Preparazione Storia della filosofia medievale PDF

Summary

These notes prepare for a course on medieval philosophy. They summarize the ideas of key figures such as St. Augustine, and explore concepts like the relationship between faith and reason, and the nature of God and the universe.

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Agostino e la patristica 354 dc. - 430 dc. Nato ad Ippona (Algeria), ma culturalmente ellenistico-romana nasce da una famiglia di ceto medio. Scrive in Latino e ad un certo punto, i genitori raccolgono i soldi per mandarlo a studiare a Cartagine. Nel fratt...

Agostino e la patristica 354 dc. - 430 dc. Nato ad Ippona (Algeria), ma culturalmente ellenistico-romana nasce da una famiglia di ceto medio. Scrive in Latino e ad un certo punto, i genitori raccolgono i soldi per mandarlo a studiare a Cartagine. Nel frattempo spende i suoi 16 anni vagabondando in giro, vittima di alcune crisi morali ed esistenziali, come quella del “furto delle pere” di cui tanto si condanna in “confessioni”. Da giovane, sempre a Cartagine, Agostino subisce il fascino del manicheismo, e della sua irresponsabilità morale collegata al costante dualismo luce-ombra e materiale/spirituale. Successivamente si invaghirà dello scetticismo-pessimista , ma approdato a Milano, incontrerà il vescovo Ambrogio, Il quale accenderà in lui un interesse per le sue prediche. A tormentare la mente del giovane Agostino è il problema del male. “Se dio esiste, perché permette il male?” Rimarrà entusiasta del suo incontro con il platonismo (ed il neoplatonismo di plotino), che accenderanno di nuovo in lui la speranza di trovare la verità. In questi anni sogna di privarsi delle sue ricchezze e fare voto di castità, ma le sue passioni lo mantengono ancora schiavo. Gradualmente Agostino conobbe ed abbracciò la dottrina cristiana nel suo totale. Si possono distinguere 2 fasi in Agostino, quella più filosofica giovanile e quella prettamente cristiana da adulto. In particolare, Agostino fù convinto che la felicità (fine di ogni uomo) sia ottenibile con la filosofia, che però è ristretta a pochi, ed è il cristianesimo a diffonderla a tutti. Nella seconda fase della vita però si allontanerà sempre di più dall’ideale di felicità ottenibile in vita, dirà anzi che la filosofia non libera nessuno. (De Trinitate) L’ideale di ricerca filosofica diventa piuttosto un accettazione paziente della propria infelicità in vita. Siamo infelici perché il corpo è un ostacolo, ma del resto, differentemente dai manichei, considera anche il peccato originale. Inoltre nota che Dio, amasse Giacobbe ed “odiasse” Esaù prima che essi nascessero, come mai? Perché Dio è dotato di Prescienza, Dio può Prevedere dall’eternità,il modo in cui gli uomini si comporteranno. In particolare, Dio “vede” e dà importanza alla fede. Più tardi Agostino cambia idea ed include la fede nei doni divini. (non un merito, ma un dono). Ma allora in base a cosa Dio “sceglie” a chi donare fede? La Salvezza è un dono gratuito di Dio. Per Agostino è inspiegabile, però: Tutti gli uomini sono condannati a causa del peccato originale, semplicemente alcuni, a causa della bontà divina, vengono graziati e ricevono la fede. Ed infatti, nessuna pratica umana, nemmeno la più virtuosa è efficace, nessuna può assicurare felicità e salvezza. Filosofia di Agostino Agostino riprende svariati concetti dal platonismo e dal neoplatonismo: - Il mondo come logos, quindi come “ordinato” - La ricerca della verità, ma differentemente da Socrate, Agostino indaga il sé più degli altri. “Conosci te stesso” come motto di ricerca filosofica. Perché l’analisi dell'anima dovrebbe avvicinarmi a Dio? La risposta è che l’anima condivide i fondamentali attributi divini. C’è una correlazione fra uomo e Dio attraverso l’anima. -Essere (Memoria, consapevolezza della propria esistenza) -Conoscenza (Intelletto, grado di conoscere Dio) -Amore (Volontà - ricerca del bene) Similmente all’immagine della caverna di Platone, anche Agostino crede in una gradualità, un “salire” verso una conoscenza, ma al posto del mondo delle forme, qui ci si avvicina a Dio. Sulla creazione: Secondo Origene (Padre della chiesa), la creazione non è mai avvenuta, c’è una coeternità fra Dio ed il mondo. Agostino invece propone l’idea di Creazione ex nihilo, secondo la quale il tempo “nasce” nel momento in cui Dio crea il mondo, quindi non ha senso chiedersi cosa facesse prima della sua esistenza, perché non esisteva il tempo. Esistono due tipi di tempo: -Eternità , cioè il tempo della dimensione divina -Tempo del divenire, Dimensione della natura Il tempo è la continuità della coscienza (anticipando Kant). Dio vive aldilà, nell’eternità. Per lui il tempo non è più ciclico, come quello greco, ma bensì lineare: ha un inizio (genesi) ed una fine (apocalisse). Dall’anima a Dio L’Anima è indicata da Agostino, come una via di accesso al mondo intelligibile e a Dio. E’ necessario chiarire che il mondo sensibile non sia illusorio, ma è mutevole. Dai sensi infatti, si percepisce ma è instabile e mutevole, Agostino dice “Come i capelli che crescono o il corpo che invecchia” L’anima però si rende conto che ci sono delle verità intelligibili (come quelle matematiche) che sono eterne. Si trovano da qualcosa che trascende la ragione. Se ne serve per dimostrare Dio: “Noi vediamo i contenuti intelligibili in una verità ideale, che è necessariamente superiore alla mente stessa, e questa verità non può che essere Dio.” Il tempo Non ha senso interrogarsi sull’attività di Dio prima della creazione, perché prima della creazione non poteva esserci alcun tempo, il tempo è delle creature, non del creatore. Il tempo è anch’esso una creatura. Per agostino, il tempo è una distensione dell’anima. Il problema del male Se da giovane Agostino si avvicinò alle idee del manicheismo, quindi l’esistenza di male e bene, nei suoi studi, si avvicina di più al neoplatonismo, portando avanti il concetto di Male come assenza del bene. In questo senso Agostino risolve il problema del male nel mondo, statuendo una sua “inesistenza” ontologica, dato che quello che definiamo come “male” , altri non è che un grado infimo di bene, assenza di bene. -Male fisico: Sofferenza e corruzione dei corpi, necessari come espiazione del peccato originale. -Male morale: Il peccato, è nell’anima dell’uomo, non in dio. “Il male non è nell’oro, ma nell’avidità”. (Serve per il libero arbitrio) credo ut intelligam, Intelligo ut credam “Credo per conoscere, conosco per credere” Credere senza ragione, ci fa ricadere dell'irrazionalismo, non comprendere i testi sacri ed interpretarli male. D'altra parte il mondo e Dio sono come l’oceano infinito, la mente come una ciotola, è ovvio che non si riesca da soli a capire tutto. La conoscenza avviene attraverso l’illuminazione. La mente di dio contiene la verità, la luce che riflette su di noi che ci avviciniamo a lui per cercarla. La trinità Agostino prova a risolvere il tema complicato della trinità: Padre: Amante Figlio: Amato Spirito: Amore Dio è amore (Oltre che l’essere) La scolastica L’appello alle Autoritas, nasce in un contesto nel quale gli studiosi ed intellettuali, necessitano di far parte di uno sforzo collettivo verso la scoperta. Da qui l’utilità della tradizione, e lo studio della disputatio, come strumento per correggere le opinioni sbagliate. Mentre infiammano i dibattiti fra le aule delle università , in medio oriente nasce l’islam, e con lui la stessa dinamica cristiana sul rapporto fra filosofia e teologia. Anche gli autori arabi riscoprono il mondo greco e si vedranno costretti a rapportare platonismo ed aristotelismo con la loro fede. Platonico → Avicenna Tutto avviene nel mondo per necessità, l’esistenza non è stata una scelta. Aristotelico → Averroè Il mondo è una scelta deliberata di Dio. Gli intellettuali cristiani ed arabi si incontrano soprattutto nella reconquista spagnola e durante le crociate. Severino Boezio 476 dc. Boezio nasce durante la caduta dell’impero romano d’occidente, ed ebbe la fortuna di studiare sia il greco che la filosofia. Il suo progetto fù quello di tradurre e rendere accessibili in latino i principali testi filosofici, in particolare Platone e Aristotele, che lui sperava di conciliare. Formò la divisione Trivio (materie del linguaggio) e quadrivio (materie matematiche). Nonostante il suo progetto rimase sostanzialmente incompiuto, le opere che riuscì a portare a termine, andarono a costituire la quasi totalità della biblioteca filosofica latina disponibile per secoli. La questione degli universali Nell’ambito della logica, l’aspetto più importante del lavoro di Boezio, riguarda la genesi del Problema degli universali. Questo problema nasce quando Boezio si imbattè in un testo di Porfirio, Il quale si chiedeva in che modo potessimo interrogare gli universali (uomo,animale) e come sia possibile identificarne gli individui. L’idea Neoplatonica è che Socrate e Platone, partecipino alla forma separata di uomo, questa tesi è detta Realista perché statuisce l’esistenza reale degli universali. Questa tesi per esistere deve basarsi sulla dottrina delle forme platoniche, che però è stata smentita da Aristotele a suo tempo. Boezio cerca di uscire dal dilemma basandosi sulla tesi Aristotelica dell’ Astrazione → Generi e specie non esistono separatamente come le forme platoniche, piuttosto, questi possono essere Astratti dal pensiero. L’intelletto coglie le somiglianze essenziali fra più individui, formando la specie. L’eternità divina Oltre ai grandi temi dell’etica filosofica greca, Boezio aggiunge degli elementi originali, come ad esempio l’interpretazione dell’ eternità divina. Lui la concepisce come atemporalità, cioè un’assenza assoluta di tempo in un istante unico ed indivisibile. Dio può osservare qualunque istante del tempo, come noi ci affacciamo e vediamo una persona camminare, ma non per questo viene limitata la nostra libertà. Avverranno tutte le cose che dio conosce che avverranno, ma alcune scaturiscono dal libero arbitrio. Boezio utilizza procedimenti logico-razionali all’interno delle questioni strettamente filosofiche. Mondo Bizantino Pseudo-Dionigi L’Areopagita fine del V sec. Padre della teologia negativa Il più grande falsario della storia della filosofia, si era spacciato per un autore del 1 secolo, convertito da S.Paolo. Lui riprende la Proclo, molti dei suoi temi essenziali, soprattutto riguardanti l’assoluta trascendenza dell’Uno/Dio. Il dio in questione è sopra le forme platoniche e sopra l’essere. Pseudo Dionigi è considerato il padre della teologia negativa perché suggerisce l’idea che non si possano usare affermazioni parlando di Dio, dato che esse esprimono sempre contenuti Limitati e Finiti. Questo Uno/Dio è talmente superiore al mondo intelligibile che non può essere oggetto, né soggetto di pensiero, non può essere pensato. Nel cristianesimo però Dio non è così trascendente. (Crea il mondo volontariamente, si rivela) Mondo Latino Giovanni Scoto Eriugena 810 dc. - periodo carolingio Giovanni Scoto Traduce le opere dello Pseudo-Dionigi e compone un trattato sulla predestinazione. Lui ridimensiona il concetto di dannazione e nega la consistenza ontologica del male. Dirà infatti che è assurdo pensare all’inferno come un luogo fisico e che Dio voglia “vendicarsi” dei peccatori. Sul tema della natura, Giovanni divide le combinazioni possibili: 1) Natura che non è creata e crea: Questo è il Dio in sè, assolutamente trascendente come per Proclo e Pseudo-Dionigi 2) Natura che è creata e crea: Queste sono simili alle forme platoniche, ma corrispondono al logos, Le forme sono create e creatrici. 3) Natura che è creata e non crea: Il tempo e lo spazio 4) Natura che non è creata e non crea: Il compimento finale, tutto torna a Dio. Dopo il greco, la lingua della filosofia diventa l’Arabo, grazie ad alcuni autori come Avicenna, Al-Ghazali ed Averroè. Gli arabi leggeranno i testi classici greci come un composto unico, e per questo assistiamo ad una filosofia che tenta di far convergere la tradizione neoplatonica a quella aristotelica. Mondo Arabo Avicenna 980 dc. Avicenna fù anche un importante medico e viaggiò moltissimo in vita sua. Il suo canone ed il libro della guarigione rappresentano fino al rinascimento uno dei principali testi di studio della medicina delle più importanti università europee. Nel corpus Avicennia non vengono riportate le dottrine Aristoteliche pari pari, ma vi ritroviamo un pensiero originale e riformulato. Ad esempio, la metafisica viene definita da lui come: Scienza delle cause in quanto tali. Il problema formulato da Aristotele, è che ogni scienza non può dimostrare l’esistenza del proprio oggetto di studi. Il quale deve essere auto-evidente oppure già dimostrato esistente. Quindi la metafisica non può indagare Dio, in quanto non auto-evidente. Può dimostrare però l’Ente in quanto ente, e da qui comincia un percorso che assimila la metafisica all’ontologia. La metafisica nel libro della guarigione Avicenna espone una propria dottrina in merito alla metafisica : L’indifferenza delle essenze. Per chiarire dobbiamo capire la differenza fra Esistenza ed Essenza. Davanti ad un qualsiasi ente, possiamo porci due domande: 1) Esiste? 2) Che cos’è? Le domande non coincidono. (Posso sapere cosa sia un triangolo isoscele, senza sapere se esiste o meno) Perdipiù la differenza fra enti, non è solo l’esistenza (prendiamo due enti che esistono), ma sono differenti in essenza. Avicenna permette di pensare alla "cavallinità" come qualcosa che può essere "indifferente" alla sua esistenza concreta o mentale, un passo più astratto rispetto ad Aristotele, ma meno radicale rispetto a Platone. Zayd e Amr (uomini) rientrano nella definizione di essenza di uomo come animale razionale, ma non c’è niente che accomuni i due se non la definizione. La teoria dell’emanazione Avicenna offre un'originale interpretazione in merito alla genesi del mondo, incrociando neoplatonismo ed aristotelismo. la Causa prima (Dio) non produce le cose intenzionalmente, ma neppure inconsapevolmente.Piuttosto essa conosce in universale, (ma non particolare) ciò che fluirà da sé. La conoscenza: I sensi interni Esattamente come per Aristotele, anche avicenna trova la conoscenza in origine dai sensi. I 5 sensi convogliano le informazioni che vengono poi riorganizzate nei 5 sensi interni. [ Ad esempio, la vista mi permette di vedere una goccia d’acqua in varie posizioni, ma è il senso della fantasia che “salda” queste sensazioni in un continuo percettivo e mi conferisce l’idea di movimento.] La Potenza immaginativa ci aiuta ad esempio: vedo degli uomini, e con la potenza immaginativa ne elimino tutti i dati particolari che appartengono ai singoli individui, permettendomi di astrarre e capire le informazioni della specie.] La potenza rammemorativa mi permette di conservare le intenzioni: potrò sempre ricordarmi del carattere piacevole o spiacevole di qualcosa. Mondo Arabo Al-Ghazali Le critiche: Al-Ghazali Le opere di Avicenna dominarono a lungo gli sviluppi della filosofia araba, ma non mancarono certo delle aspre critiche come quelle di Al-Ghazali, che principalmente si occupa di criticare la teologia di Avicenna: 1) L’idea della creazione eterna e limitata ad un solo effetto 2) L’idea che dio conosca il mondo in universale e non nei particolari 3) L’interpretazione razionale che elimina la resurrezione ed i premi e castighi. Al-Ghazali si limita a dare un'interpretazione più letterale del Dio coranico, rinunciando alla filosofia. In particolare il Dio crea da solo (senza intelligenze avicenniane), è provvidente ed è remuneratore (premi e castighi). Per far ciò però non può fare a meno di ricorrere ad argomenti filosofici come quello della causalità. Per far ciò, rinuncia all’idea di una vera e propria catena di nessi causali, piuttosto i fenomeni che possiamo osservare sono costantemente risultato dell’intervento di Dio (ogni singola volta). (paglia sul fuoco non brucia per una legge di cause-effetto, ma è per Al-Ghazali, un occasione per l’intervento di Dio.) [e il rasoio di Ockham dove lo mettiamo?] Il mondo di Al-Ghazali è un continuo di miracoli. Questo però stimolò il pensiero filosofico a pensare ai rapporti di causa ed effetto. Mondo Arabo Averroè 1126 dc. - il commentatore per eccellenza. Il contesto culturale qui è molto diverso, dato i secoli che lo separano da pensatori come Avicenna ed Al-Ghazali, inoltre Averroè visse in Spagna (araba) finché non fù costretto a trasferirsi in Marocco a causa delle sue idee e del mutato clima politico. Averroè fù un giudice, e non un filosofo, ma scrisse innumerevoli commentari alle opere aristoteliche. L’ammirazione per lo stagirita fù per lui così grande da definirlo come un dono divino, dato per comprendere. Ciononostante, le interpretazioni di Aristotele, spesso si fanno più originali del dovuto. Per esempio, la metafisica è per Averroè non un ontologia generale, ma una teologia filosofica. Averroè fù critico di Avicenna perché troppo distante da Aristotele, e vien da sè, anche di Al-Ghazali. Quest’ultimo farebbe cadere in uno scetticismo totale. (che non giova nemmeno alla religione) Ad esempio, se si nega il rapporto causa-effetto, il mondo diventa incomprensibile e privo di certezze. Per Averroè Filosofia e Teologia sono Sorelle di latte. Come “funziona” il rapporto fra fede e filosofia? Nel Trattato sull’accordo tra filosofia e religione, Averroè divide le azioni umane in: 1) Atti permessi → indifferenti dal punto di vista morale 2) Atti prescritti → Possono essere obbligatori oppure solo raccomandati 3) Atti illeciti → Comportamenti vietati Dove sta la filosofia? Se la logica e la filosofia non fossero già esistite, dice Averroè, gli arabi avrebbero dovuto inventarla, la filosofia e la logica sono permessi o obbligatori. E se si trovano errori fra fede e testi, bisognerà perdonare i pagani. Filosofia (se ben fatta) e Religione non possono mai davvero entrare in contrasto. Anche il corano stesso deve essere analizzato con la filosofia. Questo non è una bestemmia, perché il corano presenta diversi tipi di interpretazioni: quello letterale (disponibile a tutti) e quello metaforico (disponibile solo a chi ha gli strumenti). Anzi, si spinge Averroè, il testo metaforico deve essere essere escluso ai teologi, come Al-Ghazali che si oppongono alla filosofia in partenza. Dirà che è giusto bandire i teologi. L’intelletto potenziale di Averroè Averroè stabilisce che ci sia un unico intelletto potenziale, al di fuori ed in comune fra tutti gli individui, i quali possono accedervi così: I sensi → Sensi interni → Intelletto agente (che è unico per tutti, una sorta di coscienza del mondo). L’uomo con i sensi produce dei fantasmi (fantasia) e dopo “riceve” il pensato. L’uomo si limita a fornire i contenuti di tale pensiero, gli oggetti da pensare, ma a pensare è più propriamente l’intelletto materiale separato. Infatti non tutti gli uomini riescono ad arrivarci, i filosofi sì. —--------------------------------------------------------------------------------- Con la riconquista della sicilia e della spagna, il contatto fra filosofia araba e latina viene meno, causa anche di un organizzazione non istituzionale. Infatti questi autori insegnavano come gli antichi, a pochi studenti privatamente, quindi con la loro morte, il sapere si è estinto. Mondo Ebraico Avicebron 1021 dc. - ilemorfismo Avicebron proporrà l’idea di ilemorfismo, il quale statuisce che ogni ente sia formato da materia + forma, e stando a lui, anche gli enti immateriali posseggono ambedue le caratteristiche. Un vaso: Materia: L'argilla (passiva, modellabile). Forma: La forma del vaso data dal vasaio (attiva, che dà struttura). Un'anima: Materia: Un principio "spirituale" passivo, su cui si innesta la forma. Forma: L'essenza o identità specifica dell'anima (ad esempio, "l'anima di Platone"). Mondo Ebraico Mosè Maimonide 1138 dc. - L'obiettivo di Maimonide fù quello di razionalizzare il giudaismo attraverso gli strumenti offerti dalla filosofia, in particolare, l’aristotelismo. Scriverà “La guida dei perplessi” - Questa in particolare fù un interpretazione delle sacre scritture , i Perplessi in questione sono quegli ebrei che conoscono sia la legge giudaica che la filosofia aristotelica e sono in dubbio circa una loro conciliazione. La soluzione di Maimonide, è la stessa di Averroè, cioè stipulare che ci sia un’interpretazione che ha un senso allegorico nascosto. Maimonide propone una dimostrazione dell’esistenza di Dio, con un argomento Modale → il mondo è in sé contingente, e necessita di qualcosa di necessario. L’argomento è avicenniano, e diventerà una delle 5 vie di Tommaso. Dialettica e teologia nell’XI secolo Nell’XI secolo, i testi filosofici continuano ad essere molto limitati, e lo studio si riduce sostanzialmente alla dialettica, che viene vista in tono critico: (Sono di questi anni gli scontri tra dialettici e antidialettici) Pier Damiani : (1007-1072 dc.) Monaco benedettino , nonostante fù studioso di logica sostiene che chiunque voglia rinnegare l’onnipotenza divina sulla base della logica “andrebbe ricoperto di sputi”. Un’altro significativo scontro sull’utilizzo della logica nell’ambito della teologia è rappresentato dalla Controversia eucaristica (cioè la transustanziazione). I due principali protagonisti della polemica sono - Berengario di Tours → Sostiene che la transustanziazione non comporta alcuna trasformazione reale , pane e vino assumono soltanto un significato allegorico. - Lanfranco di Pavia → Le cose che riguardano i misteri di fede, è preferibile indagare con le autorità sacre piuttosto che ragioni dialettiche. Tuttavia, fù proprio un allievo di Lanfranco, Anselmo D'Aosta, a far ricorso al più audace tentativo di utilizzare argomenti razionali in materia di fede. Anselmo D’Aosta (Aosta, 1033 o 1034 – Canterbury, 21 aprile 1109) Tipica questione quella che si pone, cioè sul rapporto fede/ragione. Anselmo riprende un po’ l’idea di Agostino, cioè, è impossibile che ragione e fede siano davvero in disaccordo. La ragione è comunque un dono di Dio. Ciononostante, la fede ha un ruolo di superiorità nei confronti della fede. (La fede non sbaglia, la fede potrebbe). Comunque Anselmo cerca, con la ragione, di dimostrare l’esistenza di Dio. 1) La prova per gradi (a posteriori) Questo è un argomento che prende in considerazione le esperienze empiriche. Per funzionare, bisogna passare all’analisi del mondo, che solo dopo ci permette di conoscere Dio. ci sono cose che rispecchiano vari gradi di perfezione. Se questo è vero, allora, deve esistere da qualche parte, la perfezione somma. La perfezione assoluta non può che stare in Dio. 2) La prova ontologica (a priori) Questa è una prova a priori, quindi una prova nella quale si dimostra l’esistenza di Dio, basandosi unicamente sulla ragione (come il teorema di Pitagora - secondo Platone). Questa dimostrazione sostiene che chi anche non crede in dio (insipienti), hanno nella mente, l’idea di Dio. Hanno nella mente il significato della parola “Dio”. La definizione di dio è : Un essere di cui non è possibile pensare nulla di maggiore. Ora, se questo non esistesse, si cadrebbe in contraddizione. Perché se un Dio, non esistesse, e quindi esistesse solo come idea, sarebbe più “piccolo”. L’esistenza è necessaria per la perfezione. L’idea di Dio, è quella di un essere che ha tutte le qualità (Esistere è una qualità) ___________________________ Dio deve esistere. Nel proslogion abbiamo un esempio di Applicazione di regole dialettiche ad una questione teologica. Monologion Anselmo D’Aosta, 1076 Nell’introduzione, Anselmo ci dice che a motivare questo trattato siano stati dei confratelli, i quali hanno chiesto lui di trattare delle “meditazioni intorno alla essenza divina”, senza però ricorrere alle auctoritas e non disdegnare di rispondere alle obiezioni nemmeno le più sciocche. Anselmo tratterà il suo discorso, che culmina nella dimostrazione di “un ente sommo” attraverso 4 argomenti portati avanti in una pagina o poco più 1) Vi è un ente sommo e massimo: Nel primo argomento, Anselmo affronta l’argomentazione per gradi, nella quale ci fa notare che quando diciamo che qualcosa è “buono”, lo mettiamo in relazione a qualcos’altro. “Socrate è buono”, diremmo. Non “Socrate è la bontà”. Dunque esiste qualcosa che è massimamente buona. Inoltre però, per utilizzare un esempio di Anselmo, il cavallo è buono perché forte e veloce, ma un ladro con le stesse caratteristiche non lo è. Si dice infatti “buono” del cavallo, perché è utile, quindi è buono per altri. Il Sommo bene tuttavia, è buono per sé stesso. Quindi deve esistere un ente sommamente buono e grande, superiore a tutte le cose. 2) Intorno alla stessa cosa: così come l’esistenza di gradi di bontà, testimonia una necessaria esistenza di una bontà somma, anche per l'esistenza, in senso ontologico, richiede che esista un sommo essere 3) Natura che è per sé: Tutto ciò che esiste, esiste in virtù di qualcos’altro. e nulla è in virtù di nulla. Se tutto derivasse da una molteplicità, queste molteplicità o deriverebbero da 1 sola, oppure ognuna per se stessa, oppure reciprocamente per l’altro. Primo caso: quindi ci sarebbe un 1 primordiale Secondo caso: Sarebbe possibile solo se ci fosse una certa natura che glielo concedesse, e quella natura sarebbe l’uno. Terzo caso: E’ impossibile perché se B deriva da A, allora A non può derivare da B. Quindi esiste un solo Unico ente sommo. 4) Della stessa cosa: Guardando a come sono le cose nel mondo, è innegabile che alcune siano più importanti di altre (superiori), ma il regresso all’infinito è un assurdo logico. Quindi deve esserci un primo ente superiore insuperabile. Dopo queste quattro argomentazioni sull’esistenza di un sommo essere, Anselmo, procede a spiegare com’è questo essere sommo. 5) Natura per sè, altri per essa: L’ente sommo, deve essere diverso dalla materia, piuttosto deve essere qualcosa che agisce formalmente, sortendo effetti materiali. Questo sommo, essendo primordiale ha il proprio essere da se stesso, mentre il resto delle cose sono da lui 6) sommo condotto senza alcuna causa: Qui il tema è quello della Creazione ex nihilo, Il problema qui è che questa somma natura non può essersi fatta da sé (esisterebbe prima di esistere) né da altro. In quanto somma, non può venire dal nulla perché se lo fosse, ci sarebbe una forza prima di lui/lei. la risposta di Anselmo è un'immagine, quella della luce. Luce, splendere, ciò che splende essenza, essere, ente. Converranno fra di loro. La luce splende di per sé, esiste come ente, ed è l’essere luminoso, esiste per sé. Una volta dimostrata l’esistenza del sommo, Anselmo indaga il che cosa si possa dire di lui. 15) Che cosa può essere detto della somma essenza: I termini relativi, non sono applicabili all’ente sommo, in quanto comporterebbero un paragone, ma l’ente sommo, è sopra ogni cosa. L’alternativa è usare i predicati secondo il loro grado positivo. Ad esempio “giusto” è un aggettivo sempre positivo e va bene. Mentre “essere d’oro” non lo è, perché questo va bene per un metallo, ma non per l’uomo. 16) giusto è essere giustizia: Per parlare correttamente del sommo essere, non bisogna dire che “il sommo è giusto”, ma bensì che “il sommo è la giustizia”, perché se dicessimo che è solo “giusto” , vorrebbe dire che ci sarebbe un principio superiore a sé stesso. 18) la somma natura è senza principio e senza fine: Qui Anselmo dice che il sommo non ha principio né fine, esattamente come la verità, anche il sommo essere è eterno , anche in una realtà mutevole, la verità rimane sopra di essa, se la verità è un asserto eterno, anche il sommo lo è 19) nulla fù prima o sarà dopo: Anselmo si chiede se prima del sommo ci fù il nulla, e dopo tornerà il nulla: le possibilità sono che esso sia preceduto da qualcosa, o dal nulla. “Nulla” però, si intende in due modi: Senso letterale → Prima del sommo, c’era il nulla Senso negativo → Prima del sommo, non c’era nulla Per Anselmo è valida solo la seconda interpretazione, ma non è un problema , semplicemente prima del sommo non c’era nulla, nel senso che nessuna cosa esisteva. Proslogion Anselmo D’Aosta Insoddisfatto delle argomentazioni del Monologion, Anselmo sviluppa una prova a priori, il cosiddetto Argomento ontologico, avvalendosi di un solo argomento. Anselmo espone il suo dilemma: l’uomo è incapace di trovare dio, questo per l’enorme distanza ontologica che vi è fra l’uno e l’altro. Dio esiste veramente: La definizione di Anselmo : “tu sei qualcosa di cui non si possa pensare nulla di più grande”, questa guiderà tutto lo sviluppo argomentativo. Anselmo ci dice che anche l’insipiente che nega dio, per farlo, deve avere nell’intelletto, il concetto di Dio. A questo punto, utilizza L’immagine del pittore. Se l’insipiente ha almeno nell'intelletto l'immagine di Dio, essa deve anche darsi nel reale. Perché se l’immagine fosse solo mentale, ma non reale, allora si potrebbe pensare a qualcosa di più grande, cioè che li ha entrambi. Ma siccome dio è “qualcosa di cui non si possa pensare nulla di più grande”, è impossibile. Non si può pensare che dio non esista: Utilizzando la definizione precedente, Anselmo nota che la non-esistenza di Dio, è impensabile e contraddittoria. Del resto, qualcosa che può essere pensato come non esistente, ha una qualità minore, di ciò che può essere pensato soltanto come esistente. Anselmo ci dice che le cose sono contingenti, ma Dio è necessario. In che modo l’insipiente ha detto ciò che non si può pensare Anselmo qui distingue due tipi di pensiero: 1) Delle cose 2) Delle parole L’insipiente, ha potuto negare Dio perché ha pensato Alla parola, ma non alla res che gli corrisponde. Anselmo dice che : “Comprendere bene” significa pensare alla res esistente dietro le parole usate. Come dio sia sensibile, benché non sia un corpo. Anselmo dice che Dio deve essere sensibile, perché ciò è una qualità. Poiché il sentire, è una forma di conoscenza. Dice infatti che chi conosce, sente, percepisce dio. Dio è sommamente sensibile, ma in modo diverso da come sono sensibili i corpi, che non sono onniscienti. Dio deve essere impassibile, perché se fosse passibile, sarebbe vittima di una forza esterna. Come Dio sia onnipotente, benché non possa fare molte cose Dio non può fare molte cose, ma questo “non potere” è una forma di onnipotenza. Infatti Mentire, corrompersi sono propri di un essere impotente. Da qui in poi, Anselmo esprime un forte dubbio, un dilemma interiore. Perché la mia anima non ti sente, benché ti abbia trovato? Stando che l’intelletto è la parte più alta dell’anima, ma l’anima del cristiano è molto di più, e Dio non è riconducibile alle argomentazioni, che lasciano l’anima insoddisfatta. Dio è qualcosa di più, che l’intelletto non riesce a cogliere. la grande differenza: Un conto è dimostrare l’esistenza di Dio, l’altra è conoscere la sua essenza, “sentirlo”. Torna il tema dell’Inconoscibilità di Dio (Ripresa da Pseudo Dionigi L’Areopagita). Anselmo richiama l’immagine della civetta, che non può vedere direttamente il sole. C’è lo stesso distacco tra uomo e Dio. Dio concede di essere conosciuto, non il contrario. La critica di Gaunilone Il pro- insipiente Gaunilone risponde criticando anselmo: - Gaunilone mette in discussione che lo stolto abbia lo stesso concetto di Dio. - L’isola perduta : Qui Anselmo dice che è inconcepibile che poter pensare qualcosa, implichi la sua esistenza. - E dopotutto, come faccio a sapere che quella data sia la giusta definizione di Dio Le risposte di Anselmo appello al credente - Anselmo ribadisce che la definizione di Dio è Corretta, non è arbitraria, come nel caso dell’isola perduta. Del resto, secondo Anselmo, se penso a Dio, o non lo penso affatto, o lo penso con la definizione da lui data. - Continua dicendo che nel caso dell’isola perduta, il caso è diverso. Il passaggio da pensiero → realtà normalmente anche secondo Anselmo non è valido, ma nel caso della definizione di Dio, il passaggio è necessario.Quanto all’isola, non se ne può dedurre logicamente l’esistenza. Ugo di San Vittore 1096 dc. Promuove lo studio di tutte le discipline, viste da lui come modo per avvicinarsi a Dio. In particolare, scriverà il didascalicon, una sistemazione delle discipline dell’epoca che funge anche da vero e proprio manuale sul modo di leggere ed interpretare i testi sacri. Ugo di San Vittore infatti si fece portavoce dell’idea che i testi sacri andassero interpretati e non presi alla lettera sempre. —-------- La riflessione teologica si fà sempre più raffinata e si riprendono i temi sviluppati da Boezio. Non mancò però una forte critica. Bernardo di Chiaravalle Protagonista della riforma cistercense, che cercò di far condannare da appositi concili, i sostenitori dell’uso della dialettica in teologia → tipo Pietro Abelardo Pietro Abelardo XII sec. Condannato per ben due volte a causa del suo uso degli strumenti logici e filosofici nel campo delle discussioni trinitari. In particolare, l’originalità di Abelardo emerse in due elementi: 1) La nuova soluzione alla disputa degli universali → Non esiste una sostanza , come sostenuto dai realisti, piuttosto, ciascuno per conto suo, risponde alla propria condizione, al proprio stato. Socrate , per sé, è un animale razionale - Platone , per sé, è un animale razionale. Tutti gli individui che si trovano nello stesso stato, possono essere designati con un nome comune. Non esiste niente di ontologicamente comune tra i vari individui, ma è possibile utilizzare lo stesso nome per indicare che ciascuno si trova nello stesso stato. 2) Reinterpretazione delle qualità morali delle azioni umane → La moralità dell’atto sta unicamente nell’intenzione con cui esso viene compiuto. Il vero peccato è solo quello che viene compiuto contro coscienza e liberamente, non nell’ignoranza. Una prima forma di etica dell’intenzione. I persecutori di Cristo, hanno fatto bene a condannarlo se lo credevano un bestemmiatore, tesi che gli costò una condanna. —---------------------------------------------------------- Il primo grande elemento di novità nel mondo culturale latino del XIII secolo, è rappresentato da un decisivo ampliamento della biblioteca filosofica, naturalmente, soprattutto aristotele. Insieme ai testi quasi completi di Aristotele, arrivarono anche i commentari degli autori arabi come Averroè. Fino a questo momento, di Aristotele erano pervenute le opere logiche tradotte da Boezio, innocue dal punto di vista della fede. Con l’arrivo delle opere complete però, il clima si fece diverso, e le autorità ecclesiastiche si ponevano in conflitto con alcune tesi aristoteliche come : l’eternità del mondo e la negazione dell’esistenza di un primo uomo. Inizialmente alcune opere vennero censurate (fisica e metafisica) , ma a metà del 1200, la situazione si ribaltò e furono addirittura rese obbligatorie. Una novità introdotta all’inizio del XIII sec. sono gli ordini mendicanti, come Domenicani (Alberto Magno, Tommaso D’Aquino) e Francescani (Bonaventura). I primi posero in cima alle esigenze, quelle di una grande preparazione culturale, e Alberto Magno propose un nuovo curriculum di studi. I francescani non furono da meno. Novità importante fù la Fondazione delle università, si crearono delle corporazioni riconosciute per la prima volta di lavoratori intellettuali, nasce l’intellettuale come professione. Le università sono state dei veri e propri ascensori sociali. Tutti potevano parteciparvi, per merito, non solo i nobili, che anzi, paradossalmente non ne videro il bisogno. Per la prima volta anche un figlio di nessuno poteva diventare avvocato,medico, insegnante e perfino papa. I principali maestri Francescani nel XIII sec. Alessandro di Hales, ottenne la cattedra alla facoltà di teologia a Parigi, più tardi ci saranno Bonaventura da Bagnoregio e Pietro di Giovanni Olivi. Quest’ultimo ebbe una carriera travagliata per la sua difesa radicale della povertà francescana. I Francescani furono molto critici di Aristotele. L’atteggiamento di fondo è Agostiano, Bonaventura dirà :”un sapere senza Cristo, è un sapere che sfuma nel nulla”. Pietro Giovanni degli Olivi :”I libri dei filosofi vanno letti, ma senza soffermarci troppo, dato che ciò che è in essi, è privo di grazia”. I francescani ad Oxford Da qui proverranno Giovanni Duns Scoto e Guglielmo di Ockham. Ma anche Ruggero Bacone, il quale volle elaborare (senza riuscirci) un progetto di riforma del sapere. I maestri domenicani : Alberto Magno Inizialmente i domenicani vedevano male l’utilizzo della filosofia e di Aristotele pagano nella teologia, ma il cambiamento repentino si deve soprattutto ad Alberto Magno e Tommaso D’Aquino. Entrambi riuscirono a promuovere una riforma atta ad assicurare la centralità dello studio (della filosofia) nella vita dell’ordine domenicano. Già anni prima Alberto Magno, insieme ad un giovane Tommaso, aveva messo mano ad un progetto di esposizione di tutti gli scritti aristotelici. Lo scopo era di rendere disponibile ai latini, la filosofia attraverso Aristotele. Alberto riesce a scrivere un enorme quantità di libri per ricoprire il corpus aristotelico ed aggiungere anche altre discipline. (dalla filosofia alla botanica) Si può considerare Alberto Magno come il vero iniziatore dell’aristotelismo latino. Una tradizione che non vede più la filosofia come antitetica alla teologia, ma un sapere fondamentale che merita di essere studiato per sé. Una delle considerazioni fondamentali, riguarda L’autonomia degli ambiti tra teologia e filosofia. Il modo in cui Alberto concepisce l’Universo rispecchia una fusione di aristotelismo e neoplatonismo. Per Alberto, l’anima è puramente razionale, e l’intelletto non ci è fornito dalla nascita, ma va conquistato, un percorso che ci conduce infine alla nostra essenza più profonda. Come i pensatori arabi, anche Alberto pensa che questo progetto sia attuabile in vita. Lo scarto con l’allievo Tommaso, è che quest’ultimo fù più aristotelico, e sostenne che la conoscenza deriva dai sensi, e ciò che non ne fa parte, non può essere vista, come il pipistrello che guarda la luce del sole. I maestri delle facoltà delle arti : Sigieri di Brabante e boezio di Dacia Le dottrine di Alberto Magno diventano un punto di riferimento anche fuori dall’ordine domenicano. Diventa sempre più centrale il tema della Distinzione tra filosofia e teologia. I due rappresentanti più noti furono: Sigieri di Brabante e Boezio di Dacia Per loro, la filosofia è un sapere autonomo, non si può pretendere dai filosofi che essi si limitino a risolvere le questioni con le sacre scritture, loro hanno un procedimento razionale. Se però non si può chiedere loro di risolvere così le loro questioni, ed il loro è un sapere autonomo, allora può capitare che essi possano sembrare in contrasto con la rivelazione. Uno di questi casi: L’unicità dell’intelletto → Sigieri inizialmente difende la posizione averroista (quella sull’unità dell’intelletto separato Più tardi però farà dei passi indietro, forse a seguito di uno scambio con Tommaso, fatto sta che Sigieri dirà che nonostante il filosofo debba procedere sempre secondo ragione, non vuol dire che sia sempre possibile trovare una spiegazione razionale di tutto. L’eternità del mondo → Boezio di Dacia Sostiene che il filosofo, seguendo i suoi principi, sarà portato a dire che il mondo è eterno , mentre per fede uno direbbe il contrario. Ciò non significa legittimare una doppia verità. Piuttosto, tutto dipende dai principi da cui si ricavano le conclusioni. Ogni scienza, come sosteneva Aristotele, muove da principi che sono propri soltanto di essa. e se qualcuno muove da principi diversi, potrà arrivare a conclusioni diverse. La fiducia nell’autonomia della filosofia, ha infine anche implicazioni etiche. I maestri delle facoltà delle arti, coltivano l’ideale tipico della tradizione peripatetica, quella della felicità intellettuale. Boezio di Dacia, non fa eccezione, per lui il bene più alto dell’uomo lo si raggiunge con l’intelletto. [Alberico di Reims,maestro della facoltà di arti → la definizione di uomo è fuorviante, vale solo per i filosofi, il resto sono subumani irrazionali] Tommaso D’Aquino XII sec. Il primo scritto di Tommaso: L’ente e l’essenza 1) Definire i termini di ente ed essenza 2) Delineare le caratteristiche dell’essenza 3) Rapporto con gli universali Questo è un lavoro sul lessico metafisico, in che modo ciò con cui esprimiamo il contenuto delle cose, è predicabile delle cose stesse? Richiamandosi alla metafisica di Avicenna, Tommaso afferma che Ente ed Essenza sono i concetti primi del nostro intelletto. (Un piccolo errore nell’uso di queste nozioni rischia di compromettere gravemente lo sviluppo argomentativo) Cosa significano? Ente → Può essere inteso in due modi: 1) Ciò che indica la verità di una proposizione → si dice “ente” tutto ciò che può essere oggetto di proposizione affermativa 2) Ciò che si divide nei dieci predicamenti → L’accezione che rimanda all’ente reale e solo questo ha un essenza. Essenza→ Indica ciò per cui l’ente possiede il suo essere. Questo è ciò che fa di ogni cosa, quella determinata cosa. (Ciò che fa sì che un triangolo sia un triangolo e non altro). Solo grazie alla propria essenza, ogni cosa può essere riconosciuta e collocata in un genere ed in una specie. L’essenza, è quella che è espressa nella definizione di qualcosa. E’ la Quiddità. Le Sostanze invece si dividono in due classi: Sostanze composte → Da materia e forma Sostanze semplici → Prive di materia (angeli, le anime) Per le Sostanze composte, la loro Essenza è l’unione di materia e forma. le Sostanze semplici, la loro Essenza è Solo la loro forma. Quindi per le sostanze semplici non esiste una pluralità di individui, ma solo una pluralità di specie. Problema: Se gli angeli e le anime non sono composti di materia e forma, cosa li distingue dall’essenza semplice dell’essenza divina? —-------------------------- Tommaso interpreta il pensiero aristotelico, nel pensiero cristiano/latino. Il rapporto ragione/fede: in rapporto è fertile e fecondo, come del resto ci aspetteremmo da un pensatore filo aristotelico. Secondo tommaso, la ragione permette di indagare la natura. All’uomo non basta la ragione, ma la fede è supportata dalla ragione. La ragione quindi è fondamentale, ma subordinata (alla fede) Altrettanto aristotelicamente, Tommaso ci dice che gli individui sono Sinoli = materia + forma La differenza fra gli individui e Dio è che nell’uomo, l’esistenza è una possibilità, ma la sua essenza non include l’esistenza. Gli uomini non possiedono l’esistenza. In Dio però, l’esistenza non è contingente, è necessaria, in quanto ente infinito. L’essenza di Dio implica necessariamente l’esistenza. Questo significa che gli uomini ricevono l’esistenza da Dio. Dio possiede delle qualità Trascendentali e le da agli enti, queste sono: Unicità - Verità - Bene Ogni ente è unico (distinguo dagli altri) vero (risponde al progetto di creazione divina) e Buono (nasce dalla volontà divina). Significa che tutto ciò che ha l’essere è unico, vero e buono (ottimismo) La filosofia è fondamentale per la fede, ma subordinata. Tommaso riformula un aristotelismo cristiano, così come Agostino secoli prima aveva fatto con Platone. Tuttavia ci sono delle differenze fra i due ovviamente. Aristotele faceva corrispondere: Potenza → Materia Atto → Forma Per Tommaso, ci sono: Essenza (quidditas) → potenza → che cos’è? Atto → Esistenza → esiste? Gli enti però sono di due tipi: Semplici → fatti solo di essenza, come Dio e gli angeli. La loro essenza è solo Forma e sono eterni. Composti → Uomo, la cui essenza è sia Forma che Materia, e siamo finiti e mutevoli. In dio, l’essenza e l’esistenza sono unite fra di loro. Tommaso risolve la disputa degli universali. Le idee esistono: Ante Rem → nella mente di Dio In Rem → come forma nell’essenza Post Rem → Nella mente degli uomini C’è una completa identità tra : essere, verità e bontà. (Caratteristiche della trinità e di ogni ente) Infatti ogni oggetto esiste ed è se stesso, è razionale e comprensibile all’uomo ed è lì per una buona ragione. Riprende l’idea Aristotelica di mente come “tabula rasa”. La conoscenza inoltre è una corrispondenza fra Intelletto e realtà. Tommaso critica la prova ontologica di Anselmo dicendo che questa non dimostra niente, solo che Dio è possibile, ma non che per questo esiste. Per lui le prove devono essere Posteriori. ( “tutto ciò che entra nella mente, deve passare dai sensi” ) Da qui le sue “5 Vie” 1) Il motore immobile Dimostra che qualsiasi cosa che si muove, è mossa da qualcos’altro che si muove, come ingranaggi. Ma siccome questa catena non può continuare all’infinito (regresso all’infinito). Quindi serve un primo motore immobile, quella cosa la chiameremo Dio 2) Causa incausata Ci dice che ogni cosa che non è sempre esistita, ha iniziato ad esistere per una causa, la quale a sua volta ha necessità di un’altra causa e così via, non volendo ricorrere al regresso all’infinito, è necessaria una causa incausata 3) Causa necessaria Ci dice che ci sono cose contingenti, cioè che possono sia esistere, sia non esistere. Queste cose essendo contingenti, non sono sempre esistite, ma hanno avuto bisogno di una causa contingente. Nuovamente, siccome la somma di cause contingenti è anch’essa contingente, c’è bisogno di una Causa necessaria. (e questo lo chiamiamo Dio) L’alternativa sarebbe la creazione dal nulla, ma dal nulla non viene nulla, e perché dovrebbe creare? (Dio però nonostante questo, crea ex nihilo perché è lui l’ente necessario) 4) Gradi di perfezione Ci dice che ci sono diversi gradi di perfezione, si può dire che una cosa è “più” o “meno”, quindi deve esserci un’ente massimamente sommo, il quale è sommamente perfetto, che noi chiamiamo dio 5) Il creatore intelligente Ci dice che ogni cosa è ordinata e razionalmente governata da altro. (Proprio come la freccia che viene scoccata verso il bersaglio dall’arciere) Dev’esserci dunque un essere intelligente che governa ogni cosa. Per il resto, secondo Tommaso, non possiamo dire nulla, se non dire ciò che non è. Propone 4 virtù cardinali: Prudenza Temperanza Giustizia Fortezza E le teologiche: Fede (Perfeziona l’intelletto) Speranza (Perfeziona la volontà) Amore (Comunione con la cosa amata) Commento al De Trinitate di Boezio 1257 Tommaso affronta i seguenti temi: - La conoscibilità di Dio - Modalità espositive del discorso teologico - Rapporto ragione/fede - Distinzione tra teologia e scienze Nel prologo, Tommaso sostiene che i filosofi passano da fisica → metafisica, mentre i teologi all’opposto. La grande difficoltà : si dispone davvero di una conoscenza di Dio tale per cui si possa partire da lui per indagare il resto? Intanto Tommaso prende le distanze dalle tesi illuminazioniste, che dicono che si possa conoscere solo grazie all’illuminazione divina. Il passo è ora quello di verificare se il nostro intelletto abbia la capacità naturale di arrivare a conoscere Dio. La possibilità è quella di conoscere Dio a partire dalle forme degli effetti. Così facendo però possiamo arrivare a sapere che Dio è (esiste), ma non che cos’è. La teologia per Tommaso, procede per via affermativa in merito all’esistenza di Dio, ed in via Negativa per quanto riguarda l’essenza. Somma contro i Gentili E’ il primo tentativo di Tommaso di dare vita ad una sintesi teologica originale. Questa è una mediazione intorno alla verità. Il tema principale è quello della Comunicazione della sapienza, il ruolo del sapiente cristiano. La sapienza divina si serve di intermediari - i sapienti - per diffondere la verità ai cristiani. In rapporto a dio sono possibili Due diversi tipi di verità: Alcune possono essere raggiunte con la ragione naturale, come l’esistenza di Dio. Altre invece eccedono la capacità della ragione naturale. (come la trinità) [Questo perché la nostra conoscenza deriva dai sensi, e quindi si può comprendere solo ciò che viene dalle cose sensibili.] Ora, gli Effetti sensibili ci mostrano sì l’esistenza di una causa, ma non ci dicono niente sulla sua essenza, sulla sua natura. Tommaso si chiede perché alcune verità che possono essere dimostrate con la ragione vengano presentate come verità di fede, ma è presto detto: 1) Sarebbero pochi a capirle 2) I pochi ci arriverebbero dopo tanto tempo 3) Non sarebbero immuni dal dubbio. Anche le verità che trascendono la ragione, secondo Tommaso, hanno un effetto benefico sulla ragione, ne frenano la presunzione. D’altra parte comunque Tommaso esclude che possa darsi un reale conflitto tra verità di fede e verità di ragione. (i conflitti possono essere solo apparenti) Una differenza fra Averroè e Tommaso: Per entrambi la doppia verità è assolutamente impossibile. Ma per Averroè ,in caso di conflitto, è necessario fare un lavoro di interpretazione sulle verità di fede cioè sul testo rivelato. Per Tommaso invece, è necessario un lavoro di affinamento sulle verità di ragione. Tornando all’opera adesso risulta chiaro che il compito del sapiente è quello di occuparsi di entrambe le serie di verità e di confutare gli errori. Già nel commento al De Trinitate di Boezio, Tommaso ci dice che la filosofia può essere usata per: - Dimostrare presupposti della fede - Illustrare con similitudini, verità di fede difficili - Confutare ciò che si oppone alla fede La somma contro i Gentili è in effetti il tentativo di sviluppare questo programma. Felicità filosofica e beatitudine ultraterrena Nella somma contro i Gentili, si parla della Dottrina della felicità ultima dell’uomo, il presupposto di fondo è che Dio è il fine ultimo di tutte le cose. Tommaso qui ci dice che la piena felicità è impossibile in questa vita, dato che anche la conoscenza di Dio è limitata. Sta parlando della felicità teologica, non quella dei “filosofi”. La somma teologica La somma teologica è concepita da Tommaso con finalità eminentemente didattiche. Questo è un compendio destinato ai suoi studenti. 1) Dio 2) Movimento della creatura razionale verso Dio 3) Cristo Il punto di partenza di questo percorso è dato dalla questione se oltre alle discipline filosofiche tradizionali, fosse necessario per l’uomo un’altra scienza: la teologia fondata sulla rivelazione L’uomo è indirizzato verso un fine (Dio), che però eccede le capacità della ragione. L’uomo per dirigersi deve conoscerlo in qualche modo, questo è lo scopo della rivelazione. Le scienze muovono da principi determinati, che possono essere evidenti in sé, oppure possono essere, come indica Aristotele negli analitici secondi, derivate da una scienza superiore. Questo è quello che Tommaso vuole fare. Lo scopo principale della teologia è Far conoscere Dio. Ed infatti la prima parte è dedicata a dimostrarne l’esistenza. La sua esistenza è evidente? Tommaso distingue: - Evidente in sé, ma non per noi - Evidente in sé e anche per noi Una proposizione evidente a tutti è sostanzialmente una tautologia, cioè il predicato è incluso nella nozione del soggetto → “l’uomo è un animale” perché nella “animale” fà già parte della definizione di uomo Se però, il predicato o il soggetto, non sono noti a tutti, la proposizione continuerà ad essere evidente in sé, ma non sarà evidente per chi ignora predicato e soggetto. “Dio esiste” Fa parte di quest’ultimo esempio: il predicato non solo è incluso, ma coincide con il soggetto (dio è il suo stesso essere - esodo) ma non lo è per noi. La dimostrazione quindi deve essere dimostrata per mezzo di altre cose a noi note. A questo punto distinguiamo anche due tipi di dimostrazione: Propter quid → Dimostrazione dal perché → priori Quia→ Dimostrazione degli effetti (per trovarne una causa) → posteriori E da qui Tommaso argomenta le proprie 5 vie. Le dimostrazioni si concludono tutte con “E questo è ciò che tutti chiamano Dio”. Tommaso è consapevole che le sue dimostrazioni non portano a Dio, ma ad una causa degli effetti che si osservano nel mondo. Che però questa causa prima, o Dio dei filosofi, corrisponda al Dio della rivelazione, è un passaggio ulteriore. Nonostante il contesto strettamente teologico, Tommaso affronta anche temi prettamente filosofici, come quello della conoscenza. Tutta la conoscenza umana parte dai sensi, il materiale fornito dagli organi di senso, viene rielaborato dai sensi interni, fino ad ottenere un fantasma. Le immagini non sono più vincolate in un qui ed ora, ma manca ancora l’Astrazione, fatta dall’intelletto agente. Tommaso rifiuta qualsiasi interpretazione che vede l’intelletto agente come una facoltà trascendente e separata (Alla averroè) piuttosto: Esso è il lume che appartiene naturalmente all’anima umana. In questo Tommaso è molto fedele ad Aristotele, non si può pensare a niente che non sia passato dai sensi. I sensi colgono il singolare, l’intelletto l’universale. L’etica e la legge La seconda parte della Somma di teologia, è dedicata all’analisi del fine delle creatura razionali, cioè della Beatitudine e dei mezzi necessari per arrivarci. Tommaso ci dice che gli atti hanno valore morale solo se volontari, la volontà deve volere il bene per il bene, come nell’etica nicomachea. La prudenza deve guidare la volontà attraverso una serie di scelte adeguate. La legge umana ha come compito l’applicazione delle situazioni contingenti che la legge naturale prescrive in generale. Tornando sull’intelletto Tommaso critica fortemente la tesi dell’intelletto separato di Averroè, secondo Tommaso, ciascuno di noi può percepire con evidenza che siamo noi a pensare, e non ad essere pensati. Allo stesso modo, contesta anche tesi similari, come quella di Sigieri di Brabante, che aveva interpretato l’intelletto potenziale separato non come forma ma come motore della nostra attività conoscitiva. Quanto all’esigenza teorica di garantire l’universalità della conoscenza, Tommaso si rifà piuttosto ad Avicenna → L’universalità della conoscenza è garantita dall’identità dei contenuti. In merito all’Eternità del mondo invece, che Tommaso scrive in quegli anni, Tommaso dice che sia impossibile dubitare che il mondo sia stato creato nel tempo (è ovvio che sia così). Tuttavia è pur sempre possibile chiedersi se sia razionalmente contraddittorio immaginare invece una creazione eterna come quella dei filosofi. Come Avicenna e Maimonide, Tommaso nega esplicitamente che la possibilità in sé sia contraddittoria. → Dire che le cose sono state create dal nulla, non vuol dire che le cose siano state create dopo il nulla: potrebbe voler dire che sono tratte eternamente dal nulla (ex nihilo) e la preposizione “da” indichi l’origine (in questo caso la mancata origine) Bonaventura Da Bagnoregio Fu amico e rivale di Tommaso D'Aquino. Scrive l’itinerario della mente verso dio, nella quale parla del rapporto fra filosofia e fede. Fù fondamentalmente un pensatore agostiniano. La ragione per Bonaventura, “completa” la fede. Per lui infatti, la fede è incompleta. Lui vede nell’anima un vuoto, che può essere colmato solo con l’amore per Dio, l’anima, per lui, si completa amando Dio. La fede è la prima arma istintiva per amare Dio, ma non ci permette di amarlo pienamente, ed ecco che la ragione fa il suo ingresso. La ragione infatti porterà a compimento l’amore per Dio. Il pensiero di Bonaventura vede come la ragione sia figlia della fede. Per lui il pensatore è chi vive serenamente. Lui conosceva Giovanni Scoto Eriugena. Lui dice che è vero, nel creato possiamo vedere Dio, come se fosse un dipinto, possiamo vedere le pennellate di Dio, Ma la nostra anima ci permette di arrivare direttamente a Dio, dato che questo è il suo scopo. La teoria della conoscenza, Bonaventura crea un calco da Agostino, Per lui la verità è illuminazione divina. Dio illumina i discepoli, e permette loro di conoscere. Bonaventura fù critico di Aristotele, ma la quaestio di cui sotto, fù discussa prima, dal giovane Bonaventura. Quaestio a Parigi Esistenza di Dio come indubitabile (Esistenza di Dio è una verità interna alla mente e proclamata da ogni creatura in sé) Dio è una verità indubitabile? 1) Nella mente dell’uomo 2) Proclamata dal creato 3) Evidente in sé stessa. 1) Quanto al primo punto, Bonaventura dice che Dio è una verità innata, e quindi indubitabile, lo dimostra con dei riferimenti: - Ugo di San Vittore → Dio non è ingannatore e quindi ha dato la conoscenza della sua esistenza perché non poteva farci conoscere la sua essenza - Boezio → E’ impresso in noi il desiderio del vero bene e quindi di Dio - Aristotele → Non è conveniente avere cose nobili e non saperlo Bonaventura argomenta inoltre che l’anima Odia la falsità, e questo nasce dall’amore per la verità, e Dio, è la verità prima. 2) Che ogni creatura lo proclami, Questo lo si noterebbe con un'osservazione empirica. - Deve esserci un primo ente da cui tutti dipendono (Aristotelica) - Deve esserci una causa incausata - Deve esserci un ente necessario che regga quelli contingenti - Deve esserci un ente assoluto prima dei relativi - Deve esserci un ente illimitato prima dei limitati Bonaventura continua a dimostrare con strumenti Aristotelici, e passa da “Causa incausata” a “Dio” repentinamente. 3) L’esistenza di Dio è certissima, non può essere negata senza contraddizione Qui il rimando ad Anselmo è evidente e si richiama al Proslogion. Con Agostino dice che la conoscenza di dio è conoscenza prima, e quindi indubitabile. Boezio riprendendo il versetto dell’Esodo, ci fa notare che Dio è la sua essenza, quindi una tautologia Nell’ultima parte, Bonaventura sposta l’accento sul soggetto conoscente. I possibili errori - Difetto della ragione → L’insipiente o i pagani che non hanno capito la definizione di Dio - Nel giudizio → Lo stolto vede un ingiustizia e rinnega la provvidenza - Ricondurre al principio primo → Non si riesce ad astrarre e superare gli stimoli sensibili. Itinerarium mentis in Deum Bonaventura da Bagnoregio L’esito di questo scritto è mistico ed anti-intellettualista, lo stile è simile al Proslogion con il suo alternare ragionamento e preghiera. Bonaventura ci dice che le facoltà dell’anima sono immagini della trinità (memoria - intelletto - volontà) - La memoria: è capace di ritenere il passato rappresentare il presente, e prevedere il futuro. In questo senso, la memoria è trascendente, come Dio. Mantiene tutto il tempo presente a sé. - L’intelletto: Questo comprende le argomentazioni, coglie la verità - Volontà: Quando questa funziona correttamente, si ama e si cerca la felicità. Questo non dimostra la realtà della trinità, ma la rende razionalmente concepibile. La crisi del 1277 Il 7 marzo 1277, il Vescovo di Parigi, Tempier, condanna numerose proposizioni insegnate alle facoltà delle arti, e segna un autentico spartiacque nel medioevo. Sottolineano l’assoluta onnipotenza di Dio, svincolandosi da ogni rapporto col mondo. Tutte le leggi potevano essere in un altro modo (tranne quella di non contraddizione). Questo momento segna il trionfo della Contingenza. La condanna fù principalmente un regolamento di conti, si andava più verso una teologia agostiniana piuttosto che in una più aristotelica. Queste condanne sfiorano Tommaso, e rimandano anche a Sigieri di Brabante e Boezio di Dacia. L’intento di Tempier fù quello di stabilire che cosa potesse essere insegnato e cosa no. Non ammette, per esempio, l’ipotesi dell’autonomia della filosofia. Condanna anche la filosofia come stile di vita e percorso verso la felicità in vita. Essere ed essenza A proposito di questo, è legata anche la questione della Polemica sulla distinzione tra essere ed essenza, che vide come protagonisti Enrico di Gand e Egidio Romano. Enrico di Gand: Ultimo dei grandi maestri del clero, si sforza di essere originale e ripensare all’eredità avicenniana, soprattutto nel merito della dottrina dell’indifferenza delle essenze. La nostra conoscenza scientifica, mira per Enrico a conoscere le Essenze delle cose, e cioè, in prima istanza, a stabilire se queste ultime siano dei puri contenuti mentali, oppure siano Ratificate, cioè dotate della possibilità di essere pensate in atto. Ogni creatura, in un primo momento è coincidente con l’essenza divina, mentre dopo è dotata di un suo specifico essere. Per Enrico di Gand, l'essenza è ciò che definisce una cosa, ma l'essere è il dono divino che la rende reale. Questa distinzione sottolinea la dipendenza radicale delle creature da Dio, unico essere necessario e indipendente. L’essenza di un triangolo è avere tre angoli, ma l’esistenza, è un dono di Dio, che potrebbe avere come non avere. L’essenza dell’unicorno possiamo immaginarla, ma evidentemente non possiede il dono dell’esistenza. Sia essenza che esistenza si rapportano con il divino, ma l’Essenza è necessaria, mentre l’esistenza è contingente. Enrico Rappresenta un ultimo tentativo di trovare equilibrio tra il necessitarismo greco-arabo e la contingenza della condanna del 1277. Per Egidio Romano, Si tratta invece di una distinzione reale: Essenza → Potenza dell’esistenza Esistenza → Atto dell’essenza Egidio segue in gran parte la distinzione aristotelico-tomista tra essere ed essenza: Essenza (essentia): è ciò che definisce una cosa, cioè "ciò che essa è" (ad esempio, l'essenza di un uomo è essere un animale razionale). È la natura intrinseca dell'ente. Essere (esse): è l'atto che rende reale una cosa, il fatto che esista concretamente. Tornando su Enrico di Gand, è importante considerare anche la sua summa di questioni ordinarie, nelle quali sviluppa delle proposizioni che verranno adottate anche da Duns Scoto e Ockham. Ad esempio il primato della Volontà sull’intelletto. e l’eliminazione delle specie intelligibili nel processo conoscitivo. anche l’idea che il tempo coincida in potenza con il movimento ed in atto con la numerazione da parte dell’anima. Enrico dirà che il nostro intelletto commette un errore, e non riesce a distinguere l’essere di Dio con l’essere delle creature. L’essere di Dio è puro (Non ha bisogno di niente, ne è fatto di qualcosa). Questa nostra confusione si risolve con la teologia negativa, cioè l’idea che si debba rimuovere ogni attributo contingente all’essere per capire Dio. In ambito di politica, Enrico scriverà un trattato per suggerire al futuro imperatore Filippo IV il bello come si debba dare ai cittadini una vita buona e virtuosa, Successivamente però, quando il Papa Bonifacio VIII entrò in disaccordo con le mire imperiali di Filippo, Enrico si schiererà con lui, fornendo un fondamento teorico a suo favore , cosa che finirà con la bolla Unam Sanctam. Nella quale si stabilisce che ogni autorità temporale deve essere subordinata al papa. Teodorico di Freiberg Il ruolo costitutivo dell’intelletto Fa parte dell’ordine dei domenicani, ma ha posizioni molto diverse da quelle di Tommaso. Una delle tesi più importanti è quella sulla Dottrina dell’intelletto. L’intelletto procede da Dio verso di noi. (intelletto come immagine di Dio) Quindi non ha senso che esso si attivi soltanto in risposta ad una sollecitazione Piuttosto, è una sostanza sempre in atto (anche se non ne siamo consapevoli) Teodorico critica la visione aristotelica di Aristotele, (Per Aristotele → Sensi → fantasma → intelletto) Per Teodorico, l’oggetto dell’intelletto non è la cosa individuale, ma la sua quiddità. Quindi è il nostro intelletto che rende intelligibili le cose. (Sembra Kant, o meglio Meister Eckhart) Il contesto culturale del XIV secolo Non è stato un periodo buio, anzi, abbiamo pensatori come : Giovanni Duns Scoto, Dante Alighieri, Meister Eckhart, Guglielmo di Ockham. Queste 4 figure, rispecchiano dei diversi ordinamenti, che coesistono nel medioevo. La maggior parte dello sviluppo è dovuta alla condanna del 1277. La grande importanza della contingenza, lo sviluppo di diversi approcci all’aristotelismo. L’aristotelismo prende un’altra piega, e la verità cambia: essa non è più una proprietà delle cose, ma delle proposizioni. Si sviluppa una grande attenzione per la logica e la linguistica. Giovanni Duns Scoto Rapporto metafisica e teologia Scoto mette in scena una controversia immaginaria: Il filosofo → Vede la natura come un sistema solido, coerente, studiabile e nel quale si può trovare la massima felicità. Il teologo → Vede la natura come imperfetta, e quindi necessita della grazia per essere felice. Scoto coglie la difficoltà di rapportare questi due pensieri ; è complicato convincere il filosofo di aver bisogno di qualcosa di soprannaturale , idem all’opposto. Però è proprio questa differenza che ci permette di ripensare al rapporto fra filosofia e teologia. Bisogna dividere: La metafisica come si è realizzata di fatto e La metafisica come potrebbe essere in linea di principio Duns Scoto, fa notare che il compito della metafisica (intesa come avicenna docet) è quello dello studio dell’ente, prima ancora che esso si riveli materiale o immateriale, finito o infinito. La metafisica studia l’ente com’è, ma la teologia può aiutare la metafisica spingendola , allargando la sua visione. In cambio, la teologia ricava il concetto univoco di ente, necessario per dare inizio a qualsiasi discorso fondato su Dio. La Metafisica è una Scienza trascendentale (ontologia generale) e racchiude in sé la teologia come una parte speciale. Rispetto a Tommaso d’Aquino, Scoto insiste molto sull’idea di necessità logica e sull’impossibilità di una regressione infinita. Scoto non parte dall'osservazione del movimento o delle cause del mondo fisico (come fa Tommaso), ma si basa sulla nozione di essere e su un ragionamento più astratto e metafisico. - Gli enti che conosciamo nel mondo (come gli alberi, le persone, gli animali) sono contingenti, cioè non esistono necessariamente: potrebbero non esistere, oppure essere diversi da come sono. - Ogni ente contingente dipende da qualcos'altro per esistere (ad esempio, una pianta dipende dal sole e dall'acqua). - Non può esserci una catena infinita di cause contingenti - Non è possibile che ogni ente contingente dipenda da un altro in una catena infinita, perché questa catena non spiegherebbe mai l’origine dell’esistenza stessa. - Deve quindi esistere un primo ente che non dipende da niente e che spiega tutto il resto. - Questo "primo ente" deve essere necessario, cioè deve esistere per forza e non può non esistere. È un ente che non dipende da nulla ed è la causa ultima di tutto ciò che esiste. Questo ente necessario, che è autosufficiente, infinito, e la causa di ogni altra cosa, è Dio. Scoto dimostra che Dio è un ente necessariamente esistente, ma la sua creazione è contingente, avrebbe potuto non esserci, tuttavia ribalta l’ideale aristotelico: La Contingenza è sinonimo di Libertà, mentre la Necessità è sinonimo di Costrizione. Dio è libero di creare. A Proposito di differenze con Aristotele: - Il primato della volontà, è quest’ultima a muovere l’intelletto, muovendosi autonomamente. Dante Alighieri Poeta, ma anche divulgatore filosofico. Rendendosi conto dell’esclusività della filosofia, solo per gli istruiti che conoscevano il latino, Dante scrive il Convivio, un metaforico banchetto degli esclusi, il volgo. La filosofia morale o pratica assume un ruolo primario. La felicità è il conoscere, aristotelicamente, ma ci sono dei limiti. Non a caso mette Ulisse nell’inferno , che per perseguire virtù e conoscenza ha superato le colonne d’Ercole E Sigieri di Brabante in paradiso, dove San Tommaso ne decanta le lodi. Ci sono due diverse forme di beatitudine, una terrena e l’altra ultraterrena. La prima raggiungibile con virtù morali ed intellettuali, La seconda con le virtù teologali (fede,carità) L’imperatore come guida alla felicità terrena, il papa per quella celeste. Meister Eckhart Metafisica dell’intelletto A partire dall’insegnamento di Alberto Magno, in Germania si forma una Scuola domenicana. Meister Eckhart, fù un maestro scolastico e scrisse in tedesco volgare. Eckhart propone che nel nostro fondo ci sia l’immagine di Dio, ed è nostro compito ritrovarla. Il processo di spoliazione è reciproco e simmetrico. Dobbiamo spogliare noi stessi tanto quanto Dio. L’uomo deve farsi povero anche spiritualmente, privarsi anche dell’intenzione di trovare Dio. → “è giusto pregare Dio perché ci liberi di Dio”. Dice Eckhart: Dio è in primo luogo pensiero,e solo secondariamente essere. Guglielmo di Ockham La logica dei termini ed il principio di economia L’interesse di Ockham è nei riguardi della logica, e ci invita a distinguere: - Termini Orali → non significano niente se non per convenzione - Termini Scritti → non significano niente se non per convenzione - Termini Mentali → concetto La prima osservazione è che il termine scritto o orale, può cambiare significato nel tempo, quello mentale, che si rifà ad un concetto,no. Un’altra distinzione fondamentale: Termini assoluti → Hanno un solo significato. (animale) Termini connotativi → Non ha una definizione reale (bianco) Non è una distinzione solo tecnica, Ockham fa notare come il “tempo”, problema che attanaglia da sempre i filosofi, non sia un termine assoluto, ma bensì uno connotativo. Con l’analisi logica e linguistica, si riesce a scomporre i problemi. Da qui il Rasoio di Ockham (principio di economia). In una proposizione, per Ockham, i termini sono Supposizioni, cioè stanno per qualcosa. Tipi di supposizione: Supposizione Materiale → “Uomo ha due sillabe” ovviamente parlo della parola. Supposizione Personale → “Un uomo corre” Intendo un determinato uomo, non una parola Supposizione Semplice → “L’uomo è un animale” Intendo il concetto di Uomo, non un singolo o la parola. La novità di Ockham è dire che la verità sia quando Soggetto e predicato suppongono la stessa cosa. In un certo senso risolve la disputa sugli universali, proponendo un nominalismo.

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