Prospettive Psicoanalitiche sulla Mente Umana PDF

Summary

Il documento presenta un'analisi delle prospettive psicoanalitiche sulla mente umana, con particolare attenzione all'opera di Sigmund Freud. Vengono descritti i concetti chiave della psicoanalisi, come le pulsioni, i meccanismi di difesa e lo sviluppo psicosessuale, suddiviso in diverse fasi, dalla fase orale alla fase fallica. L'autore approfondisce concetti quali il conscio, il preconscio e l'inconscio.

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PROSPETTIVE PSICOANALITICHE SULLA MENTE UMANA CAPITOLO 1: Sigmund Freud Già nei suoi primi scritti con Breuer, Freud afferma che i sintomi emergono quando sono presenti dei contenuti mentali che vanno contro all’idea di ciò che pensiamo di essere o di dover essere, ricorrendo a dei meccanismi di dif...

PROSPETTIVE PSICOANALITICHE SULLA MENTE UMANA CAPITOLO 1: Sigmund Freud Già nei suoi primi scritti con Breuer, Freud afferma che i sintomi emergono quando sono presenti dei contenuti mentali che vanno contro all’idea di ciò che pensiamo di essere o di dover essere, ricorrendo a dei meccanismi di difesa, come la dissociazione/rimozione: i sintomi sarebbero il fallimento di questa operazione e la terapia sarebbe il recupero cosciente di questi ricordi o emozioni. Inizialmente, Freud colloca gli eventi traumatici che vengono rimossi nel periodo immediatamente precedente all’emergere dei sintomi; in un secondo momento, si spinge ad indagare il passato più remoto del soggetto, per rintracciare quegli eventi che hanno una correlazione maggiore al sintomo. Pensa di aver trovato la causa negli abusi sessuali durante l’infanzia, i cui effetti si verificano solo a posteriori, quando la persona diventa in grado di comprenderli ed elaborarli. Questa ipotesi viene presto abbandonata: implicherebbe una diffusione poco plausibile degli abusi sessuali infantili e le terapie che si basavano su di essa non portavano ai risultati sperati.. Freud giunge a pensare che i ricordi di abusi siano in realtà fantasie, che nascono da una rivisitazione della realtà guidata dai desideri del soggetto e questi sono alla base delle motivazioni della psiche stessa. Nella mente si contrappone una parte cosciente, in cui ci riconosciamo, alimentata dai valori e ideali e una parte incosciente, popolata da desideri sessuali infantili. Questi contenuti che vengono rimossi dalla coscienza, conservano una spinta a diventare consapevoli e a tradursi in azione ed è a questa spinta che si contrappongono le difese dell’Io, come le resistenze. Freud individua due processi logici:  Processo primario  è la logica alla base del pensiero non-cosciente, non vi è tempo, non esistono contraddizioni, non c’è differenza tra realtà e fantasia, non vi sono nessi logici. Si possono avere solo rappresentazioni di cose. Questa è la logica del pensiero infantile.  Processo secondario  è la logica alla base del pensiero cosciente, è razionale, realistica. Si hanno rappresentazioni di parola e si può utilizzare, dunque, il pensiero verbale. Questa è la logica alla base del pensiero adulto. Al livello più elementare, la mente funziona come un arco riflesso: l’estremità percettiva accoglie gli stimoli interni ed esterni, mentre l’estremità motoria permette di scaricare l’energia di questi stimoli tramite l’azione. Il passaggio dell’energia lungo questo arco sarebbe regolato da principi di funzionamento. Ogni incremento di energia viene avvertito come dispiacere, mentre la sua riduzione come piacere: la mente infantile funziona secondo un principio di piacere, legato al processo secondario per cui non vi sono vincoli logici, ideali o morali. Le pulsioni vengono appagate tramite attività di scarica motoria e allucinazioni, cercando di riprodurre gli appagamenti reali vissuti nel passato. Tuttavia, la mente, per sopravvivere nella realtà, più che ricercare il piacere ed evitare il dispiacere, deve perseguire ciò che è utile ed evitare ciò che è dannoso, secondo un principio di realtà. Il passaggio dal principio di piacere a quello di realtà, quindi da processo primario a secondario, corrisponde al blocco del passaggio dell’energia psichica nell’arco riflesso. Al di sotto del conscio e del preconscio, vi è l’inconscio: parte della psiche che funziona in modo infantile, alimentata da desideri sessuali, orientata al piacere e priva di logica e senso di realtà; è alla ricerca costante di appagamento e a ciò si contrappone il preconscio, ritirando le energie dall’oggetto del desiderio inconscio e contrapponendovi dei processi di rimozione. Visto che solo nel preconscio si trovano le rappresentazioni di parola, la rimozione e il rimando all’inconscio del contenuto implica l’impossibilità di esprimerlo o di pensarci. Ciò che viene rimosso può rafforzarsi nel tempo, così come il preconscio può indebolirsi: sintomi come i sogni e gli atti mancati sono segno del fallimento del preconscio. Questo primo contesto teorico freudiano è definito da tre punti: 1. Topico  relativo ai luoghi della psiche, Conscio – Preconscio – Inconscio 2. Dinamico  relativo ai conflitti 3. Economico  relativo alle quantità di energia Secondo Freud il sogno svolge due funzioni:  Ad un primo livello, la funzione di guardiano del sonno, per cui noi possiamo pensare quei pensieri/residui diurni, che nascono da eventi interni o esterni e costituiscono il contenuto onirico manifesto.  Ad un secondo livello, la funzione di appagare desideri infantili rimossi, che la mente inconscia associa ai pensieri onirici latenti. Durante il sonno, il preconscio diventa più debole e questi desideri riescono ad influenzare il pensiero notturno. L’influenza dei desideri rimossi e l’azione di censura, fanno sì che il significato del sogno subisca delle modifiche prima di diventare cosciente, tramite il lavoro onirico di cinque fasi: a. Condensazione  il sogno manifesto si serve di un numero inferiore di elementi per rappresentare un numero superiore di pensieri. b. Spostamento  tendenza ad utilizzare elementi poco rilevanti per rappresentare elementi più rilevanti (cfr. transfert). c. Drammatizzazione/considerazioni relative alla raffigurabilità  vengono utilizzati gli elementi dei pensieri onirici latenti più facilmente traducibili in immagini. d. Simbolizzazione  possibilità di servirsi di significati simbolici anche universali. e. Elaborazione secondaria  il preconscio trasforma questo insieme di elementi in un sogno manifesto che abbia un minimo di coerenza narrativa. Nel sogno si osserva una regressione temporale (ritorno ai desideri ed interessi infantili), una regressione formale (ricorso al processo primario) e una regressione topica (energie psichiche e contenuti del preconscio tornano nell’inconscio). Interpretare un sogno significa individuare i residui diurni che ne costituiscono il materiale e i desideri infantili rimossi che il sogno cerca di appagare. Esistono diverse eccezioni di sogni: o Sogni di punizione: bisogno di punirsi a causa dei desideri rimossi che alimentano il sogno. o Sogni dall’alto: vi è necessità di esprimere un pensiero preconscio connesso al presente. o Sogni post-traumatici: per padroneggiare a posteriori esperienze traumatiche. o Sogni d’angoscia: o incubi, fallimento dei processi di mascheramento dei desideri rimossi. Il rafforzamento dei desideri rimossi è in genere connesso ad una frustrazione dovuta a fattori esterni, interni o a traumi attuali. Questi fattori favoriscono una regressione dell’energia psichica in cerca di regressione: in presenza di una frustrazione o di un trauma si torna dove si è sperimentato appagamento o dove si cerca un appagamento mai avuto. Il primo esito è la fantasia. Il sintomo è un compromesso tra i desideri, rafforzati dalla regressione e le difese che vengono imposte dal preconscio. Freud si concentra molto sullo sviluppo psicosessuale. In linea con il suo tempo, vincola i processi della psicosessualità a vicissitudini biologici, a zone erogene, che richiedono una quantità di lavoro psichico proporzionale alla loro spinta e la meta è la scarica di piacere ottenuta tramite l’oggetto. Il correlato psichico di tutto ciò è la pulsione. Freud pensa allo sviluppo come lineare e per fasi, indipendentemente dalla cultura, epoca, società o nazione, con una correlazione tra ontogenesi e filogenesi. Lo sviluppo psicosessuale implica un passaggio da uno stadio autoerotico  stadio narcisistico  stadio oggettuale. 1. Fase orale Coincide con il primo anno di vita. Ruota intorno alla zona erogena orale. La suddivide in una prima fase la cui meta sarebbe la suzione ed una seconda fase la cui meta sarebbe il mordere. L’oggetto delle pulsioni è il seno, che non viene differenziato dal sé bambino: amare significa essere (identificazione primaria). In ciò si rivede il narcisismo primario, in quanto il bambino investe se stesso di libido. Questo investimento libidico del sé- seno è alla base del senso di fusione con il tutto: tutto ciò che fa piacere viene introiettato, mentre tutto ciò che provoca dispiacere viene proiettato. La principale angoscia del bambino sarebbe quella di morire di fame. Nella seconda fase sadico-orale, la meta sarebbe quella di divorare l’oggetto: amare l’oggetto significa annullare la sua alterità. Da ciò deriva la paura di perdere l’oggetto. Le prime esperienze di appagamento fornite dalla madre, favorirebbero lo sviluppo delle prime memorie necessarie per l’appagamento allucinatorio dei desideri. Il bambino nella fase orale è narcisista ed onnipotente. In questa fase Freud colloca i punti di fissazione della schizofrenia e disturbo bipolare. - Schizofrenia  ritiro dell’investimento libidico dagli oggetti al sé, alla base dei deliri di fine del mondo e di grandezza. - Depressione  ritorno ad una condizione narcisistica infantile. A questa fase vengono anche ricondotti i tratti di avidità, tendenza ad affidarsi totalmente all’altro, orientamento ottimista o pessimista, invidia e gelosia. Per ogni fase, alcune componenti vengono subliminate, ovvero rese neutrali ed accettabili, altre componenti vanno incontro a formazioni reattive, ovvero al rafforzamento di un orientamento opposto a quello da cui ci si difende. 2. Fase sadico-anale Coincide circa con il secondo anno. Riguarda la zona anale, associata ai processi escretori e alla capacità di trattenere le feci. Anche questa fase può essere divisa in due sottofasi: una prima in cui le mete sono espulsione e distruzione, una seconda in cui le mete sono ritenzione e controllo. Le feci vengono investite di libido e assumono il doppio valore di dono e arma d’attacco. Il bambino diventa orgoglioso della sua capacità di produrre le feci e di poter decidere quando e se concederle a qualcun altro. Il piacere in questo controllo si traduce in un orientamento sadomasochistico. Ad una fissazione in questa fase, Freud fa risalire l’eziologia della schizofrenia paranoide e del disturbo ossessivo compulsivo: o Schizofrenia paranoide  proiezione di desideri e impulsi inaccettabili sulle altre persone, esterne al soggetto. o DOC  meccanismi di annullamento retro-attivo, potere magico attribuito ai gesti, meccanismo di difesa dell’isolamento. A questa fase sarebbero riconducibili anche tratti di carattere: la testardaggine, con l’investimento narcisistico dell’autodeterminazione; l’ordine, formazione reattiva all’amore per lo sporco e per il disordine; la parsimonia, sublimazione sulla base della equazione inconscia di feci=denaro. Anche la minzione sarebbe una delle mete infantili e a questa sarebbe riconducibile il tratto dell’ambizione. Il bambino nella fase anale è ancora narcisista, ambivalente, intriso di sadismo e masochismo, concentrato sul piacere e orgoglioso della sua capacità di autodeterminazione. 3. Fase fallica e Complesso di Edipo Si colloca tra il terzo e il sesto anno di vita. Le zone erogene sono il fallo e la clitoride. L’attività masturbatoria diventa preminente e si associa a fantasie di penetrazione. Si rafforzano pulsioni voyeuristiche, esibizionistiche ed epistemofiliche. Il bambino si chiede come nascono i bambini, cosa differenzia i maschi dalle femmine e come avviene un rapporto sessuale: esplode la curiosità sessuale infantile e si verifica il complesso di Edipo. 3.1. Complesso edipico nel bambino Quando entra in fase fallica, il bambino ha come oggetto d’amore la madre, mentre il padre è un oggetto di identificazione, idealizzazione ed ammirazione. Il bambino desidera penetrare la madre e ricevere un bambino, entrando in competizione con il padre. Emerge la prima relazione con la coppia, creando una triade di sentimenti di gelosia, incesto, esclusione, invidia e timori di ritorsione. In questa fase si ha un complesso edipico positivo, ovvero eterosessuale. All’inizio il bambino non sa che esistano umani senza pene, per cui ha la visione di una madre fallica. Tra le teorie sessuali del bambino, si ha la concezione sadica del coito, per cui i bambini verrebbero partoriti dall’ano (teoria della cloaca). In questa fase, si identifica con il padre per eludere sentimenti di gelosia, esclusione e inferiorità. Quando il bambino scopre l’esistenza del genitale femminile, all’inizio rinnega questa consapevolezza dell’assenza del pene. Tutto cambia in modo drammatico quando, in conseguenza della sua masturbazione, riceve la minaccia di evirazione, generando angoscia di evirazione: il bambino deve scegliere tra provare piacere e il possesso del pene e sceglie quest’ultima opzione. L’angoscia di evirazione determina la rinuncia alla masturbazione e all’esibizionismo, ma anche al desiderio di possedere la madre e di uccidere il padre. Il bambino prende a desiderare di essere posseduto dal padre e vede la madre come rivale: questo è il complesso edipico negativo, ovvero omosessuale. Tuttavia, comprende che anche i desideri verso il padre porterebbero all’evitazione e anche il complesso edipico negativo finisce a causa dell’angoscia di castrazione. Il peso tra positivo e negativo è in funzione di quello che sarà il bilancio tra mascolinità e femminilità. Freud sostiene che ogni nevrosi adulta abbia il suo preludio in una nevrosi infantile, causata proprio dal complesso edipico. Le perversioni adulte sarebbero un riemergere del complesso edipico. 3.2. Complesso edipico nella bambina Anche la bambina avrebbe come primo oggetto sessuale la madre, per cui inizia con un complesso edipico negativo, omosessuale. Questa fase termina a causa di un trauma, cioè la scoperta dell’organo genitale maschile. La bambina pensa così di avere qualcosa di meno e incolpa la madre per questa mancanza, sviluppando una svalutazione dei propri genitali ed abbandonando la masturbazione, con un atteggiamento passivo e masochistico e sviluppando l’invidia del pene. Così la bambina si rivolge al padre come oggetto d’amore e vive un complesso edipico positivo. 4. Fase di latenza Il periodo di latenza finisce con la pubertà. Si ha una riduzione nell’intensità delle pulsioni, i desideri sessuali e aggressivi diventano affettivi e assertivi, si riduce la masturbazione e si ha una tendenza alla socializzazione. Si mettono in atto processi di sublimazione, che consentono di investire le energie in attività socialmente apprezzate e qui compaiono i primi segni ossessivi, come tentativi di difendersi dai desideri rimossi. Compaiono i primi sentimenti di vergogna, pudore, senso di colpa e senso estetico. 5. Fase genitale Coincide con il completo sviluppo biologico degli organi sessuali. Si ha l’abbandono degli investimenti incestuosi e dei desideri parricidi e matricidi, si riduce la centralità dei genitori nella propria vita, si supera l’orientamento narcisistico a favore di un orientamento oggettuale della libido. Il soggetto sussume parte delle pulsioni, altre le sublima, altre ancora le gestisce con meccanismi di difesa. Si realizza il proprio orientamento sessuale e il principio di realtà diventa più stabile. La fase genitale diventa un costrutto ideale che coincide con la salute mentale e la maturità. Lo studio di patologie psicotiche, paranoia, innamoramento, depressione, portano ad ipotizzare l’esistenza di una nuova sottostruttura, che svolga la funzione di ideale dell’Io, di autocoscienza critica e di coscienza morale ovvero il Super Io. In un primo momento, si occupa dell’ideale dell’Io, come derivato del narcisismo primario: in conseguenza delle frustrazioni, il bambino investirebbe di libido i propri genitori idealizzandoli; poi, mette in discussione la loro onnipotenza. Successivamente ipotizza che il Super Io sia un esito del complesso edipico, con l’introiezione delle figure genitoriali. Il conflitto tra coscienza morale ed Io darebbe vita ai sensi di colpa, vergogna e inferiorità. La severità del Super Io è funzione al livello di aggressività del soggetto, più che della durezza dei genitori. Inoltre, rivisita la concezione dell’apparato psichico: inizialmente le difese erano poste nel Preconscio, ma i soggetti hanno dimostrato di non esserne consapevoli e spesso resistono alla possibilità di diventarlo. È necessaria una nuova divisione, per cui si differenzia l’Io dall’Es.  Io  parte organizzata della psiche, media la relazione tra mondo esterno, Super Io e pulsioni. Ad esso si attribuiscono le difese e le funzioni cognitive, come attenzione ed esame della realtà. Funziona secondo il principio di realtà.  Es  è il luogo dei derivati delle pulsioni, non possono essere né rappresentazioni di cosa né di parole. Funziona secondo un processo primario ed è dominato dalla coazione a ripetere, ovvero una tendenza della mente a ripetere le proprie esperienze passate. Freud rielabora poi anche la sua teoria delle pulsioni, giungendo a contrapporre Eros a Thanatos: o Thanatos  pulsione più arcaica, pulsione di morte. All’inizio sarebbe concentrata all’interno dell’organismo e diretta verso l’organismo stesso, solo grazie al narcisismo viene poi rivolta all’esterno. Una piccola parte continua ad agire dentro/contro al soggetto. Una parte considerevole verrebbe utilizzata dal Super Io, alimentando i sensi di colpa. Thanatos è alla base di difficoltà a cambiare ed evolvere. o Eros  pulsione alla vita, vi riconduce tanto le pulsioni sessuali, narcisistiche e oggettuali quanto le pulsioni di autoconservazione. Freud aveva ritenuto che l’angoscia dei pazienti nevrotici fosse conseguenza della rimozione dei loro desideri sessuali. Ipotizzava l’esistenza di due nevrosi: la nevrastenia e la nevrosi d’angoscia, causate da un evento sessuale attuale del soggetto. Nella nevrastenia si aveva un eccessivo ricorso alla masturbazione e frequenti polluzioni, nella nevrosi d’angoscia un inadeguato appagamento sessuale. L’angoscia viene rivista non come conseguenza del conflitto, bensì come causa dei sintomi. Si delinea così una teoria per cui gli affetti sarebbero reazioni apprese a disposizioni della psiche, precipitati di esperienze traumatiche rilevanti per il singolo e la specie. In presenza di una situazione pericolosa, il soggetto attiva il segnale di angoscia, che mette in atto i meccanismi di difesa. La primissima situazione di pericolo del soggetto sarebbe quella connessa alla perdita dell’oggetto: il bambino, di fronte all’assenza del seno/madre, associa l’assenza temporanea alla perdita definitiva. Successivamente, si sviluppa l’angoscia della perdita dell’amore dell’oggetto, per cui non è sufficiente che la madre lo nutri, ma deve anche amarlo. Si presenta poi l’angoscia della minaccia di evirazione, per cui la mancanza del pene impedirebbe l’appagamento. Infine l’angoscia di perdere il sostegno del Super Io. Le nuove situazioni pericolose vengono comunque connesse alle precedenti. Al centro del funzionamento mentale vi è il conflitto tra l’Es e l’Io, che scatena il segnale di angoscia. In questo scenario si inserisce poi il Super Io, che sa essere primitivo e violento quanto l’Es per cercare di mantenere sottomesso l’Io. Per quanto riguarda la tecnica terapeutica, il pazienta ha una sola regola fondamentale: comunicare tutto ciò che gli viene in mente, senza esercitare alcun tipo di selezione o censura. Il terapeuta deve saper cogliere elementi rimossi e fornire interpretazioni. Il paziente va in terapia sei volte a settimana e si stende su di un lettino alle spalle del terapeuta. Freud era consapevole sia dell’esistenza di resistenze che di fenomeni di transfert: i pazienti tendono a sviluppare dipendenza verso il terapeuta o a sperimentale gli stessi sentimenti dell’infanzia. Un transfert positivo irreprensibile serve a costruire un rapporto di fiducia e stima, creando alleanza. L’atteggiamento del terapeuta deve essere di attenzione sospesa e liberamente fluttuante, neutrale, anonimo e di astinenza. Funge da specchio o da schermo opaco, per restituire al paziente solo ciò che il paziente gli comunica. I desideri del paziente devono essere frustrati, così da favorire la regressione di cariche libidiche ai punti di fissazione infantili e per far emergere il materiale rimosso. Il lavoro sulle resistenze consiste nel rendere il paziente consapevole di esse. Il transfert può essere positivo, sentimenti di natura sessuale e di libido, oppure negativo, sentimenti di natura ostile. La nevrosi da transfert è una fonte importante di informazioni. Ulteriore fattore terapeutico è la rivalutazione e rielaborazione da parte del soggetto per notare cosa influenzi il suo comportamento. Rintraccia poi differenti tipi di resistenze: o Resistenze da rimozione: si oppongono alla presa di coscienza. o Resistenze di transfert: si servono di sentimenti sessuali e aggressivi verso il terapista. o Resistenze di tornaconto: i sintomi permettono di eludere alcune necessità. o Resistenze del Super Io: bisogno di punizione e masochismo. o Resistenze dell’Es: coazione a ripetere che si oppone al cambiamento. CAPITOLO 2: Anna Freud Anna Freud si interessa particolarmente allo studio della comprensione e valutazione delle nevrosi infantili. Si chiede se i bambini possano essere sottoposti a trattamento e quali siano le condizioni necessarie. Mentre Klein e la scuola inglese sostengono che i bambini siano analizzabili già in una fase preverbale, secondo Anna Freud li si può sottoporre solo dopo i due/tre anni di vita. Bisogna che vi siano tre condizioni: a. Comprensione della malattia b. Libertà di decisione c. Volontà di guarire Il bambino spesso non ha coscienza del proprio disagio e non fornisce il consenso per la terapia. Per far sì che le condizioni siano presenti, è necessaria una fase di preparazione, ovvero un addestramento. In questo modo, l’analista guadagna la fiducia del bambino ed inizia l’analisi vera e propria: ricostruzione conscia della sua storia e dei sintomi, interpretazione dei sogni, elaborazione ed interpretazione delle associazioni libere e del transfert. Per ricostruire la storia, l’analista deve affidarsi alle informazioni fornite dai genitori. L’interpretazione dei sogni, invece, sembra essere più semplice nei bambini, così come si può accompagnare l’interpretazione di fantasie e disegni. Un punto di distanziamento dalla Klein riguarda anche la funzione di transfert: secondo la Klein il transfert è possibile sin da subito, proiettando sull’analista i suoi elementi interiori di relazioni e fantasia; secondo A. Freud, invece, il transfert nei bambini non può verificarsi: gli oggetti originari (i genitori) che sono oggetti di investimento, sono ancora disponibili, per cui non necessitano di essere sostituiti; inoltre, l’analista che lavora con il bambino non può essere uno schermo bianco (necessario per il transfert) ma deve agire in modo da essere interessante ed accattivante per il bambino. Dall’osservazione del contesto e delle relazioni con i genitori, l’analista può trarre informazioni. Inoltre, la nevrosi sarebbe il risultato del conflitto tra Io e Super-Io: nei bambini il Super-Io non è ancora formato, per cui la sua funzione educativa è assegnata ai genitori e all’analista. L’analista deve sostituirsi all’Ideale dell’Io del bambino, insegnando come comportarsi nei riguardi delle proprie pulsioni, ponendosi in questo momento al di sopra dei genitori. L’analista ha il compito di analizzare ed educare. L’analisi infantile ha diversi vantaggi: la personalità del bambino è molto più modificabile, ripristinare modalità più adattive di funzionamento è più semplice; inoltre, non essendoci severità e rigidità del Super-Io, l’effetto del cambiamento può essere più massiccio. Unendo gli sforzi di analista e genitori, si può fornire al bambino ciò di cui ha bisogno per ogni stadio. La presenza/assenza di sofferenza non è un criterio affidabile per la sottomissione del bambino all’analisi. Un metodo privilegiato di valutazione è l’osservazione del gioco: se esso appare rigido e ripetitivo, si è in presenza di una nevrosi. Inoltre, bisogna valutare la capacità del bambino di svilupparsi in modo normale, cioè il non rimanere fissato in una fase di sviluppo che dovrebbe essere superata. L’elemento centrale è l’importanza che assume l’istanza dell’Io nello sviluppo sano o patologico del bambino. La nevrosi può intaccare la forza dell’Io, ovvero l’efficienza con cui tale istanza è in grado di gestire e mediare le pressioni derivate dalle pulsioni dell’Es e le esigenze della realtà esterna. L’Io del bambino è impegnato ad affermare se stesso contro le pulsioni, ma in un primo momento ciò non avviene perché la spinta ad appagare i desideri è ancora troppo intensa ed è solo con il tramonto del complesso edipico che i desideri infantili sono definitivamente rimossi a favore di un controllo maggiore dell’Io. Il sintomo nevrotico interviene paralizzando la relazione tra Es ed Io e andando a creare un equilibrio artificioso tra desideri pulsionali e difese. Il processo di maturazione ha come scopo la conoscenza e l’adattamento alla realtà esterna. Questo modo nuovo di funzionare genera angoscia nel bambino: c’è qualcosa da cui deve difendersi sia nel mondo esterno che nel mondo interno. L’Io del bambino mette così in atto meccanismi di difesa: se questi vengono utilizzati in modo massiccio e prolungato, si avrà uno sviluppo unilaterale e disarmonico. Propone un approccio evolutivo ai meccanismi di difesa, stabilendo dei criteri utili a valutarne l’adattività:  Livello di intensità e generalizzazione delle difese rispetto al piacere  Adeguatezza delle difese rispetto all’età  Ampiezza e flessibilità delle difese  Efficacia nel ridurre l’angoscia  Grado di integrazione difese e Super Io  Interferenza attività difensiva e acquisizioni dell’Io Parte da una riflessione in merito alla rimozione, considerata il meccanismo più potente perché permette di controllare moti pulsionali di fronte a cui tutti gli altri falliscono. Tuttavia, è anche la più pericolosa: con la dissociazione dell’Io, si rischia di distruggere l’integrità della persona in modo permanente. Altri meccanismi di difesa sono la regressione, formazione reattiva, isolamento, annullamento retroattivo, proiezione, introiezione, rivolgimento contro di sé, trasformazione del contrario. Un’ulteriore ipotesi è che ogni meccanismo di difesa sia associato ad un determinato desiderio pulsionale. Un suo primo interesse è fornire una classificazione cronologica dei meccanismi di difesa: i primissimi meccanismi di difesa sono la regressione, la trasformazione nel contrario e il rivolgimento contro sé, mentre dopo la differenziazione tra Io ed Es, e la formazione del Super Io, si sviluppano gli altri della rimozione, sublimazione, introiezione, proiezione. I meccanismi precedenti alla differenziazione tra Es ed io sono rivolti ad angosce reali; quelli successivi alla differenziazione sono rivolti al pericolo derivante dalle pulsioni e sono ulteriormente divisi in pre e post lo sviluppo del Super Io. L’angoscia più frequente che si riscontra in analisi è quella derivante dall’azione del Super-Io: le difese che vengono messe in atto dall’Io si attivano in risposta alla paura provata nei confronti del Super-Io e genera nevrosi. Vi sono casi in cui l’angoscia è dovuta a fattori di tipo reale: il bambino si difende dai moti pulsionali non tanto per paura del Super Io, quanto per evitare di trasgredire le regole imposte dai genitori. Ciò porta ad un ridimensionamento dell’importanza del Super Io nella genesi delle nevrosi. È come se l’Io avesse intrinsecamente paura della forza delle pulsioni. In aggiunta alle tre angosce (angoscia Super Io, angoscia Reale, angoscia della potenza delle Pulsioni) se ne hanno altre in conseguenza al bisogno di sintesi tipica dell’Io, che ha bisogno di armonia tra i suoi impulsi: oltre che dalle pulsioni, deve anche difendersi dagli affetti che vi sono legati. Approfondisce due difese in particolare:  Identificazione con l’aggressore  il soggetto si identifica con il proprio aggressore, ne imita il comportamento, introietta il carnefice e proietta il suo essere vittima. È presente nella fase precedente alla creazione del Super Io e nella prima infanzia, quando il bambino, per rinnegare i propri desideri, addossa le responsabilità su qualcuno all’esterno.  Resa altruistica  l’individuo proietta sugli altri le proprie pulsioni e si identifica con questi altri per non dover rinunciare alla soddisfazione di quanto proiettato. Ciò permette al soggetto di appagare in modo indiretto i propri desideri e di liverare l’aggressività e la libido. Nella maggior parte dei casi, la persona sostitutiva è oggetto di invidia. Durante la fase di latenza, l’Io del bambino acquisisce un maggiore controllo sulle pulsioni, il Super Io aumenta il suo vigore. Tuttavia, dopo la fase di latenza, ha inizio l’adolescenza, che porta con sé un cospicuo afflusso di libido. Viene alterato l’equilibrio tra Es ed Io, la sessualità infantile ricompare con tutta la sua intensità, ma a questo punto deve scontrarsi con il Super Io già formato. Il rapporto che si crea tra Io, Es e Super Io fornisce una stabilità che l’autrice identifica con il carattere. I comportamenti eccessivi e contraddittori dell’adolescenza sono la manifestazione della lotta tra Io ed Es: atteggiamenti antisociali e aggressivi dimostrano un sopravvento dell’Es, mentre manifestazioni di ascetismo e rafforzamento delle difese indicano un successo dell’Io. Oltre l’ascetismo, vi è il meccanismo di difesa dell’intellettualizzazione, ovvero utilizzo massiccio del pensiero astratto al fine di allontanare sentimenti disturbanti: l’intellettualismo adolescenziale serve solo ad alimentare sogni ed ambizioni, allontanando dalle pressioni pulsionali minacciose. Spesso gli argomenti di maggiore interesse sono gli stessi che hanno dato inizio ai conflitti interni. Le soluzioni estreme sono due: o l’Es schiaccia l’Io, per cui l’ingresso nella vita adulta è tumultuoso, o l’Io ha il sopravvento e si consolida il carattere della fase di latenza, ma la vita pulsionale ne resta paralizzata. Anna Freud si convince che i dati ottenuti dall’osservazione diretta siano molto utili ad integrare il quadro che fornisce la sola ricostruzione analitica. Osserva anche i genitori, indagando come possano favorire o meno lo sviluppo della psiche: per un allevamento sano, è necessario che siano consapevoli delle conoscenze psicoanalitiche sull’infanzia (psicoeducazione dei genitori). Durante la seduta, l’analista analizza i derivati dell’inconscio, che sono osservabili anche nella vita quotidiana. L’osservazione del bambino durante diverse situazioni, come durante la malattia, fornisce spunti importanti sul suo stato psichico. Vi sono, tuttavia, dei limiti nell’analisi infantile: i mezzi di comunicazione di cui dispone il bambino ed il poter ottenere determinate informazioni solo dal racconto dei genitori; pertanto è utile affiancare un’osservazione diretta. Il compito dell’analista è:  Valutare e prevedere lo sviluppo del bambino  Intervenire nel modo in cui viene educato  Prevenire la nevrosi, la psicosi o comportamenti antisociali Introduce i concetti di linee evolutive e di regressione normale. Il concetto di linee evolutive si discosta dalla teoria freudiana, sostenendo invece uno sviluppo in cui funzioni e capacità diverse possono evolvere in modo differente e indipendente, pur influenzandosi. Permettono di avere un quadro delle acquisizioni personali raggiunte del bambino o dell’insuccesso nello sviluppo. Le sei linee individuate sono: 1. Dipendenza  indipendenza È considerata la linea fondamentale. Si osservano cambiamenti nella relazione madre- bambino lungo una serie di fasi. Nella prima fase il bambino include la madre nel suo ambiente narcisistico; diventa poi in grado di investire di libido un oggetto esterno a sé finché non soddisfa i suoi bisogni; vi è poi una fase in cui il bambino attacca e domina i propri oggetti (cfr. sadico-anale) e una in cui si centra totalmente sull’oggetto (cfr. fallico- edipica), con desiderio di possedere il genitore del sesso opposto. Si ha poi uno spostamento della libido dai genitori ai coetanei, insegnanti ed interessi. Le ultime fasi sono quelle adolescenziali e, infine, lo stabilimento del primato genitale. 2. Egocentrismo  Socievolezza 3. Allattamento  Alimentazione autonoma 4. Assenza di controllo sfinterico  Controllo e conoscenza dei segnali del proprio corpo 5. Dipendenza fisica  Indipendenza e ricerca di contatto alla necessità 6. Attività di gioco  Impegno al lavoro Le linee evolutive forniscono uno strumento per valutare il livello di maturità del bambino, osservando dove si colloca e quale sia il profilo di adattamento. Possiedono poi valenza eziologica: un’irregolarità nelle linee evolutive può essere considerata fattore di rischio per la patologia. Propone un profilo metapsicologico del bambino per organizzare la mole di informazioni che si raccolgono nel corso della valutazione, in modo che ogni elemento venga valutato all’interno di un quadro più ampio. Questo strumento è utile non solo nella verifica della diagnosi, ma anche degli esiti del trattamento. Nello schema, l’analista deve inserire: o I motivi della segnalazione o La descrizione del bambino o Lo sfondo familiare e la storia personale o Le influenze ambientali o La valutazione dello sviluppo Ci si concentra sulla libido, sul livello di aggressività e sullo sviluppo di Io e Super Io. Per Anna Freud tutte le nevrosi infantili originano da una regressione della libido a punti di fissazione collocati nei diversi stadi di sviluppo (regressione ai punti di fissazione), per cui serve valutare i comportamenti manifesti, l’attività fantasmatica e la sintomatologia. Inoltre, è importante valutare che tipo di conflitti vi siano tra Io, Es e Super Io. Fondamentale è la nozione di regressione normale: le disarmonie tra linee evolutive non sono per forza responsabili della patologia. I movimenti regressivi dell’Io durante lo sviluppo, in corrispondenza di eventi e cambiamenti, sono normali e fisiologici. Questo diventa patogenico solo se lo squilibrio nella personalità è eccessivo e permanente. Nella valutazione del bambino, l’analista non può utilizzare gli stessi criteri di valutazione dell’adulto, ma bisogna che si chieda se il bambino abbia raggiunto livelli di sviluppo adeguati per la sua età, se siano intervenute regressioni o arresti ed eventualmente a quale livello. Le regressioni permanenti e temporanee possono originare in qualsiasi area della personalità. In alcuni casi possono portare ad un regredire del controllo di Io e Super Io, lasciando quindi l’Es libero di esprimere le sue pulsioni. In alcuni casi si crea quella che Hartmann definisce autonomia secondaria dell’Io, cioè la capacità dell’Io di essere indipendente da ciò che accade nell’Es, opponendosi tramite meccanismi di difesa. Se le difese falliscono, si hanno sintomi nevrotici come isterie di angoscia, fobie, rituali, ossessioni, inibizioni e nevrosi del carattere. Capitolo 3: La Psicologia dell’Io La Psicologia dell’Io è il paradigma teorico che ha dominato la psicoanalisi statunitense dagli anni Quaranta agli anni Settanta del Novecento. Riprende ed espande la maggior parte delle ipotesi proposte da Freud per integrarvi anche i dati accumulati tramite altre discipline psicologiche. Hanno cercato di rendere la psicoanalisi una scienza normale. Il momento più alto coincise con la pubblicazione del saggio di Rapaport “Struttura della teoria psicoanalitica”, provando a esporre la meta-psicologia freudiana nei termini delle scienze ipotetico-deduttiva; questo momento coincise anche con il declino, in quanto furono messi in luce i limiti di questo tipo di prospettiva. L’autore più importante della psicologia dell’Io è Hartmann, che si focalizza sul modificare la psicoanalisi freudiana per adeguarla a tenere conto del fatto che l’essere umano nasce adattabile ad un ambiente medio prevedibile, che consente lo sviluppo di apparati e funzioni dell’Io. All’inizio della vita psichica ci sarebbe una matrice indifferenziata Es-Io, che poi nel tempo si differenzia nelle sue due componenti. Le funzioni dell’Io sono legate alla sopravvivenza e non nascono da un conflitto tra desideri (Es) e realtà, ma dalla maturazione di quella originaria matrice indifferenziata. Inoltre, nella matrice indifferenziata sarebbero presenti tre forme di energia psichica: a. Energia libidica b. Energia pulsionale c. Energia non pulsionale L’apparato psichico sarebbe programmato per adattarsi ad un ambiente medio-prevedibile, per maturare e sviluppare il proprio funzionamento. L’energia pulsionale investe apparati e funzioni dell’Io, rendendolo autonomo rispetto all’Es. Inoltre sostiene la presenza di una funzione che permette di neutralizzare l’energia pulsionale e ciò indicherebbe la forza dell’Io. Tale cambiamento di funzione, permette all’Io di sviluppare una area ad autonomia secondaria. Ipotizza che nei contro-investimenti difensivi sia prevalentemente utilizzata l’aggressività parzialmente neutralizzata (ciò spiegherebbe perché lavorare sulle difese del paziente provochi reazioni aggressive). Egli, poi, rinomina il narcisismo come investimento libidico del sé. Rapaport e Gill propongono di aggiungere un punto di vista alla meta-psicologia freudiana: 1. Dinamico 2. Economico 3. Strutturale 4. Genetico  sviluppo dei fenomeni psicologici nel contesto della persona 5. Adattivo  valore di ogni fenomeno psicologico rispetto alla relazione con la realtà esterna Alcuni modi di funzionare infantili e primitivi sono utili al soggetto ed è possibile regredire senza che ciò pregiudichi la salute mentale. Rapaport cerca di articolare la psicoanalisi freudiana seguendo i parametri della scienza esatta, di integrarla alle correnti scientifiche e psicologiche del tempo e di sviluppare una codifica dei reattivi psicodiagnostici. Spitz si occupa della descrizione e spiegazione delle malattie da deprivazione emotiva (depressione anaclitica infantile – sindrome da ospedalizzazione) cui vanno incontro i bambini in istituti, affronta anche la concettualizzazione degli organizzatori dello sviluppo, che segnalano livelli crescenti di integrazione psichica: o Sorriso indiscriminato  uscita dal narcisismo ed esordio di un investimento libidico di un oggetto diverso da sé ma non ancora specifico. o Angoscia dell’estraneo  istaurarsi di un rapporto specifico con il caregiver primario, con investimento delle pulsioni su un oggetto diverso dal sé. o Fase del no  inizio della comunicazione verbale astratta, intenzionale e a distanza. Erik Erikson tenta di sviluppare una teoria epigenetica dello sviluppo dell’Io nei suoi rapporti con la società, non soffermandosi solo sulla fase infantile (Freud), ma abbracciando l’intero ciclo di vita. In ogni fase dello sviluppo, l’individuo interagisce con i rappresentanti della società che sono coordinati con i suoi bisogni appropriati alla fase e li soddisfano. Inoltre, la zona erogena si associa a una meta psicosessuale, che stabilisce una modalità di organo, generalizzata poi ad ambiti di esperienza e attività. Ciascuno stadio ha un compito evolutivo da affrontare e risolvere. Le fasi individuate sono: FASE ORALE RESPIRATORIA Fiducia Sfiducia FASE ANALE URETRALE Autonomia Vergogna e dubbio FASE FALLICA EDIPICA Iniziativa Senso di colpa FASE DI LATENZA Industriosità Inferiorità ADOLESCENZA Identità Diffusione dell’identità PRIMA ETÀ ADULTA Intimità Isolamento SECONDA ETÀ ADULTA Generazione Stagnazione VECCHIAIA Integrità Disperazione Edith Jacobson parte dall’assunto che all’inizio della vita il Sé psicofisiologico sia costituito da una matrice Es-Io e questo sarebbe lo stadio del narcisismo primario. Sono le esperienze relazionali delle cure materne a permettere al bambino una differenziazione tra livido e aggressività e a creare polarità tra piacevole-spiacevole, vedendo ancora il sé fuso con l’oggetto. Le esperienze gratificanti spingono alla fusione, quelle frustranti alla differenziazione. Solo in un secondo momento, la differenziazione riesce ad investire anche le esperienze gratificanti. Nel secondo anno di vita emerge la capacità di differenziare i diversi aspetti di uno stesso oggetto, che va insieme alla sperimentazione di sentimenti ambivalenti, alla fusione di libido e aggressività e al rafforzarsi dei processi di neutralizzazione; queste capacità offrono al bambino la possibilità di identificarsi in modo selettivo con alcuni aspetti dell’oggetto, senza una fusione completa. Inizia a formarsi anche un Super Io, a partire dall’Ideale dell’Io e da rappresentazioni realistiche del sé, ma anche da quelle arcaiche e sadiche di interiorizzazione dei valori e richieste delle figure di riferimento. Sottolinea il carattere progressivo del compito svolto dal Super Io. Nel corso degli anni ’70, vengono messi in evidenza i limiti e le contraddizioni della meta- psicologia:  La difficoltà a distinguere i concetti meta-psicologici da quelli clinici  L’imprecisione nelle definizioni  La tendenza a reificare ed antropomorfizzare i concetti  Le contraddizioni tra le diverse ipotesi  L’influenza del sapere biologico e fisico dell’800, ormai obsoleto Molti dei limiti della terapia stessa vennero messi a fuoco dall’epistemologo Grunbaum. CAPITOLO 4: Melanie Klein Melanie Klein è stata il leader del gruppo A, ovvero una delle divisioni della Società britannica di psicoanalisi all’inizio della Seconda Guerra mondiale. Questo si contrappone al gruppo B, guidato da Anna Freud e si differenzia dal middle group, che diventerò quello degli Indipendenti. Il modello kleniano dà molta importanza alle dinamiche della distruttività e del mondo interno e della fantasia. Anticipa di qualche anno la comparsa del Complesso Edipico e la formazione del Super Io. Anche la conoscenza del genitale femminile sarebbe precoce, per cui l’angoscia più profonda non è quella di castrazione, ma la paura di essere oggetto degli attacchi orali, anali, uretrali e fallici di un seno/madre distruttivo. Sostituisce, inoltre, la visione dello sviluppo per fasi in uno sviluppo per posizioni, ovvero configurazioni specifiche di desideri, oggetti, angosce e meccanismi di difesa. Modifica il concetto di pulsione, stabilendo un legame inscindibile tra pulsione e oggetto. Ipotizza, quindi, sin da subito un orientamento oggettuale, rileggendo il narcisismo primario come esito dell’investimento libidico di oggetti interiorizzati e difesa dalle angosce con gli oggetti esterni. Ipotizza che i processi mentali si manifestino sottoforma di fantasie inconsce, prima di natura somatica, poi visiva e infine verbale. Alle vicissitudini di queste fantasie attribuisce un peso patogenico maggiore rispetto a Freud. Aderisce in modo piuttosto rigoroso alla tecnica psicoanalitica freudiana, ma teorizza l’utilità di lavorare subito sul transfert. A differenza di Anna Freud, non ritiene necessaria nei bambini una fase di addestramento iniziale e propone un setting rigoroso quanto quello degli adulti.  POSIZIONE SCHIZO-PARANOIDE Il conflitto nucleare dell’essere umano è di natura schizoide e il meccanismo di difesa con cui si affronta è la scissione, mentre il termine paranoide rimanda al meccanismo della proiezione (cfr. Fairbairn). La scissione riguarda gli oggetti e le parti dell’Io che nutrono desideri contrastanti verso di essi.  All’inizio della vita è presente un Io rudimentale che, per difendersi dall’angoscia della pulsione di morte e sotto la spinta di quella di vita, proietta nel seno materno la pulsione di morte, creando un seno cattivo/persecutorio. Un’altra parte della pulsione di morte viene rivolta dall’Io contro questo oggetto, istaurando una relazione di distruttività. Il lattante preferisce una persecuzione esterna e non interna.  Anche una parte della pulsione di vita viene proiettata nel seno materno, creando un seno buono/idealizzato; l’altra parte della pulsione di vita viene rivolta verso questo oggetto, con una relazione di amore. Il seno buono/idealizzato e quello cattivo/persecutorio sono due oggetti scissi, così come sono scisse la parte dell’Io che ama e quella che odia. Le frustrazioni a opera della realtà possono rendere la dimensione persecutoria prevalente ed alimentare la distruttività, mentre le gratificazioni rendono prevalente la dimensione amorevole e ne alimentano l’azione. Il seno buono e il seno cattivo sono anche oggetti parziali: non solo perché sono solo parti di un corpo, ma anche perché la loro identità è ridotta alla funzione che svolgono per l’infante. L’angoscia fondamentale di questa posizione è di essere vittima degli attacchi persecutori del seno cattivo o che lo sia il seno buono. Il piccolo può introiettare l’oggetto cattivo per avere su di esso il controllo e poter difendersi, ma ciò lo espone ai suoi attacchi dall’interno; pertanto dovrà introiettare anche l’oggetto buono. In modo analogo, può proiettare fuori l’oggetto cattivo, ma avrebbe un persecutore esterno, per cui deve proiettare anche quello buono affinché lo protegga. Il mondo che viene a crearsi è dominato da continui processi proiettivi e introiettivi. Gli oggetti interiorizzati danno vita al Super Io. L’oggetto buono, che viene introiettato e con cui l’Io si identifica (identificazione introiettiva) diventa il nucleo aggregante dell’Io, base della generosità e della forza. I processi di identificazione proiettiva riguarda la proiezione del Sé o di sue parti dentro un oggetto, per negare la differenziazione da esso e per avere controllo. I meccanismi schizo-paranoidi di scissione e identificazione proiettiva sono associati alle difese dell’idealizzazione e della svalutazione, al meccanismo di diniego e al controllo. Questi sono spesso caratterizzati da una dose di onnipotenza. Il seno della madre cede il passo al corpo della madre, poi ad una figura combinata di confusione tra il padre e la madre. Questi oggetti precedono la consapevolezza della madre e del padre come figure autonome e differenti dal sé e volta per volta vengono connotati come persecutori o idealizzati. Un sentimento centrale in questa posizione è l’invidia, espressione della pulsione di morte, differente dalla gelosia ed implica il desiderio di privare l’oggetto dei suoi beni; anche le gratificazioni alimentano l’invidia, in quanto enfatizzano il fatto che l’oggetto possieda dei beni di cui l’individuo è privo. L’antidoto più potente è la gratificazione, con l’accettazione che ci sia differenza tra Sé e l’oggetto e che quest’ultimo abbia qualcosa in più di buono.  POSIZIONE DEPRESSIVA Il bambino sviluppa una capacità crescente di osservare ed accettare la realtà, con funzioni mentali sempre più complesse. Comprende che oggetto buono e cattivo sono lo stesso, così come il sé che ama e il sé che odia sono la stessa persona, mentre sé ed oggetto sono due cose differenti. il nuovo meccanismo di difesa è la rimozione. L’angoscia fondamentale di questa fase è di perdere l’oggetto, il senso di colpa della propria distruttività, il timore che la distruttività prevalga sulla bontà. Il bambino è consapevole della sua dipendenza dagli oggetti e della sua separazione, della coppia madre-padre da cui egli è escluso e verso cui prova sentimenti ambivalenti. Non è più in grado di identificarsi con l’oggetto e ciò aumenta la sua paura di perderli. L’elaborazione della posizione depressiva è facilitata dall’amorevolezza dei genitori, dal prevalere delle pulsioni di vita, mentre gli ostacoli riguardano le pulsioni distruttive e la perdita dei genitori e del loro amore. L’incapacità di tollerare le angosce depressive può dare vita a una regressione a un funzionamento di tipo schizo-paranoide. Un ulteriore modo per affrontare le angosce depressive è fare ricorso alle difese maniacali: per eludere le angosce depressive, l’oggetto può essere disprezzato e si può trionfare per la sua distruzione, oppure lo si può idealizzare per renderlo immune. Ancora, si può ricorrere alle difese ossessive, centrare sull’annullamento retroattivo magico dei danni arrecati all’oggetto. L’attività che permette al bambino di elaborare la posizione depressiva è la riparazione: il bambino prova il senso di colpa di aver arrecato un danno all’oggetto amato, per cui mette in atto dei comportamenti riparativi, con consapevolezza che per riparare c’è bisogno di tempo. La riparazione maniacale è caratterizzata da onnipotenza, scarsa consapevolezza. Alla posizione depressiva viene ricondotto il complesso edipico maturo: il bambino sviluppa sentimenti di amore e rivalità sia verso la madre, sia verso il padre, sia verso la coppia dei due. Si ha conflitto tra l’amore e il riconoscimento del bisogno di una coppia di genitori che si amino e il desiderio di possedere esclusivamente entrambi i genitori, con gelosia, rabbia e paura. Il tramonto del complesso edipico non è dovuto alla paura di evirazione (cfr. Freud), ma all’amore per la coppia dei genitori e all’esclusione dal rapporto. Il primo oggetto dell’investimento libidico è il seno materno, cui rivolge sia amore che odio, creando due relazioni scisse. Per appagare i suoi desideri orali e sfuggire dalla persecutorietà del seno investe il pene del padre, che immagina presente nella madre e assume una posizione femminile. I processi introiettivi permettono poi di identificarsi con il padre, assumendo una posizione maschile. Anche il pene all’interno della madre passa da oggetto idealizzato ad oggetto persecutorio. Alla relazione con il seno della madre e con il pene del padre, subentra la relazione con la figura parentale combinata, a cui segue quella della madre e del padre come oggetti interi. A questo punto subentra la posizione depressiva. CAPITOLO 5: William Ronald Dodds Fairbairn Fairbairn sostiene che fin dall’inizio della vita esiste un Io, fin dall’inizio orientato alla realtà. La libido è in funzione dell’Io ed è alla ricerca di oggetti che lo amino come persona reale, nella sua totalità. Fin dall’inizio abbiamo bisogno di accettazione, amore, riconoscimento. Fin da subito siamo a contatto con la realtà e differenziati dagli altri. L’Io passa da una dipendenza infantile ad una dipendenza matura: il culmine dello sviluppo non è l’’indipendenza, poiché l’interdipendenza è intrinseca nell’umanità. L’angoscia fondamentale dell’Io nelle sue prime fasi è quella della separazione degli oggetti amati: ci si identifica con essi, dunque perderli significa perdere se stessi, non esistere. Le zone erogene non sono altro che tramiti per instaurare ed esprimere la relazione con gli oggetti. Tutti fanno esperienze relazionali traumatiche in cui il bisogno di essere amati e di essere riconosciuti viene attivato e poi frustrato. L’Io del bambino reagisce a queste esperienze con un’opera di interiorizzazione dell’oggetto traumatizzante, così da ottenere un senso di maggiore controllo sulla realtà. Per salvare l’oggetto che lo ha traumatizzato, si assume la colpa e crea delle aspettative relazionali e modi di reagire congruenti al trauma vissuto. Le esperienze relazionali appaganti in un primo momento non vengono interiorizzate e non si strutturano in aspettative rigide e influenzanti sul futuro. Quando acquisisce la capacità di ambivalenza, l’Io inizia a sperimentare l’oggetto interiorizzato insoddisfacente come un oggetto amato e odiato. Il primo oggetto ambivalente è la madre interna insoddisfacente. Questo oggetto viene scisso in tre oggetti diversi: 1. Oggetto iper-eccitante  vi colloca tutti gli aspetti del caregiver che lo hanno eccitato 2. Oggetto iper-frustrante  vi colloca tutti gli aspetti che lo hanno deluso e fatto soffrire 3. Oggetto ideale/ideale dell’Io  oggetto privo degli aspetti iper eccitanti/frustranti Per ottenere l’Ideale dell’Io, gli oggetti iper-eccitanti e iper-frustranti vengono rimossi in modo aggressivo tramite la rimozione diretta e primaria. Questi oggetti, però, sono investimento dell’Io stesso, che si trova a dover allontanare degli aspetti che gli appartengono tramite la rimozione diretta secondaria:  Io libidico, pieno di speranza e di amore per l’oggetto eccitante  Io anti-libidico, pieno di odio e dipendenza per l’oggetto frustrante L’Io anti-libidico ha una profonda dipendenza con l’oggetto frustrante e non vuole che l’Io libidico continui ad amare l’oggetto eccitante, per paura del riproporsi del trauma: per questo attacca sia l’Io libidico che l’oggetto eccitante, così sottoposti ad una rimozione indiretta. Gli aspetti libidici sono soggetti a rimozione diretta e indiretta. L’aggressività in eccesso viene distribuita tramite una ridistribuzione topografica, impiegata cioè nelle relazioni tra i due Io e i loro oggetti. I processi di rimozione dell’Io libidico e dell’oggetto eccitante spiegano le difficoltà dei soggetti a relazionarsi con il mondo esterno in modo emotivamente intenso. Ciò che resta dell’Io centrale si rapporta con l’oggetto ideale, ma è vittima dell’influenza dell’oggetto eccitante ed Io libidico e dell’oggetto frustrante e dell’Io anti-libidico. L’Io centrale ne risulta indebolito nei suoi rapporti con la realtà e le energie tendono a riprodurre le relazioni interiorizzate nelle relazioni con sé e con gli altri. L’inconscio sarebbe formato dalle parti che sono rimaste fissate nelle relazioni traumatiche infantili e che non sono mai state riconosciute, continuando a provare rabbia. Queste parti funzionano in modo infantile e finiscono per identificarsi con oggetti scissi, polarizzati e parziali.  La relazione Io libidico – oggetto eccitante, espone al senso schizoide di futilità, per la prima volta sperimentato nella relazione esterna relativamente insoddisfacente con la madre e resta nel dominio dell’introversione.  La relazione Io anti-libidico – oggetto frustrante, espone ai sentimenti depressivi e resta nel dominio dell’estroversione. Viene ipotizzato un nucleo schizoide alla base del funzionamento mentale, ma a differenza della Klein, questo nucleo viene ricondotto a carenze reali nelle capacità materne di fornire le cure. Nel primo anno di vita, si stabili la situazione endopsichica fondamentale:  Io centrale – oggetto ideale, scissi, interiorizzati, non rimossi  Io libidico – oggetto eccitante, scissi, interiorizzati, rimossi  Io anti-libidico – oggetto frustrante, scissi, interiorizzati, rimossi La struttura del Super Io freudiana, si compone per Fairbairn dell’oggetto frustrante e dell’Io anti- libidico ad un livello profondo, mentre superficialmente l’Io ideale viene interiorizzato. I senti di colpa maturi sono frutto del rapporto tra Io centrale e Ideale e riguardano l’essere in balia di un oggetto iper-eccitante o iper-frustrante. La difesa morale è funzione dell’oggetto ideale e attacca la parte libidica o anti-libidica. Rispetto a Freud, rifiuta l’idea di un serbatoio energetico privo di struttura (Es) e di due strutture prive di energia propria (Io e Super Io): esistono solo strutture dinamiche, frutto del processo di interiorizzazione, sempre composte da relazioni oggettuali e non solo dagli oggetti. Rispetto a Klein, afferma il carattere reale delle esperienze relazionali insoddisfacenti, rifiutando il concetto di fantasia inconscia. Come Freud e Klein concorda che le due motivazioni principali dell’uomo siano libido e aggressività, ma non le lega a desideri di tipo sessuale, bensì di appagamenti relazionali. La struttura endopsichica di base si struttura nella fase di dipendenza infantile (cfr. fase orale). Il narcisismo primario denoterebbe questa condizione, mentre il narcisismo secondario sarebbe espressione del successivo investimento degli oggetti interni. Nella fase di transizione, l’Io può adottare quattro tecniche difensive contro i conflitti schizoidi e depressivi: 1. Tecnica paranoide = interiorizzare oggetto ideale ed esternare oggetti cattivi 2. Tecnica ossessiva = interiorizzare oggetto ideali e oggetti cattivi 3. Tecnica isterica = interiorizzare oggetti cattivi ed esternare oggetto ideale 4. Tecnica fobica = esternare oggetto ideale e oggetti cattivi Il paziente paranoide si identifica con l’oggetto ideale collocando nel mondo esterno tutto il negativo; il paziente ossessivo lotta con elementi interni tanto ideali quanto rabbiosi o saturi di eccitazione; il paziente isterico cerca salvezza in oggetti esterni vissuti come buoni, mentre dentro vi è il negativo; il paziente fobico vede nel mondo esterno tanto la fonte dei suoi mali che della sua salvezza. In questa fase il conflitto è tra il permanere e tornare alle relazioni di dipendenza infantile e il raggiungere una dipendenza matura dall’altra. Agli oggetti interni eccitanti e rifiutanti di matrice materna, si aggiungono quelli di matrice paterna. Le diverse relazioni interne scisse determinano la situazione edipica: un oggetto, la madre, finisce per essere il rappresentante degli aspetti eccitanti; il padre diventa rappresentante degli aspetti rifiutanti. Ciò accade anche alla luce della scoperta della relazione di coppia tra i genitori. L’ultima fase di sviluppo, quella di indipendenza matura, è caratterizzata da una differenziazione più solida dall’oggetto, dalla capacità di apprendere dalle esperienze reali, di regolare impulsi ed emozioni. Fairbairn aggiunge altre tecniche per affrontare i conflitti nucleari:  Le tecniche maniacali, per gestire il conflitto depressivo  L’isteria di conversione, che implica la sostituzione di un problema personale con uno corporeo  Il sostituire recitare all’essere, mostrarsi al dare, odiare all’amare Traumi e frustrazioni sono fattori attivanti e causano la patologia perché rafforzano e facilitano il riemergere delle relazioni oggettuali cattive interiorizzate scisse e rimosse. A questo ritorno, l’Io centrale contrappone le sue tecniche difensive e la risultante è la sintomatologia. Le resistenze sono espressione dei legami di dipendenza infantile con gli oggetti interni scissi e rimossi: il rimanere nella patologia è un segno di lealtà che le parti infantili mostrano verso gli oggetti negativi interiorizzati. Nel modello proposto è la relazione reale buona con l’analista che può modificare il mondo interno, rendendo consapevole dell’assetto delle sue strutture endopsichiche e delle vicissitudini che ne hanno determinato la costruzione e offrendogli un’alternativa relazionale. Tra i cambiamenti nel setting vi è l’abbandono del lettino e la messa in discussione della durata fissa. CAPITOLO 6: Donald Winnicott Donald Winnicott presta meno attenzione alla dimensione pulsionale e interna, focalizzandosi sul ruolo dell’ambiente e della madre. Il suo contributo principale si concentra sui primissimi mesi di vita e sui processi che contribuiscono alla formazione dell’Io. Seguendo Freud, ritiene che il feto e il neonato siano in una condizione di dipendenza assoluta, narcisismo, onnipotenza allucinatoria e mancanza di differenziazione del sé. L’infante ha bisogno di un ambiente facilitante, assicurato da una madre sufficientemente buona. Durante la fine della gravidanza e nei primi mesi del bambino, la mamma vive una condizione di preoccupazione materna primaria, in cui si identifica con il figlio, ponendolo al centro del suo mondo. In questa fase, una madre sufficientemente buona deve svolgere alcune funzioni:  HOLDING  riguarda la capacità della madre di tenere in braccio il bambino, di sostenerlo e dargli attenzione, per proteggerlo da stimoli interni ed esterni. Questa funzione serve a mantenere la sensazione di continuare ad essere, keep on being, e a sviluppare il senso di un Io, dando stabilità, senso di protezione, affidabilità. I fallimenti possono assumere diversi modi: imprevedibilità nelle reazioni, instabilità con cui tiene il piccolo, incapacità di dare protezione. Si tratta di fallimenti che lasciano il bambino esposto ad interferenze, ovvero impingements, che costringono il bambino a reagire, interrompendo il suo senso di continuare ad essere. Si ritrova a vivere agonie primitive e impensabili, come la paura di cadere per sempre e di perdere la propria integrazione. Da ciò deriva la psicosi.  HANDLING  riguarda il fornire cure fisiche, così che il bambino possa imparare a sentire che è se stesso, un’unità di corpo e psiche con dei confini. Questo è un processo di personalizzazione, che, in caso di fallimento, porta a depersonalizzazione.  OBJECT PRESENTING  quando il neonato sente il bisogno del seno, lo allucina in modo onnipotente nel momento in cui la madre sufficientemente buona glielo presenta. Pensa, cioè, di aver creato il seno e non di averlo trovato. Con il seno si intendono, in generale, tutti gli oggetti che servono a soddisfare i bisogni del bambino. Questa illusione permette al bambino di entrare in relazione con un oggetto reale e di sperimentare un senso di onnipotenza e autenticità, popolando di oggetti il suo mondo interno. Se la madre fallisce, crea una dissociazione, per cui la psiche si divide creando un falso Sé che permette al bambino di sopravvivere e creare relazioni. Lo sviluppo di una certa misura di falso Sé è inevitabile, tuttavia, se predominante, porta a difficoltà nel vivere situazioni intime. Il suo ruolo è di proteggere il vero Sé, cui concede una vita nascosta e segreta.  SPECCHIO  riguarda la capacità della madre di rispondere al figlio mostrando tramite la mimica facciale, il tono della voce, lo sguardo e i movimenti ciò di cui lui fa esperienza. Se il piccolo vede solo le difese di lei anziché se stesso, dovrà rinunciare alla propria spontaneità, il suo senso di essere è minato e quando guarda l’altro non percepisce se stesso. Se non si istaura un legame del genere con l’ambiente, la sua attenzione si concentrerà sull’altro, sulle esigenze dell’altro e sulla capacità di prevederle, nascondendo ciò che prova e sente. Se tutto ciò avviene in maniera corretta, il bambino passerà da una dipendenza assoluta ad una dipendenza relativa, associata alla consapevolezza di dipendere da qualcuno diverso da sé. Ciò si accompagna alla comparsa di oggetti transizionali, che sono parti del Sé e sostituti della madre, svolgendo una funzione che viene assegnata dal bambino, come preludio del simbolo e aiutano la separazione materna. Fondamentale è l’accettazione del paradosso, ovvero che si tratti di oggetti al tempo stesso creati dal bambino e trovati nella realtà esterna. Sono chiamati così in quanto favoriscono la transizione dalla dipendenza assoluta a quella relativa. L’area in cui emergono è uno spazio potenziale, ovvero non dato con l’attività psichica: qui l’essere umano può rifugiarsi per smettere di negoziare con mondo esterno e mondo interno. Ciò costituisce l’area transizionale, che dipende dalla presenza e persistenza di una madre sufficientemente buona. Il processo di maturazione: oggetti soggettivi  oggetti transizionali  oggetti oggettivi quando il bambino riesce a percepire gli oggetti nella loro oggettività, viene indotto a voleri distruggere. Se le cure sono state sufficientemente buone, gli oggetti non muoiono e non cercano vendetta e questa loro capacità di sopravvivere senza ritorsioni fanno sì che vengano collocati al di fuori dell’area di onnipotenza e degli oggetti soggettivi. Il paradosso in questo caso è che il tentativo di distruggerli rende gli oggetti oggettivi, ma esso è dovuto alla loro stessa percezione di essere oggettivi. Solo quando è diventato capace di collocare l’oggetto al di fuori dell’onnipotenza e di usarlo, l’essere umano può rapportarsi con identificazioni crociate, cioè mettersi nei suoi panni. Winnicott sostiene che il bambino molto piccolo fa esperienza di due madri: una madre oggetto, investita di un amore spietato e una madre ambiente, che sostiene il suo sviluppo. Quando comprende che si tratta della stessa persona, teme di aver danneggiato anche la madre ambiente. Sperimenta, dunque, sensi di colpa, che possono essere tollerati ed evolvere in preoccupazioni responsabili se la madre sopravvive e non fa ritorsioni. Centrale nella fase di dipendenza relativa è che il bambino sviluppi una tendenza antisociale: se vi è un fallimento delle cure nella fase di consapevolezza dell’altro come oggettivo e di preoccuparsi per lui, allora il bambino vive una deprivazione ingiusta di qualcosa di cui ha bisogno e diritto. Le manifestazioni della tendenza antisociale sarebbero la prepotenza, l’ingordigia, l’enuresi, lo sporco, il distruggere, il vagabondare. Il soggetto costringe l’ambiente a intervenire nella speranza di ottenere ciò che gli è stato sottratto ingiustamente. Solo dopo aver acquisito la capacità di usare oggetti oggettivi e di preoccuparsi per loro, il bambino va verso la sua indipendenza. Winnicott si occupò molto dello studio di quei pazienti che oggi definiremmo psicotici o borderline. Egli sostiene che il Falso Sé, che li ha portati in terapia, cede il posto al terapeuta, verso cui prova la fiducia che il Vero Sé venga ascoltato e aiutato a riemergere. Se il terapeuta supera le prove, allora può emergere il bisogno di regredire alla dipendenza. Se secondo Freud la regressione era favorita dalla frustrazione, per Winnicott è favorita dall’attendibilità e coerenza del terapeuta e va gestita per soddisfare i bisogni del paziente (regressione maligna vs benigna). La stanza di analisi deve essere accogliente, contemplare oggetti come coperte e acqua, il contatto fisico con il paziente è anche necessario. Momenti importanti sono i transfert psicotici, in cui il paziente vive con l’analista i fallimenti del suo ambiente precoce, che ora può riportare sotto il suo controllo. Il compito dell’analista è fornire al paziente le esperienze che gli sono mancate, così da permettere al suo Vero Sé di emergere. il controtransfert viene distinto tra l’espressione dei problemi irrisolti del terapeuta, la capacità di utilizzare le proprie esperienze e quello oggettivo, ovvero le reazioni emotive del clinico giustificate dal comportamento del paziente. CAPITOLO 8: Margaret Schonberger Mahler Margaret Mahler si interessa fortemente agli studi infantili. Vede come, al pari della fase intrauterina, nelle prime settimane di vita il bambino è un sistema chiuso, autosufficiente in modo allucinatorio. Denomina questo stato autismo normale, dove tutti gli sforzi sono volti al mantenimento dell’omeostasi. Il passaggio che permette l’ingresso nella fase di simbiosi normale è l’investimento delle cure materne, ovvero la percezione e accettazione dell’esistenza di un altro essere umano che dà conforto e soddisfacimento. Il temine simbiosi è usato in quanto vi è una totale identificazione e fusione madre-bambino, una fusione allucinatoria. Nei casi di psicosi simbiotica infantile, l’individuo regredisce a questa fase di non differenziazione. Inserisce lo sviluppo autistico e simbiotico all’interno della fase di narcisismo primario, nelle prime fasi di vita assoluto, poi normale, in cui percepisce il soddisfacimento dei bisogni da parte di altro. Nelle psicosi infantili, il bambino non ha potuto fare esperienza di una piena fiducia verso un oggetto buono che soddisfacesse i suoi bisogni, di conseguenza non si verifica la differenziazione del sé e quindi non si sviluppa un adeguato senso di identità. Sono esito di una regressione alla fase autistica o simbiotica. Alla base delle psicosi vi sono delle insufficienze di base, ovvero carenze nelle funzioni dell’Io, come in quella percettiva, fondamentale per il riconoscimento di realtà interna ed esterna e per la costruzione di un Io corporeo. Nella psicosi, l’individuazione non viene raggiunta. La formazione dell’identità personale prevede strutturazione e neutralizzazione delle pulsioni, in base a due condizioni necessarie: 1. L’entità degli stimoli esterni non deve essere soverchiante 2. È necessaria la presenza di un partner simbiotico che funga da regolatore per il bambino nel relazionarsi con il mondo esterno La strutturazione del senso di identità passa dalla formazione di un Io corporeo e coincide con il primo livello di integrazione del senso di identità, che si verifica come esito del processo di separazione-individuazione. Nello sviluppo normale, la nascita psicologica del bambino non coincide con quella biologica, ma con l’acquisizione di un senso di identità individuale e differenziata dagli altri. Nelle psicosi infantili, questo processo è ostacolato. Mahler ha individuato due sindromi psicotiche:  Psicosi autistica  capacità di discriminazione di stati interni ed esterni totalmente assente  Psicosi simbiotica  capacità embrionali di discriminazione e differenziazione Il bambino autistico tende a isolarsi e a non manifestare interesse, quello simbiotico è descritto come perennemente attaccato alla madre. In entrambi i casi, è necessario fornire al bambino un’esperienza simbiotica correttiva. La nascita psicologica del bambino viene descritta come un processo che si articola nei primi tre anni di vita e si delinea in due linee evolutive principali: processo intrapsichico di separazione, per cui si istaurano confini e allontanamenti, con la percezione dell’altro come diverso da sé e investito libidicamente; processo intrapsichico di individuazione, consiste nell’acquisizione delle proprie caratteristiche individuali e implica lo sviluppo delle funzioni relativamente autonome dell’Io.  Fase autistica normale: copre i primi due mesi, vi è una relativa assenza d’investimento degli stimoli esterni, il bambino è come un sistema chiuso isolato, non consapevole degli oggetti esterni e, di conseguenza, non in grado di relazionarsi con essi. È interessato alla soddisfazione dei propri bisogni fisiologici, agisce secondo il principio di appagamento allucinatorio. La meta è il raggiungimento e mantenimento dell’omeostasi e sperimenta una serie di frustrazioni e gratificazioni.  Fase simbiotica normale: copre i quattro/cinque mesi, diventa più sensibile agli stimoli esterni, ma ancora non è in grado di completare la differenziazione. La madre comincia ad essere percepita come un oggetto esterno. Si ha la comparsa del sorriso non specifico rivolto alla faccia umana, che indica l’inizio della relazione con l’oggetto che soddisfa. La conquista è proprio l’investimento libidico della madre. Cominciano a formarsi isole di memoria che indicano le esperienze buone e cattive. Il tutto è facilitato dalla sensibilità materna.  Prima sottofase di separazione-individuazione: a quattro/cinque mesi di età, al culmine della simbiosi, il bambino inizia a comportarsi secondo un primo processo di differenziazione. Emerge il sorriso specifico, che indica un rapporto preferenziale tra la madre e il figlio. Il bambino costruisce anche un’immagine del proprio corpo. Verso la fine di questa sottofase, si innesca il processo di emergenza, ovvero un’evoluzione della percezione che lo porta ad essere vigile e a rivolgere l’attenzione all’esterno. Arriva poi ad avere un’aspettativa fiduciosa rispetto all’accudimento che potrà avere. A circa sei mesi, emerge il tentativo di sperimentare la separazione e individuazione: il bambino distingue il proprio corpo da quello materno ed esplora in modo tattile e visivo il volto della madre. Dai sette agli otto mesi compare il modello del controllo ripetuto della madre, per cui il bambino inizia ad operare confronti tra la madre e l’estraneo: invece dell’angoscia, alcuni bambini sperimentano curiosità verso l’estraneo.  Seconda sottofase di separazione-individuazione: va dai dieci ai diciotto mesi, si ha un momento di sperimentazione precoce, in cui il bambino si allontana per la prima volta dalla madre e una di sperimentazione vera e propria, in cui ha ormai acquistato la capacità di deambulare in modo corretto. Si verifica un’improvvisa differenziazione corporea dalla madre, l’instaurarsi di un legame con lei, lo sviluppo e il funzionamento degli apparati autonomi dell’Io. I bambini che hanno un buon contatto a distanza con la madre, si allontanano ed esplorano senza problemi: si può osservare come ritornino periodicamente da lei, mostrando di aver bisogno di contatto e vicinanza fisica, di un rifornimento affettivo. È frequente che in questa fase i bambini sperimentino un aumento dell’angoscia di separazione, pertanto è importante che la madre riesca a mantenere un contatto e a lasciarli liberi di esplorare. Il bambino ha bisogno di sapere che la madre rimane lì al bisogno, per consolarlo e accoglierlo. Il raggiungimento della posizione eretta è uno snodo importante, che permette al bambino di affermare la propria identità. L’abbassamento del tono dell’umore indica lo sviluppo della consapevolezza dell’assenza della madre simbiotica.  Terza sottofase di separazione-individuazione: il bambino si percepisce come un’entità autonoma e si assiste alla sua nascita psicologica. Si osserva un aumento dell’angoscia da separazione, manifestata con la preoccupazione di dove si trovi la madre e comportamenti di riavvicinamento fisico. Diventa più consapevole della propria separatezza, per cui ha maggiore bisogno di quel rifornimento affettivo. La madre deve essere disponibile quando il bambino cerca il suo supporto e, contemporaneamente, tollerare e favorire la sua separazione. Il bambino deve rinunciare all’illusione onnipotente della propria grandezza e divenire consapevole degli ostacoli nella realtà. Si hanno tre sottofasi: 1. Riavvicinamento iniziale  15-18 mesi, il bambino vuole condividere con la madre le esperienze che fa: continua a parlare di oggetti affinchè essa manifesti interesse e partecipi al suo entusiasmo. Il mondo sociale del bambino si amplia. I giochi di imitazione aumentano, con la necessità di rispecchiarsi in un altro. Il bambino realizza che per soddisfare i propri bisogni deve chiedere. Inizia ad esplorare anche le differenze tra i due sessi. Il bisogno del rifornimento affettivo è meno evidente, gli è sufficiente controllare che la madre resti nel suo campo visivo. L’assenza fisica provoca irrequietezza e paura. Per far fronte a ciò, ricerca anche sostituti della madre. Alla fine si verifica un’apparente accettazione della propria separatezza, ma anche il piacere di condividere. 2. Crisi del riavvicinamento 18-21 mesi, il bambino sperimenta un forte desiderio di indipendenza ed esercita autonomia. Vive il conflitto tra il voler essere autonomo e onnipotenze e il bisogno che la madre soddisfi i suoi bisogni. Si ha il fenomeno dell’ambitendenza: alternanza tra il desiderio di evitare la madre e quello di starle vicino. Da ciò deriva l’indecisione nei comportamenti. Il bambino diventa più preoccupato e attento nel monitorare la presenza della madre. Sul piano cognitivo si sviluppa la costanza dell’oggetto. La sfera emotiva si amplia. 3. Soluzioni individuali della crisi  si ha una riduzione delle crisi, che coincide con il trovare una distanza ottimale dalla madre. Diminuiscono le richieste di controllo onnipotente. Il bambino si addentra nel processo di individuazione e ciò è favorito dalla comparsa del linguaggio, dal processo di identificazione con i genitori e dalla capacità di gioco simbolico.  Quarta sottofase di separazione-individuazione: intorno al terzo anno si consolida la costanza dell’oggetto emotivo, che dipende dall’interiorizzazione interna di una madre stabile e costante e investita libidicamente, che permette al bambino di funziona bene anche separatamente. Si verifica una maggiore stabilità del sé e dei suoi confini con il consolidamento dell’identità sessuale. Il bambino prova fiducia e sicurezza grazie alle varie esperienze di alleviamento della tensione e dei bisogni da parte della madre. Il bambino impara a capire che p la madre a fornire le cure di cui ha bisogno. Solo dopo aver stabilito la permanenza oggettuale e la rappresentazione mentale dell’oggetto, il bambino può sostituire in parte la madre con una presenza interna sicura e stabile. Implementa l’utilizzo della comunicazione verbale, aumenta l’interesse verso gli altri bambini e assimila il senso del tempo, che consente di tollerare l’assenza materna. CAPITOLO 9: HEINZ KOHUT Kohut definisce la psicoanalisi come una scienza degli stati mentali complessi, che indaga il dominio dei fenomeni accessibili per mezzo dell'introspezione e dell'empatia: ciò che comprende dell'altro, infatti lo psicoanalista lo comprende mettendosi nei panni dell'altro, per cui il ruolo dell'osservatore e la sua influenza su quanto osservato sono virtualmente includibili. L’empatia è sia uno strumento di indagine che un fattore terapeutico. Inoltre per Kohut vi è la necessità di de- patologizzare i fenomeni narcisistici e di liberare il loro studio dall'influenza di considerazioni moralistiche. Inizia ad avanzare la proposta di considerare quella narcisistica come una linea evolutiva alimentata da una libido narcisistica, diversa da quella oggettuale ragione per cui lo sviluppo non implicherebbe il superamento del narcisismo a favore dell'amore oggettuale, ma il passaggio da forme di narcisismo infantili a forme mature. La linea evolutiva narcisistica ha come costrutti centrali il Sé grandioso-esibizionistico, originariamente non differenziato dall’oggetto, e l’oggetto idealizzato, cioè il Sè del bambino piccolissimo vissuto come onnipotente e fuso con la madre e le immagini idealizzate dei genitori, che di questo Sè prendono il posto e che permettono così al bambino di sentirsi onnipotente. In un primo momento, ritiene che il Sé grandioso-esibizionistico e l'oggetto-Sé idealizzato emergano dopo il crollo del narcisismo primario, dovuto al contatto con la realtà. All'inizio della sua teoria originale, intende il Sé a volte in senso più ristretto, ossia come l'insieme delle rappresentazioni coscienti, preconsce e inconsce relative a se stessi e che può essere investito tanto di libido oggettuale quanto di libido narcisistica, altre volte usa invece il concetto di Sé per indicare una struttura ipotetica sovraordinata, a cui sono ascrivibili quattro ordini di fenomeni che è possibile cogliere con introspezione ed empatia: 1. il senso di essere attori delle proprie azioni e soggetti delle proprie intenzioni cioè il senso di Agency 2. la sensazione di essere il soggetto delle proprie sensazioni ed emozioni 3. la sensazione di essere uno, cioè coeso nello spazio e differenziato dagli altri 4. la sensazione della propria continuità nel tempo e di conservare una continuità nel tempo del senso della propria identità è il secondo modo di intendere il Sé ad acquistare centralità e che viene inteso sulla base di alcuni indicatori esperienziali: la sensazione di coesione spaziale e temporale, quella di armonia e quella di vitalità. Inoltre, se lo sviluppo della linea evolutiva dell'amore oggettuale implica la presenza di oggetti vissuti come altro da sé, la libido narcisistica ha bisogno di oggetti-Sé, cioè di specifiche esperienze relazionali ed emotive, in cui un oggetto ha la funzione di favorire e sostenere la formazione e la coesione e lo sviluppo del Sé e che nelle prime fasi dello sviluppo non è neppure differenziato dal sé. Nel corso della vita, le esperienze di oggetto-Sè evolvono e si supera la fusione primaria, ma il bisogno di esperienze di oggetto-Sè non tramonta mai. Il Sé grandioso-esibizionistico, per evolvere, ha bisogno di oggetti-Sé speculari, cioè che siano in grado di riflettere al piccolo un'immagine del proprio sé connotata di comprensione, accettazione e ammirazione; in condizioni normali, la capacità di questi oggetti si rivela normalmente fallibile e si verificano frustrazioni ottimali, non troppo massicce né frequenti, che permettono l'interiorizzazione trasmutante delle funzioni speculari; se il caregiver è in grado, grazie alla propria empatia, di comprendere e andare incontro ai bisogni narcisistici del piccolo e se i suoi fallimenti non sono troppo gravi, allora nel corso del tempo il piccolo impara a svolgere in autonomia le funzioni svolte prima per lui dall'oggetto-Sé, sviluppando la capacità di coltivare le proprie ambizioni e di regolare in modo realistico la propria autostima e le tensioni che si associano a tale regolazione; così i sentimenti di orgoglio ed entusiasmo prevalgono su quelli di vergogna. Gli oggetti-Sè idealizzati invece permettono al bambino di fondersi con la loro saggezza e potenza nei momenti in cui il piccolo ha paura e si sente fragile. In condizioni favorevoli, grazie ai processi di interiorizzazione trasmutante, attivati nelle frustrazioni ottimali, si permette al piccolo di sviluppare i propri ideali e la regolazione delle emozioni. Uno sviluppo ottimale nella linea narcisistica fa dunque sì che ogni persona diventi un individuo in grado di accettare la propria caducità, perché si sente sufficientemente forte da tollerare la propria finitezza e sviluppi le ambizioni che la spingono, l'entusiasmo necessario per coltivare la capacità di modulare i sentimenti di orgoglio e vergogna e la consapevolezza dei propri talenti e capacità; quando agisce in accordo con queste ambizioni ideali, un individuo prova gioia ed è capace di provare empatia per gli altri, perché ha una visione chiara e ben differenziata del sé; l'individuo narcisisticamente sano è capace di umorismo e saggezza perché in grado di sorridere e accettare le proprie debolezze. Se invece subisce frustrazioni traumatiche, il Sé va incontro a frammentazione e si presentano fenomeni come la perdita del senso di agency, della coesione spaziale e temporale e della sensazione di essere recettori delle proprie impressioni e sede delle proprie emozioni. Problematiche di questo tipo si trovano al cuore delle schizofrenie, alla base del disturbo schizoide e di quello borderline di personalità: questi ultimi risentono della presenza di meccanismi di difesa contro le angosce psicotiche. Altre patologie che segnalano la carenza delle capacità di empatia degli oggetti-Sè primari sono i disturbi narcisistici del comportamento, come le dipendenze e le perversioni e i disturbi narcisistici della personalità. Le dipendenze le perversioni sono definite come prodotti secondari di una frammentazione del sé e si configurano come un tentativo di recuperare un senso di vitalità e di forza. In linea con Fairbairn, le manifestazioni di pura pulsionalità non sono quindi segni della sessualità infantile, ma segnali di una compromissione del Sé. In modo analogo, le manifestazioni di vendicatività e rabbia sono intese come azioni per pareggiare i conti e rimettere le cose in ordine, per cui anche la rabbia narcisistica è indicatore di un Sè frammentato e si differenzia da quella oggettuale perché non si accontenta di eliminare il pericolo per l'oggetto amato, ma è implacabile e distruttiva e mira ristabilire nel soggetto un senso di potenza e a cancellare l'altro, che è vissuto come una macchia nel proprio mondo. Nella concettualizzazione dello stato psichico e dei disturbi narcisistici della personalità, Kohut ipotizza la presenza di una scissione verticale, oltre che di una scissione orizzontale di rimozione o negazione della personalità; i bisogni narcisistici frustrati in modo traumatico dall'ambiente precoce sarebbero rimossi (scissione orizzontale) e la loro frustrazione e rimozione lascerebbe nel soggetto un sentimento di depressione (scissione verticale). Un’ulteriore ipotesi avanzata è che molte persone riescano a compensare i deficit strutturali primari di alcune aree del sé: le strutture compensatorie sono diverse da quelle difensive, in quanto lo sviluppo di una adeguata struttura compensatoria può garantire al Sé un buon livello di benessere e salute mentale, mentre una struttura difensiva è in generale più precaria, in quanto cerca di occultare una carenza del Sé. Dunque per Kohut, l'uomo non è naturalmente perverso, distruttivo e scisso, ma lo diventa in assenza di un ambiente sufficientemente empatico che sostenga i suoi bisogni di oggetto-Sé. A partire dalla seconda metà degli anni settanta, cerca di elaborare un sistema psicologico che possa favorire una comprensione più adeguata e una cura più efficace di tutti i tipi di pazienti. In questo nuovo paradigma emergente, il Sè di ogni essere umano nasce come un Sé virtuale, presente nella mente dei genitori ancora prima che la persona venga al mondo, in quanto la nostra identità nasce a partire da quelle che sono le speranze, i sogni e i propositi dei nostri genitori. Con il bambino reale, inizia un lungo processo per mezzo del quale alcune delle potenzialità del bambino, ma non tutte, ricevono delle risposte di rispecchiamento, valorizzazione e accettazione empatica: ed è questo il processo che permette la formazione di un Sé nucleare, che ci permette di sentirci coesi nello spazio e nel tempo, autori delle nostre azioni e iniziative e recettori delle nostre sensazioni ed impressioni. Per la formazione del Sé nucleare e per la sua preservazione sono necessarie esperienze di oggetti-Sè caratterizzate da un'empatia adeguata dei caregiver cioè esperienze di frustrazione ottimale. Il Sè nucleare è costituito da due poli, uniti da un arco di tensione:  il primo polo è il polo delle ambizioni e degli scopi, connesso al Sé grandioso- esibizionistico, che spinge la persona a perseguire i propri obiettivi e a formare un’autostima realistica, acquisendo la capacità di regolare tensioni connesse a questi processi e sentimenti di entusiasmo e delusione di orgoglio e di vergogna. Il polo delle ambizioni si sviluppa e può preservarsi solo se sostenuto da esperienze oggetto-Sè speculari, ovvero l'esperienza di essere visti, riconosciuti e appagati, di sentirsi accettati, validati, legittimati e supportati; è fondamentale vedere rispecchiato da un altro non ciò che abbiamo fatto e detto, ma il soggetto di queste azioni, cioè noi stessi.  il secondo polo è il polo degli ideali e dei valori che guidano in sé ed è responsabile della capacità di regolare le proprie emozioni. L'esperienza prototipica è quella fatta da un bambino che, angosciato e dolorante, corre dalla madre e, fondendosi con l'onnipotenza che ad essa attribuisce, recupera la propria serenità: l'angoscia dirompente viene trasformata in angoscia segnale e comprendendo ciò di cui il piccolo ha bisogno, la madre glielo dà, favorendo nel figlio lo sviluppo della capacità di comprendere ciò di cui ha bisogno.  l'arco di tensione che unisce questi due poli è quello della capacità e dei talenti delle persone e perché questo arco si costituisca e si mantenga in tensione tra ambizioni ideali è necessario che la persona faccia esperienza adeguate di oggetto-Sè gemellare o alter egoico; l'esperienza oggetto-Sè gemellare sono quelle esperienze in cui la persona sente di essere in relazione con l'altro, vissuto come sostanzialmente simile a sé. Il funzionamento di un Sé nucleare coeso, armonico e vitale si basa sulla presenza di un flusso costante di tensione tra i due poli, che corre lungo l'arco dei talenti. Ipotizza che il senso di continuità della propria esistenza non dipenda tanto dalla natura specifica di queste ambizioni, capacità, ideali quanto dal loro peso relativo nella vita della persona, dal differenziale di tensione presente tra i due poli del Sé. I due poli e l'arco di tensione danno vita a un programma nucleare alla cui realizzazione il Sé dedica tutta la sua esistenza e di cui si rende conto solo a posteriori, quando, nella vecchiaia, riguarda il proprio percorso di vita. Quando un individuo non segue questo programma, sperimenta un falso Sè inautentico. Kohut sottolinea come un Sè sano possa svilupparsi anche se uno dei suoi poli non si è costituito in modo adeguato a causa di carenze empatiche nell'ambiente: in casi come questo, la carenza di un polo può essere compensata grazie allo sviluppo rafforzato dell'altro polo o dell'arco di tensione. Insieme a Wolf abbozza anche una classificazione dei vari tipi di personalità in funzione dei problemi connessi ai due poli o all'arco di tensione: o il Sè può essere tendente alla frammentazione, iper-stimolato o ipo-stimolato, affamato di fusione o di specularità, se il polo delle ambizioni non è stato adeguatamente supportato. o il Sé può essere iper-stimolato, ipo-stimolato o sovraccaricato o affamato di ideali, se i problemi principali riguardano il polo degli ideali. o il Sé può essere affamato di esperienze di gemellarità se il problema riguarda l’arco di tensione. Quella edipica diventa una normale fase dello sviluppo, che, in condizioni ottimali, il piccolo affronta con gioia: crescendo inizia a mostrare un nuovo tipo di affetto nei confronti del genitore del sesso opposto e nuove forme di assertività nei confronti di quello dello stesso sesso. I genitori, tramite l'empatia, riescono a comprendere questi nuovi passi evolutivi del figlio e ne gioiscono. Se i genitori hanno disturbi del Sé, allora possono confondere i nuovi segni di affetto e assertività come segnali di seduttività sessuale e odio omicida: queste risposte trasformano lo stadio edipico in un complesso patogeno e faranno frammentare il Sè del piccolo e a questa frammentazione il Sè il bambino reagirà con forme di sessualizzazione e rabbia narcisistica, che sono modi per recuperare un senso di forze e vitalità. L’essenza del Lavoro dell'analista è l'immersione empatica prolungata nell'esperienza soggettiva del paziente, finalizzata a comprendere e spiegare i suoi stati mentali complessi; la comprensione empatica del terapeuta è un fattore terapeutico di per sé. La prima fase di comprensione empatica in assenza di spiegazione ha un valore terapeutico in quanto si configura come una frustrazione ottimale dei bisogni di rispecchiamento, idealizzazione o gemellarità: frustrazione perché tali bisogni non sono appagati, ottimale perché il paziente può sentirli compresi grazie all'empatia. Importanti sono gli inevitabili errori, ovvero fallimenti empatici del terapeuta, che permettono l'emergere e l'elaborazione di analoghi fallimenti passati nell'empatia delle figure di riferimento del paziente, permettendo una comprensione più accurata dei bisogni e delle origini dei problemi. Il secondo step del lavoro analitico è la spiegazione dei fenomeni che segue la loro comprensione e si basa su una forma più evoluta di empatia, che trascende il mero hic et nunc di ciò che è accaduto in seduta e lo inserisce nel complesso del suo sviluppo complessivo; la fase di spiegazione fornisce un'esperienza analoga a quella che fa il piccolo quando la madre, compresa la causa della sua angoscia, fornisce ciò di cui ha bisogno. Le resistenze non si rivelano ostacoli da superare, bensì tentativi di preservare il pur limitato senso di coesione, continuità, armonia e vitalità del sé. In alcuni casi è possibile che il paziente raggiunga lo stato di salute del tutto soddisfacente per mezzo del rafforzamento di una struttura di compensazione, cioè del polo che si è riuscito a strutturare meglio grazie alle esperienze più adeguate dell’empatia degli oggetti-Sé. Vi sono comunque delle critiche, come la tendenza a verificare costrutti astratti; è un impianto per molti versi semplicistico, che riconduce la complessa rete di motivazioni umane a tre bisogni: specularità, gemellarità e idealizzazione e la psicopatologia come esito di fallimenti dei caregiver nell’andare incontro a questi bisogni. CAPITOLO 10: JOHN BOWLBY John Bowlby si è occupato dello studio del legame tra madre e bambino, delle conseguenze delle separazioni e dei loro effetti sullo sviluppo psichico del bambino. Rifiuta l’idea psicoanalitica che il bambino cerchi la vicinanza con il proprio caregiver in via secondaria (appagamento dei bisogni) ed è invece convinto che sia un legame primario e non riducibile ad altro. In uno studio precedente allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, aveva confrontato i dati di 44 ragazzi che avevano compiuto furti con altri che non ne avevano compiuto: nella storia dei primi si potevano rintracciare un maggiore numero di separazioni precoci. Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, il tema dei bambini orfani e senza casa divenne centrale. Nel report Maternal Care and Mental Health affronta il tema delle separazioni e quattro situazioni:  i bambini evacuati durante la guerra  i bambini cresciuti nelle war nurseries  i bambini ricoverati in assenza dei genitori  i bambini affetti dalla sindrome da ospitalismo Winnicott critica in Bowlby la mancanza di una teoria di riferimento che possa spiegare perché questo tipo di deprivazione provochi effetti sui bambini: la mancanza di una cornice teorica è uno dei limiti principali. Nella collaborazione con Robertson, vengono individuare le famose fasi che caratterizzano la separazione dei bambini dalle figure di attaccamento: protesta – disperazione – distacco e si stila anche una distinzione tra i diversi comportamenti che seguono la riunione con il caregiver: comportamento ansioso preoccupato – evitante – disorientato Bowlby critica molti aspetti della psicoanalisi, come l’eccessiva importanza data alla fantasia, alla pulsione di morte, alla sessualità, al conflitto con una parte distruttiva. Un punto di svolta è l’incontro con Lorenz e con il suo concetto di imprinting, per cui i piccoli delle specie cercano la prossimità con i caregiver a prescindere dal bisogno di essere nutriti e ciò trova conferma nell’esperimento di Harlow sulle scimmie rhesus. In queste teorie vi è ancora una distinzione tra comportamenti istintivi e appresi, mentre con Hinde elabora il concetto di comportamenti ambientalmente stabili o labili. L’ipotesi di partenza di Bowlby è che le motivazioni fondamentali dell’essere umano e i gli istinti siano stati selezionati nel corso della filogenesi in funzione della sopravvivenza. Il comportamento istintivo è considerato ambientalmente stabile, per sottolinearne la natura immutabile, ma in realtà risulta tale solo finchè non interagisce con l’esperienza. Ciò che viene trasmesso non è l’istinto, ma la potenzialità di sviluppare determinati sistemi comportamentali in base all’ambiente. Inizialmente il repertorio comportamentale è costituito da schemi d’azione riflessa automatici, come il pianto, sorriso o rotazione del capo; successivamente si istaurano i comportamenti diretti verso lo scopo. Bowlby riprende gli studi di cibernetica, definendo il comportamento umano come un piano organizzato secondo il modello TOTE: Test – Operate – Test – Exit. Dagli studi di cognitiva, riprende il concetto di mappa cognitiva, per cui con il procedere dello sviluppo si formano mappe cognitive sia dell’ambiente che delle proprie abilità e potenzialità: queste prendono il nome di Modelli Operativi Interni MOI, che influenzano il modo di interpretare la realtà. Sviluppa l’idea per cui l’attaccamento del bambino alla madre risulta una motivazione primaria, il cui scopo è il mantenimento della prossimità fisica e del senso di sicurezza. Affinchè sia garantita la sopravvivenza, nel corso dell’evoluzione sono stati selezionati quei comportamenti che favoriscono il mantenimento di una prossimità fisica con la madre

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