Il Medioevo raccontato da Jacques Le Goff PDF

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Il libro di Jacques Le Goff racconta il Medioevo, analizzando il periodo storico e i suoi valori culturali. L'autore spiega la durata del Medioevo, la sua successione temporale rispetto all'antichità e al Rinascimento, e propone un'interpretazione complessiva positiva di quest'epoca. Il testo affronta anche il passaggio dall'Antichità al Medioevo, con particolare attenzione alla conversione dei barbari al cristianesimo.

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i Robinson / Letture Di Jacques Le Goff nelle nostre edizioni: Alla ricerca del Medioevo La borsa e la vita. Dall’usuraio al banchiere Il cielo sceso in terra. Le radici medievali dell’Europa Il Dio del Medioevo...

i Robinson / Letture Di Jacques Le Goff nelle nostre edizioni: Alla ricerca del Medioevo La borsa e la vita. Dall’usuraio al banchiere Il cielo sceso in terra. Le radici medievali dell’Europa Il Dio del Medioevo Eroi & meraviglie del Medioevo L’Europa medievale e il mondo moderno L’Europa raccontata da Jacques Le Goff L’immaginario medievale Immagini per un Medioevo Il Medioevo. Alle origini dell’identità europea Il meraviglioso e il quotidiano nell’Occidente medievale Il re nell’Occidente medievale I riti, il tempo, il riso. Cinque saggi di storia medievale San Francesco d’Assisi Una vita per la storia. Intervista con Marc Heurgon (in coll. con Nicolas Truong) Il corpo nel Medioevo Ha inoltre curato: L’uomo medievale (con Cesare de Seta) La città e le mura Il Medioevo raccontato da Jacques Le Goff con la collaborazione di Jean-Louis Schlegel Traduzione di Renato Riccardi Editori Laterza Titolo dell’edizione originale Le Moyen Âge expliqué aux enfants © 2006, Editions du Seuil Prima edizione 2007 Nuova edizione 2009 Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di stampare nell’ottobre 2009 SEDIT - Bari (Italy) per conto della Gius. Laterza & Figli Spa ISBN 978-88-420-9162-2 ai miei genitori a Hanka a Barbara e Thomas Per accostarsi a questo libro da ragazzi... e anche dopo Per capire meglio il presente è importante conoscere il pas- sato: possiamo così sapere in che cosa ne siamo gli eredi e in cosa ce ne differenziamo. Gli storici si sono accorti di comprendere meglio il pas- sato e di riuscire a spiegarlo con maggiore efficacia, in par- ticolare ai ragazzi e ai giovani, se lo suddividevano in pe- riodi successivi aventi ciascuno caratteristiche specifiche. Per il periodo che chiamiamo «Medioevo» sorgono due questioni: la sua estensione nel tempo e la valutazione com- plessiva che se ne dà, visto che di quest’epoca esistono un’interpretazione positiva e un’altra negativa. Il Medioevo ha ispirato gli scrittori a comporre romanzi storici, alcuni di grande successo, e i registi, da quando esi- ste il cinema, a realizzare film che hanno fatto presa sugli spettatori, in particolare sui più giovani. Una ragione di più per tentare di spiegarvi ciò che è stato il Medioevo e quale debba essere il suo valore per noi. VII Il Medioevo raccontato da Jacques Le Goff Capitolo I Il Medioevo QUANTO È DURATO? A scuola impariamo che il Cinquecento è il secolo del Rina- scimento. Per il Seicento si parla spesso di età barocca. Il Set- tecento è il secolo dei Lumi. E il Medioevo? Quando inizia e quando finisce? Il Medioevo è durato molto a lungo: almeno mille anni. È vero, quando si parla del Medioevo si pensa spesso al pe- riodo che va dall’anno 1000 al 1500, ma esso inizia almeno cinque secoli prima, prima dell’anno 500, dunque nel corso del V secolo dopo Cristo. Nel 476 l’ultimo imperatore ro- fine età antica mano viene cacciato da Roma e sostituito da un re barbaro, inizio Medioevo Odoacre: è la fine dell’Impero romano, ma, al di là di que- sto grande avvenimento politico, è la fine dell’Antichità. Ma non si passa certo da un’epoca a un’altra ogni volta che un re esce di scena, o una discendenza (una dinastia) di re o di imperatori si estingue... 1) Età antica:... / 476 (*fine Impero romano) 2) Medioevo: 476* / 1500 ca (ca 1000 anni) 3 3) Rinascimento: '400 in Italia (Umanesimo), '500 in Europa 4) Barocco: '600 -> età moderna 5) secolo Lumi: '700 "Invasioni" dei barbari IV e V sec. cambiamenti: da Nord: (IV sec.) germanici e settentrionali. barbari da Ovest: (IV sec.) Celti -> a Sud. cristianesimo da Est: (dopo IV sec.) Ungheresi e slavi Giustissimo: nel V secolo dopo Cristo si verificarono in- fatti altri cambiamenti della massima importanza. Innanzi- tutto, a partire dal IV secolo, erano iniziate le «grandi in- vasioni» da parte dei popoli che i Romani chiamavano «barbari». Provenienti dapprima dal Nord (popoli germa- nici e dell’Europa settentrionale) e dall’Ovest (Celti), giun- sero in seguito dall’Est (Ungheresi e popoli slavi). La pa- rola «invasione» ci spinge ad immaginare orde barbare che dilagavano devastando tutto ciò che incontravano. In realtà, si trattava piuttosto di popolazioni che si spostava- no pacificamente per insediarsi più a sud. Pensate ai Vi- Vichinghi: chinghi: avrete sicuramente visto delle immagini che li ri- in Normandia traggono mentre sbarcano sulle coste normanne per sac- per commerciocheggiare e devastare l’interno del paese. Di fatto, si trat- tava con ogni probabilità di mercanti venuti dal Nord per scopi commerciali, alcuni dei quali hanno scelto alla fine di insediarsi tra le genti cristiane. E dunque hanno anche cambiato religione? Sì, ma non per questo. A partire dal IV e V secolo, dopo la conversione degli imperatori, l’Impero romano era dive- nuto cristiano. Si assiste allora alla fine del paganesimo: pa- paganesimo rola, questa, utilizzata dai cristiani per indicare la religione politeisti romana, che aveva molti dèi e dee. Dunque, il paganesimo scompare – in alcuni luoghi prima e in altri più tardi, ma di certo mai completamente – facendo a poco a poco spa- cristianesimo zio al cristianesimo. I numerosi dèi pagani vengono sosti- monoteisti tuiti da un unico Dio, quello della Bibbia (l’Antico ed il Nuovo Testamento), anche se il Dio dei cristiani com- religione Impero romano:. pagano politeista 4 conversione imperatori. cristiano monoteista conversione barbari conversione re barbari prende tre persone (Padre, Figlio e Spirito Santo). Gli stes- si barbari si fanno allora battezzare per diventare cristiani: in Francia il convertito più famoso è un re franco di cui Clodoveo avrete forse sentito parlare, Clodoveo (circa 500 dopo Cri- sto). Leggenda vuole che sia diventato cristiano per le pres- sioni della moglie, Clotilde. Perché è una leggenda? È di proposito che ho detto: «Leggenda vuole…». Cerco in tal modo di rendervi sensibili al fatto che soprattutto per Inizio Medioevo: l’inizio del Medioevo gli storici hanno pochi documenti, e leggende quelli disponibili – ad esempio il racconto della conversio- ne di Clodoveo – non necessariamente raccontano le coseFine Medioevo: come si sono svolte. Occorre dunque considerarli con oc-documenti chio critico, confrontarli con altri documenti, o «fonti», come diciamo noi. Coloro che hanno scritto questi rac- conti avevano intendimenti diversi. In questo caso, ad esempio, si trattava di mostrare che il paese che sarebbe in seguito divenuto la Francia era cristiano sin dalle origini. La realtà è molto più complicata. Il nostro professore ci ha parlato anche di un Medioevo «lun- go». E giustamente, perché la discussione su quando termini il Fine Medioevo Medioevo è ancora aperta. Ho accennato al 1500 perché nei vostri libri di scuola è questa la data che viene citata: vi Umanesimo si spiega che nel Quattrocento, dapprima in Italia e poi nel resto d’Europa, si apre un nuovo periodo, quello del «Ri- 5 Rinascimento = Fine Medioevo = Inizio età moderna nascimento»; inoltre, nei programmi scolastici, come ve- drete presto, questa data rappresenta l’inizio dell’età detta «moderna». Ma per alcuni storici, e io tra questi, il Me- dioevo è durato in realtà sino alla fine del Settecento. Perché? Medioevo/età moderna 3 cambiamenti Perché, sintetizzando, è soltanto in quest’epoca che tre av- (rivoluzioni): venimenti verranno a cambiare radicalmente la vita della società (precisiamo: della società occidentale, europea; e ancora meglio, non dell’intera Europa, ma solo di alcuni dei suoi paesi più avanzati, come l’Inghilterra, la Francia, 1) scienza il Nordeuropa). Inizialmente la scienza, grazie all’uso di (rivoluzione strumenti e metodi di ricerca sempre più precisi, fa regi- scientifica): strare progressi straordinari. Quindi – e si tratta di una strumenti conseguenza dei progressi realizzati nelle diverse scienze –, metodi di verso la fine del Seicento si costruiscono e utilizzano mac- ricerca chine sempre più efficienti, si inventano tecniche di pro- 2) macchine duzione sempre più veloci. Nel 1698 viene costruita in In- (rivoluzione industriale): ghilterra la prima macchina a vapore (grazie al francese produzione Denis Papin e all’inglese Thomas Savery). Insomma, è veloce l’inizio di ciò che verrà chiamata la «rivoluzione industria- 3) politica le». Infine, vi sono le rivoluzioni politiche, e in particolare (rivoluzioni): la Rivoluzione francese, vista come la vera svolta della sto- francese: ria di Francia, d’Europa e persino del mondo: essa mette fine sistema fine all’antico sistema politico, l’«Antico Regime» e al si- feudale, stema chiamato «feudale», che diventa quindi il simbolo Medioevo del Medioevo «cattivo». cattivo 6 IL MEDIOEVO «BUONO» E QUELLO «CATTIVO» Ma innanzitutto, da dove viene la parola «Medioevo»? Per- ché «medio»? Quest’idea compare nel corso dello stesso Medioevo, so- prattutto verso la fine del periodo, dapprima tra gli stu- diosi e gli artisti. Essi avvertono i secoli appena trascorsi – che rappresentano per noi il cuore del Medioevo – come - Antichità: raffinata una sorta di intermezzo, una transizione, e anche come un periodo oscuro, un tempo di declino se confrontato con - Medioevo: quell’Antichità di cui avevano una immagine idealizzata.declino (in mezzo) Vorrebbero ritrovare questa antica civiltà, che ritengono più raffinata. A nutrire un simile stato d’animo, tra la fine - Rinascimento: del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, sono soprat-rinascita Antichità tutto alcuni letterati italiani, chiamati «umanisti». Per loro, l’uomo aveva maggiori qualità di quelle attribuitegli dalla. cristianesimo: uomo ha peccati fede cristiana medievale, che insisteva sul peso dei suoi. umanesimo: peccati di fronte a Dio. uomo ha qualità C’è una seconda ragione. Il Settecento in particolare – il secolo dei Lumi, come avete giustamente ricordato prima – ha alimentato un’ondata di disprezzo contro gli uomini e la civiltà del Medioevo. L’immagine dominante era quella di un periodo oscurantista, in cui la fede in Dio schiaccia-. Medioevo: va la ragione degli uomini. Al tempo degli umanisti, come fede all’epoca dei Lumi, non si riusciva più a comprendere la. Illuminismo: bellezza e la grandezza di questi secoli. ragione Per riassumere: l’età «media» è quella che intercorre tra due periodi ritenuti più importanti, cioè l’Antichità e l’età 7 Medioevo = tra Antichità ed età moderna (Rinascimento) Rinascimento: Antichità rinasce nel XV / XVI sec. '400 /'500 Rinascimento '500: Medioevo cattivo Romanticismo '800: Medioevo buono moderna che inizia con il Rinascimento, parola anch’essa particolarmente indicativa: l’Antichità «rinasce» a partire dal XV-XVI secolo, come se il Medioevo fosse stato una parentesi! Abbiamo dunque l’immagine di un Medioevo «cattivo». E tuttavia questa immagine non è riuscita a prevalere, anzi! È vero. Chi ha ritrovato la dimensione di un Medioevo bel- lo e grande sono stati, nell’Ottocento, gli scrittori chiamati «romantici». Per quale motivo? Non abbiamo ancora pro- Gotico nunziato la parola «gotico», legata alle cattedrali medievali. Rinascimento: Ma «gotico», termine utilizzato solo a partire dal Rinasci- arte barbara mento, significava «barbaro»! Quanti insistevano sul Me- dioevo «cattivo» trovavano la sua arte «barbara». Al con- Romanticismo: trario, i romantici ammirano quest’arte raffinata, meravi- arte raffinata gliosa, incarnata dallo stile gotico, in particolare quello del- le cattedrali. Un esempio di questa ammirazione è il roman- zo Notre-Dame de Paris di Victor Hugo: in esso l’autore ha immortalato la cattedrale che porta questo nome e che nel cuore di Parigi accoglie ogni anno migliaia di visitatori. Ma occorre riconoscerlo: le due visioni – quella di un Medioevo oscurantista e quella di un Medioevo visto co- me un’età dell’oro – permangono ancor oggi. Capita spes- so di sentire, anche da parte di persone istruite, l’espressione «Non siamo mica nel Medioevo!». Attribui- re a qualcosa o a qualcuno l’aggettivo «medievale» non è un complimento... Ma questo non è del tutto sbagliato! 8 Medioevo cattivo: signori Inquisizione carestie paure Io direi: il Medioevo non è quell’età dell’oro che alcuni ro- mantici hanno voluto immaginare, ma neppure, nonostan- te le sue manchevolezze e gli aspetti che ci ripugnano, quell’epoca oscurantista e tetra di cui gli umanisti e gli il- luministi hanno voluto diffondere l’immagine. Occorre considerarlo nel suo insieme. Rispetto all’Antichità, è un periodo che su diversi punti fa registrare progressi e svi- Medioevo luppi, e ve lo mostrerò. Certamente il Medioevo «cattivo» cattivo esiste: i signori opprimevano i contadini, la Chiesa era in- tollerante e sottoponeva gli spiriti indipendenti (quelli che venivano chiamati «eretici») ai rigori dell’Inquisizione, quest’ultima praticava la tortura e faceva morire i ribelli sui roghi... Le carestie erano frequenti e i poveri numerosi: inoltre si aveva paura, una paura irrazionale, ad esempio del mare, delle foreste... e del diavolo. Ma oggi, di paure ne abbiamo ancora di più, talune più terrificanti (ad esempio la paura degli extraterrestri, e quella, molto concreta, del- la bomba atomica). Medioevo Eppure c’è anche il «bel» Medioevo, tuttora presente bello nello stupore provato in specie dai più giovani: di fronte ai cavalieri, ai castelli, alle cattedrali, all’arte romanica e goti- ca, al colore (delle vetrate ad esempio) e alla festa. Inoltre, si dimentica troppo spesso che nel Medioevo le donne, pur continuando ad avere una collocazione inferiore rispetto a quella degli uomini, hanno acquisito, o conquistato, un rango più adeguato e di maggior prestigio: un rango che in quanto donne non avevano mai avuto prima, neppure nell’Atene dell’Antichità. E poi, ma ne riparleremo sicura- Medioevo bello: mente, il Medioevo è il momento in cui nasce l’Europa. cavalieri castelli 9 cattedrali arte feste donne Europa Antichità: Medioevo: Mediterraneo Nord, Ovest, Est Impero regni latino nord: lingua d'origine + prestiti latini, latino lingua dotta e scritta Ha appena detto: l’Europa... sud: latino parlato -> lingue romanze Mediterraneo Sì, è molto importante: l’Europa ha inizio e si costituisce con il Medioevo. La civiltà dell’Antichità romana riguar- dava soltanto una parte dell’Europa, i territori meridiona- li, posti essenzialmente sulle sponde del Mediterraneo. A Nord, Ovest, Est partire dal V secolo i paesi del Nord (Germania e poi Scan- dinavia), dell’Ovest (Bretagna, Inghilterra, Irlanda) e dell’Est (Ungheria, paesi dell’Europa centrale) entrano a poco a poco in uno spazio politico e religioso comune: quello che andrà poi a costituire l’Europa. Impero Si può dunque dire che la grande unità dell’Impero romano finisce verso il 500 dopo Cristo? Sì, perché i nuovi abitanti della futura Europa si raggrup- Regni pano e si stabiliscono su territori da cui nasceranno le na- zioni, alla testa delle quali vi sarà il più delle volte un per- sonaggio nuovo, molto importante, e di cui riparleremo: il re. Ed è anche la fine del latino, la lingua parlata nell’Impero romano. Nord Quanto più i nuovi arrivati rimangono a settentrione, tan- Lingue d'origine to più mantengono la loro lingua d’origine, ovviamente con prestiti di ogni tipo dal latino. Quest’ultimo diventa la lingua dotta, la lingua scritta, e tale rimarrà sino al Quat- Sud trocento. Nelle regioni meridionali, il latino parlato Lingue romanzenell’Impero romano conoscerà nel corso dei secoli svilup- 10 pi consistenti e diversificati a seconda dei vari paesi, dan- do origine al gruppo delle «lingue romanze»: francese, ita- liano, spagnolo, portoghese, ma anche, lo si dimentica spesso, il rumeno. Tra uno o due anni dovremo scegliere quale tipo di istituto scolastico frequentare e quindi anche se studiare o no il lati- no: che consiglio può darci? Credo sia importante avere accesso tramite il latino all’eredità del passato. Se pensate di orientarvi verso atti- vità «letterarie», sarà meglio seguire un corso in cui il lati- no viene insegnato approfonditamente. Se volete dedicar- vi invece a una professione scientifica, potete scegliere un corso dove il latino venga insegnato meno accuratamente, ma tuttavia non trascuratelo del tutto. A mio parere, anche una semplice infarinatura di latino vi sarà utile in seguito. Il greco, la lingua della parte orientale dell’Impero romano, venne del tutto abbandonato in Occidente? Impero d' Sì. La parte greco-orientale dell’Impero romano divenne Oriente in effetti un mondo a parte: l’Impero bizantino, alla cui te- sta vi era un imperatore che risiedeva a Bisanzio (o Co- stantinopoli). Questa città costituiva anche la sede del ca- po della Chiesa greca, detta ortodossa, che affermava di es- sere superiore al papa. Dal punto di vista politico la cristianità occidentale pre- se subito le distanze (sin dal VII secolo) dall’Impero bi- zantino, mentre il papa ebbe maggiori difficoltà ad affer- Impero bizantino Impero romano d'occidente: latino Impero romano d'oriente: greco 11 Lingua: greco Imperatore/Capitale: Bisanzio/Costantinopoli* Religione: cristianesimo ortodosso Patriarca: * superiore al papa romano Chiesa cattolica / ortodossa: separazione politica nel VII sec. 600 Papa autonomo nel XI sec. 1000 Cattolici / ortodossi: freddezza -> ostilità 1204: Cattolici conquistano Costantinopoli mare la propria autonomia, definitiva solo a partire dall’XI secolo. I rapporti tra cristianesimo occidentale romano e cristia- nesimo orientale bizantino furono improntati a freddezza, e divennero in seguito di aperta ostilità. Nel 1204 i cristiani romani diretti alla Crociata contro i musulmani d’Oriente conquistarono e saccheggiarono Costantinopoli. Cattolici - Occidente Ortodossi - Oriente Capitolo II I cavalieri, la dama e la Madonna I CAVALIERI «Cavaliere», quindi «cavallo». C’è un legame tra i due? Cavaliere = uomo che possiede un cavallo da combattimento Sì, certamente. Siamo talmente abituati a vedere il cavalie- re da solo con la sua armatura da dimenticare talvolta Cavallo l’animale da cui trae il nome: il cavallo. Il cavaliere è l’uomo che possiede un cavallo. Precisiamo: non un cavallo da la- voro che tira l’aratro (è il bue che a lungo e sino a data re- cente ha svolto questa funzione), e neppure un cavallo da corsa, ancor meno un purosangue: no, il cavallo di cui par- liamo è un cavallo vigoroso chiamato «destriero», un ca- vallo da combattimento. Ed è una novità del Medioevo? Sì, questo tipo di cavallo è arrivato probabilmente 600 dall’Asia verso il VII secolo. In ogni caso non è presente nell’Antichità romana, non svolge alcun ruolo in battaglia. 13 Cavallo da Asia 600 Antichità romana = no cavallo in battaglia Medioevo = cavallo in battaglia Il suo utilizzo all’epoca della cavalleria, per combattere, è nuovo e unico. «Cavaliere» fa anche pensare a «cavalleresco»... Cavalleresco Sì, e questa parola riflette certamente una delle immagini più affascinanti degli uomini del Medioevo. Lo si vede be- ne nei racconti giunti sino a noi: il cavaliere ha il ruolo dell’eroe principale. Ci si aspetta da lui che compia atti di coraggio che ne faranno un personaggio fuori dell’ordina- rio. Tanti racconti del Medioevo narrano le sue avventure, le sue imprese, il prestigio che lo circonda, e anche le sue virtù virtù «cavalleresche», la sua nobiltà di spirito, il suo co- raggio. Lei ha detto che il cavaliere montava un «cavallo da com- battimento». Perché questa precisazione è importante? Perché il combattimento a cavallo, nella lotta, in occasione di manifestazioni come i tornei, comporterà l’invenzione di oggetti e azioni in precedenza sconosciuti. La prima gran- Staffe de novità sono le staffe, che consentono di controllare me- Sella glio il cavallo nel combattimento. Appare anche la sella, la cui fattura sarà sempre più raffinata. Il cavallo stesso viene Armatura protetto con un’armatura, viene corazzato, per così dire, coprendone anche la testa. Per parte sua, oltre all’armatura che serve a proteggerlo, il cavaliere può contare sulla spa- Armi da e la lancia... Ma tutto questo – il cavallo, l’armatura, le armi – costa caro, fatto che spiega le differenze esteriori tra cavalieri ric- 14 cavalieri ricchi: ben equipaggiati + seguito cavalieri poveri: equipaggiamento modesto NO seguito chi bene equipaggiati che possono valersi di aiutanti, la cui presenza «fa colpo», e cavalieri poveri che hanno un equi- paggiamento più modesto e non possono contare su alcun seguito. Nei musei si vede talvolta un cavaliere rivestito della sua ar- matura in groppa a un cavallo bardato, anch’esso con la sua armatura, e il tutto fa una grande impressione. Assolutamente, e aggiungo che questo era già vero al tem- po della cavalleria. L’aspetto esteriore del cavaliere im- pressionava i contemporanei, perché davvero egli era fuo- ri dall’ordinario. A fare effetto era soprattutto l’armatura. cotta Con la cotta di maglia sul petto e l’elmo sul viso, la sua im- elmo magine era quella di un uomo che si eleva al di sopra dei mortali. Quando si spostava, il più delle volte a cavallo, il clangore clangore prodotto dall’armatura, certamente avvertito da tutti, risuonava con forza. Diversamente dal prete il quale, tranne quando celebra le funzioni religiose, è un uomo si- lenzioso, il cavaliere è un uomo che produce rumore, che si fa notare. Prete: silenzio Cavaliere: rumore Sappiamo cosa facevano i cavalieri, come occupavano le loro giornate? combattimenti La loro principale funzione è il combattimento. Tuttavia, contrariamente a quanto si è il più delle volte immaginato, non si tratta, in generale, di un combattimento individua- le, singolare, ma di un combattimento collettivo, di un gruppo contro un altro gruppo. 15 Anche nei tornei? Anche nei tornei. C’è da aggiungere che i combattimenti sono limitati nel tempo e nello spazio; ad esempio, si svol- gono soprattutto in primavera, e le competizioni sono di caccia due tipi: la caccia e lo svago. I cavalieri sono grandi cac- ciatori, ed anche la caccia si pratica in gruppo. D’altra par- tornei te, vi sono i tornei, la cui unica posta in gioco è il prestigio, l’onore. E anch’essi sono collettivi, perché oppongono due partiti o due campi. I tornei erano solo dei giochi o avevano anche un aspetto se- rio? Vi moriva qualcuno? feriti Erano certamente seri. In generale c’erano solo feriti (per- ché l’armatura proteggeva dalle spade e dalle lance) e come in guerra si cercava di fare, più che dei morti, dei prigionie- prigionieri ri, che venivano liberati dietro riscatto. Erano una fonte di morti guadagno. Ma vi si poteva anche perdere la vita, come ac- cadde al re di Francia Enrico II, morto in un torneo nel 1559. Del resto la Chiesa cattolica ha manifestato a lungo la sua opposizione alla guerra e alla violenza in armi, condan- nando anche i tornei (la qual cosa mostra chiaramente che in essi non ci si scontrava solo per gioco). La Chiesa (quan- do dico «Chiesa» parlo del papa e dei vescovi) a partire dal XII secolo è persino riuscita a vietarli. Tuttavia, nel Quat- trocento e nel Cinquecento i tornei ritornarono di moda. A tal punto che alla metà del Quattrocento Renato, prestigio- so conte di Angiò e di Provenza e futuro re di Sicilia, scris- se un libro sui tornei che ebbe grande successo. 16 1100 Tornei vietati dalla Chiesa '400/'500 Tornei tornano di moda Con armi da fuoco Tornei scompaiono Perché allora i tornei sono in seguito scomparsi? Principalmente perché l’invenzione e la generalizzazione delle armi da fuoco ha cambiato la situazione, d’altronde non soltanto per i tornei, ma per tutti i tipi di combatti- mento e in generale rispetto al modo di fare la guerra. Non è raro oggi che una gita o un viaggio scolastico conduca spettacoli gli studenti a vedere un sito o uno spettacolo medievale con rappresentazioni ispirate ai tornei. Come spiega questo suc- cesso? Il torneo è una delle immagini forti, e per così dire eter- ne, che ci rimangono del Medioevo. Nella letteratura mo- derna è stato anch’esso «resuscitato», come le cattedrali, dagli scrittori romantici dell’Ottocento. Avete letto romanzi Ivanhoe dello scozzese Walter Scott? In questo famoso romanzo ambientato nel Medioevo, apparso nel 1819, vi è un magnifico racconto di un torneo. Il Novecento ha vi- sto numerose rappresentazioni cinematografiche di tor- nei, grazie alla loro spettacolarità. Per me comunque, il film film più bello e più in tono dedicato al Medioevo rimane quello di Robert Bresson, Lancillotto e Ginevra; anche lì non manca un torneo. Benché risulti un po’ difficile, con- siglio a tutti i ragazzi a partire dai 10 anni e a tutti i gio- vani di andarlo a vedere. Nell’ambito delle ricostruzioni storiche del Medioevo ci ven- gono anche mostrati spettacoli di falconeria. I cavalieri pra- ticavano veramente la caccia con il falco? 17 in tempo di pace Sì, questa ed altre forme di caccia facevano parte delle lo- ro attività. Ma dedicavano il loro tempo anche a visitare le terre di cui erano proprietari, a compiere pellegrinaggi, a organizzare feste, ad assistere a spettacoli di trovatori o di trovieri, di giullari, ad ascoltare musica... Tutto sommato si dividevano tra il combattimento e la pace, ma indubbia- mente erano più appassionati al primo, probabilmente perché pensavano che la vita sulla terra fosse una lotta per conquistarsi la vita eterna. Oggi si ritiene che la Chiesa ab- Crociate bia organizzato le Crociate in Terrasanta, almeno in parte, per tenere occupati i cavalieri. Ci sono cavalieri molto famosi, come Riccardo Cuor di Leo- ne, o quelli che ha appena nominato: Ivanhoe, Lancillotto, oppure Parsifal... Attenti, qui vi fermo! Effettivamente, tra i cavalieri presti- giosi di cui sono raccontate le avventure e le gesta vi sono Storici personaggi storici, uomini veramente esistiti, come Riccar- do Cuor di Leone, re d’Inghilterra, morto nel 1199. Ma an- di fantasia che personaggi di fantasia, e unicamente di fantasia. È il ca- so dei famosi «cavalieri della Tavola Rotonda». È incredibile, quasi sempre si pensa che siano realmente esi- stiti... È infatti la forza di questa leggenda, raccontata in una se- rie di romanzi che appaiono in versi nella seconda metà del XII secolo e in prosa nella prima metà del XIII (dunque tra il 1150 e il 1250). Essi sono imperniati sulla figura di un re romanzi cavallereschi: 18 in versi 1150-1200 -> Chanson de geste in prosa 1200-1250 Re Artù e i cavalieri della Tavola rotonda 400 del V secolo di cui non sappiamo praticamente nulla e che tuttavia diventa il più straordinario eroe del Medioevo: Artù, re dei Bretoni della Gran Bretagna. Attorno a lui l’immaginazione dei narratori ha tessuto una storia che avrebbe conosciuto un grandissimo successo: quella dei dodici cavalieri della Tavola Rotonda. Il fascino da essa esercitato sugli uomini e le donne del Medioevo trova una delle sue ragioni nella assoluta eguaglianza tra i cavalieri, condizione espressa da un’idea molto semplice: essi pren- dono posto ad una «tavola rotonda», dove siedono gli uni accanto agli altri senza che esista tra loro la benché mini- ma gerarchia. In compenso, questi cavalieri sono in com- petizione per realizzare quella che per un cavaliere medie- vale è l’azione più grande o l’impresa più prestigiosa: adempiere la promessa legata al proprio impegno di fron- te a Dio. Era il Santo Graal, questa promessa! Sì, perché la società cavalleresca era anche profondamen- te cristiana. La letteratura arturiana ha inventato una sto- ria esemplare, il cui scopo era di onorare Dio e il Cristo, suo figlio. Forse è un po’ difficile per voi da comprendere: nella leggenda della Tavola Rotonda i cavalieri adempiono un servizio «mistico», vale a dire sono al servizio di Dio per assolvere una missione divina, misteriosa; sono impegnati in un’avventura che non è limitata a questo mondo ma vie- ne da un altro mondo, quello celeste o divino. È Dio che li invia promettendo loro una ricompensa. Di conseguenza la loro storia è diventata «mitica», vale a dire qualcosa di 19 incredibile ma che si desidera dal più profondo dell’animo. Molti ancor oggi ambirebbero essere cavalieri della Tavo- la Rotonda incaricati di ritrovare questo oggetto misterio- so chiamato Santo Graal. Ma cos’è il Santo Graal? È una coppa magica, una sorta di calice nel quale l’ostia della comunione si trasforma realmente nel corpo di Dio. La leggenda di re Artù ha così conquistato nel Medioevo – e non soltanto nel Medioevo – l’immaginazione degli uo- mini e, altrettanto se non di più, quella delle donne. Va ri- cordato infatti che le attività e le prodezze dei cavalieri del- la Tavola Rotonda sono unicamente opera di uomini: gli eroi sono tutti maschi perché la società dei cavalieri è in- nanzitutto una società maschile, dominata dagli uomini. LA DAMA E LA MADONNA Tuttavia vi si parla anche del ruolo della «dama»! Donne In realtà la dama, le dame, sono personaggi da romanzo, eroine inventate. A costo di deludere le ragazze, bisogna dire le cose come stanno: nella vita vera, poche sono le «dame» paragonabili a quelle di cui parlano i romanzi che raccontano la leggenda di re Artù... Ma è vero: questi ro- manzi hanno inventato e glorificato donne la cui bellezza e le cui virtù rifulgono, donne ideali, e i loro lettori han- no talvolta (ma raramente!) creduto che dietro questi rac- 20 conti vi fossero donne reali, che in essi i personaggi cor- rispondessero a dame vere. Nelle storie narrate nei ro- manzi, ogni cavaliere ha la sua dama, che... raramente è la sua sposa. Nella vita di ogni giorno le donne erano dunque inferiori agli uomini nel Medioevo? Sì, ahimè, come in tutte le società del passato. Ma insisto sul punto che segue: nella stessa epoca in cui si diffonde la leggenda dei cavalieri della Tavola Rotonda, si assiste an- che alla nascita e al generalizzarsi del matrimonio nel sen- so moderno del termine. La Chiesa, infatti, mentre vieta con sempre maggiore fermezza la poligamia (l’uso di a- vere più mogli) e il divorzio, attribuisce alle donne una po- sizione quasi altrettanto importante di quella degli uomini. In particolare, il consenso della donna (il fatto che ella stes- sa dica «sì» in occasione del matrimonio) diventa obbliga- matrimonio torio, mentre in precedenza la famiglia e i genitori le im- ponevano il marito senza che ella avesse voce alcuna in ca- pitolo. Naturalmente ciò non significa che non si facessero anche in seguito ogni sorta di pressioni sulle figlie affinché scegliessero un buon marito – vale a dire quello che aveva- no scelto i genitori –, ma il principio è importante. E gra- zie ad esso, la maggior parte delle donne avrebbe potuto in seguito contrarre matrimoni liberi... Questo potrà forse sembrarvi strano oggi, poiché si ha la libertà di sposarsi, di non sposarsi e di divorziare. Tuttavia, ancora oggi, il dirit- to per le donne di scegliere come marito l’uomo che ama- no è, in numerose civiltà, assente. 21 Quindi la «dama» delle leggende cavalleresche ha comunque un’influenza nella vita di tutti i giorni. Certo, ma il ruolo più importante è svolto da un’altra da- ma, di cui indubbiamente tutti i ragazzi d’Europa, anche quando non sono cristiani, conoscono il nome: parlo di Madonna Maria, la Vergine Maria, madre di Gesù. Dall’XI al XII se- colo la devozione nei confronti di Maria, o piuttosto della «Madonna», acquista una grandissima importanza nella religiosità medievale. Cos’è la devozione? La devozione a Maria si esprime nelle preghiere e nelle suppliche che le si rivolgono, nelle immagini e nelle scul- ture che la ritraggono, nei libri che si scrivono sulla sua per- sona, nei luoghi di pellegrinaggio nei quali ella viene vene- rata, nelle chiese e nelle cattedrali che le sono (e lo riman- gono ancora oggi) dedicate e che portano il suo nome. La «Madonna» è la grande intermediaria tra i fedeli e Dio. Per ottenere un aiuto – ad esempio una guarigione – da Gesù, il figlio di Dio, gli uomini del Medioevo ricorrono alla Ver- gine, chiedendole di «intercedere», per loro conto, presso di Lui. Maria dunque diventa in qualche modo la dama della società medievale. La Madonna è importante anche per i cavalieri? Indubbiamente: anch’essi la invocano e la supplicano af- finché li aiuti, affinché li soccorra nelle difficoltà... Al di là 22 di una simile importanza di Maria, è importante compren- dere quanto segue: nel corso del Medioevo, la cavalleria ac- Vestizione quista sempre più distintamente qualcosa di sacro, di reli- cavaliere gioso. Si diventa cavaliere tramite una sorta di «sacramen- to», vale a dire attraverso una cerimonia religiosa e dei se- gni religiosi. Per diventare cavaliere è necessario l’inter- vento della Chiesa e dei suoi rappresentanti, vescovi, sa- cerdoti e monaci – di cui parleremo più avanti. È dunque nel corso di una cerimonia, la «vestizione», che il cavaliere si impegna davanti a Dio, a suo figlio Gesù, alla Madonna e ai santi. Tuttavia non mancano cavalieri «cattivi»... Buoni Eccome! Anche se le immagini di cavalieri «buoni» lascia- teci dal Medioevo abbondano. L’eccezionale prestigio di questi ultimi deriva da due elementi: un comportamento esteriore che suscita l’ammirazione collettiva, e la pratica di diverse virtù, come la difesa dei poveri, dei deboli e dei chierici (i chierici sono gli uomini istruiti del Medioevo, in- nanzitutto sacerdoti e monaci, senza dimenticare le donne anch’esse consacrate a Dio, che vivono soprattutto nei mo- nasteri). Cattivi Ma certo vi sono anche i cavalieri «cattivi». Nei romanzi di cui abbiamo parlato, ma anche nelle «chansons de ge- ste» (quei grandi racconti poetici che narrano le imprese dei cavalieri e di cui il più famoso è la Chanson de Roland), compaiono traditori, bugiardi, cavalieri che perseguitano gli altri uomini uccidendoli per puro piacere. 23 Abbiamo finora menzionato cavalieri «buoni»: Ivanhoe, Parsifal, Lancillotto. Si sono tramandati i nomi di cavalieri «cattivi»? C’è il famoso traditore della Chansons de Roland, Gano. Ma più che traditori, alcuni costituiscono una sorta di mo- stri, come il gigante Morholt nel romanzo Tristano e Isot- ta. Anche se l’immagine dei cavalieri è il più delle volte po- sitiva, accattivante, non bisogna dimenticare questi cava- lieri «cattivi», detestati e condannati dagli autori che ne parlano e dai lettori che leggono le loro malefatte. Bene/Male Il Medioevo ama descrivere un mondo in cui i buoni si contrappongono ai cattivi, in cui si svolge un combatti- mento tra gli angeli ed i demoni. Di conseguenza, trovere- te cavalieri angelici e altri che sono diabolici, cattivi quan- to il diavolo. I romanzi cavallereschi insistono molto su questa tensione tra il Bene e il Male, l’onore e il disonore: la trama (cioè la storia che viene raccontata) si sviluppa grazie alla contrapposizione fra i buoni e i cattivi. Capitolo III Castelli e cattedrali Chi dice «Medioevo» pensa a «cavaliere» ma anche a «ca- stello» e a «cattedrale». Assolutamente. Intanto, però, è necessario precisare che il castello e la cattedrale costituiscono dimore piuttosto ec- cezionali. Nel Medioevo, infatti, le abitazioni erano spesso modeste o mediocri. Le case dei contadini, in particolare, erano povere, talvolta miserabili. Anche nelle città, l’uso Case: della pietra per la costruzione delle case si affermerà solo - legno lentamente; in precedenza erano di legno, cosa che spiega - pietra gli incendi così frequenti nel Medioevo. Oltre alle abita- zioni, alle chiese e ai villaggi, non mancano, addirittura, in- tere città distrutte dal fuoco! Ma i due tipi di edifici che si sono imposti all’immagina- rio e che fanno tuttora parte dei simboli più rilevanti del Medioevo sono il castello e la cattedrale, la dimora dei ca- valieri e quella di Dio, o più precisamente dei rappresen- tanti di Dio, ossia i vescovi. Da una parte il castello pro- clama la potenza ed il prestigio dei cavalieri; dall’altra, la Castello: cavalieri Cattedrale: vescovi 25 Diocesi = province cattedrale accresce il prestigio di Dio per il tramite del suo principale rappresentante, il vescovo. Quest’ultimo è a ca- po di un territorio religioso chiamato «diocesi», la cui su- perficie corrisponde più o meno a quella di una provincia odierna; nella città dove abita, la sua chiesa, la «casa di Dio» dove si reca per pregare, predicare e celebrare le di- verse funzioni religiose, prende il nome di «cattedrale». Per quale motivo il castello e la cattedrale vengono associati? castelli e cattedrali -> alto Perché questi due tipi di edifici indicano, per le persone colte come per il popolo, la dimensione o la direzione dell’altezza. Nel Medioevo, la contrapposizione tra l’alto e il basso viene «proiettata nello spazio»: ciò significa che si costruiscono torri e mura molto alte, ben visibili, per mo- strare che si vuole sfuggire al «basso». In altri termini, l’alto, l’altezza, designa ciò che è grande e bello. Questa contrapposizione, che si esprime nella costruzione dei ca- stelli e delle cattedrali – intendo dire che risulta ben visibi- le, la si ha davanti agli occhi – è molto importante nel Me- dioevo. Essa corrisponde ovviamente a quella tra il cielo e la terra, tra «lassù» e «quaggiù», una contrapposizione da cui deriva l’importanza attribuita a strutture quali le mura Chiese e la torre. Le chiese medievali hanno spesso torri notevoli. Esse abbellivano anche le case dei ricchi abitanti delle città, anche se dopo il Medioevo la grande maggioranza di que- ste torri sono state distrutte. MOschee Ma saprete probabilmente che pure le moschee musul- mane hanno una torre, chiamata minareto, spesso molto sottile, che si slancia verso il cielo: ciò significa che le due 26 religioni si facevano concorrenza anche attraverso l’archi- tettura della loro «casa di Dio». Ricordo che l’islam, la re- ligione musulmana, è stata fondata all’inizio del VII seco- lo (nel 622) dal profeta Maometto (oggi si preferisce spes- so chiamarlo Muhammad), e dunque la sua origine è qua- si contemporanea a quella del Medioevo. Ma ne riparlere- mo in seguito. I CASTELLI Quando facciamo i castelli di sabbia costruiamo le torri e i bastioni merlati, il fossato, i camminamenti interni a spirale che salgono e scendono, le scale strette e scure, gli anditi... Avete ragione: tanto per i piccoli quanto per i grandi, il ca- stello fa anch’esso parte del «bel» Medioevo. Ma a che serviva esattamente il castello? Castello: Per il cavaliere aveva due funzioni, entrambe molto im- - difesa portanti. Innanzitutto un ruolo di difesa, dunque una fun- - abitazione zione militare, di fortezza; d’altra parte serviva da abita- zione. La dimensione dei castelli dipende dal numero del- le persone che devono ospitare, perché essi alloggiano e di- fendono al contempo la numerosa famiglia del signore, i suoi servitori (e le loro famiglie) e persino i suoi contadini che vivevano nelle vicinanze. Alcuni castelli costituiscono gli antenati della città, la quale comprende anch’essa indi- vidui di ogni strato sociale, età e mestiere. 27 Eppure si ha l’impressione che la maggior parte dei castelli, tanto in buono stato che in rovina, si trovino in campagna. Castelli: È giusto: i cavalieri si sono spesso tenuti lontani dal popo- - in campagna lo delle città, in particolare dai «borghesi», preferendo la - in città vicinanza con i terreni di caccia e i campi coltivati dai con- tadini. Ma ci sono castelli anche nelle città, ad esempio a Parigi, nell’Île de la Cité. Il Palais-Royal, antico castello medievale, e il Louvre, sono anch’essi situati nel centro della città. In Italia, la maggior parte dei castelli si trova nelle città. Vi sono castelli in tutta Europa? Sì, tra l’altro perché l’Europa ha conosciuto durante tutto il Medioevo guerre e lotte molto dure e frequenti e perché in tutta Europa si viveva più o meno nello stesso modo. Se volete vedere castelli di particolare bellezza potete andare, ad esempio, in Spagna, grande terra di castelli. O ancora nell’Europa orientale, ad esempio in Polonia: l’Ordine mi- litare teutonico (o Ordine dei cavalieri teutonici) vi ha co- struito castelli spettacolari (in particolare a Malbork). Ma i castelli non rimangono simili per tutto il Medioevo? Certo che no, essi evolvono, e anche parecchio. Due gli aspetti che intervengono in tale cambiamento. Innanzitut- to il materiale. Intorno all’XI secolo la pietra sostituisce il Legno legno, mutando per ciò stesso il ruolo del castello. Dal X al XII secolo, si tratta principalmente di costruire un luogo 28 di rifugio per il signore e i suoi numerosi familiari ma che serva anche quale deposito per le armi e le provviste: da qui la comparsa del torrione. In seguito, quando il castello vie- Pietra ne costruito in pietra, abitazioni e provviste sono difese tra- mite mura spesse, fossati, ponti levatoi, caditoie, cioè aper- ture attraverso le quali era possibile gettare proiettili, pie- tre e altri materiali sugli assalitori per impedir loro di fare brecce nelle mura o di scalarle. Il castello è diventato una vera fortezza, molto difficile da conquistare. Già: come si riesce a prendere un castello? Soprattutto col tradimento. Occorre che un abitante o una parte dei suoi abitanti aiuti gli assedianti, in modo che que- sti riescano, in un modo o nell’altro, a entrare. Talvolta, nei film e nei fumetti, si vede l’assedio di un ca- stello. Gli assalitori tentano di salire su scale innalzate con- tro le mura, mentre gli assediati tentano di ributtarli a terra quando arrivano in alto, o magari versano sugli assalitori olio bollente. Tutto questo corrisponde grosso modo alla realtà? Sì, ma, ancora una volta, l’assedio poteva durare molto a lungo, e il numero dei castelli che hanno resistito con suc- cesso supera sicuramente quelli che sono stati conquistati. I castelli sono costruiti in modo tale e in luoghi siffatti da dissuadere i nemici dal tentare di impadronirsene (per ren- dervene conto vi consiglio di visitare, in Francia, le rovine di Château-Gaillard, nell’Eure, e di Coucy, nell’Aisne). 29 Ma allora, a che si deve il fatto che da un certo momento in poi non si sono più costruiti castelli, e perché per molti di es- si non vediamo altro che rovine? Innanzitutto, a partire dalla fine del Trecento e dall’inizio del Quattrocento, a causa del cannone. Il cannone, che co- stituisce una grande novità tecnica, riesce a distruggere le mura, anche le più spesse. In seguito i castelli diventano sempre più luoghi di residenza, e nel Rinascimento sarà questa la loro esclusiva funzione, fatto che cambia total- mente, com’è ovvio, la loro architettura e il modo di co- struirli. Inoltre, dopo il Medioevo, il re di Francia, allo sco- po di consolidare il suo dominio sui signori, faceva di- struggere il loro castello se esso poteva costituire una mi- naccia. I castelli erano comodi? No. È proprio nel periodo che segue la comparsa del can- none, quando diventa soprattutto luogo di abitazione, che il castello guadagna in comodità. In precedenza, e a lungo, la vita vi è rimasta piuttosto rude: il signore e i suoi fami- liari si riservano infatti l’uso dei cuscini; i mobili sono rari; per riporre gli abiti si utilizzano soprattutto bauli; i tavoli rimangono amovibili, le sedie rudimentali. Nei castelli più ricchi le pareti sono decorate con arazzi. L’elemento di prestigio è rappresentato dal camino, sia perché può esse- re realizzato da un artista e dunque rappresentare un’«ope- ra d’arte», sia perché fornisce quel bene, tanto ricercato in edifici molto freddi come i castelli, che è il calore. Il cami- 30 no, e la sala del camino, sono il simbolo della famiglia, luo- go di incontri, di parole scambiate, di giochi. Poiché l’alimentazione ha grande importanza, la cucina è spesso una stanza molto grande (per capirlo, a Parigi, visitate le cucine del Louvre, sotto la Conciergerie). Nel Medioevo, le persone tenevano per quanto possibile a vivere decente- mente, e dunque nei castelli vi erano autentiche latrine (toilette). LE CATTEDRALI Lei ha detto che ciò che accomuna il castello e la cattedrale è la ricerca dell’altezza. Sì, le cattedrali sono immense, ma soprattutto sono alte, per impressionare chi le vede e le visita facendogli percepire una cosa molto importante: l’altezza di questo luogo riman- da all’altezza di Dio nel cielo. Le cattedrali sono dedicate a lui, sono la sua casa. E il suo prestigio si lega a quello del suo rappresentante sulla terra: il vescovo. Va considerato anche un altro aspetto, più banale: le cattedrali sono situate quasi sempre nelle città, che si facevano concorrenza per vantare la cattedrale più grande, più alta e più bella. A cosa servivano le cattedrali? Erano innanzitutto, come è uso dire, «luoghi di culto», os- sia in esse ci si riuniva per pregare e celebrare la messa, e partecipare alle funzioni e alle cerimonie religiose. Nella 31 cattedrale, che è la casa del vescovo, rappresentante di Dio, operano stabilmente dignitari religiosi chiamati «canoni- ci», i quali costituiscono il collegio episcopale, il consiglio del vescovo: al mattino, al mezzogiorno e alla sera essi can- tano l’«officio» – in termini semplici lodano Dio, il vero proprietario dei luoghi. Adempiono questo «officio» – è una parola che viene dal latino e che significa «occupazio- ne», «lavoro» – nel coro della cattedrale. Se visitate una cattedrale, quasi sempre non potrà sfuggirvi la grandezza del coro e anche gli scanni (sedili in legno dotati di schie- nale, talvolta riccamente intagliati) dove sedevano i cano- nici per cantare l’officio. Ma in che modo, in cattedrali così grandi, era possibile udi- re le parole del sacerdote o il canto dei canonici? La cattedrale diventa un luogo in cui si predica soprattut- to a partire dal XIII secolo, dunque a partire dal 1200: un predicatore si rivolge ai fedeli spiegando loro la vita e l’insegnamento del Cristo, parlando della Vergine e dei profeti dell’Antico Testamento e commentando il Vange- lo, il libro sacro dei cristiani il cui personaggio centrale è il Cristo. Parla anche dei santi, incoraggia l’assemblea, la ri- prende, la esorta... I fedeli in piedi lo sentivano senza dub- bio molto male, ma egli si esprimeva, oltre che con la voce, anche a gesti. Il Medioevo è un’epoca in cui parole ed espressione corporea acquistano grande risalto. Nelle cattedrali ci si riuniva anche per attività diverse da quelle religiose? 32 Sì, esse servivano anche quale luogo di riunione, vi si tene- vano assemblee, venivano utilizzate per le feste... Ma ricor- do che nel Medioevo esistevano già sale di riunione comu- nali: per riunirsi non si era obbligati ad andare in chiesa. Come si costruivano le cattedrali? Le cattedrali che ci sono rimaste sono quasi tutte in pietra. Ma all’inizio, nelle regioni povere, ricche di foreste, le chie- se venivano costruite in legno: ne restano d’altronde di ma- gnifiche in Scandinavia e nella Polonia meridionale. Nel Medioevo le cattedrali sono i monumenti più decora- ti. In particolare, va segnalato un aspetto che è scomparso o che oggi non vediamo più: le cattedrali erano dipinte, dun- que ricche di colore. L’arredo comprendeva arazzi, affre- schi (dipinti direttamente sull’intonaco delle pareti) e scul- ture. I luoghi più decorati con sculture erano, all’interno della cattedrale, i capitelli (la parte superiore) delle colon- ne, e, all’esterno, il portale, il grande ingresso. La forma e lo stile di queste sculture hanno subito una forte evoluzione. Ancora una parola sull’interno delle cattedrali: sul fondo, dunque vicino l’ingresso, si trova spesso un «fonte battesi- male», cioè una vasca in pietra posta in un piccolo spazio se- parato; la si riempiva di acqua benedetta al momento del battesimo. Il fonte battesimale è spesso riccamente decora- to. Quale il motivo? Perché il battesimo è il «sacramento», il segno più importante della religione cristiana. Si è ebrei o musulmani per nascita, ma non si «nasce» cristiani: lo si «di- venta» tramite l’acqua del battesimo che viene versata sulla testa del nuovo entrante, sia esso neonato o adulto. 33 Lei ha detto che la scultura di cui vediamo esempi nelle cat- tedrali ha subìto una forte evoluzione... Sì, certo, cosa che vale anche per l’insieme dell’edificio, e ciò è dovuto alla scoperta di nuove tecniche di costruzio- ne. Distinguiamo in particolare tra due epoche. A partire dal X secolo (dunque dall’anno 900 circa), le cattedrali uti- lizzano spesso «soffitti a volta», vale a dire che non c’è un soffitto ma una volta in cui le mura si congiungono. Sino al XII secolo le chiese rimangono relativamente buie, poiché non si sente la necessità di illuminarle: si tratta dell’arte o dello stile chiamato «romanico». In seguito si cerca la lu- ce, finendo persino per identificare Dio innanzitutto con la luce. Successivamente, dall’XI al XIII secolo, i progressi tecnici, la ricerca di grandi spazi, l’utilizzo sempre più dif- fuso del ferro e di altri metalli favoriscono invece la nasci- ta delle grandi cattedrali «gotiche». Ma – credo di averne già parlato – «gotico» significa «barbaro»: i Goti erano l’esemplificazione di quei barbari di stirpe germanica che avevano invaso l’Impero romano a partire dal V secolo. Nel Rinascimento, e soprattutto nel Seicento, si è dunque chiamata «gotica» quest’arte barbara. Ma, come abbiamo già visto, i romantici, all’inizio dell’Ottocento, riporteran- no il gotico in auge. Talvolta si sente dire che vi sono dei «segreti» nelle catte- drali o nella costruzione delle cattedrali... No. Le cattedrali sono magnifiche, e al contempo di co- struzione estremamente problematica, complessa. Da qui 34 l’idea che la loro realizzazione implicasse dei segreti. Ma questa idea è nata molto più tardi, nel Settecento, all’in- terno di corporazioni (o associazioni) più o meno segrete chiamate «massoneria», che facevano risalire la loro origi- ne ai costruttori delle cattedrali. È invece vero che un cer- to numero di cattedrali contiene un disegno che raffigura un percorso segreto, alla maniera di un «labirinto», e che all’inizio esso disorienta il visitatore (ad esempio è così a Chartres). Sono costate molto le cattedrali? Sì. Si è sostenuto che probabilmente sono state costruite da operai che i signori «concedevano gratuitamente» per il cantiere. Ma le cose non andavano in questo modo: i lavo- ri delle cattedrali sono stati realmente pagati a coloro che prestavano la propria opera nei cantieri: architetti, mura- tori, artigiani di vario tipo. Questi cantieri duravano a lun- go, spostandosi in seguito altrove. E chi pagava? Soprattutto il clero, ma anche i borghesi e le persone be- nestanti della città; raramente i re ed i signori. Ma una cat- tedrale costava molto cara e la sua costruzione poteva du- rare a lungo – tanto più a lungo in quanto i lavori si fer- mavano, per l’appunto, per mancanza di denaro. Bastava che la situazione economica fosse cattiva, scoppiasse una guerra o si propagasse una epidemia, e la costruzione s’in- terrompeva per mancanza di denaro con cui pagare gli 35 operai. È questo il motivo per cui molte cattedrali sono ri- maste incompiute. Quella di Narbonne, ad esempio, o quella di Colonia, in Germania (terminata solo nell’Ottocento). Ma l’esempio più celebre è quello di Sie- na. Non abbiamo parlato delle vetrate. Quando entriamo in una cattedrale, ad esempio quella di Chartres, ci dicono che nel Medioevo le persone semplici imparavano a conoscere la Bib- bia e il Vangelo grazie alle scene rappresentate nelle vetrate. Le vetrate decorano soprattutto le cattedrali gotiche: per fabbricare le finestre si imparò a utilizzare pezzi di vetro colorati assemblati con del ferro. Sono soprattutto le ve- trate a dare oggi un’idea di quegli edifici colorati che sono state le cattedrali e talune chiese. Per ammirare questi co- lori andate ad esempio alla Sainte-Chapelle di Parigi, co- struita da san Luigi alla metà del Duecento. Capitolo IV Gli uomini del Medioevo Finora abbiamo parlato soprattutto del «bel» Medioevo, ma ci sono anche cose meno belle. Ad esempio, quando si dice «società feudale», è sempre per condannare il Medioevo... D’accordo, ma come tutte le società anche quella del Me- dioevo è complessa. Perché la si è chiamata «feudale»? In- nanzitutto perché è dominata da «signori», a cui sono su- bordinati altri individui chiamati «vassalli», ai quali essi concedono («prestano», se si vuole) terre che danno loro dei redditi e che sono chiamate «feudi», da cui i termini «feudalesimo» e «feudalità». Questa parola designa un si- stema sociale che i filosofi del Settecento, l’epoca dei Lu- mi, e gli uomini della Rivoluzione francese considerano ne- gativamente e combattono, perché il popolo, i contadini e gli «umili» sono oppressi dai potenti e dai ricchi. E questa immagine è rimasta legata al Medioevo. 37 I CHIERICI: «SECOLARI» E «REGOLARI» Era dunque una società per definizione diseguale, dove i si- gnori opprimevano i servi? Ne parleremo. Ma prima occorre avere chiara un’altra di- stinzione, per le persone di quell’epoca ancora più impor- tante. Nel Medioevo, infatti, esiste innanzitutto un grande spartiacque tra due tipi d’uomini: da una parte quelli che hanno votato la loro vita a Dio e alla religione, e che ven- gono chiamati «chierici»; dall’altra quelli che, pur essendo buoni cristiani e onorando Dio, hanno una famiglia e un mestiere, motivo per il quale rimangono più indipendenti rispetto alla Chiesa: i «laici». I chierici sono unicamente maschi o ci sono anche donne? Per l’essenziale sono uomini – vescovi, sacerdoti e anche re- ligiosi chiamati «monaci». Tuttavia esistono anche donne religiose, che vivono in comunità nei monasteri (monache di clausura). I chierici erano celibi, ma durante i primi secoli del Medioevo vescovi e sacerdoti vivevano talvolta con una donna da cui avevano dei figli. A partire dal XII secolo la Chiesa vieta definitivamente queste coppie, un divieto che è divenuto in seguito estremamente rigoroso. Analogamente, a partire da questa data, i monaci che vivevano nei monaste- ri accogliendo talvolta comunità femminili furono obbliga- ti a escluderle o a mantenere una separazione molto rigida. Come si diventa chierico? 38 Chi ha questa «vocazione» chiede al vescovo di essere ac- cettato come chierico. In seguito, apprende le pratiche re- ligiose e devozionali. Coloro che sono destinati a divenire sacerdoti passano attraverso una serie di «investiture» sempre più elevate. L’ultima è un sacramento, l’ordine (il sacerdozio), che fa del religioso un chierico di rango supe- riore, autorizzato a somministrare i sacramenti (ossia a bat- tezzare, a confessare e a celebrare la messa) e a predicare. Al di sopra del sacerdote vi è il vescovo. I chierici erano numerosi? Sì, soprattutto se si fa un confronto con la situazione odierna. Ma nel clero medievale è necessario distinguere tra due tipi di personalità religiose, distinzione che d’al- tronde rimane valida ancora oggi. Da una parte vi sono i chierici che hanno un rapporto con i fedeli, dunque in primo luogo i sacerdoti, che in genere sono a capo di una «parrocchia» compresa in una diocesi guidata da un ve- scovo. Essi costituiscono quello che viene chiamato il «clero secolare», perché vive «nel secolo», vale a dire nel mondo. Dall’altra abbiamo il clero che conduce una vita solitaria e ritirata dal mondo, anche se i contatti con l’esterno sono più numerosi di quanto comunemente si creda: sono i monaci, i «regolari», coloro che vivono da soli (la parola «monaco» viene dal greco monos, che si- gnifica «solo») e che obbediscono a una «regola». Il no- me di «monaci» («solitari») è loro rimasto, anche se vive- vano per la maggior parte in comunità, peraltro assai iso- late dal resto del mondo. 39 Ma ci sono vari tipi di monaci... A partire dal V e VI secolo il loro numero fu considerevole. I monaci irlandesi, in particolare, si distinsero per la fonda- zione di monasteri nei Vosgi e nelle Alpi. Nel VI secolo un monaco, Benedetto da Norcia, emanò una regola moderata (vale a dire non troppo severa), in cui il lavoro manuale e gli uffici religiosi erano ben equilibrati. All’inizio del IX seco- lo, il figlio di Carlo Magno, Ludovico il Pio, impose questa regola all’insieme dei monaci: nacquero così i benedettini. Ma non si trattò di un caso isolato. A partire dal X secolo vennero creati numerosi ordini religiosi, che presero a mo- dello la regola di san Benedetto adattandola all’evoluzione della società. Uno di questi ordini, fondato a Cluny, si dif- fuse capillarmente in tutta Europa, a un punto tale che i mo- naci di Cluny divennero una grande potenza e il loro capo, l’abate di Cluny, considerato una personalità di spicco. Al- cuni papi di quest’epoca erano ex monaci di Cluny. Nel XII secolo si assisté a una nuova ondata di monaci riformati, va- le a dire di monaci preoccupati di ritornare a uno stile di vi- ta più severo, più vicino alla lettera e allo spirito della rego- la di san Benedetto. I più noti sono i cistercensi, nome che deriva loro dalla «casa madre» di Cîteaux (in latino, Cister- cium), in Borgogna. Il più famoso tra loro è san Bernardo, vissuto nella prima metà del XII secolo. Ma i templari non erano anch’essi un ordine religioso? Ci arrivo subito. Le Crociate contro i musulmani (la prima Crociata ebbe luogo alla fine dell’XI secolo, ne parlerò più 40 avanti) e il desiderio di convertire con la forza i pagani sti- molarono la nascita di ordini militari, di cui i principali fu- rono, a sud e a ovest i templari e gli ospitalieri, e a est i ca- valieri teutonici. Se ne ebbero anche in Spagna. Francesco d’Assisi era un monaco? No, non proprio. All’inizio del Duecento furono fondati gli ordini chiamati «mendicanti»: i francescani, da san France- sco d’Assisi, e i domenicani, da san Domenico. Non sono monaci, ma frati. La loro vita non si svolge in solitudine, ma in conventi situati in città. Li si chiama «mendicanti» per- ché, invece di vivere dei redditi delle terre e dei possedi- menti loro propri – gestiti per loro conto da «amici» laici – vivono di offerte e donazioni. In breve tempo il loro succes- so fu straordinario. I frati mendicanti si occupavano princi- palmente degli individui e delle famiglie delle città, ma ta- luni laici li accusavano di mescolarsi troppo ai loro affari, di essere «invadenti». A partire dal Trecento, monaci e reli- giosi decrebbero notevolmente di numero e d’importanza. I LAICI: SIGNORI E SERVI, ABITANTI DELLE CITTÀ E BORGHESI I laici sono tutti coloro che non sono chierici? Sì, ma è necessario distinguere fra tre specie di laici: i si- gnori, cioè i nobili; i contadini, ossia i servi; gli abitanti del- le città, ovverosia i cittadini. 41 Vi sono innanzitutto coloro che occupano la posizione più elevata, e di cui abbiamo già parlato: i cavalieri. Ad es- si possono essere attribuiti due nomi o titoli. Da una parte li si può chiamare «signori», perché le terre che possiedo- no, da cui ricavano redditi dalla produzione agricola e ca- noni (vale a dire somme di denaro) dai contadini, sono de- nominate «signorie». Dall’altra ricevono il titolo di «nobi- li», derivato dall’Antichità, cosa che li pone all’interno di un corpo sociale superiore, la nobiltà, la quale domina su tutti coloro che non ne fanno parte, i plebei. Al di sotto dei signori trovate tutto il popolo dei non no- bili, in generale contadini. Sino al XII secolo i contadini non erano veramente liberi, e li si indicava col nome di «servi», parola che viene dal latino servus, «schiavo». I servi, tutta- via, non sono paragonabili agli schiavi dell’Antichità: il ser- vaggio era meno duro della schiavitù alla quale era sottopo- sta la maggior parte dei contadini dell’Antichità, e i servi po- tevano sposarsi e costituire una famiglia legale, cosa che non accadeva in alcun modo all’antico schiavo. A partire dall’XI secolo i signori accordarono sempre più spesso la libertà ai servi: da un lato, infatti, questi ultimi la pretendevano in cambio del loro lavoro; dall’altro, i signori, che avevano bi- sogno di nuovi proventi a causa delle accresciute esigenze economiche, non avrebbero potuto ottenerli se avessero mantenuto i servi nella loro condizione di «servitù». Per parte loro, i contadini desideravano anche avere una mag- giore indipendenza per spostarsi e svolgere occupazioni che richiedevano la loro presenza altrove (ad esempio per rendere coltivabili dei terreni, in particolare quelli ricoper- ti di foreste, o vendere i loro prodotti nelle fiere). 42 Ricordo infine che si è signori o servi per nascita. Ma un signore può «affrancare», rendere libero, un servo. Rimane una terza categoria, gli abitanti delle città... Effettivamente, dall’XI al XIII secolo, si videro sorgere nu- merose città, e la maggior parte dei loro abitanti non do- veva più la propria condizione alla nascita – contrariamen- te ai signori o ai servi – ma al lavoro ed al risultato della propria attività. Nelle città certuni si arricchirono, sia tra- mite l’artigianato (fabbricazione di tessuti e di abiti, di utensili grazie al sempre maggiore utilizzo del ferro), sia tramite il commercio, ottenendo, pacificamente o con la forza, il diritto di fabbricare e di vendere senza dover più pagare canoni a un signore: sono le «franchigie» (franco si- gnifica «libero»). Durante la prima fase di sviluppo (dal IX al XII secolo), le città erano in genere chiamate «borghi» ed i loro abitanti «borghesi». In seguito, la parola «bor- ghese» finì per indicare i cittadini di più antica origine e in- sieme i più ricchi. Quando i borghi si estendevano al di là del territorio lo- ro proprio si formavano i «sobborghi». Questi ultimi, ad un certo momento, sono stati spesso circondati da mura di cinta con bastioni: è il caso, dal 1190 al 1210, di Parigi sot- to Filippo Augusto; in Francia avete anche lo spettacolare esempio di Carcassonne, costruita ad imitazione delle città medievali... ma solo nell’Ottocento. I borghesi vantavano spesso diritti speciali sui sobborghi: in particolare percepi- vano delle entrate da coloro che ne attraversavano il terri- torio, vi costruivano una casa o vi aprivano un negozio. 43 COMMERCIANTI, FIERE E VIAGGIATORI Lei ha accennato al commercio e ai commercianti. Come era organizzato nel Medioevo? In che modo si acquistavano e vendevano i cibi, gli abiti e tutti gli altri prodotti necessari per vivere? Vi ho detto in precedenza che nell’XI e XII secolo, i seco- li in cui si compie la grande svolta del Medioevo, si è avu- to un aumento della produzione agricola (grazie ai disbo- scamenti e quindi all’estensione della superficie coltivabi- le); contemporaneamente, nelle città si sviluppava l’arti- gianato. La quantità di prodotti che potevano essere ven- duti e scambiati si è dunque di molto accresciuta. Di con- seguenza, i luoghi d’incontro per la vendita e lo scambio si sono concentrati e moltiplicati, ed è così che sono nate le «fiere». Ve ne erano in tutta Europa. Ma nel XII e XIII secolo le più frequentate e famose erano quelle della Champagne, regione nella quale si succedeva, estendendosi per tutto l’anno, una serie di fiere: a Provins, a Lagny, a Troyes, a Bar-sur-Aube. A un livello minore, locale o regionale, c’erano anche i «mercati», grandi luoghi d’incontro. Erano fiere «internazionali»? Sì, certamente. Come sicuramente saprete, quando andate in un altro paese dovete avere con voi, per acquistare qual- che cosa, denaro che abbia corso legale in quel determina- to paese: potrete dunque trovarvi nella necessità di «cam- 44 biare» il vostro denaro. (Ancora qualche anno fa, prima dell’introduzione dell’euro – la nostra moneta europea – era così ogni volta che si attraversava un confine di Stato.) Nel Medioevo, in uno stesso paese, a seconda dei luoghi, circolavano monete molto diverse, e per questo motivo una delle attività delle fiere era il cambio delle monete, con per- sone specializzate e particolarmente abili nel commercio del denaro. Ebbene, alla fine del Medioevo, certuni di que- sti cambiavalute, più fortunati o furbi degli altri, divente- ranno «banchieri». E perché li si è chiamati così? Perché commerciavano le monete su banchi di legno! Almeno all’inizio, perché ovviamente avrebbero ben presto trasfe- rito la loro attività in edifici che costituiranno le future banche. Il numero molto grande di monete presenti nel Medioe- vo ha contribuito a frenare, con ogni probabilità, lo svi- luppo economico. Ma questo significa anche che nel Medioevo si viaggiava molto? Certo. Contrariamente a una vecchia idea assai diffusa, che occorre assolutamente abbandonare, i servi raramente era- no legati alla terra («gleba»). Nelle signorie, in particolare, i canoni riscossi dai signori sui contadini – vale a dire per l’appunto i diritti «feudali» – erano onerosi. I servi erano dunque spinti a cercare altrove migliori condizioni di vita. Ma al di là di queste ragioni economiche – l’avrete già ca- pito, dopo quanto abbiamo detto – nel Medioevo gli uo- mini e le donne, anche di condizione modesta, erano spes- 45 so in cammino, sia per cambiare di signoria o di città (per- ché pensavano di avvantaggiarsene, di vivere meglio, ecc.), sia per raggiungere le fiere, sia per recarsi nei luoghi di pel- legrinaggio. Uomini e donne sono «itineranti», si spostano. E questo è vero tanto per i chierici quanto per i laici, anche se i mo- naci e le suore restano maggiormente confinati nei loro monasteri. Dirò di più: tanto più si spostano in quanto la religione cristiana insegnava ai fedeli che l’uomo sulla ter- ra è un viaggiatore (in latino: homo viator), un uomo in cammino. E mai questa idea è stata più vera che nel Me- dioevo. I POVERI. CARESTIE, MALATTIE ED EPIDEMIE Lei ha parlato più volte dei «progressi» realizzatisi nell’XI, XII e XIII secolo. Ma una delle immagini più persistenti è quella, malgrado tutto, di un Medioevo povero. È un’immagine sbagliata? Purtroppo no: le città del Medioevo sono popolate anche da molti poveri, e questa povertà rappresenta certamente uno degli elementi di quello che abbiamo chiamato il Me- dioevo «cattivo». Si poteva morire di fame nel Medioevo? Sì. Nonostante il forte sviluppo dell’agricoltura e delle atti- vità legate all’alimentazione, quest’ultima rimaneva infatti 46 estremamente diversa per ricchi e poveri, signori e servi. Le carestie, che spesso colpivano le città, non erano rare nem- meno nelle campagne, anch’esse non estranee alla povertà. Le carestie diminuirono nel XIII secolo, per riprendere però in quello successivo. Nutrire gli affamati e i poveri di- venne d’altronde uno dei comandamenti della Chiesa: era un dovere innanzitutto per i chierici, ma anche per i signo- ri ed i ricchi e, non dimentichiamolo, per i re. È soprattutto nel campo dell’alimentazione, in risposta alla fame, che il Medioevo si è impegnato a estendere la carità e la solida- rietà. Quanto alla parola latina caritas, i chierici ne hanno sottolineato il significato tradizionale, che è «amore». C’erano molti mendicanti? Molti, sì. E tanto più numerosi in quanto la mendicità non sempre era disprezzata. Nel Medioevo, l’immagine di Ge- sù mendicante era ancora fortemente presente, e nel XII secolo, quando comparvero nelle città dei religiosi di tipo nuovo, i domenicani e i francescani (ne abbiamo parlato poco fa, ricordate?) si diede loro il nome di «ordini men- dicanti», cosa che, all’epoca, era il più delle volte avvertita come un elogio. E i malati? Come li si curava? È una questione complessa. A lungo (di fatto per tutto il Medioevo e anche dopo), vengono curati soprattutto con rimedi popolari (vale a dire il più delle volte con riti magici: gesti, formule, pozioni, «filtri», balsami ai quali si attribui- 47 sce un potere di guarigione). Diciamolo pure: nelle regioni non cristiane, gli uomini e le donne che forniscono questi trattamenti sono considerati stregoni e streghe. In terra cri- stiana la stregoneria era vietata (ne diremo ancora qualcosa più avanti), ma c’erano dei «guaritori» cristiani i quali ave- vano ricevuto da Dio non un potere – in ogni caso non uffi- cialmente –, ma un sapere. Le persone più ricche – signori e borghesi – venivano curate il più delle volte da medici ebrei, perché tra questo popolo si era tramandata una medicina più scientifica, che derivava dall’Antichità. Anche in questo caso, è sempre a partire dal Duecento che la medicina fece grandi progressi, mentre all’università si iniziò a impartirne l’insegnamento. Si ebbe una facoltà di medicina anche a Parigi, ma la più importante università medievale, per quanto riguarda l’insegnamento della me- dicina, fu Montpellier. E gli ospedali? Sempre in quest’epoca, nel Decento, la Chiesa e in parti- colare alcuni ordini religiosi iniziano a costruire i primi ospedali. Si può vedere ciò che ne rimane in particolare in due città: a Beaune, in Borgogna (la struttura risale al Quattrocento), e a Siena. A Parigi esiste ancora, nell’Île de la Cité, un ospedale perfettamente attivo sorto nel Me- dioevo e che porta il nome di «Hôtel-Dieu», però i suoi edifici attuali risalgono all’Ottocento. Quali erano le malattie più temute e frequenti del Medioe- vo? 48 Sino al Trecento una malattia molto diffusa e particolar- mente temuta era la lebbra. Per i lebbrosi, nelle città, si costruiscono ospedali specializzati, i «lebbrosari», posti sotto la protezione di Maria Maddalena, da cui il nome di «quartier de la Madeleine» (a Parigi e a Lille, per esem- pio). Ma poiché si riteneva che la lebbra fosse contagiosa, i lebbrosi che si recavano all’esterno dovevano agitare uno strumento dal suono particolare, la raganella. A seguito dei miglioramenti introdotti nell’alimentazione e nella cu- ra della pelle, la lebbra nel Trecento scomparve quasi del tutto. Invece si propagò una terribile epidemia di una malattia fortemente contagiosa, la «peste nera». Venuta dall’Orien- te, dalla Crimea (a settentrione del Mar Nero), essa fu por- tata da alcuni marinai genovesi e si diffuse in quasi tutta la cristianità, con ritorni irregolari ma assai frequenti. La pri- ma grande epidemia, nel 1348-1349, sorprese i cristiani, costando la vita a intere famiglie e conventi. Poi si cerca- rono dei rimedi, facendo soprattutto ricorso alla messa in quarantena dei contagiati e all’isolamento di quanti erano venuti in contatto con i malati. Nelle città, la popolazione dovette sottostare a particolari regolamenti emanati per impedire il contagio. La cattiva alimentazione comportava frequenti epidemie di dissenteria, spesso mortali, soprattutto per i neonati e i bambini molto piccoli. Avrete forse sentito dire che san Luigi è morto di peste di fronte a Tunisi nel 1270. È falso: è morto di dissenteria (o di tifo). Capitolo V I potenti I RE C’è un personaggio di cui non ha ancora parlato: il re... È vero. Nel sistema feudale, come abbiamo visto, il potere appartiene soprattutto ai signori, ma al di sopra di essi vi erano personaggi più potenti i quali, a partire soprattutto dal Duecento, se ne accaparrarono gran parte. Questi per- sonaggi sono i re. La comparsa dei re è una grande novità in Occidente (che è, come sapete, la parte «ovest» del mon- do rispetto a Roma, mentre l’Oriente, o «Levante», si tro- va ad est). Le origini della regalità in Europa risalgono al V e al VI secolo. I Franchi infatti ebbero dei re, il più famo- so dei quali rimane Clodoveo; i Goti ne ebbero anch’essi, ed il più famoso è Teodorico, che s’insediò a Ravenna... I re si circondavano di servitori che si occupavano degli af- fari del regno: formavano quello che chiameremmo oggi il corpo degli «alti funzionari». 51 Come si diventava re? In due modi: per elezione o per nascita. Ugo Capeto ad esempio, il primo dei re «capetingi», venne eletto dai suoi pari (cioè dagli altri signori, uguali a lui per rango) nel 987. Ma la tendenza più diffusa fu quella di garantire la succes- sione dei re tramite la nascita, vale a dire di creare delle di- nastie (delle famiglie reali, se preferite). In genere, il suc- cessore del re era il maggiore dei suoi figli. Ad esempio, la Francia conobbe la dinastia dei Capetingi a partire dal X secolo, poi quella dei Valois con Filippo VI all’inizio del Trecento. In certi regni, le donne non potevano diventare «re»: la regina godeva solo di una posizione di prestigio e talvolta di una qualche influenza in quanto madre o sposa del re. Ma non occorreva anche essere «consacrato» re? Sì, ma considerate la differenza con l’imperatore romano: a Roma l’imperatore era oggetto di culto, vale a dire che lo si venerava come una sorta di dio o di semidio; al re, invece non si tributa alcun culto. Tuttavia, la «funzione regale» ha anch’essa un carattere sacro, che taluni re riu- scirono a imporre a seguito della cerimonia religiosa di in- tronizzazione che aveva luogo all’inizio del loro regno. I re di Francia si facevano consacrare, o ricevevano la con- sacrazione, nella cattedrale di Reims, in memoria del bat- tesimo di Clodoveo avvenuto in quello stesso luogo; i re d’Inghilterra venivano consacrati a Londra, nella catte- drale di Westminster. 52 Qual è la differenza tra gli imperatori e i re? Il fatto che una molteplicità di re, ciascuno alla testa di un regno, sostituisce l’unico imperatore romano. Ricordo che questi guidava l’Impero romano quale unico capo, e che era designato come imperatore sia per nascita sia per ac- clamazione da parte dei soldati. E la sua immagine nel Me- dioevo rimaneva forte. Infatti! L’imperatore Carlo Magno non voleva forse essere un nuovo imperatore romano? Il re dei Franchi, Carlo, chiamato in seguito Carlo Magno, Carlo il Grande, in latino Carolus Magnus, era diventato il più potente dei re cristiani, e pensava in effetti di ripristi- nare a suo vantaggio il prestigio e il territorio degli impe- ratori romani. Solo i re anglosassoni rimasero fuori dalla sua influenza diretta. Poteva contare sull’aiuto della Chie- sa, diventata una specie di monarchia con alla testa il ve- scovo di Roma, che aveva ricevuto il nome di «papa», vale a dire «padre». Con l’accordo di quest’ultimo, Carlo fu in- coronato imperatore a Roma nel Natale dell’800. Ma non bisogna sopravvalutare, come invece si è fatto, l’importan- za di questo avvenimento. Certo, Carlo Magno nel corso del Medioevo divenne un personaggio da leggenda, ma i suoi successori non si sono imposti come imperatori. Per quale motivo? Probabilmente perché l’ideale che ispirava Carlo Magno guardava più al passato, all’Antichità, che all’avvenire. Nel lasciare gli Anglosassoni al di fuori del ter- ritorio che immaginava per l’impero, dimostrava di non 53 possedere una visione veramente europea: Carlo Magno fu soprattutto un patriota franco, le cui prospettive non an- davano molto al di là del «paese dei Franchi» e delle sue conquiste. Ma siamo giusti: fu un grande protettore delle arti e delle lettere, seppe circondarsi di studiosi prove- nienti da ogni angolo della cristianità favorendo inoltre la formazione degli alti funzionari che lo servivano... Sapete che alla fine dell’Ottocento, quando venne istituita la scuo- la pubblica e obbligatoria, se ne fece risalire l’origine a Car- lo Magno? Ovviamente è soltanto una leggenda. In che modo i re si distinguevano dai signori? Prima di tutto tramite degli oggetti che erano simbolo di regalità: il più delle volte si trattava di un trono, una coro- na, una bacchetta chiamata scettro, e in taluni casi una «mano di giustizia» (una mano aperta fissata alla estremità di una manica), perché la giustizia era una delle loro gran- di prerogative, una delle funzioni riservate in particolare alla regalità, oltre che alla Chiesa. In generale i re governa- vano direttamente un territorio molto piccolo, il «demanio reale», nel quale erano sovrani; indirettamente, regnavano sui territori dei signori che essi dominavano in quanto «al- ti sovrani». Un’altra delle loro prerogative era l’impegno al mantenimento della pace. I re avevano già una corte? No, ma a partire dal XIII e soprattutto dal XIV secolo, i re, soprattutto in Francia, si circondarono di uomini che po- 54 tessero aiutarli a costruire lo Stato regio, monarchico, che è all’origine di quel supremo potere pubblico che ancor oggi chiamiamo «Stato». Nel Medioevo, nello Stato anco- ra in fase di gestazione, i re erano prima di tutto delle «per- sonalità» prestigiose circondate da consiglieri: è il caso di Ferdinando IV il Grande di Castiglia (1035-1065), Luigi VII in Francia (1137-1180), Enrico II in Inghilterra (1154- 1189). A partire dal Duecento si ebbero anche diverse as- semblee che i re consultavano, ad esempio per le questio- ni relative alle finanze e alla giustizia. Ma un governo con dei ministri e un’«amministrazione» estesa a tutto il regno è un’immagine che non corrisponde alla realtà dell’epoca. Governavano realmente? Dai re ci si aspettava che si occupassero degli affari del re- gno, il quale divenne solo lentamente uno Stato dotato di istituzioni stabili (leggi, imposte, assemblee deliberative, funzionari). Nell’VIII secolo si ritenne che i re non svol- gessero il loro lavoro, e li si chiamò «re fannulloni». Fu questo, in ogni caso, il pretesto utilizzato in Francia dai membri di una nuova dinastia, il cui capo era Pipino il Bre- ve, padre di Carlo Magno, per cacciare dal trono la dina- stia precedente, quella dei Merovingi (la cui origine risali- va cioè a un capo franco di nome Meroveo) e sostituirla con quella che si chiamò dei Carolingi. I re del Medioevo avevano un esercito? Sì, tra le loro funzioni c’era anche quella di guidare l’eserci- to. Il più delle volte l’esercito regio veniva ricostituito per 55 ogni guerra, in primavera. L’esercito comprendeva da un lato soldati dipendenti dal re e provenienti dal demanio reale, dall’altro mercenari, vale a dire stranieri ai quali il re pagava il «soldo». Ma nelle grandi occasioni i re comanda- vano un esercito che possiamo chiamare «nazionale», com- posto di soldati arruolati in tutto il regno. È quanto fece all’inizio del Duecento il re di Francia Filippo Augusto, in occasione della battaglia di Bouvines, nel 1214. È soltanto nel Quattrocento che i re di Francia organizzarono un esercito permanente. Ancora una domanda: in che modo la città di Parigi è diven- tata la sede del re e la capitale dei Franchi? In alcuni paesi i re scelsero di vivere in una particolare città che da allora venne considerata come la «testa» del regno, vale a dire come la capitale (dal latino caput, «testa»). In Francia, Clodoveo stabilì la sua capitale a Parigi, ma la città non mantenne a lungo questa prerogativa. Carlo Magno stabilì la sua capitale ad Aquisgrana, una città dell’odierna Germania (in tedesco si chiama Aachen, in francese Aix- la-Chapelle), ma dopo di lui anch’essa cessò di essere ca- pitale. In compenso, si può dire che Londra fu la capitale dell’Inghilterra sin da Guglielmo il Conquistatore, quindi fin dall’XI secolo. In Francia, dopo un lungo esitare tra Pa- rigi ed Orléans, Parigi rimase la capitale dal XII al XV se- colo, ridivenendolo solo nel Cinquecento, ma per breve tempo: infatti, durante la seconda metà del Seicento, Lui- gi XIV stabilì la propria residenza a Versailles. In Spagna, i re di Castiglia cambiarono parecchie volte 56 capitale: alla fine dell’XI secolo scelsero Toledo, riconqui- stata sui musulmani. È solamente nel Cinquecento che la capitale venne fissata a Madrid. In Italia non si può parlare di una capitale unica fino all’Ottocento, perché lo Stato italiano è nato molto tardi. Non si ebbe una capitale neppure in Germania, ma a par- tire dal XII secolo i principi tedeschi eleggevano l’impera- tore a Francoforte sul Meno. IL PAPA E L’IMPERATORE Abbiamo tuttavia l’impressione che al di sopra dei re vi fosse- ro due personaggi più importanti, spesso in contrasto fra loro. Sì, al vertice della società si trovavano il papa e l’imperato- re, due personaggi in teoria più potenti degli altri. Il papa guidava la Chiesa, e ne era veramente il capo, alla stregua di un monarca. L’imperatore, più che essere dotato di ve- ra autorità, era piuttosto una «personalità» di prestigio. In teoria era al di sopra dei re, dei principi e delle città, ma nella realtà i suoi ordini erano spesso disattesi. A partire dal X secolo, la sua autorità non andava molto al di là del Sacro Romano Impero di nazione germanica, vale a dire della Germania e dell’Italia. Ma perché erano in contrasto? Le «cronache» (i racconti degli avvenimenti storici in or- dine cronologico) sono piene di dispute tra i papi e gli im- 57 peratori, in particolare riguardo alla nomina dei vescovi. Ma questi conflitti hanno spesso costituito nient’altro che ordinate rappresentazioni teatrali sul palcoscenico della storia. La vera storia, quella che influiva realmente sull’evoluzione della società, si svolgeva piuttosto dietro la scena e nel profondo: nelle monarchie, nelle signorie, nel- le città. Dopo la morte dell’imperatore Enrico VII a Pisa, nel 1313, l’influenza dell’imperatore non si estese oltre la Germania. I papi erano eletti da un collegio di cardinali (in occasione del «conclave»), nominati dai loro predecessori. Gli imperatori, per parte loro, erano eletti da particolari principi tedeschi, i «principi elettori». Capitolo VI La religione e l’unità dell’Europa LA CRISTIANITÀ Nel Medioevo tutti i paesi europei sono cristiani, e il capo dei cristiani è il papa, che sta a Roma. La gente aveva coscienza di questa unità? All’incirca a partire dall’XI secolo i cristiani organizzarono spedizioni militari contro i musulmani di Palestina per ri- conquistare i «Luoghi Santi» dove il Cristo era morto e re- suscitato. Sono le Crociate, svoltesi tra il 1095, data della prima Crociata, e il 1291, data della caduta dell’ultimo ba- stione cristiano in Palestina, San Giovanni d’Acri. Gli uo- mini e le donne del Medioevo sentirono allora di apparte- nere a uno stesso insieme di istituzioni, credenze e con- suetudini: la cristianità. È molto importante comprendere quanto segue: contrariamente agli altri due «monoteismi», quello ebreo e quello musulmano (i monoteismi sono le re- ligioni che credono in un solo Dio, un Dio onnipotente), i cristiani dividevano il potere esercitato sulla terra tra la 59 Chiesa (il potere detto «spirituale») e i capi laici (il potere detto «temporale»), dunque tra il papa da una parte, e gli imperatori e i re dall’altra. Perché i cristiani facevano questa distinzione? Essa deriva dal Vangelo, libro sacro dei cristiani, nel qua- le Gesù prescrive di dare a Dio ciò che gli spetta e a Cesa- re, vale a dire ai capi laici, ciò che invece spetta loro (il go- verno del paese, l’esercito, le tasse, ecc.). Questa distinzio- ne impedirà ai cristiani d’Europa di accordare tutti i pote- ri a Dio e di vivere in quella che si chiama una «teocrazia» (i paesi nei quali comanda Dio), e permetterà loro, a parti- re dall’Ottocento, d’istituire le democrazie (nelle quali il potere deriva dal popolo). Ma quali erano allora i poteri della Chiesa nel Medioevo? Erano notevoli. Riscuoteva, ad esempio, canoni rilevanti da tutti i cristiani. Alcuni casi giudiziari, in particolare per quanto riguardava il matrimonio, erano affidati ai tribuna- li ecclesiastici (i cui giudici erano chierici designati dai ve- scovi). Di più: quando un re o un potente cristiano sem- brava disobbedire alla Chiesa, vale a dire a Dio, il papa po- teva «scomunicarlo», espellerlo dalla Chiesa e persino vie- tare ai suoi sudditi di accostarsi ai sacramenti. Quindi, niente più battesimi, comunioni, confessioni, matrimoni, estreme unzioni (il sacramento che si somministra ai mori- bondi); si trattava di una misura che aveva un fortissimo impatto sugli scomunicati perché, lo ricordo, nel Medioe- vo quasi tutte le persone erano assai credenti. 60 COME ESSERE UN «BUON» CRISTIANO? Dio, il Cristo, la Vergine... Si tratta di diverse figure. Può dir- ci qualcosa sul Dio in cui si credeva nel Medioevo? Si credeva in un solo Dio, comprendente tre persone, tre figure diverse se volete, chiamate la «santa Trinità». C’erano Dio Padre, Dio Figlio (Gesù Cristo) e lo Spirito Santo. I cristiani li invocavano volta per volta in funzione delle loro richieste. Dio Padre era in qualche modo il co- mandante in capo, un po’ lontano, e anche giudice severo; Gesù, al contrario, era il supremo confidente di tutti; lo Spirito Santo infine, concedeva agli individui e alle asso- ciazioni religiose chiamate «confraternite» la devozione, la pietà, lo spirito che permetteva loro di ottenere la salvezza, vale a dire la vita eterna nell’aldilà. Vi ho già parlato dei «sacramenti», che per i cristiani rap- presentano i segni dell’appartenenza alla Chiesa. Il più im- portante era il battesimo, perché faceva di colui o di colei che lo riceveva un cristiano o una cristiana, rendendolo in tal modo capace di ottenere la salvezza. Cosa serviva per essere un «buon» cristiano? Il buon cristiano doveva adempiere a un certo numero di doveri: pregare Dio tutti i giorni, comunicarsi, ossia rice- vere il corpo di Cristo sotto forma di ostia (l’ostia è un pa- ne consacrato dal sacerdote durante la messa) almeno una volta l’anno, e in genere astenersi dal commettere colpe o «peccati», definiti dalla Chiesa e insegnati nel corso 61 dell’istruzione religiosa impartita ai ragazzi in occasione del «catechismo». Riguardo in particolare alle colpe o ai peccati, vorrei sottolineare che a partire dal Duecento un sacramento acquistò un’importanza del tutto particolare: la confessione dei propri peccati. Almeno una volta l’anno il cristiano li confessava a un sacerdote, rappresentante di Dio e, salvo casi eccezionali (val

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