Politica Economica - 12 (2019) - PDF
Document Details
Uploaded by HappierBohrium
Enrico Marelli e Marcello Signorelli
Tags
Summary
These notes cover macroeconomic policies in an open economy, referencing a 2019 textbook by Enrico Marelli and Marcello Signorelli. The document details exchange rates, real exchange rates, and indicators of competitiveness. The discussion also addresses relevant concepts about exchange rate determination and adjustments in international markets.
Full Transcript
POLITICA ECONOMICA - 12: Politiche macroeconomiche in economia aperta. LIBRO DI RIFERIMENTO: ENRICO MARELLI E MARCELLO SIGNORELLI ( 2019), «POLITICA ECONOMICA. LE POLITICHE NEL NUOVO SCENARIO EUROPEO E GLOBALE», GIAPPICHELLI EDITORE, TORINO. Mercati valutari e regimi di cambio Nel mercato valut...
POLITICA ECONOMICA - 12: Politiche macroeconomiche in economia aperta. LIBRO DI RIFERIMENTO: ENRICO MARELLI E MARCELLO SIGNORELLI ( 2019), «POLITICA ECONOMICA. LE POLITICHE NEL NUOVO SCENARIO EUROPEO E GLOBALE», GIAPPICHELLI EDITORE, TORINO. Mercati valutari e regimi di cambio Nel mercato valutario o dei cambi sono determinati i prezzi di una o più valute in termini delle altre, ovvero i tassi di cambio. ◦ Le valute sono convertibili se possono essere scambiate liberamente sui mercati internazionali, secondo le regole che costituiscono un determinato sistema di cambio. ◦ Un regime o sistema di cambio è un insieme di regole individuate da due o più paesi che riguardano lo scambio delle rispettive valute nazionali. Il tasso di cambio nominale bilaterale (E) è il prezzo di una valuta (ad es. l’euro) in termini di un’altra valuta (ad es. il dollaro). ◦ Si ha apprezzamento del tasso di cambio della valuta nazionale quando il valore dell’euro aumenta rispetto a quello del dollaro (ad es. il cambio passa da $ 1,2/1 € a $ 1,4/1 €); nel caso contrario, si parla di deprezzamento. Il tasso di cambio nominale effettivo si ottiene calcolando la media (ponderata) di diversi tassi di cambio bilaterali (ad es. dollaro/euro, sterlina/euro, yen/euro, ecc.). POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 2 Tassi di cambio reale e indicatori di competitività Il tasso di cambio reale bilaterale si ottiene con la formula: Er = (P·E)/P* dove P rappresenta il prezzo dei beni nazionali (ad esempio, in euro) e P* è il prezzo dei beni esteri (ad esempio, in dollari statunitensi). ◦ Se invece calcoliamo lo stesso indicatore riferendoci al rapporto tra un dato paese e un gruppo di paesi esteri otteniamo il tasso di cambio reale effettivo (come media ponderata dei tassi di cambio reali unilaterali). Un indice di competitività è il reciproco del tasso di cambio reale: = 1/Er = P*/(P·E) ◦ Un apprezzamento del tasso di cambio reale (una diminuzione di ) indica una perdita di competitività: aumenta il prezzo delle merci nazionali espresso nella moneta estera rispetto ai prezzi del paese estero. Peggiora quindi il saldo commerciale (X-Q) e provoca una diminuzione delle partite correnti. ◦ Al contrario, un deprezzamento del tasso di cambio reale (un aumento di ) è associato ad un aumento della competitività sui mercati internazionali. Tralasciamo qui la non price competition, influenzata da elementi come la qualità dei prodotti esportati, le strategia di vendita e di marketing delle imprese, il tipo di specializzazione produttiva, la complessiva efficienza sistemica dell’economia nazionale. POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 3 Determinanti dei cambi L’approccio monetario ai tassi di cambio sostiene che il livello del cambio viene determinato (con cambi flessibili) dall’incontro tra il “flusso” di domanda e quello di offerta di valuta e che gli squilibri della bilancia dei pagamenti aggiustano il cambio ◦ un surplus della bilancia dei pagamenti corrisponde ad un eccesso di domanda di valuta nazionale, che ne causa un apprezzamento; al contrario, un deficit corrisponde ad un eccesso di offerta di valuta, con un conseguente deprezzamento. L’approccio di portafoglio si basa sull’analisi degli “stock” (invece che dei flussi) e considera la detenzione di moneta come una attività finanziaria alla quale corrisponde una determinata relazione rischio/rendimento ruolo del differenziale sui tassi d’interesse e delle aspettative sul tasso di cambio ◦ la “diversificazione” del portafoglio determina la distribuzione ottimale delle diverse attività finanziarie: monete, azioni, obbligazioni, ecc. (denominate anche in valute differenti). La teoria della parità dei poteri d’acquisto (rilevante nel lungo periodo) sostiene che il tasso di cambio corrisponde al rapporto tra i prezzi di un paniere di beni comuni in due paesi; quindi il cambio reale è costante ◦ la variazione percentuale (qui indicata con ’) del cambio nominale è pari alla variazione percentuale del rapporto tra i prezzi nei due paesi del paniere, cioè approssimativamente al differenziale di inflazione. Er’ = E’ + P’ P*’= 0 E’ = P*’ P’ = π* π POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 4 Regimi di cambio 1. Si parla di cambi fissi quando i paesi individuano una parità di riferimento, che non cambia nel tempo oppure si modifica saltuariamente (quando si cambiano le regole fissate). Per «difendere» il cambio fisso occorrono adeguate riserve (in oro o valute pregiate). ◦ Il tasso di cambio fisso tra due valute è pari ad un preciso rapporto di cambio – sistema di cambi fissi con parità puntuale – oppure è una parità di riferimento intorno alla quale il rapporto di cambio tra diverse monete può oscillare – sistema di cambi fissi con banda di oscillazione. 2. Quando invece il rapporto di cambio può fluttuare liberamente, essendo stabilito dalle forze di mercato, si parla di cambi flessibili. ◦ Mentre nel caso dei cambi flessibili ci si riferisce ad un aumento o ad una diminuzione del tasso di cambio (E) con i termini apprezzamento e deprezzamento, nel caso di cambi fissi si parla, rispettivamente, di rivalutazione e svalutazione. ◦ Anche in questo regime il cambio è influenzato dalla politica monetaria. 3. In un contesto di cambi flessibili è però possibile che le autorità di politica economica dei diversi paesi intervengano per limitare le fluttuazioni del cambio: è la fluttuazione amministrata o sporca. Per gli interventi sul mercato dei cambi sono necessarie anche in questo caso adeguate riserve. ◦ Un altro regime intermedio tra cambi fissi e flessibili è quello delle zone obiettivo (cfr. Williamson) in cui le parità centrali tra valute possono essere riviste periodicamente e hanno bande di oscillazione relativamente ampie (tipo SME). POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 5 Meccanismi di aggiustamento della BP I meccanismi automatici di aggiustamento, partendo da una situazione di squilibrio nei conti con l’estero, ristabiliscono l’equilibrio della bilancia dei pagamenti (BP); sono i seguenti. In un regime di cambi flessibili, in un paese che registra un disavanzo BP, ci sarà (dinamiche opposto nel caso di avanzo della BP): ◦ (meccanismo basato sui prezzi relativi): un eccesso di domanda di valuta estera, che si riflette in un deprezzamento della moneta nazionale ed un aumento di competitività che, attraverso un miglioramento delle partite correnti, tende ad annullare lo squilibrio iniziale; ◦ (meccanismo basato sul reddito): un deficit BP derivante da un calo delle esportazioni nette implica un calo della produzione nazionale, una riduzione delle importazioni ed un conseguente aggiustamento della BP. In presenza di cambi fissi, l’eccesso di domanda di valuta estera associato ad un disavanzo BP comporta una riduzione della moneta in circolazione, ossia di Ms (con una simultanea riduzione delle riserve valutarie). Ciò equivale ad una politica monetaria restrittiva, con effetti sulle importazioni, sui tassi d’interesse, sugli afflussi di capitale che riequilibrano la BP. ◦ A meno che la banca centrale attui una politica monetaria di sterilizzazione, controbilanciando gli effetti su Ms ◦ Secondo l’ approccio monetario (sviluppato dal FMI negli anni ‘50-60), esiste un importante nesso tra bilancia dei pagamenti (BP) e offerta di moneta (Ms), in quanto la variazione delle riserve valutarie dei diversi paesi corrispondono alle modificazioni nei mercati monetari. POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 6 Sistemi di cambi fissi: dal Gold Standard a Bretton Woods Nel mondo, a fine ’800 (dal 1870 al 1914) vi era il regime del gold standard (sistema aureo), che prevedeva la piena convertibilità in oro e parità fisse (anche con l’oro). ◦ Dominanza dell’impero britannico e della sterlina inglese. Prima Globalizzazione. ◦ Tentativo inglese di tornare al gold standard negli anni ’20 criticato da Keynes. ◦ Seguì (dopo la Grande Depressione) la profonda instabilità valutaria negli anni ’30: politiche protezionistiche, autarchiche, svalutazioni competitive. Il regime di Bretton Woods, introdotto nel 1944, ha caratterizzato con cambi quasi fissi i decenni ’50 e ’60 del secolo scorso. Nello stesso anno nascono le due importanti istituzioni mondiali: IMF e WB. 1. Il Fondo monetario internazionale (International Monetary Fund, IMF) ◦ E’ supervisore della stabilità dei cambi nel mondo e fornisce assistenza ai paesi indebitati con difficoltà finanziarie ◦ I prestiti sono spesso condizionati a riforme delle politiche e delle istituzioni nazionali. 2. La Banca mondiale (World Bank, WB; nome completo: “International Bank for Reconstruction and Development”) ◦ Fornisce aiuti allo sviluppo (inclusi prestiti con bassi tassi d’interesse), soprattutto per i paesi più poveri, che devono presentare specifici progetti di lungo periodo. Criticato, ad es. da J. Stiglitz, il Washington consensus, che pone l’ideologia del libero mercato in cima alle agende di riforma (richiedendo interventi sui mercati, sui diritti di proprietà, su privatizzazioni e liberalizzazioni) e, spesso con “terapie shock” che prescindono dalle condizioni nazionali. POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 7 Caratteristiche del regime di Bretton Woods Si tratta di un regime di cambi fissi ma aggiustabili; ammesse variazioni delle parità entro una banda del ±0,75% rispetto al $; fino alla fine degli anni ’50, era un sistema di gold-exchange standard (garantita la convertibilità del dollaro in oro ad un prezzo fisso, a lungo $35 l’oncia), poi divenne un dollar-standard (prezzo dollaro/oro non più fisso); in presenza di squilibri fondamentali (mutamenti strutturali, differenze sostanziali tra i tassi d’inflazione o di crescita, crisi persistenti nelle bilance dei pagamenti), le parità potevano essere variate (previo assenso del FMI); per mantenere fissi i cambi, previsti interventi sul mercato dei cambi e necessità di mantenere adeguate riserve (oro e valute pregiate); in alternativa, suggeriti controlli sui movimenti di capitali; linee di credito, messe a disposizione dallo stesso FMI, per contrastare gli attacchi speculativi; ma crediti, inclusi quelli stand-by, concessi previa verifica dei piani di aggiustamento; il FMI, oltre al sostegno ai paesi con difficoltà di bilancia dei pagamenti, svolge un’azione di assistenza e sorveglianza; ad es. verificando l’attuazione dei piani d’aggiustamento macroeconomico, facilitando in certi casi la rinegoziazione del debito estero dei PVS, ecc. POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 8 La fine del sistema di Bretton Woods La stabilità dei cambi, assieme alla progressiva liberalizzazione degli scambi (negoziati GATT) ed alle innovazioni nei trasporti e comunicazioni, favorì la robusta crescita del commercio mondiale negli anni ’50 e ’60. ◦ Periodo spesso ricordato come la “età d’oro del capitalismo”. Il dollaro fungeva da moneta di riserva internazionale (dollar standard) e la FED svolgeva parzialmente la funzione di “prestatore di ultima istanza” per il sistema monetario internazionale. Essendo il sistema asimmetrico, il regime fu stabile fino a quando gli obiettivi di politica economica erano sostanzialmente gli stessi tra i paesi aderenti. ◦ Alla fine degli anni ’60, le politiche Usa (finanziamento della spesa pubblica, politiche monetarie accomodanti) misero a repentaglio la stabilità dei prezzi, considerata invece prioritaria da altri paesi (Germania). ◦ La crescente inflazione americana e i disavanzi nelle bilance dei pagamenti rendevano meno credibile la parità tra dollaro ed oro; infine la Germania alzò in modo autonomo i tassi d’interesse, provocando un deflusso di capitali dal dollaro. Nell’agosto del 1971, la decisione di Nixon di svalutare il dollaro e di non garantire più la convertibilità in oro fece crollare il regime di Bretton Woods, con bande di fluttuazione allargate e poi una libera fluttuazione a partire dal 1973 (anno del primo shock petrolifero). Da allora, c’è un sistema di cambi flessibili tra le grandi aree valutarie del mondo, a parte accordi di cambio su scala regionale (come lo SME nelll’UE, poi sfociato nella Unione monetaria europea: cfr. cap. 16). POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 9 La bilancia dei pagamenti (BP) E’ un documento che registra le transazioni di beni, servizi, attività e passività finanziarie che avvengono in un certo periodo di tempo tra i residenti in un dato paese e i residenti nel resto del mondo. Si compone di tre parti: ◦ il conto corrente, che registra importazioni ed esportazioni di beni e servizi, i trasferimenti di reddito (da lavoro o da capitale) e i trasferimenti unilaterali (aiuti a paesi terzi, rimesse di emigrati, trasferimenti all’UE, ecc.); ◦ il conto capitale, che riguarda la compravendita di attività intangibili (brevetti, licenze, ecc.), le transazioni in attività tangibili ma non prodotte (terreni, risorse del sottosuolo, ecc.) e i trasferimenti unilaterali in conto capitale (remissioni di debiti, transazioni connesse all’espatrio/rimpatrio, ecc.); ◦ il conto finanziario, che registra i movimenti di capitale (investimenti diretti, investimenti di portafoglio, derivati, ecc.) e la variazione delle riserve ufficiali. Per semplificare l’analisi, spesso si considera la bilancia dei pagamenti composta da due sezioni: (i) partite correnti (somma delle prime due voci) e (ii) movimenti di capitale. Mentre il “saldo contabile” della BP è necessariamente nullo, il “saldo economico” non lo è essendo al netto della variazione delle riserve ufficiali. Altri saldi rilevanti sono il saldo delle partite correnti (PC) e il saldo commerciale (ossia le esportazioni nette NX). POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 10 Politiche macroeconomiche in economia aperta Politica fiscale: il moltiplicatore della spesa pubblica è minore rispetto al caso di un’economia chiusa, poiché parte dell’aumento della domanda aggregata si rivolge verso i prodotti esteri. Se indichiamo con Q le importazioni (IM) e se Q=qY è la funzione delle importazioni (q è la propensione ad importare), il moltiplicatore keynesiano sarà più piccolo: 1/(1-c+q) invece che 1/(1-c) ◦ Ciclo economico internazionale e teoria della locomotiva. Possibili conflitti tra obiettivi: tra obiettivi interni (ad es. la piena occupazione) ed esterni (ad es. il pareggio del saldo commerciale, la stabilità dei movimenti di capitale). ◦ Problema della appropriata assegnazione degli strumenti agli obiettivi, in base alla relativa efficacia degli strumenti sugli obiettivi. ◦ Può darsi che lo strumento della politica monetaria debba essere assegnato all’obiettivo (esterno) della bilancia dei pagamenti, mentre la politica fiscale a quello (interno) del raggiungimento del reddito di pieno impiego. POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 11 Equilibrio interno ed equilibrio esterno Il saldo delle partite correnti (PC) dipende dalla differenza tra risparmi ed investimenti (S-I) e dal saldo del bilancio pubblico (T- G). Data la condizione d’equilibrio per il mercato dei beni: Y=C+I+G+X–Q si scriva (X–Q) come PC, si sottragga (C+T) da entrambi i membri e si noti che Y–T–C=S: S = I+GT+PC PC = (SI)+(TG) ◦ In caso di pareggio del bilancio pubblico (T-G=0), per ottenere un miglioramento delle partite correnti è necessario un flusso di risparmi (privati) superiore agli investimenti (S>I). ◦ E’ anche possibile che il disavanzo PC sia dovuto ad un deficit del bilancio pubblico (T-G1; ◦ non devono essere presenti rigidità dal lato dell’offerta: altrimenti si innesca il “circolo vizioso” svalutazione-inflazione, per cui i benefici della svalutazione sono limitati al breve-medio periodo; ◦ le variazioni del tasso di cambio devono raggiungere i consumatori finali e non andare al solo beneficio dei profitti dei venditori (effetto pass- through); ◦ se le quantità di esportazioni ed importazioni non si modificano istantaneamente, la manovra del tasso di cambio può anche peggiorare il saldo commerciale poiché aumenta il valore relativo delle importazioni, causando il cosiddetto “effetto J” (peggioramento di medio periodo); Infatti possiamo scrivere: NX = pxqx pIMqIM (con le quantità q temporaneamente fisse) ◦ la manovra del tasso di cambio non deve ingenerare ulteriori attese di svalutazione, assicurando così la stabilità dei flussi di capitali; altrimenti le aspettative di svalutazione causerebbero un deflusso di capitali. POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 13 Il modello di Mundell-Fleming Sviluppato negli anni ’60, consente di analizzare gli effetti delle politiche macro- economiche in economia aperta, sotto diverse ipotesi relative ai regimi di cambio ed alla libertà dei movimenti di capitale. Se il saldo della bilancia dei pagamenti (BP) è la somma algebrica di partite correnti (PC) e movimenti di capitale (MK): BP = PC + MK, la condizione di equilibrio BP=0 può essere dovuta ad un equilibrio di entrambi i saldi parziali (PC e MK) oppure, più frequentemente, alla compensazione di due squilibri. Le determinanti delle partite correnti sono (ove è l’indice di competitività e Yw il reddito del resto del mondo): Q QY , X X Yw , PC X Q PC Y , Y w , e quelle dei movimenti di capitale (il tasso di interesse estero è iw e le aspettative sul tasso di cambio Ee): : e MK MK i , i w , E i movimenti ◦ ricordiamo la condizione di parità scoperta per di capitale: i=iw–Êe (dove Êe = apprezzamento atteso della moneta nazionale). Per cui il saldo della BP si può esprimere come: BP PC MK BP Y , Y w , , i , i w , E e POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 14 La curva BP Concentrandoci sugli effetti delle variazioni del reddito e del tasso di interesse nazionale, definiamo la curva BP come il luogo geometrico dei punti nello spazio (Y,i) compatibili con l’equilibrio (BP=0). ◦ Inclinazione positiva. Avanzo ◦ I punti al di fuori rappresentano condizioni di disequilibrio: avanzo (sopra la curva BP) o disavanzo (sotto la BP). ◦ La curva BP si sposta se muta il tasso di cambio. Maggiore è la reattività dei movimenti dei capitali rispetto a i, più piatta sarà la Disavanzo curva BP: ◦ curva orizzontale se i capitali sono infinitamente sensibili al tasso di interesse, ovvero nel caso di perfetta mobilità dei capitali (in questo caso avremo che i=iw); ◦ se i capitali sono del tutto insensibili al tasso di interesse, la curva è verticale in corrispondenza del reddito nazionale che assicura l’equilibrio dei conti con l’estero ( Y). POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 15 Politica fiscale espansiva con cambi fissi Politica fiscale amplificata con alta mobilità di capitali. ridimensionato nel caso di bassa mobilità Alta mobilità dei capitali: Bassa mobilità dei capitali in E2 avanzo di BP e Ms in E2 disavanzo di BP e Ms Avanzo Disavanzo POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 16 Politica monetaria espansiva con cambi fissi Alta (BPa) o bassa (BPb) Politica monetaria: mobilità dei capitali: in E2 disavanzo di BP (qualunque sia il grado di mobilità dei capitali) e Ms riporta la LM nella posizione iniziale. Quindi la politica monetaria con cambi fissi è completamente inefficace. Invece si era visto (nei due grafici precedenti) che la politica fiscale è efficace, ma l’efficacia è positivamente correlata con il grado di mobilità dei capitali. POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 17 Politica fiscale espansiva con cambi flessibili Alta mobilità dei capitali: Bassa mobilità dei capitali: in E2 avanzo di BP, apprezzamento in E2 disavanzo di BP, del cambio, IS e BP si spostano a deprezzamento del cambio, IS e BP sinistra si spostano a destra POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 18 Politica monetaria espansiva con cambi flessibili (Mobilità dei capitali Politica monetaria: indifferente) in E2 disavanzo di BP (qualunque sia il grado di mobilità dei capitali), deprezzamento del cambio, IS e BP si spostano a destra. Quindi la politica monetaria con cambi flessibili è molto efficace. Invece si era visto (nei due grafici precedenti) che la politica fiscale è parzialmente efficace, e l’efficacia aumenta con bassa mobilità dei capitali. POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 19 Cambi fissi o cambi flessibili? I principali benefici di un regime di cambi fissi: ◦ si riduce l’incertezza nei pagamenti e quindi si facilitano gli scambi commerciali, le decisioni produttive e di investimento, ◦ i cambi flessibili sono spesso eccessivamente volatili, non riflettendo i market fundamental ma essendo spesso generati da ondate speculative, ◦ anche quando il cambio nominale è fisso, il cambio reale è pur sempre flessibile, ◦ si evita che la banca centrale possa comportarsi in modo opportunistico ed un paese tendenzialmente propenso all’inflazione può cercare di “importare” credibilità antinflazionistica dall’estero. Il principale costo dei cambi fissi è la perdita dello strumento del cambio e della manovra dei tassi d’interesse, ossia di politiche monetarie autonome. In generale gli economisti keynesiani tendono a preferire i cambi flessibili, in quanto si può sostenere la domanda aggregata attraverso il deprezzamento del cambio; ma un regime di cambi fissi tende ad assicurare un quadro di stabilità per gli scambi internazionali. ◦ Una situazione limite – di cambi fissi – si ha nelle unioni monetarie. I suoi membri possono aumentare la competitività dei loro beni solo promuovendo incrementi della produttività. POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 20 Paesi grandi e paesi piccoli Diversa efficacia del tasso di cambio secondo le dimensioni del paese: ◦ i paesi grandi hanno un grado di apertura internazionale relativamente basso e quindi le modificazioni del tasso di cambio hanno un impatto moderato sull’andamento economico; ◦ per i paesi piccoli il tasso di cambio è una variabile economica cruciale. Forme di rinuncia all’autonomia delle politiche monetarie nazionali: ◦ nei sistemi di cambi fissi e, ovviamente, nelle unioni monetarie; ◦ un’esplicita rinuncia all’autonomia della politica monetaria (ad es. per acquisire credibilità antinflazionistica) è quella del pegging del tasso di cambio rispetto ad una valuta di riferimento: il dollaro Usa e (in passato) il marco tedesco; ◦ nel caso del currency board, un paese dichiara di assicurare al pubblico il cambio tra due monete in ogni momento ad un cambio prefissato (ad es. Argentina); ◦ soluzione ancora più estrema: adozione diretta di una valuta straniera (ad es. “dollarizzazioni” nei paesi dell’America Latina o l’euro nel Montenegro). Modelli centro-periferia (cfr. De Cecco): ◦ le scelte di politica monetaria del “paese-centro” (ad es. gli Usa) vengono prese in funzione dell’andamento dell’economia interna, ma influenzano il ciclo finanziario internazionale, con conseguenze sui paesi della “periferia” (ad es. rialzo dei tassi negli Usa negli anni ’80 e crisi del debito nei PVS). POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 21 Cambi fissi e autonomia della politica monetaria Triade inconciliabile (Mundell): non è possibile soddisfare simultaneamente le tre condizioni: 1. regime di cambi fissi; 2. perfetta mobilità dei capitali; 3. autonomia della politica monetaria. Per alcuni paesi, può essere vantaggioso rinunciare alla sovranità monetaria (rinuncia a 3.), legandosi alle politiche monetarie di altri paesi con caratteristiche di maggiore stabilità: o Soluzioni: cambi fissi, pegging del tasso di cambio e currency board ◦ A fronte della importazione della credibilità monetaria, vi è però la conseguenza di dover subire l’andamento del ciclo economico del paese di riferimento, così come il rischio di importare inflazione; o Al limite, rinuncia alla valuta nazionale e passaggio all’unione monetaria (cfr. cap. 16). Per altri, si può rinunciare alla perfetta mobilità dei capitali (rinunciando a 2.) com’era durante il periodo di Bretton Woods o La liberalizzazione finanziaria, a partire dagli anni ’70 e ’80, ha reso i sistemi economici più vulnerabili e più soggetti a crisi, bancarie e valutarie (cfr. cap 14). Oppure si passa ai cambi flessibili (rinunciando a 1.), come negli attuali rapporti tra le aree valutarie mondiali. POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 22 Forme di coordinamento internazionale Accanto al FMI ed alla Banca mondiale (ed in aggiunta alla WTO per le politiche commerciali: cfr. cap. 14) vi sono altri consessi in cui sono coordinate le politiche economiche a livello mondiale. Dopo la crisi finanziaria, discussioni sulla riforma dell’architettura del sistema finanziario internazionale (nuova Bretton Woods ?) in diverse sedi: o Financial Stability Board (FSB) ◦ prima chiamato Financial Stability Forum, organismo informale dal 1999 (presieduto fino al 2011 da M. Draghi); o Basel Committee on Banking Supervision: standard contabili (Basilea II, III, ecc.). Il G-7 (dal 1975) ed il G-8 (dal 1998): vertici periodici dei Capi di Stato o di Governo. Ora conta soprattutto il gruppo G-20: o Il G-20 operava informalmente (dal 1999, prima riunione a Berlino, ma solo ministri delle finanze e governatori delle banche centrali), ma ha preso il posto del G-8 a partire dal vertice di Pittsburgh (2009). o Dopo la crisi, summit più formali (con Capi di stato o di governo) a Washington, Londra, Pittsburgh. o Fanno parte: Argentina, Australia, Brazil, Canada, China, France, Germany, India, Indonesia, Italy, Japan, the Republic of Korea, Mexico, Russia, Saudi Arabia, South Africa, Turkey, the United Kingdom, Usa; oltre all’Unione europea. o Rappresenta i 2/3 della popolazione mondiale, il 90% del PIL, l’80% del commercio globale. POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 23 Il gruppo del G-20 Vertici del G-20 degli ultimi anni: o Toronto, Canada (26-27 giugno 2010), Seoul, Corea (11-12 novembre 2010), Cannes, Francia (3-4 novembre 2011), Los Cabos, Messico (18-19 giugno 2012), San Pietroburgo, Russia (5-6 settembre 2013), Brisbane, Australia (15-16 novembre 2014), Antalya, Turchia (15-16 novembre 2015), Hangzouh, Cina (4-6 settembre 2016), Hamburg, Germania (7-8 luglio 2017), Buenos Aires, Argentina (30 novembre -1 dicembre 2018), Osaka, Giappone (28-29 giugno 2019), Riyadh, Arabia Saudita (21-22 novembre 2020). Esempi di decisioni prese: o realizzazioni del quinquennio precedente (elencate durante il vertice di san Pietroburgo): (1) implementazione dei global capital standards (Basilea III); (2) regolamentazione dei derivati OTC; (3) identificazione delle banche e degli assicuratori globali “sistematicamente importanti” (con standard prudenziali rafforzati); (4) procedure per la soluzione delle crisi di grandi istituzioni finanziarie (senza perdite per i contribuenti); (5) progressi nella capacità di fronteggiare potenziali rischi sistemici. In passato, contrapposizioni sulle politiche macroeconomiche: o tra posizione di Obama (favorevole agli stimoli fiscali) e quella della Merkel (a favore del risanamento e del rigore fiscale); ◦ nel comunicato finale, riconosciuto il rischio che “aggiustamenti fiscali adot-tati in modo sincronizzato dalle più grandi economie influenzino negativamente la ripresa”; accanto però al rischio che “la mancata attuazione del consolida-mento fiscale, dove necessario, pregiudichi la fiducia ed ostacoli la crescita”. o Più recentemente tra il presidente Usa Trump e gli altri leader, sul protezionismo. POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 12 24