Lezione 16 (14-11-2023) - PDF
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Università di Ferrara
2023
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Lezione 16 del 14 novembre 2023, sulla barriera ematoencefalica. L'appunto riassume i costituenti ed il ruolo di questa barriera protettiva, nonché il ruolo delle cellule microgliali nell'infiammazione.
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Lezione 16, 14/11/2023 BARRIERA EMATOENCEFALICA Durante la lezione precedente è stato introdotto l’argomento inerente alla barriera ematoencefalica ed i suoi costituenti strutturali. La barriera che si crea tra il sangue e l’ambiente che circonda i neuroni è la c...
Lezione 16, 14/11/2023 BARRIERA EMATOENCEFALICA Durante la lezione precedente è stato introdotto l’argomento inerente alla barriera ematoencefalica ed i suoi costituenti strutturali. La barriera che si crea tra il sangue e l’ambiente che circonda i neuroni è la cosiddetta barriera ematoencefalica, costituita da cellule endoteliali che rivestono il capillare unite tra loro attraverso giunzioni occludenti, ovvero strutture poco permeabili. Inoltre a contribuire a questa barriera sono presenti delle espansioni di astrociti, ovvero alcune tipiche cellule gliali. Una struttura di questo tipo risulta essere permeabile a quelle molecole che sono in grado di passare liberamente, ossia diffondere attraverso la membrana, quindi si parla di molecole liposolubili o piccole molecole (es: ossigeno e anidride carbonica). Quindi queste molecole diffonderanno dal sangue e attraverseranno liberamente la membrana delle cellule endoteliali, si troveranno nel citoplasma e successivamente riattraverseranno la membrana della cellula endoteliale. Alcune molecole molto piccole possono passare anche attraverso gli spazi delle giunzioni. Possono passare anche quelle molecole che trovano, a livello della cellula epiteliale, dei recettori specifici. Ad esempio, il glucosio arriva ai neuroni attraverso una diffusione facilitata, ovvero attraverso l’utilizzo di proteine che sono in grado di legare il glucosio stesso e collocate a livello della membrana delle cellule epiteliali. Tutto il resto non è in grado di passare. Quindi, la barriera ematoencefalica (BEE) ha il ruolo di riuscire a mantenere stabile l’ambiente che circonda i neuroni, sia dal punto di vista ionico, che per un neurone è chiaramente fondamentale, sia dal punto di vista di eventuali neurotrasmettitori che possono circolare nel sangue (es: la dopamina); tutto questo è fondamentale affinché i neuroni possano svolgere le loro funzioni in un ambiente controllato, ovvero il fluido in cui essi si trovano. Allo stesso tempo la BEE è fondamentale per proteggere le cellule nervose da tutti i composti chimici e farmaci, che potrebbero circolare a livello del sangue. Alcuni di questi farmaci potrebbero essere dannosi per i neuroni, e quindi quest’ultimi devono avere una protezione maggiore rispetto agli altri elementi cellulari, questo soprattutto perché essi non vengono rigenerati. Tuttavia bisogna considerare che la BEE non è inattaccabile, e quindi ci sono condizioni o assunzioni specifiche di farmaci che possono andare a danneggiarla, in particolare questo succede per le droghe (come ecstasy e amfetamine). Queste ultime sono purtroppo in grado di alterare la BEE e quindi conseguentemente ad alterare l’ambiente che circonda i neuroni. Alcune di queste droghe, invece, hanno la possibilità di attraversare la BEE senza necessariamente danneggiarla, in quanto sono in parte liposolubili (es. cocaina). Quindi dal punto di vista delle droghe, la BEE è poco efficiente. Un altro aspetto per cui la BEE è molto studiata, è che la maggior parte dei farmaci sono formati da molecole complesse che non sono in grado di attraversare la barriera, e questo rende più complicato il possibile utilizzo di farmaci che vadano a curare le patologie neurodegenerative. Quindi è complicato convogliare farmaci a livello cerebrale. Altre condizioni patologiche sono associate ad alterazioni della BEE, come ad esempio: l’ipertensione (alterata pressione), problemi nello sviluppo generale dell’individuo, l’utilizzo di radiazioni, infezioni, traumi, ischemie e infiammazioni. Queste condizioni possono avere effetti ed alterare la BEE. MICROGLIA Sono elementi cellulari che hanno proprietà analoghe a quelle dei macrofagi, infatti hanno la capacità di muoversi e hanno un azione fagocitaria, quindi vanno a fagocitare e degradare eventuali detriti o agenti estranei che possono aver attraversato la BEE. Sono attive durante eventuali lesioni o specifiche patologie. Tali cellule si diffondono in tutto il SNC. Un aspetto importante di tali cellule è che sono ancora oggetto di studio, in quanto questi elementi cellulari in generale devono essere attivati quando si ha la presenza di batteri, virus o detriti cellulari derivanti da cellule morte. Questo porta le cellule della microglia, che normalmente sono inattive (come il sistema dei monociti macrofagi), ad attivarsi costituendo la microglia reattiva, quindi cellule in grado di andare a svolgere la fagocitosi, di muoversi verso la sede dove è necessaria la loro attività e di produrre molecole infiammatorie. Tuttavia, la conoscenza effettiva del ruolo di questi elementi cellulari è complicata dal fatto che non esistono soltanto delle cellule che hanno attività di fagocitosi, migrazione e produzione molecole infiammatorie che contribuiscono ad avere un ruolo di infiammazione. Quindi non esistono soltanto le cellule microgliali ad attività pro-infiammatoria, ma esistono anche cellule microgliali ad attività antinfiammatoria, tipologia che tende a regolare le cellule che svolgono un ruolo pro- infiammatorio. A partire dalle cellule a riposo possono originarsi elementi cellulari che amplificano il processo infiammatorio o che tendono a inibirlo. Domanda: “Che cos’è che controlla l'attività di questi elementi cellulari?” Risposta: “come sempre, l’ambiente che si ha all’esterno, ovvero le molecole che si sono sviluppate dove ci sono le cellule della glia. ” L'attività di tutte cellule è estremamente controllata dall’ambiente che sta all'esterno. Tutte le molecole vanno a controllare il proprio tipo cellulare. Interleuchine, citochine infiammatorie, fattori di crescita interagendo con recettori di membrana vanno a controllare l'attività globale di uno specifico tipo cellulare. Chiaramente vanno a regolare solo quelle cellule che hanno i recettori specifici per queste. Altri elementi cellulari che sono poco noti, sono le cellule della glia chiamate NG2. Il termine NG2 deriva dal fatto che essi hanno a livello della loro membrana uno specifico proteoglicano che è l’NG2. Sembrano essere elementi in grado di differenziare in oligodendrociti e astrociti, quindi sembrano essere elementi progenitori di alcuni tipi di cellule gliali. L’aspetto è importante, pensando alla capacità differenziativa verso gli oligodendrociti. Gli oligodendrociti sono gli elementi cellulari che vanno a costituire la mielina a livello delle fibre nervose mieliniche del SNC. Quindi, in patologie nelle quali possa essere coinvolta una degenerazione della mielina e quindi della connessione nervosa delle fibre, riuscire a rinnovare eventuali oligodendrociti che vadano a correggere la mielinizzazione potrebbe essere un aspetto importante. Le cellule della glia NG2, che non sono ancora degli oligodendrociti, prendono normalmente contatto con i nodi di Ranvier, e si avvicinano ad essi con dei loro prolungamenti. CELLULE EPENDIMALI Elementi della glia che rivestono il canale centrale del midollo spinale e i ventricoli cerebrali. Questi elementi cellulari costituiscono uno strato molto simile ad un epitelio, in quanto le cellule sono molto ravvicinate tra loro e presentano delle ciglia. La funzione fondamentale di questi elementi cellulari è quella di produrre il liquido cerebro spinale, che decorre all’interno del midollo spinale e a livello dei ventricoli cerebrali. Nell’immagine a destra si vede una struttura che rappresenta un ganglio, all’interno del quale sono presenti neuroni tipici di forma sferica (grosse cellule con un pirenoforo di forma sferica). Il nucleo non appare scuro, ma in genere quello che appare scuro è il nucleolo. Questi elementi neuronali, a livello dei gangli sono circondati da altri elementi della glia specifici per i gangli che si distribuiscono a circondare e rivestire il pirenoforo dei neuroni gangliari. Questi elementi cellulari si chiamano cellule satelliti e sono importanti per proteggere i neuroni a livello gangliare e per favorirne il metabolismo. I NERVI Dal punto di vista istologico i nervi sono delle associazioni di fibre nervose che decorrono all’interno del nervo stesso parallelamente. A livello dei nervi non si hanno solo le fibre nervose ma anche del tessuto connettivo. Quello riportato è lo schema di un nervo a livello periferico: fibra nervosa con assone e guaina mielinica. Ogni fibra nervosa si aggrega e decorre parallelamente in questa struttura allungata insieme ad altre fibre nervose. Più gruppi di fibre nervose si associano tra di loro e vanno a costituire l’intero nervo. Le fibre nervose, che decorrono nei nervi, hanno bisogno di protezione e nutrimento, quindi si abbinano al tessuto connettivo. Il tessuto connettivo che riveste esternamente il nervo è chiamato epinervio: connettivo di tipo denso irregolare che costituisce (come già spiegato) una sorta di capsula protettiva o rivestimento esterno. Più internamente, tra i fasci di fibre, si ha un perinervio, un connettivo un po’ più lasso che contiene vasi sanguigni. Infine, a circondare ogni singola fibra nervosa si ha un connettivo molto lasso, spesso con presenza di fibre collagene di tipo reticolare, che forma una trama di sostegno e supporto attorno ad ogni singola fibra, l’endonevrio. Quindi la funzione di questi connettivi è duplice: meccanica protettiva e trofica perché è il connettivo che consente ai vasi sanguigni di penetrare all’interno e di portare nutrimento alle fibre nervose. Sezioni istologiche Qui si ha un intero nervo e i vari fasci, all’esterno dei quali si nota l’epinervio (connettivo esterno). In questo caso i connettivi sono colorati di azzurro-verde. Si ha poi il perinervio che circonda ogni singolo fascio. A questo ingrandimento, e nemmeno ad ingrandimenti maggiori, non è visibile l’endonevrio. Qui, invece, si ha a basso ingrandimento sempre il nervo. Se si va ad ingrandire, si possono notare i nuclei colorati di blu e il citoplasma di rosa. (colorazione: ematossilina-eosina). La struttura più scura colorata di rosa è l’assone, mentre l’alone bianco è la guaina mielinica. In un nervo troviamo fibre nervose, ma non troviamo il nucleo e il corpo cellulare dei neuroni. Queste sono le fibre nervose sezionate trasversalmente con l’assone e la guaina mielinica. Quest’ultima crea un anello chiaro perché è costituita da lipidi, i quali durante la preparazione istologica vengono estratti dai solventi. Al centro c’è l’assone della fibra nervosa. I nuclei colorati in blu rappresentano i nuclei delle cellule di Schwann (a livello dei nervi sono presenti le cellule di Schwann, vista la produzione di guaina mielinica). TESSUTO NERVOSO A livello del tessuto nervoso si distinguono la sostanza bianca e la sostanza grigia. Quella bianca comprende gli assoni e i rivestimenti mielinici, invece, a livello del sistema nervoso centrale, i corpi cellulari e i dendriti delle parti iniziali degli assoni vanno a costituire la sostanza grigia. Qui si ha una sezione di midollo, le corna sono costituite da sostanza grigia e la porzione centrale (fatta a farfalla) contiene le corna posteriori e anteriori, dove sono accolti i corpi cellulari dei neuroni con gli assoni che si vanno a localizzare nella sostanza bianca. I neuroni non sono in grado di rinnovarsi, quindi sono cellule destinate soltanto a morire, e sono elementi cellulari responsabili del fatto che danni estesi a livello cerebrale provochino danni a livello fisico e psichico di natura irreversibile. Tuttavia, esistono parti di neuroni che possono essere ricostituite, in particolare gli assoni dei neuroni. Di fianco, è schematizzato quello che può essere un danno a livello di un nervo, quindi a livello di un assone che viene reciso, e in questo caso la porzione terminale dell’assone e la sinapsi verrà persa. A livello del SNP se si ha un danno a carico di un assone è possibile che il neurone rimanga vivo. Infatti se si recide una fibra nervosa, il neurone può rimanere vivo mentre la porzione terminale dell’assone tende a degenerare. Il neurone ancora vivo è in grado di sintetizzare lipidi e proteine. Pertanto il neurone può andare a ricostituire tutti gli elementi dell’assone e a ricostituirne la lunghezza originaria. Come avverrà questo processo? Il neurone inizia un'intensa attività sintetica, produce proteine e membrana e le vescicole che emergono dall'apparato del Golgi si fonderanno con la membrana e, se questo processo avviene abbastanza velocemente, progressivamente si allungherà la membrana e quindi anche l’assone. Rispetto alla situazione iniziale, l'assone andrà a ricostituire dei contatti sinaptici ma non necessariamente dove li aveva costituiti all'inizio, perché potrebbe cambiare la cellula o la posizione. Questo aspetto però è fondamentale dal punto di vista clinico perché quando ci sono danni a carico del sistema nervoso centrale con morte dei neuroni, questi danni sono irreparabili. Si verifica, invece, una buona capacità di ripresa qualora ci siano dei danni o dei traumi che causano danni a livello di terminazioni nervose periferiche perché c’è la possibilità di ricostituire i contatti sinaptici con gli organi che venivano innervati inizialmente. È quello che capita in incidenti importanti, nei quali si possono perdere capacità motorie. Ciò è dovuto alla recisione di nervi. Però non è detto che non possano recuperare le capacità motorie perse. I tempi di recupero dipendono da diversi fattori quali lo stato di salute dell'individuo e l'età, inoltre la fisioterapia può aiutare in tal senso. Nell'ambito del SNP questa cosa avviene più facilmente perché le cellule di Schwann, non si sa come, ma favoriscono la crescita dell’assone in un'interazione con l’assone stesso e rappresenta una sorta di tunnel all'interno del quale l'assone può crescere. Sembra che questa proprietà non sia propria, invece, degli oligodendrociti, per cui se abbiamo danni a fibre nervose a livello centrale la capacità riparativa sembra essere ridotta. Nei tessuti in grado di ripararsi, come il tessuto osseo, osserviamo elementi staminali. Mentre a livello del tessuto nervoso si hanno un po' di cellule staminali e sono localizzate in alcune sedi specifiche del cervello, in particolare nei ventricoli laterali e cerebrali o in una porzione dell'ippocampo. Ma i danni cerebrali non possono essere curati da questi elementi cellulari, e ancora non si sa il perché. Forse c’è bisogno di un fattore di crescita che le stimoli e le attivi. TESSUTO MUSCOLARE SCHELETRICO Si hanno diverse tipologie di muscoli: striato scheletrico, striato cardiaco e il muscolo liscio. Il muscolo striato scheletrico svolge attività contrattili dipendenti dalla volontà, quindi sono controllate dal SNC. Il muscolo cardiaco è presente a livello del cuore e svolge una contrazione controllata dal sistema nervoso autonomo (indipendente dalla volontà). Queste due tipologie di muscolo sono tipologie di muscolo striato per la particolare organizzazione delle cellule. Il muscolo liscio, invece, va a costituire degli strati, chiamati tonache muscolari, nelle pareti dei vasi sanguigni e nelle pareti dei visceri. Ed è anch'esso un muscolo che si contrae sotto il controllo del sistema nervoso autonomo quindi indipendente dalla volontà. Tutte le tipologie di muscolo sono dotate della proprietà fondamentale del muscolo che è la contrattilità, cioè la capacità di accorciarsi in maniera significativa, processo attivo che richiede molta energia sotto forma di ATP da parte delle cellule. Funzioni Il muscolo striato scheletrico: regola i movimenti volontari delle ossa, mantiene la postura , protegge gli organi interni, controlla apertura e chiusura delle comunicazioni con l'ambiente esterno, quindi degli orifizi di bocca e ano e regola la temperatura corporea, quindi funzione di Omeostasi. Come è fatto un muscolo? Il muscolo è costituito da dei fascetti di cellule, chiamati fascetti muscolari, ovvero insieme di gruppi di cellule. Ciascuna di queste cellule muscolari è chiamata fibra o cellula muscolare. Sono cellule di forma cilindrica, molto lunghe e rappresentano gli elementi cellulari di dimensioni maggiori nell'ambito del nostro corpo. Come abbiamo visto per i nervi, a costituire poi il muscolo abbinato alle fibre muscolari vi sarà anche del tessuto connettivo. Come sono fatte queste cellule? Sono di forma cilindrica con diametri che variano dai 10 ai 100 micron e lunghezze che arrivano fino a 20 cm. La dimensione delle fibre muscolari è in funzione della grandezza globale del muscolo, quindi i muscoli molto grandi avranno cellule muscolari molto grandi ecc. La dimensione di queste cellule rende necessaria la presenza di più nuclei e quindi sono cellule polinucleate. Questi nuclei si trovano appena al di sotto della membrana plasmatica. La membrana plasmatica si chiama sarcolemma; il prefisso sarco- è un prefisso che viene utilizzato per indicare diverse parti specifiche delle fibre muscolari. CITOPLASMA Nel citoplasma della cellula muscolare ci sono delle strutture proteiche cilindriche che si chiamano miofibrille che decorrono parallelamente tra loro nell’ambito del citoplasma della cellula. Il citoplasma della cellula muscolare si chiama sarcoplasma. Nel citoplasma si hanno tutti gli organuli presenti in una tipica cellula, anche se alcuni di essi sono particolarmente sviluppati. E’ presente sia un RER che un REL, questo è chiamato reticolo sarcoplasmatico. In particolare, nelle cellule muscolari sarà molto sviluppato il REL. Dato che la contrazione avviene grazie al consumo di ATP a livello delle fibre muscolari si ha la presenza di moltissimi mitocondri necessari a produrre ATP. Nel citoplasma della cellula muscolare si trovano anche gocce di glicogeno, ossia riserva di glucosio che viene utilizzata, dal punto di vista biochimico, dalle cellule per produrre ATP. Nel sarcoplasma troviamo in genere una proteina che si chiama mioglobina, proteina in grado di legare ossigeno, quindi che costituisce una riserva di ossigeno per le fibre muscolari. Quindi l'abbinamento di gocce di glucosio e di ossigeno legato alla mioglobina rappresentano la riserva per una buona produzione di ATP. Come hanno origine le fibre muscolari? Nello sviluppo embrionale le fibre muscolari derivano da un foglietto di cellule, che è il mesoderma parassiale, dove sono presenti cellule che progressivamente si differenzieranno, nelle sedi dove si deve formare il tessuto muscolare, in cellule che si chiamano mioblasti, ossia i precursori delle fibre muscolari degli adulti. I mioblasti sono cellule mononucleate che inizialmente non hanno ancora le proteine della contrazione e hanno un citoplasma piccolo. Progressivamente questi elementi cellulari si fonderanno fra di loro per costituire cellule con più nuclei dove inizieranno ad essere prodotte le proteine costitutive delle miofibrille, ossia proteine che consentono la contrazione. FIBRE MUSCOLARI IN MICROSCOPIA Questa sezione istologica mostra la presenza dei numerosi nuclei e della loro localizzazione appena al di sotto del sarcolemma. Questa è una sezione longitudinale, si osservano infatti le cellule per la loro lunghezza. Sezione trasversale Si vedono i nuclei alla periferia, non necessariamente nella sezione trasversale sono evidenti più nuclei, in quanto quest’ultimi si trovano in successione lungo la lunghezza della cellula. Il citoplasma è intensamente colorato di rosa perché fittamente stipato di miofibrille, ovvero strutture proteiche. Perché si definisce muscolo striato? Questa sezione istologica mostra delle sezioni longitudinali fa notare la tipica striatura trasversale delle fibre scheletriche. All'interno delle cellule si nota un’alternanza di bande scure e di bande chiare. Le bande scure sono chiamate bande A, mentre le bande chiare sono chiamate bande I. La striatura trasversale attraversa l’intera fibra. MIOFIBRILLA Ogni miofibrilla presenta un'alternanza di bande scure A e bande chiare I. All'interno della fibra muscolare, le miofibrille sono disposte parallelamente ma sono anche allineate in fase, ciò significa che la banda scura di una miofibrilla è allineata con le bande scure delle miofibrille vicine e ciò vale anche per le bande chiare. Di conseguenza l'intera cellula presenta la striatura e la tipica alternanza di bande scure e bande chiare. Se osserviamo l'ultrastruttura (ME) vediamo il citoplasma stipato dalle miofibrille. Si possono notare dei nuclei della fibra muscolare, nel sarcoplasma ci sono tanti mitocondri tra le miofibrille e poi ci sono queste strutture cilindriche del diametro di 1-3 micron che sono le miofibrille e che presentano delle zone scure (le bande A) e delle zone chiare (le bande I). Al centro della banda I si ha un’altra porzione più scura che è la linea Z. E tutto ciò si ripete regolarmente lungo l'intera miofibrilla. Lungo la miofibrilla si susseguono delle strutture che comprendono una zona centrale (banda A) e due porzioni di banda chiara fino alla linea Z sui due lati della banda A. La porzione di miofibrilla che va da una linea Z alla linea Z più vicina costituisce il sarcomero della miofibrilla/fibra muscolare scheletrica. SARCOMERO Il sarcomero è la più piccola unità in grado di effettuare una contrazione a livello di una cellula muscolare, e quindi è l’unità strutturale e funzionale contrattile della miofibrilla. Qui si notano, che al centro della banda A si ha una regione un po’ più chiara chiamata banda H, e al centro di quest’ultima si ha un’ulteriore regione poco più scura chiamata linea M. Le zone più chiare e più scure del sarcomero dipendono da come è strutturato dal punto di vista proteico. Nell’ambito di un sarcomero esistono due tipologie di filamenti proteici: filamenti più spessi (spessore: 15 nm, lunghezza: 1.5 micron) e altri sottili (spessore: 5 nm, lunghezza: 1 micron). I filamenti spessi si trovano nella zona centrale del sarcomero, in corrispondenza della banda A e sono costituiti da miosina. Quelli sottili sono costituiti da actina e partono dalla linea Z e vanno verso l'interno del sarcomero, fino a sovrapporsi (in parte) con i filamenti spessi. In corrispondenza della banda I ci sono solo filamenti sottili e quindi questa regione in ME appare più chiara. La banda A è più scura perché contiene i filamenti spessi. La porzione più scura di tutte si trova in corrispondenza della sovrapposizione dei filamenti sottili con quelli spessi. La banda H, che è la zona centrale, contenente solo filamenti spessi, ha una colorazione intermedia. Quindi, la striatura dipende dalla disposizione dalla disposizione specifica dei filamenti spessi e sottili a livello del sarcomero. FILAMENTO DI ACTINA È costituito da singole catene che insieme formano una proteina globulare chiamata actina G. Tante molecole di actina G costituiscono un filamento costituito da due fili che avvolgendosi l’uno sull’altro formano il cosiddetto filamento di actina F (detto anche filamentosa). A livello delle cellule muscolari scheletriche, il filamento sottile è abbinato ad almeno altre due proteine fondamentali, ossia: tropomiosina e troponina, le quali si associano ai due filamenti di actina in un rapporto 1A:1A:7T. Ogni 7 molecole di actina globulare si ha una molecola di tropomiosina e una di troponina (indicata dalle tre palline azzurre). La tropomiosina è una proteina bastoncellare che si insinua nel solco tra i due filamenti di actina. Nel complesso, quindi, il filamento sottile è costituita da actina, tropomiosina e troponina. FILAMENTO DI MIOSINA Da non confondere la molecola singola di miosina con il filamento spesso di miosina. Una molecola di miosina è una proteina di elevatissimo peso molecolare (500 kDA) e di forma filamentosa. È costituita da diverse catene amminoacidiche: due pesanti e quattro leggere. Due catene pesanti (in marroncino) sono amminoacidiche che si avvolgono per una porzione allungata chiamata coda della miosina. All’estremità delle due catene si ha la testa della miosina e si abbina a due catene amminoacidiche leggere per ognuna di queste due teste. Quindi, dal punto di vista molecolare, una testa della miosina è composta da almeno tre catene amminoacidiche diverse. Quelle in giallo sono 4 catene, di cui due sono di un tipo e due sono di un altro. A ciascuna testa della miosina si abbinano due catene diverse, quindi si ha una sorta di simmetria tra una testa e l’altra. La testa ha un attività ATPasica, quindi ha la capacità di produrre energia degradando ATP in ADP e gruppo fosfato. Inoltre, ha anche la capacità di legare un filamento di actina e quindi le teste della miosina sono fondamentali nel processo di contrazione. Come si forma il filamento spesso? Tante molecole di miosina si associano tra di loro e formano un filamento spesso. Si associano tutte parallelamente fra loro lungo l’asse longitudinale del filamento. Verso la porzione centrale del filamento spesso, le molecole di miosina dispongono le code, le quali appunti sono rivolte verso il centro del filamento e le teste verso le due estremità. Le teste sporgono dal filamento spesso in punti diversi perché nell’assemblamento delle molecole di miosina, le molecole non sono perfettamente allineate, ma sono sfalsate l’una rispetto all’altra di 14 nm. Quello che ne deriva è il filamento spesso con le code delle miosine verso il centro e alle due estremità le teste delle miosine che sporgono dal filamento spesso. RIASSUMENDO: I miofilamenti spessi e sottili costituiscono un sarcomero. Tanti sarcomeri disposti uno dietro l’altro costituiscono una miofibrilla. Tante miofibrille disposte parallelamente tra loro occupano il citoplasma di una cellula muscolare. CONTRAZIONE Qui è stata ricostruita parte di un sarcomero e si vedono un filamento spesso e due filamenti sottili adiacenti. Si hanno le teste della miosina che sporgono fino a contattare ed agganciare il filamento di actina. Al centro c’è la regione H, e sono visibili anche le bande A, le bande I e le due linee Z. La contrazione avverrà grazie all’accorciamento di tutti sarcomeri di una miofibrilla e questo avviene grazie al fatto che il filamento di actina scorre verso il centro del sarcomero trascinato dalle teste della miosina che lo hanno agganciato. Le linee Z in un sarcomero rilassato sono più distanti rispetto ad uno contratto, in quanto durante la contrazione queste linee si avvicinano tra loro. PROTEINE DELLE FIBRE MUSCOLARI Al centro del sarcomero c'è una zona chiamata linea M che contiene delle proteine molto importanti che si chiamano proteina M e miomesina. Queste proteine servono a mantenere allineati i filamenti spessi, perché quando si ha lo scorrimento dei filamenti sugli altri questi potrebbero disassemblarsi e quindi il sistema andrà ad incepparsi. Quindi i filamenti devono stare nella loro specifica posizione che viene mantenuta grazie a queste due proteine. Altre proteine di sostegno e rinforzo del sarcomero sono le proteine della linea Z (chiamata così perché in ME ha questa forma zigzagata). In corrispondenza di questa linea, i filamenti di actina di un sarcomero, tramite delle proteine, si agganciano ai filamenti di actina del sarcomero adiacente. E questi filamenti detti filamenti Z sono costituiti dalla proteina alfa-actinina. La funzione di questo contatto tra i filamenti sottili dei due sarcomeri è quella di mantenere, durante la contrazione, coesi o attaccati i due sarcomeri adiacenti. Ci sono anche altre proteine che si abbinano ai filamenti del sarcomero. La titina, ossia una proteina filamentosa che va dalla linea Z fino alla banda M, è in grado di legarsi sia ai filamenti spessi che a quelli sottili. Quindi è una proteina di supporto per i filamenti perché durante la contrazione non rimangano perfettamente allineati. Funzione analoga per i filamenti sottili è la nebulina che forma un avvolgimento a spirale attorno ai filamenti di actina e svolge una funzione protettiva nei confronti di questi filamenti. Questi sistemi di protezione sono dovuti al fatto che i muscoli sono continuamente stressati da queste contrazioni e quindi si ha il bisogno che le cellule muscolari abbiano dei sistemi che proteggono le cellule dalla distruzione di natura meccanica. Entrano, quindi, in gioco elementi proteici che vanno a rinforzare il citoscheletro di questi elementi cellulari. COMPONENTI CITOSCHELETRICI Nell’immagine si osserva una cellula muscolare aperta, la cui membrana plasmatica è sollevata, e si notano tutte le miofibrille che decorrono all’interno della cellula. A circondare ciascuna miofibrilla si hanno i filamenti rossi/arancioni che indicano dei filamenti proteici, che formano un avvolgimento attorno a ciascuna miofibrilla. E questi filamenti sono costituiti dalla proteina desmina, che costituisce dei filamenti intermedi che si dispongono attorno alla miofibrilla e si agganciano ad essa tramite altri filamenti costituiti dalla plectina. Quindi si forma una sorta di reticolato attorno alla miofibrilla, e questo reticolato è chiamato reticolato trasversale e ha la funzione di sostenere e rinforzare le miofibrille continuamente sottoposte a contrazione. Questi reticolati trasversali sono connessi, attraverso un filamento di actina (diversa da quella descritta prima in quanto si trova nel citoplasma), ad una grossa proteina chiamata distrofina. Quest’ultima si colloca appena al di sotto della membrana plasmatica. La distrofina forma dei legami con molecole presenti a livello della membrana. Queste molecole sono proteine ricche di zuccheri e comprendono: distroglicani e sarcoglicani,, che a loro volta, si legano a molecole della matrice extracellulare. Quindi si ha continuità tra vari filamenti proteici che vanno dalla miofibrilla fino alla membrana cellulare e addirittura fino all’ambiente extracellulare, perché i distroglicani e i sarcoglicani si legano con la laminina, ossia una molecola presente nella matrice extracellulare. Questo sistema è fondamentale per la vita delle cellule muscolari, perché se qualcosa di ciò non funziona le cellule possono andare incontro a degenerazione. Le sollecitazione meccaniche che arrivano a ciascuna miofibrilla, attraverso questo sistema di filamenti, vengono distribuite su superfici più ampie, e in questo modo una forza che si distribuisce su superfici più ampie la sollecitazione alla singola miofibrilla è di entità molto minore. Senza tutto ciò, la contrazione potrebbe danneggiare le miofibrille. La distrofina fa da ponte tra l’actina e queste proteine di membrana, e l’insieme di queste proteine costituisce il complesso glicoproteico associato alla distrofina. A dare ulteriore supporto interviene il legame tra la linea Z e delle integrine presenti a livello della membrana. Questo sistema è chiamato costamero e si ripete periodicamente ad ogni linea Z. Nell’immagine si osservano i punti di contatto tra la linea Z e la membrana, e quindi i costameri che si ripetono lungo l’intera cellula necessari per ancorare le miofibrille alla membrana, consentendo alla distrofina di scaricare le forze sulle miofibrille. I costameri servono a mantenere allineate delle miofibrille anche durante il movimento, e inoltre a favorire il ripiegamento della membrana della cellula durante l'accorciamento della cellula e che possa poi tornare alla sua dimensione iniziale quando la cellula ha smesso di contrarsi. DISTROFIE: La distrofia di Duchenne è determinata da mutazioni genetiche nella distrofina. Quindi se questa grossa proteina è alterata ne deriva una patologia genetica trasmissibile che si manifesta prevalentemente nei maschi perché il gene della distrofina è localizzato sul cromosoma X. E quindi nei maschi, dato che hanno un solo cromosoma X è alta la probabilità che si erediti quel cromosoma X mutato.