Summary

This document provides biographical information about Carlo Goldoni, a significant Italian playwright of the 18th century. The excerpt focuses on his early life, career, and contributions to the development of Italian comedy. It details his works including La locandiera.

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Carlo Goldoni nacque a Venezia il 25 febbraio 1707 in una famiglia con di coltà economiche. Seguì il padre, medico inquieto, nei suoi continui spostamenti: Perugia (1719), Rimini (1720), Chioggia (1721), Milano e in ne Pavia, dove dal 1723 studiò giurisprudenza all’Un...

Carlo Goldoni nacque a Venezia il 25 febbraio 1707 in una famiglia con di coltà economiche. Seguì il padre, medico inquieto, nei suoi continui spostamenti: Perugia (1719), Rimini (1720), Chioggia (1721), Milano e in ne Pavia, dove dal 1723 studiò giurisprudenza all’Università. Fin da piccolo dimostrò una precoce passione per il teatro: scrisse le prime commedie intorno agli otto-nove anni, recitò e lesse autori come Machiavelli, Plauto e Terenzio. Nel 1725, a causa della satira Il Colosso contro alcune ragazze pavesi, fu espulso dal collegio Ghislieri e tornò a Venezia. Nel 1728 lavorò a Chioggia presso la cancelleria criminale. Dopo la morte del padre nel 1731, dovette prendersi cura della famiglia e proseguì la carriera legale: si laureò in legge a Padova nel 1732 e l’anno dopo divenne avvocato. Tuttavia, la sua vocazione teatrale cresceva e già dava frutti: nel 1733 il suo intermezzo Il gondoliere veneziano ossia Gli sdegni amorosi venne rappresentato e pubblicato. Nel 1734 Carlo Goldoni incontrò Giuseppe Imer, capocomico del teatro San Samuele di Venezia, che gli commissionò nuove opere. Nell’ottobre dello stesso anno Goldoni fu assunto come poeta e librettista, rinunciando alla carriera forense per dedicarsi al teatro. La sua Belisario ottenne grande successo il 24 novembre, e nei successivi anni scrisse tragicommedie e intermezzi con crescente apprezzamento. Nel 1736, durante un viaggio a Genova, conobbe e sposò Nicoletta Connio, con cui ebbe un matrimonio lungo e felice. Nel Carnevale del 1738 avvenne un momento fondamentale per la sua riforma teatrale: la rappresentazione di Momolo cortesan (poi L’uomo di mondo), in cui per la prima volta alcune parti erano interamente scritte, rompendo con la tradizione dell’improvvisazione. Il secondo passo della riforma arrivò nel 1743 con La donna di garbo, la prima commedia completamente scritta. Nel 1740 fu nominato console della Repubblica di Genova a Venezia, ma il compenso si rivelò misero e rinunciò all’incarico nel 1744. Nel frattempo, di coltà nanziarie e i debiti del fratello lo costrinsero a lasciare Venezia nel 1743. Dopo un periodo a Rimini e Pisa, dove tornò a esercitare la professione forense, nel 1745 compose Il servitore di due padroni per l’attore Antonio Sacchi. Nel 1747, l’incontro con il capocomico Girolamo Medebach segnò il suo de nitivo ritorno al teatro. Nell’aprile 1748 lasciò Pisa e la professione legale, e il 26 dicembre, nel teatro Sant’Angelo di Venezia, fu rappresentata la sua Vedova scaltra. Il successo de La vedova scaltra al teatro Sant’Angelo valse a Goldoni un contratto di quattro anni, con l’impegno di scrivere otto commedie e due opere sceniche all’anno per 450 ducati. Con la fama arrivarono anche le rivalità, in particolare con Pietro Chiari, suo successore al teatro San Samuele. Determinato a dimostrare il proprio valore, Goldoni lanciò una s da al pubblico: per la stagione 1750-1751 avrebbe scritto sedici nuove commedie. L’annuncio suscitò entusiasmo e fece a ttare tutti i palchi in anticipo. Nonostante le di coltà, riuscì nell’impresa, producendo capolavori come Il teatro comico, La bottega del ca è e Il bugiardo. Nel 1750 l’editore Bettinelli pubblicò il primo volume delle sue opere, seguito nel 1753 da un’edizione orentina in dieci volumi con cinquanta commedie. Questo riconoscimento gli permise di ottenere nel 1752 un contratto più vantaggioso con Antonio Vendramin, proprietario del teatro San Luca. Nel 1753, ancora al Sant’Angelo, mise in scena La locandiera, considerata una delle sue opere migliori. Nel 1753 Goldoni iniziò a lavorare al teatro San Luca, ma l’adattamento fu di cile a causa di un palcoscenico più grande e di una compagnia non abituata al suo stile. Alcune opere, come La sposa persiana, ebbero successo, mentre altre, tra cui Il geloso avaro e Il vecchio bizzarro, fallirono. Inoltre, la rivalità con Pietro Chiari aveva diviso il pubblico tra “chiaristi” e “goldonisti”. Nel 1754 fu colpito da una grave malattia nervosa, ma viaggi a Modena e Milano, nuovi successi (Il losofo di campagna, Il campiello) e il sostegno di intellettuali come Pietro Verri contribuirono alla sua ripresa. Nel 1756 rinnovò il contratto con Francesco Vendramin per dieci anni, impegnandosi a scrivere sei commedie a stagione. Nello stesso anno il duca di Parma lo nominò “poeta” con una pensione annua. Continuò a ottenere consensi con opere apprezzate dal pubblico, ma solo nel 1760, dopo un soggiorno a Roma (1758-1759), scrisse uno dei suoi capolavori, I rusteghi, seguito dalla Trilogia della Villeggiatura (1761-1762), Sior Todero brontolon e Le baru e chiozzotte. Tuttavia, le polemiche si intensi carono: dal 1757 agli attacchi di Chiari si aggiunsero quelli di Carlo Gozzi, mentre Denis Diderot fu accusato di aver plagiato Il vero amico di Goldoni con la sua opera Il glio naturale. fi ffi ff ffi fi fi fi fi ff ffi fi ffi fi fi ffi Nel 1761 Goldoni ricevette un invito dalla Comédie Italienne di Parigi, attratto dalla possibilità di nuove opportunità e stanco delle rivalità con Chiari e Gozzi. Dopo aver lasciato Venezia con Una delle ultime sere di carnovale, giunse a Parigi il 26 agosto 1762. Tuttavia, incontrò di coltà: il pubblico francese era legato alla Commedia dell’arte e gli attori della compagnia non erano all’altezza del suo stile. Tentò di adattarsi scrivendo canovacci improvvisati, ma senza grande successo. Nemmeno L’éventail (1763) fu ben accolto in Francia, mentre la stessa opera ebbe successo a Venezia. Nel 1765 lasciò la Comédie Italienne e divenne maestro di italiano delle principesse reali a Versailles, incarico che mantenne no al 1775. In questi anni entrò in contatto con gli illuministi, ma senza aderire pienamente alle loro idee. Nel 1771 scrisse Le bourru bienfaisant per la Comédie Française, ottenendo un raro successo in Francia. Stabilitosi de nitivamente a Parigi, ridusse l’attività teatrale, dedicandosi alla scrittura delle sue Memorie in francese, pubblicate nel 1787 con dedica a Luigi XVI. La Rivoluzione Francese ebbe conseguenze drammatiche su di lui: nel 1792 la sua pensione di corte venne soppressa, lasciandolo in miseria. Morì il 6 febbraio 1793, un mese dopo l’esecuzione di Luigi XVI. Ironia della sorte, quattro giorni dopo la sua morte, la pensione gli fu restituita. Goldoni si propose di riformare la commedia, restituendole un valore educativo secondo il principio aristotelico. Al suo tempo, la commedia era degradata, con testi scadenti e attori improvvisatori che puntavano solo al successo immediato. Goldoni voleva creare un teatro morale e accessibile alle famiglie, distinguendo chiaramente tra bene e male. Per a ermare la sua riforma, doveva conquistare attori e pubblico, convincendoli ad abbandonare la Commedia dell’arte. Per ottenere il consenso degli attori, scrisse personaggi su misura per loro, spingendoli ad abbandonare l’improvvisazione per recitare testi scritti. Con il pubblico adottò un approccio graduale, abituandolo a un teatro più realistico e vicino alla vita quotidiana, nonostante le critiche di rivali come Pietro Chiari e Carlo Gozzi. La questione linguistica fu centrale nella sua riforma. Inizialmente, usò il veneziano per le maschere tradizionali come Arlecchino e Brighella, ma col tempo rese il linguaggio uno strumento di caratterizzazione sociale e psicologica. Nelle sue commedie, il dialetto varia in base all’età, alla provenienza e alla classe sociale dei personaggi (I rusteghi, Le baru e chiozzotte). Tuttavia, per raggiungere un pubblico più vasto, evitò di limitarsi al veneziano e perfezionò il suo italiano, inizialmente libresco e arcaico, rendendolo più naturale e comunicativo, in uenzato dall’uso settentrionale e dai francesismi. Goldoni basò il suo teatro sull’osservazione della realtà, rappresentando il mondo veneziano con autenticità. Con questa riforma, rivoluzionò la commedia italiana, portandola a un nuovo livello di realismo e profondità. Quando Goldoni iniziò a scrivere per il teatro, la Commedia dell’arte dominava la scena. Questo tipo di teatro si basava sull’improvvisazione e sull’abilità sica degli attori, che recitavano ruoli ssi come Arlecchino o Pantalone. Con il passare del tempo, però, la Commedia dell’arte divenne monotona e spesso volgare, con battute oscene per cercare di strappare una risata al pubblico. Goldoni, nella sua Prefazione (1750), criticò aspramente questo stato di cose, de nendo il teatro comico italiano «corrotto» e disprezzato in Europa. Secondo lui, la commedia non solo era mal scritta e mal recitata, ma invece di educare e correggere i vizi, li alimentava, suscitando risate tra il pubblico ignorante e disprezzo tra le persone istruite. Per risolvere questa situazione, Goldoni sviluppò i principi della sua riforma del teatro: 1. Il teatro doveva ri ettere la realtà: Goldoni riteneva che la commedia dovesse trarre ispirazione dalla vita quotidiana e non dalle solite maschere e situazioni convenzionali. Le sue opere si ispirano a due “libri”: quello del mondo e quello del teatro, con il primo che o re la natura come maestra e il secondo che fornisce gli strumenti per rappresentarla sulla scena. 2. Trasformare la maschera in carattere: Invece di mantenere i ruoli ssi della Commedia dell’arte, Goldoni trasformò le maschere in personaggi più realistici, caratterizzati da tratti distintivi e situazioni più autentiche. 3. Caratterizzazione linguistica e ambientale: Il linguaggio teatrale doveva essere ricco e naturale, ri ettendo il contesto sociale e geogra co dei personaggi. Ogni personaggio si distingue per il modo in cui parla e per l’ambiente in cui vive, rendendo la rappresentazione più realistica. 4. Scrittura completa e precisa: Goldoni rinunciò al canovaccio, tipico della Commedia dell’arte, scrivendo interamente i suoi testi. Questo gli permetteva di esprimere in modo più completo e sfumato la varietà dei personaggi e delle situazioni. 5. Recuperare il compito educativo della commedia: Goldoni voleva che la commedia avesse un valore educativo, correggendo i vizi invece di alimentarli. Credeva che anche i comici, spesso considerati gure marginali, dovessero avere un ruolo utile nella società. fl fi fi fl ff fl fi fi fi fi ff ff fi ffi fi Goldoni iniziò a scrivere per il teatro intorno al 1734, componendo intermezzi, drammi per musica e commedie. La sua carriera ebbe una svolta importante con il successo del Belisario (1734), ma la vera e propria riforma del teatro iniziò a prendere forma nella sua mente durante questi anni. Il primo passo concreto di questa riforma fu la scrittura della Donna di garbo nel 1743, che fu la sua prima commedia interamente scritta. Tuttavia, tra il 1743 e il 1748, Goldoni a rontò diverse di coltà personali che lo tennero lontano da Venezia, interrompendo temporaneamente il suo percorso di riforma teatrale. Nonostante ciò, continuò a scrivere per il teatro e in questo periodo realizzò uno dei suoi capolavori, Il servitore di due padroni (1745). La seconda fase della carriera di Goldoni, che va dal 1748 al 1753, si svolse al Teatro Sant’Angelo con la compagnia di Medebach. Durante questi anni, Goldoni si concentrò esclusivamente sulla scrittura di commedie, abbandonando altri generi teatrali. Scrisse una grande quantità di opere, tutte aderenti ai principi della riforma che stava perfezionando, segnando così il passaggio dal teatro dell’arte alla commedia di carattere. Alcune delle sue opere più celebri di questo periodo includono La vedova scaltra (1749), La famiglia dell’antiquario (1750), La bottega del ca è (1750), Il bugiardo (1750), La serata amorosa (1751), e La locandiera (1753). In queste commedie, i protagonisti sono principalmente membri della borghesia veneziana, che viene rappresentata sia nei suoi vizi che nelle sue virtù. Goldoni esalta valori come l’onestà, la laboriosità, la prudenza, il buon senso, la fedeltà alla parola data e la capacità di risparmio e investimento. La riforma di Goldoni non si limitava alla forma, ma anche ai contenuti: Goldoni rappresentava situazioni e comportamenti che ri ettevano la realtà della borghesia veneziana, ma che rispondevano anche a un contesto europeo più ampio, come quello della mercantile etica in Inghilterra. Proponendo il mercante come il fulcro della società e dello Stato, Goldoni non solo aggiornava la tradizione veneziana, ma abbracciava un modello sociale ed economico che trovava eco in altre culture europee contemporanee. Dal 1753 al 1759, Goldoni attraversò un periodo di di coltà creativa, de nito come “anni bui” dal biografo Carmelo Alberti. Le cause di questa crisi furono molteplici: il sovraccarico lavorativo, una persistente malinconia, i nuovi impegni familiari e gli attacchi di rivali. Inoltre, la compagnia con cui lavorava Goldoni, abituata alla Commedia dell’arte e all’improvvisazione, non era disposta a studiare le parti scritte richieste dalla commedia di carattere. Alcune opere, come Il vecchio bizzarro (1754), fallirono proprio a causa di una performance scadente degli attori. Nonostante queste di coltà, Goldoni ottenne anche successi. In alcuni casi, però, per uscire dalla crisi, si allontanò dal suo stile abituale e scrisse commedie con ambientazioni esotiche e contenuti fantasiosi, seguendo l’esempio dei rivali Pietro Chiari e Carlo Gozzi. Tra le opere di questo periodo, spicca la tragicommedia La sposa persiana (1753), che aprì una trilogia che include anche Ircana in Iulia (1755) e Ircana in Ispaan (1756). Anche se questi anni furono di cili, essi prepararono il terreno per i capolavori che Goldoni avrebbe scritto tra il 1760 e il 1762. Tra il 1760 e il 1762, Goldoni perfezionò ulteriormente la sua riforma teatrale, spostandosi dalla commedia di carattere alla commedia di ambiente. La spinta a questo cambiamento fu probabilmente dovuta alle aspre critiche e alla rivalità con Carlo Gozzi. In questa nuova fase, i personaggi delle sue commedie divennero sempre più de niti dall’ambiente che li circondava, e la loro personalità si sviluppava attraverso l’interazione con gli altri personaggi. In opere come I rusteghi (1760) e Sior Todero brontolon (1762), i protagonisti acquisivano consistenza grazie al contesto sociale e familiare in cui vivevano, soprattutto attraverso il contrasto generazionale tra i vecchi, che idealizzano il passato, e i giovani. Il capolavoro di questa fase è Le baru e chiozzotte (1762), una commedia popolare che celebra il ceto umile, dove i protagonisti, pur emergendo, sono inglobati nella coralità delle voci che si agitano nella comunità di Chioggia. In quest’opera, Goldoni utilizza il dialetto veneziano e chioggiotto per rendere le vicende e i personaggi più naturali e autentici, rappresentando la vita popolare con sincerità. Inoltre, Goldoni inizia a rivendicare la dignità del popolo, contrapponendolo alla borghesia, che in precedenti opere era stata celebrata come modello positivo. In La Villeggiatura (1761), una trilogia composta da Le smanie per la villeggiatura, Le avventure della villeggiatura e Il ritorno dalla villeggiatura, la borghesia è ridicolizzata per il suo tentativo di emulare i nobili, vivendo secondo uno stile di vita che non può permettersi. Goldoni critica così la borghesia mercantile e imprenditoriale veneziana, mettendola in contrasto con la sua visione precedente, in cui veniva idealizzata. La trilogia termina con un lieto ne, ma l’amarezza della critica sociale rimane evidente. ffi fi fl ffi ffi ffi fi fi ff ff ff Nel periodo tra il 1762 e il 1765, Goldoni accettò l’o erta della Comédie Italienne di Parigi, spinto dalla possibilità di esportare la sua riforma teatrale in Francia e, eventualmente, in tutta Europa. Nonostante il suo legame profondo con Venezia, la città che aveva ispirato gran parte della sua opera, Goldoni sentiva di aver esaurito il materiale teatrale che Venezia poteva o rire. La riforma era ormai compiuta e ben accolta dal pubblico, ma i suoi rivali continuavano a ostacolarlo. A Parigi, però, le cose non andarono come previsto. Goldoni si trovò a ricominciare da capo, senza il sostegno degli attori preparati e della vivace scena teatrale che aveva avuto a Venezia. I membri della Comédie Italienne non erano pronti ad adattarsi alle sue nuove idee: non imparavano le scene e non eseguivano le scene lunghe e ben strutturate. Per far fronte a questa situazione, Goldoni scrisse opere più orientate al puro gioco scenico e al movimento sico piuttosto che al carattere. Un esempio di questo approccio è Il ventaglio (1764), una commedia con scene brevi, frizzanti e dinamiche, pensata per attori che avessero meno capacità verbali ma fossero abili nei movimenti e nel mimo. Tuttavia, la commedia non ebbe il successo sperato e fu un asco, che Goldoni attribuì alla di coltà dell’intreccio, troppo complesso per gli attori coinvolti. Nonostante la riscrittura della commedia, che portò un successo modesto a Venezia nel 1765, le di coltà di Goldoni aumentarono: a Parigi era considerato uno straniero incompreso, e a Venezia non era più il “profeta” che era stato in passato. La città lagunare, infatti, stava diventando sempre più chiusa in sé stessa, perdendo l’apertura cosmopolita che aveva caratterizzato i suoi decenni precedenti. La locandiera fu rappresentata nel carnevale del 1753 al teatro Sant’Angelo di Venezia, con la compagnia diretta da Girolamo Medebach, con cui Goldoni collaborava dal 1748. Conosceva bene gli attori della compagnia, che considerava referenti essenziali per la creazione dei suoi “caratteri” teatrali. In particolare, Goldoni applicò questa logica anche a La locandiera. La prima attrice della compagnia, Teodora Ra Medebach (moglie del capocomico), era spesso malata, e Goldoni, ritenendola inadeguata a interpretare il ruolo, scrisse il personaggio di Mirandolina per la seconda attrice, Maddalena Ra Marliani, anche nota come Corallina. Corallina era apprezzata per le sue doti: era “spiritosa, gran parlatrice, precisa e concettosa”, e riusciva molto bene nelle recite studiate. Questo ritratto di Corallina da parte del contemporaneo Francesco Bartoli evidenziava le qualità che ben si adattavano al carattere di Mirandolina. Goldoni riuscì così a combinare il “libro del mondo” (la storia di una scaltra locandiera) con il “libro del teatro” (le capacità e le caratteristiche dell’attrice). La locandiera ebbe un successo tale che suscitò la gelosia della prima attrice, Teodora Medebach, che chiese che venisse interrotta la rappresentazione e che fosse ripreso il suo ruolo in Pamela. Nonostante la sua insistenza, il pubblico non approvò questa richiesta, ma il capocomico non si oppose al desiderio della moglie. Dopo il debutto, il successo della commedia continuò senza sosta, superando le iniziali di coltà a Venezia dovute all’ostracismo di Medebach. Il testo fu tradotto, adattato, messo in scena e persino musicato in Italia e all’estero, dal Settecento no ai giorni nostri. Inoltre, vennero realizzati adattamenti cinematogra ci a partire dal 1912. Registi prestigiosi come Konstantin Stanislavskij, Luchino Visconti e Giorgio Strehler si cimentarono con l’opera, e attrici celebri come Adelaide Ristori, Eleonora Duse e Pamela Villoresi interpretarono il ruolo di Mirandolina, a volte anche in versioni particolari, come quella di Gigi Proietti, che portò una versione maschile del personaggio. Goldoni stesso ricordò nelle sue Memorie che la commedia raggiunse un successo straordinario, arrivando a essere considerata una delle sue opere più brillanti e apprezzate, ricevendo un giudizio positivo che si è confermato anche nei secoli successivi. Perché piace La locandiera La locandiera è apprezzata per diverse ragioni, legate sia alla maestria di Goldoni nella scrittura che alla struttura drammaturgica dell’opera: 1. Struttura e personaggi: Goldoni crea personaggi che sono al contempo rappresentanti di classi sociali speci che (come il nobile senza soldi, il neoricco, il misogino, la donna seduttrice, l’innamorato paziente) e individui con personalità uniche. La commedia esplora la contrapposizione tra classi sociali e sessi, ma anche la crescita di Mirandolina, che, da oggetto di contesa, diventa soggetto che sceglie. Questa sintesi del realismo goldoniano rende i personaggi rappresentativi della realtà, pur mantenendo le loro caratteristiche individuali. ffi fi fi fi fi ffi ffi ffi ff ffi ff fi 2. Costruzione delle scene: Le scene sono collegate in modo da mantenere alta l’attenzione dello spettatore. Mirandolina, pur essendo il personaggio principale, appare solo nella quinta scena del primo atto, dopo che è stata introdotta dai suoi pretendenti. Questa strategia accentua la sua superiorità nei confronti degli altri personaggi. 3. Monologhi brevi e battute concise: I monologhi sono rari e brevi, così come le battute, mantenendo un ritmo vivace e dinamico. 4. Luoghi e oggetti quotidiani: I luoghi della commedia (la locanda, la camera del cavaliere, la stireria) sono semplici e realistici, ma signi cativi per la seduzione di Mirandolina. Essa non entra nelle stanze del conte o del marchese, ma solo in quella del cavaliere, sottolineando il suo potere. Anche gli oggetti che appaiono sulla scena (gioielli, profumi, tovaglie, ecc.) sono ricchi di allusioni e ri ettono i diversi ceti sociali rappresentati. In sintesi, la combinazione di realismo, personaggi ben costruiti, scene dinamiche e signi cato nascosto in dettagli quotidiani è ciò che rende La locandiera un’opera sempre apprezzata e interessante. La locandiera è un’opera complessa che esplora temi di scelta, potere e ribaltamento delle convenzioni sociali, con valori letterari signi cativi che si ri ettono principalmente nella gura di Mirandolina. Goldoni ribalta il mito del giudizio di Paride, dove in questa versione è la donna, e non l’uomo, a scegliere. Mirandolina, invece di scegliere un nobile, opta per Fabrizio, un uomo di ceto popolare, s dando la supremazia della nobiltà e proponendo una visione più moderna e illuminista, che rivendica il potere delle donne e della borghesia. Il realismo che pervade l’opera è anche un modo per sottolineare l’importanza dell’economia nel contesto sociale. Mirandolina non sceglie per amore, ma per motivi pratici: il suo matrimonio con Fabrizio è dettato dalla necessità di gestire al meglio la sua locanda, in un periodo in cui le leggi dell’economia e la merci cazione della vita quotidiana sono centrali. In questo modo, la commedia diventa un quadro che ri ette i mutamenti sociali ed economici dell’epoca. Mirandolina, inoltre, rappresenta una parodia del modello di don Giovanni: lei è una donna borghese che, attraverso la seduzione e il controllo, domina la situazione, proprio come il don Giovanni tradizionale, ma in un contesto rovesciato. La sua vita, pur con nata nella locanda, è dinamica e attiva, un contrasto con il don Giovanni che è impotente nella sua vita privata. Dal punto di vista morale, l’opera appare cinica e realista. Goldoni stesso sostiene che la commedia è “la più morale” delle sue opere, ma in realtà, La locandiera mostra una visione del mondo priva di motivazioni ideali. Mirandolina è un personaggio calcolatore, che manipola i suoi corteggiatori per divertimento e interesse, ma la sua scelta nale di sposare Fabrizio non è dettata da sentimenti, ma da un bisogno pratico e pragmatico. Questo sfata l’idea di una morale positiva nell’opera, sottolineando la mancanza di motivazioni romantiche o idealistiche, e mettendo in luce l’in uenza dell’interesse economico e del potere personale. Inoltre, La locandiera può essere vista come un’allegoria del teatro goldoniano. Mirandolina recita non solo sul palco, ma nella vita quotidiana, utilizzando la sua abilità di manipolare le situazioni come una forma di “recitazione naturale”. Questo approccio rispecchia la loso a di Goldoni, che voleva un teatro più vicino alla realtà e meno arti cioso. Mirandolina ri uta le proposte dei nobili, esattamente come Goldoni ri utava l’aiuto dei mecenati e dei nobili, preferendo fare a damento sugli attori e sul pubblico. Il personaggio di Mirandolina è quindi un ritratto complesso di cinismo, narcisismo e ambizione di potere. La sua seduzione del cavaliere rappresenta una forma di rivalsa contro un uomo di classe superiore che la disprezza, ma quando la situazione si fa pericolosa, Mirandolina è costretta a cedere. Alla ne, decide di sposare Fabrizio, non per amore, ma per ragioni pratiche, dimostrando che la sua ricerca di potere è più legata a un controllo sulla sua vita quotidiana che a un ideale romantico o sociale. In sintesi, La locandiera è un’opera che esplora un mondo dove le motivazioni ideali sono sostituite da interessi personali ed economici, attraverso un personaggio principale che incarna il cinismo e il calcolo. Il teatro di Goldoni ri ette la realtà, ri utando le convenzioni e proponendo un nuovo modo di vedere il mondo, in cui l’interesse personale e la ricerca di potere diventano le forze trainanti delle azioni dei protagonisti. Nel La locandiera, il linguaggio è uno degli strumenti principali attraverso cui Mirandolina costruisce la sua strategia seduttiva. A di erenza degli altri personaggi, che utilizzano il linguaggio in modo più semplice e unidimensionale (ad esempio, il marchese si focalizza sulla di erenza di classe, il conte parla per mezzo del denaro, e il cavaliere ripete ciò che Mirandolina gli suggerisce), Mirandolina possiede una padronanza esemplare della parola. È proprio grazie a questa abilità che riesce a fare innamorare il cavaliere. fi fi fi fi ffi fl fl fi ff fi fi fl fi fl fi fi ff fi fi fi fl fi fi Goldoni, attraverso questa caratterizzazione linguistica, segna una delle innovazioni più signi cative della sua riforma teatrale: costruisce dialoghi tra i personaggi che non sono una semplice somma di battute autonome, come nella Commedia dell’arte, ma nascono dall’interazione comunicativa reale. Questo approccio rende i dialoghi più dinamici e ricchi di signi cato, come nella scena ottava del primo atto, in cui Mirandolina riprende le parole del marchese, rielaborandole e attribuendo loro nuovi signi cati. Questo è un esempio della profondità che Goldoni riesce a dare ai suoi dialoghi, facendo emergere una comunicazione complessa e sfumata tra i personaggi. fi fi fi

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