa può impostare il proprio lavoro, "su misura” per il proprio paziente. Il manuale più utilizzato è il ICD-10 in cui vi sono tutte le malattie esistenti, a partire da quelle neurologiche fino ad arrivare a quelle ortopediche. Il DSM-5 definisce il disturbo mentale un quadro caratterizzato da difficoltà cognitive, nella regolazione a cui è associato una significativa sofferenza e inabilità in ambito sociale, lavorativo e in altri importanti settori della vita dell’individuo. Le caratteristiche del DSM-5 sono: Validità: Fra i molti tipi di validità ci interessa la Validità di costrutto (costruct validity) che indica quanto un sistema, un modello, una descrizione rappresentano o misurano effettivamente la realtà a cui si riferiscono; Attendibilità: esprime il grado di concordanza delle diagnosi effettuate sullo stesso paziente da operatori diversi in modo indipendente; Sistema politetico e monotetico: nel primo si sceglie una soglia di inclusione stabilendo un numero minimo di criteri necessari; nel secondo uno o più criteri sono necessari per la diagnosi; Modello categoriale: o Malattia separata dalla salute; o Ogni disturbo (categoria) è nettamente separato dall’altro; o Categorie diagnostiche. VANTAGGI: Semplicità di impiego nella clinica e nel training Facilità di utilizzo in campo informatico e di ricerca Possibilità di gerarchie diagnostiche SVANTAGGI: Difficoltà di diagnosi di casi ai confini fra le categorie Categorie residuali (Atipiche, NAS, casi sottosoglia) Scale nominali e non ordinali Modello dimensionale: o Individua diverse dimensioni. Ogni fenomeno clinico varia quantitativamente su un continuum di valori ordinati. Ad esempio, i tratti della personalità, dell’umore, della cognizione; o Il modello dimensionale si adatta meglio a molti aspetti della realtà. VANTAGGI Ridotto rischio di stigmatizzazione Facilità di diagnosi di casi al confine tra diverse categorie, dei casi difficili, delle comorbilità SVANTAGGI Difficoltà di utilizzo nella pratica clinica Difficoltà di utilizzo nella ricerca perché difficile la comparazione Diagnosi descrittiva: è finalizzata ad individuare la sintomatologia manifesta; nel campo psicopatologico i sintomi possono essere individuati sia sul versante cognitivo sia su quello emotivo- relazionale, sia su quello di personalità. Esempi di diagnosi descrittiva sono: afasia/disafsia, disturbo post-traumatico da stress, schizofrenia. La diagnosi descrittiva, nel campo della psicopatologia, viene effettuata dallo psicologo con strumenti quali il colloquio anamnestico e clinico, l'osservazione del comportamento (anche nell'ambiente di vita del soggetto), le interviste strutturate, i test psicologici, le valutazioni psicofisiologiche. Diagnosi strutturale: consiste nella valutazione, analisi e comprensione di quale sia la struttura della personalità al fine di comprenderlo come una persona completa e complessa. La "diagnosi strutturale" essenzialmente è un colloquio centrato sui sintomi, sui conflitti o sulle difficoltà del paziente e sulle particolari modalità con cui egli le manifesta nell'interazione duale che si realizza durante l'incontro. L'obiettivo del clinico è quello di mettere a fuoco i principali conflitti espressi dal racconto del soggetto; tale intervento genera una tensione sufficiente a far emergere l'organizzazione difensiva e strutturale predominante nel funzionamento psichico del paziente, inoltre permette di ottenere un insieme di informazioni, utili a collocare il soggetto in una di quelle categorie che lo studioso definisce "organizzazioni fondamentali di personalità" ovvero l'organizzazione nevrotica, borderline e psicotica. 24 ottobre 2023 Nel quadro clinico di ogni disturbo, oltre ai criteri diagnostici, ci sono gli specificatori, in cui è necessario definire il livello di gravità del disturbo: livello 1, livello 2, livello 3. Disturbo ossessivo compulsivo La persona mette in atto comportamenti per abbassare il livello d’ansia; ha bisogno di ripetere il comportamento più volte. Le componenti sono ossessioni o compulsioni. Per arrivare ad una diagnosi sono importanti: il colloquio clinico, il test psicometrico, il test proiettivo. Durante il colloquio clinico si valutano: Comportamenti interni (cognitivi) Comportamenti esterni (verbali, motori) Abitudini a rischio per la salute Sintomi Temperamento Il comportamento ci da molte informazioni sullo stato del soggetto. Carl Rogers parla di una terapia interpersonale in cui fondamentale è l’ascolto che può essere: Selettivo: ascolto alcune cose; Passivo: non ascolto nulla; Attivo: ascolto attentamente. Per quanto riguarda l’ascolto attivo è importante: Sospensione del giudizio; Mostrare empatia; Mettersi nei panni dell’altro; Ascoltare ciò che la persona dice. 25 ottobre 2023 Carl Rogers, fondatore della psicologia umanistica e della terapia centrata sul cliente. Di conseguenza a questo, bisogna fare una distinzione tra: colloquio medico (centrato sulla malattia) e colloqui psicologico (centrato sul paziente). Ognuno ha un valore come persona, che non è legato a quello che possiede o non possiede; una caratteristica fondamentale del colloquio clinico è l’empatia (che nasce con Rogers negli anni ’50). Le altre due sono conseguenze e accettazione positiva dell’altro. Nei colloqui e nelle terapie non è importante curare la persona, ma produrre un cambiamento positivo; esistono due modi di vivere la rabbia: Distruttiva: danneggiare; Costruttiva: modificare l’atteggiamento per promuovere un cambiamento. L’empatia non è sinonimo di distanza/vicinanza emotiva, ma significa cercare di vedere il mondo con gli occhi dell’altra persona. Quando facciamo un colloquio non bisogna essere distratti, non dobbiamo dare ordini al paziente e, inoltre, bisogna favorire la libertà di parola. Bisogna sempre adattarsi al linguaggio del paziente; importante è anche il setting (spazi, arredi, etc.). 30 ottobre 2023 IPOTESI DIAGNOSTICA Cercare di indagare tramite strumenti, quali possono essere le aree disfunzionali di una persona e cercare di utilizzare una batteria testologica che vada a supportare una diagnosi. Noi abbiamo una serie di batterie testologici: Interviste strutturate= è il clinico che le domanda alla persona. Si differenziano dal colloquio clinico, perché il clinico segue un copione; quindi, ci sono domande prestabilite e si segue l’ordine di quelle domande. Test autovalutativi= il clinico sta li e se dovesse servire, il clinico interviene, altrimenti no. Viene dato un test al genitore ed il genitore risponderà in base ai comportamenti del proprio figlio. Sono soggetti alla percezione della persona che sta compilato il questionario; alcuni sono attendibili, ma non bastano per fare la diagnosi. Tecniche proiettive= al momento sono tecniche nate con la scuola psicoanalitica; vanno a valutare alcune dinamiche, però, sono destrutturate e la persona ci vede quello che vuole, ciò significa che una volta data la “consegna”, la persona in qualche modo ci metterà dentro il suo inconscio ed il clinico andrà ad interpretarlo. Qui le risposte di un individuo corrispondono a degli stimoli ambigui, che gli vengono presentati, riflettono attributi significativi e relativamente stabili della sua personalità. Questo test è utilizzato nelle perizie. Test neuropsicologici= quelli più utilizzati, si basano sul chiedere di effettuare un compito, quindi c’è l’osservazione nel mentre, e in qualche modo come la persona risponde, otterrà un determinato punteggio. Sono test altamente standardizzati, ciò significa che se viene fatto un test del QI in un luogo piuttosto che in un altro, la percentuale è la stessa, potrebbe variare di pochissimo. Sono standardizzato perché prima di essere utilizzati nelle cliniche, sono stati sperimentanti in tutte le popolazioni. Si valuta il linguaggio, la memoria, il problem solving, la capacità di attenzione. Viene utilizzato per i bambini, ma anche per gli adulti. MMPI= (Minnesota Multiphasic Personality Inventory) test utilizzato in ambito clinico, ma anche per chi vuole entrare nelle forze dell’ordine; è un test di personalità che valuta sul momento. Ha almeno 600 domande e viene utilizzato nelle perizie psichiatriche. È un questionario di personalità a carattere autodescrittivo in cui il soggetto deve indicare se le affermazioni, in esso contenute, si applicano o meno alla sua persona; tale strumento permette di identificare la presenza di tratti psicopatologici nella struttura di personalità. Il questionario dispone di varie scale, dette “di validità”, finalizzate ad individuare le risposte falsificate. Una di queste è la scala “L” (lie) concepita come una serie di asserzioni tese a rilevare se il rispondente sta cercando di dare un’immagine di sé migliore del vero. All’interno son presenti delle scale cliniche: 1. Ipocondria 2. Depressione 3. Isteria 4. Deviazione psicopatica 5. Mascolinità- femminilità 6. Paranoia 7. Psicastenia 8. Schizofrenia 9. Ipomania 10. Introversione sociale. TECNICHE PROIETTIVE Ipotesi proiettiva: le risposte di un individuo a degli stimoli ambigui, che gli vengono presentati, riflettono attributi significativi e relativamente stabili della sua personalità. Non si tratta di un test. Tali tecniche consistono nelle presentazioni di stimoli poco strutturati o ambigui con la richiesta al soggetto in esame di “interpretarli” o dargli una strutturazione. Tra le diverse tecniche abbiamo l’interpretazione di stimoli privi di contenuto (reattivo psicodiagnostico di Rorschach). Il reattivo psicodiagnostico di Rorschach È il più diffuso test proiettivo di personalità composto da dieci tavole. L’intento originario di Rorschach era studiare i disturbi percettivi ed appercettivi di soggetti con allucinazioni. Gli stimoli sono costituiti da macchie d’inchiostro nere, alcune colorate ed altre pastello e la somministrazione si compone di tre fasi: 1. Somministrazione libera; 2. La siglatura; 3. L’interpretazione. Si tiene conto di tre criteri: 1. Forma; 2. Colore; 3. Movimento. Più vengono date risposte non comuni, più emergono i tratti psicopatologici; molto spesso le persone non riescono a definire le immagini perché alzano un muro di difesa. Nei test psicologici si ritorna alle capacità del bambino (oggettive); vengono utilizzate per tutte le condizioni. Lo psicologo piò utilizzare questi test, lo psicoterapeuta no. 31 ottobre 2023 Neurosviluppo La rete neurale si forma nel periodo fetale e nei primi due/tre anni, con due processi chiave: la neurogenesi e la sinaptogenesi, entrambe massime in questa prima epoca della vita. Importanti sono: Proliferazione: fase in cui si generano i neuroni; Sinaptogenesi: fase in cui avviene la formazione di nuove connessioni (sinapsi) tra neuroni; Prunning o sfoltimento sinaptico: è il processo in cui vengono eliminate dal cervello le connessioni meno importanti o poco utilizzate; Mielinizzazione: processo in cui gli assoni delle vie neurali importanti, vengono ricoperti da una guaina isolante, la mielina, che li rende più veloci e stabili. L’evoluzione del cervello è programmata fin dal periodo prenatale, dopo la nascita l’esperienza diventa motore dello sviluppo psicomotorio. Esistono periodi critici per apprendere determinate competenze, come, ad esempio, l’apprendimento del linguaggio, ma anche tutte le altre competenze cognitive. I disturbi del neurosviluppo Sono traiettorie atipiche dello sviluppo cerebrale che diventano traiettorie atipiche comportamentali e producono difficoltà emotive e sociali. I quadri principali sono: disabilità intellettiva, disturbi dell’apprendimento, dello spettro autistico, del movimento, da deficit dell’attenzione/iperattività. Questi disturbi sono condizioni a predisposizioni genetiche che accompagnano la persona per tutto il resto della sua vita; le manifestazioni devono partire dall’infanzia (nascita). Tuttavia, pur presentandosi per la prima volta durante l’età evolutiva, essi continuano a persistere fino all’età adulta, modificandosi nel modo in cui si presentano e, per questo motivo, venendo spesso non riconosciuti e diagnosticati per lungo tempo. La rete neurale di forma grazie alle sinapsi, con cui avviene la maturazione del cervello, molto importante è la mielinizzazione, con cui gli assoni viaggiano più veloci. L’evoluzione del cervello è pre-programmato fin dal periodo prenatale, ma la parte importante è il post-nascita e gli stimoli che forniamo al bambino. Nel disturbo del neurosviluppo è importante effettuare interventi precoci, fra le tappe fondamentali, per un bambino, ci sono, ad esempio, il gattonare, la vocalizzazione, riuscire e stare seduto, ecc. in particolare i primi 100 giorni sono fondamentali per lui. Al di la dei disturbi del neurosviluppo il bambino può sperimentare sintomi transdiagnostici, tra cui: Sviluppo ritardato nel tempo o anomalo; Difficoltà di attenzione e concentrazione; Problemi personali; Problemi emotivi e comportamentali. I principali fattori sono: genetici, ambientali, neurologici e prenatali. Fattori genetici Uno dei principali fattori che contribuisce allo sviluppo del disturbo del neurosviluppo è rappresentato dalla predisposizione genetica. La ricerca effettuata in merito a ciò ha identificato molte variazioni e mutazioni genetiche che sembrano conferire una maggiore vulnerabilità verso lo sviluppo del disturbo del neurosviluppo. Queste anomalie possono essere ereditate dai genitori o possono verificarsi spontaneamente durante lo sviluppo del feto. Fattori ambientali L’ambiente in cui una persona cresce e si sviluppa, ha un ruolo fondamentale nella manifestazione di tale disturbo; è stato evidenziato, infatti, come fattori predisponenti di tipo genetico od ormonale possono intrecciarsi a fattori di rischio ambientale favorendo lo sviluppo di una di queste condizioni. Ad esempio, l’esposizione a esperienze avverse precoci durante l’infanzia, come eventi stressanti o traumatici, possono rappresentare un importante fattore di rischio nell’insorgenza di disturbi del neurosviluppo. Fattori neurologici Alcuni disturbi possono essere causati da anomalie o disfunzioni del sistema nervoso. Ad esempio, condizioni di paralisi cerebrale o di epilessia, influenzano il normale sviluppo del sistema nervoso e possono condurre all’insorgenza di un disturbo del neurosviluppo. Fattori prenatali Il periodo della gravidanza è un momento critico nello sviluppo del sistema nervoso del nascituro e diversi fattori critici durante questa fase possono avere un impatto duraturo aumentando la probabilità di sviluppare un disturbo del neurosviluppo (uso di alcol o droghe durante la gravidanza, malnutrizione materna o esposizione a stress). Se ben stimolato, il bambino imparerà prima, la maggior parte dei bambini con autismo ha anche difficoltà intellettive e le cause dei disturbi del neurosviluppo non sono note. Una delle condizioni più diffuse è la disabilità intellettiva (42% di alunni con sostegno); rappresenta dall’1 al 3% della popolazione mondiale e ci sono più casi nei paesi poveri, rispetto a quelli economicamente avanzati. Queste persone possono avere una vita tranquilla ma sono esperte solo nelle situazioni pratiche al contrario delle forme gravi (SMA). Non possiamo leggere la disabilità intellettiva soltanto osservando delle compromissioni cognitive, perché devono essere associate alla vita quotidiana. Il quoziente intellettivo non si può modificare, rimane quello; all’inizio veniva utilizzata la parola “ritardo mentale” (APA-1985), ma oggi, avendo una connotazione negativa, viene utilizzato il termine “disabilità intellettiva”. I criteri della disabilità intellettiva sono tre: Deficit delle funzioni intellettive (ragionamento); Deficit del funzionamento adattivo (scuola, comunicazione); Deficit intellettivo e adattivo durante il periodo di sviluppo. Nel DSM-5 gli specificatori delle DI sono basati sul funzionamento adattivo e sono: Lieve; In base al livello ci sarà Moderato; un supporto Grave; FIL (funzionamento intellettivo limite) Facciamo riferimento a quei bambini che presentano limiti intellettivi e problemi adattivi che rendono difficile rispondere a tutte le richieste della scuola e dell’ambiente. Ci sono condizioni che non rientrano nelle DI, ma comportano difficoltà di adattamento alla vita quotidiana e sono chiamate FIL (funzionamento intellettivo limite) e sono molto diffuse (13%). Sono persone che hanno una vita normale, ma quando si trovano davanti ad ostacoli possono avere difficoltà. Il bambino con FIL non ha il docente di sostegno perché non è una disabilità, ma una condizione borderline. Le principali caratteristiche del FIL sono: Bambini che hanno difficoltà a adattarsi alle richieste dell’ambiente scolastico; Bambini che imparano più lentamente rispetto al resto dei compagni o fanno più fatica, indipendentemente dal loro impegno; Richiedono maggiori spiegazioni rispetto ai loro compagni, spesso sostenuti da un rapporto individuale che mantenga attivo il loro stato di attenzione; Richiedono tempi più lunghi per svolgere un compito, pause più frequenti ed esercitazioni ripetute per acquisire nuove conoscenze e abilità. Difficoltà anche in ambito emotivo e relazionale, all’interno del quale i bambini si muovono con poca fiducia in sé stessi e con scarsa capacità di riconoscimento delle emozioni. Il FIL non è una sindrome, ma un risultato finale di cause fra loro diverse. Come tale, non presenta elementi di specificità, poiché ogni bambino, a seconda della natura eziologica del disturbo, e delle caratteristiche individuali, avrà un suo profilo cognitivo. Dunque, quando parliamo di FIL si può intervenire, in ambito scolastico, con i bisogni educativi speciali (BES), ovvero una categoria che deriva da un’esigenza di equità nel riconoscimento delle varie situazioni di funzionamento che non rispondono alle necessità del bambino. Per gli alunni con BES è necessario che le istituzioni preparino un piano didattico personalizzato, che contenga le indicazioni necessarie per poter aiutare al meglio il bambino con FIL. In ambito familiare, invece. È importante che i genitori capiscano le difficoltà del proprio figlio, per poterlo aiutare con le strategie più adatte alle sue specifiche debolezze. È importante porsi degli obiettivi piccoli e realizzabili. 6 novembre 2023 QI: numero, punteggio; si calcola dividendo l’età mentale per quella biologica. I bes non sono una diagnosi, sono un supporto che viene dato allo studente che si trova in difficoltà. L’intelligenza non è una realtà unica, ma una competenza generale, a sua volta è formata da altre forme di intelligenza. L’età mentale è la capacità (insieme) che noi ci aspettiamo che un certo bambino raggiunga rispetto alla sua età. Ci sono dei test che possono valutare il QI di un bambino che non ha comunicazione verbale. Quando parliamo di “funzionamento adattivo” facciamo riferimento all’insieme di attività che l’individuo deve svolgere per rispondere alle richieste di autonomia personale e responsabilità sociale per individui di pari età e contesto culturale. Nei soggetti con disabilità intellettiva, però, quando parliamo di “funzionamento adattivo” ci sono difficoltà nelle aree: Concettuale; Pratica; Per la diagnosi deve essere compromessa almeno un’area, in Sociale. modo da avere un supporto. Concettuale: memoria, linguaggio, scrittura ecc. Pratico: cura di sé, responsabilità lavorative, svago, autocontrollo, ecc. Sociale: empatia, comunicazione interpersonale, capacità nei rapporti di amicizia, giudizio sociale. 7 novembre2023 Non si può avere una comorbidità fra DSA e disturbo del neurosviluppo, anzi, l’una esclude l’altra. I DSA sono dei disturbi che comportano difficoltà per il soggetto nel campo specifico: Dislessia: legato alle lettere delle parole; Discalculia: legato ai calcoli (a mente); Non interessano il sistema cognitivo Disgrafia: legato al tratto scritto; globale, ma una porzione limitata di funzionamenti. Disortografia: legato ad errori grammaticali. Il ragazzo con DSA, oltre ai BEI, può avere strumenti dispensativi compensativi; sin dalla nascita l’architettura mondiale ha enti specializzati. Dal modo in cui siamo stimolati e a seconda delle nostre tappe di vita, impariamo a scrivere, leggere, ecc. I DSA sopraggiungono quando alcuni moduli del sistema cognitivo vanno in corto circuito (es. quello della scrittura). Per i DSA non ci sono delle terapie (si danno i BES), ma ci sono degli allenamenti. Un soggetto con DSA siccome ha un buon sviluppo cognitivo, soffre per la sua condizione. Il sintomo più comune è un basso livello di autostima, in quanto, ognuno di noi tende a sottovalutarsi e svalutarsi. Esistono due modelli di attribuzione: interna (dipende dalla persona) ed esterna (dipende da una causa esterna); ciò vale sia per le attribuzioni positive che negative. 8 novembre 2023 13 novembre 2023 IL DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO (ASD) I comportamenti atipici sono visibili sin dalla nascita ad un occhio clinico. Intorno ai due anni e mezzo/tre si può fare la diagnosi, ammenoché ci siano situazione differenti che possono sfuggire, perché ci sono bambini con tale problematica che manifestano difficoltà e chi, invece, al contrario, no. Bisogna entrare nell’ottica che ogni loro atteggiamento, è fatto per un motivo ed ha un senso; poiché viene meno il riuscire ad esprimersi, quando una bambina autistica è arrabbiata, lancia tutti gli oggetti, ma è un suo modo di comunicare. Venivano differenziati diversi quadri sotto il nome di autismo. L’autismo infantile, quello classico, è una compromissione del linguaggio sociale e del gioco simbolico, iniziato prima dei due anni. Cambierà il fenotipo comportamentale. Il primo a parlare di autismo fu F. Bleuler, il quale affermò che alcuni pazienti con schizofrenia avevano atteggiamenti di chiusura in sé, da qui coniò il termine di “autismo come sintomo di schizofrenia”. Kanner, invece, considerato padre dell’autismo, nel 1943 lo introdusse nella letteratura psichiatrica infantile; descrivendone una sindrome comportamentale in 11 bambini (8M/3F, 2-8 anni) caratterizzata da distacco sociale, ossessività, stereotipie ed ecolalia (ripetizione delle parole che sentono da un adulto questa può essere diretta o indiretta: Diretta= quando la ripete davanti a chi la dice Indiretta= quando continua a ripeterla mentre si allontana. Nel 1944 H. Asperger, pediatra austriaco, in una segnalazione meno nota, descrisse 4 bambini, con intelligenza e linguaggio normale, che presentavano manifestazioni comportamentali analoghe a quelle descritte da Kanner, il quadro clinico venne denominato “psicopatia autistica”. Nel 1981 L. Wing, psichiatra, rivalutò e diffuse il lavoro di Asperger per la prima volta e denominò il disturbo “sindrome di Asperg”. SINDROME DI ASPERG Comportamenti autistici; Q.I. normale; abilità comunicative povere; interessi circoscritti, talvolta bizzarri (tempo, orari ferroviari). Goffaggine e impaccio motorio Modalità di relazione eccentriche, unilaterali verbose e insensibili Queste diagnosi vengono utilizzate quando è presente una sintomatologia autistica clinicamente significativa, includente deficit nell'interazione sociale, nella comunicazione o nei comportamenti, interessi e attività stereotipate, ma nello stesso tempo non sono pienamente soddisfatti i criteri per una diagnosi specifica entro lo spettro autistico dei DPS. Molti bambini nonostante abbiano un ottimo linguaggio, è difficile entrare in contatto con persone autistiche, perché noni sta te si possa intervenire, quest’ultimo continuerà a parlare solo di ciò che vuole. Con il DSM-5, vengono apportate delle modifiche, perché non ci furono più diversi quadri sotto il nome di “autismo”, ma si parla di “disturbo dello spettro autistico”. Quando parliamo di “autismo” è importante anche saper parlare ai genitori. L’obiettivo finale di tutti i trattamenti abilitativi e riabilitativi è quello di migliorare la qualità di vita e l’autonomia del soggetto. Nel DSM-5 (2013), rispetto alla versione precedente (DSM-IV-TR,200), sono state apportate modifiche: dalla categoria “disturbo pervasivo dello sviluppo” ad un’unica categoria “disturbo dello spettro autistico”. Nel DSM-IV-TR erano tre le dimensioni sintomatologiche: 1. Compromissione dell’interazione sociale; 2. Compromissione della comunicazione verbale e no; 3. Comportamenti e interessi ripetitivi e limitati. Nel DSM-5 le dimensioni sintomatologiche sono state ridotte a 2: 1. Compromissione dell’interazione sociale e della comunicazione (comunicazione sociale e interazione sociale vengo considerati come due aspetti di un’unica funzione che assume la caratterizzazione di un’unica dimensione); 2. Comportamenti e interessi ripetitivi e limitati. DSM-5 CRITERI DIAGNOSTICI CRITERIO A Criterio A: Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell' interazione sociale in diversi contesti, non spiegabile attraverso un ritardo generalizzato dello sviluppo e manifestato da tutti e tre i seguenti punti: 1. Deficit nella reciprocità socio-emotiva che va da un approccio sociale anormale e insuccesso nella normale conversazione (botta e risposta) attraverso una ridotta condivisione di interessi, emozioni, percezione mentale e reazione fino alla totale mancanza di iniziativa nell'interazione sociale. 2. Deficit nei comportamenti comunicativi non verbali usati per l'interazione sociale, da una scarsa integrazione della comunicazione verbale e non verbale attraverso anormalità nel contatto oculare e nel linguaggio del corpo, a deficit nella comprensione e nell'uso della comunicazione non verbale, fino alla totale mancanza di espressività facciale e gestualità. 3. Deficit nella creazione e mantenimento di relazioni appropriate al livello di sviluppo (non comprese quelle con i genitori e caregiver); che vanno da difficoltà nell'adattare il comportamento ai diversi contesti sociali attraverso difficoltà nella condivisione del gioco immaginativo e nel fare amicizie fino all'apparente assenza di interesse per le persone. CRITERIO B Criterio B: Pattern di comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi come manifestato da almeno due dei seguenti punti: 1. Linguaggio, movimenti a uso di oggetti stereotipati o ripetitivi, come semplici stereotipie motorie, ecolalia, uso ripetitivo di oggetti, o frasi idiosincratiche. 2. Eccessiva fedeltà alla routine, comportamenti verbali a non verbali riutilizzati o eccessiva riluttanza ai cambiamenti: rituali motori, insistenza nel fare la stessa strada o mangiare lo stesso cibo, domande incessanti o estremo stress a seguito di piccoli cambiamenti. 3. Interessi altamente ristretti e fissati, anormali in intensità o argomenti: forte attaccamento o interesse per oggetti insoliti, interessi eccessivamente persistenti a circostanziati. 4. Iper a Ipo-reattività agli stimoli sensoriali o interessi insoliti verso aspetti sensoriali dell'ambiente: apparente indifferenza al caldo/freddo/dolare, risposta avversa a suoni a consistenze specifiche, eccessivo annusare o toccare gli oggetti, attrazione per luci a oggetti roteanti. CRITERIO C Criterio C: non più cut-off di insorgenza a 36 mesi; alcune forme di malattia possono diventare manifeste dopo i 3 anni, in età scolare o in età adulta in base alle richieste dell'ambiente e alla gravità di malattia. CRITERIO D Criterio D: compromissione del funzionamento globale CRITERIO E Criterio E: diagnosi differenziale con disabilità intellettiva o altro ritardo globale dello sviluppo Sono stati aggiunti gli «Specificatori»: Con/senza compromissione intellettiva Con/senza compromissione del linguaggia Condizione medica o genetica o fattore ambientale Associato ad un altro disturbo del neurosviluppo mentale o comportamentale Con catatonia SPECIFICATORE DI GRAVITA’ DEL DISTURBO: livello di gravità: stabilito in base alla gravità e quindi, all’entità del supporto richiesto nelle due aree sintomatologiche, ovvero, comunicazione/interazione sociale e Pattern di comportamenti, interessi o attività ristrette e ripetitive. Sono definiti tre livelli di gravità crescente sulla base della richiesta di supporto: Livello 1: richiede supporto; Livello 2: richiede supporto significativo; Livello 3: richiede supporto molto significativo. FATTORI DI RISCHIO EVOLUTIVO SPECIFICI Nei primi tre anni di vita con segni e sintomi inizialmente subdoli e mal definiti. 10-20 mesi: comincia ad evidenziarsi un disturbo nell’interazione e nella comunicazione sociale. Primi 12 mesi: in una minoranza di casi i genitori riferiscono la presenza di chiari sintomi autistici. La maggior parte dei genitori riferisce di aver acquisito la consapevolezza di un serio problema di sviluppo solo dopo i 20 mesi, in relazione alla mancata acquisizione del linguaggio e alla comparsa di comportamenti di ritiro e di isolamento. SEGNI PRECOCI → Non rispondere al loro nome entro i 12 mesi; → non indicare gli oggetti per mostrare interesse entro i 14 mesi (Quando il bambino indica, sta mettendo in atto un comportamento sociale, perché lui vuole che gli altri vedano ciò che sta indicando. Di conseguenza, significa che il bambino sta in una relazione a tre: bambino-oggetto- soggetto; questo avviene nei bambini con uno sviluppo tipico, invece, i bambini con uno sviluppo a- tipico, quest’interazione non la mettono in atto, perché usano il braccio dell’altro come un prolungamento di sé stesso e non indicano); → non giocano a “far finta” entro i 18 mesi; → tendono ad isolarsi evitando il contatto visivo; → fanno fatica a capire i sentimenti degli altri o a parlare dei loro; → ripetizione di parole o frasi (ecolalia); → agitano le mani, scuotono il corpo o girano su sé stessi; → allinea giocattoli o altri oggetti: → è molto organizzato: → viene sconvolto da modifiche minori; → ha interessi ossessivi e ripetitivi; → deve seguire determinate routine; Prima di fare il test per l’autismo, bisogna fare una visita audiometrica. La prognosi dipende da: Livello cognitivo (QI>70 è fattore prognostico positivo); Compromissione del linguaggio (linguaggio funzionale a cinque anni è un fattore prognostico positivo); Presenza di condizioni patologiche associate (es. l’epilessia in comorbidità nel 20-30% dei casi). È una patologia che prevede una terapia, ma non tutti rispondono ai farmici allo stesso modo. Tony Attwood indica cinque indicatori di prognosi relativamente buona: Sviluppo del linguaggio; Profilo delle abilità cognitive; Genitori motivati e determinati; Personalità del bambino; Accesso ad un efficace intervento precoce di 20-25 ore a settimana. POSSIBILI EVOLUZIONI Nessun periodo di sviluppo tipico Plateau dello sviluppo Regressione 14 novembre 2023 DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO FATTORI DI RISCHIO EVOLUTIVI SPECIFICI Nei primi 3 anni di vita con segni e sintomi inizialmente subdoli e mal definiti. 10-20 mesi: comincia ad evidenziarsi un disturbo nell’interazione/comunicazione sociale. Primi 12 mesi: in una minoranza di casi i genitori riferiscono la presenza di chiari sintomi autistici. La maggior parte dei genitori riferisce di avere acquisito la consapevolezza di un serio problema di sviluppo solo dopo i 20 mesi in relazione alla mancata acquisizione del linguaggio e alla comparsa di comportamenti di ritiro e di isolamento. QUADRO CLINICO: SEGNI PRECOCI -Molti bambini autistici entro i 12 mesi di vita non rispondono al loro nome. -Non indicano gli oggetti per mostrare interesse. -Agitano le mani, scuotono il capo. -Hanno un ritardo nelle abilità linguistico. -Fanno fatica a capire i sentimenti altrui e a mostrare i loro. -Hanno reazioni insolite al modo in cui le cose suonano, odorano, assaggiano, guardano o sentono. -Non giocano a “far finta”. -Evita il contatto visivo. -Ripetizione di parole o frasi (ecolalia). -Fornisce risposte non adatte alle domande. -Hanno interessi ossessivi e ripetitivi. -Manifestano disagio per piccole modifiche. QUADRO CLINICO: SEGNI PRECOCI SOCIAL SKILLS A -Evita il contatto fisico. -Preferisce giocare da solo. -Interagisce solo per raggiungere l’obiettivo desiderato. -Non condivide gli interessi con gli altri. -Espressioni facciali piatte. -Non comprende i confini dello spazio personale. -Non si lascia confortare dagli altri. -Inverte pronomi. OTHER SYMPTOMS quadri che possono essere presenti nel bambino autistico -Iperattività. -Impulsività. -Aggressività. -Soglia di attenzione breve. -Causare lesioni personali. -Turbe nervose. -Insolite abitudini alimentari e del suono. -Umore insolito o reazioni emotive incontrollate. -Mancanza di paura o più paura del previsto. PROGNOSI La prognosi dipende da: -LIVELLO COGNITIVO (QI>70 è fattore prognostico positivo) -COMPROMISSIONE DEL LINGUAGGIO (linguaggio funzionale a 5 anni e fattore prognostico positivo) -PRESENZA DI CONDIZIONI PATOLOGICHE ASSOCIATE (es. l’epilessia in comorbidità nel 20-30% dei casi) TONY ATTWOOD indica 5 indicatori di prognosi relativamente buoni: -Sviluppo nel linguaggio. -Profilo delle abilità cognitive. -Genitori motivati e determinati. -Personalità del bambino. -Accesso ad un efficace intervento precoce di 20-25 ore a settimana. POSSIBILI EVOLUZIONI -Nessun periodo di sviluppo tipico Sono bambini che hanno uno sviluppo tipico, poi ad un certo punto si blocca lo sviluppo che è un campanello d’allarme. Il test ADOS-2 è un test standardizzato basato sulle classificazioni diagnostiche internazionali che permette di valutare l’eventuale presenza di comportamenti riconducibili ad un disturbo dello spettro autistico. Questo test viene fatto eliminando tutti i giochi presenti nella stanza, tenendo solo una valigia con determinati giochi. I clinici inizieranno a giocare con un singolo gioco (bolle di sapone) nel momento che esso va a nascondere le bolle vede come il bambino a sua volta le richiederà. Questo test ha lo scopo di osservare il comportamento di gioco spontaneo del bambino, le sue modalità di interazione e reciprocità sociale e di comunicazione in una situazione semi-strutturata. 15 novembre 2023 La cognizione sociale corrisponde al paradigma scientifico più accreditato nell’ambito della psicologia sociale e consiste nell’attività mentale con la quale arriviamo a conoscere. Caratteristiche generali del funzionamento del nostro cervello: -Meccanismi sociali, molto antichi e condivisi con altri mammiferi ci hanno permesso di sopravvivere e adattarci all’ambiente; ciò supporta l’idea che le predisposizioni innate, come i kit di avviamento per l’apprendimento svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo del cervello sociale. -Se le reti del cervello sono già mappate in una fase molto precoce ciò fornisce una spiegazione generale per la specificità dei disturbi dello sviluppo, dove non tutte le funzioni cognitive sono ugualmente vulnerabili ai difetti neurogenetici. Le persone con autismo hanno difficoltà funzionali del cervello, ossia la connessione tra le diverse aree del cervello. I Biomarker sono marcatori specifici della social cognition. Ci sono comportamenti che ogni essere umano ha sin dalla nascita e rappresentano le basi del modo con cui entriamo in contatto con gli altri: - Affiliazione e mutazione; - Attenzione sociale; - Percezione del movimento biologico; - Reciprocità sociale. Durante gli anni in cui visse Kanner dominava la psicanalisi che porta allo sviluppo della teoria “mamma frigorifero” ossia una mamma non affettiva e fredda; questa era la causa dell’autismo di cui il bambino soffriva. Differenza tra intersoggettività primaria e secondaria: -Nell’intersoggettività primaria lo scambio è duale (mamma-figlio) -Nell’intersoggettività secondaria lo scambio è triadico (mamma-figlio-oggetto esterno). TEORIA DELLA MENTE Si basa sulla capacità di comprendere i comportamenti e il punto di vista degli altri facendo inferenza sui suoi pensieri. “Un individuo possiede una teoria della mente se è capace di attribuire stati mentali a se steso e agli altri e di prevedere il comportamento sulla base di tali stati” Caratteristiche dello sviluppo della teoria della mente: - Capacità di espressione mimica; - Attenzione condivisa; - Deficit di imitazione; - Gioco di finzione; - Comunicazione intenzionale. Compiti di falsa credenza di primo ordine. L’ipotesi condotta da Baron-Cohen, Leslie e Frith per spiegare il comportamento dei soggetti è la seguente: -Persone con ASD non sono in grado di rappresentare gli stati mentali; -I soggetti ASD, in quanto incapaci di rappresentare stati mentali, non hanno una teoria della mente; -L’assenza di una teoria della mente, secondo questi autori, rappresenta il deficit cognitivo sottostante ai tratti comportamentali che caratterizzano l’autismo; -Essendo incapaci di attribuire stati mentali ad altri, i soggetti autistici sono incapaci di stabilire un contatto reale con gli altri, hanno difficoltà di comunicazione verbale e sviluppano dei comportamenti ossessivi; Debolezza della coerenza centrale di Uta Frith. La coerenza centrale è l’abilità di sintetizzare e schematizzare in un tutto congruente le svariate esperienze che impegnano i sensi. Gli autistici sono caratterizzati dalla loro ‘debole pulsione della coerenza centrale’. Questo deficit produce una tendenza ad elaborare l’informazione a livello analitico piuttosto che a livello globale e una difficoltà a passare dai dettagli ai concetti. Questo modello di Uta Frith spiega meglio alcune disabilità e abilità: -Tra le disabilità abbiamo la difficoltà di integrazione; tra le abilità troviamo la capacità di individuare i dettagli. I bambini caratterizzati da ‘debolezza della coerenza centrale’ sono caratterizzati da: -Incapacità di cogliere lo stimolo nel suo complesso; -Un’elaborazione segmentata dell’esperienza; -Una difficoltà di accedere dal particolare al generale; -Una polarizzazione esasperate su frammenti di esperienza; 20 novembre 2023 INTERVENTI TERAPEUTICI E ABILITATIVI/RIABILITATIVI TRATTAMENTO A: Include diversi approcci comportamentali, psicosociali, educativi, medici e complementari. TRATTAMENTO B: Varia in base all’età cronologica e lo status dello sviluppo TRATTAMENTO C: Trattamento a lungo termine e ha come obiettivo quello di favorire l’adattamento del soggetto all’ambiente, migliorando la qualità di vita: Minimizzare sintomi ASD; Facilitare lo sviluppo e l’apprendimento: Promuovere la socializzazione; Correggere comportamenti disadattati; Educare e supportare le famiglie. L’intervento deve essere: Precoce; Intensivo; Curriculare: programmare gli interventi passo dopo passo. QUADRI TEORICI Relativamente ai quadri teorici, ovvero agli approcci teorici di riferimento degli interventi, il raggruppamento prevede quattro tipologie: 1. modelli basati sull'ABA derivati dal metodo Lovaas; gli interventi inclusi in questo gruppo sono principalmente indicati come interventi comportameli intensivi precoci; 2. modelli basati sull'approccio evolutivo incentrato sulla sincronia, la reciprocità e la durata delle interazioni come percorso per il miglioramento delle abilità di comunicazione sociale; 3. modelli basati sull'approccio comportamentale naturalistico dello sviluppo che adottano principi comportamentali dell'apprendimento per insegnare abilità scelte da una sequenza di sviluppo in ambient naturalistici e utilizzando ricompense naturali; 4. modelli basati su un approccio educativo incentrato sull'insegnamento strutturato e sull’ambiente, come, ad esempio, TEACCH che enfatizza disposizioni ambientali strutturate, aree di lavoro prive di distrazioni, routine coerenti e l’uso estensivo di orari e supporti visivi. STORIA: ABA E AUTISMO Nel 1927 Ivar O. Lovaas, un professore di psicologia, ha pubblicato uno studio in cui ha dimostrato che la terapia basata sui principi dell’analisi del comportamento sperimentale ha portato a grandi miglioramenti nel livello di funzionamento e abilità dei bambini con autismo. ANALISI COMPORTAMENTALE APPLICATA (ABA) (metodo ABA) → analitica: le decisioni riguardano il cosa fare e come farlo; si basano sull’analisi dei dati che si ricavano dall’osservazione (analisi funzionale ABC: A- la mamma dice “siediti sulla sedia”, B- il bambino si siede sulla sedia, C- la mamma dice “bravo” e gli fa una carezza); → comportamentale: il comportamento e le sue relazioni funzionali sono oggetto di studio. Ciò permette di definire l’obiettivo dell’intervento; → applicata: si utilizzano i principi dell’analisi comportamentale di base su comportamenti che hanno valore socialmente significativo per l’individuo. Il cambiamento generato dall’intervento è necessario per una migliore integrazione dell’individuo nella sua famiglia e nella sua comunità. DEFINIZIONE DI COMPORTAMENTO (metodo ABA) Il comportamento è qualsiasi cosa una persona dice o fa. Il comportamento è ogni interazione dell’organismo con l’ambiente. Abbiamo: → topografia: forma del comportamento (cosa fa il bambino); → funzione: relazione tra il comportamento e le conseguenze che produce (perché). Per definire un comportamento non usiamo etichette riassuntive, ma definizioni operazionali, chiare, oggettive e comprensibili a tutti. MISURAZIONE COMPORTAMENTO (metodo ABA) Sintomi dell’autismo considerati come: deficit comportamentali -> comportamenti meta (da incrementare); eccessi comportamentali -> comportamenti bersaglio (da ridurre) e vengono misurati secondo questi parametri: 1. durata: tempo totale; 2. frequenza: numero di occorrenze di tempo; 3. latenza: distanza tra stimolo e risposta; 4. intensità: forza della risposta. COMPORTAMENTI PROBLEMA Classifichiamo i comportamenti problema come comportamenti che: Sono dannosi Sono distruttivi Ostacolano l’apprendimento e la piena partecipazione a tutti gli aspetti della vita di comunità Inducono gli altri a etichettare o isolare l’individuo per essere strano o diverso. Di conseguenza, bisogna soddisfare bisogni quali: attenzione, riconoscimento, ottenere ciò che si desidera; bisogna evitare, invece, situazione come: dolore, disagio, noia e fallimento. Quando parliamo di “comportamenti problema” abbiamo rinforzi positivi e rinforzi negativi. RINFORZO POSITIVO: viene AGGIUNTO uno stimolo, che ha come effetto un incremento futuro del comportamento. Uno stimolo presentato dopo l'occorrenza di una riposta che aumenta o mantiene la frequenza di una risposta simile nel futuro. Quando qualcosa viene aggiunto all'ambiente a seguito di un comportamento e aumenta la probabilità che il comportamento si ripeta in futuro. Se un bambino ogni volta che piange (comportamento) si accorge che la mamma arriva a prenderlo in braccio (rinforzo), tenderà a riproporre tale comportamento per ricercare la sensazione piacevole del calore materno e per accrescere la sensazione di avere un controlla sull'ambiente esterno. Prendere in braccio un bambino quando piange è, quindi, un rinforza sul comportamento del pianto perché è finalizzato a farlo ricomparire. RINFORZO NEGATIVO: viene RIMOSSO uno stimolo dall'ambiente, che ha come effetto un incremento futuro del comportamento. Uno stimolo viene rimosso, terminato o ritardato dopo una risposta che aumenta o mantiene l'emissione di risposte simili nel futuro. Quando qualcosa viene rimosso dall’ambiente a seguito di un comportamento e aumenta la probabilità che il comportamento si verifichi nel futuro: Una bambina che non vuole andare a scuola (situazione avversa) se scopre che lamentando continui mal di pancia o mai di testa (comportamento) viene tenuta a casa dai genitori (elemento rinforzante), sarà portata a riproporre ogni mattina la lamentela. Permettere alla bambina di rimanere a casa sottraendola dalla situazione spiacevole dell’andare a scuola è, quindi, un rinforza sul comportamento inadeguato del manifestare un malessere somatico per evitare una situazione temuta, proprio perché porterà ad un ripresentarsi di tale comportamento. 21 novembre 2023 Mary Ellen Wilson, primo caso di abuso su una bambina; da qui nasce la New York Society for the Prevention of Cruelty to Children fondata solo nel 1874. POSTTRAUMATIC STRESS DISPRDER Quattro categorie di sintomi: rivivere in modo intrusivo l’evento traumatico (incubi, pensieri intrusivi o immagini); Evitare gli stimoli (rifiutarsi di camminare sulla strada dove è avvenuto lo stupro); Altri segni di umore o cambiamenti cognitivi (perdita di memoria, pensieri ed emozioni negative, auto-colpa, incolpare gli altri); Aumento dell’eccitazione e della reattività (aggressività, insonnia, risposta esagerata all’allarme); Tende ad essere cronico; Elevato rischio di suicidio e autolesionismo, malattia. TRAUMA COMPLESSO vs PTSD (Slide) 22 novembre 2023 27 novembre 2023 SINTOMI DEPRESSIVI Chi soffre di depressione, può ricaderci. Una persona malinconica tende ad intristirsi maggiormente, quindi, è più a rischio di depressione. La persona non sarà mai depressa per un anno allo stesso modo: ci sono periodi in cui avrà un tono dell’umore maggiore e, altri, in cui avrà un tono dell’umore minore. Il tono dell’umore varia anche in base alle stagioni. Disturbo depressivo maggiore Stato d'animo triste OPPURE perdita di interesse o piacere (anedonia) I sintomi sono presenti quasi ogni giorno, la maggior parte della giornata, per almeno due settimane. I sintomi sono distinti e più gravi di una risposta normativa a una perdita significativa. PIÙ quattro dei seguenti sintomi: Dormire troppo o troppo poco; Ritardo psicomotorio o agitazione; Scarso appetito e perdita di peso o aumento dell'appetito e aumento di peso; Perdita di energia; Sentimenti di inutilità o senso di colpa eccessivo; Difficoltà a concentrarsi, pensare o prendere decisioni; Pensieri ricorrenti di morte o suicidio; Significativa compromissione funzionale. Osservando questo schema, nei momenti più bassi sarebbe opportuno fare una terapia farmacologica. → Umore depresso Tra i sintomi affettivi, quello centrale nella depressione maggiore è la tristezza profonda, presente quasi sempre nell'arco della giornata e insensibile ad eventuali eventi positivi. La tristezza patologica è diversa rispetto alla comune tristezza. La tristezza non patologica infatti è situazionale, legata ad alcuni momenti, e non pervade l'intera vita dell'individuo. Chi soffre di depressione maggiore, invece, lamenta una tristezza profonda quotidiana e un senso di disperazione che non si modifica nemmeno a fronte di eventi piacevoli e gioiosi. → Pensieri negativi La depressione maggiore, oltre a colpire l'area delle emozioni e dell'umore, ha delle importanti applicazioni sul contenuto dei pensieri che risultano negativi e catastrofici. I pazienti depressi tendono, infatti, ad avere una scarsa opinione di sé stessi e delle proprie capacità. Inoltre, mostrano aspettative e pensieri negativi nei confronti degli altri e delle persone che lo circondano e aspettative negative relative al proprio futuro. In genere il contenuto negativo dei pensieri peggiora con il peggiorare del tono dell'umore, fino ad arrivare alla presenza di ideazioni deliranti (deliri di inguaribilità, di colpa, di rovina etc.) oppure a ideazioni o agiti suicidari. → Disturbi delle funzioni cognitive Oltre ad alterazioni del contenuto del pensiero, chi soffre di depressione maggiore può mostrare difficoltà nei processi cognitivi. Molto frequente nei pazienti depressi è la ruminazione, ossia la tendenza a pensare continuamente ai propri sintomi, alla propria condizione, e a contenuti negativi verso il proprio futuro. Inoltre, pazienti depressi possono lamentare difficoltà di concentrazione e di memoria. → Sintomi comportamentali della depressione Tra i sintomi comportamentali più evidenti della depressione maggiore troviamo la riduzione delle attività quotidiane. La perdita di piacere nel fare qualsiasi cosa (anedonia), la perdita di interesse (apatia) unite alla sensazione di stanchezza cronica, portano il soggetto a ridurre gradualmente tutte le attività quotidiane, a ridurre i contatti sociali, chiudendosi così al mondo e alla vita. La riduzione progressiva e costante della attività quotidiane porta a disabilità percepita ("non sono più in grado di fare le mie cose") e reale. Altri aspetti comportamentali tipici della depressione maggiore sono la progressiva scomparsa di azioni volte al proprio benessere e cura personale. Chi soffre di depressione maggiore trova, in genere, penoso prendersi cura del proprio aspetto fisico e della propria igiene personale. Inoltre, si assiste ad un progressivo e graduale abbandono di tutte le attività sociali, con peggioramento delle sensazioni di solitudine e di inutilità, con il risultato di un peggioramento della depressione maggiore. → Sintomi fisici della depressione La depressione maggiore si manifesta anche a livello somatico. Alcuni pazienti possono somatizzare la tristezza manifestando maggiormente sintomi somatici (stanchezza cronica, dolori diffusi, problemi gastro- intestinali). In alcuni casi pazienti affetti da depressione maggiore possono negare il disturbo dell'umore, preoccupandosi solamente dei sintomi fisici, fino a manifestare veri e propri deliri ipocondriaci. Oltre a manifestazioni somatiche un disturbo depressivo può manifestarsi attraverso un'alterazione del ritmo sonno-veglia, l'aumento o la diminuzione del sonno notturno, variazioni nelle abitudini alimentari (con aumento o diminuzione dell'appetito), riduzione del desiderio sessuale e altre problematiche relative alla sfera sessuale. In casi di depressione molto profonda possiamo osservare un rallentamento generale della motricità del paziente (rallentamento psicomotorio). Disturbo depressivo persistente Il disturbo depressivo persistente, chiamato in passato "distimia" o "disturbo distimico" è un disturbo caratterizzato da un umore depresso cronico, che si manifesta quasi tutti i giorni, per almeno due anni. Possono verificarsi periodi in cui l'umore è "nella norma" ma tendenzialmente non durano che qualche giorno o qualche settimana. In genere, questo tipo di disturbo è difficile da individuare in quanto i sintomi principali non sono così invalidanti come il disturbo depressivo maggiore. I sintomi del disturbo depressivo persistente sono: scarso o eccessivo appetito insonnia o ipersonnia scarsa energia e senso costante di fatica bassa autostima calo della concentrazione e difficoltà a prendere decisioni sensazione di essere "senza speranza". Il disturbo depressivo persistente a livello clinico è meno grave rispetto alla depressione maggiore, ma è più persistente. Diagnosi di depressione anche nei piccoli Le manifestazioni di depressione nei bambini sono diverse dagli adulti; innanzitutto, è importante che nei casi di depressione si manifestino cambiamenti dell’umore. Il bambino sereno sarà un bambino sicuro, e, cioè, che esplora anche senza i genitori; invece, il bambino insicuro deve avere sempre sotto gli occhi i genitori, di conseguenza, non ha voglia e non sente la necessità di esplorare ciò che lo circonda. Il bambino ansioso ha bisogno di essere assecondato fino a quando non arriverà, nuovamente, a vivere in maniera serena dopo aver affrontato una terapia. SINTOMI COMUNI A BAMBINI, SINTOMI SPECIFICI PER BAMBINI PREVALENZA ADOLESCENTI E ADULTI E ADOLESCENTI Umore depresso Tassi più alti di tentativi di 1% dei bambini in età prescolare suicidio e sensi di colpa Incapacità di provare piacere Tassi più bassi di: 2-3% dei bambini in età prescolare Fatica Risveglio mattutino 6% delle ragazze e 4% dei ragazzi durante l’adolescenza Problemi di concentrazione Depressione mattutina Ideazione suicidaria Perdita di appetito e di peso Frequentemente i disturbi dell'umore nell'infanzia e nella fanciullezza si presentano con sintomi non specifici, quali lamentele somatiche, problemi comportamentali, condotte delinquenziali, enuresi, problemi di inserimento a scuola o di apprendimento, irritabilità e aggressività. Il bambino depresso sperimenta poco e, generalmente, ha difficoltà ad esprimere il proprio disagio. È un bambino preoccupato, che chiede spesso dimostrazioni di affetto. → Nella patogenesi dei Disturbi Depressivi entrano in gioco: la vulnerabilità genetica; la presenza di eventi stressanti e fattori di rischio; l'interazione tra fattori di rischio, fattori protettivi, capacità di adattamento e vulnerabilità. Il Disturbo Depressivo non si presenta quasi mai in forma pura. La maggior parte dei bambini adolescenti con disturbo depressivo presenta una comorbidità per disturbi psichiatrici compresa tra il 40 e il 70% (ansia, disturbi della condotta, disturbi di apprendimento). Sentimenti depressivi nei bambini e adolescenti Tristezza; Senso di inadeguatezza e vergogna; Paura di non essere amato; Idee suicidarie; Perdita d’interesse nelle attività. Espressività clinica in relazione all’età → 0-3 anni: Pianto eccessivo; Riduzione dell’appetito, del peso corporeo e disturbi psicosomatici (vomito, diarrea, alopecia); Disturbi del sonno; Alterazione della motricità; Ritardi o regressioni in diversi ambiti (linguaggio, motricità); Poca interazione sociale, scarso contatto visivo. → 3-5 anni: Riduzione di interesse per il gioco e apatia; Ansia di separazione, scarsa comunicazione verbale; Evitamento sociale. → Età scolare: Maggiore capacità di verbalizzare il proprio stato d’animo (fantasie di morte); Isolamento sciale e difficoltà relazionali con i coetanei; Difficoltà di concentrazione; Disturbi comportamentali; Calo del rendimento scolastico e lamentele somatiche (cefalea, dolori addominali, dolori diffusi). → Adolescenza: Anedonia e passività sia motoria che ideativa; Sentimenti di inferiorità ed impotenza; Sintomi psicotici (deliri, allucinazioni) idee e tentativi di suicidio. DISTURBO BIPOLARE Esistono tre forme di bipolarismo: Bipolare I; Bipolare II (episodi di depressione); Ciclotimia. Di solito comportano episodi di depressione alternati a mania; quando parliamo di “mania” facciamo riferimento ad uno stato di intensa euforia o irritabilità, comportando danni significativi. Invece, quando parliamo di “ipomania” (ipo=sotto; iper=sopra) facciamo riferimento a sintomi di mania meno intensi che non comportano danni significativi nell’individuo interessato. Episodi maniacali ed ipomaniacali In questi casi abbiamo un umore elevato o irritabile per la maggior parte della giornata, presente quasi tutti i giorni; vi sono delle attività ed energie che aumentano in maniera anomalo. Sono presenti: Aumento dell’attività diretta dell’obiettivo o dell’agitazione psicomotoria; Discorso rapido; Poca necessità di dormire; Fuga di idee o impressione soggettiva che i pensieri stiano correndo; Aumento dell’autostima, accompagnato dalla convinzione di avere talenti, poteri o abilità speciali; Attenzione facilmente deviata. Per un episodio maniacale i sintomi durano una Per un episodio ipermaniacale i sintomi durano settimana o richiedono il ricovero in ospedale o almeno quattro giorni; vi sono chiari cambiamenti includono la psicosi. Inoltre, i sintomi causano nel funzionamento che sono osservabili per gli altri, disagio significativo o compromissione funzionale. ma il deterioramento non è marcato; non sono presenti sintomi psicotici. Manifestazioni cliniche: umore Manifestazioni cliniche: cognizione Manifestazioni cliniche: motorio e vegetativo 28 novembre 2023 DISTURBO DELL’UMORE: fattori psicologici Teoria di Beck: triade negativa; visione negativa di sé, mondo, futuro; schema negativo: tendenza sottostante a vedere il mondo in modo negativo; lo schema negativo causa pregiudizi cognitivi: tendenza a elaborare le informazioni in modo negativo. Teoria della disperazione: il fattore scatenante più importante della depressione è disperazione; non si avranno risultati desiderabili e la persona non ha la capacità di cambiare la situazione. Stile attributivo: attribuzioni stabili globali possono causare disperazione. Teoria della ruminazione: Un modo specifico di pensare: tendenza a soffermarsi ripetutamente su pensieri tristi; La cosa più dannosa è rimuginare sulle cause degli eventi. TEORIA DI BECK Il modello cognitivo di Beck si fonda sul concetto di distorsioni cognitive, che costituiscono, secondo l'autore, la causa primaria dell'insorgenza della malattia depressiva. Il principio base della teoria di Beck afferma che la vulnerabilità ed il mantenimento della depressione sono fattori correlati all'attivazione di schemi disfunzionali che predispongono l'individuo a diventare depresso. I processi di pensiero distorti (come quelli catastrofizzanti, l'astrazione selettiva, il pensiero dicotomico e l'eccessiva generalizzazione) rendono l'individuo incline a sviluppare una visione negativa di sé e del mondo e possono produrre e mantenere le manifestazioni emotive e comportamentali della depressione. In questo modo i pensieri negativi e l'umore depresso si rinforzeranno reciprocamente e l'individuo depresso tenderà automaticamente a distorcere in modo negativo le informazioni provenienti dall'ambiente esterno, evitando di integrare le successive esperienze che contraddicono la sua visione negativa. Nel 1970 Beck formula il concetto di Triade Cognitiva, per rappresentare i tipi di distorsione specifici della depressione. Come ricordano Arieti e Bemporad (1978), la triade cognitiva descritta da Beck è composta da: aspettative negative nei confronti dell'ambiente; un'opinione negativa di sé; aspettative negative per il futuro DEPRESSIONE PERIPARTUM Il nucleo centrale è rappresentato dalla gravidanza, che può essere rappresentativa di una fase dello sviluppo in cui la donna acquisisce la consapevolezza di sé come madre, una sensazione di capacità di essere madre, in cui si sviluppa un legame emotivo con il proprio bambino. Il perpuerium, il periodo successivo alla nascita dei figli è un periodo di adattamento. Nei giorni successivi al parto è considerato fisiologico un periodo caratterizzato da calo dell’umore e instabilità emotiva: si stima che una percentuale collocabile tra il 30 e l’85% delle donne sperimenta e manifesta sintomi associabili a una leggera depressione post partum, ma caratterizzati da transitorietà e che non necessariamente si trasformano in un vero e proprio disturbo. La frantumazione La depressione perinatale causa grave sofferenza nella donna in un periodo in cui l’aspettativa sociale, personale e familiare sulla maternità è di gioia e di esperienza unica. Questo momento di euforia, di gioia, di serenità, di felicità viene frantumato dal macigno della depressione che si abbatte sulla co-protagonista principale, incapace di recitare il ruolo della madre felice, serena, allegra, instancabile, capace di offrire le amorevoli cure materne al nuovo arrivato. Depressione in gravidanza Alcune condizioni mediche tipiche della gravidanza sono associate a sintomi depressivi: anemia; diabete gestionale; disfunzione tiroide. La sintomatologia varia da sintomi minori (insonnia, crisi di pianto) ad una franca sindrome depressiva maggiore. Postpartum blues o baby blues Non è una patologia, ne risulta correlabile alla storia psichiatrica. Interessa il 50-70% delle donne, per lo più primipare, nelle 24 alle 48 ore successive al parto. È uno stato di diffusa tristezza, che si esprime con crisi di pianto improvvise, generalmente associate agli esiti del parto e alle prime organizzazioni delle cure di accudimento. Depressione postpartum Incidenza -10% delle puerpere. Si verifica nelle prime settimane dopo il parto, ma può capitare entro l’anno, può svilupparsi gradualmente e avere un esordio dirompente. Oltre alla sintomatologia depressiva mista, spesso sono presenti pensieri intrusivi riguardo al neonato. Tra i principali fattori di rischio abbiamo: depressione durante la gravidanza; ansia durante la gravidanza; vita stressante durante la gravidanza; bassi livello di supporto sociale; bassi livelli di supporto dal partner; basso livello socioeconomico. Il DSM considera la depressione post-natale come una forma di depressione generale specifica come “depressione postpartum” se ha esordio entro le prime quattro settima successive al parto. I criteri del DSM-5 per questo disturbo richiedono che sia presente quasi ogni giorno per un periodo di almeno due settimane: umore depresso, per la maggior parte del tempo, quasi tutti i giorni, come riportato dall’individuo; marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte della giornata, quasi ogni giorno. Devono, inoltre, essere presenti almeno cinque o più di questi sintomi: perdita di peso, senza essere a dieta, o aumento di peso; oppure diminuzione o aumento dell’appetito. Insonnia o ipersonnia quasi tutti i giorni. Agitazione o rallentamento psicomotorio quasi tutti i giorni. Pensieri ricorrenti di morte, idea suicidaria o tentativo di suicidio. I sintomi causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo, o di altre aree importanti. Si presentano in modo conclamato tra le otto e le dodici settimane dopo il parto, periodo che è stato individuato come picco di insorgenza più frequente. I sintomi della depressione post partum non sono transitori e possono persistere, variando d'intensità, anche per molti anni, e quindi avere conseguenze più o meno significative non solo sulla salute mentale della donna, ma anche sulla relazione madre-bambino, sullo sviluppo del bambino e sull'intero nucleo familiare. Psicosi puerperale È una patologia rara (parliamo di 3 casi su 1000 nati). Ha un esordio tipico a 2 settimane dal parto, per lo meno entro un mese. A livello di emergenza medica richiede un trattamento intensivo ed ospedalizzazione psichiatrica; la psicosi puerperale potrebbe essere un disturbo dello spettro bipolare (25% bipolare esordisce con psicosi puerperale). Il rischio aumenta con: Storia familiare di disturbo bipolare; Precedenti depressioni postpartum; Storia precedente di disturbo bipolare, schizofrenia o schizoaffettività. Sintomi che fanno sospettare una natura bipolare della depressione Vi è un umore elevato durante la gravidanza è dopo il parto, iperreattività alla terapia antidepressiva, con switch contro polare, sintomi misti (euforia ed agitazione psicomotoria), disorganizzazione del pensiero e mancato accudimento del bambino. Effetti dello sviluppo sul bambino Già nel corso della gravidanza, l’esposizione del feto allo stress può interferire con lo sviluppo, generando conseguenze come maggiore tendenza al pianto, inconsolabilità, anomalie del sonno, temperamento difficile. All’età di tre mesi, i figli di madri depresse, possono manifestare uno stato affettivo prevalentemente depresso e una maggiore propensione al pianto; nei primi mesi di vita, le disregolazioni interattive, che caratterizzano le interazioni madre depressa-bambino, possono esprimersi sotto forma di disregolazioni neurofisiologiche, come problemi legati all’alimentazione, al sonno e costipazione. Psicoterapia per la depressione → Psicoterapia cognitivo comportamentale: La psicoterapia cognitivo comportamentale per depressione focalizza la sua attenzione su pensieri, emozioni, situazioni e condizioni che stanno alla base e che hanno scatenato o che sostengono il disturbo depressivo. Insegnano ai pazienti a identificare pensieri negativi disfunzionali che sostengono la depressione e forniscono abilità per modificare questi pensieri, sostituendoli con pensieri più realistici e positivi. → Attivazione comportamentale: la terapia focalizzata sull'attivazione comportamentale punta ad aumentare nel paziente la frequenza con cui si dedica ad attività piacevoli o significative per sé. Inoltre, vengono identificati e modificati i processi di evitamento che spesso sono presenti in pazienti con depressione. → Psicoterapia psicodinamica: la terapia psicodinamica aiuta i pazienti ad esplorare e comprendere come emozioni, pensieri ed esperienze precoci di vita abbiano creato dei pattern psicologici che hanno portato allo sviluppo del disturbo depressivo. → Terapia del problem solving: la terapia del problem solving aiuta i pazienti a sviluppare abilità nuove e generare metodi creativi per affrontare i problemi, a identificare e superare eventuali ostacoli al raggiungimento dei propri obiettivi. → Terapia interpersonale: la terapia interpersonale aiuta i pazienti ad identificare e risolvere i problemi interpersonali e sociali, inclusi i conflitti interpersonali, le transizioni di ruolo e la diminuzione o l'impoverimento delle relazioni. → Terapie Mindfulness-based: le terapie mindfulness-based sono anche definite psicoterapie di terza generazione, e utilizzano la mindfulness come strumento terapeutico. La mindfulness origina dalle pratiche contemplative. primariamente da Buddhism. ed è una forma di meditazione durante la quale il praticante pone l'attenzione sui propri pensieri, emozioni, ma anche suoni o sensazioni fisiche, in un atteggiamento non giudicante. Psicoterapia interpersonale della depressione (IPT) La psicoterapia interpersonale della depressione pone in primo piano le relazioni interpersonali attuali del paziente depresso. È una psicoterapia di 12-20 settimane, che esamina la correlazione tra depressione e problematiche del paziente in ambito interpersonale. L’obiettivo iniziale è ridurre i sintomi depressivi, ma lo scopo generale è quello di migliorare la qualità delle relazioni interpersonali ed il funzionamento sociale del paziente. Secondo la IPT le problematiche interpersonali possono essere divise in quattro aree: Contrasti interpersonali; Transizioni di ruolo; Lutto; Deficit interpersonale; Dopo aver valutato quale area è correlata all’insorgere della depressione, ci si avvale delle tecniche proprie di altre psicoterapie. La IPT non si distingue, quindi, per le tecniche, ma per le strategie terapeutiche. La psicoterapia cognitivo comportamentale per la cura della depressione Il più grande contributo alla psicoterapia della depressione in ambito cognitivo, lo si deve a Beck. Egli, lavorando con pazienti depressi, scoprì l’esistenza di pensieri negativi che sembrano emergere spontaneamente ed ha definito questa condizione “pensieri automatici” e il loro contenuto è divisibile in tre categorie: idee negative su sé stessi, sul mondo e sul futuro. Dunque, l’intervento psicoterapeutico, rispetto ala disturbo depressivo maggiore, si focalizza, soprattutto, sull’attenta valutazione e correzione delle cognizioni attraverso cui il soggetto costruisce l’interpretazione degli eventi passati, presenti e futuri e la valutazione di sé stesso e della sua vita, aiutando la persona ad individuare e modificare le convinzioni disfunzionali che contribuiscono a creare, mantenere e esacerbare la sofferenza emotiva. Per fare ciò, in terapia si ricorre al metodo dell’ABC di Ellis, attraverso cui, partendo da una situazione o un evento attivante, si può esaminare quale pensiero disfunzionale abbia portato allo stato di sofferenza emotiva. Individuati i pensieri automatici disfunzionali, si passa alla messa in discussione degli stessi attraverso il dialogo socratico, una tecnica utilizzata all'interno della terapia cognitivo comportamentale, che consente di mettere in discussione le false credenze del paziente e i propri errori di pensiero, attraverso un approccio dialogico tra paziente e terapeuta, caratterizzato da domande e risposte che tendono a disconfermare quanto sostenuto fino a quel momento dal paziente stesso. Lo scopo finale della terapia consiste nella ristrutturazione cognitiva, ovvero riuscire a modificare il modo in cui si interpretano e si valutano le situazioni. Quindi, si deve incoraggiare il paziente a modificare i pensieri automatici e le credenze disfunzionali per sostituirli con altri più realistici e adattivi. In relazione a ciò, si rileva come la correzione delle valutazioni distorte relative a sé stessi, alla propria vita o al proprio futuro conduce ad un graduale cambiamento sul piano emotivo e comportamentale. Parallelamente all'aspetto cognitivo, nella psicoterapia cognitivo-comportamentale, si inserisce l'intervento terapeutico rispetto al comportamento quotidiano del paziente, attuando in maniera graduale specifici cambiamenti e procedendo in direzione inversa rispetto alla tendenza all'inattività e all'isolamento sociale indotta dal disturbo. In tale direzione, il cambiamento dei comportamenti depressivi consente di giungere a cambiamenti cognitiv