Microbiologia degli alimenti PDF

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Summary

These notes discuss food microbiology, specifically the role of microorganisms in food production, storage, and safety. The notes cover categories of microorganisms, their functions, and how to prevent foodborne illnesses. The content suggests that the document is lecture notes or detailed class notes taken by a student studying food microbiology.

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Microbiologia degli alimenti 18/09/2024 Lezione 1 Gli alimenti sterili non dovrebbero contenere microrganismi (quanto bene ho lavorato con la sterilizzazione) Sterilità teorica/biologica→ totale non ammette errori (farmaci) Sterilità commerciale→ sono comunque sterili ma ci si basa su valori che dip...

Microbiologia degli alimenti 18/09/2024 Lezione 1 Gli alimenti sterili non dovrebbero contenere microrganismi (quanto bene ho lavorato con la sterilizzazione) Sterilità teorica/biologica→ totale non ammette errori (farmaci) Sterilità commerciale→ sono comunque sterili ma ci si basa su valori che dipendono da temperatura tempo e microrganismi target e questo calcolo ci porta ad avere una probabilità piccola che ci possa essere un microrganismo non sterilizzato Differenza Gram+ e Gram-: La parete dei Gram positivi è composta per più del 90% di uno spesso strato di peptidoglicano, in aggiunta al quale sono presenti altre molecole, come gli acidi teicoici. Lo spesso strato di peptidoglicano nei Gram positivi trattiene i complessi cristal violetto nel citoplasma, impedendo che vengano allontanati nella fase di decolorazione. Nei Gram negativi lo strato di peptidoglicano costituisce solo il 10% della parete, che in massima parte è rappresentata dalla membrana esterna o lipolisaccaride (LPS). Oltre a complessi di lipidi e polisaccaridi, nella membrana esterna sono presenti proteine con funzioni di trasporto (porine) o di ancoraggio allo strato di peptidoglicano. Nei Gram negativi è più facile rimuovere i complessi di cristal-violetto nella fase di decolorazione perché, a differenza dei Gram positivi, lo strato di peptidoglicano è notevolmente più ridotto CONCETTO CHIAVE: differenza tra presenza di un microrganismo e sviluppo/crescita di una popolazione microbica, il fatto che in un alimento ci sia una o più cellule microbiche non vuol dire necessariamente che sia rilevante In alimenti disidrati possono essere microrganismi ma non possono svilupparsi/crescere in numero. Cibi e bevande costituiscono uno dei principali veicoli attraverso i quali i microrganismi possono entrare in contatto con il nostro organismo (altri tipi di punti di ingresso sono; respirazione, contatto e introduzione sfregamento con bocca o occhi). Negli alimenti possiamo trovare microrganismi; Patogeni, provocano una patologia Alterativi, modifica alterazione delle caratteristiche dell’alimento Utili Inerti, ci sono ma non fanno niente Sono molti di più numericamente parlando quelli utili rispetto a quelli patogeni Patogeni: per garantire la sicurezza di un alimento devono essere assenti o al di sotto di un numero ridotto di cellule, la dose infettiva minima, numero che dipende dalla destinazione dell’alimento, da chi lo consuma e che processi secondari lo vedono coinvolto (come la cottura). Tipicamente la presenza di un microrganismo patogeno in un alimento non si vede e non si sente. I microrganismi possono essere dannosi per; Alimenti → alterativi (alterazione di sapore, colore, aroma, consistenza) Uomo → patogeni (insorgenza di infezioni, intossicazioni, tossinfezioni) Alterativi: non sono riconducibili a un solo gruppo non possiamo dire che tutte le muffe sono alterative, nei formaggi erborinati io le vado a mettere consapevolmente perché mi porta a delle caratteristiche desiderate. Stesso caso per i batteri propionici nei formaggi coi buchi li vado a inserire appositamente e quindi in questo caso non può essere iscritto come alterativo. Un unico gruppo non è sempre alterativo. Inerti: non influenzano la conservabilità del prodotto poiché non sono in grado di svilupparsi in esso se però variano le condizioni possono trasformarsi in germi alteranti. I microrganismi alofili sono inerti quando si trovano in un alimento non addizionato di NaCl ma diventano alteranti quando si usa la salagione come mezzo di conservazione In realtà noi conviviamo da sempre, più o meno armoniosamente, con miliardi di microbi, la maggior parte innocui, molti utili, alcuni fondamentali per la nostra esistenza. L’uso consapevole o inconsapevole di alcuni di essi ci ha cambiato la vita. Utili: Microbi industriali utili per portare alla produzione di; Farmaci – Penicillina e altri antibiotici, cortisone, mevastatine… Aminoacidi – Il glutammato del dado da brodo, la lisina Vitamine Enzimi – Per i saponi e detersivi Biocarburanti Alimenti Il lisozima degrada la parte dei Gram+ ed è utilizzato come antimicrobico La comparsa dei primi batteri si attesta circa tre miliardi di anni fa. La fermentazione microbica è la modalità più antica che l’uomo ha utilizzato come tecnica di conservazione degli alimenti anche prima della salagione. I primi alimenti fermentati naturalmente sono nati per caso, probabilmente tra i primi consumati dall’uomo a causa degli inevitabili processi biochimici cui andavano incontro gli alimenti conservati in condizioni non protette Batteri, lieviti e muffe utili responsabili di: ✓Caratteristiche sensoriali (aromi, sapori, consistenze) ✓Stabilità ✓Trasformazione materie prime in apprezzati prodotti finiti Tipicamente i microrganismi utili si nutrono di zucchero e lo portano a piruvato e otteniamo tanti diversi prodotti fermentati in base a chi ha fatto la fermentazione e in base al substrato Vino: fermentazione alcolica dal Saccharomyces cerevisiae e dal mosto d’uva produzione di alcol e anidride carbonica Birra: fermentazione alcolica dal Saccharomyces cerevisiae e dal malto d’orzo produzione di alcol e anidride carbonica Caco e caffè: fermentazione non trasformativa ma estrattiva, la fermentazione in questo caso serve a estrarre i semi per poterli tostare Probiotici; “microrganismi che, quando somministrati in sufficiente quantità sono benefici per la salute del consumatore, introducibili quando mangiamo qualcosa aggiunto di probiotici Microbiologia degli alimenti 19/09/2024 Lezione 2 Qualità degli alimenti: Concetto ampio che implica tanti contenuti e che spesso è anche soggettivo. È un concetto in continua evoluzione, un concetto che riguarda la totalità dell’alimento partendo dalla materia prima e da una sua qualità (Anche microbiologica) buona. Oggi il consumatore desidera diverse caratteristiche qualitative tra cui; l’alimento è buono, comodità d’uso, buona conservabilità, buone caratteristiche nutrizionali. Per lavorarci a pieno dobbiamo elaborarne una definizione oggettiva condivisa da tutti: “Qualità → Grado con cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfano i requisiti da 1 a 10” È il processo su cui dobbiamo focalizzare l’attenzione se vogliamo ottenere un grado di qualità alto rispetto alle esigenze di cui abbiamo parlato prima. N.B: la qualità è soggetta a variazioni nel corso della vita commerciale del prodotto, la qualità può decadere entro un livello minimo detto “trashold” La qualità degli alimenti comprende: Qualità biologica; che comprende qualità organolettica e qualità nutrizionale Qualità di sviluppo; Differenziazione del prodotto per esigenze di fasce di mercato e innovazione. Qualità di servizio; che comprende la qualità tecnologica (comodità d’uso, conservabilità) Qualità igienica; che comprende la qualità microbiologica (correlata a tutti gli altri aspetti descritti prima) poiché grazie ai microrganismi riusciamo a migliorare la qualità microbiologica, con i microrganismi possiamo facilitare le comodità d’uso, ma essi si collegano anche alla qualità organolettica (poiché l’alimento fermentato deve le sue caratteristiche al microrganismo) e nutrizionale (come l’addizione di microrganismi come probiotici aumentano il valore nutrizionale dell’alimento). Noi studieremo la qualità igienica, che è correlata a; alla presenza o assenza (e livello di contaminazione) di microrganismi in grado di provocare fenomeni alterativi alla presenza o assenza di microrganismi patogeni all’applicazione di buone pratiche di fabbricazione (GMP) combinazione di procedure di fabbricazione e di controllo della qualità che ha lo scopo di assicurare che i prodotti siano realizzati in conformità a specifiche definite all’efficacia di misure di sanitizzazione La qualità igienica influenza: la qualità microbiologica legata alla conservabilità del prodotto, la qualità sanitaria legata alla sicurezza del prodotto La qualità è un attributo dinamico che a partire dal momento della sua produzione, si muove continuamente ed inesorabilmente verso livelli sempre più bassi. (Quasi tutti gli alimenti seguono questa regola tranne alcuni tra cui il vino) per il principio della degradazione alimentare. L’alimento è un ecosistema: →DINAMICO e COMPLESSO È un ambiente (contenuto d’acqua, temperatura, contenuto di soluti) → è dinamico, in evoluzione durante la conservazione per l’effetto di fattori intrinseci ed estrinseci Ha uno o più gruppi microbici che lo abitano → è quindi complesso perché è caratterizzato da una comunità microbica determinata dalle materie prime utilizzate e dal processo di produzione di impiegato La qualità di un alimento in una determinata fase della sua produzione è strettamente dipendente dalla sua qualità nella fase precedente. La qualità finale risulta dalle interazioni tra materia prima, processo e prodotto Tutto questo si concretizza nel definire quello che cosa è la Shelf-Life Per tutta la shelf life la qualità dell’alimento può decadere entro un certo limite in determinate condizioni di conservazione È un tempo durante il quale accettiamo che l’alimento cambi le sue caratteristiche, ma sempre entro certi limiti e senza comprometterne la qualità complessiva (soprattutto quella igienica) La shelf life dell’alimento viene determinata dal produttore sulla base di test e parametri/indicatori Un altro aspetto che va considerato per determinare la shelf life di un prodotto è quello microbiologico espresso da indicatori microbiologici che ci permettono di valutare la qualità e la sicurezza microbiologica del prodotto. Vengono analizzati gli alimenti a campione e vengono fatte analisi solo su determinati microrganismi che noi ricerchiamo (marker) Per accertare sia la qualità microbiologica che la sicurezza di un alimento si fa ricorso alla ricerca di microrganismi, detti marker, in grado di indicare una situazione potenzialmente pericolosa I microrganismi marker li possiamo dividere in; Microrganismi Marker INDEX PATOGENI la cui presenza indica quella di altri patogeni ecologicamente correlati. Un microrganismo index che spesso si usa per controllare un alimento è il Clostridium Perfrigens che è un microrganismo di più facile rilevazione ed ecologicamente correlato (appartiene alla stessa nicchia) ad altri microrganismi patogeni per l’uomo Microrganismi Marker INDICATORI, NON sono patogeni/dannosi ma danno informazioni sulle condizioni microbiologiche generali o Indicatori del Processo → indicatori della qualità: indicano l’idoneità del processo e della conservazione (indicano se il processo è stato fatto in modo opportuno) o Indicatori di contaminazione → indicatori della sicurezza: non patogeni che ci allarmano circa la possibile presenza di un pericolo INDICE DI CONTAMINAZIONE (indicatori di SICUREZZA): Sono microrganismi la cui presenza può rappresentare una spia della possibile presenza di microrganismi patogeni, il cui isolamento risulta più difficile poiché sono presenti in genere in numero ridotto. Indicano la possibile presenza o possibilità di un pericolo microbiologico. Gli indicatori ideali quindi dovrebbero essere consistentemente ed esclusivamente associati alla fonte del patogeno essere presenti in numero sufficiente a fornire accurata stima della densità facilmente rilevabili e numerabili e chiaramente distinguibili essere sempre presenti quando il patogeno di interesse è presente I più comuni microrganismi indicatori sono: Coliformi ad esempio Escherichia coli, Streptococchi fecali, Clostridi Solfito Riduttori I più noti sono i microrganismi indice di contaminazione fecale, i Coliformi Fecali (E. Coli): questi possono far avanzare il sospetto della presenza nell’alimento anche di patogeni intestinali I coliformi; sono bastoncini, asporigeni, gram- e hanno caratteristiche di crescita con range ampissimi. Ma quindi i coliformi ci sono negli alimenti? SI. Possiamo ridurli a 0? NO, è la concentrazione di questi che conta Enterococchi; Si distribuiscono nell’ intestino di animali a sangue caldo, sono presenti anche sulle piante, negli insetti e nel suolo. Clostridi solfito riduttori; bastoncellari, sporigeni, gram+, molto più resistenti. La loro presenza, ed in particolare di C. perfringens, negli alimenti e soprattutto nelle acque è indice di contaminazione fecale. INDICATORI DI PROCESSO (indicatori di QUALITA’): Sono organismi che possono essere usati per valutare la qualità del prodotto con indicazioni sulla idoneità delle condizioni di processo e per predire la shelf life del prodotto e quindi avere indicazioni sulle condizioni di conservazione. Tali indicatori dovrebbero essere: dovrebbero essere presenti e rivelabili in tutti gli alimenti di cui si vuole accertare la qualità; la loro crescita e il loro numero dovrebbero essere correlati negativamente con la qualità del prodotto; dovrebbero essere rivelati e numerati in maniera facile e in tempi brevi ed essere chiaramente distinguibili da altri microrganismi; la loro crescita non dovrebbe essere influenzata negativamente da altri componenti della microflora. Quelli che più verosimilmente possono fornire indicazioni sullo stato microbiologico e sulle condizioni di processo dell’alimento: microrganismi aerobi totali, enterobatteriacee (sensibili al trattamento termico e che se quindi presenti il processo di ottenimento dell’alimento non è stato effettuato in modo adeguato nei prodotti sottoposti a trattamenti termici i microrganismi termosensibili rappresentano ottimi indicatori di processo.), lieviti e muffe Indicano, o dovrebbero indicare, se l’applicazione di una determinata tecnologia, in grado di inibire od inattivare i microrganismi, ha determinato o meno l’effetto previsto Terreni generici: li utilizzo per la conta microbica totale, permette la crescita di tuti Terreni selettivi: li utilizzo solo quando voglio contare o coltivare solo un determinato microrganismo inibendo la formazione di altri Conta in piastra: non significa contare le cellule, vedo una manifestazione indiretta della presenza della cellula (cellule nel terreno nutritivo che si sono moltiplicate) una colonia è un insieme di cellule tante da poterle vedere 106 UFC: unità formanti colonia Perché diluire? Devo fare in modo che crescono colonie contabili e visibili e quindi un numero di cellule fino a 200. Più di 109 di cellule in un campione stabile alimentare non ci sta per ingombro fisico, devo diluire in base 10 → prendo uno dal campione+ nove del diluente (10 totale) passo da un campione di 108 a un campione da 107 e così via per arrivare a 101 e quindi è possibile contare le nostre colonie Mpn= il most probable number è un sistema che ci stima in quantità la quantità di cellule per 100ml di liquido è possibile che vi sia all’interno dei diversi campioni. Esso è una alternativa alla conta in piastra. Microbiologia degli alimenti 25/09/2024 Lezione 3 La maggior parte degli alimenti hanno un loro microbiota. Dove si trovano i microrganismi? Ovunque, hanno diffusione ubiquitaria. In tutti gli ecosistemi Nel tratto intestinale o sulla superficie di praticamente tutti gli animali In associazione con la rizosfera delle piante I microrganismi che si trovano negli alimenti sono sempre il frutto di una contaminazione, tutte le vie di entrata in comunicazione sono contaminazioni: Contaminazione primaria o Dovuta a microrganismi naturalmente presenti nell’alimento Contaminazione secondaria o Proveniente da ambiente confinante: aria, acqua, suolo, piante, animali, uomo, attrezzature coinvolte nelle produzioni alimentari Contaminazione biologica: microrganismi e/o loro prodotti del metabolismo microbico I prodotti finiti presentano un biota microbico che riassume la loro storia di produzione e conservazione (tutte le fasi precedenti). L’entità della contaminazione dipende fondamentalmente da: 1. Igiene di produzione delle materie prime (se abbiamo un cattivo livello igienico della materia prima ci portiamo dietro per tutta la fase di lavorazione questo livello igienico basso). Una condizione microbiologicamente non buona della materia prima non è facilmente rimediabile 2. Rispetto dell’igiene nel corso della lavorazione, conservazione e commercializzazione 3. Dalle metodiche messe in atto per ostacolare la crescita microbica. Dalla materia prima dove i microrganismi ci sono per forza ciò che fa sì che nel nostro prodotto finito ci siano pochi microrganismi o solo quelli buoni sono proprio queste tecniche Quali e quanti microrganismi ci sono nel nostro alimento di partenza condiziona: la velocità della comparsa dei fenomeni alterativi (shelf life) Condizionano la “sanità” di un alimento Velocità e intensità dei processi alterativi (Va) variano in funzione di molti parametri e condizioni, la Va è direttamente proporzionale alla carica microbica iniziale e all’attività metabolica dei micror. E direttamente inversa alle condizioni ambientali sfavorevoli allo sviluppo dei micror. Possiamo ulteriormente identificare i momenti della contaminazione: Contaminazione primaria: In fase di produzione (materie prime), le fonti di contaminazione saranno quelle dell’ambiente acqua, aria, suolo e animali Contaminazioni secondarie: In fase di lavorazione, dipendono principalmente dall’ambiente di lavoro e dal personale (queste sono quelle più problematiche per le contaminazioni degli alimenti) Contaminazioni terziarie: a livello di conservazione stoccaggio e commercializzazione Contaminazioni quaternarie: in fase di consumo, (più difficili da controllare) molto importanti nella ristorazione collettiva Un tipo di contaminazione che può succedere sempre in tutte le fasi è la contaminazione crociata, trasferimento di microrganismi da una superficie/alimento contaminata ad un altro superficie/alimento (taglio sul tagliere prima il pollo e poi l’insalata). Vale a tutti i livelli e non è valida solo per i patogeni Contaminazione primaria: Sono quelle contaminazioni che si verificano negli alimenti in fase di produzione (materie prime) ad opera dell’acqua, aria, suolo, e dell’animale (umani, animali che diventano cibo o che inavvertitamente vengono a contatto con la materia prima) Suolo: È un habitat molto complesso e dal punto di vista microbico molto eterogeneo (numero e genere ampio), che dipende inoltre dal tipo di suolo (diverso suolo diversa microbiologia), nel suolo ritroviamo anche le spore, forma di resistenza che a condizioni sfavorevoli può diventare spora che rimane tale fino a che non cambiano le condizioni, tra queste ritroviamo anche le spore delle specie Clostridium. Se abbiamo spore di Clostridium botulinum nell’alimento può rappresentare un pericolo. È importante fonte di contaminazione di alimenti di origine vegetale che dal suolo ci vengono ma anche per quelli di origine animale. Negli animali il fango, ad esempio, può localizzarsi sulla superficie corporea o comunque sulle parti più esposte e quindi i microrganismi possono passare nelle carni al momento della macellazione Acqua: acqua utilizzata per diversi scopi: lavaggio e risciacquo attrezzature, per uso personale delle maestranze, per il lavaggio degli ingredienti, come coadiuvante tecnologico (acqua di trasporto/lavaggio in industria), come ingrediente. È importante la qualità chimica e microbiologica, la qualità microbiologica dell’acqua è indicata con il concetto di microbiologicamente puro che non vuol dire che sia sterile. L’acqua può contenere diversi tipi di microrganismi: o Saprofiti o Patogeni o Virus o Microrganismi di origine fecale come Enterobacterium, Enterococcus, alcune specie patogene o Muffe o Lieviti alcuni e solo raramente o Microrganismi del suolo come Pseudomonas, Aeromonas, Micrococcus L’acqua è un importante VEICOLO di infezione (Anche se non troppo poiché non vi è il cibo ma comunque la quantità di materia organica all’interno dell’acqua viene definita stato trofico, più è alto più cibo c’è per i m.o) per tutti i microrganismi ad eliminazione fecale o patogeni. Ci sono microrganismi dell’acqua che, pur non essendo patogeni possono far decadere la qualità dell’acqua, possono far cambiare la percezione qualitativa olfattiva dell’acqua come, ad esempio, gli attinomiceti sono filamenti sottili e ramificati simili a quelli caratteristici dei funghi essi possono replicarsi in biofilm. Possono conferire all’acqua odori e sapori sgradevoli per la produzione di sostanze organiche (geosmina quello che ci fa percepire che sta per piovere/l’odore della pioggia). Tra gli indesiderabili più noti delle reti idriche potabili vi è Pseudomonas (psicrofilo) tranne l’aeruginosa gli altri non sono patogeni ma alterativi, ha grande capacità di ricrescita in rete ed è resistente alla clorazione grazie alla produzione di EPS (Sostanze Polimeriche Extracellulari) e quindi viene utilizzato come indicatore dello stato trofico dell’acqua. L’acqua è una via di contaminazione di microrganismi di origine fecale in particolare andiamo alla ricerca di: -coliformi fecali (meglio ancora E. coli) -enterococchi - Clostridium Perfrigens. Poiché nelle feci di animali prevalgono enterococchi mentre in quelle umane i coliformi, il rapporto coliformi fecali/enterococchi può essere utilizzato per stabilire il tipo di contaminazione Rapporto >1: contaminazione umana Rapporto 4,5 Non cresce a valori di aw inferiori a 0,94 ma presenta elevata capacità di persistere per mesi in forma vitale negli alimenti con basso contenuto in acqua e ricchi in lipidi (cioccolato, frutta secca lipidica, burro d’arachidi) Da infezione. L’infezione inizia con la colonizzazione del tratto intestinale e procede con l’internalizzazione negli enterociti da cui le cellule possono essere disseminate nel circolo sanguineo ed accumularsi nei linfonodi e nella milza +Forme sistemica tifoide: (paesi non sviluppati) L’interessamento dell’intestino si accompagna alla diffusione dell’infezione a tutto l’organismo (cioè, invasione e penetrazione dei tessuti) Durata: tra 1 e 8 settimane (setticemia, febbre elevata, cefalea, vomito, diarrea) +Forma sistemica enterica: forma paratyphi (paesi sviluppati) Sintomi simili alla forma sistemica ma meno gravi +Forma gastroenterica: È a questa che si fa riferimento con il termine salmonellosi di origine alimentare. Durata: 4 giorni in media. I sintomi compaiono entro 12 ore dall’ingestione dell’alimento Dolori addominali, diarrea, disidratazione Febbre, brividi Cefalea Il problema sta nei portatori sani: Organismi che continuano a diffondere il batterio attraverso le feci anche dopo la guarigione dalla malattia. Un soggetto che contrae una salmonellosi in forma asintomatica/sintomatica continua a diffondere il m.o nell’ambiente (Organismi che continuano a diffondere il batterio attraverso le feci anche dopo la guarigione dalla malattia e in casi particolari si può essere portatori sani fino a un anno → il caso di tiphoyd mary). Valutazione dell’esposizione: L’habitat primario di S. enterica è l’intestino degli animali d’allevamento e selvatici. Dati per animali allevati nella UE, come le specie avicole, suini, ovini e bovini. La prevalenza è pari al 3.5% nelle galline ovaiole e l’1.5 % nei broilers, prevalentemente ascrivibili al sierotipo Salmonella Enteriditis Per questo motivo, il criterio di sicurezza degli alimenti per Salmonella: assenza in 25 g negli alimenti più frequentemente contaminati (carni avicole uova e ovoprodotti) Quali alimenti? Il cibo contaminato non presenta alcuna alterazione delle caratteristiche organolettiche (colore, odore, sapore, consistenza). Alimenti a rischio: uova crude o poco cotte, latte crudo e derivati, carne e derivati specialmente se poco cotte. Salse come maionesi, preparati come creme, gelati artigianali, frutta e verdure contaminate con il taglio. In alcuni paesi vengono vendute uova con guscio fresche ma pastorizzate intere. La DMI della salmonella varia in base al sierotipo, Il cibo contaminato non presenta alcuna alterazione delle caratteristiche organolettiche (colore, odore, sapore, consistenza). Varia da 10 a 106 cellule in funzione dell’ospite e del ceppo di Salmonella. +Misure di controllo: La temperatura ha un ruolo rilevante nella limitazione della crescita di Salmonella che non cresce sotto i 5°C e a 10°C la sua moltiplicazione è limitata. A questa temperatura non sviluppa cresce a pH superiori a 4,5 è inibita da valori di aw inferiori a 0,94 e già a valori di 0.97 il tasso di crescita è limitato. ha la proprietà di sopravvivere per lunghi periodi in prodotti a bassa attività dell’acqua, soprattutto se ricchi in lipidi. Salmonella è sensibile al processo di pastorizzazione,60°C/15-20min Importante evitare contaminazioni crociate tra alimenti crudi e cotti Pericolosa è l’abitudine di rompere le uova sottovalutando la potenziale carica infettiva del guscio. +Campylobacter: la patologia è la campylobacteriosi, la specie patogena maggiormente implicata è C. jejeuni, in circa il 90% dei casi appartiene al phylum Proteobacteria ed è composto da 24 specie. Caratterizzazione del pericolo: Le specie del genere Campylobacter sono microaerofile: richiedono una concentrazione di ossigeno fra 3 e 15%. sono termolabili e sensibili al congelamento. Sviluppo ottimale a temperature termofile (42°C). è molto esigente dal pov nutrizionale (necessita di aw superiori a 0,98 per crescere). Ha Sensibilità a bassi pH e basse concentrazioni di sale (2%) Sviluppo ottimale a temperature termofile (42°C) ma riesce a svilupparsi anche a temperature mesofile; si ritrova come commensale nell’intestino di animali a sangue caldo, soprattutto volatili (polli, tacchini), ma anche bovini, suini e ovini E QUINDI SI ISOLANO DALLE LORO FECI Valutazione dell’esposizione: i campylobatteri possono infettare l’uomo sia direttamente (meno frequente) per contatto interumano o con animali, che indirettamente attraverso il cibo contaminato. I campylobatteri derivanti dalla carne cruda possono contaminare sia la zona di lavoro in cui vengono manipolati che le mani dell’operatore, trasferendosi così anche in altri cibi (basta una semplicissima cross contaminazione). Patogenicità: DIM molto piccola, è sufficiente la contaminazione non è necessario lo sviluppo. può essere causata dall’ingestione di poche centinaia di cellule (500-800/g) (QUINDI è MOLTOVIRULENTO) La malattia: L’incubazione dura 2-7 giorni e i sintomi si protraggono per un periodo simile. I sintomi sono: Dolori addominali, febbre, profusa diarrea e nausea. Dopo la remissione dei sintomi, l’eliminazione del batterio con le feci può protrarsi anche per più di un anno e quindi possono essere presenti casi di portatori sani Alimenti in cui la ritroviamo: carni di pollame (si infettano durante l’eviscerazione delle carcasse), carne suina, carni ovine, latte crudo, acqua non trattata. +Misure di controllo: è sensibile alle condizioni avverse (essiccamento, calore, acidità, disinfettanti, radiazioni) più di qualsiasi altro patogeno intestinale Data la labilità di questo genere di microrganismo per inattivarlo sono sufficienti trattamenti blandi. o cottura: è sufficiente a 55-60°C per alcuni minuti o pastorizzazione del latte o refrigerazione (data l’elevata T° minima di sviluppo del microrganismo) Igiene e istruzione del personale sono fondamentali. Microbiologia degli alimenti 16/10/2024 Lezione 8 +Escherichia Coli: Identificazione del pericolo: è un normale componente del microbiota intestinale degli animali a sangue caldo e dei rettili, dove frequentemente costituisce la specie batterica aerobia dominante. È un microrganismo indice di contaminazione fecale. (nell’intestino non c’è ossigeno), viene usato come sistema modello → cellula con flessibilità importante e quindi usata per fare ricerche microbiologiche di molti tipi (indurlo a produrre cose che non produrrebbe, andargli a mettere pezzi di genoma all’interno). A questa specie appartengono anche ceppi e sierotipi che sono agenti eziologici di malattie per l’uomo e gli animali gli E. coli causa di malattie intestinali sono suddivisi nei gruppi di patogenicità con sigle specifiche, abbiamo quindi ceppi dotati di virulenza e ceppi non dotati di virulenza ne esiste anche un tipo prebiotico, sono anche alcuni alterativi. Quelli che ci interessano principalmente sono i VTEC (verocitotossico) o STEC (sono entrambi sinonimi) (shiga like toxine producing escherichia coli) sono quelli che ci interessano nei paesi industrializzati caratterizzati da buone condizioni di igiene alimentare. Gli VTEC sono stati associati a infezioni alimentari per la prima volta nel 1982, quando il sierotipo O157:H7, è stato implicato in due epidemie alimentari di colite emorragica negli USA. Da allora questi batteri sono riconosciuti come agenti di colite emorragica e di sindrome uremica emolitica nei paesi sviluppati. La diffusione delle abitudini di consumo degli stati uniti degli anni ’80 è (diner e paninoteche/fast food) è stata rilevata come prevalenza di carne di manzo (carne tritata e non sufficientemente cotto). Nella UE l’incidenza di infezioni da VTEC nel cinquennio 2005-2009 è stata limitata, pari a 0.75 casi per 100.000 abitanti, il problema però è la severità della malattia che lo rende un patogeno alimentare di elevato rischio per la salute dei consumatori fatale specialmente per gli YOPIs I sierotipi più frequentemente associati alle infezioni nella UE sono O157:H7, in oltre il 50% dei casi identificati L’Europa, e la Germania in particolare, ha affrontato nel 2011 un’epidemia di sindrome emolitica-uremica con epicentro ad Amburgo causata da un ceppo di Escherichia coli VTEC che ha infettato 3700 persone che in quel momento non era stato ancora sierotipizzato e quindi fu classificato patogeno emergente (sierotipizzato poi come O104 H4) I primi casi si verificarono all’inizio dell’estate nella città di Amburgo, successivamente gli enti preposti iniziarono a individuare anche focolai in altre città tedesche e in alcune città francesi. Il reale responsabile di questi casi di infezione erano i semi di fieno greco (che si fanno germogliare e si mangiano proprio i germogli in insalate ad esempio). Un patogeno emergente è un patogeno che a un certo punto viene considerato m.o patogeno perché presenta nuovi fattori di rischio in conseguenza a: L’evoluzione batterica (processi evolutivi batteri son molto più rapidi) I fattori di virulenza nei batteri patogeni sono frequentemente codificati da elementi genetici mobili e trasferiti a un vicino di nicchia ecologica (con i plasmidi ad esempio) Spesso, oltre alle determinanti di virulenza, i batteri patogeni acquisiscono geni di antibiotico-resistenza, un ulteriore fattore di rischio nelle fasi di trattamento terapeutico. Il commercio globale, il fatto che possiamo consumare microbi dall’altre parte del mondo a cui non siamo molto abituati Lo stile di vita dei consumatori influenza il consumo di determinati alimenti e può modificare l’esposizione ai rischi alimentari. Ad esempio, un aumento del consumo di alimenti non trattati termicamente, ad esempio il latte o il pesce crudo Nel caso dell’epidemia di VTEC O104:H4 l’elevata percentuale di soggetti femminili infettati può essere dovuta alla maggiore predisposizione al consumo di germogli. Caratterizzazione del pericolo: Phylum proteobacteria, famiglia enterobacteriaceae, composto da cinque specie. La specie E. coli è suddivisa, sulla base dell’analisi genomica, in nove gruppi filogenetici. Sono stati descritti più di 700 sierotipi di E. coli sulla base delle caratteristiche antigeniche dei lipopolisaccaridi (antigene O somatico), della capsula extracellulare (antigene K capsulare) e dei flagelli (antigene H flagellare). Gli E. coli responsabili di infezioni alimentari sono ripartiti in gruppi di patogenicità sulla base dei fattori di virulenza: 1. ETEC, E. coli enterotossigenici, responsabili di malattie intestinali nei paesi in via di sviluppo. 2. EAEC, coli enteroaggregativo, agente di diarree persistenti nei paesi in via di sviluppo, una delle principali cause di mortalità infantile. 3. GLI IMPORTANTI PER NOI VTEC o STEC, E. coli produttori di Verocitossina/Shiga toxin (VT/Stx), hanno la proprietà di produrre citotossine che inibiscono la sintesi proteica delle cellule eucariote a. VTEC o STEC, E. coli produttori di Verocitossina/Shiga toxin (VT/Stx), hanno la proprietà di produrre citotossine che inibiscono la sintesi proteica delle cellule eucariote. b. Questi organismi sono l’agente eziologico di due gravi malattie, la colite emorragica (HC) e la sindrome emolitica uremica (HUS), in circa il 10 % dei casi. - Gram-negativo - Specie aerobia anaerobia facoltativa, estremamente versatile che colonizza differenti ambienti. - I membri di questa specie, inclusi i VTEC, hanno un ottimo di temperatura a 37°C, e non crescono sotto i 7°C, vengono inibiti a vere temperature di refrigerazione. - Sono inattivati da trattamenti termici, con valori di riduzione decimale (D) a 60°C inferiori ad un minuto - Per VTEC e in particolare per O157:H7 è stata rilevata la capacità adi resistere agli stress acidi è stata studiata in dettaglio, in quanto questi batteri sono stati implicati in infezioni connesse al consumo di alimenti acidi come sidro, yogurt e maionese. La DIM di O157:7 è molto bassa, basta la contaminazione e non serve lo sviluppo Valutazione dell’esposizione: E. coli ambiente primario l’intestino degli animali, elevata capacità di colonizzazione di altri ambienti, inclusi gli alimenti e l’acqua. Il serbatoio principale dei VTEC è il tratto digerente dei ruminanti, ma sopravvivono nelle deiezioni, nelle acque e nel suolo e, tramite queste vie, possono contaminare alimenti di origine vegetale. La principale fonte di VTEC sia la carne bovina, tanto che il 2.3% dei campioni analizzati ne è contaminato. Il latte crudo è un altro alimento che può contenere questi E. coli patogeni (in Italia non è consentita la vendita di latte crudo se non espressamente presente l’indicazione che è da consumare previa bollitura). Gli alimenti implicati nelle infezioni da VTEC sono: carne bovina, prevalentemente MACINATA (aumenta la distribuzione di E. coli in tutta la massa e inoltre aumento molto l’Eh e rendo maggiormente disponibili le sostanze nutritive), NON cotta in modo adeguato prodotti vegetali, quali spinaci da insalata, lattuga (perché la struttura fogliare è tendenzialmente ruvida dove il m.o tende a rimanere attaccato e proteggersi da eventuali trattamenti come radiazione UV o acqua clorata) e germogli latte crudo e, più raramente, formaggi perché nel formaggio ci sono tutte una serie di operazioni che modificano il latte sidro e succhi di frutta (nel seme ci potrebbe essere E. Coli come conseguenza a irrigazione ad esempio) non pastorizzati, salami ed altri prodotti acidi Possono sopravvivere in alimenti acidi. +Misure di controllo: I trattamenti termici sono la via preferenziale per ridurre il rischio di VTEC negli alimenti. La pastorizzazione elimina E. coli, e per la carne bovina, si raccomanda di raggiungere i 70°C all’interno dell’alimento. L’inattivazione da basso pH è limitata +Cronobcater Sakazaki: Identificazione del pericolo: è un patogeno emergente. Solo recentemente ha attirato l’attenzione della comunità scientifica e delle agenzie governative preposte alla sicurezza degli alimenti in seguito alla osservazione di alcuni casi di infezione a veicolo alimentare in un particolare gruppo sensibile: i soggetti in età perinatale (primissimi mesi di vita) causato da latte in formula in polvere. C. sakazaki è un microrganismo in grado di generare casi di malattia che cronicizzano con alto tasso di mortalità Questo batterio è causa di rare malattie infettive, sepsi e meningiti, prevalentemente nei neonati con età inferiore ai due mesi Per i neonati la DIM, dell’ordine di poche cellule/100 gr di alimento disidratato (il latte DEVE essere ricostituito con acqua molto calda/bollente). Questi m.o sono dotati di una particolare resistenza che gli permette di sopravvivere in alimenti disidratati Valutazione dell’esposizione: Gli alimenti implicati sono: le formule per lattanti a base di latte reidratate e conservate a temperature che consentono una crescita di questo batterio. Per questo motivo il regolamento (CE) n. 1441, prevede che negli alimenti in polvere per lattanti destinati ai bambini di età inferiore ai sei mesi C. sakazaki sia assente in 10 g di 30 unità campionarie per lotto di produzione Caratterizzazione del pericolo: Temperatura di crescita: temperatura minima di crescita intorno a 6°C, temperatura massima 47°C che gli conferisce una resistenza termica più elevata degli altri Gram- Elevata resistenza del microrganismo all’essiccamento, riuscendo a sopravvivere anche a bassi valori di aw, quali sono quelli del latte in polvere La contaminazione del latte in polvere avverrebbe: dopo la pastorizzazione, cioè durante i processi di disidratazione e confezionamento oppure durante le fasi di ricostituzione e somministrazione del latte a causa dell’uso di strumenti contaminati e di conservazione in abuso termico Per questo motivo il regolamento (CE) n. 1441, prevede che negli alimenti in polvere per lattanti destinati ai bambini di età inferiore ai sei mesi C. sakazakii sia assente in 10 g di 30 unità campionarie per lotto di produzione +Misure di controllo: Industria alimentare o monitorare le materie prime, in particolare gli ingredienti che non necessitano di ulteriore trattamento termico prima della miscelazione o predisporre idonei piani di sanificazione negli ambienti di produzione e confezionamento del prodotto Igiene e sicurezza d’uso del latte in polvere formulato per l’infanzia o Adottare norme igieniche utilizzando contenitori ed utensili puliti e disinfettati o Non lasciare a temperatura ambiente il latte ricostituito o Assicurare il raffreddamento rapido del prodotto ricostituito e la conservazione dello stesso in frigo +Yersinia enterocolitica: Identificazione del pericolo: tra il genere Yersinia ritroviamo diverse specie: Yersinia enterocolitica, Y. pseudotuberculosis, responsabili di malattie alimentari, e Y. pestis, agente eziologico della peste. Tra queste Y. enterocolitica è quella identificata in più del 90% delle yersiniosi, una malattia enterica acuta che presenta nella UE un’incidenza accertata di 1.7 casi per 100.000 abitanti. Questa malattia è prevalentemente associata al consumo di carne suina cruda o non adeguatamente cotta. Caratterizzazione del pericolo: Appartiene al phylum Proteobacteria e alla famiglia Enterobacteriaceae Y. enterocolitica è un batterio psicrotrofo che sviluppa negli alimenti a temperature inferiori anche a 0°C (cresce fino a -1° C quando l’acqua non è ancora tutta congelata). La patogenicità è legata all’adesione e invasione delle cellule epiteliali del lume intestinale, alla proliferazione del batterio e secondariamente all’interazione con il sistema immunitario ospite. - sono gli unici patogeni Psicrotrofi insieme a Listeria m. - comportamento caratteristico: mobili a temperature 15% L. monocytogenes sopravvive a conc. 20-30% di sale per 10 g a 22°C Può considerarsi il conservante più antico, prevalentemente utilizzato per i prodotti carnei. Può essere utilizzato attraverso una salagione: - A secco: Per sfregamento dell’alimento con il sale o per contatto a strati. Con questo tipo avremo conservazione più lunga - Umida: Per immersione in soluzione acquosa di cloruro di sodio in presenza di altri composti (es: zuccheri, nitriti…) (forti soluzioni saline contengono 30% NaCl). Con questo tipo avremo conservazione più breve Zuccheri: in genere sciroppi di saccarosio o glucosio. Hanno un effetto letale meno pronunciato di NaCl a parità di concentrazione. Per ottenere lo stesso effetto inibente è necessaria una concentrazione di zuccheri più elevata rispetto a NaCl Quando l’aw di un alimento è abbassata attraverso l’aggiunta di sale o zucchero, le cellule microbiche sono soggette a fenomeni osmotici (perdita di acqua verso l’esterno) che ne causano una morte più rapida. Plasmolisi della cellula. Spesso l’abbassamento di aw permette ancora lo sviluppo microbico ma impedisce ai microrganismi di produrre certi metaboliti → S. aureus riesce a sviluppare ad aw 0.83 ma non è in grado di produrre enterotossina quando aw scende sotto 0.93 +Acidi: sub-ottimale o letale a seconda della concentrazione di pH acido. L’acidità però da sola non è in grado di originare alimenti stabili (questo parametro è usato quindi in associazione con altri) poiché molti microrganismi (soprattutto lieviti e muffe) sono in grado di metabolizzare gli acidi organici e quindi innalzare il pH a valori idonei allo sviluppo della microflora alterante L’acidità rende le cellule più sensibili ad altri stress pH + trattamenti termici: Il pH è un fattore importantissimo nel determinare la sopravvivenza di cellule esposte a trattamenti termici sia per spore che per cellule vegetative, la resistenza termica diminuisce notevolmente all’abbassarsi del pH. Gli alimenti possono essere acidificati: Direttamente: per aggiunta di acidi (generalmente organici) Indirettamente: consentendo o favorendo la fermentazione Gli acidi prodotti da fermentazione: L’effetto inibente/letale degli acidi, aggiunti o formatisi durante la fermentazione, dipende dal tipo di acido presente nell’alimento e dal loro grado di dissociazione. Gli acidi deboli (Acido lattico o Acido acetico) restano in equilibrio con la forma dissociata e non dissociata. La loro azione è dovuta alla forma indissociata (RCOOH) perché la forma dissociata non riesce a permeare la membrana citoplasmatica. Gli acidi organici aggiunti: Anche la loro azione è legata alla forma indissociata e quindi è condizionata dal pH dell’alimento. I principali che vengono aggiunti sono; - Acido propionico: impiegato sottoforma di sali di sodio (E281) e di calcio (E282). Lo scopo principale è inibire sviluppo di muffe soprattutto in - Acido benzoico: utilizzato per inibire sviluppo di muffe e lieviti ma anche batteri - Acido sorbico - Acido acetico - Acido formico +Anidride solforosa: impiegata per la conservazione di alimenti acidi sottoforma di sali: sodio solfito (E221), sodio bisolfito (E222), sodio metabisolfito (E223) potassio metabisolfito (E224). Impiegata largamente in enologia (effetto sulle muffe, effetto sui lieviti aerobi e non fermentanti). A bassi valori di pH ha azione batteriostatica o battericida, a seconda delle concentrazioni. SO2 più efficace a bassi valori di pH acidi +Nitrati e nitriti: I Nitrati e nitriti di sodio sono impiegati nelle formulazioni per il trattamento delle carni per tre motivi: 1. Stabilizzano il colore: L’ossido di azoto è in grado di formare legami molto stabili con metalli, in particolare con il ferro del gruppo eme, dando luogo, dopo combinazione con mioglobina ed emoglobina, alla formazione di nitroso-mioglobina e nitroso-emoglobina, di colore rosso. 2. Inibiscono alcuni microrganismi in particolari i clostridi. 3. Contribuiscono alla formazione dell’aroma L’efficacia dei nitrati: - aumenta con il diminuire del pH ed è massima a pH4,5-5,5 (quindi aggiungendo acidi organici si può diminuire quantità di nitrati). - aumenta anche con il diminuire del potenziale redox (più efficace in condizioni riducenti) - se i nitriti vengono scaldati, in determinati mezzi colturali, (es: conserve di carne) esercitano una maggiore azione inibente sui Clostridi (Effetto Perigo) L’azione antibatterica dei nitrati sembra è principalmente sui Clostridi (C.botulinum, C. sporogenes, C. perfringens). L’inibizione è dovuta all’interferenza dell’acido nitroso con l’enzima ferridossina Il problema dell’utilizzo dei nitriti è la formazione delle nitrosammine: I nitriti, in particolare l’acido nitroso, in ambiente acido reagiscono con le ammine per formare nitrosammine.

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