Lez 4. Sicurezza Radiologia PDF
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Questi appunti spiegano i concetti fondamentali di sicurezza radiologica, inclusi lo spettro elettromagnetico, le radiazioni ionizzanti, la diagnostica a raggi X, e il funzionamento dei tubi radiogeni.
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SICUREZZA RADIOLOGIA Spettro elettromagnetico L’energia associata a un’onda è direttamente proporzionale alla sua frequenza e al quadrato della sua ampiezza. Radiazioni ionizzanti: onde elettromagnetiche che trasportano energia sufficiente da rompere i legami tra le molecole (raggi cosmici, ragg...
SICUREZZA RADIOLOGIA Spettro elettromagnetico L’energia associata a un’onda è direttamente proporzionale alla sua frequenza e al quadrato della sua ampiezza. Radiazioni ionizzanti: onde elettromagnetiche che trasportano energia sufficiente da rompere i legami tra le molecole (raggi cosmici, raggi γ e raggi X) Diagnostica con raggi X Si basa sull'interazione tra un fascio di raggi X diretti da una sorgente a un recettore, e un corpo interposto. I raggi X attraversano i tessuti subendo un’attenuazione proporzionale allo spessore, alla densità e al numero atomico delle strutture incontrate. Tessuti densi assorbono la maggior parte dei fotoni le ossa sono bianche Tessuti molli permettono il passaggio della maggior parte dei fotoni gli organi sono poco definiti L’aria permette il passaggio di tutti i fotoni i polmoni sono neri Tubo radiogeno I raggi X sono prodotti da un tubo radiogeno. I tubi radiogeni sono delle ampolle di vetro nelle quali un polo negativo (catodo) e un polo positivo (anodo) si trovano sotto vuoto spinto. Il catodo è costituito da un filamento metallico, disposto a spirale, che viene portato all’incandescenza facendovi scorrere corrente ad elevata intensità. L’anodo è costituito da un placca di metallo (tungsteno, mobildeno) sulla quale vanno a sbattere gli elettroni provenienti dal catodo. L’incandescenza del catodo rende labile il legame tra gli elettroni più esterni ed il nucleo (effetto termoionico). Gli elettroni sfuggiti dal metallo riscaldato del catodo, sotto l’azione di una differenza di potenziale imposta tra gli elettrodi, vengono accelerati in direzione dell’anodo. Tubo radiogeno Nell'impatto degli elettroni con il catodo, l'energia cinetica si trasforma in calore (per il 99%) e in radiazione X (per l'1%). Tubo radiogeno La generazione di raggi X avviene per radiazione di frenamento e per radiazione caratteristica. Radiazione di frenamento: radiazione emessa dagli elettroni a causa della loro decelerazione, caratterizzata da uno spettro continuo di energie, comprese tra zero e l’energia massima degli elettroni incidenti. Radiazione caratteristica: raggi X emessi dall’anodo, aventi energie ben definite, in relazione alle caratteristiche fisiche del metallo di cui è costituito l’anodo. Nel caso dei comuni tubi radiogeni, la radiazione caratteristica è quella del Tungsteno e corrisponde a 69 KeV. Tubo radiogeno Lo spettro energetico dei raggi X prodotti da un tubo radiogeno è la sovrapposizione di uno spettro continuo a cupola (radiazione di frenamento) e di uno spettro a righe (radiazione caratteristica) Energia raggi X Dipende dalla velocità degli elettroni, che dipende a sua volta dalla differenza di potenziale tra catodo e anodo Intensità dei raggi X E’ data dal numero di raggi X che costituiscono il fascio e dipende dal numero di elettroni prodotti dal catodo che a sua volta dipende dall’intensità di corrente che vi scorre e dal tempo di funzionamento del tubo Grandezze dosimetriche Per la valutazione dell’esposizione a radiazioni ionizzanti sono state sviluppate delle grandezze speciali, dette grandezze dosimetriche: grandezze di dose: basate sulla misura dell’energia depositata dalle radiazioni nel materiale che attraversano (dose assorbita) grandezze radioprotezionistiche: grandezze che correlano la dose di radiazione all’effettivo rischio sanitario (dose equivalente e dose efficace) La grandezze di dose si misurano in Gray, mentre quelle radioprotezionistiche in Sievert. Sievert e il Gray sono entrambi sinonimi di J/kg, una nomenclatura contraria allo spirito dell'SI, ma adottata per prevenire confusioni fra dosi assorbite ed equivalenti con i conseguenti rischi per la salute. Dose assorbita Dose assorbita (D) = rapporto tra l'energia media ceduta dalle radiazioni ionizzanti alla materia in un certo elemento di volume e la massa di materia contenuta in tale elemento di volume. L’unità di misura internazionale della dose assorbita è il Gray (Gy). Prima dell'introduzione del gray, come unità di misura era impiegato il rad (1 Gy = 100 rad). Non è direttamente legata al danno biologico causato ad un organismo o ad un tessuto organico perché gli effetti della radiazione dipendono non solo dalla dose assorbita ma anche dal tipo di radiazione, dalla distribuzione spaziale e temporale dell’energia assorbita all’interno del corpo umano e dalla radiosensibilità dei tessuti o degli organi esposti Dosi eguali impartite da tipi differenti di radiazioni a differenti organi producono danni biologici differenti. Dose equivalente Per tener conto della diversa pericolosità delle radiazioni incidenti, nel 1991 sono stati introdotti i cosiddetti fattori di ponderazione delle radiazioni, wR. Si tratta di un parametro che tiene conto della pericolosità delle varie radiazioni rispetto alla radiazione di riferimento (fotoni), cui viene assegnato per definizione un wR uguale a 1. I valori dei fattori di ponderazione delle radiazioni sono indicati nelle ultime pubblicazioni dell’ICRP: 103/2007 e 119/2012. Dose equivalente (HT) = Prodotto della dose assorbita media in un organo o tessuto, D, per il fattore wR L'unità di misura della dose equivalente è il Sievert (Sv); la vecchia unità era il rem (1 Sv=100 rem). Dose equivalente Alla dose assorbita di 1 Gy può corrispondere una dose equivalente da 1 a 20 Sv, in funzione della pericolosità del tipo di radiazione incidente. Esempio 1 Gy dovuto a raggi alfa è circa 20 volte più dannoso di 1 Gy dovuto a raggi gamma. Dose efficace Per tener conto della diversa radiosensibilità dei diversi organi e tessuti del corpo umano per gli effetti stocastici, è stata introdotta la grandezza “dose efficace”. Dose efficace (E) = Somma delle dosi equivalenti medie nei diversi organi e tessuti, HT, ciascuna moltiplicata per un fattore di ponderazione wT, che tiene conto della diversa radiosensibilità degli organi e tessuti irraggiati. I valori dei fattori di ponderazione per la radiosensibilità dei vari organi suggeriti dall’ICRP nella pubblicazione nr. 103 del 2007 sono stati recepiti nel d.lgs. 101/2020. La dose efficace, come la dose equivalente, si esprime in Sievert. Dose efficace A parità di dose equivalente, la dose efficace può assumere valori sensibilmente differenti. Per esempio confrontando l'irradiazione delle gonadi con quella del cervello, la dose efficace sarà nella prima situazione 8 volte più elevata che nella seconda. Dose efficace Se una data radiazione causa un'esposizione del polmone, del fegato e della superficie delle ossa, nel caso che le dosi equivalenti ai tessuti siano 200, 80 e 400 mSv, la dose efficace viene calcolata nel seguente modo: E = (200 x 0.12) + (80 x 0.04) + (400 x 0.01) = 31.2 mSv Questo calcolo mostra che il rischio di effetto dannoso da questo particolare tipo di esposizione sarà lo stesso di quello causato da una dose di 31.2 mSv ricevuti uniformemente su tutto il corpo. Dose efficace La dose efficace è utilizzata per stimare il rischio per i lavoratori e la popolazione in generale di sviluppare danni stocastici nel corso della vita per esposizione alle radiazioni ionizzanti Limiti di dose Limiti di dose (decreti attuativi della direttiva 2013/59/EURATOM) Dosi in radiologia Indici del rischio Indici di rischio di mortalità per unità di dose efficace (tumori solidi e leucemie) e genetici (danni alla progenie fino alla seconda generazione) Sulla base degli indici di rischio si può stimare - ai fini della pianificazione della radioprotezione - un rischio di contrarre il cancro pari a 5,5 casi ogni 100.000 lavoratori adulti esposti a 1 mSv di dose efficace. Indici di rischio Nella definizione dei limiti di dose il rischio ritenuto in media accettabile è quello che causa un numero di eventi mortali per anno compresi tra 10-6-10-5, ossia circa 5 x 10-6. In base agli indici di rischio della pubblicazione ICRP 103 a questo valore corrisponde una dose efficace di 1 mSv. Di qui il limite di 1 mSv/anno per la popolazione. Gli indici di rischio sono utili (e indispensabili) per la definizione di un sistema organico di gestione della radioprotezione e per la valutazione della incidenza dei danni da radiazione su gruppi di lavoratori e sulla popolazione nel suo insieme, ma non sono appropriati per valutare il rischio individuale della singola persona esposta ad un livello di dose prestabilito. Indicatori di dose La dose equivalente e dose efficace non possono essere misurate direttamente, ma solo stimate a partire da grandezze più semplici misurate con dosimetri personali (grandezze operative) oppure dagli indicatori di dose, attraverso opportuni coefficienti di conversione. Gli indicatori di dose (o indicatori di esposizione) sono grandezze, definite specificamente per ogni diversa tipologia di apparecchiatura, misurabili direttamente in aria o in fantoccio secondo procedure stabilite da linee guide internazionali. Gl indicatori di dose sono utilizzati per: 1. Stima e verifica dei livelli diagnostici di riferimento (usati come supporto al processo di ottimizzazione) 2. Calcolo delle grandezze dosimetriche radioprotezionistiche Indicatori di dose Indicatori di dose in radiologia tradizionale Kerma (Kinetic Energy Released in Matter) = Somma delle energie cinetiche di tutte le particelle cariche liberate dalla radiazione ionizzante in un campione di materia divisa per la massa del campione. L'unità di misura è il gray (Gy). Il Kerma è correlato, ma non è uguale alla dose assorbita. Il Kerma misura la quantità di energia che viene trasferita dai fotoni agli elettroni per unità di massa in una determinata posizione. La dose assorbita, invece, misura l'energia depositata in un'unità di massa in una determinata posizione quindi tiene conto dell’energia effettivamente impartita al mezzo. Alle energie tipiche della radiodiagnostica, il trasferimento e la deposizione di energia sono praticamente uguali. KERMA ≈ Dose Indicatori di dose in radiologia tradizionale 1. KERMA in aria (Ka) [mGy] 2. KAP (Kerma Area Product) [mGy·cm2] 3. iAK (KERMA in aria incidente, misurato a livello della cute) [mGy] 4. ESAK (KERMA in aria all’ingresso del paziente) [mGy] Indicatori di dose in radiologia tradizionale KERMA in aria (Ka) [mGy] Si misura con una camera a ionizzazione che viene applicata al tubo radiogeno a una distanza nota dal fuoco (di solito 50 o 100 cm) e non influenza l’esame radiologico. Il kerma in aria è inversamente proporzionale al quadrato della distanza dal fuoco del tubo radiogeno. La dose misurata dal dispositivo viene stampata su un bollino che sarà attaccato al referto della procedura. Indicatori di dose in radiologia tradizionale KAP (Kerma Area Product) o DAP (Dose Area Product) Dose assorbita moltiplicata per la superficie irradiata [mGy·cm2] A causa della divergenza del fascio di radiazioni, la zona irradiata aumenta con il quadrato della distanza dalla sorgente, mentre l'intensità della radiazione diminuisce con il quadrato della distanza. Di conseguenza il prodotto dell'intensità e dell'area, e quindi il DAP, è indipendente dalla distanza dalla sorgente. Indicatori di dose in radiologia tradizionale iAK = KERMA in aria incidente (misurato a livello della cute) [mGy] Non considera la radiazione diffusa dal paziente Indicatori di dose in radiologia tradizionale ESAK (KERMA in aria all’ingresso del paziente) [mGy] = Entrance Surface Air Kerma = Dose all’ingresso del paziente = ESD (Entrance Surface Dose) Include il contributo della radiazione diffusa tramite un fattore di backscatter B ESAK = iAK * B L’ESAK si calcola come rapporto tra il KAP (misurato tramite camera a ionizzazione) e l’area del fascio radiante a livello della cute S per il fattore di backscatter. Il fattore di backscatter (B) dipende da: dimensione del campo RX composizione e spessore del materiale (paziente o fantoccio) spettro raggi X kV, anodo/filtro, HVL Tomografia Computerizzata La TC è una metodica che, in base alla normativa vigente, rientra tra le pratiche ad alta dose. Anche dal punto di vista normativo, essa rientra nelle cosiddette “pratiche speciali” dell’art. 9 del Decreto Legislativo 187/00. In termini di dose efficace una TC dell’addome equivale a 500 radiografie del torace. Tomografia Computerizzata Tomografia Computerizzata Negli apparecchi TC il fascio di raggi X è utilizzato sia nel piano X che nel piano Z (assumendo forma conica) ed il sistema di rivelazione è stato sostituito passando da un singolo arco a una matrice di rivelatori simmetrici rispetto alla direzione Z di avanzamento. Indicatori di dose in tomografia computerizzata Indicatori di dose in tomografia computerizzata Indicatori di dose in tomografia computerizzata Indicatori di dose in tomografia computerizzata Indicatori di dose in tomografia computerizzata Indicatori di dose in tomografia computerizzata Indicatori di dose in tomografia computerizzata Indicatori di dose in tomografia computerizzata Indicatori di dose in tomografia computerizzata Indicatori di dose in tomografia computerizzata Indicatori di dose in tomografia computerizzata Indicatori di dose in tomografia computerizzata Indicatori di dose in tomografia computerizzata Radiologia interventistica La procedure di radiologia interventistica sono classificate come procedure ad alta dose, per le quali è necessario considerare non solo il rischio stocastico, ovvero il rischio di induzione di tumori e danni genetici, ma anche il rischio deterministico. Gli effetti deterministici sono costituiti da reazioni tissutali, indotte da dosi elevate di radiazioni e caratterizzate dalla presenza di una dose soglia e da una correlazione tra l’entità del danno e la dose. Radiologia interventistica Radiologia interventistica Radiologia interventistica Soglie di esposizione e tempi di latenza per la comparsa di effetti deterministici sulla cute a seguito di una singola esposizione a radiazioni ionizzanti (ICRP Publication 120) Indicatori di dose in radiologia interventistica 1. Tempo di fluoroscopia (TF) 2. Kerma in aria di riferimento (Reference air Kerma, Ka,ref) o Kerma in aria cumulativo (CK), al punto di riferimento interventistico (Interventional Reference Point, IRP) [mGy] 3. KAP (Kerma Area Product) = DAP (Dose Area Product) [mGy·cm2] 4. Massima dose cutanea (Peak Skin Dose, PSD) [mGy] Il punto di riferimento interventistico IRP è posto sull’asse del fascio di raggi X a 15 cm dall’isocentro dell’arco a C verso il tubo radiogeno. Indicatori di dose in radiologia interventistica Indicatori di dose in radiologia interventistica Tempo di fluoroscopia (TF) Indicatore della complessità della procedura e/o dell’abilità dell’operatore. Ha una scarsa correlazione con la dose, quindi non può essere usato come descrittore di dose al paziente. Kerma cumulativo (CK) o Kerma in aria di riferimento E’ utilizzato per monitorare in tempo reale la dose al paziente in quanto fornisce un’indicazione della possibile massima dose cutanea. Il punto di riferimento interventistico è posto sull’asse del fascio di raggi X a 15 cm dall’isocentro dell’arco a C verso il tubo radiogeno. Il kerma cumulativo non include la radiazione retrodiffusa dal paziente (che contribuisce per il 20-40% al kerma in aria in ingresso alla cute), lo scattering in avanti, l’attenuazione della radiazione dovuta al lettino e al materassino e il coefficiente di conversione tra kerma in aria e dose assorbita alla cute. Questa grandezza viene anche comunemente impiegata per definire i livelli di allerta utili per avvertire l’operatore che la procedura sta impartendo al paziente valori di dose alla cute superiori alle soglie per i danni cutanei da radiazione. Indicatori di dose in radiologia interventistica Massima dose cutanea (PSD) E’ usata per la prevenzione dei danni cutanei da radiazione. Può essere misurata con metodi diretti o stimata con metodi indiretti. Il metodo diretto permette di eseguire una misura di dose sulla cute interessata dall’ingresso dei fasci di radiazione X: ‒ in punti specifici della cute mediante dosimetri attivi ‒ su ampie superfici di cute mediante dosimetri a larga superficie. Questo metodo fornisce l’informazione dopo l’esecuzione della procedura e non può quindi rappresentare il metodo di elezione per il monitoraggio e la prevenzione dei danni cutanei. I metodi indiretti prevedono una stima della PSD a partire dai parametri di esposizione quali KAP e CK. Ad esempio è possibile ricavare la PSD dal KAP utilizzando i fattori di conversione riportati in letteratura. La correlazione tra CK e PSD è solitamente buona e migliore della correlazione tra CK e KAP. Le norme IEC per le apparecchiature angiografiche dedicate alla radiologia interventistica richiedono la misura o il calcolo dei parametri dosimetrici e che essi siano riportati sui monitor in sala d’esame e alla consolle. I sistemi più recenti riportano infatti il valore sia di KAP che di CK. Livelli di allerta in radiologia interventistica Dovendo eseguire un monitoraggio dosimetrico per la prevenzione degli effetti deterministici alla cute, in assenza di valutazioni locali e in prima istanza, possono essere convenientemente adottati i livelli di allerta suggeriti dal NCRP 168 e riportati in tabella. I livelli di allerta possono aiutare gli operatori ad individuare quelle situazioni in cui si ha una alta probabilità di superare i valori soglia per gli effetti deterministici. In particolare la notifica all’operatore deve essere eseguita secondo le modalità riportate in tabella e in funzione dei parametri forniti dal sistema angiografico. Livelli diagnostici di riferimento I Livelli Diagnostici di Riferimento (LDR) sono stati introdotti dalla International Commission on Radiological Protection (ICRP) nella pubblicazione 73 del 1996, recepiti nella legislazione italiana nel D.Lvo 187/2000, previsti e definiti nella Direttiva europea 2013/59/Euratom e normati nel recente DL.vo 101/2020. Definizione: Livelli di dose nelle pratiche radiodiagnostiche mediche o nelle pratiche di radiologia interventistica per esami tipici per gruppi di pazienti di corporatura standard o fantocci standard per tipi di attrezzatura ampiamente definiti. Tali livelli non dovrebbero essere superati per procedure standard, in condizioni di applicazioni corrette e normali riguardo all’intervento diagnostico e tecnico (D.Lvo 187/2000). Gli Stati membri garantiscono la definizione, la revisione periodica e l'impiego di livelli diagnostici di riferimento per esami radiodiagnostici, tenendo conto dei livelli diagnostici di riferimento europei raccomandati eventualmente disponibili (2013/59/EURATOM). Livelli diagnostici di riferimento Obiettivo della definizione e della verifica degli LDR è di promuovere il controllo dell’esposizione promuovendo l’ottimizzazione delle procedure. Il confronto dei singoli parametri con i valori di LDR, consente infatti di individuare aspetti delle procedure che possono essere ottimizzati. Gli LDR si sono dimostrati uno strumento essenziale nei processi di ottimizzazione delle esposizioni, individuando quelle pratiche radiologiche che richiedono interventi tecnici e/o metodologici atti a ridurre la dose mediana ai pazienti sottoposti ad indagine diagnostica in una installazione radiologica. Gli LDR non si intendono applicabili al singolo paziente e non devono essere utilizzati come limite di dose. I livelli diagnostici di riferimento sono verificati con frequenza biennale dall’esperto di fisica medica. Livelli diagnostici di riferimento Il DL.vo 101/2020 richiede che quando l’esito delle verifiche risulti sistematicamente superiore ai LDR senza motivazione clinica, il responsabile dell’impianto radiologico è tenuto a promuovere le adeguate azioni correttive e a provvedere affinché ne venga verificata l’efficacia. In generale, i fattori che dovranno essere analizzati per individuare le cause di superamento sono: il protocollo della procedura, relativamente ai fattori tecnici; – le prestazioni dell’apparecchiatura, compreso il dispositivo per la visualizzazione o produzione delle immagini le competenze degli operatori medici o tecnici, compresa la loro esperienza e formazione la complessità della casistica Livelli diagnostici di riferimento Al fine di effettuare un confronto con i valori di LDR, la Struttura deve raccogliere un numero significativo di casi per tipologia di paziente, adulto o pediatrico, per una data procedura e per ogni impianto radiologico o di medicina nucleare: il valore mediano dei dati raccolti per ciascuna procedura e per una specifica apparecchiatura viene confrontato con il pertinente valore di LDR. Indipendentemente dalle modalità di raccolta dei dati, non sarà necessario eliminare i valori estremi (outliers) in quanto il valore mediano ne viene solo minimamente influenzato. Livelli diagnostici di riferimento Il DL.vo 101/2020 con riferimento alla frequenza di verifica del rispetto dei valori di LDR riporta quanto segue: «La valutazione dovrà essere effettuata con frequenza almeno quadriennale». Per le pratiche radiologiche ad alta dose quali la TC e la radiologia interventistica, l’ICRP raccomanda una frequenza di verifica più elevata, e propone le seguenti periodicità: − annuale per le pratiche di radiologia interventistica − biennale per le indagini di tomografia computerizzata (per pazienti adulti e pediatrici), visto che queste procedure rientrano tra le pratiche speciali e forniscono il maggior contributo alle dosi individuali e collettive derivanti da esposizioni mediche − quadriennale per le rimanenti procedure (proiettiva per pazienti adulti e pediatrici, mammografia e medicina nucleare). La valutazione degli LDR in ogni caso dovrà essere effettuata entro un anno dall’eventuale sostituzione dell’apparecchiatura radiologica e/o del sistema di rilevazione o nel caso di modifiche dei parametri tecnici relativi all’esecuzione dell’esame. LDR in radiologia tradizionale In radiologia tradizionale gli LDR sono espressi in termini di ESD (Entrance Skin Dose) e sono relativi ad un paziente standard. Possono essere calcolati da misure di: Kerma in aria DAP LDR in radiologia tradizionale Gli LDR in radiologia tradizionale sono espressi in termini di ESD (Entrance Skin Dose) e sono regolati dal Dlgs 187/00 LDR per tomografia computerizzata In tomografia computerizzata gli LDR sono espressi in termini di 1. Computer tomography dose index (CTDIvol) [mGy] 2. Dose Length Product (DLP) [mGy·cm] LDR in radiologia interventistica Nelle procedure interventistiche l’introduzione degli LDR è più complessa a causa dell’ampia distribuzione dei livelli di dose al paziente dovuto alle variabili anatomiche, alla caratteristica e complessità della patologia. La maggior parte degli studi ritengono che gli LDR per le procedure interventistiche debbano essere espressi da un insieme di parametri tecnici e dosimetrici quali: 1. Tempo di fluoroscopia 2. Numero di immagini acquisite 3. KAP 4. CK all’IRP Il tempo di fluoroscopia è un indicatore di complessità della procedura, il KAP è un indicatore del rischio stocastico mentre il CK è meglio correlato alla massima dose cutanea, ovvero al possibile rischio deterministico alla cute. LDR in radiologia interventistica LDR in radiologia interventistica