Giacomo Leopardi - Vita e Opere PDF
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This document provides a biography of Giacomo Leopardi. It discusses his early life, his experiences in Recanati, and his evolving philosophical and poetic perspectives. The text traces his life from 1798 to 1837, covering major events and periods associated with his works.
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Giacomo Leopardi La vita Giovinezza 29 giugno 1798: Giacomo Leopardi nasce a Recanati dal A causa dell’ assottigliarsi del conte Monaldo e dalla marchesa Adelaide Antici patrimonio familiare, la madre si...
Giacomo Leopardi La vita Giovinezza 29 giugno 1798: Giacomo Leopardi nasce a Recanati dal A causa dell’ assottigliarsi del conte Monaldo e dalla marchesa Adelaide Antici patrimonio familiare, la madre si impegna a mantenere splendida 1809-1816: Si dedica allo studio nella ricca biblioteca l’apparenza della famiglia → paterna → Leopardi stesso definirà questo periodo «sette condiziona la sua adolescenza, anni di studio matto e disperatissimo». Impara molte lingue appartata, compromettendo la antiche sua salute MA compone le sue prime opere: saggi eruditi, traduzioni, tragedie, poesie 1816: Interviene nella polemica classico-romantica, È in questo periodo che sostenendo, con originalità, le tesi classicistiche. avviene la sua conversione letteraria: “dall’erudizione 1817: Inizia l’amicizia epistolare con Pietro Giordani. al bello” (= poesia classica) Avvia la stesura dello Zibaldone, che proseguirà fino al 1832 e continuerà a revisionare, un diario personale in cui deposita appunti, note e pensieri Maturità Le sue sofferenze e le sue 1819: Tenta di fuggire dalla casa paterna, ma il suo piano condizioni di salute aprono la viene sventato. strada alla riflessione filosofica → conversione: “dal bello al 1822: Si reca a Roma, da uno zio paterno; il viaggio si vero” rivela una delusione 1819-1823 → intensa 1824-1828 → stesura attività poetica di racconti filosofici Inizia a scrivere le Operette Morali, una raccolta di 24 prose riguardanti il tragico destino dell’uomo 1825: Si reca a Milano, dove inizia una collaborazione con l’editore Stella; passa quindi a Bologna vive un periodo di serenità → ritorna alla poesia: inizia la 1827-1828: Si reca a Firenze e quindi a Pisa stagione dei cosiddetti canti pisano-recanatesi, tra cui “A Silvia” e “Il Risorgimento” 1828-1830: Tornato a Recanati, a causa delle condizioni di salute del fratello Luigi, sprofonda nuovamente nella continua a comporre poesie, tristezza: “sedici mesi di notte orribile” tra cui: “Il sabato del villaggio” e “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” Ultimi anni 1830: Lascia per sempre Recanati e si trasferisce a Firenze, presso amici. Si innamora di Fanny Targioni Tozzetti, ma La delusione ispira il “Ciclo l’amore non fiorisce MA stringe un’affettuosa amicizia con il di Aspasia” (= amante di napoletano Antonio Ranieri Pericle) 1831: Esce la prima raccolta di tutte le sue poesie, i Canti 1833: Le sue condizioni di salute peggiorano → si trasferisce a Napoli con l’amico Ranieri, sperando che migliorino Compone gli ultimi due 1836: Si sposta in una villa fuori Napoli, poiché lì si era canti: “La ginestra” e “Il diffusa un’epidemia di colera tramonto della luna” 1837: Muore tra le braccia dell’amico. Filosofia canzoni classiche-romantiche 1816-1818: età giovanile → Leopardi trasforma la sua sofferenza Pessimismo storico in uno strumento di conoscenza Natura = madre benevola Storia ≠ immaginazione La natura ha dotato agli uomini L’affermarsi della ragione e della tipica dell’infanzia la capacità di immaginare che, civiltà ha dissolto le illusioni e adolescenza seppur non porti alla felicità, generate dalla natura svelando la rende la vita dell’uomo più attiva triste realtà agli uomini e, perciò, ignara alla noia infelicità = abbandono dello stato di natura ANTICHI > MODERNI Il poeta ha un compito etico, recuperare le illusioni del passato PERCHÉ La capacità di illudersi è naturalmente superiore nei popoli antichi e primitivi i quali, come i bambini, vivono più vicini allo stato di natura “Zibaldone” È una sorta di diario che Leopardi utilizza per appuntare testi e riflessioni sui principi della sua poetica e della sua visione del mondo e dell’uomo. Grazie allo Zibaldone abbiamo una visione complessiva ed evolutiva dell’autore e del suo pensiero: primi anni = argomenti letterari ed estetici 1820-1827 = riflessioni esistenziali, intellettuali e culturali zibaldone = insieme disorganico dal 1827 = argomenti filologici di appunti eterogenei dal 1832 Leopardi smette di scrivere Non era destinato alla pubblicazione MA Tra il 1898 e il 1900 appare la prima edizione commissionata da Giosue Carducci; qualche anno dopo appare l’edizione critica è nello “Zibaldone” che appare la “teoria del piacere” “Zibaldone” 1819: sfortunati eventi → allontanamento cattolicesimo, Teoria del piacere fallimento moti 21, delusione Roma L’uomo desidera un Materialismo piacere infinito che, nel materia = unica realtà mondo, non esiste sensi = strumenti della conoscenza umana infelicità dell’uomo felicità = piacere sensibile L’unica via che permette di Il poeta deve raggiungere una sorta di constatare e piacere illusorio è diffondere il vero l’immaginazione, nella forma del ricordo da come si può notare dal testo, lo Zibaldone era per Leopardi una raccolta privata forma espressiva struttura abbreviazioni complicata e involuta argomentativa elenchi puntati → ripetizioni rigorosa La “poetica del vago e dell’indefinito” è strettamente legata alla teoria del piacere, perché: Uomo aspira all’assoluto Non può farlo nel mondo La poesia può farlo “Zibaldone” Perseguendo un’espressività indeterminata in grado di stimolare l’immaginazione grazie a cui l’uomo può figurare “piaceri illimitati” Vocaboli di significato Immagini che sembrano Ricorre anche il tema ampio e polisemico essere senza-limiti, dell’attesa e del rafforzate da enjambement ricordo, soprattutto che dilatano il confine del dell’età infantile (più verso piacevoli) Suscitano una finzione del piacere Nello “Zibaldone”, Leopardi riflette sulla felicità e sulla natura del piacere, elaborando la cosiddetta “poetica del vago e dell’indefinito”. 1° brano: riflette sul legame tra l’aspirazione dell’uomo a una felicità infinita e il piacere suscitato da una poetica indeterminata …neanche l'immaginativa è capace dell'infinito, o di concepire infinitamente, ma solo dell'indefinito, e di concepire indefinitamente. La qual cosa ci diletta perché l'anima non vedendo i confini, riceve l'impressione di una specie d'infinità, e confonde l'indefinito coll'infinito… La quale perciò, sebbene la riempia e diletti e soddisfaccia più L’indeterminato suscita di qualunque altra cosa possibile in questa terra, non però piacere ma non colma la riempie effettivamente, né la soddista, e nel partire non il vuoto dell’anima che la lascia mai contenta, perché l'anima sente e conosce o le pare, di non averla concepita e veduta tutta intera riconosce che indefinito ≠ infinito 2° brano: formula una teoria della visione “Da quella parte della mia teoria del piacere dove si mostra come degli oggetti Tutto ciò che appare alla veduti per metà, o con certi impedimenti ec.' ci destino idee indefinite, si nostra vista: spiega perché ci piaccia [...] tutti quegli oggetti insomma che per diverse materiali e menome circostanze giungono alla nostra vista, udito ec. in modo in modo incerto incerto, mal distinto, imperfetto, incompleto, o fuor dell'ordinario ec. in modo vasto Per lo contrario la vista del sole o della luna in una campagna vasta ed provoca piacere perché, aprica, e in un cielo aperto ec. è piacevole per la vastità della sensazione. A questo piacere contribuisce la varietà, l'incertezza, il non veder tutto, e il tramite l’immaginazione, ci potersi perciò spaziare coll'immaginazione, riguardo a ciò che non si vede” si può spaziare riguardo ciò che non si vede “Operette morali” 1823-1830: “seconda fase” Pessimismo cosmico canti pisano-recanatesi Natura = matrigna crudele L’unico scopo della natura è conservare l’esistenza senza curarsi della sofferenza umana Il dolore ora è visto come tormento materiale, poiché appartenente alla natura e non solo: il tormento è un elemento necessario alla vita e privo di ogni finalità infelicità = ineliminabile Natura = cattiva → ha come elemento strutturale il dolore Ragione = buona → svela la verità, seppur crudele, all’uomo che deve saperla accettare “Ginestra” Come superare l’infelicità esistenziale? Una volta presa consapevolezza della propria condizione, anziché aggravarla e combattersi a vicenda, gli uomini dovrebbero unirsi, affratellati dalla medesima infelicità, in una “social catena” contro la natura maligna I Canti I Canti, curati da Antonio Ranieri, comprendono 41 componimenti scritti fra il 1816 e il 1837. L’infinito 1. Canzoni e idilli “poetica del vago e pessimismo storico dell’indefinito” sono accomunate da scritte in endecasillabi uno stile aulico e contenuti intimi e vuole dare voce agli stati letterario simile ai autobiografici d’animo del soggetto modelli classici forma semplice 2. Canti pisano-recanatesi A Silvia, Sabato del Villaggio, Esempi Canto notturno di un pastore “pessimismo cosmico” errante dell’Asia linguaggio elaborato stanze ineguali e varia adotta la canzone libera combinazione di endecasillabi e settenari. Le rime sono libere, non vi è uno schema fisso 3. Ultimi canti Ciclo di Aspasia: comprende Canti scritti a Napoli, si apre 5 liriche legate all’amore una nuova fase filosofica → infelice per Fanny → impegno ideologico-civile delusione (“A se stesso”) (“La Ginestra”) L’Infinito ha come tema principale la “poetica del vago e dell’indefinito” assumono importanza i pronomi dimostrativi 1ª pt “Questa siepe”→ “Di la da quella”→ Si sta avvicinando vicinanza al finito lontananza dal finito all’infinito “Queste piante”→ “Quello infinito silenzio”→ Si sta allontanando 2ª pt vicinanza al finito lontananza dall’infinito dall’infinito 3ª pt “Questa voce”→ “Questa immensità → “E il naufragar m’è Ha raggiunto vicinanza al finito vicinanza all’infinito dolce in questo mare” l’infinito nella suaimmaginazione razionalità immaginazione · A Silvia Ricordo di Silvia = Rievocazione Rievocazione Riflessione è già morta adolescenza Silvia adolescenza poeta filosofica “opre femminili” “studi leggiadri” → emerge un velo di rimpianto Atmosfera primaverile = adolescenza Leopardi contrappone le attese e illusioni giovanili pessimismo cosmico con il disinganno della Morte di Silvia Speranze del poeta natura Silvia muore a causa di Come la morte uccide le una malattia nascosta speranze di Silvia, la che, nei migliori anni maturità dell’autore della sua vita, la stava spegne la sua speranza di uccidendo felicità l’unica certezza è la Atmosfera invernale = morte fredda e ignuda, maturità che spegne ossia come sola le speranze giovanili cessazione del dolore Il sabato del villaggio I parte: idillico-descrittiva II parte: riflessivo-meditativa Leopardi descrive la speranzosa immagini Leopardi denuncia il carattere stile attesa che anima il villaggio: festose immaginario del piacere: tutte meditativo al pensiero del giorno festivo le speranze saranno presto tutti si rallegrano deluse → la domenica porterà tristezza, noia e il pensiero di La speranza è rappresentata una nuova settimana dalla donzelletta (sabato), contrapposta alla vecchierella, Come il sabato, la giovinezza è che fila, che rappresenta la una viglia piena di speranza che malinconia (domenica) sarà delusa dalla maturità: il poeta conclude rivolgendosi ad Riferimento mitologico un ragazzo giovane invitandolo a alle parche, che reggono godersi la sua età, senza aver la vita umana: filano, fretta di crescere tessono e tagliano - A se stesso si succedono tre momenti distinti che si aprono con un’esortazione al poeta e si sviluppano come riflessioni sul destino degli uomini 1) la fine dell’amore corrisponde 2) affermazione della negatività 3) disprezzo del poeta verso se all’abbandono della speranza della vita umana stesso e tutto il resto Il mondo appare cosparso di un male indomabile per cui viene meno anche il desiderio di Attitudine eroica del poeta: illudersi: bisogna prendere non bisogna atteggiarsi da consapevolezza del nulla vittime, bisogna accettare la infinito propria condizione La Ginestra o il fiore del deserto Leopardi ricorda di aver visto una ginestra alle pendici del Vesuvio Rappresenta la natura Rappresenta la fragile dell’uomo che natura ostile, Leopardi appare più riesce a germogliare indifferente alla positivo: la vita ha una anche nella lava, ossia sofferenza umana sua dignità e deve essere nel male accettata per quello che è 1) l’uomo appare insignificante 2) polemica verso la sua epoca e 3) allegoria: l’uomo malato di fronte alla potenza della le sue ideologie spiritualistiche rappresenta tutto il genere natura umano Accusa la sua epoca di aver rinnegato il Il male non è causato dagli bisogna guardare in razionalismo e di essere altri uomini ma dalla natura faccia il triste vero tornato ad abbracciare stessa: così Leopardi proporne l’irrazionalità di costruire una società basata sulla solidarietà; solo così si può arginare il dolore 4) contemplazione degli spazi 5) offre una similitudine che 6) timore dell’uomo verso la cosmici paragona il vulcano ad un albero natura non vuole evocare una vastità natura = matrigna crudele: aggiunge il contrasto tra la cosmica ma sottolineare la come il Vesuvio distrusse Pompei durata effimera della vita nullità dell’uomo nell’universo anche una mela, caduta dell’uomo e quella eterna dall’albero, distrugge un della natura, immutabile formicaio Ginestra = uomo la resistenza diventa non diventa un simbolo positivo di solo accettazione ma comportamento: come la affermazione della vita stessa, ginestra, destinata a cadere sotto in quanto sua essenza la lava, accetta dignitosamente la propria sorte, anche gli uomini dovrebbero farlo Operette morali 1819: prime idee → modello: Dialoghi, Luciano di Samosata 1824: stesura del nucleo centrale 1827: prima edizione dell’opera, 20 testi 1845: edizione pubblicata postuma da Ranieri, 24 testi pessimismo cosmico Testi di argomento filosofico in forma di dialogo o di narrazione: principale opera in prosa di Leopardi operette = contenuti morali = un’etica seri in forma satirica nuova legata al vero l’ironia serve a consolare l’uomo dai stile medio risultati che ci porta la ricerca del vero nei dialoghi uno dei due interlocutori è l’alter ego del poeta che impersona: ◦ personaggi storici ◦ personaggi mitologici ◦ entità astratte ◦ creature fantastiche ◦ figure quotidiane Dialogo della Natura e di un Islandese Incontro tra Islandese e Monologo dell’Islandese Natura in Africa, nel deserto riguardo la sua scelta È rappresentata da una solitudine trovare un posto figura femminile inquietante adatto all’uomo MA Si accorge che non esiste un posto adatto all’uomo: invettiva contro la Natura = nemica L’Islandese sostiene che la Natura, dal momento in cui ha creato l’uomo, dovrebbe garantirgli una vita serena L’Islandese si pone alcune La Natura risponde affermando domande esistenziali mentre la che l’uomo fa parte di un ciclo ironia Natura sta per colpirlo in cui la sofferenza è necessaria direttamente: doppio finale al mantenimento del mondo mangiato dai leoni si crea un monumento funebre fatto di sabbia sottolineano l’insignificanza NO antropocentrismo pessimismo cosmico SI materialismo della vita dell’uomo a cui non resta altro che denunciare la sua condizione Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere Con la sua logica, il passeggere cerca di far ammettere all'ingenuo venditore che le aspettative per il futuro sono illusorie. Ogni volta si spera che il domani sarà migliore perché il presente e il passato, evidentemente, lasciano tutti profondamente insoddisfatti. La prova sta nel fatto che nessuno vorrebbe tornare indietro, neppure il fiducioso venditore. Il passeggere non vuole però infierire sul povero venditore, sicuramente sconcertato dalla piega presa dal discorso, e conclude lo scambio con un garbo malinconico e quasi affettuoso, concedendo che nella vita esiste almeno un piacere: immaginare che in futuro essa ci tratti meglio e porti finalmente felicità teoria del piacere Per leopardi è un dato di fatto che l'uomo tende all'infinito; non gli basta quello che ha davanti e che esperimenta; vuole sempre andare oltre e ottenere di più. Ciò che è Antico è molto lontano nel tempo, ma non infinito: comunque vedere o pensare a qualcosa di Antico dà l'impressione di una lontananza di cui non riusciamo bene a capacitarci. Così non è nelle cose moderne perché non provoca la stessa attrazione e lo stesso sentimento coinvolgente. L'indefinito di qualcosa di moderno non è sufficiente infatti la mente può ricoprire il tempo in cui quella cosa è esistita pur non sapendo nello specifico da quanto. Rimaniamo molto più impressionati da un edificio antico, pur sapendone la data di costruzione. La distanza temporale è talmente ampia da non poter essere compresa a pieno. Questa è una BELLA sensazione → provoca piacere= ciò che è bello è fonte di piacere e per leopardi tutto quello che ci circonda è nella maggior parte dei casi BELLO e richiamano alla nostra mente altri episodi che ci hanno fatto star bene. Una delle caratteristiche della poesia è di richiamare alla mente episodi piacevoli. La poesia può avere questo effetto però solo se le persone che leggono danno attendere (Dal latino "ad-tendo"=prendo una direzione consapevolmente verso un punto). Quindi l'uomo deve stare attento a quello che legge e dare tempo affinché riesca a capire quelle parole. Chi non sa attendere, non sa leggere la poesia (ovvio che solo una poesia scritta bene sa evocare certi sentimenti). PAG.75 ALLA LUNA Parafrasi Analisi O luna graziosa, mi ricordo che, un anno fa, salivo pieno L’idillio, in endecasillabi sciolti, si apre con d’angoscia su questa collina per contemplarti: e anche in un’invocazione alla luna, che per Leopardi costituisce quel momento, così come fai ora, rimanevi sospesa su una preziosa confidente delle sue angosce, nonostante la quella selva che illumini interamente. distanza che separa lui e l’astro. I primi cinque versi, A causa, però, del pianto che mi sgorgava dagli occhi il tuo composti di un unico periodo, mescolano infatti il aspetto mi appariva sfocato e annebbiato, poiché la mia vita ricordo di quando il poeta andava a confidarsi con la era dolorosa, e lo è ancora, né dà alcun segno di voler luna. Il componimento è facilmente divisibile in due cambiare, mia cara luna. parti: una prima in cui viene descritto un notturno Tuttavia ricordare mi dà sollievo, così come contare gli anni lunare e una seconda in cui viene evidenziato il che ho passato a soffrire. grandissimo valore del ricordo come consolazione (=è Oh, com’è gradito quando giunge in età giovanile, quando bello ricordare anche cose spiacevoli in certe la speranza ha di fronte un lungo cammino e la memoria ha situazioni). Questa riflessione, che costituisce il fulcro alle sue spalle invece un tratto breve, il ricordo del passato, della poetica della rimembranza, troverà poi sviluppo nonostante questo sia stato triste e la sofferenza prosegua anche in altri componimenti leopardiani, in versi e in ancora! prosa PAG. 80 > A SILVIA Parafrasi Analisi Silvia, ricordi ancora quel tempo della tua breve vita mortale Il testo fa riferimento a Teresa Fattorini, figlia di un quando nei tuoi occhi ridenti e timidi splendeva la bellezza, dipendente del Conte Leopardi, morta giovane per un e tu, felice e pensierosa, ti avvicinavi al fiorire della infezione. Il rapporto che esisteva tra padroni di casa e giovinezza? servitù era molto familiare (vivevano insieme): leopardi Il tuo canto perpetuo risuonava nel silenzio delle stanze, e voleva quindi bene a Teresa come una sorella. Da nelle vie attorno, quando sedevi presa dai lavori femminili, notare come non dice che era bella, non la descrive e non felice di quel futuro misterioso che provavi a immaginarti. riusciamo bene ad immaginarla. Parla solo della luce nei Era il maggio profumato: e tu passavi così ogni tua giornata. suoi occhi, che cantava sempre, che era serena e lieta. Io, di tanto in tanto, trascurando gli studi amati e le pagine Leopardi la osservava e ascoltava dai balconi di casa su cui mi affaticavo, dove la mia giovinezza e il mio corpo mentre riposava o studiava e questa situazione era tanto andavano consumandosi, dai balconi della casa paterna mi bella e piacevole che sembrava quasi la promessa di un mettevo ad ascoltare il suono della tua voce, futuro bellissimo; tanto bello che si fa fatica ad e il ritmo rapido delle tue mani affaticate nel tessere la tela. esprimerlo a parole. Ma tutta questa speranza gli causa Guardavo il cielo sereno, le vie color dell’oro, le campagne, dolore perché Silvia (Teresa) è morta. e da un lato il mare, dall’altro le montagne. Parla alla natura e chiede perché inganna i suoi figli e - 73= “certo” FORSE→ Il fine di tutto è conosciuto, Sì, ma da qualcun altro. Il 77= “mille cose che tu sai” giudizio che il pastore dà sulla vita è un forse. Il pastore non sa chi è e non 98= “per certo” avendo una risposta su di sé, dubita anche su tutto il resto. Ma è certo che Strofa 6: qualcuno la risposta la sabbia; Il problema è che chi la conosce non è “Forse” compare 3 volte incontrabile SINTESI La poesia è divisa in sei strofe, ognuna con una storia a sé. Gli interlocutori del poeta sono la luna e il suo gregge. Nella prima stanza il pastore si rivolge direttamente alla luna e la interroga sul senso del suo moto perpetuo constatando l’analogia che corre fra la monotonia del corso lunare e quella della vita quotidiana del conduttore di greggi. Nella seconda strofa la vita umana è equiparata al cammino faticoso di un vecchio infermo, perseguitato dalle avversità del clima e diretto all’ultimo precipizio. Non ottenendo alcuna risposta, il pastore si interroga sulla sua vita confrontandola con quella del suo gregge e domandandosi perché gli animali, almeno in apparenza, non solo provino meno tormento, ma soprattutto non conoscano la noia. L’uomo, invece, non solo vive nel dolore fin dalla nascita (tanto che l’atto migliore che un genitore può fare nei confronti dei propri figli è consolarlo), ma è subito vinto dalla noia con l’amara conclusione che «se la vita è sventura» sarebbe forse meglio non nascere. Se non è dato conoscerla all’uomo, forse la luna potrebbe sapere il senso della vita e della morte; da parte sua lui può soltanto rispondere che la vita è dolore.Particolarmente rappresentativa della condizione umana è l’immagine del "vecchierel" che occupa la 2 strofa: affronta avversità e fatiche indicibili solo per arrivare a un abisso pronto a inghiottirlo. Un ultimo lampo di speranza, per il pastore, è il pensiero del volo ( l’uomo potrebbe essere felice), o forse e più probabilmente l’uomo è condannato all’infelicità in qualunque circostanza e in qualunque fase della vita PAG. 132 OPERETTE MORALI Negli anni ‘20 Leopardi si allontanò dalla poesia per dedicarsi alla prosa. Queste opere sono state raccolte nelle “operette morali” (piccoli scritti filosofici). Le Operette Morali sono una raccolta di dialoghi filosofici in prosa che l'autore scrisse tra il 1824 e il 1832. → intento di ragionare e motivare una posizione su alcune questioni della vita umana. Leopardi aveva due intenzioni: Denunciare attraverso il riso la corruzione dei costumi italiani e criticare una delle idee dominanti della cultura del suo tempo: l'antropocentrismo – quella visione, cioè, che pone l'uomo e le sue esigenze al centro del mondo. Nelle Operette sono trattati i temi più cari al poeta: la crudeltà della natura, l'infelicità della vita e l'irraggiungibilità del piacere, la critica alle visioni ottimistiche tipiche di Illuminismo e Positivismo. PAG. 141 (T. 18) DIALOGO TRA UN ISLANDESE E LA NATURA Il testo è un dialogo immaginario tra un islandese e la personificazione della natura. L'Islanda è un'isola vulcanica ( paradosso terra calda sotto e fuori gelato) in cui possiamo sperimentare gli estremi della natura. L'islandese sperimenta le ostilità della terra in cui cresce e siccome si è stufato, decide di scappare dall'Islanda e finisce nell'Africa equatoriale dove incontra una donna molto corposa= la natura. Nel periodo in cui scrive questo dialogo l’Africa è un luogo poco conosciuto (conoscevano solo la parte nord e quello che i navigatori avevano scoperto dalle coste) quindi nell'immaginario europeo il cuore dell'Africa era selvaggio e misterioso. Il protagonista è un Islandese che decide di compiere un viaggio in Africa. Come già capitato a Vasco De Gama, che nel passare il Capo di buona speranza si era imbattuto nelle colossali statue dell’isola di Pasqua, così l’Islandese si imbatte in quella che da lontano gli appare come un’enorme figura che sembra di pietra e poi da vicino rivela essere un’enorme donna, la personificazione della Natura. L’Islandese è spinto ad allontanarsi dalla propria patria ed ha iniziato il suo viaggio proprio per sfuggire alla natura, ed è finito proprio dove questa dimostra maggiormente la sua potenza: ISLANDESE= L’Islandese si dilunga quindi ad elencare le pene e i travagli che ogni giorno affliggono gli uomini, a partire dalla loro affannosa ricerca di piaceri e di beni che in realtà li allontanano dalla felicità. Convinto che la felicità sia impossibile da raggiungere, anche per pochi attimi, che gli uomini siano degli stolti e la vita senza senso, l’Islandese pensa che l’unico modo per sfuggire al dolore sia ritirarsi a vivere una vita oscura e tranquilla, lontano dagli uomini cercando solo il piacere dato dall’assenza di dolore. Ma le condizioni di vita dell’Islandese non migliorano perché, non solo la società si oppone alla vita tranquilla, ma anche la natura è ostile (l’Islanda è fredda, ventosa e presenta molte minacce ambientali). L’Islandese racconta quindi di aver deciso di abbandonare l’Islanda per andare alla ricerca di climi più miti, ma ovunque si verifica una sorta di guerra della natura verso l’uomo. L’islandese sottolinea come elementi come il sole e l’aria, indispensabili per la vita siano anche causa di sofferenze ed egli non solo non ha avuto giorni di godimento ma addirittura non ha trascorso neppure un giorno in cui non abbia avuto qualche pena. L’Islandese arriva quindi ad accusare la Natura di essere nemica del genere umano. NATURA= La Natura, impassibile, risponde che nel suo agire vi è totale indifferenza per la condizione umana. ISLANDESE= L’Islandese replica domandando alla natura perché mai abbia deciso di dargli la vita se poi non si cura di evitargli avversità e patimenti. NATURA= La natura risponde affermando che “la vita di quest’universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione”. Unico suo compito è di garantire l’eternità di questo processo di vita e di morte dove morte e patimento sono necessari alla conservazione del mondo. (Concezione meccanicistica dell’universo) ISLANDESE= L’Islandese rivolge l’ultima domanda alla Natura chiedendole a chi giovi tutto questo. Questa domanda rimane in sospeso ed il racconto giunge ad una conclusione grottesca: due leoni, malconci e affamati, sbranano l’Islandese. Ciò permetterà ai leoni di poter sopravvivere ancora per un solo giorno. In alternativa viene prospettata un’altra versione dei fatti, in cui l’Islandese travolto dal vento muore sotto la sabbia, ed in seguito si trasforma in una mummia. ___________________________________________________________________________________________________ In questo dialogo, la Natura rappresenta la visione pessimistica e disillusa del mondo, mentre l'Islandese rappresenta un punto di vista più ottimista e idealistico. Nel corso del dialogo, i due personaggi discutono il significato della vita umana, la natura dell'esistenza e il rapporto tra felicità e insoddisfazione. DIALOGO TRA TRISTANO E AMICO CONTESTO: In questo dialogo possiamo vedere la figura di leopardi polemista (scrivere per confutare alcuni argomenti del dibattito culturale in corso per opporvisi e mostrare la propria posizione). In questo dialogo fa polemica contro un filone culturale che all’epoca di Leopardi era molto di moda: PROGRESSISMO. È un filone che proviene dall’illuminismo e secondo cui l’uomo è capace di perfezionarsi sempre di più e migliorare la sua condizione grazie alle sue capacità intellettuali/ di elaborare cose. L’uomo può migliorare se stesso sia da punto di vista materiale che morale, attraverso la filosofia etica= il percorso dell’uomo sarà sempre migliore il futuro e questo comporta che quindi il passato sia sempre peggiore del presente e del futuro (anche oggi è così). Leopardi è contrario a questa impostazione perché osserva le condizioni umane da un’altra prospettiva. Non è un caso che il Dialogo di Tristano e di un Amico sia l’ultimo testo delle Operette morali. Esso, infatti, rappresenta una sorta di summa del pensiero di Leopardi, che lo espone attraverso la voce del personaggio di Tristano. Tristano discute con un amico di un suo libro uscito a stampa, che possiamo identificare proprio con le Operette. L'amico chiede a Tristano il perché di visioni tanto pessimistiche, ma Tristano confessa: ha cambiato idea, e ora crede alla «felicità della vita», «una delle grandi scoperte del secolo decimonono». Non solo: dice di essere favorevole all'idea del progresso della natura umana. L’ultimo argomento trattato da Leopardi è “l’epoca di transizione”. Nell’epoca di Leopardi era un espressione molto usata. Tali opinioni sottintendevano che ci stiamo muovendo in un mondo diverso/nuovo (il periodo corrente è un periodo di transizione in cui ci stiamo preparando a questo passaggio). Leopardi dice che la società non stando mai ferma ed essendo in perenne evoluzione, è sempre “in transizione”. È un'etichetta che di solito si dà a posteriori (dopo che un'epoca è passata), ma dirlo di se stessi, nell’epoca corrente, è un errore, sarebbe come dire che sia l’unica. Ma la transizione è intrinseca della vita umana. Tutti davano per scontato che si stesse per andare verso un futuro migliore, ma leopardi si pone un problema = Per lui manca il giudizio → si va dal bene al meglio o da male al peggio? La critica che fa è che la volontà del cambiamento verso un mondo che si reputa migliore, non basta per cambiare il mondo perché “forzando la natura non si fanno effetti che durino”; è una volontà di cambiamento fine a se stessa che non tiene conto dell’esito. L’amico gli risponde di non far sapere in giro questo suo pensiero, perché gli opinionisti sarebbero contrari, diverrebbero suoi nemici; tristano sarebbe disprezzato perché si mette contro la “civiltà dei lumi”. A Tristano non importa, è consapevole che quando si obiettano argomenti contro il pensiero dominante, si è vittima di disprezzo perché spesso il pensiero dominante non accetta di ascoltare argomentazioni contrarie. PAG. 102 IL SABATO DEL VILLAGGIO Come in tante altre poesie, leopardi descrive una situazione molto bella e piacevole. Parafrasi Analisi La ragazza torna dalla campagna al tramonto con il suo Descrive un'immagine tipica del sabato pomeriggio di un fascio di erba; e porta in mano un mazzolino di rose e di paese italiano, un momento di attesa di una festa. Di bello viole, con cui, come fa sempre, si ornerà il petto e i capelli c’è proprio questa attesa per qualcosa di bello. per la festa della domenica. La campana da segno della festa che viene e a questo suoni La vecchietta è seduta a filare sulle scale insieme alle sembra che il cuore si conforta, ci si sente felici. I fanciulli vicine di casa, rivolta verso il tramonto; e racconta della gridano nella piazzetta saltando, mentre un contadino torna sua gioventù, quando si ornava nei giorni di festa, e ancora a casa pensando al giorno dopo e al riposo della domenica. giovane e bella era solita ballare con i suoi compagni di Poi quando le luci sono spente e tutto tace, si sente il gioventù. falegname che lavora ancora per cercare di finire il lavoro Arriva il buio, il cielo torna sereno, e tornano le ombre entro l’alba. delle colline e dei tetti illuminati dalla luna appena Questo è il giorno più gradito, pieno di speranza e gioia: il spuntata. La campana annuncia l'arrivo della festa; e giorno dopo (domenica), le ore porteranno tristezza e noia quando la senti diresti che sei felice. e si ritornerà a pensare alle fatiche che verranno. I bambini riuniti nella piazzetta fanno un bel rumore con le loro urla e con i loro salti: e intanto fischiettando fa ritorno SPIEGAZIONE alla sua povera casa il contadino e fra sé pensa al riposo Nell'ultima strofa c'è uno spostamento perché il sabato della domenica. pomeriggio in relazione alla domenica diventa una Poi quando ogni altra luce è spenta e tutti tacciono, si metafora in cui il poeta si rivolge a un ragazzino che sta sentono i colpi del martello, si sente la sega del falegname, vivendo l'età Fiorita (=un giorno pieno di luce) che però che lavora chiuso nella sua bottega al lume della lanterna, prelude al giorno di festa (che diviene un giorno brutto). e si affretta a terminare il lavoro entro l'alba. Dice al fanciullo di godersi ciò che sta vivendo ora Questo è il giorno più bello della settimana, pieno di (l'essere bambino) perché l'età adulta è come la domenica. speranza e di gioia: le ore di domani porteranno tristezza e L'uomo quando diventa adulto è costretto a prendere noia, e ciascuno tornerà a pensare alle solite atto di una realtà che ha davanti e che è motivo di preoccupazioni. tristezza. Leopardi propone questa interpretazione Ragazzo felice, la gioventù è come un giorno pieno di all'esperienza comune di vivere il giorno che precede una felicità, un giorno luminoso, sereno, che precede la tua età festa: L'attesa di un'esperienza bella. Ma l'attesa spesso è adulta. Goditi il presente, fanciullo mio; questa è un'età migliore di ciò che si attende; Quando ciò che si è lieta e felice. Non voglio dirti altro; ma non preoccuparti se aspettato si verifica, dimostra di non essere all'altezza il tuo giorno di festa tarda a venire. dell'aspettativa = metafora dell'esistenza umana. Leopardi Cerca di farci capire che non si può vivere l'adolescenza soltanto nell'attesa di un qualcosa, perché si spreca quello che sia tra le mani: il domani che si attende tanto, potrebbe non essere quello che ci si aspetta. Quando parla di festa sta dicendo che è un'esperienza legata al fare qualche cosa, al sentirsi bene e quindi Tutti aspettano questa cosa con grande gioia e aspettativa, ma quando arriva è deludente perché la festa di Leopardi in questo testo Non produce nulla, diviene solamente l'attesa della fine della festa, la fine di qualcosa di brutto, la fatica. Concludendo, Leopardi vuole dire che la vera gioia è nell'attesa, nel sabato: non esiste la felicità ma solo l'attesa della felicità. LA GINESTRA Le Ginestre sono piante che fanno catene di fiori gialli che producono un profumo. Crescono nei pressi del Vesuvio (= le uniche piante a riuscire a crescere lì). Il poemetto si intitola “ La ginestra” proprio perché fa riferimento alla vegetazione tipica delle appendici vulcaniche del Vesuvio. La caratteristica della Ginestra è di crescere in terreni molto secchi: il terreno Vulcanico è un terreno molto secco perché è particolarmente drenante (= l'acqua non si ferma, va giù e quindi la parte superficiale del terreno è molto secca). Per Leopardi La ginestra è l'unica cosa bella che riesce a crescere e abbellire un posto così brutto e ostile. Leopardi decide di far precedere il testo da una citazione presa dal quarto Vangelo canonico di Giovanni ( versetto 19): “ gli uomini amarono più le tenebre che la luce”. Questa citazione si può comprendere solo leggendo il testo. si inizia con l'immagine del Vesuvio imponente in cui alla base si ha la ginestra. Leopardi apre il puoi mettere rivolgendosi alla ginestra che sparge sulla schiena del Monte pauroso i suoi cespi solitari e profumati. Oltre ad essere profumata, ad abbellire e accontentarsi di luoghi che non frequenta nessuno, al verso 15 diviene amante e compagna ( → abbellisce, si accontenta, ama, è compagna). Questi campi, coperti di genere sterili e di lava pietrificata che risuona sotto i passi dei viandanti, furono villaggi Vitali e terreni coltivati, e risonanti del muggito dei buoi. Questi campi furono palazzi e giardini, gradita sede del riposo dei potenti; Furono anche città famose ( Ercolano e Pompei) che con i loro abitanti, Il Vesuvio schiacciò con i suoi torrenti di lava. ora tutti i luoghi circostanti sono avvolti da un'unica rovina dove tu (ginestra ) hai sede. Questi luoghi, dove si trova La ginestra, sono cosparsi di ceneri infeconde, ossia ceneri che non producono nulla, lava impietrita che non lascia spazio alla vita e che risuona sotto i passi di chi cammina → Non si tratta solo di un luogo brutto, ma anche pericoloso e dove trovano rifugio solo animali selvatici ( una volta era un luogo felice, abitato e vissuto). adesso questo luogo, un tempo bellissimo, è avvolto dalla rovina. Sono presenti altri aggettivi e altre caratteristiche della Ginestra: “ un fiore gentile”, termine che nel lessico poetico italiano indica nobile di animo. è un arbusto ma fa anche delle cose: compiange le sventure degli altri e sparge nell'aria un dolcissimo profumo che consola La solitudine (= fa cose umane). POLEMICA DI LEOPARDI: La polemica c'è perché voi, che dite che l'umanità ha un potere sconfinato, basta venire qui e vedere vulcano basta che si muova poco e che erutti e ciò che c'è di umano viene ANNULLATO. Il verso 51 è stampato in corsivo come anche alcuni versi di Dante entrati nel modo di dire italiano, in quanto Leopard li cita. Leopardi se la prende con un suo cugino, anche lui poeta, che aveva scritto un volume nella cui dedica esalta il progresso! Terenzio Magnani, un intellettuale famoso a Roma dei suoi tempi, scrive questi "Inni Sacri", in cui nella dedica si paria del progresso dell'umanità e della fratellanza universale ispirata al cristianesimo. Ci sono due tematiche molto significative e diffuse nella cultura '800esca e '900esca: il PROGRESSO e la FRATELLANZA UNIVERSALE. Questi principi venivano soprattutto sostenuti dalla massoneria, un movimento culturale nato nel 700 e che ha come idea il fatto che l'uomo attraverso il suo potere intellettuale può migliorare indefinitamente la sua posizione e si può raggiungere una fratellanza universale. E individua come nemico di questa possibilità di progresso la chiesa cattolica, riprendendo però dal cristianeismo lieìdea di fratellanza tra gli uomini. Questo tipo di concezione intellettuale e della vita umana è la versione moderna dello gnosticismo. Leopardi cita questo testo ironicamente facendo notare quanto l'uomo in realtà è impotente dinanzi a un vulcano. La sua polemica continua: →52- Qui guardati e specchiati, secolo superbo e sciocco, che hai abbandonato la strada fino ad allora segnata dal risorto pensiero (= si riferisce al Rinascimento: Leopardi si riferisce a tutto movimento letterario e culturale nato in Italia che ha portato l'uomo a prendere coscienza della realtà) e volti i passi indietro ti vanti di retrocedere e lo chiami progresso →59- Al tuo ragionare infantile tutti gli ingegni di cui la loro cattiva sorte ti fa farto padre, vanno adulando benché a volte fra sé ti deridano →63- Non io con questa vergogna scenderò sotto terra, ma piuttosto id disprezzo che è rinchiuso nel mio petto mostrerò quanto più possibile apertamente: benché io sappia che la dimenticanza di indifferenza schiaccia chi troppo ha dato fastidio alla propria epoca Leopardi se la prende col secolo del progressismo e dice che ha negato quello che la civiltà aveva fatto prima di allora. La sua epoca ragiona come un bambino ed è adulata (quando si compiace qualcuno per un proprio tornaconto) da tutti gli intellettuali. Per leopardi tutti questi intellettuali adulano il loro secolo, ma dentro di sé a volte non credono neanche che il pensiero comune sia giusto. Leopardi critica quello che oggi noi chiameremmo conformismo= le persone sono d’accordo con quello che dice la maggioranza, anche se poi dentro di loro non lo sono. Dice poi che questo suo disaccordo lo mostrerà apertamente, nonostante chi vada contro il pensiero comune venga mal visto e neanche ascoltato. Non vuole morire con la vergogna di essersi conformato agli altri. Leopardi contrappone il conformismo di un pensiero che non conosce la realtà (e che quindi schiavizza con la sua prepotenza il pensiero stesso) alla civiltà. Il pensiero che riconosce la realtà può incivilire (= rendere più matura, più degna) il pensiero degli uomini, mentire un pensiero progressista non conoscendo la realtà schiavizza il pensiero. →76-77- Leopardi ricorda che l'umanità non vale più di altro, perché le forze del cosmo sono molto più potenti di quello che può l'umanità. Ma l'umanità qualcosa può perché gli uomini hanno la ragione grazie a cui prendono atto della propria condizione e capiscono che non possono sconfiggere le forze del cosmo, ma possono generare una civiltà per aiutarsi a vicenda. La civiltà è l’unico sistema che può guidare in meglio la sorte comune (la condizione degli uomini). → 78- Leopardi contrappone la cultura rinascimentale con quella illuminista: l'errore del pensiero moderno qual è? Si rivolge al suo secolo e dice che il pensiero moderno rifiuta il fatto che l'uomo non è nulla di fronte alle forze della natura, non lo vuole riconoscere. Il pensiero moderno è un vigliacco che vota le spalle alla verità, perché si vuole illudere. Quindi fa il contrario: chiama vigliacco chi dice che l’uomo non può nulla contro la natura e definisce coraggioso e buono chi invece la pensa come lui. →85- Leopardi definisce questi uomini come uomini astuti che stanno prendendo in giro loro stessi pur sapendo la verità (seguono la massa per trarne vantaggio), o anche folli, che la pensano proprio così. SALTA A VERSO 111 Qui si sta parlando dell’uomo e della natura umana. →111- Una persona nobile è quella che, nonostante le difficoltà, ha il coraggio di guardare negli occhi la realtà comune, il fatto che la vera nemica è la natura e, senza nascondere la verità, ammette le difficoltà che ci sono state date nel destino. Questa persona dimostra grande forza nel sopportare il dolore e non alimenta odio o rabbia verso gli altri. Invece, incolpa se stessa, riconoscendo che la vera colpevole è la natura umana stessa, che può essere crudele come una matrigna per gli esseri umani. Formazione a chiasmo del verso (nome- sintagma di specificazione- sintagma di specificazione- nome). L’uomo deve essere consapevole e riconoscere che la sua condizione è bassa e debole e non deve dare la colpa all’uomo, ma alla natura, perchè la cosa più grave è che gli uomini si facciano del male a vicenda (ci pensa già la natura). Bisogna aiutarsi a vicenda e non pensare che il vero nemico sia il prossimo, ma la natura. →145- Questi pensieri quando saranno palesi/evidenti a tutti, e (quando) quell orrore che in origine strinse i mortali in un legame sociale contro l’empia natura, sarà guidato in parte dal vero sapere, l’onesto e il retto vivere civile, la giustizia e la pietà avranno altro fondamento che non superbe fantasie. Quindi quando ciò che dice Leopardi sarà pensiero comune e quando tutti saranno convinti che dobbiamo unirci contro la natura, allora la convivenza pacifica e civile avrà un altro fondamento che non sono le favole superflue dell’illuminismo. SALTA A CONGEDO PAG. 125 →289-296- Così ignara dell’uomo e delle età che egli chiama antiche e del succedersi che fanno gli avi dopo i nipoti, la natura sta sempre verde/giovane. Anzi, procede così lentamente che sembra restare ferma (i tempi del cosmo sono talmente lunghi che a noi uomini sembra resti tutto uguale). Cadono i regni e passano i popoli, ella non lo vede e l’uomo si arroga il vanto di essere eterno. C’è poi l’ultima strofa, il congedo (solito nelle canzoni, qui leopardi si rivolge al primo interlocutore = la ginestra in questo caso) →297- E tu, lenta ginestra, che adorni questi luoghi spogli di cespugli dorati, anche tu presto soccomberai alla crudele potenza del fuoco sotterraneo che ritornando a luogo già noto, stenderà sui tuoi flessibili cespugli la sua sterile coperta. E piegherai sotto il fascio mortale i tuoi cespugli senza rifiutarti: ma (il tuo capo) non piegato fino ad allora inutilmente e codardamente supplicando di fronte al futuro oppressore (quando il vulcano erutterà la ginestra piegherà i suoi cespugli senza lamentarsi, ma fino a quel momento non ha mai piegato la testa), ma non eretto con pazzo orgoglio verso le stelle, né sul deserto (luoghi deserti) dove tu sei nata e hai dimora non per scelta, ma per gioco del caso, ma più saggia, ma tanto meno debole dell’uomo, in quanto non hai creduto la tua fragile stirpe resa immortale dal fato o da te stessa. La ginestra prima o poi dovrà soccombere all’ennesima eruzione del vulcano, e la ginestra accetterà l’invincibilità della forza del vulcano. La ginestra tuttavia fino a quel momento non supplicherà pietà, perchè non saranno ascoltate (il vulcano non si fermerebbe) quindi il sottomettersi prima del tempo è inutile e supplicare un oppressore insensibile è da vigliacchi. Altra cosa che non farà è ergersi verso le stelle e verso la terra. La ginestra è più saggia e molto più forte dell’uomo perché non pensa minimamente di essere immortale, o per meriti suoi e di qualcun’altro; accetta di essere debole nei confronti della natura, non pretende l’immortalità e accetta di esistere solo per caso. Queste accettazioni impediscono alla ginestra di essere forsennatamente orgogliosa. CONCLUSIONI Qui leopardi oltre a giudicare com’è la condizione umana (infelice), in questo testo qui propone una soluzione = siccome la colpa è della natura, l’unica soluzione è che l’uomo faccia l’uomo, che riconosca che il vero colpevole della sua infelicità è la natura e che quindi si devono aiutare gli uni con gli altri per sopravvivere. Leopardi insiste usando espressioni bibliche: propone il suo vangelo. È come se suggerisse che questo suo testo ha lo stesso peso di una verità sull’uomo. → All’inizio della ginestra, Leopardi decide di mettere una citazione presa dal quarto Vangelo canonico di Giovanni (versetto 19): “ gli uomini amarono più le tenebre che la luce”. Questa citazione si può comprendere solo leggendo il testo. L’ultimo dei vangeli canonici (Giovanni) è stato scritto molto tardi rispetto ai fatti che lui visse da giovane nella compagnia di Gesù di Nazaret. Il vangelo lo scrive quando è ormai vecchio, quindi ha visto quello che ha generato l’avvenimento cristiano. Citazione= nel discorso di Leopardi, questa citazione significa che gli uomini hanno preferito non usare la ragione e vivere nella menzogna piuttosto che usarla per riconoscere la superiorità della natura (per giovanni la luce è riconoscere dio e le tenebre è non riconoscerlo). →Alla fine della penultima strofa della ginestra (294-295), c’è un passaggio che dice “Caggiono i regni intanto, passan genti e linguaggi: ella nol vede” Questa espressione è tipicamente biblica; il fatto che ciò che è prodotto dall’uomo passa, i popoli, i linguaggi. Ma a non passare mai è la natura, che è eterna.