Modulo 02 - Scheletro e Sist. Muscolare PDF
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Mariano Alessandro
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Summary
These notes describe the anatomy and physiology of the musculoskeletal system, including the structure and function of bones, joints, and muscles, focusing on various bone and joint pathologies, as well as aspects of connective tissue.
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POTENZIAMENTO BIOMEDICO apparato scheletro-muscolare Modulo 02 – prima annualità Argomenti i tessuti e l’apparato tegumentario Le funzioni, la struttura e la formazione delle ossa. Lezione 01 La classificazione delle ossa. Le articol...
POTENZIAMENTO BIOMEDICO apparato scheletro-muscolare Modulo 02 – prima annualità Argomenti i tessuti e l’apparato tegumentario Le funzioni, la struttura e la formazione delle ossa. Lezione 01 La classificazione delle ossa. Le articolazioni. Lezione 02 Anatomia e fisiologia del sistema muscolare. Medico specialista Lezione 03 (Le patologie della colonna vertebrale. Le patologie della spalla, degli arti superiori, dell’anca, del ginocchio e del piede) Medico specialista Lezione 04 (Le patologie del sistema muscolo-tendineo e legamentoso. I traumi nello sport: valutazione e trattamento riabilitativo) Lezione 05 Verifica + attività di laboratorio (istologia) 01 introduzione https://padlet.com/marianialessandro/apparato-locomotorio-l11hxppiioyp7642 Apparato scheletro-muscolare Gli elementi anatomici fondamentali dell'apparato locomotore sono le ossa, le articolazioni, i tendini, i legamenti Le ossa I muscoli e i muscoli. strutture rigide con un grado di elasticità attraverso la molto limitato, servono a sostenere il contrazione corpo e agiscono come delle vere e muscolare, forniscono proprie leve su cui i muscoli applicano le le forze necessarie per forze che permettono i movimenti. ottenere i movimenti. I legamenti Le articolazioni I tendini collegano e tengono uniti due o più ossa, consentendo comunque collegano le ossa tra loro, collegano i muscoli alle ossa e hanno una determinata libertà di movimento. I legamenti hanno quindi una consentendo loro degli la funzione di applicare alle ossa le funzione prevalentemente stabilizzatrice, impedendo l'alterazione spostamenti in diverse forze sviluppate dai muscoli. Sono della posizione delle strutture ai quali sono collegati oltre i limiti direzioni. formati da tessuto connettivo denso fisiologici di sicurezza e garantendo l'integrità delle articolazioni. (fibre collagene ed elastina) e sono Sono formati da tessuto connettivo denso (come i tendini), che dotati di elevata resistenza e di una conferisce un'elevata resistenza alle forze applicate all'articolazione, elasticità piuttosto limitata. ma una limitata elasticità. 02 Il sistema scheletrico https://padlet.com/marianialessandro/apparato-locomotorio-l11hxppiioyp7642 Il sistema scheletrico Lo scheletro svolge cinque funzioni fondamentali: 1. Fornisce sostegno e forma al corpo 2. Offre un ancoraggio ai muscoli, che sono gli organi attivi del movimento 3. Protegge alcuni organi interni 4. Produce le cellule del sangue (processo di emopoiesi, avviene nella cavità midollare dell’osso) 5. È una riserva di sostanze utili all’organismo, in particolare di sali minerali (come il calcio e il fosforo). Una piccola quantità di Ca2+ in forma ionica deve essere costantemente presente nel sangue perché possano aver luogo processi come la trasmissione degli impulsi nervosi, la contrazione muscolare la coagulazione del sangue. Lo scheletro è formato da due tipi di tessuto: A. tessuto osseo B. tessuto cartilagineo Il sistema scheletrico La classificazione ossea Tutte le ossa del nostro corpo si classificano in base alla loro forma in cinque categorie principali: 1. Lunghe: sono sviluppate principalmente in una dimensione (la lunghezza); es. femore e omero. Le estremità, più larghe e arrotondante, formano le epifisi (ricoperte da uno strato sottile di cartilagine), la parte centrale e più sottile si chiama diafisi 2. Piatte: sono incurvate, sottili e robuste, sono sviluppate in due dimensioni; forniscono sostegno e protezione agli organi interni. Es. cranio, sterno, scapole, bacino 3. Corte: sono di forma tozza, la larghezza, la lunghezza e lo spessore hanno circa le stesse dimensioni; es. le ossa del carpo e del tarso 4. Irregolari: hanno forme complesse e non rientrano nelle precedenti categorie. Es. le vertebre e l'osso iliaco 5. Sesamoidi: osso accessorio, di piccole dimensioni, di forma rotonda od ovalare. Si sviluppano in prossimità di talune articolazioni (s. periarticolari della mano, del piede) o nella compagine di alcuni tendini. Es. rotula Il sistema scheletrico Il sistema scheletrico La superficie ossea La superficie esterna ossea non è uniforme e può presentare: Processi o apofisi: prominenze particolarmente voluminose e marcate Condili: processi di forma tonda/ovale Tubercoli: processi tondeggianti piccoli Tuberosità: processi tondeggianti cospicui Trocanteri: processi cospicui, di forma varia Creste: rilievi ossei sottili Spine: processi sottili e appuntiti Teste: porzioni ossee tondeggianti, che poggiano su una parte più stretta, detta collo Solchi: impronte dovute al passaggio di grossi vasi sanguigni Fori e canali: per consentire il passaggio di vasi e fibre nervose Il sistema scheletrico La superficie ossea La superficie esterna ossea non è uniforme e può presentare: Il sistema scheletrico La struttura macroscopica di un osso In un tipico osso lungo distinguiamo più porzioni : Epifisi prossimale e distale alle estremità Metafisi, intermedia tra epifisi e diafisi. In essa avviene il processo di crescita dell’osso a livello del disco epifisario che lascerà il posto alla linea epifisaria Diàfisi centrale, cilindrica e cava Il sistema scheletrico In un tipico osso lungo distinguiamo più porzioni : Periostio guaina esterna di connettivo fibroso a fasci intrecciati denso e irregolare che protegge l’osso e nella quale passano nervi e vasi. Contiene le cellule che aumentano lo spessore dell’osso. È ancorato all’osso mediante le «fibre perforanti» Cavità midollare, interna all'osso lungo e situata in corrispondenza della diafisi. Ospita il midollo osseo rosso o giallo, e le strutture nervose e vascolari. Le cavità midollari alla nascita sono ricche di tessuto midollare rosso, responsabile dell'emopoiesi. Con la crescita, il tessuto midollare rosso tende a permanere solo all'interno delle ossa piatte e delle parti spugnose delle ossa lunghe, le epifisi (soprattutto quelle più vicine allo scheletro assile). Il tessuto midollare rosso tende gradualmente a perdere staminali in favore di una componente adiposa e diventa quindi tessuto midollare giallo. Tale processo è definito conversione midollare Endostio sottile membrana interna di connettivo fibroso meno spesso che contiene lo strato di cellule che nutrono, formano o distruggono l’osso Cartilagine articolare Il tessuto osseo Il tessuto osseo è un tessuto connettivo specializzato costituito da: cellule non contigue disposte in lacune da cui si dipartono canalicoli più o meno ramificati che le contengono con i loro prolungamenti sostanza fondamentale o matrice ossea mineralizzata Caratteristiche: colore bianco-giallastro notevole durezza inferiore solo a quella che caratterizza lo smalto dei denti elevata resistenza alla pressione, alla trazione e alla flessione struttura plastica grazie al suo continuo rimodellamento tessuto innervato e riccamente vascolarizzato (il sangue che scorre nei vasi sanguigni presenti nelle ossa garantisce gli scambi (di sostanze e gas) con le diverse popolazioni cellulari) La matrice ossea La matrice ossea (che rappresenta il 90% del tessuto osseo) risulta costituita da: una componente inorganica (sali) che conferisce durezza all’osso (65% del peso secco dell’osso), in cui sono presenti: fosfato di calcio (86%) in forma di cristalli di idrossiapatite carbonato di calcio (12%) fosfato di magnesio (1,5%) fluoruro di calcio (0,5%) tracce di ossido di ferro una componente fibrillare, che conferisce resistenza all’osso, con fibre collagene di tipo I che costituiscono l’osseina una componente amorfa con proteoglicani, glicoproteine, lipidi ed enzimi. Essa consente l’adesione delle cellule alla matrice La matrice ossea A seconda che la matrice ossea sia disposta o meno a costituire lamelle si distinguono: tessuto osseo non lamellare a fibre intrecciate che costituisce l’osso prenatale. Nell’adulto si trova nelle suture e in prossimità delle superfici articolari tessuto osseo non lamellare a fibre parallele, presente nelle zone d’inserzione dei tendini tessuto osseo lamellare che costituisce l’osso postnatale Sulla base della disposizione delle lamelle ossee si possono riconoscere due tipi principali di tessuto osseo: tessuto osseo compatto (80% dello scheletro) tessuto osseo spugnoso (20% dello scheletro) Le ossa Il tessuto osseo compatto Costituisce la superficie di tutte le ossa e gran parte delle diàfisi delle ossa lunghe la sua unità funzionale è l’osteone, che è costituito da: canale centrale di Havers contenente vasi e fibre nervose amieliniche canale perforante di Volkmann a decorso trasversale o obliquo, collegato al periostio lamelle concentriche al canale di Havers, in numero di 8-15 Tra gli osteoni si trovano delle lamelle interstiziali; lamelle circonferenziali sono presenti, invece, sui margini interni ed esterni del segmento osseo. Dei canalicoli si dipartono dalle lacune a formare una fitta rete. Pieni di liquido extracellulare, essi permettono ai nutrienti e all’ossigeno di raggiungere le cellule e ai rifiuti di essere rimossi Il tessuto osseo compatto Costituisce la superficie di tutte le ossa e gran parte delle diàfisi delle ossa lunghe Le fibre di collagene si allineano in maniera regolare, dando origine ad una matrice organica, e sono responsabili della elasticità ossea, che si traduce in una notevole resistenza alla trazione (allungamento) Il tessuto osseo spugnoso Costituisce la maggior parte del tessuto delle ossa brevi, delle ossa irregolari, gran parte delle epìfisi e lo strato interno delle ossa piatte (diploe) Strati di lamelle associati in trabecole che delimitano le cavità midollari occupate da midollo osseo, vasi e nervi Il tessuto osseo Microscopia elettronica a scansione che mostra due osteociti (Ot) circondati da matrice ossea (B). Da notare i processi citoplasmatici (frecce) tra gli osteociti che formano una rete interconnessa [ https://www.ncbi.nlm.nih.gov/] La componente cellulare Le cellule che formano il tessuto osseo sono gli osteoblasti, gli osteociti (sono osteoblasti maturi) e gli osteoclasti. L’osso non è un tessuto statico, è invece soggetto a rimodellamento e rinnovamento per l’intera durata della vita: Osteociti e osteoblasti concorrono alla formazione dell’osso e della matrice extracellulare (Le cellule osteoprogenitrici sono cellule staminali che si Le cellule osteoprogenitrici, gli osteoblasti e gli osteociti differenziano in osteoblasti). rappresentano stadi diversi di una stessa linea cellulare Gli osteoclasti sono responsabili del riassorbimento osseo. Le cellule del tessuto osseo rappresentano il 2% del tessuto osseo La componente cellulare Osteoblasti Osteociti Cartilagine elastica cellule voluminose, di forma cubica Sono i principali componenti del Sono di notevoli dimensioni ad intensa attività osteogenica con tessuto osseo grazie ad enzimi lisosomiali RER e apparato di Golgi molto hanno ridotto la loro attività demineralizzano e distruggono la sviluppati osteogenica, assumendo una matrice ossea durante la crescita producono la matrice ossea funzione di controllo sull’attività degli o in caso di frattura regolano la deposizione della matrice osteoblasti e degli osteoclasti inorganica L’ossificazione L’ossificazione è il processo con il quale si forma l’osso differenziandosi dal mesenchima, il tessuto connettivo embrionale. In questo processo il tessuto cartilagineo si trasforma in tessuto osseo. A partire da uno o più punti di ossificazione si verifica un lento depositarsi di sali minerali che trasformano la cartilagine in osso. Alcune parti dello scheletro non ossificano mai, Il processo di ossificazione si articola in come i padiglioni auricolari, il naso e le zone di quattro fasi: contatto fra le ossa. formazione iniziale nell’embrione e nel feto crescita ricostruzione e rimodellamento riparazioni e fratture L’ossificazione Il processo di ossificazione si articola in quattro fasi: 1. formazione iniziale nell’embrione e nel feto 2. crescita 3. ricostruzione e rimodellamento 4. riparazioni e fratture L’ossificazione: formazione iniziale L’ossificazione della cartilagine inizia verso il terzo mese di gravidanza. La formazione iniziale nell’embrione e nel feto procede secondo due linee: 1. Ossificazione diretta o intramembranosa tipica delle ossa piatte 2. Ossificazione indiretta o per sostituzione di un modello cartilagineo tipica delle ossa brevi e lunghe. Essa è di tipo: A. Pericondrale se avviene sulla superficie della cartilagine B. Endocondrale se avviene all’interno, a partire da centri di ossificazione L’ossificazione: formazione iniziale 1. Ossificazione diretta o intramembranosa tipica delle ossa piatte che derivano da mesenchima ancora parzialmente presente alla nascita e concludono la trasformazione in tessuto osseo alla fine del secondo anno di età L’ossificazione: formazione iniziale 2. Ossificazione indiretta o per sostituzione di un modello cartilagineo tipica delle ossa brevi e lunghe e consiste nella formazione di osso per sostituzione di un preesistente modello di cartilagine ialina o nel corso dell’accrescimento. Essa è di tipo: A. Pericondrale, un’ossificazione per sostituzione all’interno dell’abbozzo cartilagineo, B. Endocondrale, per sostituzione a spese del pericondrio e successivamente del periostio Ripasso: il tessuto cartilagineo le cellule che formano il tessuto cartilagineo sono i condrociti. I condrociti sono dispersi in una matrice ricca di collagene (la stessa proteina presente nel derma). La cartilagine è resistente, molto elastica ma meno dura e rigida rispetto al tessuto osseo. Inoltre è priva di vasi sanguigni e di nervi. Esistono diversi tipi di cartilagine: o ialina o elastica o fibrosa Ripasso: il tessuto cartilagineo Cartilagine ialina Cartilagine fibrosa Cartilagine elastica Struttura: Struttura: Struttura: Numerosi condrociti Notevole contenuto di fibre di Condrociti sparsi in un reticolo di Matrice bianco-azzurra lucida collagene fibre elastiche Sottili fibre di collagene Funzione: Sostanza fondamentale scarsa Funzione: resiste alla compressione, previene il Funzione: sostegno rigido ma flessibile, riduce contatto tra le ossa, limita i sostegno deformabile senza danno, l’attrito tra le ossa movimenti reciproci ritorna alla forma originaria Sede: Sede: Sede: Scheletro dell’embrione e del feto Sinfisi pubica Padiglione auricolare Estremità delle ossa lunghe e Dischi intervertebrali Epiglottide delle costole Menischi del ginocchio Trombe di Eustachio Naso, laringe, trachea, bronchi L’ossificazione: la crescita dell’osso La crescita dell’osso avviene sia in lunghezza sia in spessore La crescita in lunghezza avviene a livello dei dischi epifisari di cartilagine ialina posti trasversalmente tra la diafisi e le epifisi delle ossa lunghe. Sul lato epifisario del disco si formano nuovi condrociti, mentre sul lato diafisario i vecchi condrociti vengono sostituiti da tessuto osseo: lo spessore del disco resta costante, ma l’osso sul lato diafisario cresce in lunghezza. La crescita dura finché persiste la cartilagine di accrescimento, perché mentre i condrociti sono capaci di moltiplicarsi, gli osteociti perdono tale capacità Nell’uomo l’ossificazione si completa intorno ai 18-25 anni di età. La diafisi allora si salda alle epifisi e l’osso raggiunge le sue dimensioni definitive. Ciò che resta della cartilagine del disco epifisario ossificato è una sottile linea detta linea epifisaria La crescita in spessore avviene ad opera della parte profonda del periostio, la membrana connettivale osteogena che riveste l’osso, grazie all’attività dei suoi osteoblasti. Gli osteoblasti secernono matrice extracellulare ossea, poi si differenziano in osteociti, aggiungendo nuove lamelle alla superficie dell’osso e formando nuovi osteoni. L’attività del periostio si riduce con l’età. Nel bambino è intensa e ciò spiega il rapido accrescimento in diametro delle sue ossa, nell’anziano l’attività è molto ridotta L’ossificazione: la crescita dell’osso Fattori che regolano l’accrescimento osseo L’accrescimento osseo, come pure il rimodellamento e la riparazione delle fratture, dipende da svariati fattori: fattori genetici (sesso, etnia, ecc.) apporto attraverso la dieta di sali minerali di Ca, P, Mg apporto di vitamine A, C e D stimolazione da parte di numerosi ormoni come il paratormone, la calcitonina, la tiroxina, il somatotropo, gli estrogeni, il testosterone esercizi fisici di carico. Mentre si trovano nello spazio, gli astronauti ora possono esercitarsi per diverse ore al giorno con speciali macchine per esercizi che aiutano a creare l'ambiente di carico necessario per rallentare il tasso di perdita ossea (Nell'ambiente di microgravità dello spazio, gli astronauti perdono in media dall'1% al 2% della loro densità minerale ossea ogni mese. La perdita ossea si verifica nell'ambiente privo di peso dello spazio, perché le ossa non devono più sostenere il corpo contro la gravità. Al ritorno sulla Terra, le ossa indebolite degli astronauti risultano più fragili e a maggior rischio di frattura) L’ossificazione: la crescita dell’osso Fattori che regolano l’accrescimento osseo Un’anomalia nell’ossificazione in corso di crescita (difetto della mineralizzazione della matrice ossea) per carenza di vitamina D e scarsa esposizione al sole determina il rachitismo, potenzialmente responsabile, in uno stadio avanzato, di deformità e fratture ossee. L’ossificazione: la crescita dell’osso Fattori che regolano l’accrescimento osseo Accrescimento osseo e ormoni Prima della pubertà gli ormoni che In pubertà vengono prodotti in maggior quantità gli ormoni stimolano la crescita ossea sono: che agiscono sulle cartilagini in accrescimento (fisi) causando Ormone ipofisario GH (ormone della l’impennata di crescita dell’adolescenza: crescita) estrogeni (ormoni sessuali prodotti dalle ovaie) Fattori di crescita insulino simili (IGF) androgeni (ormoni sessuali prodotti nei maschi dai testicoli e prodotti dall’osso stesso e dal in entrambi i sessi dalle ghiandole surrenali) fegato in risposta al GH Ormoni tiroidei Insulina L’ossificazione: rimodellamento Il rimodellamento e la ricostruzione dell’osso La ricostruzione e il contemporaneo rimodellamento dell’osso avvengono continuamente anche nell’adulto fino alla vecchiaia. Il tessuto osseo viene ristrutturato grazie all’azione combinata degli osteoclasti che operano una demolizione e un riassorbimento continui, e degli osteoblasti che provvedono alla sua ricostruzione. Si tratta di trasformazioni che avvengono a livello microscopico. In pratica nelle ossa si scavano ininterrottamente piccole cavità, che vengono subito riempite da nuovo tessuto osseo. Ogni anno viene rinnovato il 10% del nostro patrimonio osseo Nel giro, quindi, di appena 10 anni, l’intero patrimonio osseo viene interamente rinnovato. L’intensità del processo è legata, soprattutto, ai livelli ematici di calcio (il range di normalità della concentrazione sierica di calcio totale è compreso tra 8,8 e 10,4 mg/dL - 2,20-2,60 mmol/L). L’ossificazione: rimodellamento Il rimodellamento e la ricostruzione dell’osso Regolazione dei livelli ematici di calcio: Meccanismo a feedback negativo L’ossificazione: rimodellamento Il rimodellamento e la ricostruzione dell’osso L’OSTEOPOROSI È una condizione che si manifesta nel momento in cui si accentuano i processi demolitivi dell’osso, non controbilanciati da una parallela deposizione di nuovo tessuto osseo. Lo scheletro è soggetto a perdita di massa ossea e resistenza causata da fattori nutrizionali, metabolici o patologici. Lo scheletro è quindi soggetto a un maggiore rischio di fratture patologiche, in seguito alla diminuzione di densità ossea e alle modificazioni della microarchitettura delle ossa. L’ossificazione: rimodellamento Il rimodellamento e la ricostruzione dell’osso L’OSTEOPOROSI Terminato il consolidamento, in una persona in buona salute e a meno che non siano presenti malattie o condizioni particolari, l’osso continua ad andare incontro a un rimodellamento, ma i processi di deposizione e riassorbimento si equivalgono, per cui l’osso rimane in equilibrio, nella donna sino alla menopausa, nell’uomo sino a 65-70 anni. Arrivati a questo punto, inizia la fase di riassorbimento. Via via che si invecchia il rimodellamento diventa meno efficiente e il riassorbimento tende a prevalere sulla formazione di nuovo osso. Lo scheletro inizia a perdere minerali e la massa ossea, di conseguenza, diminuisce. Quando la massa minerale ossea si riduce al di sotto di una certa soglia, le ossa, fragili e indebolite, sono a rischio di frattura. L’ossificazione: rimodellamento Il rimodellamento e la ricostruzione dell’osso L’OSTEOPOROSI È chiaro che questa soglia viene raggiunta più facilmente e rapidamente da chi, da giovane, non ha raggiunto un picco di massa ossea elevato. Il picco di massa ossea raggiunto in gioventù è fondamentale per la protezione dello scheletro nell’anziano (e nella donna in post-menopausa). Infatti, maggiore è il suo valore, minore è il rischio di sviluppare l’osteoporosi quando si è vecchi. Il picco di massa ossea può essere considerato un po’ come un conto corrente bancario, nel quale è stato depositato un capitale per il futuro, sotto forma di sali minerali. Se il capitale iniziale era alto, un prelievo continuo e ripetuto nel tempo avrà effetti meno deleteri e permetterà di arrivare più tardi alla zona a rischio di fratture. L’ossificazione: fratture e riparazioni Nelle riparazioni e nelle fratture ossee, il periostio produce il callo osseo che congiunge i frammenti L’ossificazione: fratture e riparazioni Nelle riparazioni e nelle fratture ossee, il periostio produce il callo osseo che congiunge i frammenti 1. Ematoma: Con la frattura dell’osso si verifica la rottura di vasi sanguigni; di conseguenza si forma un rigonfiamento pieno di sangue, detto ematoma. Le cellule rimaste prive di nutrizione muoiono. 2. callo fibro-cartilagineo: Uno dei primi eventi della riparazione dei tessuti è la formazione di nuovi capillari che penetrano nella sede della lesione, con l’eliminazione del tessuto morto da parte dei fagociti. Intanto che questo processo continua, vari tipi di cellule del tessuto connettivo formano una massa di tessuto di riparazione, il callo fibrocartilagineo 3. callo osseo: Con l’arrivo di un numero sempre maggiore di osteoblasti e di osteoclasti e con la loro moltiplicazione, il callo fibrocartilagineo è gradualmente sostituito da un callo formato da osso spugnoso, il callo osseo. 4. rimodellamento dell’osso: Nelle settimane seguenti, il callo osseo viene rimodellato in risposta alle forze meccaniche esercitate su di esso, così da formare una robusta «toppa» permanente nella zona di frattura. La suddivisione dello scheletro LO SCHELETRO ASSILE e LO SCHELETRO APPENDICOLARE 1. lo scheletro assile è costituito dalle (80) ossa che formano l’asse longitudinale del corpo, cioè le ossa del cranio, della colonna vertebrale della gabbia toracica, e l’osso ioide; funzione: proteggere il sistema nervoso e importanti organi interni tra i quali cuore e polmoni 2. lo scheletro appendicolare è costituito dalle (126) ossa degli arti (superiori inferiori) e dalle rispettive cinture (scapolare e pelvica), che ne permettono l’attacco allo scheletro assile; funzione: sostegno e movimento Lo scheletro di un adulto consta di 206 ossa collegate tra loro da 68 articolazioni Osso IOIDE: osso impari, mediano, mobile, che ha la forma di ferro di cavallo; è situato nella regione anteriore del collo, al di sopra di laringe e cartilagine Nei bambini è presente un numero maggiore di ossa, in tiroidea ed al di sotto della mandibola con la quale contribuisce a formare lo quanto alcune, come quelle delle anche e delle vertebre scheletro del pavimento della cavità orale. Questo piccolo osso ha rilevanza soprattutto per essere luogo di inserzione di numerosissimi muscoli e sacrali e coccigee, verranno più tardi a fondersi. legamenti, ed essere implicato in svariate funzioni come il mantenimento di una corretta postura di corpo e testa, la fonazione e la deglutizione. La suddivisione dello scheletro Scheletro assile Scheletro appendicolare Cranio Cintura scapolare Cintura pelvica 8 ossa della scatola cranica 2 Clavicole 2 Anche 14 ossa della faccia 2 Scapole 1 osso ioide Arti inferiori 6 ossicini apparato uditivo Arti superiori 2 Femori 2 Omeri 2 Tibie Colonna vertebrale 2 Ulne 2 Peroni o fibule 26 ossa vertebre 2 Radi 2 Rotule 54 ossa della mano 52 ossa del piede Gabbia toracica 24 ossa coste 1 sterno Il cranio Il cranio comprende 22 ossa distribuite in: Neurocranio o cranio neurale Splancnocranio o scheletro della faccia Ossa accessorie (osso ioide ed ossicini dell’orecchio) Neurocranio: Splancnocranio: 1 frontale, 2 nasali, 2 parietali, 2 lacrimali, 2 temporali, 1 vomere, Funzioni: 1 occipitale, 2 turbinati, protegge l’encefalo e gli organi di senso 1 etmoide, 2 palatine, fornisce l’attacco per i muscoli della faccia 1 sfenoide 2 zigomatiche, 2 mascellari, 1 mandibola Neurocranio Osso frontale: Osso impari che forma la fronte, la volta del cranio e delle orbite. In profondità contiene i seni frontali, cavità rivestite di mucosa che agiscono come cassa di risonanza della voce Neurocranio Ossa parietali: Ossa pari e simmetriche che formano la gran parte della parete latero- dorsale della scatola cranica Neurocranio Ossa temporali: Ossa pari e simmetriche che costituiscono parte della superficie laterale e inferiore del cranio e il canale osseo del condotto uditivo esterno. L’osso temporale e l’osso zigomatico si uniscono a formare l’arco zigomatico Le ossa temporali si articolano lateralmente con il processo condiloideo della mandibola a livello della fossa mandibolare per formare l’articolazione temporo-mandibolare Neurocranio Ossa temporali: Nell’osso temporale sono inoltre evidenti diverse irregolarità ossee il meato uditivo, permette il passaggio di alcuni nervi cranici, il processo stiloideo, punto di attacco dei muscoli e dei legamenti della lingua e del collo il processo mastoideo, punto di inserzione di vari muscoli del collo il forame giugulare, si trova alla giunzione dell’osso temporale con l’occipitale e permette il passaggio della vena giugulare, la più grande vena della testa, che drena il sangue dall’encefalo. il canale carotideo, in cui decorre l’arteria carotide interna, che porta il sangue ossigenato alla maggior parte dell’encefalo. Neurocranio Osso occipitale: Osso impari che forma la parte posteriore e la base del cranio. presenta il grande foro occipitale che mette in comunicazione la cavità cranica con il canale vertebrale. Dal foro occipitale fuoriesce il midollo allungato per estendersi nel canale vertebrale e svilupparsi in midollo spinale Ai due lati del grande foro occipitale sono situati condili occipitali (piccole prominenze arrotondate, che poggiano sulla prima vertebra della colonna vertebrale (detta atlante), con cui si articolano. Neurocranio Osso sfenoide: Osso impari e mediano, posto alla base del cranio (forma il pavimento della cavità cranica) Ha forma di farfalla con un corpo piccolo e delle ali prominenti. Il corpo si connette anteriormente con l’etmoide e posteriormente con l ’occipitale Sulla sua superficie superiore vi è la fossa ipofisaria, una depressione che contiene l’ipofisi le ali maggiori, con il contributo delle ali minori e del corpo, delimitano una grande apertura, denominata fessura orbitale superiore, e forami, che servono al passaggio dei nervi destinati ai muscoli masticatori e al bulbo oculare Neurocranio Osso etmoide: Osso impari e mediano, di forma irregolare, posto anteriormente allo sfenoide l’etmoide forma parte del pavimento cranico, delle fosse nasali, del setto nasale e delle cavità orbitarie presenta una lamina cribosa orizzontale attraversata da numerosi forellini per i quali passano i filamenti del nervo olfattivo e che formano i seni etmoidali il processo crista galli, sporgente verso l’alto, serve da punto di attacco alle meningi (membrana connettivali che ricoprono l’encefalo) la lamina perpendicolare entra nella costituzione del setto che divide le due cavità nasali (dx e sx) delle quali forma la parte superiore (la parte inferiore è costituita dal vomere) Splancnocranio ossa nasali: formano la parte superiore del dorso del naso. Il restante tessuto di sostegno è costituito da cartilagine ialina ossa zigomatiche: dette comunemente zigomi, formano le sporgenze delle guance e le pareti laterali e il pavimento delle orbite ossa palatine: a forma di L, sono unite e formano la parte posteriore del palato duro ossa lacrimali: sono le più piccole ossa della faccia, somiglianti per forma e dimensioni ad un’unghia, formano la parete mediale delle cavità orbitarie Splancnocranio vomere: osso triangolare posto sul pavimento della cavità nasale. È uno dei componenti del setto nasale, la parete divisoria che separa parte dx e sx. Il setto è formato dal vomere dalla cartilagine ialina e dalla lamina perpendicolare dell’osso etmoide Turbinati: sottili ossa incurvate che sporgono medialmente dalle pareti laterali della cavità nasale (ricoperte da mucose). Svolgono la stessa funzione delle conche superiori medie dell’etmoide, cioè filtrare, riscaldare e umidificare l’aria prima che raggiunga polmoni. Splancnocranio Ossa mascellari: le 2 ossa si uniscono a formare la mascella, costituente la parte anteriore del palato duro (attraverso i processi palatini), che si articola con tutte le altre ossa facciali, esclusa la mandibola. La mascella presenta il processo alveolare dell’osso mascellare, un arco contenente gli alveoli dei denti superiori. Le mascelle contengono i seni paranasali sono così chiamati per la loro posizione adiacente alla cavità nasale; essi alleggeriscono le ossa del cranio e amplificano i suoni che vengono prodotti quando si parla, fungendo da cassa di risonanza. Splancnocranio Mandibola: osso impari e mediano, unico osso mobile della faccia con un corpo e due rami. Il suo margine superiore o alveolare, presenta le cavità alveolari, per permettere l'articolazione con i denti dell'arcata dentaria inferiore. In essa distinguiamo un processo coronoideo anteriore e un processo condiloideo che si articola con la fossa mandibolare dell’osso temporale formando l’articolazione temporo-mandibolare. La porzione orizzontale della mandibola forma il mento. La colonna vertebrale Struttura costituita da 33-34 vertebre, ossa irregolari tra le quali si interpone un disco intervertebrale, di natura fibrocartilaginea (attutiscono gli urti verticali e garantiscono flessibilità) Funzioni: sostegno del corpo protezione del midollo spinale A. Le 7 vertebre cervicali permettono il movimento della testa: la prima vertebra cervicale si chiama atlante, la seconda epistrofeo B. Le 12 vertebre dorsali o toraciche sono articolate con le coste C. Le 5 vertebre lombari costituiscono l’asse che sostiene l’addome D. Le 5 vertebre sacrali sono fuse a formare l’osso sacro E. Le 4-5 vertebre coccigee sono fuse a formare il coccige La colonna vertebrale Le 4-5 vertebre coccigee sono fuse a formare il coccige Nella maggior parte degli esseri umani, le vertebre coccigee sono 4 (le differenze sono dovute a fusione incompleta, variabilità genetica, adattamento evolutivo) È un residuo della coda dei nostri progenitori (organo vestigiale) Serve come punto d'ancoraggio che tiene l'ano al suo posto, a rendere più stabile l’equilibrio, a facilitare la deambulazione e a promuovere la corretta seduta. https://www.focus.it/cultura/storia/quando-potevamo-annusare-i-ferormoni-e-orientare-le- orecchie#:~:text=Un%20organo%20vestigiale%20non%20pi%C3%B9,l'ano%20al%20suo%20posto. La colonna vertebrale La colonna vertebrale di profilo presenta 4 curve fisiologiche che servono a darle maggiore resistenza e le conferiscono la capacità di ammortizzare pressioni e sollecitazioni Lordosi: convessità della curvatura rivolta anteriormente Cifosi: convessità della curvatura rivolta posteriormente Sequenza: Lordosi cervicale Cifosi dorsale Lordosi lombare Cifosi sacrococcigea La colonna vertebrale Sia dischi intervertebrali sia la struttura incurvata della colonna vertebrale contribuiscono a: evitare traumi al capo quando camminiamo o corriamo, rendono il tronco flessibile, centrare il peso del corpo sugli arti inferiori con uno sforzo minimo La colonna vertebrale ALTERAZIONI DELLA COLONNA VERTEBRALE Alterazioni, in aumento o in diminuzione, delle curvature della colonna vertebrale costituiscono quadri patologici (ipo- e ipercifosi, ipo- e iperlordosi) La scoliosi è caratterizzata da una deviazione della colonna vertebrale sul piano frontale Le vertebre Ciascuna vertebra è composta da: un corpo anteriore (porzione discoidale che sostiene il peso) da cui si dipartono due prolungamenti che formano l’arco vertebrale che delimita il forame vertebrale all’interno del quale decorre il midollo spinale. Posteriormente all’arco vertebrale è presente un processo spinoso (o apofisi spinosa) Lateralmente sono presenti due processi detti processi trasversi, partono dall’arco vertebrale Processi articolari superiori e inferiori: quattro prolungamenti situati lateralmente al forame vertebrale, che consentono l’articolazione di ciascuna vertebra con le vertebre adiacenti. Le superfici lisce dei processi articolari sono rivestite di cartilagine ialina. Le vertebre Sacro e coccige Le ali del sacro si articolano lateralmente con le ossa dell’anca, formando le articolazioni sacro-iliache. Ai lati del sacro, sia anteriormente sia posteriormente, sono presenti quattro coppie di forami sacrali attraverso cui passano nervi e vasi sanguigni. Il coccige è formato dalla fusione di quattro piccole vertebre di forma irregolare, rappresenta lo «scheletro della coda» umano, un residuo vestigiale della coda che gli altri vertebrati possiedono. La gabbia toracica È formata da: 12 vertebre toraciche, 12 paia di coste, ossa piatte e nastriformi, sterno, osso piatto situato nella parte centrale del petto Funzioni: Protegge organi interni, quali cuore e polmoni Partecipa ai movimenti respiratori Fornisce sostegno alla cintura scapolare e agli arti superiori La gabbia toracica LE COSTE Tutte le coste si articolano posteriormente con la colonna vertebrale, alle dodici vertebre toraciche. Le prime sette paia, le coste vere, si connettono anteriormente direttamente con lo sterno per mezzo delle cartilagini costali (cartilagini ialine). Le successive cinque paia, le coste false (o spurie), si connettono con lo sterno indirettamente o non vi si connettono. le cartilagini dell’ottava, della nona della decima coppia si attaccano tra loro poi alla cartilagine della settima costa, che si connette infine allo sterno. Le ultime due paia di coste spurie, che non si connettono affatto con lo sterno, sono dette anche coste fluttuanti. Gli spazi intercostali (cioè tra una costa l’altra) sono occupati da muscoli intercostali, fondamentali per la respirazione, Cinto scapolare Le ossa della cintura scapolare sono la clavicola e la scapola. Scapola: osso piatto triangolare che si articola con l’omero e con la clavicola Clavicola: osso lungo a forma di S che si articola con la scapola (nella sporgenza detta acromion) e con lo sterno. La scapola non si articola direttamente con lo scheletro assile ma è tenuta in posizione dai muscoli del tronco. Serve a collegare l’arto superiore alla colonna vertebrale. L’arto superiore Risulta formato dal braccio, dall’avambraccio e dallo mano e si collega alla colonna vertebrale all’altezza della spalla tramite l’articolazione scapolo-omerale L’arto superiore Il braccio risulta costituito da un osso lungo, l’omero, che si articola superiormente con la scapola e inferiormente con le due ossa dell’avambraccio: L’epifisi prossimale presenta una testa (testa dell’omero) per l’articolazione con la scapola L’epifisi distale presenta due articolazioni, il condilo e la troclea, rispettivamente per il radio e l’ulna L’arto superiore L’avambraccio è la parte dell’arto superiore compresa tra il gomito e il polso. Esso risulta formato da due ossa lunghe parallele: radio (laterale) e ulna che si articolano con l’omero (prossimale) e con le ossa del carpo (distale). L’ulna è l’osso mediale dell’avambraccio ed è più lungo del radio Il radio è situato lateralmente all’ulna (si trova dal lato del pollice) ed è più corto e più sottile La mano Lo scheletro della mano è costituito da 27 ossa suddivise in tre gruppi : carpo, metacarpo e falangi. 8 ossa corte carpali disposte su due file (formano il «polso»). Sono unite da legamenti che limitano i movimenti reciproci 5 ossa lunghe metacarpali (formano il «palmo») 14 falangi, ossa lunghe, presenti in numero di 2 nel pollice e di 3 nelle altre dita A queste si aggiungono delle ossa soprannumerarie, di pochi millimetri, presenti nei tendini Cinto pelvico (bacino) Risulta formato dalle 2 ossa dell’anca, dal sacro e dal coccige saldati insieme. Esso collega il femore alla colonna vertebrale attraverso l’osso sacro e contiene gli organi sessuali, gastrointestinali, le vie urinarie ed il feto in via di sviluppo. Ha anche la funzione di sostenere tutto il peso della parte superiore del corpo Le anche L’anca è un osso piatto, pari e simmetrico che deriva dalla fusione di tre ossa durante l’embriogenesi: ileo (quando appoggiamo le mani sui fianchi le appoggiamo sulle creste iliache), ischio (è l’osso su cui ci si siede) e pube. Sulla sua superficie esterna è situato l’acetabolo un incavo a forma di scodella in cui si articola la testa del femore. L’arto inferiore Si collega al tronco mediante il bacino e risulta formato dalla coscia, dalla gamba e dal piede. COSCIA Anche l’arto inferiore, come quello superiore, composto da 30 ossa, così suddivise: uno nella coscia, uno nel ginocchio, due nella gamba, le restanti 26 nel piede. GAMBA La coscia, il femore Il femore è l’unico osso della coscia, l’osso più lungo, pesante e robusto dell’intero sistema scheletrico. La sua epifisi prossimale, testa del femore, a sfera, si articola con l’acetabolo dell’anca. Sotto la testa c’è il collo anatomico, alla base del quale si trovano 2 prominenze per le inserzioni muscolari: il grande trocantere e il piccolo trocantere L’epifisi distale presenta 2 condili rivestiti di cartilagine ialina che si articolano con la tibia e in avanti continuano con la faccia patellare per l’articolazione con la rotula La gamba, tibia e perone La gamba è la parte dell’arto inferiore compresa tra la coscia e il piede, costituita da due ossa lunghe: tibia, l’osso più grande della gamba che sostiene il carico maggiore, si articola con il femore (condili) e con il tarso del piede (malleolo mediale) perone o fibula, parallela e laterale alla tibia, base di inserzione dei muscoli della gamba. All’estremità distale presenta una sporgenza, il malleolo laterale, che forma la protuberanza esterna della caviglia si articola con l’astragalo. La gamba presenta l’articolazione del ginocchio a cui La rotula o patella è un piccolo osso piatto, partecipano femore, rotula e tibia. triangolare, posto davanti all’articolazione tra femore e tibia. Essa impedisce alla gamba di flettersi in avanti proteggendo la superfice anteriore dell’articolazione. Il piede Il piede si trova all’estremità dell’arto inferiore e il suo scheletro presenta: 7 ossa tarsali o caviglia tenute insieme da legamenti, che vengono a costituire la parte posteriore del piede. Il calcagno, e l’astragalo, che si articola con la tibia, sono le più voluminose, e sostengono di più il peso del corpo 5 ossa metatarsali lunghe, costituiscono la parte intermedia del piede (la pianta del piede) 14 falangi (prossimali, intermedie e distali) che formano le dita, presenti in numero di 2 nell’alluce e di 3 nelle altre dita A queste si aggiungono delle ossa soprannumerarie, in numero estremamente variabile. Il piede Nel piede le ossa sono disposte in modo da formare tre robusti archi, detti archi plantari: un arco longitudinale laterale, un arco longitudinale mediale e un arco trasversale. I legamenti, che uniscono tra loro le ossa del piede, e i tendini dei muscoli del piede contribuiscono mantenere stabilmente le ossa nella posizione arcuata, pur consentendo ancora un certo grado di elasticità. gli archi plantari cedono ritornano nella posizione originaria seconda che il peso del corpo venga applicato su di essi oppure venga scaricato, favorendo l’assorbimento degli urti. Le articolazioni Con una sola eccezione (l’osso ioide del collo), tutte le ossa del corpo si articolano con uno più ossa si contano nello scheletro ben 68 articolazioni. L’articolazione rappresenta un regione di contatto tra: 1. osso e osso 2. cartilagine e ossa 3. denti e ossa La sua robustezza dipende dalla sua struttura, infatti si verifica che: più stretto è l’adattamento nel punto di contatto, più robusta sarà l’articolazione e più limitato sarà il movimento consentito La sua mobilità dipende: A. Dalla forma delle ossa che si articolano B. Dalla flessibilità dei legamenti che collegano le ossa C. Dalla tensione dei muscoli e dei tendini associati Le articolazioni Classificazione funzionale Tale classificazione si basa sul grado di movimento che un’articolazione consente, potendosi distinguere, in tal modo, 3 diversi tipi di articolazione Articolazioni fisse Articolazioni semimobili Articolazioni mobili o SINARTROSI o ANFIARTROSI o DIARTROSI senza alcun movimento con movimenti modesti con ampi movimenti di tipo diverso Le articolazioni Classificazione strutturale Tale classificazione si basa su due criteri: la presenza o l’assenza di uno spazio tra le due ossa (cavità sinoviale) il tipo di tessuto connettivo che unisce le superfici articolari Fibrose Cartilaginee Sinoviali le ossa sono tenute le ossa sono tenute tra le ossa s’interpone insieme da tessuto insieme da cartilagine una cavità articolare, connettivo fibroso (fibrosa o ialina) detta cavità sinoviale Le articolazioni ARTICOLAZIONI FIBROSE Sono articolazioni che consentono un movimento nullo o limitato. Ne esistono di tre tipi: suture gonfosi sindesmosi Le articolazioni ARTICOLAZIONI FIBROSE SUTURE Sono delle articolazioni fibrose in cui le superfici articolari sono saldamente connesse da un sottile strato di tessuto connettivo fibroso denso ricco di collagene. Dal punto di vista funzionale uniscono le ossa in modo rigido e non consentono alcun tipo di movimento, sono quindi articolazioni fisse o sinartrosi Le articolazioni ARTICOLAZIONI FIBROSE SINDESMOSI Sono articolazioni fibrose in cui la distanza tra le due ossa e la quantità di tessuto connettivo fibroso denso sono maggiori che nelle suture. Esse consentono un movimento ridotto (dal punto di vista funzionale sono articolazioni semimobili o anfiartrosi) Ne è un esempio l’articolazione tibio-peroneale-astragalica Le articolazioni ARTICOLAZIONI FIBROSE GONFOSI Sono articolazioni fibrose tipiche delle radici dei denti infisse nelle cavità dei processi alveolari della mandibola e dell’osso mascellare Il tessuto connettivo fibroso denso che si trova tra radice del dente e cavità alveolare, è il legamento alveolodentale o periodontale Dal punto di vista funzionale sono articolazioni fisse o sinartrosi Le articolazioni ARTICOLAZIONI CARTILAGINEE Si identificano come tali quelle articolazioni in cui le ossa sono collegate da cartilagine fibrosa o ialina, consentendo movimenti limitati o nulli. Ne esistono di due tipi: sincondrosi e sinfisi SINCONDROSI articolazioni cartilaginee in cui il tessuto connettivo è costituito da cartilagine ialina (es. il disco epifisario, l’articolazione sterno-costale della prima costa) Dal punto di vista funzionale trattasi di articolazioni fisse o sinartrosi Le articolazioni ARTICOLAZIONI CARTILAGINEE Si identificano come tali quelle articolazioni in cui le ossa sono collegate da cartilagine fibrosa o ialina, consentendo movimenti limitati o nulli. Ne esistono di due tipi: sincondrosi e sinfisi SINFISI articolazioni cartilaginee in cui le estremità delle due ossa sono connesse da un disco fibrocartilagineo (es. la sinfisi pubica, la sinfisi mentoniera, l’articolazione tra i corpi delle vertebre, l’articolazione tra il manubrio e il corpo dello sterno) Dal punto di vista funzionale trattasi di articolazioni semimobili o anfiartrosi Le articolazioni ARTICOLAZIONI SINOVIALI Sono caratterizzate dalla presenza di uno spazio tra le due ossa articolate detto cavità sinoviale, che permette libertà di movimento (articolazioni mobili o diartrosi) Le estremità ossee si presentano rivestite da cartilagine articolare per diminuire l’attrito durante il movimento e ammortizzare gli urti Le articolazioni ARTICOLAZIONI SINOVIALI STRUTTURA Cartilagine articolare di tipo ialino che riveste le superfici articolari con l’obiettivo di ridurre l’attrito Capsula articolare di connettivo fibroso, che circonda la diartrosi, composta da due strati: o una capsula fibrosa esterna di tessuto connettivo denso irregolare che si attacca al periostio delle due ossa. In alcune capsule fibrose le fibre sono disposte in fasci paralleli detti legamenti, per resistere alle tensioni. o una membrana sinoviale interna, composta da connettivo areolare con fibre elastiche. Spesso comprende accumuli di tessuto adiposo detti cuscinetti adiposi articolari. Cavità articolare che contiene il liquido sinoviale, secreto dalla membrana sinoviale, un liquido viscoso, che lubrifica l’articolazione, fornisce nutrienti ai condrociti della cartilagine articolare e rimuove i rifiuti metabolici. Le articolazioni Le articolazioni ARTICOLAZIONI SINOVIALI Legamenti Molte articolazioni sinoviali contengono legamenti accessori sia all’interno che all’esterno della capsula articolare. Legamenti intracapsulari: es. i legamenti crociati anteriore e posteriore dell’articolazione del ginocchio Legamenti extracapsulari: es. i legamenti collaterali della fibula (laterali) e della tibia (mediali) Servono a rinforzare la capsula articolare Le articolazioni ARTICOLAZIONI SINOVIALI Menischi (o dischi articolari) I menischi sono dei cuscinetti di cartilagine fibrosa che fanno coincidere perfettamente i margini ossei, qualora questi ultimi non siano ben sovrapponibili. Servono a mantenere la stabilità della articolazione. Tra gli atleti si verifica spesso la lacerazione dei menischi, detta rottura del menisco. La cartilagine danneggiata si consuma e, se non rimossa chirurgicamente, può determinare l’insorgenza di artrite. L’intervento è eseguito in artroscopia (artroscopio= dispositivo costituito da fibre ottiche che permette di visualizzare la cavità articolare) Le articolazioni ARTICOLAZIONI SINOVIALI Borse In alcune articolazioni sinoviali, sono presenti strutture a forma di sacca, dette borse. Una borsa sierosa è un sacco con pareti di tessuto connettivo rivestito da una membrana sinoviale e contenente liquido sinoviale, situato nelle articolazioni, in particolare in zone sottoposte ad attrito e frizione. La sua funzione è quella di fungere da cuscinetto tra i tendini e le ossa. Nel corpo umano esistono decine di borse sinoviali, tutte potenzialmente possibili sedi del processo infiammatorio che porta alla borsite. Le articolazioni ARTICOLAZIONI SINOVIALI CLASSIFICAZIONE MORFOLOGICA Le articolazioni sinoviali si dividono in base alla loro forma (e quindi del tipo di movimento che consentono): A. artrodia (o articolazione piana) B. articolazione a cerniera (o ginglimo angolare) C. articolazione a perno (o trocoide) D. condilartrosi (o articolazione condiloidea) E. articolazione a sella F. enartrosi (o articolazione sferoidale) Le articolazioni ARTICOLAZIONI SINOVIALI CLASSIFICAZIONE MORFOLOGICA A. artrodia (o articolazione piana) Le superfici articolari sono piatte o leggermente curve. I movimenti sono scarsi, limitati allo scorrimento reciproco dei capi ossei. Esempi: le articolazioni tra le ossa carpali del polso, tra le ossa tarsali della caviglia, tra l’acromion della scapola e la clavicola Le articolazioni ARTICOLAZIONI SINOVIALI CLASSIFICAZIONE MORFOLOGICA B. articolazione a cerniera / cardine (o ginglimo angolare) Le superfici ossee che si articolano sono a forma di segmenti di cilindro. Il movimento possibile è angolare, di apertura e chiusura, come quello di una porta che gira sui cardini, consentendo solo la flessione e l’estensione. Esempi: il ginocchio, il gomito, la caviglia e le articolazioni tra le falangi delle dita Le articolazioni ARTICOLAZIONI SINOVIALI CLASSIFICAZIONE MORFOLOGICA C. articolazione a perno (o trocoide) La superficie arrotondata di un osso si articola con un anello formato in parte da un altro osso e in parte da un legamento, permettendo la rotazione attorno al suo asse longitudinale. Esempi: l’articolazione atlanto-assiale, in cui l’atlante ruota intorno all’asse permettendo la rotazione della testa a destra e a sinistra, l’articolazione radio- ulnare che permette di ruotare il palmo della mano Le articolazioni ARTICOLAZIONI SINOVIALI CLASSIFICAZIONE MORFOLOGICA D. condilartrosi (o articolazione condiloidea) Sono simili alle enartrosi, differendone unicamente per l’aspetto delle superfici articolari che si presentano ellissoidali. Esempi di condilartrosi sono l'articolazione del polso e l'articolazione temporo - mandibolare. Le articolazioni ARTICOLAZIONI SINOVIALI CLASSIFICAZIONE MORFOLOGICA F. enartrosi (o articolazione sferoidale) Costituiscono le articolazione più mobili, con le superfici articolari a forma di sfera (una concava, una convessa). Ne sono esempi l'articolazione scapolo- omerale (spalla) e l'articolazione coxofemorale (anca). Le articolazioni ARTICOLAZIONI SINOVIALI CLASSIFICAZIONE MORFOLOGICA E. articolazione a sella Trattasi di articolazioni poco mobili, nelle quali ogni superficie articolare ha una parte concava e una convessa, che si incastrano fra loro. Esempio di articolazione a sella è la giuntura carpo-metacarpica del pollice Le articolazioni L’AZIONE ORMONALE SULLE ARTICOLAZIONI La flessibilità delle articolazioni può essere influenzata dagli ormoni. Un esempio tra tutti: Sul finire della gravidanza, viene prodotto l’ormone peptidico relaxina che aumenta la flessibilità della cartilagine fibrosa della sinfisi pubica e allenta i legamenti tra il sacro e l’osso dell’anca, in modo da allargare lo stretto pelvico superiore e agevolare il parto. La relaxina agisce sul metabolismo del collagene, inibendone la sintesi. I movimenti delle diartrosi Tutti i movimenti, sia quelli semplici come il camminare che quelli complessi o fini come i movimenti che si compiono durante l’attività motoria o fini come lo scrivere, sono in realtà combinazioni complesse di schemi motori semplici. Ogni movimento è determinato dalla sinergia di diversi componenti: Le diartrosi che caratterizzano il tipo di movimento I muscoli, l’innervazione e le modalità di inserzione sono, invece, gli elementi caratterizzanti la forza e la destrezza del movimento. I movimenti delle diartrosi I tipi di movimento consentiti alle articolazioni mobili o diartrosi sono essenzialmente 4: Scivolamento: scivolamento di una superficie articolare sull’altra senza componenti rotatorie e modificazioni angolari. Movimento angolare: Determina la riduzione o l’ampliamento dell’angolo compreso fra le due ossa che costituiscono l’articolazione, risultano particolarmente evidenti negli arti superiore ed inferiore. Rotazione: avviene nel piano orizzontale, si attua quando un osso ruota attorno ad un asse che può essere la sua stessa diafisi, come nella rotazione dell’omero, o può coincidere con un altro osso, come nel caso dell’atlante che ruota attorno al dente dell’epistrofeo. Circomduzione: Consiste nel descrivere tramite un osso lungo uno spazio conico in cui la circonferenza di base è disegnata dall’estremità distale dell’osso ed il vertice si trova nella cavità articolare. Movimento tipico della spalla e dell’anca. I movimenti delle diartrosi I movimenti si basano sulle LEVE Una leva è una macchina semplice, che permette di vincere mediante una forza, detta motrice, un'altra forza detta resistente. È costituita da: Il fulcro ossia il punto attorno al quale ruota la leva Il braccio della forza definita come la porzione di leva compresa tra il fulcro ed il punto di applicazione della forza Il braccio del carico definita come la porzione di leva compresa tra il fulcro ed il punto di applicazione del carico. Si riconoscono leve di prima, di seconda e di terza classe I movimenti delle diartrosi bP > bR: la resistenza si vince con una potenza meno intensa (P < R) bP < bR: per vincere la resistenza serve una potenza più intensa (P > R) bP = bR: la resistenza si vince con una potenza di uguale intensità (P = R) I movimenti delle diartrosi Perché si usano? Maggior precisione! I movimenti delle diartrosi La leva di prima classe è usata per È caratterizzata da una notevole resa È quella più frequentemente presente bilanciare il peso del corpo; di solito meccanica, in quanto in grado di nel corpo umano. Funziona con minore non c’è guadagno di resa meccanica. spostare carichi pesanti anche se a efficienza meccanica perché in grado velocità moderata. di spostare pesi di minore entità, ma spesso con una notevole velocità e precisione. 3 Il sistema muscolare https://padlet.com/marianialessandro/apparato-locomotorio-l11hxppiioyp7642 Il tessuto muscolare Il tessuto muscolare è uno dei 4 tipi principali di tessuti presenti nell’organismo umano. Rappresenta circa la metà della massa del corpo umano. Svolge svariate funzioni, quali: Consentire i movimenti, volontari ed involontari, del corpo (grazie a contrazioni e allungamenti delle fibre muscolari), mantenere la postura (insieme allo scheletro danno forma al corpo e lo sostengono, mantenendo in posizione le ossa e gli organi interni) e consentire la propriocezione (i muscoli scheletrici forniscono all’organismo informazioni su sé stesso riguardanti la posizione, la condizione di moto e le sensazioni tattili, per la presenza di propriocettori). produrre calore (la contrazione muscolare è anche una fonte interna di calore, se sentiamo freddo i muscoli si contraggono brevemente ma molto frequentemente per generare calore e contribuire alla termoregolazione), movimentare i liquidi e le sostanze all’interno del corpo, Garantiscono il funzionamento di diversi organi interni (in particolare dell’apparato respiratorio, digerente e cardiocircolatorio), regolando, ad es., il volume degli organi. Il tessuto muscolare Esistono 3 tipi di tessuto muscolare 1. IL TESSUTO MUSCOLARE STRIATO: Forma i muscoli volontari (il cui movimento dipende dalla nostra volontà), ne fanno parti i muscoli scheletrici e i muscoli pellicciai. 2. IL TESSUTO MUSCOLARE CARDIACO: Le pareti del cuore sono formate da un muscolo involontario ma striato, chiamato miocardio. Le cellule del tessuto muscolare cardiaco hanno caratteristiche intermedie tra quelle del tessuto liscio e quelle del tessuto striato: Hanno un solo nucleo e non sono molto lunghe Presentano delle striature Hanno la capacità di contrarsi e rilasciarsi ritmicamente Il tessuto cardiaco è potente e resistente 3. IL TESSUTO MUSCOLARE LISCIO: Forma i muscoli involontari, che si contraggono e si rilassano indipendentemente dalla nostra volontà. Per cui controllano i movimenti di alcuni organi interni (come l’esofago, lo stomaco e l’intestino), nelle pareti dei vasi sanguigni e nel derma. Le cellule del tessuto muscolare liscio hanno una forma affusolata, ma rispetto a quelle del muscolo striato sono piccole e hanno un solo nucleo Osservate al microscopio non hanno striature, perché miosina e actina non sono disposte in modo regolare (non sono riconoscibili i sarcomeri) Le contrazioni dei muscoli lisci sono lente e lunghe, poco potenti (ma il tessuto liscio, viceversa, è molto resistente) Il tessuto muscolare striato Forma i muscoli volontari (il cui movimento dipende dalla nostra volontà), ne fanno parti i muscoli scheletrici e i muscoli pellicciai Il tessuto muscolare striato è formato da fibre allungate con molti nuclei (plurinucleate) Osservate al microscopio le fibre presentano una tipica striatura e appaiono attraversate da sottili strisce regolari formate dall’alternanza di actina (di colore più chiaro) e di miosina (di colore più scuro) Il tessuto muscolare striato è in grado di contrarsi molto velocemente e con buona potenza I muscoli striati lavorano in coppia: mentre uno si contrae, uno, opposto, si allunga (per questo si parla di muscoli antagonisti) Il tessuto muscolare striato Forma i muscoli volontari (il cui movimento dipende dalla nostra volontà), ne fanno parti i muscoli scheletrici e i muscoli pellicciai I muscoli scheletrici sono attaccati alle ossa attraverso i tendini I muscoli pellicciai sono collegati direttamente al derma, formando sottili lamine situate nello spessore del tessuto sottocutaneo. Un esempio sono i muscoli inseriti sulla pelle del volto e che permettono tutti i movimenti espressivi del viso (per questo sono detti anche muscoli mimici) i muscoli della respirazione appartengono alla categoria dei muscoli striati (o muscoli volontari); tuttavia, c'è una parte rilevante di essi per cui la contrazione è dettata non soltanto da un'attività nervosa volontaria, ma anche da un'attività nervosa involontaria (come avviene per i muscoli lisci). Il tessuto muscolare striato Origine del tessuto muscolare striato Il tessuto muscolare striato scheletrico deriva dal mesenchima, le cui cellule, differenziandosi, originano i mioblasti mononucleati. Dalla fusione di più mioblasti, si formano dei sincizi detti miotubi, i quali, a loro volta, in gruppi, diventeranno delle fibre muscolari, i componenti di ogni muscolo scheletrico. Alcuni mioblasti permangono nell’adulto come cellule staminali unipotenti dette cellule satelliti che, in seguito a traumi, si attivano e proliferano per la riparazione di eventuali danni. Il tessuto muscolare striato Struttura del muscolo scheletrico Ogni muscolo scheletrico è un vero e proprio organo composto da migliaia di fibre muscolari. Ai vari elementi che costituiscono la muscolatura scheletrica sono associati dei rivestimenti di tessuto connettivo Epimisio: avvolge l’intero muscolo Perimisio: circonda gruppi costituiti da più fibre muscolari detti fasci muscolari Endomisio: avvolge ciascuna fibra. L’epimisio, il perimisio e l’endomisio si estendono oltre il muscolo proseguendo con il tendine, un cordone di tessuto connettivo regolare denso che collega il muscolo all’osso. Il tessuto muscolare striato Innervazione e vascolarizzazione della muscolatura scheletrica La contrazione di un muscolo richiede un enorme apporto di sangue per rifornire le fibre di nutrienti e ossigeno e per asportare i prodotti del suo metabolismo. In più, risulta fondamentale una innervazione che consenta di condurre l’impulso contrattile. I muscoli scheletrici sono provvisti, pertanto, di nervi e vasi sanguigni e ogni nervo che penetra in un muscolo scheletrico è accompagnato da un’arteria e da una o due vene. All’interno dell’endomisio, poi, ogni fibra muscolare è a contatto con uno o più capillari e con la porzione terminale di un neurone. Le fibre muscolari striate Si presentano quali grossi elementi cilindrici, con un diametro di 50 -100 micrometri plurinucleati in quanto derivati dalla fusione dei mioblasti I nuclei sono periferici, a ridosso del sarcolemma, la membrana cellulare, da cui si originano i tubuli trasversi (tubuli T) che penetrano all’interno della fibra Il citoplasma, detto sarcoplasma, contiene un esteso reticolo sarcoplasmatico, simile al R.E.L., che immagazzina gli ioni Ca(2+) fondamentali per la contrazione muscolare, molti mitocondri che producono ATP, numerose molecole di mioglobina. Le fibre muscolari striate LA MIOGLOBINA La mioglobina è una piccola proteina globulare formata da una singola catena polipeptidica ripiegata intorno al gruppo eme. Ha la funzione di immagazzinare ossigeno, come riserva, per la produzione di ATP nei mitocondri. Ad essa si deve il colore rosso delle fibre muscolari Le fibre muscolari striate Le fibre muscolari striate OGNI FIBRA PRESENTA DUE TIPI DI STRIATURE: Striatura trasversale: dovuta alla ripetizione ordinata dei sarcomeri lungo la miofibrilla, visibile in forma di un’alternanza di bande chiare (filamenti sottili di actina) e bande scure (filamenti spessi di miosina) Striatura longitudinale : dovuta alla presenza nel sarcoplasma delle miofibrille, disposte parallelamente alla propria lunghezza Le fibre muscolari striate OGNI FIBRA PRESENTA DUE TIPI DI STRIATURE: Striatura trasversale: dovuta alla ripetizione ordinata dei sarcomeri lungo la miofibrilla, visibile in forma di un’alternanza di bande chiare (filamenti sottili di actina) e bande scure (filamenti spessi di miosina) Striatura longitudinale : dovuta alla presenza nel sarcoplasma delle miofibrille, disposte parallelamente alla propria lunghezza Le fibre muscolari striate LA STRUTTURA DEL SARCOMERO Il sarcomero è l'unità funzionale del tessuto muscolare striato. Esso risulta costituito da due tipi di filamenti: quelli sottili e quelli spessi I filamenti sottili sono formati da tre proteine: actina, tropomiosina e troponina. L’actina è una proteina globulare in cui le singole molecole formano due filamenti che si avvolgono in una catena elicoidale. Ogni molecola contiene un sito di legame al quale si può attaccare una testa miosinica. Troponina e Tropomiosina sono proteine regolatrici I filamenti spessi sono costituiti da fasci di miosina, una proteina con una coda fibrosa e una testa globulare. Presentano enzimi con attività ATPasica, in grado di scindere l’ATP per fornire energia alla contrazione. Le fibre muscolari striate LA STRUTTURA DEL SARCOMERO linea Z : una linea a zig-zag di materiale proteico che ancora due sarcomeri adiacenti banda I: banda chiara formata solo da filamenti sottili di actina. banda A : banda centrale del sarcomero ove, oltre alla actina è presente la miosina. banda H: al centro della banda, caratterizzata dalla sola presenza della miosina Le fibre muscolari striate LA STRUTTURA DEL SARCOMERO linea Z : una linea a zig-zag di materiale proteico che ancora due sarcomeri adiacenti banda I: banda chiara formata solo da filamenti sottili di actina. banda A : banda centrale del sarcomero ove, oltre alla actina è presente la miosina. banda H: al centro della banda, caratterizzata dalla sola presenza della miosina Le fibre muscolari striate LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO Affinché si contragga, la fibra muscolare deve essere opportunamente stimolata da un impulso nervoso detto potenziale di azione muscolare generato da un motoneurone. Il motoneurone, insieme alle fibre da esso stimolate, costituisce un’ unità motoria, l'unità funzionale minima dell'apparato neuromuscolare. Le fibre muscolari appartenenti a una medesima unità si contraggono in maniera sincrona, secondo la legge del "tutto o nulla". I muscoli che controllano movimenti di precisione hanno 10- 20 fibre per unità motoria, quelli che controllano movimenti ampi fino a 2000-3000 fibre Le fibre muscolari striate LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO L’assone del motoneurone, avvicinandosi al muscolo si ramifica e le sue terminazioni formano piccole espansioni dette bottoni sinaptici, contenenti vescicole ripiene di acetilcolina (Ach), un neurotrasmettitore. La zona del sarcolemma vicina al terminale assonico è detta placca motrice e la sinapsi che si forma tra i terminali assonici del motoneurone e la placca motrice della fibra muscolare è detta giunzione neuromuscolare Le fibre muscolari LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO L’arrivo dell’impulso nervoso ai bottoni sinaptici determina il rilascio dell’acetilcolina nello spazio sinaptico, che, legandosi ai recettori della placca motrice i quali agiscono da canali ionici del Na(+), permettono agli ioni (Na+) di penetrare all’interno della fibra. Il flusso di ioni Na(+) genera il potenziale di azione muscolare che si propaga dal sarcolemma al sistema dei tubuli trasversi, causando l’apertura dei canali per il rilascio degli ioni Ca(2+) dal reticolo sarcoplasmatico nel sarcoplasma. L’acetilcolina viene rapidamente degradata dall’acetilcolinesterasi, non permettendo un ulteriore ingresso di ioni Na(+) e garantendo, in tal modo, il rilassamento della fibra. Le fibre muscolari striate LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO Gli ioni Ca(2+), liberati dal reticolo sarcoplasmatico, esplicano la loro azione a livello dei filamenti sottili dove i siti di legame sui filamenti di actina per la miosina sono normalmente mascherati da molecole di troponina e di tropomiosina. Lo ione Ca(2+) si combina con le molecole di troponina producendo lo scivolamento delle catene di tropomiosina e modificando la conformazione dell’actina, che provoca la liberazione dei siti di legame per la miosina. Quando i siti di legame risultano scoperti inizia il ciclo di contrazione. Le fibre muscolari striate LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO Quando il muscolo si contrae, i filamenti di actina e miosina scivolano uno sull’altro (i filamenti di actina si infilano tra quelli di miosina), accorciando il sarcomero. In questo modo il muscolo si accorcia e diventa più spesso Nella fase di rilassamento il muscolo è più lungo e sottile https://www.youtube.com/watch?v=pA1IA2R06Gg&t=8s https://www.youtube.com/watch?v=Wg2is-SDdkE Le fibre muscolari striate LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO Quando il muscolo si contrae, i filamenti di actina e miosina scivolano uno sull’altro (i filamenti di actina si infilano tra quelli di miosina), accorciando il sarcomero. In questo modo il muscolo si accorcia e diventa più spesso Nella fase di rilassamento il muscolo è più lungo e sottile Le fibre muscolari striate LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO I muscoli possono dar vita a diverse tipologie di contrazione e, tra queste, la Contrazione isotonica e la Contrazione isometrica Nelle contrazioni isotoniche la tensione sviluppata dal muscolo rimane pressoché costante e il muscolo cambia di lunghezza. Queste contrazioni sono utilizzate per i movimenti del corpo o per spostare oggetti Nelle contrazioni isometriche la tensione generata non basta a superare la resistenza dell’oggetto da muovere e la lunghezza del muscolo non cambia. Queste contrazioni sono importanti per mantenere la postura e sostenere oggetti in posizione fissa Le fibre muscolari striate LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO Le fibre muscolari striate LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO Attenzione: la contrazione tetanica normale è auspicabile ed è del tutto differente da quella patologica, tipica di una malattia, il tetano, dovuta alla neurotossina prodotta da un batterio, il Clostridium tetani; il tetano provoca spasmi muscolari incontrollabili irreversibili, che alla fine causano un arresto respiratorio. la tensione (cioè la forza) sviluppata da un muscolo scheletrico in contrazione è in larga misura determinata dal numero delle sue fibre che vengono stimolate. Quando sono stimolate soltanto poche fibre, la contrazione del muscolo nel suo insieme è minima. Nelle contrazioni più forti, quando sono stimolate tutte le fibre, la contrazione del muscolo è la più forte possibile. Le fibre muscolari striate LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO Per contrarsi i muscoli hanno bisogno di energia, fornita dalla respirazione cellulare (il processo attraverso cui il glucosio ricavato dagli alimenti reagisce con l’ossigeno, producendo energia). Moneta energetica: ATP Quando l’attività muscolare è intensa, aumenta la respirazione e il battito cardiaco per garantire un maggior afflusso di sangue al muscolo (e di conseguenza di glucosio e ossigeno). Se l’ossigeno non è sufficiente per garantire una corretta respirazione cellulare, il glucosio si trasforma in acido lattico, la sostanza responsabile dei crampi muscolari. Le fibre muscolari striate LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO: IL RUOLO DELL’ATP L’ATP è essenziale per la contrazione dei sarcomeri, infatti l’idrolisi dell’ATP da parte della miosina fornisce l’energia per interagire con l’actina, far scorrere il filamento sottile e distaccarsene. Qualora l’apporto dell’ATP dovesse mancare, actina e miosina resterebbero stabilmente legate tra loro. Ciò accade poche ore dopo la morte nei cadaveri in cui il persistere dei ponti trasversali provoca una rigidità muscolare detta rigor mortis. Tale rigidità scompare circa 24 ore dopo, quando gli enzimi lisosomiali scindono i ponti trasversali. Le fibre muscolari striate LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO: IL METABOLISMO MUSCOLARE Per entrare in contrazione, il muscolo ha bisogno di una quantità di energia notevolmente superiore a quella che gli occorre per il suo normale metabolismo e l’ATP presente nelle fibre a riposo è sufficiente a fornire energia per i primi 4-5 secondi di attività muscolare. Se l’attività prosegue occorre produrre altro ATP che, scisso in ADP e P, libera energia che viene convertita nell’energia meccanica della contrazione muscolare. Le fibre muscolari dispongono di tre fonti per la produzione di ATP: Il creatinfosfato (CP) per i primi 15 secondi La respirazione cellulare anaerobica (glicolisi) per 30 - 40 secondi La respirazione cellulare aerobica per attività muscolare superiore al mezzo minuto Le fibre muscolari LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO: IL METABOLISMO MUSCOLARE A riposo le fibre scheletriche producono più ATP del necessario e parte di tale ATP in eccesso viene utilizzato per la produzione di creatinfosfato (CP) ricco di energia, tramite fosforilazione della creatina, una piccola molecola sintetizzata nel fegato, nei reni e nel pancreas Quando il muscolo è in contrazione, per sforzi superiori ai 10 - 15 secondi, il creatinfosfato accumulato nel citosol si scinde in creatina e radicale fosforico e quest’ultimo si unisce all’ADP per formare rapidamente ATP dal quale si ricava energia per la contrazione. Fosfocreatina + ADP → creatina + ATP (reazione di Lohman catalizzata dall’enzima creatinchinasi) Questo sistema energetico adoperato dal muscolo per produrre ATP è detto meccanismo anaerobico alattacido L’organismo esegue questo processo di “carico” e “scarico” della creatina in quanto la molecola di fosfocreatina è piccola ed occupa poco spazio. L’ATP, infatti, è molto più ingombrante e, pertanto, in tal modo è possibile accumulare la massima quantità di energia nel minor spazio possibile Le fibre muscolari LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO: IL METABOLISMO MUSCOLARE Superati i 15 secondi, il creatinfosfato si esaurisce e la fonte di energia successiva è la glicolisi, che fornisce energia sufficiente per circa 30 - 40 secondi di attività muscolare. Il glucosio, proveniente dal sangue o dalla scissione diretta del glicogeno muscolare, è scisso in due molecole di piruvato, liberando ATP. Quando i livelli di ossigeno sono bassi, l’acido piruvico si trasforma in acido lattico nella fermentazione lattica Le fibre muscolari striate LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO: IL METABOLISMO MUSCOLARE L’attività muscolare prolungata dipende, invece, dalla respirazione cellulare aerobica che produce ATP nei mitocondri utilizzando ossigeno Le fibre muscolari striate I TIPI DI FIBRE MUSCOLARI SCHELETRICHE I muscoli scheletrici contengono tre tipi di fibre, presenti in proporzioni diverse nei vari muscoli del corpo: fibre rosse (o fibre ossidative lente) – piccole di diametro e di colore rosso scuro; fibre bianche (o fibre glicolitiche rapide) – le fibre più grandi con il maggior numero di miofibrille, ma con scarsa vascolarizzazione; fibre intermedie (o fibre ossidative-glicolitiche rapide) – con caratteristiche intermedie, abbastanza resistenti all’affaticamento. Le fibre muscolari striate I TIPI DI FIBRE MUSCOLARI SCHELETRICHE Fibre rosse rosse perché ricche di mioglobina e riccamente irrorate presentano molti mitocondri fibre di piccole dimensioni generano ATP soprattutto grazie alla respirazione cellulare aerobica lente in quanto si contraggono e si rilassano più lentamente delle fibre rapide possono sostenere contrazioni prolungate, sviluppando, tuttavia, forze limitate Le fibre muscolari striate I TIPI DI FIBRE MUSCOLARI SCHELETRICHE Fibre bianche bianche, in quanto presentano un basso contenuto di mioglobina e pochi capillari presentano pochi mitocondri fibre di grandi dimensioni glicolitiche in quanto generano ATP attraverso la glicolisi anaerobica ultrarapide, in quanto producono contrazioni vigorose e veloci affaticamento rapido, servendo per movimenti intensi ma di breve durata Le fibre muscolari striate I TIPI DI FIBRE MUSCOLARI SCHELETRICHE Fibre intermedie elementi di diametro intermedio rispetto ai tipi precedenti colore rosso per la presenza di grandi quantità di mioglobina e di una discreta densità capillare producono una quantità notevole di ATP attraverso la respirazione cellulare aerobica ma generano ATP anche grazie alla glicolisi rapide, rispetto alle fibre ossidative lente, con una buona resistenza all’affaticamento Le fibre muscolari striate I TIPI DI FIBRE MUSCOLARI SCHELETRICHE La maggior parte dei muscoli scheletrici è costituita da tutti e tre i tipi di fibre in proporzioni variabili a seconda dell’azione del muscolo, dell’attività fisica svolta e di fattori genetici. I muscoli del dorso, del collo, delle gambe, I muscoli delle braccia, usate ad I muscoli delle gambe, che oltre a sostenere che devono mantenere costantemente la intermittenza e brevemente, per il corpo servono anche per camminare e postura, hanno alte percentuali di fibre sviluppare grande tensione, hanno un’alta correre, hanno sia fibre ossidative lente che ossidative lente percentuale di fibre glicolitiche rapide ossidative -glicolitiche rapide. Le fibre muscolari striate ORIGINE ED INSERZIONE DEL MUSCOLO Il sistema muscolare scheletrico è costituito da quasi 700 muscoli, organi composti da vari tessuti, che comprendono il tessuto muscolare scheletrico, il tessuto nervoso e vari tipi di tessuto connettivo. Le fibre muscolari striate IL MOVIMENTO I movimenti sono resi possibili perché molti muscoli lavorano in gruppo. A seconda che essi agiscano nel provocare un movimento nello stesso senso o in senso opposto, i muscoli scheletrici vanno distinti in: I muscoli sinergici operano insieme generando un movimento nello stesso senso (es. il bicipite brachiale, il brachiale ed il brachioradiale nel generare la flessione dell’avambraccio sul braccio) I muscoli antagonisti lavorano in coppia con azioni opposte (es. il bicipite e il tricipite nel generare la flessione e, in conseguenze stile di vita sedentario contrapposizione, l’estensione dell’avambraccio sul braccio). Il muscolo che produce l’azione si chiama agonista. Quando l’agonista si contrae l’antagonista si rilascia. I muscoli fissatori tengono fermo un osso, stabilizzando l’origine del muscolo agonista. Le fibre muscolari striate IL MOVIMENTO Abduzione, adduzione, flessione, estensione, supinazione, pronazione, rotazione. I muscoli che provocano tali movimenti vengono detti: abduttori, adduttori, flessori, estensori, rotatori, supinatori, pronatori Le fibre muscolari striate IL MOVIMENTO Il tessuto muscolare liscio Aspetto cellule piccole di forma fusata con nucleo singolo centrale di forma ovale presenza di filamenti intermedi, oltre a filamenti spessi e sottili che non si sovrappongono in maniera regolare, non generando la striatura tipica del t. muscolare striato e del t. muscolare cardiaco i filamenti sottili e i filamenti intermedi si presentano ancorati a strutture dette corpi densi, che in parte sono liberi nel sarcoplasma e in parte sono legati al sarcolemma. Il tessuto muscolare liscio Sede pareti di organi interni (tubo digerente, utero, vescica…) e dei vasi sanguigni Funzione forma la muscolatura involontaria ha una contrazione più lenta e duratura rispetto al tessuto striato durante la contrazione, lo scorrimento dei filamenti di actina e di miosina genera una tensione che viene trasmessa ai filamenti intermedi, i quali esercitano una trazione sui corpi densi ancorati al sarcolemma, producendo l’accorciamento della fibra Il tessuto muscolare liscio I tipi di muscolatura liscia Muscolo liscio a unità multipla Si trova nelle pareti delle grandi arterie, nelle grandi vie aeree, nei muscoli erettori del pelo, nei muscoli interni dell’occhio Consiste di fibre singole, ciascuna con fibre nervose motorie situate alle estremità La stimolazione di una singola fibra fa contrarre solo la fibra interessata Muscolo liscio viscerale o unitario Si trova nelle pareti di piccole arterie, vene, organi cavi (stomaco, intestino, utero e vescica) Le fibre sono interconnesse da giunzioni comunicanti e formano un reticolo continuo Quando un ormone o un neurotrasmettitore stimola una fibra, il potenziale d’azione si trasmette alle fibre vicine che si contraggono in contemporanea come una singola unità Il tessuto muscolare liscio La contrazione della muscolatura liscia inizia più lentamente e dura più a lungo in quanto gli ioni calcio entrano con lentezza nelle fibre muscolari lisce, uscendone altrettanto lentamente, ritardando, in tal modo, il rilassamento e generando il tono del muscolo liscio, uno stato di contrazione parziale continua. Il muscolo liscio si può accorciare ed allungare molto di più degli altri tipi di muscoli (capacità espansiva di organi cavi come utero, stomaco e vescica) La maggior parte delle fibre si contrae e si rilascia in risposta a: impulsi nervosi provenienti dal sistema nervoso autonomo stiramento meccanico ormoni (es. ossitocina a livello di muscolatura uterina) variazioni di pH, di temperatura, di ossigeno e di biossido di carbonio Il tessuto muscolare cardiaco Al pari del tessuto muscolare scheletrico è costituto da: Elementi ben distinti Elementi con evidente striatura È in grado di fornire una rapida e potente contrazione Al pari del tessuto muscolare liscio del tipo viscerale o unitario, si comporta da sincizio funzionale, contraendosi, infatti, quale fosse una singola fibra ed è involontario Il tessuto muscolare cardiaco LE FIBRE Le fibre della muscolatura cardiaca sono: ramificate, più corte e di diametro maggiore rispetto a quelle della muscolatura scheletrica hanno un solo nucleo centrale sono interconnesse tramite i dischi intercalari i quali contengono giunzioni cellulari comunicanti che permettono ai potenziali d’azione di passare rapidamente da una fibra cardiaca all’altra Hanno mitocondri più numerosi e più grandi rispetto alle fibre scheletriche Producono ATP soprattutto per respirazione aerobica Il tessuto muscolare cardiaco LE FIBRE Il miocardio si contrae senza l’intervento di una stimolazione nervosa. Sono, infatti, presenti alcune fibre muscolari cardiache specializzate (miocardio specifico) che agiscono da stimolatori per l’inizio di ogni contrazione Il ritmo automatico delle contrazioni cardiache è detto autoritmicità Il ritmo cardiaco è influenzato da numerosi ormoni e neurotrasmettitori che lo accelerano o lo rallentano In condizioni di riposo, il cuore si contrae e si rilascia in media 75 volte al minuto CREDITS: this presentation template was created by Slidesgo, and includes icons by Flaticon, and infographics & images by Freepik