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proteomics protein analysis biological processes molecular biology

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This document provides an introduction to proteomics, describing methodologies for studying the proteome. It discusses genomics/transcriptomics comparisons and proteomic approaches. Preparation of samples for proteomic analysis including extraction, separation, and detection/identification methods are described. It also covers methods of lysis and protein fractionation.

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METODOLOGIE PER LO STUDIO DEL PROTEOMA INTRODUZIONE GENOMICA/TRASCRITTOMICA→ studia il genoma e come l’informazione in esso contenuta è utilizzata. Studia il profilo di espressione (quali geni sono attivi in un determinato momento→ La risposta ad uno stimolo è data in termini di geni attivi/disattiv...

METODOLOGIE PER LO STUDIO DEL PROTEOMA INTRODUZIONE GENOMICA/TRASCRITTOMICA→ studia il genoma e come l’informazione in esso contenuta è utilizzata. Studia il profilo di espressione (quali geni sono attivi in un determinato momento→ La risposta ad uno stimolo è data in termini di geni attivi/disattivi) e il profilo di trascrizione (quali geni/ncDNA sono trascritti in un determinato momento→ la risposta ad uno stimolo è data in termini di geni/ncDNA/miRNA attivi/disattivi). PROTEOMICA→ studia il complemento proteico di una determinata cellula. Studia il profilo di espressione proteica (quali proteina sono presenti in un determinato momento→ la risposta ad uno stimolo è data in termini di variazione del complemento proteico). GENOMICA (trascrizione, processamento RNA, miRNA) NON EQUIVALE A PROTEOMICA (processamento proteolitico, PTMs, Localizzazione, compartimentalizzazione, degradazione). LA PROTEOMICA E’ PIU’ COMPLESSA DELLA GENOMICA? NO→ 1,5% del genoma codifica per esoni che danno origine a mRNA; l’aumento di complessità è dato dal fatto che ogni mRNA può essere tradotto in diverse proteine ed ognuna può essere modificata in modo post-traduzionale. EPIGENETICA→ studia le modificazioni strutturali o covalenti del DNA, proteine associate al DNA e RNA che risultano in cambiamenti dell’output trascrizionale senza alterazioni della sequenza primaria del DNA. APPROCCIO STUDIO BIOLOGIA CELLULARE/BIOCHIMICA→Classico ( singola proteina, sequenza, struttura, funzione, processi biologici) o Proteomico (processo biologico, proteine coinvolte, relazione funzionale). Da un approccio proteomico si ottiene una LISTA DI PROTEINE→ servono strumenti bioinformatici di annotazione= Gene Ontology (descrive i prodotti genici in termini di processi biologici associati, componenti cellulari, funzioni molecolari)→ Elaboro ipotesi funzionali→ validazione sperimentale. →E’ necessario oltre a conoscere quali sono le molecole coinvolte in un determinato processo, conoscere le loro relazioni e cosa comportino = si costruiscono network molecolari→ inserire le proteine identificate nel network molecolari con specifici significati funzionali→comprende il possibile outcome funzionale Una proteina è in un determinato istante, il risultato dell’azione di tutta una serie di attività in serie e/o in parallelo su di essa. Fenotipo→propietà osservabili prodotte dal genotipo in combinazione con l’ambiente. Livello osservazione : morfologico, fisiologico, biochimico, molecolare. L’acquisizione di un fenotipo è data dalla cooperazione di diversi geni. Dinamicità proteoma→ proteine 2 variazioni: 1. QUANTITATIVE→variazioni del livello di una determinata proteina (serve la statistica→ numero di repliche elevato). 2. QUALITATIVE→variazioni delle forme di una determinata proteina (proteine diverse) (splicing alternativo, processamento proteolitico, modifiche post-traduzionali). PREPARAZIONE DEL CAMPIONE Proteomica: 1. Classica→ Caratterizzazione del proteoma di un determinato soggetto; confronta contesti diversi 1 2. PTMs→ Si occupa dello studio delle variazioni a carico delle modificazioni post-traduzionali delle proteine di un soggetto, anche in questo caso confrontando contesti diversi 3. Interazioni→Si occupa dello studio delle interazioni proteina/proteina e caratterizzazione dei complessi macromolecolari 4. Struttura→ Si occupa della determinazione della struttura delle proteine con approcci a larga scala Scopo della proteomica→ fornire informazioni che possono essere di tipo: 1. Differenziale→ comprensione di quali sono le variazioni a livello dei componenti proteici coinvolti in un determinato processo cellulare. Analisi comparativa 2. Totale→ comprensione di quali sono i costituenti proteici di una determinata cellula, organello, complesso macromolecolare. Analisi su un singolo sistema Domande a cui risponde la proteomica: ✓ Quali proteine sono espresse in un determinato tipo cellulare/tessuto/organo/organismo (HUPO- Human Proteome Organisation) ✓ Quali proteine sono differenzialmente espresse oppure modificate confrontando due o più fenotipi cellulari ( esempio diversi fenotipi, cellule di origine diversa, cellule dello stesso tipo sottoposte a stimoli diversi, cellule dello stesso tipo soggette o meno a condizioni patologiche→ identificare proteine caratteristiche di una determinata condizione cellulare→ funzione) ✓ Quali proteine sono differenzialmente soggette ad una particolare PTM confrontando fenotipi cellulari diversi ( stabilire l’insieme di tutte le proteine soggette alla medesima modificazione post-traduzionale e seguirne i cambiamenti in risposta a determinate condizioni→ identificare pathway specificamente attivate in seguito ad uno stimolo tramite l’identificazione dei substrati) ✓ Quali proteine costituiscono/sono presenti in un determinato complesso macromolecolare/organello (identificazione→ ruolo nel complesso/organello→ modulazione attività complesso/organello attraverso proteina) ✓ Quali proteine interagiscono con una determinata proteina; determinazione del network molecolare di una proteina (identificazione→ funzione dell’interazione→ modulazione attività della proteina, funzione della proteina) Approccio proteomico, 4 step: 1. Preparazione del campione-Ottimizzazione estrazione proteine → riuscire a recuperare le proteine dalla matrice biologica d’interesse 2. Selezione- Ottimizzazione metodo separativo→ Utilizzare dei metodi separativi per cercare di separare una dall’altra le proteine oggetto di indagine 3. Scelta del metodo di rilevazione→ Utilizzare dei metodi che mi permettano di vedere le proteine oggetto d’indagine 4. Scelta metodo di identificazione→ Utilizzare dei metodi che mi permettano di ottenere l’identità delle proteine oggetto d’indagine PREPARAZIONE DEL CAMPIONE→Requisiti fondamentali di un metodo per l’estrazione/preparazione del campione: 1. Efficienza→ L’efficienza del metodo per estrarre le proteine dal materiale di partenza deve essere la più elevata possibile, ovvero devo poter ottenere il maggior numero di proteine 2. Evitare contaminazioni (Specificità)→ L’omogeneità del campione è importante per non avere nelle proprie analisi proteine che non derivano dal campione d’interesse- problema che si riscontra soprattutto con tessuti (popolazioni cellulari eterogenee)→necessaria procedura altamente selettiva per il campionamento (elevata specificità) 2 3. Evitare modificazioni→ Processamento del campione lungo equivale a dire perdita di campione e modificazioni a carico delle proteine→ preferibile adottare metodi estrattivi con pochi passaggi, rapidi e mantenere il campione a temperature ragionevolmente basse (attorno a 0°)- compatibilmente con i reagenti utilizzati per l’estrazione. Adottare mezzi estrattivi compatibili con le analisi che seguiranno (presenzza di Sali, detergenti, solventi organici…). Questo è un punto da tenere in considerazione sempre quando si eseguono determinate operazioni nel contesto di un protocollo scientifico. SISTEMI BIOLOGICI→ I lipidi, carboidrati, acidi nucleici, co-fattori sono visti come interferenti nelle analisi di tipo proteomico; i metodi d’estrazione delle proteine devono tener conto di questo aspetto. Per l’estrazione si utilizzano Tamponi di estrazione e metodi di lisi. TAMPONI D’ESTRAZIONE: Condizioni native→preservare la struttura/attività delle proteine d’interesse. Condizioni denaturanti→ non è necessario preservare struttra/attività delle proteine d’interesse Buffer→ importante laddove si voglia preservare l’attività di una determinata proteina.Tutti i composti con i quali vengono formati questi tamponi sono volatili (acido acetico/acido formico, ammonio carbonato, ammonio bicarbonato..) Inibitori di proteasi→Controllo dell’attività proteolitica naturalmente presente nei campioni; esistono diversi tipi di proteasi, ciascuna delle quali viene inibita da specifici inibitori. Inibitori di altre attività enzimatiche(chinasi, fosfatasi…) Detergenti→la maggior parte delle proteine sono solitamente solubili in acqua, Ci sono però casi dove questo non si verifica, come ad esempio le proteine di membrana. In altri casi le proteine sono presenti sotto forma di complessi macromolecolari ed è necessario andare ad indagare i singoli costituenti dei vari complessi. I detergenti, avendo una struttura anfipatica aiutano la solubilizzazione delle proteine. Inoltre possono disturbare i doppi strati lipidici andando aa favorire il rilascio delle proteine. Altri agenti solubilizzanti→ Urea, tiourea…agenti caotropici che aiutano il mantenimento in soluzione di proteine idrofobiche. STRUTTURA DETERGENTI FORMAZIONE MICELLE 3 METODI DI LISI→come portare in soluzione le proteine facendole uscire dal loro contesto cellulare. 1. METODI DI LISI SOFT: a) Lisi osmotica→ utilizzo di soluzioni ipotoniche che causano rigonfiamento ed esplosione della cellula con conseguente rilascio delle proteine – non adatto a procarioti con parete cellulare b) Congelamento/Scongelamento→ formazioni di cristalli provoca la rottura della parete e della membrana cellulare c) Lisi con detergenti→ detergenti sono in grado di rompere la struttura delle membrane plasmatica facendo uscire le proteine. Attenzione al tipo di detergenti utilizzati d) Lisi enzimatica→ cellule con pareti cellulari possono essere lisate grazie all’utilizzo di enzimmi in grado di degradare la parete cellulare stessa. Classico esempio è la parete cellulare (composta da peptidoglicano) dei batteri che può essere degradata ad opera dell’enzima LISOZIMA e quella delle cellule vegetali che può essere degradata dalla CELLULASI 2. METODI DI LISI PIU’ FORTI: a) Sonicazione: onde ultrasoniche PROVOCANO IL FENOMENO DELLA CAVITAZIONE (formazione di bolle che poi implodono portando a repentini cambiamneti nella temperatura e pressione). Questo favorisce la rottura di interazioni intermolecolari e soprattutto la rottura delle membrane cellulari. Attenzione alla generazioni di calore b) Rottura meccanica tramite pestello c) Rottura attraverso il passaggio forzato per un orifizio molto piccolo d) Utilizzo di omogeneizzatore e) Utilizzo di forze abrasive (sfere di vetro sottoposte a forte agitazione, metodo utilizzato per lieviti) Metodi di estrazione differenti sono spesso combinati assieme: Esempio 1: Estrazione di proteine da cellule eucariotiche Cellule lavate in PBS e congelate a -80°C (lisi attraverso congelamento - 1° metodo). Cellule scongelate e risospese in Urea 7M, Tiourea 2M, CHAPS 4%, etc (Estrazione attraverso utilizzo di agenti caotropici e detergenti – 2°metodo). Cellule sonicate 3x10’’ (Estrazione tramite sonicazione – 3° metodo). Esempio 2: Estrazione di proteine nucleari Cellule lavate in PBS e sottoposte a lisi in ambiente iopotonico (Lisi membrana cellulare ma nuclei recuperabili dopo centrifugazione – 1° metodo estrattivo – prefrazionamento nucleo/citoplasma) Proteine estratte dai nuclei attraverso alta forza ionica (2° metodo estrattivo – prefrazionamento Proteine istoniche – proteine non istoniche) PREFRAZIONAMENTO PROTEICO Semplificazione dell’estratto proteico – abbassamento della complessità del campione in termini di numero di componenti. Può essere basato su diverse metodiche (elettroforetiche, cromatorafiche centrifugative…) VANTAGGI: ✓ Semplifica il campione che verrà sottoposto ad analisi proteomiche ✓ Possibilità di focalizzarsi su di un particolare subset di proteine SVANTAGGI: ✓ Aumenta il numero di analisi necessarie per avere una visione globale ✓ Più passaggi equivale a maggiore probabilità di perdita/modificazione proteine Metodi di prefrazionamento 4 PRIMO PROBLEMA→ se ipotizziamo che ci siano circa 25.000-30.000 geni in una cellula umana e supponendo che per ciascuno di essi ne esistano 10 varianti, tra splicing alternativo, PTMs, forme degradate…→ 250.000-300.000 proteine.Numero troppo elevato per pensare di visualizzarle/analizzarle contemporaneamente. Nessuna metodica analitica separatica è attualmente in grado di offrire un POTERE RISOLUTIVO così elevato da riuscire ad analizzare contemporaneamente tutte le proteine presenti in un proteoma (almeno uno a complessità pari a quello umano) SECONDO PROBLEMA→ Le proteine non sono espresse tutte allo stesso livello – ad esempio il range dinamico delle proteine del siero è di 10 ordini di gradnezza, ovvero una proteina potrebbe essere presente in 10 copie, un’altra in 10 x 1010. Nessuna metodica analitica è attualmente in grado di offrire un RANGE DINAMICO nella visualizzazione delle proteine in grado di mettere in evidenza proteine presenti con una così diversa abbondanza. Come vengono analizzate le proteine/peptidi in proteomica? In generale la tendenza è stata quella di non adottare metodi di prefrazionamento, ma si è visto che senza di essi, nessuna delle tre metodiche sopra elencate ha le caratteristiche, in termini di risoluzione e range dinamico in grado di soddisfare le esigenze richieste. ✓ Metodiche elettroforetiche→ presentano delle buone possibilità in termini di innalzamento della capacità risolutiva ✓ Metodiche cromatografiche→ stesso discorso prese singolarmente ✓ Spettrometria di massa→ se pur con notevoli avanzamenti degli ultimi 5-10 anni, soffre ancora di alcune limitazioni in fase di ionizzazione. I metodi di prefrazionamento rappresentano un insostituibile opportunità per semplificare i sistemi biologici e peremttere la rilevazione ed identificazione di un numero sempre maggiore di proteine. METODI DI PREFRAZIONAMENTO BASATI SULLE ESTRAZIONI SELETTIVE A volte i particolari mezzi/sistemi estrattivi utilizzati consentono di estrarre selettivamente solo alcune molecole. Questo può esser visto come un sistema per condurre analisi proteomiche su di un ristretto numero di proteine, andando in questo modo a semplificare la complessità del campione biologico. Esempi: ✓ Estrazione con acido perclorico al 5% → estrazione selettiva per l’istone linker H1 e per le HMG ✓ Estrazione con acidi concentrati (acido cloridrico/ acido solforico)→ estrazione selettiva per gli istoni dell’ottamero istonico Queste particolari estrazioni dipendono dalla combinazione delle propietà chimico/fisiche delle molecole e dai particolari reagenti/pH/forze ioniche…scelti per l’estrazione. La maggior parte delle proteine quando viene messa in contatto con un acido forte tende a denaturarsi e in tal modo le sue prozioni idrofobiche interne possono stabilire contatti intermolecolari e dare luogo a processi di aggregazione e quindi a precipitazione. Queste metodiche di precipitazione sono anche utilizzate per deproteinizzare delle soluzioni, laddove la presenza di proteine sia indesiderata. Esiste però anche una categoria di proteine che non ha struttura secondaria/terziaria, denominate proteine intrinsicamente disordinate che, a differenza delle proteine strutturate, non va incontro a precipitazione quando messe a contatto con soluzioni contenenti acidi, come il PCA o il TCA. Esse rimangono in soluzione e possono essere in questo modo recuperate nel surnatante e separate da quelle che invece precipitano→estrazione selettiva (o prefrazionamento). METODI DI PREFRAZIONAMENTO BASATI SULLA CENTRIFUGAZIONE 𝑉 = 2𝑟𝑝2 (∆ 𝑑𝑒𝑛𝑠𝑖𝑡à)𝜔2 𝑟𝑐 /9𝑣𝑖𝑠𝑐𝑜𝑠𝑖𝑡à𝑚 5 I vari organelli vengono separati in base alla loro massa, forma e densità→sedimentazione. Prefrazionamento→centrifugazione preparativa Centrifugazione differenziale→ Le particelle/organuli si separano in base alla loro velocità di sedimentazione, che dipende, tra gli altri fattori anche dalle dimensioni, densità e forma.Si applicano una serie di centirfugazioni a g crescenti, da ciascuna delle quali si recupera il pellet e il surnatante, ottenendo i nquesto modo una serie di frazioni. I pellet possono essere risottoposti a centrifugazione differenziale dopo esser stati risospesi per aumentarne la purezza (tutte le particelle/organuli si muovono verso il fondo ed è per questo che il pellet è sempre contaminato, ma ad ogni ripetizione esso diventa sempre più puro). Centrifugazione in gradiente di densità di tipo: a) Zonale di velocità→Il gradiente ha la funzione di migliorare la risoluzione della separazione e si basa sulla velocità di sedimentazione ( dipende da forma,dimensione 𝒓𝟐 e densità). Questa centrifugazione viene utilizzata per separare molecole con densità simile ma dimensioni diverse che quindi hanno una velocità diversa di sedimentazione. Non è un metodo all’equilibrio e pertanto se la centrifugazione non viene fermata, tutti gli oggetti andranno a depositarsi sul fondo. Gradiente→densità massima minore di quella del componente a densità minima. b) Isopicnica (isodensità o uguale densità)→la separazione si basa esclusivamente sulla densità idrostatica delle particelle, e non dalla forma o dimensione. Le particelle si fermano quando durante la separazione nel gradiente di densità raggiungono una zona di densità pari alla loro→metodo 6 all’equilibrio: la densità maggiore del gradiente deve superare quella del componente più denso da separare. Tecnica buona per separare molecole con densità diverse. Nomogramma: relazione tra raggio(r),RCF(xg) e RPM: Una qualsiasi particella che viene fatta ruotare all’interno di un rotore di centrifuga si trova sottoposta ad un campo centrifugo (G) pari a: 𝐺 = 𝑤 2𝑟 r: distanza radiale della particella dall’asse della rotazione espressa in cm; w: velocità angolare del rotore espressa in angoli radianti/sec. Solitamente, però, la velocità angolare del rotore viene espressa in rpm (rivoluzioni per min), dove una rivoluzione del rotore è pari a 2π radianti. (radiante→ l’angolo al centro di una circonferenza che sottende un arco che rettificato ha una lunghezza pari a r). 𝑤 = 2𝜋 𝑟𝑝𝑚/60 G espresso in rpm è: 𝐺 = 4𝜋 2 (𝑟𝑝𝑚)2 𝑟/3600 Il campo centrifugo G può essere generalmente espresso in multipli del campo gravitazionale terrestre ( g=980 cm 𝑠 −2 ), cioè come rapporto tra il peso della particella sottoposta al campo centrifugo e il peso della particella in presenza della sola forza di gravità. In questo caso viene espresso in termini di campo centrifugo relativo (RCF) o più comunemente come numero di g, xg. 4𝜋 2 𝑟𝑝𝑚2 𝑟 RCF= G/g= = 1,118 𝑥 10−5 𝑟𝑝𝑚2 𝑟 3600𝑥980 METODI DI PREFRAZIONAMENTO: IL CASO DEL PLASMA Proteoma del Plasma: sono identificabili il 20% delle proteine codificabili dal genoma umana. C’è stata ed è attualmente presente una grossa spinta nell’analisi del proteoma del siero a causa della possibilità di ritrovare dei BIOMARKER( indicatori di un determinato stato patologico che siano presenti in circolo e rilevabili 7 tramite un prelievo di sangue). Ma…il 90% delle proteine in esso contenute sono rappresentate da solo 9 proteine: 1. Albumina 2. IgG 3. Haptoglobin 4. Transferrina 5. Transthyretin 6. Alfa-1-antitrypsin 7. Alfa-1-acid glycoprotein 8. Hemopexin 9. Alfa2 macroglobulin Queste 9 proteine più abbondanti oscurano tutte le altre. Come affrontare questo problema? Strategia 1 : rimozione delle proteine più abbondanti Sistemi di immunodeplezione→ utilizzo si resine derivatizzate con opportuni anticorpi (anti-albumina…) per rimuovere selettivamente le proteine più abbondanti. a) Necessità di avere reagenti (Ab) estremamente specifici b) Rimozione contemporanea di proteine che sono legate a quelle immunodeplete (l’albumina è un noto carrier molecolare) c) Le proteine che rimangono non sono sottoposte ad un processo di concentrazione e questo è un problema se esse sono presenti a concentrazioni sotto i limiti di rilevabilità d) Costi elevati Strategia 2: utilizzo della Protein Equalizer Technology Utilizzo di librerie esapeptidiche immobilizzate su resine come reagenti d’affinità per la cattura specifica di proteine. Costituiscono una sorta di cromatografia d’affinità dove ciascuna esca – l’esapeptide- è presente in una quantità limitante e pertanto anche le prede – le varie proteine del siero – possono essere legate in quantità limitata. Questo fa si che si giunga ad una sorta di normalizzazione tra le quantità di tutte le proteine con cui questa libreria è venuta a contatto. Problema→ proteine molto grandi possono avere più siti di legame per i peptidi = sovrarappresentante METODI DI PREFRAZIONAMENTO BASATI SULLA CROMATOGRAFIA Basandosi sulle metodiche cromatografiche a disposizione è possibile ottenere, a partire da un lisato proteico più frazioni, la cui complessità è sicuramente minore rispetto al totale. Matrice cromatografica→ superficie con particolari proprietà di legame; solo alcune molecole si legano ad essa oppure si legano ma con forze diverse e possono essere quindi successivamente o recuperate in toto oppure distaccate progressivamente. A parte le metodiche cromatografiche convenzionali è rilevante sottolineare l’utilizzo di altre metodiche, il cui impiego risulta maggiormente ristretto all’ambito del prefrazionamento proteico. 1. Cromatorafia basata sull’EPARINA→ Le eparine sono polisaccaridi (glicoamminoglicani) polidispersi lineari carichi negativamente che sono in grado di legare diverse proteina ( selettività particolare) 2. Cromatografia basata sulla LECTINA→Le lectine sono proteine che legano in modo multivalente i carboidrati – molecole in grado di decifrare il codice basato sui carboidrati. Il loro utilizzo come componenti di matrici per cromatografia d’affinità costituiscono un metodo per l’arricchimento di glicoproteine 3. Cromatografie con fasi sovrapposte→ prima l’estratto proteico viene fatto passare attraverso una colonna composta da diverse fasi stazionarie sovrapposte, ciascuna con una specifica selettività (capacità di legare specifiche molecole); alla fine del processo cromatografico, ciascuna della fasi 8 stazionarie viene separata e le proteine ad esse legate eluite ed analizzate con una metodica separativa come ad esempio l’elettroforesi SDS-PAGE. Tecnologia SELDI (Surface Enhanced Laser Desorption Ionization)→ Cattura su di un Chip per MALDI di specifiche molecole sfruttando ligandi immobilizzati – fasi cromatografiche o ligandi biologici (anticorpi, recettori…). Le molecole catturate vengono poi direttamente analizzate in spettrometria di massa tipo MALDI-TOF. Semplificazione del campione di origine! METODI DI PREFRAZIONAMENTO BASATI SULL’ELETTROFORESI FFE (Free Flow Electrophoresis) Il campione proteico viene caricato in un determinato punto in un liquido sottoposto ad un determinato flusso e contemporaneamente sottoposto ad un campo elettrico. Le molecole vengono quindi a muoversi sia per l’azione del flusso che per l’azione del campo elettrico e quindi percorrono una traiettoria diagonale. L’entità della diagonale dipende principalmente da rapporto m/z della molecola. Questo sistema è adatto al pre- frazionamento di proteine, ma anche di cellule o organuli. All’estremità opposta rispetto a dove il campione viene caricato, sono presenti delle provette in cui vengono raccolte le molecole separate. Di metodi di prefrazionamento basati sull’elettroforesi ne esistono di diversi tipi, 2 sono: 1. Rotofor→sistema basato sulla separazione delle proteine in dipendenza del loro punto isoelettrico in un gradiente di pH 2. Gradiflow→Sistema basato sull’utilizzo di membrane a porosità differenziale e di un campo elettricoù 9 Funzionamento del Gradiflow Le proteine vengono caricate nella linea 1. A pH 5.5 ci saranno proteine con carica netta 0, positiva o negativa a seconda del loro diverso pI. Essendo applicato una differenza di potenziale (ddp) si otterrà un frazionamento delle proteine in base alla loro carica ( si separeranno proteine con pI maggiore o uguale a 5.5 da quelle con pI minore di 5.5). Questa operazione può essere fatta in serie ottenendo alla fine frazioni separate in base al pI delle proteine. Gelfree 8100 Fractionation System Principio→ separazione mediante gel-elettroforesi e recupero delle proteine dopo che escono dal gel. Le proteine vengono caricate in un SDS PAGE, vengono fatte separare mediante applicazione di una ddp. A seconda delle loro dimensioni ad un certo punto usciranno dal gel e vengono intrappolate in una camera (collection chamber). La ddp viene interrotta e recuperando il liquido in questa camera si recuperano anche le proteine che in essa si trovano. La camera viene riempita con liquido nuovo, e la corsa fatta partire per un altro itnervallo di tempo, al termine del quale si ripete l’operazione descritta sopra. In questo modo si ottengono n frazioni proteiche che si differenziano per il loro peso molecolare. Se queste frazioni fossero fatte correre su di un SDS-PAGE si otterrebbe un risultato analogo a quello mostrato nell’immagine. CONCLUSIONI I metodi di prefrazionamento sono essenziali per la semplificazione dei campioni proteici o campioni biologici sottoposti ad analisi proteomiche. Aiutano a risolvere il problema della risoluzione dei metodi analitici e del loro range dinamico. Si basano su estrazioni selettive, metodi centrifugativi, metodi cromatografici e metodi elettroforetici. Vantaggi→ essenziali dove ci si voglia contentrare su di una particolare sub-proteoma, poiché attenua i problemi sopra-indicati Svantaggi→ dove si voglia avere una visione completa del proteoma di una particolare cellula/tessuto… sicuramente i metodi di prefrazionamento portano al superamento delle problematiche connesse a risoluzione e range dinamico, ma contemporaneamente amlificano il numero di campioni da analizzare. 10 RICONDIZIONAMENTO DEL CAMPIONE Preparazione del campione per analisi cromatografiche ed elettroforetiche REGOLA GENERALE E FONDAMENTALE→ Compatibilità della soluzione utilizzata per l’estrazione con la metodica analitica utilizzata (sia da un punto di vista analitico che da un punto di vista dell’integrità strumentale). Fondamentale è conoscere i principi separativi utilizzati!! Esempi con metodi separativi adottati: ✓ SDS-PAGE→ le proteine devono essere sature con il detergente SDS, devo fare in modo che il mio campione contenga almeno 1% ( 1 grammo su 100mL) di SDS. Non ci devono essere altri detergenti che possano interferire con il legame dell’SDS alle proteine (es. detergenti carichi positivamente) e se sono presenti, devono esserlo in concentrazioni tali per cui non disturbano il legame dell’SDS (devono essere diluiti) ✓ Gel elettroforesi in condizioni NATIVE→ le proteine non devono esser state denaturate (detergenti, calore, agenti caotropici). Il tampone d’estrazione deve essere pensato considerando l’aspetto della denaturazione delle proteine (non deve contenere detergenti forti e carichi, urea o tiourea, il pH deve essere il più possibile conforme alla condizione fisiologica delle proteine sottoesame… ✓ Isoelettrofocalizzazione (IEF)→ le proteine devono migrare in base alla variazione della loro carica in un gradiente di pH. Questi significa che non devono essere presenti detergenti che alterino la carica della proteina! ✓ Cromatografia a scambio ionico→ le proteine vengono ad essere separate in base alla loro carica ad un determinato pH. Non devono essere presenti detergenti carichi in modo da non alterare la carica stessa della proteina. Inoltre, siccome la separazione delle molecole avviene in base ad interazioni elettrostatiche, è opportuno considerare anche la forza ionica della soluzione utilizzata per l’estrazione. ✓ Cromatografia a fase inversa→ la separazione si basa sull’interazione tra porzioni idrofobiche delle proteine e pendenti alchilici. Detergenti in grado d’interferire con questo tipo d’interazioni devono essere evitati. Inoltre, c’è la possibilità che questi detergenti si leghino in modo irreversibile alla fase stazionaria compromettendo il sistema cromatografico stesso. ✓ Cromatofocalizzazione→ la separazione si basa su interazioni elettrostatiche tra proteine e matrice cromatografiche dipendenti dal pH della soluzione. Le cariche delle proteine non devono esssere modificate da detergenti carichi. ✓ Cromatografia in generale→ il campione iniettato in colonna non deve contenere particolato o residui solidi (intasamento colonna) e non deve precipitare in colonna (proteine possono andare incontro a precipitazione se cambiano repentinamente il mezzo in cui sono disciolte e se questo cambio porta ad aggregazione→ le proteine devono essere state preventivamente condizionate nello stesso tampone/solvente in cui si trova la colonna cromatografica e si deve aver verificato che non avvenga precipitazione). ✓ Elettroforesi in generale→ il campione non deve essere sciolto in solventi che possano intaccare la matrice di poliacrilamide. Molto spesso per questioni legate all’efficienza di estrazione devono essere utilizzati reagenti/tamponi/condizioni che non sono compatibili con le analisi successive. La dove, per qualsiasi ragione non si possa adottare un metodo d’estrazione compatibile con il processo separativo adottato ci sono delle operazioni che possono essere effettuate al fine di rendere compatibile la soluzione proteica con la metodica analitica prescelta. METODI DI CONDIZIONAMENTO DEL CAMPIONE: 1. Dialisi 2. Ultrafiltrazione 3. Precipitazione 11 4. Cambio del solvente mediante gel permation/size exclusion chromatography DIALISI Il processo di dialisi si basa sulla permeabilità selettiva attraverso una membrana. Ciascuna membrana è caratterizzata da un peculiare valore di cut-off ovvero dimensioni delle molecole. Molecole con una massa inferiore al calore di cut-off sono libere di equilibrarsi ai due lati della membrana, mentre quelle di dimensioni superiori non riescono a passare la membrana e rimangono da un lato o all’interno del sacchetto da dialisi. Tipico esempio dell’utilizzo della dialisi è er la rimozione di alte concentrazioni saline dal proprio campione proteico. I Sali hanno delle dimensioni tali per cui hanno libero passaggio attraverso la membrana da dialisi e si possono quindi equilibrare in modo da rendere la loro concentrazione uguale ai due lati della membrana stessa. In questo modo, la concentrazione salina della soluzione dove sono contenute le proteine viene a diminuire. Effettuando vari cambi della soluzione esterna si abbatte sempre più la concentrazione salina del campione proteico. La dialisi può essere anche utilizzata per cambiare il tampone/soluzione nel quale è disciolto un campione proteico. ULTRAFILTRAZIONE Il processo della ultrafiltrazione si basa sempre sulla permeabilità selettiva delle molecole attraverso una membrana, quindi è concettualmente molto simile alla DIALISI, m in questo caso si utilizza la forza centrifuga per forzare le proteine attraverso la membrana stessa. Anche in questo caso le membrane da ultrafiltrazione sono caratterizzate da un valore di cut-off. L’ultrafiltrazione può essere utilizzata per: ✓ Cambiare il solvente in cui è sciolto un campione proteico ✓ Ridurre il volume di un campione proteico ✓ Frazionare secondo peso molecolare, un campione proteico. Infatti, a seconda del cut-off scelto, alcune molecole passeranno oltre alla membrana mentre altre no. Effettuando una serie di ultrafiltrazioni utilizzando membrane a cut-off diverso si possono operare dei frazionamenti proteici in base alle dimensioni delle molecole. Bisogna prestare attenzione alla compatibilità chimica delle membrane!! PRECIPITAZIONE Inquinanti che possono disturbare i processi separativi sono DNA, lipidi, Sali, detergenti e polisaccaridi. Le procedure di precipitazione rendono possibile separare la componente proteica (che precipita) dagli inquinanti (che rimangono in soluzione). Dove è possibile è preferibile NON adottare tale procedura poiché: 1. Non è detto che l’efficienza di precipitazione sia uguale per tutte le proteine→ alterazioni del campione 2. Non è detto che tutte le proteine precipitate siano facilmente riportabili in soluzione→ alterazione del campione. →Vale sempre la regola generale per cui meno passaggi subisce il campione meglio è ai fini dell’obiettivo finale: avere un campione il più possibile rappresentativo in termini di composizione proteica rispetto al materiale di partenza. Precipitazione con solventi organici Le proteine nella loro forma nativa presentano una superficie con un carattere prevalentemente idrofilico e un interno prevalentemente idrofobico. In un tampone fisiologico esse rimangono in soluzione grazie all’acqua che forma legami idrogeno con i residui presenti sulla loro superficie. Cambiare il mezzo in cui sono disciolte con un SOLVENTE ORGANICO APOLARE preservando la loro struttura terziaria (basse T) porta a fare in modo che le porzioni idrofiliche si aggreghino. Sostanzialmente si ha un effetto opposto all’effetto idrofobico durante la strutturazione delle proteine. 12 Precipitazione attraverso il Salting Out A basse concentrazioni saline, i Sali schermano le cariche presenti sulla superficie delle proteine ed in tal modo prevengono interazioni tra cariche di segno opposto che andrebbero a favorire l’aggregazione proteica e quindi la precipitazione. L’aggiunta di piccole quantità di Sali favorisce quindi il mantenimento in soluzione di una proteina, fenomeno noto come salting in. Ad elevate concentrazioni saline, gli ioni del sale aggiunto sequestrano l’acqua che prima era impegnata nel creare una sfera di idratazione attorno alle proteine. In questo modo l’acqua non può più schermare regioni idrofobiche superficiali che venendo a contatto provocano la precipitazione delle proteine, fenomeno noto come salting out. Le concentrazioni saline da utilizzare per far precipitare le proteine dipendono strettamente dalle singole proteine, poiché ciasucna di esse ha delle caratteristiche superficiali diverse. Si può utilizzare il salting out come metodo per il frazionamento selettivo delle proteine→ utilizzare concentrazioni saline crescenti per far precipitare in modo differenziale le proteine (può essere visto come un metodo di prefrazionamento). IN CONCLUSIONE →Nella preparazione del campione bisogna tener conto della sensibilità del metodi di rilevazione che verrà utilizzato. Ovvero si deve poter caricare nell’analisi elettroforetica o cromatografica una quantità sufficiente da permettere la rilevazione di quello che vogliamo vedere. In generale quindi è necessario che il campione sia: ✓ Ad una concentrazione opportuna→precipitazione, evaporazione, liofilizzazione, ultrafiltrazione… ✓ Il più possibile privo di interferenti→ metodica estrazione selettiva, precipitazione, ultrafiltrazione… ✓ Sciolto in un mezzo che non danneggi il gel o la colonna cromatografica→ conoscenza del sistema separativo utilizzato ✓ Sciolto in un mezzo compatibile con la metodica separativa prescelta→ conoscenza del processo separativo utilizzato 13 DETERMINAZIONE DELLA CONCENTRAZIONE PROTEICA Perché è necessario sapere la concentrazione di una soluzione proteica? Sostanzialmente per avere un controllo dei sistemi biologici sotto indagine; ad esempio per stabilire la costante di affinità tra due molecole, per studiare l’attività di un enzima, per valutare cambiamenti nei livelli d’espressione, per riuscire a riprodurre un saggio biologico dove era richiesta la presenza di una specifica quantità di uno specifico fattore/estratto proteico. IN PROTEOMICA: ✓ Analisi comparativa →essenziale il controllo delle quantità che si vanno confrontando! Anche se esistono dei metodi per riuscire ad ottenere informazioni circa l’abbondanza relativa di una proteina rispetto al totale delle proteine espresse/rilevate, partire da quantità equivalenti semplifica notevolmente l’analisi dei dait ✓ Scelta del metodo di analisi/rilevamento in funzione della quantità a disposizione; rischio di non riuscire a visualizzare il campione poiché si ricade sotto la soglia di rilevabilità del metodo adottato. ✓ Non incorrere in problemi tecnici dovuti alla quantità di campione analizzata; esempio: precipitazione delle proteine durante le analisi elettroforetiche dovuta a sovra caricamento, bassa risoluzione in separazioni cromatografiche dovute a sovra caricamento… NORMALIZZAZIONE Quantità proteiche normalizzate: stessa quantità analizzata mediante elettroforesi in A e in B→dal confronto diretto tra gli spot presenti in A e quelli presenti in B, dall’intensità degli spot si possono effettuare delle valutazioni circa la variazione dell’abbondanza di alcune proteine (es. proteina 1 è più abbondante in A che in B; A e B rappresentano due situazioni di cui si confronta il pattern proteico). Quantità proteiche non normalizzate: diversa quantità analizzata mediante elettroforesi in A e in B→ dal confronto diretto tra gli spot presenti in A e quelli presenti in B, dall’intensità degli spot non si possono effettuare delle variazioni circa la variazione dell’abbondanza di nessuna delle proteine presenti. Come si procede nel caso di campioni non normalizzati: 1. Valutazione di tutte le intensità degli spot presenti e calcolo del totale (100%) 2. Lo spot 1 che % rappresenta rispetto al totale in ognuno dei due stati (A e B)? Alla fine, il risultato deve essere lo stesso! 14 RISULTATO: l’espressione della proteina HMGA1 viene progressivamente silenziata dall’induzione dello shA1_3.Dall’ immagine si può anche costruire un grafico in cui vengono riportati i rapporti tra: Intensità banda WB/Intensità tracciato intero proteine totali in WB (valori densitometrici). Metodi per la determinazione della concentrazione Proteica e per la normalizzazione di campioni 15 SPETTROFOTOMETRIA-ASSORBANZA L'assorbimento della radiazione UV o visibile corrisponde all'eccitazione degli elettroni esterni. Quando un atomo o una molecola assorbe energia, gli elettroni vengono promossi dal loro stato fondamentale ad uno stato fondamentale stato eccitato. In una molecola, gli atomi possono ruotare e vibrare l'uno rispetto all'altro. Anche queste vibrazioni e rotazioni hanno livelli energetici discreti Legge di Lambert-Beer A=εlc ε: coefficiente d’estinzione molare 1/cm[M] l: cammino ottico (cm) c: concentrazione [M] A=log10 (I0/I) IN SOLUZIONE – Metodi spettrofotometrici diretti METODO DIRETTO→ si basa su di una proprietà intrinseca della proteina Metodo di WADDEL: ✓ Metodo spettrofotometrico→ si basa sull’assorbimento del legame peptidico (assorbe attorno ai 230- 210 nm) 𝒖𝒈 ✓ Relazione assorbimento/concentrazione→ [𝑷] (𝒎𝑳) = (𝑨𝟐𝟏𝟓 − 𝑨𝟐𝟐𝟓 )𝒙 𝟏𝟒𝟒 dove A= assorbanza ✓ Intervallo di utilizzo→ 1.5-45 ug/mL ✓ Principale campo di applicazione→Determinazione della [P] di soluzioni pure di proteine ✓ Svantaggi→ molte molecole assorbono alle lunghezze d’onda utilizzate (215 e 225 nm). Praticamente inutilizzabile la dove siano presenti altre molecole oltre alle proteine (estratti) e la dove non si possa sottrarre con estrema precisione il contributo del solvente (bianco) in cui è sciolta la proteina. ✓ Il coeficiente 144, che unisce la differenza di assorbanza a 215 e 225 nm è stato determinato empiricamente andando ad analizzare un numero molto elevato di proteine a concentrazione nota Metodo di Warburg and Christian ✓ Metodo spettrofotometrico→ si basa sull’assorbimento degli aa aromatici ( F, Y e W) 𝒎𝒈 ✓ Relazione assorbimento/concentrazione→ [𝑷] ( 𝒎𝑳 ) = 𝑨𝟐𝟖𝟎 𝒙 𝑭 𝒙 𝟏/𝒅 dove d è il cammino ottico in 𝐴 cm e F è il coefficiente calcolato sulla base del rapporto 𝐴280 260 ✓ Intervallo di utilizzo→ 20-500 ug/mL ✓ Principale campo di applicazione→ Determinazione della [P] di soluzioni pure di proteine 16 ✓ Svantaggi→ molte molecole assorbono alle lunghezze d’onda utilizzate (280nm). Praticamente inutilizzabile la dove siano presenti altre molecole oltre alle proteine (estratti) e la dove non si possa sottrarre con estrema precisione il contributo del solvente (bianco) in cui è sciolta la proteina. Una delle principali molecole che interferisce con questo metodo è il DNA, che ha un picco d’assorbimento che parzialmente si sovrappone a quello dei residui aromatici. Per questo motivo si utilizza la lettura a 260 nm al fine di determinare il fattore F da utilizzare nel metodo. Proteine con composizioni aa molto sbilanciate per contenuto di W,Y e F daranno delle concentrazioni fortemente sovrastimate. Questi due metodi sono metodi empirici. La relazione tra assorbanza e concentrazione è stata stabilita sperimentalmente. I coefficienti utilizzati derivano da una sorta di media di tutti gli esperimenti condotti. Utilizzo diretto dei coefficienti di estinzione molare di W, Y e F ✓ Metodo spettrofotometrico→ si basa sul calcolo del coefficiente d’estinzione molare della proteina d’interesse sulla base del numero di residui W e Y (280nm) ✓ Relazione assorbimento/concentrazione→ 𝑨 = 𝜺 𝒙 𝒍 𝒙 𝒄 (Legge di Lambert-Beer) ✓ Intervallo di utilizzo→ secondo la linearità della legge di Lambert-Beer ✓ Principale campo d’applicazione→ Determinazione della [P] di soluzioni pure di proteine ✓ Svantaggi→ Assolutamente non applicabile a miscele di proteine e a proteine ad identità non nota. Anche se è in teoria calcolare il coefficiente d’estinzione molare sulla base del numero di aa aromatici e sui loro valori di coefficiente d’estinzione molare bisogna calcolare che questi coefficienti sono calcolati a partire da aa singoli e che quando questi sono inseriti nelle proteine vengono a trovarsi in un ambiente completamente diverso e pertanto anche il loro coefficiente d’estinzione molare risulterà diverso e dipendente dallo specifico intorno molecolare che è diversi per ciascuna proteina. In pratica con questo metodo si rischia di effettuare grossi errori nella valutazione della concentrazione proteica. 17 Il coefficiente di estinzione molare di qualsiasi molecola dipende dal mezzo in cui è stata effettuata la misurazione. Per quanto riguarda una molecola in condizioni native, gli aa esterni possono essere considerati praticamente in acqua, mentre per quanto riguarda quelli interni, il loro ambiente è molto diverso da un ambiente acquoso in quanto esso è costituito dai residui aa adiacenti. IN SOLUZIONE- Metodi spettrofotometrici indiretti Sfruttano peculiari proprietà spettroscopiche di molecole che si legano alle proteine oppure delle trasformazioni indotte dalla presenza di residui aa. Requisiti: 1. M: Proprietà spettroscopiche diverse quando M, Proteina/M o M* 2. Nel caso di Proteina/M, tutta la proteina deve essere complessata con M ( per ottenerlo M deve essere in largo eccesso rispetto alla proteina) 3. M non deve avere una selettività diversa per le diverse proteine (comportamento uniforme con tutte le proteine) 4. Necessario costruire una curva di calibrazione utilizzando una proteina a concentrazione nota Esistono 4 metodi indiretti e sono: 1. Lowry 2. BCA - bicinchoninic acid 3. Biureto (poco utilizzato) 4. Bradford Quale metodo scegliere? Bisogna valutare la compatibilità con la soluzione proteica: ✓ 3 metodi (lowry, BCA e Biureto) sono basati sull’utilizzo di 𝐶𝑢++ e quindi la presenza di reagenti che chelano il rame non sono compatibili con essi ✓ Inoltre sempre questi 3 si basano su reazioni di ossido-riduzione, quindi neanche la presenza di reagenti riducenti non è compatibile con loro ✓ La presenza di detergenti (fino al 5%) è compatibile con il metodo BCA ✓ I metodi Lowry, BCA e Bradford sono maggiormente adatti alla determinazione di concentrazioni proteiche basse (1-2000 µg/mL) Attenzione a valutare le incompatibilità di ciascun metodo! La concentrazione proteica ottenuta con questi metodi è strettamente dipendente dal tipo di proteina utilizzata per costruire la curva di calibrazione e dalla composizione proteica del campione sotto indagine poiché ciascuno di essi si basa su delle particolari proprietà di legame/reazione di una molecola nei confronti di particolari gruppi delle proteine, la cui presenza/abbondanza può variare a seconda del campione sotto indagine. Metodo del Biureto ✓ Metodo spettrofotometrico indiretto→ si basa sulla lettura spettrofotometrica a 540 nm. Non è tempo dipendente ✓ Relazione assorbimento/concentrazione→ determinata mediante curva di calibrazione con standard a concentrazione nota ✓ Intervallo di utilizzo→ 5-160 mg/mL ✓ Principale campo d’applicazione→Determinazione della [P] di soluzioni proteiche 18 ✓ Svantaggi→ Dipende dal pH che deve essere alcalino e bisogna prestare attenzione ai diversi componenti che interferiscono (chelanti del rame, agenti riducenti…) Esempio curva di calibrazione Metodo di Lowry ✓ Metodo spettrofotometrico indiretto→ si basa sulla lettura spettrofotometrica a 750 o 550 nm. Non è tempo dipendente ✓ Relazione assorbimento/concentrazione→determinata mediante curva di calibrazione con standard a concentrazione nota ✓ Intervallo di utilizzo→ 1-1000 µg/mL ✓ Principale campo d’applicazione→Determinazione della [P] di soluzioni proteiche ✓ Svantaggi→ dipende dalla presenza di residui aromatici (soprattutto Tyr e Trp), dipende dal pH che deve essere alcalino, non è lineare ad elevate concentrazioni e bisogna prestare attenzione ai diversi componenti che interferiscono (buffer, carboidrati, acidi nucleici, chelanti rame, agenti riducenti…) Metodo BCA (bicinchoninic acid) ✓ Metodo spettrofotometrico indiretto→ si basa sulla lettura spettrofotometrica a 562 nm. La formazione del complesso BCA/Cu1+ è tempo dipendente e quindi anche l’assorbanza varia nel tempo ✓ Relazione assorbimento/concentrazione→determinata mediante curva di calibrazione con standard a concentrazione nota ✓ Intervallo di utilizzo→25-2000 µg/mL ✓ Principale campo d’applicazione→Determinazione della [P] di soluzioni proteiche ✓ Svantaggi→ dipende dal pH che deve essere alcalino e bisogna prestare attenzione ai diversi componenti che interferiscono (chelanti rame, agenti riducenti, lipidi, catecolamine…) 19 Metodo Bradford ✓ Metodo spettrofotometrico indiretto→ si basa sulla lettura spettrofotometrica a 595 nm ✓ Relazione assorbimento/concentrazione→determinata mediante curva di calibrazione con standard a concentrazione nota ✓ Intervallo di utilizzo→ 1.25 – 10/ 125-1500 µg/mL (due tipi di saggi diversi) ✓ Principale campo d’applicazione→Determinazione della [P] di soluzioni proteiche ✓ Svantaggi→ sensibili ai detergenti (causano precipitazione del blue coomaissie e al pH (ottimale acido)); non funziona con proteine a basso peso molecolare ( 8 il gruppo sulfidrico del DTT diventa ionizzato e migra per ciò verso l’anodo. Questo fatto porta ad una perdita di DTT nelle regioni a pH>8 con conseguente perdita delle caratteristiche riducenti dell’ambiente→ le proteine si ossidano in modo casuale. In generale il DTT non è un buon reagente riducente per lavorare in IEF( il DTT deve essere nella forma ionizzata e questo ne limita l’utilizzo, solo una piccola frazione è ionizzata a pH7 o più basso ( una strategia è aumentarne la concentrazione). Altre 2 strategie per evitare la formazione di ponti disolfuro sono ridurre ed alchilare la proteina prima della IEF (con iodoacetamide – IAA) e ossidare i gruppi tiolici delle proteine a disulfidi misti (convertire tutti i gruppi tiolici in una forma ossidata ma stabile). d) Anfoliti carrier→ sono molecole che erano utilizzate per creare gradienti di pH. Sono piccole molecole organiche polimeriche altamente solubili, anfoteriche (presenza in contemporanea di gruppi basici e acidi che determinano il pI) e con un alto potere tamponante al loro pI. Sono sfruttate nel buffer di lisi e durante la corsa per aumentare la solubilità delle proteine e prevenire interazioni proteine-gel. A seconda dell’intervallo di pH scelto per l’analisi di isoelettrofocusing vengono selezionate miscele di anfoliti su misura. e) Inibitori di Proteasi→anche se le condizioni utilizzate per la preparazione del campione sono denaturanti, alcuni enzimi proteolitici riescono a rimanere attivi. Ne consegue una degradazione proteica durante le fasi che precedono la corsa elettroforetica. A tale scopo è utile includere nel tampone d’estrazione/preparazione del campione degli inibitori di proteasi. Solitamente questi inibitori vengono venduti sotto forma di cocktails pronti all’uso. Può essere utilizzato anche Tris Base fino a 40 mM che rende alcalino l’ambiente e neutralizza una serie di proteasi attive in ambiente acido. GENERAZIONE DEL GRADIENTE DI pH a) Generati da anfoliti→ composti contenenti un numero variabile di gruppi amminici e carbossilici. Ciascuna molecola ha un suo pI e dove sottoposte all’azione di un campo elettrico migrano a seconda della propria carica netta. Hanno la caratteristica di avere un’alta capacità tamponante al loro pI. Svantaggi→ il gradiente non è stabile nel tempo e la forma del gradiente è influenzabile dalle molecole che vengono analizzate. b) Immobilizzati→Questi derivati dell’acrilammide sono noti come Immobilines. I gruppi R possono essere gruppi carbossilici o amminici. Questi derivati sono fatti co-polimerizzate assieme alla soluzione di bis-acr e acr. Essi sono quindi immobilizzzati nel reticolo del gel. Il gradiente si forma perché il loro inserimento è fatto in modo da avere più gruppi basici ad un’estremità e più gruppi acidi all’altra estremità, in modo variabile a creare un vero e proprio gradiente. 31 REIDRATAZIONE DEL GEL a) Rehydration loading→ Il campione si trova in buffer di lisi e viene diluito nel rehydration buffer ( tutti i campioni devono essere normalizzati→stessa quantità di campione e stesse proporzioni di lysis buffer/rhydration buffer nel caso questi due fossero diversi). Il campione così preparato viene lasciato 1h a equilibrare. Il campione viene applicato nello strip holder (per minimizzare i volumi). Il gel viene applicato a testa in giù in modo che si stabilisca un contatto con gli elettrodi. Il gel viene lasciato in queste condizioni per 12h con applicata una ddp di 50 V. Dal momento che il gel era secco, esso si rigonfia alle sue dimensioni originarie e nello stesso tempo le proteine, presenti in soluzione, vengono aspirate assieme al liquido. Il voltaggio favorisce l’antrata delle proteine ed il gel ha delle maglie ( C e T) tali da consentire una loro agevole entrata. La corsa può avvenire sia a testa in giù nello stesso strip holder che a testa in su in uno strip holder apposito. Il gel viene coperto con un apposito olio (cover fluid) per far in modo che durante la corsa il campione non evapori. b) Cup loading→ Il gel viene reidratato seguendo una procedura analoga a quella utilizzata per il caricamente a reidratazione con la sola differenza che non c’è campione proteico durante tale fase. Al termine della reidratazione, il gel viene collocato capovolto (verso l’alto) in un’appostita vaschetta. Sul gel, in una determinata posizione viene collocata un apposito applicatore dentro il quale è caricato il campione. La corsa di isoelettrofocalizzazione in questo caso viene effettuata sempre a testa in su. CORRETTA FOCALIZZAZIONE (VISUALIZZAZIONE DOPO ANALISI 2D) Risulta evidente come la combinazione di due strategie separative ortogonali porta ad ottenere una separazione di proteince che altrimenti non sarebbere risolte usando una sola delle due metodiche. LIMITI IEF: Proteine ad alto peso molecolare non entrano efficientemente nella strip di IEF (quella parte del gel è praticamente vuota). La scelta dell’intervallo del gradiente limita le proteine che si visualizzeranno. 3. SDS PAGE – analisi singola o in combinazione con IEF (2D-PAGE) Separazione elettroforetica che discrimina le varie proteine in base al loro PESO MOLECOLARE; sempre meglio parlare di peso molecolare APPARENTE in SDS-PAGE. L’SDS si lega alle proteine mediante la sua porzione idrofobica e rompe sia le strutture secondarie che terziarie (no i legami disolfuro). Ogni molecola di SDS possiede una carica negativa e su ogni mg di proteina si legano circa 1,4 mg di SDS (una SDS ogni 2 aa). L’elevata carica negativa conferita alla catena polipeptidica la rende praticamente lineare. L’elevata carica negativa conferita dall’SDS rende trascurabile la carica propria della proteina. Dato che l’SDS si lega con la stessa stechiometria a tutte le proteine il rapporo m/z è uguale per tutte le proteine→ esclusivamente l’ingombro sterico influenza la migrazione in una matrice a porosità controllata con applicata una ddp.Perchè allora peso molecolare apparante in SDS PAGE?Perchè non sempre tutto quello che viene assunto in teoria si verifica nella 32 realtà→proteine con composizione aa particolare possono avere una stechiometria di legame al SDS diversa; la loro carica può non essere trascurabile. RELAZIONE LINEARE TRA M E MOBILITA’ ELETTROFORETICA IN UNA SDS-PAGE Al posto di ù si usa Rf (mobilità elettroforetica relativa), espressa come rapporto tra la distanza percorsa dalla molecola della quale si vuole calcolare Rf e la distanza percorsa dalla molecola più veloce che si è analizzata nel gel (di solito è il BBF o una molecola proteica a basso peso molecolare, la più veloce della corsa elettroforetica, che può essere il tracciante oppure il riferimento di peso molecolare più piccolo). Separando molecole proteiche a peso molecolare noto si può costruire una curva di calibrazione. Questa consente, per una proteina incognita corsa sul medesimo gel, di ricavare la sua Rf e quindi di risalire al suo PM Opzioni per ottimizzare la separazione in SDS-PAGE ( sia in 2D che 1D) Come nella IEF anche per la SDS-PAGE è possibile ottimizzare il processo separativo in funzione di quello che di vuole visualizzare: a) Gel omogeneo (C e T fissi) vs Gel in gradiente ( T variabile)→ I gel in gradiente offrono una risoluzione maggiore su di un intervallo di M maggiore. Per questi gel non vale la linearità per quel che concenrne LogM e Rf. Questo tipo di gel però sono più difficili da generare ed in genere difficili da riprodurre. Solitamente vengono acquistati e non preparati in casa come per i gel a C e T fissi. b) Ottimizzare T (eC)→ In funzione dei pesi molecolari che si vogliono maggiormente risolti possono essere scelti degli opportuni valori di T (e C) che meglio si prestano a risolvere le proteine in quello specifico intervallo. c) Scegliere i tamponi di corsa→ la scelta iniziale cade sul classico Laemmli buffer ( Tris-Glicina); Tris- Tricina migliora la separazione delle proteine a basso peso molecolare; Tris-Borato-EDTA migliora le separazioni delle glicoproteine. La cosa migliore da fare è eseguire delle prove variando di volta in volta un solo parametro ed osservare i miglioramenti o peggioramenti ottenuti Considerazioni ulteriori: Parametri fisici che posso modificare in una gel elettroforesi: 33 1. Lunghezza del gel→ influenza in modo specifico la risoluzione della separazione; aumento lunghezza= aumento R 2. Spessore del gel→ influenza la capacità di caricamento. Aumento dello spessore= diminuzione della resistenza. Diminuisce anche la capacità di dissipare il calore 3. Lunghezza dei pozzetti→ influenza la capacità di caricamento; la lunghezza dei pozzetti toglie spazio al running gel e quindi alla risoluzione del sistema. E’ bene tenere a mente che queste considerazioni passando da un formato all’altro poiché, cambiando i parametri indicati viene a modificarsi la R del circuito elettrico con relative alterazioni sia nella potenza sviluppata che nella velocitò di migrazione delle proteine. Nozioni base: a) Legge di Ohm: V=RI b) Calore generato è legato a W (potenza) c) W=VI oppure I^2R Analisi elettroforetiche bidimensionali (IEF/SDS-PAGE) Condizionamento delle strip di IEF per l’analisi SDS-PAGE Dopo il condizionamento, la strip viene fisicamente messa in testa, ovvero adagiata a stretto contatto ad un gel di tipo SDS- PAGE. Quando in questa condizione, viene applicata una ddp, le proteine precedentemente separate sulla base del loro pI escono dal gel di IEF, si accumulano all’interfaccia IEF/SDS-PAGE e successivamente vengono ad essere separate secondo il loro peso molecolare. In pratica le molecole vengono ad essere sottoposte a due separazioni che sfruttano principi ortogonali. 34 Trasferimento delle proteine dalla prima alla seconda dimensione Dopo la IEF le strip vanno: ✓ Lavate 2 volte in acqua mQ per togliere l’eccesso di Dry strip cover fluid ✓ Vanno congelate a -80°C ✓ Condizionate per l’analisi in SDS-PAGE→incubate in 2%SDS, 50mM TRIS/HCl pH 8.8, 6M Urea, 30% Glicerolo e 0,01% BBF in presenza di 1% DTT(15 min) e 2,5% Iodoacetamide IAA (15 min). SDS→conferire carica negativa alle proteine (30’ per equilibrare completamente le strip i IEF con l’SDS). Durante queste operazioni, le strip non vanno incontro ad una rilevante perdita di proteine dal momento che recano comunque cariche positive e negative che funzionano al pari di una colonna cromatografica a scambio ionico. L’SDS richiede un così lungo tempo per legarsi alle proteine perché i gruppi carbossilici delle strips tendono a contrastare il suo legame alle proteine (repulsione elettrostatica). Tris/HCl pH 8.8→ anche se viene utilizzato un gel di accumulo il cui pH è pari a 6.8, si preferisce utilizzare pH 8.8 poiché l’alchilazione da parte della IAA è ottimale a questo pH. Urea e Glicerolo→ Aumentando la densità della soluzione acquosa della strip diminuiscono l’effetto dell’elettroendosmosi che porterebbe ad una sostanziale diminuzione dell’efficavia del trasferimento delle proteine dalla prima alla seconda dimensione. L’urea contibuisce anche al mantenimento in soluzione delle proteine idrofobiche. BBF→ utilizzato come tracciante per la corsa in seconda dimensione DTT→ mantenere in stato ridotto i gruppi SH delle proteine IAA→ boccare in modo covalente i gruppi SH delle proteine prevenendo la formazione di ponti disolfuro durante la seconda dimensione ed impedendo anche che quest’ultimi reagiscano con l’acrilamide. Una proteina modificata in modo incontrollato risulta maggiormente soggetta a problemi di identificazione 35 Orientamento canonico della seconda dimensione Esiste una convenzione su come correre i gel SDS-PGE nel contesto di una analisi bidimensionale per far in modo che sia identificabile l’orientamento del gradiente di pH. La convenzione vuole che i riferimenti di PM vengano collocati dalla parte del pH più basso Condizioni di corsa per SDS PAGE 1D e 2D La corsa SDS PAGE viene solitamente divisa in due fasi: a) Accumulo ( del campione caricato nei pozzetti o trasferimento delle proteine dalla strip di prima dimenzione al gel di seconda dimensione e accumulo all’interfaccia) b) Separazione delle proteine Per quanto riguarda le modalità si può sostanzialmente adottare una corsa a: 1. Voltaggio costante →metodo più comodo, ma anche il più lungo. Con il passare del tempo la corrente e la potenza diminuiscono, a causa del fatto che progressivamente la resistenza del sistema aumenta, quindi a parità di voltaggio si ha una diminuzione della corrente e quindi anche della potenza. 2. Corrente costante →metodo più veloce ma che porta a possibile innalzamento della temperatura dal momento che con il passare del tempo la resistenza del sistema diminuisce e per avere la medesima corrente viene alzato il V= potenza aumenta e aumenta anche il calore 3. Potenza costante→ in questo modo si controlla il calore prodotto dal sistema elettroforetico. Non tutti gli apparati consentono di lavorare a potenza costante. In ogni caso è importante evitare il surriscaldamento dei gel ( ove possibile si cerca di raffreddarli a 10- 15 ° oppure dissipare il calore mediante ventilazione). Gel di poliacrilammide discontinui (stacking e running )→ PROBLEMATICA dispersione della banda Dato che il campione viene caricato in forma liquida all’interno degli appositi pozzetti, questo fa sì che esso sia disperso in un determinato spazio, se la corsa comincia subito, senza che vi sia stato un processo di accumulo il campione risulta disperso, ovvero le proteine entrerebbero nel gel in tempi diversi in funzione 36 della loro vicinanza al gel e in questo modo inizierebbero a migrare in tempi diversi con il risultato di non avere delle bande strette e quindi con grossi problemi in termini di risoluzione analitica. Soluzione→ Gel diviso in due porzioni: Accumulo (stacking gel) e Corsa (running gel). Il campione dopo esser stato caricato, nella fase iniziale della corsa si accumula all’interfaccia delle due porzioni e successivamente la separazione parte con il campione che è concentrato in una zona ristretta. Le proteine migrano nello stacking gel ma le condizioni sono tali per cui non riescono a penetrare nel running gel. In questo modo le proteine si accumulano all’interfaccia stacking/running occupando un altezza molto minore rispetto a quella occupata dal liquido nel pozzetto di caricamento→ partono in pratica tutte dallo stesso punto→ sono allineate/accumulate. Alla base di questo fenomeno c’è la diversa porosità del gel e la diversa composizione dei buffer. SISTEMI ELETTROFORETICI DISCONTINUI:ALCUNE CONSIDERAZIONI Caduta di tensione in un circuito elettrico→ dipende dalle resistenze dei vari componenti Esempio→ Circuito elettrico con 4 resistenze (R1-4) La tensione totale di 4,5 volt si suddivide fra le varie resistenze, assumendo un valore più alto proprio ai capi di quelle resistenze che, essendo di maggior valore, richiedono più sforzo. La tensione presente ai capi di ogni resistenza rappresenta la caduta di tensione relativa a quella resistenza. Ai capi della resistenza più alta ci sarà quindi anche la caduta di potenziale più elevata. In questo modo anche il campo elettrico sarà più forte e le molecole che ivi si troveranno saranno sottoposte ad una forza maggiore. La corrente nel circuito è la stessa in ogni punto. La differenza di potenziale di 4,5 V generata dalla pila darà nel circuito una corrente fissa (4,5V / [R1 + R2 + R3 + R4]). A seconda dell’entità della corrente, per ogni R ci sarà una determinata caduta di potenziale. 37 Laemmli discontinuos buffer 1. Applicazione del voltaggio→Gli ioni Cl- => mobilità elettroforetiva molto elevata e nello stacking gel questi vengono rimpiazzati dalla Gly che però passando da pH 8.3 a pH 6.8 perde carica => Gly non conduce e aumenta la resistenza dello stacking gel => campo elettrico aumenta => anche le proteine sono soggette ad un forte campo elettrico e la loro migrazione è veloce 2. Le proteine raggiungono il confine Stacking/Running→A questo livello le molecole di Gly riassumono un aparziale carica negativa (pH 8.9) e la sostituzione di ioni Cl- con molecole di Gly- non comporta un aumento del campo elettrico come nello stacking gel. Il campo elettrico rimane quindi basso (determinato dal voltaggio applicato) e le proteine non migrano più velocemente ma si accumulano all’interaccia Stack/Running. Le proteine a basso peso molecolare in condizioni di Laemmli migrano con SDS nella parte anteriore dei gel =>non sono separati tra loro. Ciò è dovuto al fatto che tutte le proteine nel gel di impilamento sono 38 impilate tra glicina e ioni cloruro. La tricina è più veloce della glicina e non è in grado di intrappolare tutte le proteine. Dietro Tricina rimangono altre proteine e quindi non si sovrappongono agli SDS che si accumulano davanti agli ioni cloruro. Questo aiuta a creare proteine a basso peso molecolare più risolte. Al contrario, le proteine ad alto peso molecolare non lo sono opportunamente separati con sistemi discontinui Tris/Tricine. La posizione delle proteine rispetto alla migrazione delle SDS è l'elemento chiave per una migliore risoluzione dei bassi intervallo di peso molecolare. COLORAZIONE DEI GEL Metodi per la rilevazione di bande/spot proteici in analisi su PAGE Requisiti ideali per un metodi di rilevazione di spot proteici da 2D→ ALTA SENSIBILITA’. PERMETTERE ANALISI QUANTITATIVE, COMPATIBILE CON MS, RAPIDO, ECONOMICO, NON TOSSICO = In pratica il metodo ideale non esiste!! PRINCIPALI METODI DI COLORAZIONE /RILEVAZIONE DI PROTEINE IN ANALISI SU PAGE Pre vs. post-staining Nell’immagine è riportato il momento nel quale le proteine vengono colorate. In ogni caso risulta di fondamentale importanza la normalizzazione proteica al fine di ottenere dei dati quantitativi. La DIGE è l’unica colorazione nella quale le proteine vengono marcate prima della PAGE Comparison of different staining procedures Nell’immagine sono riportate 4 diverse metodiche di colorazione delle proteine. Da notare la diversa sensibilitàofferta. Osservando si possono notare delle proteine che vengono diversamente evidenziate dalle 4 metodiche; il rapporto tra il loro segnale e quello delle altre proteine non è sempre uguale. 1. BLUE COOMASSIE→Colorazione classica con Coomassie Brillant Blue (CBB) R-250. Il Blue Coomassie lega preferenzialmente residui aromatici e basici (Tyr, Phe, Trp, His, Arg).In generale si assume che questo metodo colori in modo quantitativo tutte le diverse proteine. E’ un metodo molto spesso usato per normalizzare campioni proteici. 39 a) Colorazione classica con BC (sensibilità circa 100ng)→ Lavare il gel 5 min in acqua mQ. Fissare e colorare il gel con una soluzione di acqua/metanolo/acido acetico allo 0,05% di Blue Coomassie (R-250). La colorazione può essere protratta dall’ora fino ad o/n. Decolorare il gel con una soluzione acqua/etanolo (1/3) fino ad ottenere un fondo quasi trasparente. Decolorazione possibile anche con un semplice 10% acido Acetico in acqua. L’acido acetico e il metanolo favoriscono la denaturazione delle proteine consentendo un più efficiente legame del colorante BC alle proteine. b) Colorazione Commassie Brilliant Blue (CBB) Colloidale G-250 (sensibilità 10-30 ng)→Lo stato colloidale è intermedio fra quello delle soluzioni vere e proprie e quello delle sospensioni sedimentabili. Le soluzioni vere e proprie sono costituite da ioni o molecole singole o piccoli aggregati molecolari disciolte in un solvente. Le particelle disciolte sono estremamente piccole, con diametri particellari inferiori a 0,1 microm. Le dispersioni colloidali (impropriamente dette soluzioni colloidali) sono costituite da aggregati molecolari disciolti in un solvente (fase disperdente). Le particelle disciolte (fase dispersa) hanno diametri particellari compresi fra 10 e 0,1 micrometri. Coomassie G-250→Poco solubile nella soluzione di colorazione descritta precedentemente→ si forma una soluzione colloidale. La piccola quantità di CBB in soluzione viene legata preferenzialmente dalle proteine e non dalla matrice del gel. Mano a mano che il CBB si lega alle proteine una piccola porzione passa dallo stato colloidale a quello in soluzione e viene quindi legato dalle proteine. Quando le proteine non legano più CBB, questo non passa più dallo stato colloidale a quello in soluzione. In pratica, alla fine della colorazione le proteine sono colorate mentre la matrice di acrilamide non lega il CBB-G250 e in tal modo si ha un fondo trasparente. !! Il BC diventa un fluoroforo quando legato alle proteine. Notare la linearità di risposta di una rilevazione fatta sfruttando la fluorescenza. In un intervallo che va da 10 ng a 20 microgrammi. In questocaso la sensibilità di una colorazione con BC aumenta notevolmente fino a raggiungere la sogla dei ng!! 2. ARGENTICA→Può essere convenzionale o MS-compatibile; la colorazione convenzionale prevede l’utilizzo di glutaraldeide che è un agente crosslincante. Il fatto che le proteine siano unite favorisce il deposito di Ag ma ciò non consente che su queste proteine possano essere condotte delle analisi di MS per l’identificazione. Punti chiave in una colorazione argentica: a) Il processo di riduzione dell’Ag+ ad Ag è autocatalitico. La presenza di Ag favorisce la riduzione di Ag+ a Ag b) L’Ag+ si lega alle proteine in modo preferenziale rispetto alla matrice del gel c) Si usa un agente riducente per favorire la riduzione dell’Ag+ d) Tramite opportuni lavaggi viene eliminato l’Ag+ non legato alle proteine e) Il tiosolfato di sodio lega l’Ag+ in eccesso e quindi previene la sua riduzione se libero insoluzione. Questo permette alla reazione di sviluppo di poter esser protratta nel tempo senza che il background si alzi troppo. !! L’intensità di colorazione delle bande/spot con la colorazione argentica (ovvero il deposito d’argento) è tempo dipendente. Da qui risulta evidente come sia difficile riprodurre i risultati in modo consistente e come sia difficile confrontare gel colorati separatamente 3. CBB+ARGENTICA→ L’argentica è PIU’ SENSIBILE rispetto a CBB ma presenta COLORAZIONE DIFFERENZIALE rispetto a CBB. LE PROTEINE NON SI COLORANO TUTTE ALLO STESSO MODO. Questo è dovuto alle loro diverse proprietà chimico-fisiche che si riflettono in caratteristiche di legame diverse nei confronti del CBB o Ag. Colorazione argentica di solito da sensibilità nell’ordine di 0.5-0.10 ng di proteine (100 volte più sensibili di CBB). Effettuare le due colorazioni in serie (CBB 40 e poi ARGENTICA) di solito risulta in un amigliore sensibilità e un aoclorazione in modo uniforme di tutte le proteine. 4. 2D-DIGE (2-D fluorescence difference gel electrophoresis)→ a) La colorazione (labellng) avviene prima della corsa elettroforetica→ Derivatizzazione delle proteine con molecole fluorescenti con diversa lunghezza d’onda di eccitazione e di emissione b) Campioni proteici marcati in modo differenziale possono essere separati sul medesimo gel bidimensionale (minimizzare variazioni gel-gel)→ Separazione proteine tramite 2D gels c) Impostando le opportune lunghezze d’onda d’eccitazione e di emissione è possibile visualizzare le proteine derivanti dal campione 1, quelle dal campione 2 oppure ottenere un’immagine relativa alla sovrapposizione dei due campioni→ Visualizzazione mediante speciali scanner Gruppo reattivo: N-idrossisuccinimmide. La reazione di derivatizzazione porterebbe alla perdita di una carica positiva, ma le molecole di colorante sono strutturate in modo tale da recare una carica +1. In questo modo il punto isoelettrico della proteine non varia. La derivatizzazione di una proteina con una molecola organica comporta una variazione di peso molecolare. Tutti e tre i coloranti sono di peso equivalente e la reazione di derivatizzazione è condotta in modo che solo una piccola porzione del totale dei residui di lisina presenti nel campione venga derivatizzato→ solo una piccola frazione delle proteine è derivatizzata, la rimanente parte non lo è. Dato che l’aggiunta di un fluoroforo modifica la massa di circa 500 Da, tale variazione non è influente al fine dello spostamento della proteine marcata rispetto a quella non marcata. (VEDI IMMAGINI NELLE SLIDE, PWP 8) In un singolo gel possono essere corsi fino a 3 campioni: Cy2, Cy3 e Cy5 , ipoteticamente il campione A, B e C. Ma come si fa a comparare più campioni fra loro, fare delle repliche biologiche e tenere contemporaneamente conto della variabilità tecnica?Ipotizziamo di dover comparare 6 campioni tra loro: A, B, C, D, E, F. Si crea lo standard interno: miscela ottenuta con quantità equivalenti di A, B, C, D, E e F. Questo standard interno viene marcato di solito con Cy2 e viene sempre corso assieme ad altri due campioni marcati rispettivamente con Cy3 e Cy5. Essssendo lo standard interno uguale e corso in tutti i gel, esso ci darà ragione della variabilità tecnica e rappresenterà il modo di normalizzare il campione. Interpretazione dei risultati→Analizziamo i dati focalizzandoci sulla proteina cerchiata. Il risultato dei gel sembra indicarci che nel Disease sample 1 e 2 la proteina sia up regolata rispetto ai controlli e che nei disease sample 3 e 4 essa invece non vvenga espressa. 41 Interpretazione dei risultati→Come si può evincere dai rapporti sotto indicati, il risultato indica che la proteina cerchiata nel DS2 è down-regolata e che nei campioni DS3 e DS4 essa non è valutabile. WESTERN BLOT Trasferimento su membrana: Western blot (proteine) [Northern (RNA)- southern (DNA)] Il trasferimento delle protein su di una membrana viene fatto avvenire mediante applicazione di una differenza di potenziale. Le proteine migrano in una direzione che dipende dalla loro carica. Nel caso del trasferimento di proteine separate mediante SDS PAGE la loro migrazione è anodica dal momento che recano una carica netta negativa data dall’SDS. Perché è utile avere delle proteine immobilizzate su di una membrana? Proteine immobilizzate sulla SUPERFICIE di un supporto solido→ DISPONIBILI per una serie di operazioni →riconoscimento anticorpale e interazioni proteina/proteina 42 PASSAGGI FONDAMENTALI si un Western Blot – trassferimento 1. Che tipo di elettroforesi è stata utilizzata? SDS-PAGE,AU-PAGE… Che carica hanno le proteine nel gel? L’SDS conferisce carica negativa, sotto azione di un campo elettrico le proteine hanno migrazione anodica; solitamente si sceglie di non alterare la carica delle proteine e di effettuare un trasferimento di tipo anodico. Corse elettroforetiche condotte in ambiente acido, le proteina hanno una corsa catodica; si può sia scegliere di effettuare un trasferimento catodico e/o anodico (lasciando le proteine nel loro stato di carica all’interno del gel) sia di condizionare le proteine in modo da fare un trasferimento anodico (ad esempio condizionando il gel in una soluzione contenente SDS). Oppure si può effettuare un trasferimento con un buffer a pH molto elevato in modo da rendere negative anche proteine con un elevato pI. (NB la carica delle proteine dipende dal pH del mezzo in cui sono disciolte) 2. Scelta della metodica di trasferimento. IMMERSIONE (WET) (rese maggiori per proteine ad elevato peso molecolare; maggior controllo temperatura), SEMI-DRY (rapido ca 30-60 min, contenuto consumo di solventi), CONDIZIONAMENTO, NO CONDIZIONAMENTO… 3. Scelta del supporto per le proteine (membrana). PVDF, NITROCELLULOSA. Nitrocellulosa→Nonostante la notevole quantità di ricerche condotte da quando la nitrocellulosa fu utilizzata per la prima volta come a membrana che lega le proteine, l'esatto meccanismo di tale legame rimane sconosciuto.6 È noto che un certo numero di sono in lavoro, in particolare le interazioni idrofobiche, i legami idrogeno e le interazioni elettrostache, ma una chiara comprensione dell’esatto effetto e del significato di ciascuna forza è rimasta sfuggente. PVDF→La membrana PVDF è stata originariamente introdotta per l'uso delle proteine come mezzo ideale per l'ambiente chimico ostile del sequenziamento N-terminale, o degradazione di Edman. Anche se il PVDF è molto idrofobo e richiede una passaggio nell'alcol, la sua elevata capacità di legame proteico, la ritenzione del target e la resistenza al cracking lo hanno reso un membrana attraente per le tecniche generali di laboratorio. Alcune considerazioni sulla scelta dei pori→ E’ difficile dare dei numeri circa le dimensioni delle proteine al momento che le dimensioni finali dipendono dalla strutturazione delle proteine (quando sono nella loro conformazione nativa) e dalla struttura che esse assumono quando sono denaturate e complessate con i vari detergenti. Il fatto che ad esempio ci si riferisce ad una conformazione bastoncellare quando le proteine sono legate dall’SDS è una semplificazione. 43 Il valore del rapporto si può assumere descrivere la probabilità che la proteina vada a collidere con la membrana. Più alto è il diametro del poro e più basso è il valore del raggio della proteina minore sarà la probabilità che la proteina vada a contattare la membrana e quindi a legarsi sopra. 4. Scelta del metodo per la rilevazione dell’avvenuto trasferimento. COLORAZIONE ROSSO PONCEAU, ALTRO… Perché è importante visualizzare le proteine dopo trasferimento su membrana? Qualità del trasferimento, verifica della normalizzazione del campione, permette di tagliare la membrana per effettuare riconoscimenti multipli, orientamento del gel. Ponceau S Staining→Ponceau S (sale sodico) può essere utilizzato per preparare una colorazione per il rilevamento rapido e reversibile delle bande proteiche su nitrocellulosa o Membrane in PVDF (Western blotting), nonché su membrane di acetato di cellulosa. Le formulazioni comuni di coloranti includono lo 0,1% (p/v) Ponceau S in acido acetico al 5% o Ponceau S al 2% (p/v) in 30% TCA e 30% acido solfosalicilico. La destinazione è fatta in soluzione bloccante. Revert 700 Total Protein Stain (LI-COR)→ è un colorante fluorescente a membrana nel vicino infrarosso utilizzato per il rilevamento delle proteine totali e normalizzazione. La colorazione di ripristino viene acquisita a 700 nm e i segnali fluorescenti sono proporzionali al caricamento del campione. (da LI manuali COR) Stain-Free Imaging Technology (Biorad)→ La tecnologia antimacchia utilizza un composto trialogeno brevettato per migliorare la fluorescenza degli aminoacidi del triptofano quando esposto alla luce UV. Una porzione 58 Da è legata covalentemente al triptofano (fotoattivazione UV), consentendo il rilevamento di proteine fino a 20–50 ng. L'aggiunta della porzione non interferisce con le fasi a valle e consente il rilevamento del proteine nel gel, nonché dopo il trasferimento durante il Western blotting. (Manuali Da BIO-RAD) Quale scegliere? Scelgo in base alla compatibilità con le analisi che devono seguire→ se devo solo visualizzare proteine la scelta dipende dalla sensibilità; se devo effettuare un riconoscimento anticorpare, il legame del colorante/sistema di rilevazione delle proteine non deve alterare il riconoscimento anticorpo/antigen (solitamente si utilizzano delle colorazioni reversibili come quella con Rosso Ponceau). 5. Rilevazione anticorpale E’ necessario evitare che gli anticorpi si leghino in modo aspecifico alla membrana (sono proteine che possono legarsi alle membrane al pari delle proteine sottoposte al trasferimento WB). Passaggi in un riconoscimento anticorpale: a) Bloccaggio della membrana con una soluzione proteica (solitamente BSA 5%) b) Riconoscimento anticorpo primario ( se l’anticorpo primario non è marcato in modo da permettere il suo rilevamento diretto è necessario procedere all’utilizzo di un anticorpo secondario) c) Riconoscimento con un anticorpo secondario (solitamente coniugato con un enzima che catalizza una reazione che ne permette la rilevazione) L’anticorpo secondario è un anticorpo in grado di riconoscere le porzioni costanti degli anticorpi e deve essere scelto in modo che riesca a riconoscere l’anticorpo primario. Ad esempio, se l’anticorpo primario è stato sviluppato in coniglio, l’anticorpo secondario deve essere in grado di legare le porzioni costanti degli anticorpi di coniglio e quindi deve essere stato sviluppato in un altro organismo. Metodi di rilevazione: 1. Metodi colorimetrici→Si sfrutta una reazione enzimatica dove l’enzima coniugato all’anticorpo catalizza la formazione di un colorante insolubile che quindi precipita a livello 44 della banda proteica legata dall’Ab. La rilevazione avviene sulla membrana dove sono state trasferite le proteine. 2. Metodi chemioluminescenza→Si sfrutta una reazione enzimatica dove l’enzima coniugato all’anticorpo catalizza una reazione che porta all’emissione di fotoni. La rilevazione prevede l’utilizzo di una lastra autoradiografica. I due metodi offrono sensibilità diverse. In pratica i sitemi basati sulla chemiluminescenza sono più sensibili rispetto ai metodi colorimetrici. Per fornire qualche indicazione di massima, i metodi colorimetrici in genere possono fornire delle sensibilità che si aggirano tra i 500-100-10 pg, mentre i metodi di chemioluminescenza si spingono fino a circa 1 pg. La sensibilità del metodo è comunque un fattore complicato e multifattoriale che dipende, oltre che dal sistema di rilevazione, anche da altri fattori, come ad esempio la bontà del trasferimento, gli ab primari e secondari utilizzati, ecc… Utilizzo riconoscimento anticorpale in esperimenti interazione proteina/proteina→quando si parla di riconoscimento anticorpale o riconoscimento p/p si deve considerare il fatto che l’interazione possa avvenire. Nel caso di interazioni p/p le proteine interagenti devo preservare la loro struttura nativa. Nel caso di riconoscimenti anticorpali, l’epitopo riconosciuto deve essere nella sua forma nativa. Molto spesso gli epitopi riconosciuti dagli Abs vengono riconosciuti anche nel contesto di una proteina denaturata come nel caso di un riconoscimento effettuato dopo SDS-PAGE, in altri casi, l’epitopo è un cosiddetto epitopo conformazione (ovvero l’ab riconosce un epitopo che è formato da parti distanti lungo la sequenza primaria che sono a contatto e formano l’epitopo solo nella conformazione strutturata della proteina) che viene perso durante il processo di denaturazione che avviene perl la presenza del SDS. 45 CHIP ELETTROFORESI Elettroforesi condotta su Chip, dove sia le linee di trasferimento del campione (fluidica) che i gel per la separazione del campione sono costituiti/collocati in microcanali incisi su di un supporto di vetro. ✓ Principio separativo: simile ad una SDS PAGE (detergente che conferisce m/z uguale a tutte le proteine e separazione che avviene per effetto setaccio in una matrice costituita da un gle di poliacrilamide) ✓ Rilevamento→Spettrofluorimetrico in linea: Molecole legate (o derivatizzate con) da dei fluorofori. Il rilevamento della fluorescenza avviene in linea durante il processo separativo. ELETTROFORESI CAPILLARE (CE) 5 metodiche: 1. Capillary zone electrophoresis 2. Micellar electrokinetic capillary chromatography 3. Capillary gel electrophoresis 4. Isotachophoresis 5. Isoelectric focusing PRIMA CARATTERISTICA: Dissipamento del calore molto efficiente grazie all’elevato rapporto superficie/volume→ moti convettivi ridotti al minimo SECONDA CARATTERISTICA: Flusso elettroendosmotico 46 Capillare di silice:a pH basici, gruppi silanolici dissociati→ carica negativa fissa immobilizzata sulla superficie del capillare. Controioni con sfera d’idratazione si muovono verso l’elettrodo di segno opposto al loro→ sviluppo di un flusso. La caratteristica di un flusso elettroendosmotico è quella di avere un profilo sostanzialemtne piatto rispetto a quello di un flusso idrodinamico, in cui le molecole vicino alle pareti si muovono più lentamente rispetto a quelle centrali per effetto dell’attrito→ Dispersione molto minore, ovvero poco impatto sulla risoluzione. 1.CAPILLARY ZONE ELECTROPHORESIS Rilevamento→ In linea mediante detector ad assorbanza o a fluorescenza. Sistema simile a quello considerato per le Chip-elettroforesi o per la cromatografia. Tre condizioni di pH in cui può esser condotta una elettroforesi: a) pH basico→ Flusso elettroendosmotico elevato. Trasportate verso il catodo sia le molecole cariche positivamente che quelle negativamente e neutre b) pH acido→Riduzione/annullamento del flusso elettroendosmotico. Solo molecole con carica positiva verso il catodo. Se le molecole d’interesse sono negative allora necessario invertire la polarità per far passare le molecole davanti al detector c) Coating→eliminazione della carica. Molecole che si muovono solo esclusivamente grazie alla loro carica. 2.CAPILLARY GEL ELECTROPHORESIS 1)Controllo del EEF 2)riempimento con una matrice polimerica (gel) Stessi principi separativi di normali aalisi elettroforetiche con il vantaggio del fatto che la rilevazione avviene in linea e che le tempistiche sono solitamente mmolto più ridotte. Spesso vengono condotte in modalità SDS- PAGE. CARICAMENTO DEL CAMPIONE IN CE Mesiante variazione di pressione→ Il campione viene introdotto nel capillare attraverso una variazione di pressione per un prestabilito periodo di tempo. Si applica una depressione all’estremità opposta rispetto a dove si trova l’estremità immersa nel campione e il campione in questo modo viene risucchiato all’interno del capillare. Non può essere applicata se il capillare è riempito con una matrice. Elettrocinetico→ Il campione viene introdotto nel capillare mediante l’applicazione di una differenza di potenziale per un prestabilito periodo di tempo. Attenzione al fatto che : a) Molecole con una mobilità elettroforetica maggiore verranno caricate in modo preferenziale rispetto a quelle con una mobilità elettroforetica minore b) La scelta del tampone in cui è disciolto il campione è fondamentale per avere un’efficiente caricamente (deve fornire un’elevata resistenza in modo da avere una forte caduta di potenziale rispetto al liquido contenuto nel capillare) 47 CROMATOGRAFIA La cromatografia come l’elettroforesi è una metodica analitica separativa. Essa consente di separare tra loro molecole sfruttando le loro diverse proprietà chimico/fisiche. Può essere sfruttata per scopi di prefrazionamento, per analisi di tipo qualitativo e quantitativo e per scopi preparativi. CROMATOGRAFIA ED ELETTROFORESI CROMATOGRAFIA 48 CROMATOGRAFIA LIQUIDA: a) In colonna→ dipende dal diametro delle particelle che supportano la fase stazionaria (resistenza al passaggio della fase mobile: più piccole sono le particelle che supportano la fase mobile maggiore è la resistenza che il sistema offre al passaggio di un flusso) b) In provetta→ Comprende prevalentemente processi cromatografici che sfruttano itnerazioni molto specifiche tra le molecole e la fase stazionaria- cromatografia d’affinità. Selettività estrema verso le molecole che possono legarsi alla fase stazionaria c) Planare→Su strato sottile o su caarta. Metodica moltodiffusa fino a 10 anni fa. Recentemente viene impiegata solo in particolari applicazioni. Tipi di cromatografia liquida→Si differenziano in base al principio secondo il quale avviene la separazione cromatografica ( fase stazionaria/fase mobile): ✓ Adsorbimento (dell’analita sulla fase stazionaria- solido (FS)/ liquido (FM)) ✓ Ripartizione (dell’analita nella fase stazionaria – liquido (FS) / liquido (FM)) ✓ Scambio ionico ✓ Affinità ✓ Esclusione ✓ Chirale Cromatogramma 49 Qualitativa (GRPRP…)→ Informazione circa l’identità dei componenti di una miscela (basato sul tempo di ritenzione e su informazioni derivanti dal particolare tipo di detector utilizzato) Quantitativa (10 micrgr…)→ Informazioni circa la quantità assoluta dei componenti (tramite opportune curve di calibrazione basate o sull’altezza dei picchi cromatografici o sulla loro area è possibile risalire alla quantità di materiale separato) Preparativa (Frazione 1 …)→ Possibilità di recuperare i componenti purificati (la cromatografia è una tecnica analitica in cui le molecole ad un certo punto escono dalla colonna cromatografica o possono essere selettivamente staccate dalla fase stazionaria e possono essere recuperate) Metodica separativa I costituenti di una miscela vengono separati attraverso il passaggio in una colonna cromatografica che contiene una fase stazionaria (definita così perché è fissa) sulla quale viene fatta scorrere una fase mobile. Cosa determina la ripartizione tra le due fasi? 1. Le interazioni che si stabiliscono fra le molecole e le due fasi→ INTERAZIONI DI TIPO NON COVALENTE ( legami idrogeno, Interazioni elettrostatiche, Forze di van der Waals, Interazioni idrofobiche) 2. L’accessibilità differenziale alla fase stazionari( dimensioni molecole) [ solo nella cromatografia d’esclusione o gel permeation] Perché e quando due molecole si separano? Perché le interazioni e/o l’accessibilità di una molecola M1 con le due fasi sono diverse rispetto a quelle di una molecola M2. 50 VEDI SLIDE PWP 11° VISIONE SEMPLIFICATA 51 QUALITA’ DI UNA SEPARAZIONE CROMATOGRAFICA OTTIMIZZAZIONE del processo cromatografico: 1. SELETTIVITA’→ Capacità di eluire due molecole diverse con tempi di ritenzione il più possibile diversi; è influenzata dalle caratteristiche delle molecole separate( ma questo è un parametro che non si può modificare) e dal meccanismo della separazione cromatografica ( tipo di fase mobile e fase stazionaria) ma non dalle caratteristiche costruttive e fisiche della colonna cromatografica. Sostanzialmente sono i diversi KD delle molecole in quel particolare processo cromatografico che determinano la selettività 2. EFFICIENZA→ Capacità di eluire molecole identiche con tempi molto simili (in modo da ottenere picchi con una bassa dispersione). E’ influenzata dalle caratteristiche delle molecole separate ( ma questo è un parametro che non si può modificare) e dalle caratteristiche costruttive e fisiche della colonna. Da questo parametro dipende anche la sensibilità→ Se le molecole eluiscono assieme questo comporta una loro concentrazione più elevata. Da un processo cromatografi

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