Genetica Medica (PDF) - Giuseppe Damante

Summary

Questa lezione di genetica medica di Giuseppe Damante tratta i fondamenti dell'ereditarietà, tra cui genotipo, fenotipo, geni e cromosomi. L'autore spiega anche la genetica mendeliana e le relative leggi della segregazione e della dominanza, fornendo una sintetica panoramica di un campo complesso.

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Genetica medica Giuseppe Damante [email protected] 36 ore Introduzione alla genetica e definizioni primarie La genetica è la disciplina che studia i principi e i meccanismi con cui i caratteri sono trasmessi alla progenie, spiegando perché i figli sono simili ai g...

Genetica medica Giuseppe Damante [email protected] 36 ore Introduzione alla genetica e definizioni primarie La genetica è la disciplina che studia i principi e i meccanismi con cui i caratteri sono trasmessi alla progenie, spiegando perché i figli sono simili ai genitori. Le basi della genetica sono state comprese studiando i caratteri qualitativi. I caratteri rappresentano tutto ciò che è osservabile e misurabile in un organismo, e possono essere distinti in: Caratteri qualitativi: variano completamente da un organismo all’altro e non sono misurabili, ma si esprimono con una qualità (es. colore degli occhi). Caratteri quantitativi: sono misurabili con un numero (es. altezza, peso) e la loro variazione nella popolazione è distribuita in maniera continua. IL GENE Il gene è un’unità discreta d’informazione, separabile concettualmente dal resto, che contribuisce alla formazione di un carattere. Il genoma umano comprende circa 20.000 geni differenti. Ogni gene contiene informazioni codificate nel DNA. GENOTIPO E FENOTIPO Genotipo: È l’insieme dei geni che compongono il corredo cromosomico di un organismo. Ad esempio, il colore di un fiore dipende dalla combinazione di due geni, uno materno e uno paterno. Ogni gene può avere variazioni (alleli). Il genotipo determina il fenotipo. Fenotipo: È l’insieme delle caratteristiche morfologiche e funzionali di un organismo, risultanti dall’espressione del genotipo e dalle influenze ambientali. Es.: Il fenotipo “biondo” descrive il colore dei capelli. I caratteri qualitativi dipendono quasi esclusivamente dai geni. I caratteri quantitativi possono essere influenzati anche dall’ambiente. Esempi di influenza ambientale sui caratteri: Gemelli omozigoti (stesso patrimonio genetico) sono identici anche nel fenotipo. Gemelli dizigoti (da due ovociti e due spermatozoi) condividono solo una parte del patrimonio genetico e possono differire nel fenotipo. GENI E CROMOSOMI I geni sono organizzati nei cromosomi. Lo studio dei cromosomi di un individuo si chiama analisi del cariotipo. Una cellula somatica umana possiede 46 cromosomi: 23 di origine materna e 23 di origine paterna. Il gene è scritto nel DNA, il cui codice genetico è formato da sequenze di basi azotate: → Adenina (A) si accoppia con Timina (T). → Guanina (G) si accoppia con Citosina (C). Conoscendo la sequenza di un’elica di DNA, è possibile risalire a quella complementare. PROPRIETÀ DEL DNA 1. Contiene informazioni genetiche: Le informazioni sono rappresentate dalla sequenza delle basi azotate. 2. Trasmette informazioni: Duplicazione: Durante la divisione cellulare, il DNA si separa in due filamenti, ognuno dei quali guida la sintesi di un filamento complementare. Trascrizione: Il DNA viene trascritto in RNA, un intermedio necessario. Traduzione: L’RNA guida la sintesi delle proteine, le quali eseguono le funzioni codificate dal genoma. Genetica mendeliana Fondamenti e leggi mendeliane Lo scienziato Gregor Mendel (seconda metà dell’Ottocento), questa disciplina ha acquisito una base scientifica solida. Mendel, attraverso un procedimento sperimentale, scelse piante di pisello che si riproducevano rapidamente e focalizzò l’attenzione su caratteri genetici unitari (ad esempio, il colore del fiore o la forma del seme) che potevano presentarsi in due sole forme alleliche alternative. Selezionò linee pure, cioè generazioni parentali che originavano sempre piante con lo stesso carattere, e iniziò a eseguire incroci. PRIMA LEGGE DI MENDEL: LEGGE DELLA DOMINANZA Incrociando due generazioni parentali (P) di linee pure con forme alleliche opposte per un carattere (ad esempio, il colore del seme), Mendel osservò che la prima generazione filiale (F1) mostrava un fenotipo uguale a uno solo dei genitori, mentre l’altro sembrava scomparire. Mendel definì dominante il tratto che si manifestava e recessivo quello che non si manifestava. Formulò quindi la legge della dominanza: “Incrociando due linee pure differenti per un carattere, gli individui ibridi della generazione F1 manifestano solo uno dei due caratteri della generazione parentale.” SECONDA LEGGE DI MENDEL: LEGGE DELLA SEGREGAZIONE Lasciando autoimpollinare le piante F1, Mendel osservò che nella seconda generazione filiale (F2) ricompariva il tratto recessivo in un rapporto costante 3:1 rispetto al tratto dominante. Egli ipotizzò che ogni carattere fosse determinato da un gene presente in due forme alleliche alternative, una ricevuta per via materna e una per via paterna. Durante la meiosi, i due alleli si separano, cosicché ciascun gamete contiene un solo allele per carattere. Questa ipotesi portò alla formulazione della legge della segregazione: “Quando un individuo produce gameti, i due alleli di un gene si separano, cosicché ciascun gamete ne riceve una sola copia.” - Genotipo: L’insieme degli alleli di un individuo. - Fenotipo: L’insieme delle caratteristiche osservabili di un individuo, strutturandosi in: - Dominante: espresso in omozigoti dominanti (LL) o eterozigoti (Ll). - Recessivo: espresso solo in omozigoti recessivi (ll). TERZA LEGGE DI MENDEL: LEGGE DELL’ASSORTIMENTO INDIPENDENTE Mendel studiò incroci diibridi (es. LLGG x llgg) e osservò che i caratteri si distribuiscono indipendentemente durante la formazione dei gameti, producendo una generazione F2 con rapporto fenotipico 9:3:3:1. Formulò così la legge dell’assortimento indipendente in cui, durante la formazione dei gameti, geni diversi si distribuiscono indipendentemente l’uno dall’altro. Le leggi di Mendel hanno avuto un impatto fondamentale sulla biologia e sulla genetica, ponendo le basi per comprendere l’ereditarietà e lo studio dei caratteri genetici. Le sue scoperte, successivamente integrate nella genetica moderna, si sono rivelate cruciali per lo sviluppo delle scienze biologiche. ECCEZIONI ALLE LEGGI DI MENDEL La trascrizione avviene nel nucleo e codifica l’informazione genetica in un filamento complementare di mRNA, che dirige la sintesi proteica nel citoplasma. È responsabile anche della sintesi di tRNA e rRNA e si divide in tre fasi principali: 1. Dominanza incompleta: Il fenotipo della progenie risulta essere un ibrido tra i fenotipi dei genitori. Esempio: l’incrocio tra un fiore rosso e uno bianco può produrre fiori rosa. 2. Codominanza: Entrambi gli alleli di un gene sono espressi in modo completo e indipendente. Esempio: il gruppo sanguigno AB, in cui sono presenti sia l’allele A che l’allele B. 3. Eredità poligenica: I caratteri sono influenzati da più geni. Esempio: la pigmentazione della pelle nell’essere umano. 4. Legge della segregazione indipendente: Gli alleli di geni diversi segregano indipendentemente durante la formazione dei gameti. Questo significa che la distribuzione degli alleli di un gene non influisce sulla distribuzione degli alleli di un altro gene. DEFINIZIONI Allele: Una delle diverse forme di un gene presenti in uno specifico locus sul cromosoma. Ogni gene può avere più di un allele, e questi possono differire per variazioni nella sequenza nucleotidica. Gli alleli dominanti si indicano con una lettera maiuscola (es. A). Gli alleli recessivi si indicano con una lettera minuscola (es. a). Genotipo: L’insieme degli alleli di un organismo per un determinato gene o insieme di geni. Esso rappresenta la composizione genetica di un individuo e determina i caratteri ereditari potenziali. Omozigote: Condizione in cui un individuo possiede due alleli identici per un determinato gene: Omozigote dominante (AA) Omozigote recessivo (aa): Gli individui omozigoti tendono ad avere un fenotipo uniforme per un dato tratto, poiché non ci sono varianti alleliche che ne influenzano l’espressione. Eterozigote: Condizione in cui un individuo possiede due alleli diversi per un determinato gene (Aa). In caso di dominanza completa, l’eterozigote mostrerà il fenotipo associato all’allele dominante. Il fenotipo recessivo si esprimerà solo in presenza di due alleli recessivi (aa). Quadrato di punnett e testcross Il Quadrato di Punnett è un diagramma che aiuta a calcolare tutte le combinazioni possibili di alleli quando due organismi si riproducono. È uno strumento semplice ma potente per prevedere la probabilità che un certo tratto genetico venga ereditato dalla prole. Funzioni: P1/P2 G g G GG Gg g Gg gg G> dominante; Frequenze genotipiche: g> recessivo; 1/4 GG Gg> 50% dom 50% recessivo; 1/2 Gg gg> 100% recessivo; 1/4 gg GG> 100% dominante. Frequenze fenotipiche: 7/4 giallo 1/4 verde Il carattere recessivo si vede solo in omozigosi. In medicina viene utilizzato insieme agli alberi genealogici per vedere la probabilità di malattie ereditarie. Ci sono coppie di geni (o più di due) che non seguono la legge, i trasmettono in maniera associata: questo fenomeno si chiama associazione genica. Due o più geni si dicono associati quando non seguono la legge della segregazione indipendente > LINKAGE. Se due o più geni sono localizzati molto vicini l’uno all’altro sullo stesso cromosoma, è probabile che vengano ereditati insieme durante la meiosi, il processo di divisione cellulare che produce gameti (spermatozoi e ovuli). Ereditarietà Eredità mendeliana e malattie genetiche MALATTIE AUTOSOMICHE DOMINANTI Queste patologie si verificano quando un singolo allele mutato è sufficiente a causare la malattia. Sono trasmesse con uguale frequenza tra maschi e femmine. Ogni genitore affetto ha il 50% di probabilità di trasmettere la malattia ai figli, indipendentemente dal sesso. Gli individui affetti sono generalmente eterozigoti, poiché l’omozigosi per alleli dominanti mutati può essere incompatibile con la vita o provocare forme più gravi della malattia. MALATTIE AUTOSOMICHE RECESSIVE Queste condizioni si manifestano solo negli individui omozigoti per l’allele mutato. Gli affetti hanno genitori che di solito sono portatori sani (eterozigoti). Per una coppia di portatori sani, la probabilità di avere un figlio affetto è del 25% per ogni gravidanza. Queste malattie colpiscono maschi e femmine con la stessa frequenza. Gli individui di gruppo AB presentano entrami gli antigeni di membrana A e B, e non hanno anticorpi. Il fattore Rhesus (Rh) viene trasmesso secondo le leggi di Mendel, ma indipendentemente dai gruppi del sistema AB0. Per il fattore Rh gli alleli sono due: D (dominante, responsabile di Rh+) e d (recessivo, Rh-). Il sangue scambiato tra le persone deve essere gruppo compatibile e cioè: il sangue della persona ricevente non deve contenere anticorpi contro le proteine presenti sulla membrana di quello del donatore. Un soggetto del gruppo 0 Rh- viene definito donatore universale, mentre il ricevitore universale è un soggetto del gruppo AB Rh+. Ereditarietà autosomica I soggetti affetti da malattia autosomica dominante sono in genere eterozigoti: un carattere autosomico dominante segrega secondo le leggi di Mendel e quindi si manifesterà fenotipicamente anche ad opera di un solo allele presente nella coppia di omologhi. Un eterozigote ha una probabilità del 50% di trasmettere la mutazione ai figli. Questa modalità di trasmissione ha alcune peculiarità: la mutazione è presente in proporzioni simili nei maschi e nelle femmine, le persone affette possono essere presenti in tutte le generazioni senza salto di generazione (trasmissione verticale), sia maschi che femmine trasmettono la mutazione, ciascun individuo portatore di mutazione può trasmetterla al 50% dei figli, il fenotipo degli omozigoti (molto rari) è clinicamente più grave di quello degli eterozigoti. I caratteri recessivi sono quelli che si esprimono solo negli omozigoti, quindi per manifestarsi fenotipicamente necessitano della doppia dose allelica. I soggetti eterozigoti per geni che danno origine a malattie recessive vengono chiamati portatori sani. I soggetti affetti (omozigoti) originano dall’unione tra 2 soggetti eterozigoti portatori sani e si manifestano in media nel 25% dei figli, a prescindere dal sesso. Anche questa modalità di trasmissione ha alcune peculiarità: i genitori di soggetti affetti non manifestano il carattere e quindi saranno eterozigoti (portatori sani) dell’allele causa di malattia, la malattia ricorre tra i fratelli e spesso c’è un salto di generazione (trasmissione orizzontale), maschi e femmine sono colpiti con la stessa frequenza, da genitori eterozigoti portatori sani di un carattere nasceranno 25% figli affetti, 25% figli sani, 50% figli eterozigoti portatori sani. Malattie ad ereditarietà monofattoriale Le malattie ad ereditarietà monofattoriale sono patologie genetiche la cui trasmissione segue le leggi di Mendel. Questo significa che i geni responsabili di queste malattie seguono pattern di ereditarietà ben definiti, come quelli dominanti, recessivi, o legati al cromosoma X. 1. EREDITARIETÀ MENDELIANA Le malattie monofattoriali si trasmettono seguendo le regole stabilite da Gregor Mendel, che descrivono come i caratteri genetici sono ereditati da una generazione all’altra. Ogni gene implicato in queste malattie può presentarsi in due forme (alleli), la cui combinazione determina l’insorgenza della patologia. 2. MALATTIE RARE La maggior parte delle malattie monofattoriali sono considerate rare, ovvero colpiscono una piccola percentuale della popolazione. Nonostante la loro bassa frequenza, l’impatto sulla vita dei pazienti e delle famiglie può essere significativo. 3. ASSENZA DI TERAPIE RISOLUTIVE Nella maggior parte dei casi, per queste malattie non esistono trattamenti risolutivi. Le terapie disponibili si concentrano spesso sulla gestione dei sintomi o sul rallentamento della progressione della malattia, piuttosto che sulla sua cura. 4. IMPLICAZIONI ETICHE DEI TEST GENETICI I test genetici, in particolare quelli presintomatici, possono sollevare importanti questioni etiche. Questi test permettono di individuare il rischio di sviluppare una malattia prima che si manifesti, ma possono portare con sé dilemmi morali e psicologici, come: - La decisione di informare o meno i familiari del rischio genetico. - L’impatto emotivo di una diagnosi presintomatica su pazienti e familiari. - Le implicazioni legali e assicurative legate alla conoscenza di una predisposizione genetica. Malattie Poligeniche o Multifattoriali Le malattie poligeniche, conosciute anche come “malattie complesse,” sono causate da una combinazione di fattori genetici e ambientali. Questi disturbi derivano da un’interazione tra più varianti geniche e influenze non genetiche, rendendone lo studio particolarmente complesso. COMPONENTE GENETICA - Ogni individuo possiede una “costellazione” di varianti geniche comuni. - Ciascuna variante, singolarmente, esercita un effetto generalmente lieve o trascurabile. - La combinazione di queste varianti può aumentare il rischio di sviluppare la malattia. COMPONENTE AMBIENTALE Fattori ambientali, come stile di vita, dieta, esposizione a inquinanti e condizioni sociali, giocano un ruolo cruciale nel determinare se e come una predisposizione genetica si manifesti. DIAGNOSI E PREDIZIONE A differenza delle malattie monogeniche, per la maggior parte delle malattie poligeniche non esistono test genetici capaci di prevedere con certezza un rischio significativo. Le eccezioni, in cui è possibile identificare un aumento rilevante del rischio tramite test genetici, rimangono rare. Questo rende difficile utilizzare i test genetici per fini pratici, come la diagnosi precoce o l’adozione di strategie preventive mirate. Ereditarietà legata al sesso In alcuni tipi di trasmissione ereditaria è importante l’origine parentale di un allele. I caratteri determinati da geni localizzati sui cromosomi sessuali sono infatti caratteri legati al sesso, e non vengono ereditati in rapporti mendeliani, tipici invece dei geni situati sugli autosomi. Oltre alle 22 coppie di autosomi, ogni individuo possiede una coppia di cromosomi sessuali: 1. Le femmine (XX) portano una coppia di cromosomi X (sesso omogametico, gameti uguali); 2. i maschi (XY) invece hanno un cromosoma X e un cromosoma Y (sesso eterogametico). Per un totale di 46 cromosomi (corredo diploide). I soggetti di sesso maschile, avendo una sola copia di cromosoma X, per ogni gene localizzato su questo cromosoma sono emizigoti, cioè nel corredo genetico diploide presentano solo una copia. Nei gameti, invece troviamo 22 autosomi e un singolo cromosoma sessuale: 1. il gamete maschile può contenere X o Y; 2. Il gamete femminile può contenere solo X, per un totale di 23 cromosomi (corredo aploide). A seconda che il gamete maschile che feconda la cellula uovo contenga X o Y, possono nascere con uguale probabilità femmine (XX) o maschi (XY). Nell’uomo, i caratteri legati al cromosoma Y si ereditano solo per via paterna, sono sempre trasmessi a tutti i figli maschi manifestandosi a livello fenotipico, e mai alla progenie femminile. Il cromosoma Y è molto più piccolo del cromosoma X, e contiene essenzialmente geni che determinano lo sviluppo dell’embrione in senso maschile e geni importanti per la fertilità. Nel braccio corto del cromosoma Y è presente il gene SRY, la cui funzione è necessaria per lo sviluppo dell’embrione in senso maschile. Ereditarietà x-linked Per quanto riguarda l’ereditarietà X-linked dominante, una femmina affetta avrà un genotipo eterozigote, dunque ogni figlio che viene generato (indipendentemente dal sesso) avrà un rischio del 50% di ereditare l’allele dominante responsabile della malattia. Un soggetto maschio affetto trasmetterà sicuramente il suo unico cromosoma X alla totalità delle figlie femmine e a nessuno dei figli maschi (a cui verrà trasmesso Y). Per quanto riguarda l’ereditarietà X-linked recessiva, un maschio è emizigote per tutti i geni localizzati su X, dunque, se uno di questi geni conterrà una mutazione responsabile della malattia, il soggetto sarà affetto. Un soggetto femminile perché sia malato è necessario che sia omozigote per l’allele responsabile della malattia. Una femmina eterozigote sarà una portatrice sana. Le malattie X-linked recessive quindi sono molto più frequenti nei maschi che nelle femmine, infatti perché sia generata una femmina omozigote per l’allele responsabile della malattia, è necessario che sia il padre che la madre trasmettano il cromosoma X con la mutazione responsabile della malattia. Dunque, il padre dev’essere affetto. Un maschio affetto è generato da una femmina portatrice sana, la quale avrà un rischio del 50% di generare figli affetti (se di sesso maschile). Una portatrice sana con partner sano non genererà mai figlie femmine malate, però ogni figlia femmina avrà il 50% di essere portatrice sana. Alle estremità dei cromosomi X e Y sono presenti le cosiddette regioni pseudoautosomiche, omologhe fra loro. A livello delle regioni pseudoautosomiche può avvenire crossing-over tra i cromosomi X e Y. Inattivazione del Cromosoma X L’espressione dei geni autosomici è solitamente biallelica, ovvero entrambi gli alleli vengono trascritti. Tuttavia, alcuni geni autosomici funzionano in modo monoallelico: in ogni cellula un allele è trascritto, mentre l’altro è silenziato. Questo fenomeno è noto come imprinting genomico, per cui funziona solo l’allele trasmesso da uno dei due genitori (ad esempio: IGF2 ha l’allele materno silenziato, mentre H19 silenzia quello paterno). Per quanto riguarda i geni situati sul cromosoma X, maschi e femmine presentano un dosaggio genico differente, dato che i maschi hanno un solo cromosoma X, mentre le femmine ne hanno due. Nonostante ciò, i livelli di prodotti genici (mRNA e proteine) sono uguali in entrambi i sessi grazie al fenomeno di compensazione del prodotto genico, che avviene tramite l’inattivazione trascrizionale di uno dei due cromosomi X nelle femmine. Questo processo è detto lyonizzazione o inattivazione del cromosoma X. Il cromosoma X inattivo appare come un corpo sferoidale chiamato corpo di Barr. L’inattivazione casuale e la propagazione clonale rendono l’organismo femminile un mosaico genetico, in cui alcune cellule esprimono i geni del cromosoma X paterno e altre quelli del cromosoma X materno. Ha le seguenti caratteristiche: Precoce: avviene durante lo sviluppo embrionale, nella fase di blastocisti. Casuale: in ogni cellula viene inattivato a caso l’X paterno o quello materno. Permanente: una volta inattivato un cromosoma X, questa scelta si mantiene in tutte le cellule figlie (propagazione clonale). Non completa: alcuni geni sul cromosoma X inattivo continuano ad essere espressi. Ereditarietà Mitocondriale Per popolazione s’intende un gruppo di individui della stessa specie che vivono nella stessa area geografica e che, dunque, possono incrociarsi tra loro e generare progenie. Se si considera un certo locus, ogni gamete può avere un certo tipo di allele. La proporzione di gameti di un pool genico che contiene un certo tipo d’allele rappresenta la frequenza di quell’allele nella popolazione. L’equilibrio di Hardy-Weinberg mostra come sono relate tra loro frequenze alleliche e genotipiche in una popolazione “ideale”, costituita da soggetti con genoma diploide nelle cellule somatiche che danno origine ad una nuova generazione tramite riproduzione sessuata. Si fanno le seguenti ipotesi: individui con vari genotipi hanno lo stesso tasso di sopravvivenza e lo stesso successo (fitness) riproduttivo, non ci sono mutazioni, non ci sono migrazioni di popolazioni, la popolazione è estremamente numerosa, e gli incroci sono casuali. In poche parole, non esistono spinte al cambiamento (forze evolutive). L’allele A ha una frequenza p; l’allele a ha una frequenza q, dunque, essendo presenti per questo gene solo gli alleli A e a, si ha: p + q = 1. In una situazione di random mating, i genotipi AA, Aa e aa saranno presenti con le frequenze p2, 2pq, q2, quindi in definitiva si ha: p2 + 2pq + q2 = 1 Se una popolazione è in equilibrio di H-W, le frequenze genotipiche non cambiano da una generazione all’altra. Si fanno le seguenti ipotesi: 1. Nessuna differenza nella fitness tra i genotipi. 2. Assenza di mutazioni. 3. Assenza di migrazioni. 4. Popolazione molto numerosa. 5. Incroci casuali. Dove: p → frequenza dell’allele A. q → frequenza dell’allele a (con 𝑝 + 𝑞 = 1 p+q=1). Le frequenze genotipiche saranno: AA → 𝑝2 Aa → 2𝑝𝑞 aa → 𝑞2 In definitiva: 𝑝2+2𝑝𝑞+𝑞2=1 FATTORI CHE ROMPONO L’EQUILIBRIO DI HARDY-WEINBERG Aumenta la frequenza dei genotipi omozigoti, favorendo l’incidenza di malattie autosomiche recessive 1. Selezione naturale: genotipi con maggiore fitness riproduttiva diventano più frequenti. 2. Mutazioni: unico fenomeno che crea nuovi alleli. 3. Migrazioni: spostamento di individui altera le frequenze alleliche della popolazione ricevente. 4. Deriva genetica: in popolazioni piccole, le frequenze alleliche variano casualmente. 5. Incroci non casuali: Positivi: tra individui con genotipi simili; aumentano l’omozigosi. Negativi: tra individui con genotipi diversi. Ereditarietà autosomica I soggetti affetti da malattia autosomica dominante sono in genere eterozigoti: un carattere autosomico dominante segrega secondo le leggi di Mendel e quindi si manifesterà fenotipicamente anche ad opera di un solo allele presente nella coppia di omologhi. Un eterozigote ha una probabilità del 50% di trasmettere la mutazione ai figli. Questa modalità di trasmissione ha alcune peculiarità: la mutazione è presente in proporzioni simili nei maschi e nelle femmine, le persone affette possono essere presenti in tutte le generazioni senza salto di generazione (trasmissione verticale), sia maschi che femmine trasmettono la mutazione, ciascun individuo portatore di mutazione può trasmetterla al 50% dei figli, il fenotipo degli omozigoti (molto rari) è clinicamente più grave di quello degli eterozigoti. I caratteri recessivi sono quelli che si esprimono solo negli omozigoti, quindi per manifestarsi fenotipicamente necessitano della doppia dose allelica. I soggetti eterozigoti per geni che danno origine a malattie recessive vengono chiamati portatori sani. I soggetti affetti (omozigoti) originano dall’unione tra 2 soggetti eterozigoti portatori sani e si manifestano in media nel 25% dei figli, a prescindere dal sesso. Anche questa modalità di trasmissione ha alcune peculiarità: i genitori di soggetti affetti non manifestano il carattere e quindi saranno eterozigoti (portatori sani) dell’allele causa di malattia, la malattia ricorre tra i fratelli e spesso c’è un salto di generazione (trasmissione orizzontale), maschi e femmine sono colpiti con la stessa frequenza, da genitori eterozigoti portatori sani di un carattere nasceranno 25% figli affetti, 25% figli sani, 50% figli eterozigoti portatori sani. Evoluzione e Speciazione L’equilibrio di Hardy-Weinberg rappresenta un’ipotesi di riferimento (ipotesi zero) valida solo in assenza di evoluzione. Tutti i fenomeni che deviano le popolazioni da questo equilibrio contribuiscono al processo evolutivo. L’evoluzione può essere classificata in due modalità principali: EVOLUZIONE FILETICA (ANAGENESI): tutti gli individui di una specie si trasformano progressivamente in una seconda specie, ovvero da una specie ne nasce un’altra. CLADOGENESI: una specie si divide in due specie distinte. (Quando una specie non subisce cambiamenti per lunghi periodi, si parla di stasi) SELEZIONE NATURALE L’evoluzione si realizza attraverso la selezione naturale, come proposto da Darwin e Wallace. I principi fondamentali della selezione naturale sono: Variazione ereditaria: all’interno di una specie esistono variazioni fenotipiche tra gli individui, che possono essere ereditate. Sovrapproduzione e competizione: gli organismi tendono a riprodursi in modo esponenziale, generando un numero di individui superiore a quello che l’ambiente può sostenere. Questo genera una lotta per la sopravvivenza, in cui gli individui con fenotipi più adatti avranno maggiore successo riproduttivo rispetto agli altri. Adattamento e selezione: i fenotipi più adatti aumenteranno in frequenza nella popolazione, mentre quelli meno adatti tenderanno a scomparire. SELEZIONE ARTIFICIALE Quando la selezione di un determinato carattere è guidata dall’intervento umano, si parla di selezione artificiale. Questo processo è utilizzato, ad esempio, per selezionare specifiche caratteristiche nelle piante o negli animali domestici. Mendel e polimorfismo Polimorfismo genetico Il polimorfismo genetico si riferisce alla coesistenza di due o più alleli di uno stesso gene all’interno di una popolazione, dove almeno uno degli alleli meno frequenti ha una frequenza pari o superiore all’1%. In una popolazione, ogni gene può presentare numerosi alleli, ma la maggior parte di essi non comporta differenze funzionali rispetto all’allele più frequente, considerato normale. Solo una piccola parte degli alleli presenta effetti differenti rispetto alla normalità e può predisporre allo sviluppo di malattie. Ipercolesterolemia Familiare (IF) Frequenza 1/500 nati vivi PATOGENESI La patogenesi dell’ipercolesterolemia familiare (IF) è legata a Ereditarietà Autosomica Dominante un difetto del recettore delle lipoproteine LDL, responsabili del Difetto Genetico Recettore delle LDL trasporto del colesterolo nel sangue. A causa di questo difetto, le LDL si accumulano, determinando un’elevazione dei livelli Localizzazione Cromosoma 19 di colesterolo ematico. I valori normali di colesterolemia si attestano tra 150 e 200 mg/dl, mentre nei soggetti affetti da IF si riscontrano livelli significativamente più alti, compresi tra 220 e 550 mg/dl. IPERCOLESTEROLEMIA L’ipercolesterolemia provoca danni alle pareti arteriose, con gravi conseguenze come infarto del miocardio o ictus. Inoltre, può manifestarsi con la formazione di xantomi, ovvero accumuli di grasso a livello della cute o dei tendini. Data la relativa frequenza della malattia, si riscontrano anche casi di soggetti omozigoti, sebbene siano molto rari (1 su 1.000.000 di nati vivi). Nei pazienti omozigoti la forma della malattia è più grave, con livelli di colesterolemia estremamente elevati, tra 650 e 1.000 mg/dl. Fibrosi cistica (CF) Frequenza 1/2.500 nati vivi PATOGENESI La patogenesi della fibrosi cistica è legata a mutazioni del Ereditarietà Autosomica Recessiva gene CFTR, che codifica per un trasportatore del cloro situato Difetto Genetico Difetto del gene CFTR nella membrana plasmatica. Queste mutazioni alterano la regolazione del trasporto di elettroliti nelle cellule che formano Localizzazione Cromosoma 7q21 gli epiteli, come la mucosa bronchiale, intestinale e cutanea. Frequenza portatori sani 1/25 Ne consegue un’anomala secrezione delle ghiandole esocrine, con effetti significativi sulle loro funzioni. PAZIENTI AFFETTI Nei pazienti affetti, le ghiandole mucipare producono secrezioni dense e viscose, che tendono a occludere i bronchi e i dotti escretori del pancreas, causando problemi respiratori e digestivi. Anche le ghiandole sudoripare risultano coinvolte, producendo una secrezione caratteristicamente ricca di sali. Eterogeneità genetica ETEROGENEITÀ DI LOCUS Fenotipi simili o identici possono essere causati da alleli mutanti localizzati in differenti loci genetici. Questo fenomeno si osserva in diverse condizioni patologiche, tra cui: - MALATTIA DI CHARCOT-MARIE-TOOTH - DISTROFIA MUSCOLARE DEI CINGOLI - RETINITE PIGMENTOSA: (RP) si riferisce a un gruppo di malattie ereditarie della retina che provocano perdita progressiva della vista fino ad arrivare, nei casi più gravi, alla cecità totale. La RP è una degenerazione lentamente progressiva e bilaterale della retina e dell’epitelio pigmentato retinico, causata da varie mutazioni genetiche. I sintomi iniziali comprendono emeralopia e riduzione del campo visivo periferico. Questa malattia genetica ha una frequenza di un caso su 4000 ETEROGENEITÀ ALLELICA L’eterogeneità allelica si verifica quando fenotipi simili o identici sono causati da mutazioni diverse nello stesso locus genetico. Alcuni esempi di questa condizione includono: - FIBROSI CISTICA: dovuta a mutazioni nel gene CFTR - CANCRO DELLA MAMMELLA FAMILIARE: associato a mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2 - POLIPOSI DEL COLON FAMILIARE: legata a mutazioni nel gene APC Penetranza dei cromosomi Penetranza ed espressività PENETRANZA Si riferisce alla percentuale di individui portatori di un gene mutante che effettivamente esprimono il fenotipo associato, ovvero quanto è “completa” l’espressione del gene nella popolazione. PENETRANZA Riguarda il grado in cui un singolo individuo manifesta il fenotipo, che può variare anche tra persone con lo stesso gene mutante. Mentre la penetranza descrive se il fenotipo appare o meno, l’espressività si concentra su come si manifesta nel dettaglio. ETEROGIGOSI COMPOSTA Si intende la condizione in cui entrambi gli alleli non sono funzionanti correttamente e sono diversi tra loro. In altre parole, un individuo presenta due mutazioni diverse dello stesso gene, una ereditata da ciascun genitore. Questo termine è spesso utilizzato per descrivere malattie autosomiche recessive, come la fibrosi cistica. PENETRANZA INCOMPLETA È un fenomeno genetico in cui un allele mutante non determina sempre la comparsa della malattia, non tutti gli individui che possiedono un determinato genotipo manifestano il fenotipo corrispondente. Anche se una persona ha una mutazione genetica che dovrebbe causare una malattia, potrebbe non sviluppare effettivamente i sintomi. PENETRANZA COMPLETA si riferisce alla condizione in cui la presenza di un allele mutante porta necessariamente alla manifestazione della patologia (ad esempio, l’acondroplasia). Pattern di bandeggi Il bandeggio cromosomico è una tecnica utilizzata per colorare i cromosomi in modo da rivelare bande chiare e scure lungo la loro lunghezza. Le bande sono specifiche per ogni cromosoma e permettono di identificare regioni cromosomiche uniche, facilitando lo studio delle strutture e l’evidenza di eventuali anomalie. Queste tecniche sono fondamentali in citogenetica per identificare e studiare le anomalie cromosomiche, come traslocazioni, inversioni e delezioni. Esistono diversi tipi di bandeggio cromosomico, tra cui: - Bandeggio G: Utilizza la colorazione Giemsa per evidenziare una serie di bande chiare e scure. - Bandeggio Q: Usa un colorante fluorescente chiamato quinacrina, simile al bandeggio G. - Bandeggio R: Presenta un pattern opposto rispetto al bandeggio G e C. - Bandeggio C: Colora il centromero. Bande Q e G negative Bande Q e G positive o bande R positive o bande R negative Bande variabili Centromero Il centromero è una regione specializzata del cromosoma, importante per la divisione cellulare. Si trova in una posizione specifica lungo il cromosoma e lo divide in base al tipo, essendo formato almeno da due bracci: il braccio corto e quello lungo. Durante la mitosi e la meiosi, il centromero è il sito di attacco per i microtubuli del fuso mitotico tramite una struttura chiamata cinetocore, che è essenziale per la corretta segregazione dei cromatidi fratelli nelle cellule figlie. Il cromosoma è suddiviso in: - Due cromatidi - Un centromero - I bracci - I telomeri: Le estremità dei cromosomi, composte da sequenze ripetute di DNA che proteggono il cromosoma dalla degradazione e dalla fusione con altri cromosomi. - Il cinetocore: Una struttura proteica situata sul centromero, che serve come punto di attacco per i microtubuli durante la divisione cellulare. I cromosomi possono essere classificati in base alla posizione del centromero in: - Metacentrici - Submetacentrici - Acrocentrici - Telocentrici Consulenza genetica DEFINIZIONE - American Society of Human Genetics (1975) Il processo mediante il quale un consulente genetico o un professionista della salute aiuta individui o famiglie a comprendere la natura, la causa e le implicazioni delle malattie genetiche. Essa fornisce informazioni sul rischio di trasmettere o sviluppare una condizione genetica e aiuta nella gestione delle decisioni relative alla prevenzione, diagnosi e trattamento di tali condizioni. OBIETTIVI DELLA CONSULENZA GENETICA Comprendere informazioni mediche: diagnosi, decorso della malattia e implicazioni. Capire la componente genetica: rischio di trasmissione o sviluppo della malattia. Esplorare le opzioni: valutazione dei rischi e delle alternative riproduttive disponibili. QUANDO È INDICATA LA CONSULENZA GENETICA? Malattia ereditaria nota o sospetta. Presenza di difetti congeniti. Ritardo mentale, disturbi del linguaggio o comportamentali. Età materna avanzata. Storia familiare di cancro o insorgenza di tumori in età giovane. Aborti ripetuti. Esposizione a teratogeni. Situazioni di consanguineità Metodi di Diagnosi Prenatale METODI INVASIVI Questi metodi hanno una forte potenza diagnostica ma comportano un rischio per il feto; vengono utilizzati in presenza di un rischio elevato. Amniocentesi Prelievo dei villi coriali Cordocentesi Diagnosi Preimpianto Indicazioni per l’utilizzo: Età materna avanzata. Gravidanze precedenti con anomalie cromosomiche. Anomalie numeriche cromosomiche nei genitori. Malattie monofattoriali note nella famiglia per cui è disponibile la diagnosi molecolare o biochimica. Positività a test non invasivi. AMNIOCENTESI Procedura: Prelievo di liquido amniotico tramite un ago inserito per via transaddominale o transvaginale. Analisi: Studio delle cellule presenti nel liquido amniotico per analisi del cariotipo o test biochimici. Tempistica: Solitamente effettuata alla 15ª-16ª settimana di gravidanza. Indicazioni: Diagnosi di malformazioni cromosomiche (come la trisomia 21), difetti del tubo neurale, infezioni. Rischi: Circa 0,5%-1% di rischio di aborto spontaneo, 1/200 di mettere in pericolo il feto. METODI DI DIAGNOSI PRENATALE Prelievo dei Villi Coriali: Prelievo di un piccolo frammento della placenta per analisi genetiche e cromosomiche. Quando: 10ª-13ª settimana di gravidanza. Tecnica: Transcervicale: Utilizzo di un catetere per prelevare il tessuto placentare attraverso la cervice. Transaddominale: Inserimento di un ago attraverso l’addome per prelevare il tessuto. Indicazioni: Diagnosi di malformazioni cromosomiche e genetiche. Rischi: Rischio di aborto spontaneo stimato tra 1%-2%. CORDOCENTESI Prelievo di sangue fetale dal cordone ombelicale per analisi diagnostiche avanzate. Quando: Dopo la 18ª settimana di gravidanza. Tecnica: Inserimento di un ago nel cordone ombelicale per il prelievo di sangue fetale. Indicazioni: → Diagnosi di malformazioni cromosomiche. → Malattie genetiche. → Valutazione dell’ossigenazione fetale. Rischi: Rischio di aborto spontaneo stimato intorno all’1%. DIAGNOSI PREIMPIANTO (PGD) Tecnica utilizzata durante la fecondazione in vitro (FIV) per analizzare geneticamente gli embrioni prima dell’impianto. Quando: Durante il processo di fecondazione in vitro, prima dell’impianto dell’embrione nell’utero. Tecnica: → L’embrione viene fatto replicare. → Prelievo di una o più cellule per analisi genetica del DNA e dei cromosomi. Indicazioni: → Prevenzione di malattie genetiche in coppie ad alto rischio. Rischi: Associati principalmente alla procedura di fecondazione in vitro, senza rischi specifici per la PGD. METODI NON INVASIVI Questi metodi non comportano rischi per il feto e vengono spesso utilizzati come screening iniziale. Ecografia Tri-test o approcci simili Analisi del DNA libero nel sangue materno ECOGRAFIA Quando: Durante tutta la gravidanza, con esami principali tra la 12ª-14ª settimana e la 18ª-22ª settimana. Tipo di campione: Tecnica di imaging. Indicazioni principali: → Monitoraggio della crescita fetale. → Verifica della posizione della placenta. → Diagnosi di malformazioni e anomalie fetali. → Datazione della gravidanza. DUOTEST Quando: Tra la 11ª e la 14ª settimana di gravidanza. Tipo di campione: Prelievo di sangue materno. Indicazioni principali: → Screening per trisomia 21 (sindrome di Down). → Screening per trisomia 18 e trisomia 13. → Diagnosi di difetti del tubo neurale. TRASLUCENZA NUCALE (NT) Quando: Tra l’11ª e la 13ª settimana di gravidanza. Tipo di campione: Misurazione ecografica. Indicazioni principali: → Screening per trisomia 21, trisomia 18 e trisomia 13. → Diagnosi di malformazioni cardiache. ULTRASCREEN Quando: Tra l’11ª e la 14ª settimana di gravidanza. Tipo di campione: Combinazione di: → Misurazione ecografica della traslucenza nucale. → Prelievo di sangue materno. Indicazioni principali: Screening combinato per aneuploidie. SCREENING PRENATALE Quando: Primo e secondo trimestre di gravidanza. Tipo di campione: → Prelievo di sangue materno. → Ecografia. Indicazioni principali: → Screening per anomalie cromosomiche (es. trisomie). → Diagnosi di difetti del tubo neurale. Nota: La concentrazione dei marker biochimici varia durante la gravidanza; per standardizzare le misurazioni, i risultati vengono espressi come multipli di un mediano (MoM, Multiple of the Median). DNA LIBERO FETALE Quando: A partire dalla 10ª settimana di gravidanza. Tipo di campione: Prelievo di sangue materno. Indicazioni principali: → Screening per trisomia 21 (sindrome di Down), trisomia 18 e trisomia 13. → Rilevazione di altre anomalie cromosomiche. → Determinazione del sesso fetale. → Diagnosi di alcune malattie genetiche legate al sesso. Alterazioni cromosomiche Poliploidia e aneuploidia POLIPLOIDIA NELL’UOMO Si stima che il 15% di tutte le gravidanze umane si concluda con un aborto precoce, e di queste, il 50% sono dovute a alterazioni cromosomiche. Di queste, il 95% è causato da alterazioni numeriche cromosomiche. Tuttavia, solo una parte delle patologie derivanti da queste alterazioni è compatibile con la vita. La poliploidia, ovvero la presenza di un numero eccessivo di cromosomi, si riferisce alla presenza di più di due set completi di cromosomi. Sebbene sia una condizione comune nelle piante, è rara e patologica negli esseri umani, risultando in una condizione molto grave. La poliploidia può verificarsi a causa di errori nella divisione cellulare durante la meiosi o la mitosi, con conseguente formazione di cellule con tre (triploidia) o quattro (tetraploidia) set di cromosomi. ANEUPLOIDIA NELL’UOMO Si riferisce alla presenza di un numero anomalo di cromosomi in una cellula. Può portare a condizioni come la trisomia (un cromosoma in più) o la monosomia (un cromosoma in meno). Esempi di aneuploidia includono la Sindrome di Down (trisomia del cromosoma 21), la Sindrome di Turner (monosomia del cromosoma X), la trisomia 16, 18, 22 e altre trisomie e tetraploidie. Pochissime di queste gravidanze vengono portate a termine. La causa principale delle aneuploidie nell’uomo è rappresentata dalle non-disgiunzioni, errori che si verificano durante la divisione cellulare. Le non disgiunzioni Possono verificarsi durante la prima o la seconda divisione meiotica, come illustrato nell’immagine sovrastante. È possibile che il risultato sia nullisomico (ovvero l’assenza totale del cromosoma nel gamete) oppure disomico (con la presenza di un doppio cromosoma all’interno di un gamete). Nel caso della nullisomia, il feto non è viabile e non è compatibile con la vita. L’età della madre al concepimento e l’incidenza di gravidanze trisomiche (come la Sindrome di Down, Sindrome di Edwards, Sindrome di Patau, trisomia 18, ecc.) sono direttamente proporzionali. Ci sono diversi fattori che contribuiscono alla formazione di feti con trisomie: Il processo di formazione dei gameti nell’uomo e nella donna, che è differente: la donna ha un numero finito di oociti bloccati alla prima meiosi, pronti per essere sviluppati ed espulsi uno per volta, mentre nell’uomo la produzione di gameti è più numerosa e produce più cellule che si maturano insieme. Il numero di gameti in circolazione al momento del concepimento. La teoria dell’oocita vecchio, che suggerisce che, con l’invecchiamento della donna, il sistema di meiosi possa subire alterazioni, aumentando la possibilità di produrre oociti difettosi (più la donna invecchia, più è probabile che vengano prodotte cellule oocite difettose). Gene SRY Il determinante del sesso è la presenza o l’assenza del cromosoma Y. La presenza di Y rende un individuo maschio, poiché nel cromosoma Y è presente un gene chiamato SRY. Il gene SRY (Sex-determining Region Y) è fondamentale per la determinazione del sesso maschile nei mammiferi. Codifica una proteina che funge da fattore di trascrizione, avviando lo sviluppo delle caratteristiche maschili e promuovendo a formazione dei testicoli dal tessuto gonadico indifferenziato nell’embrione. Il gene SRY codifica per una proteina chiamata fattore di determinazione del testicolo (TDF), che agisce anch’essa come fattore di trascrizione. Questa proteina inizia il differenziamento delle gonadi indifferenziate in testicoli durante lo sviluppo embrionale. Esistono diverse patologie associate alla formazione errata del gene SRY, tra cui: Sindrome di Swyer: Un cariotipo 46,XY sviluppa caratteristiche femminili a causa della mancata funzionalità del gene SRY. Disgenesia gonadica: Anomalie nello sviluppo delle gonadi che possono portare a infertilità e altre complicazioni. Ermafroditismo vero: Presenza di tessuti ovarici e testicolari nello stesso individuo, spesso legato a mutazioni o traslocazioni del gene SRY. La traslocazione La traslocazione robertsoniana è un’anomalia cromosomica in cui i bracci lunghi di due cromosomi acrocentrici (un tipo di cromosoma in cui il centromero è situato vicino a un’estremità, con un braccio corto molto piccolo e un braccio lungo molto più lungo) si fondono per formare un unico cromosoma. I cromosomi acrocentrici coinvolti sono solitamente i cromosomi 13, 14, 15, 21 e 22. Durante la traslocazione, i bracci corti dei cromosomi coinvolti vengono persi. Tuttavia, poiché questi bracci contengono principalmente sequenze ripetitive e non essenziali, la loro perdita non ha generalmente effetti clinici significativi. Il risultato è un individuo con 45 cromosomi invece dei normali 46, ma con tutto il materiale genetico essenziale presente. Le traslocazioni robertsoniane possono essere bilanciate o sbilanciate: - Forma bilanciata: I portatori di traslocazione robertsoniana bilanciata sono generalmente fenotipicamente normali, senza perdita o guadagno di materiale genetico essenziale. - Forma sbilanciata: Se la traslocazione è sbilanciata, può portare a condizioni come trisomia 21 o trisomia 13 nei figli dei portatori. Genetica molecolare DNA Negli anni Venti, gli scienziati scoprirono che i cromosomi erano costituiti da DNA e proteine, ma il ruolo del DNA nella trasmissione delle informazioni genetiche era ancora da chiarire. Si ipotizzava inizialmente che il materiale genetico fosse contenuto nelle proteine, data la loro varietà di strutture e funzioni. ESPERIMENTO DI GRIFFITH (1928) Frederick Griffith dimostrò l’esistenza di un fattore di trasformazione capace di trasferire materiale genetico da batteri virulenti morti a batteri vivi non virulenti, rendendoli virulenti. ESPERIMENTO DI AVERY Avery sottopose i batteri virulenti a enzimi che distruggevano selettivamente RNA, proteine e DNA. I batteri non si trasformavano solo quando veniva distrutto il DNA, confermando il suo ruolo centrale. ESPERIMENTO DI HERSHEY E CHASE Dimostrarono che i batteriofagi trasferivano DNA, e non proteine, per infettare le cellule. STRUTTURA DEL DNA La struttura è stabilizzata da interazioni chiamate forze di stacking, generate dalla delocalizzazione degli elettroni π negli anelli delle basi azotate. → Rosalind Franklin: Attraverso la cristallografia a raggi X, suggerì che il DNA avesse una struttura elicoidale. → Watson e Crick: Utilizzando queste scoperte, proposero un modello di doppia elica con due catene polinucleotidiche antiparallele legate da basi azotate complementari, secondo le regole di Chargaff: La quantità di A è uguale a quella di T, e la quantità di G è uguale a quella di C. La somma delle purine (A + G) è uguale a quella delle pirimidine (T + C). La doppia elica è costituita da: Nucleotidi: Ogni nucleotide contiene uno zucchero pentoso (desossiribosio), un gruppo fosfato e una base azotata. Legami: I nucleotidi sono collegati da legami fosfodiesterei tra il gruppo fosfato e gli ossidrili in posizione 3’ e 5’ del desossiribosio. Le basi azotate si appaiano con legami a idrogeno: A-T: Due legami a idrogeno. G-C: Tre legami a idrogeno (più stabili). Duplicazione del DNA La duplicazione è semiconservativa, poiché ogni molecola neoformata contiene un filamento vecchio e uno nuovo. Le estremità del DNA si accorciano a ogni duplicazione. I telomeri, sequenze ripetitive prive di significato genetico, proteggono il DNA codificante. In alcune cellule, l’enzima telomerasi aggiunge nuove sequenze ai telomeri. ORIGINE DELLA DUPLICAZIONE Nei procarioti c’è un’unica origine (Ori). Negli eucarioti ci sono più origini. PROCESSO 1. La DNA-elicasi srotola la doppia elica rompendo i legami a idrogeno. 2. La primasi sintetizza un primer di RNA. 3. La DNA-polimerasi allunga il filamento in direzione 5’→3’ Filamento veloce: Sintetizzato in modo continuo. Filamento lento: Sintetizzato in modo discontinuo tramite i frammenti di Okazaki, uniti dalla DNA-ligasi. Errori di duplicazione e riparazione La DNA-polimerasi commette errori, ma esistono meccanismi di riparazione: 1. CORREZIONE DI BOZZE: La DNA-polimerasi rimuove le basi errate durante la sintesi. 2. RIPARAZIONE DELLE ANOMALIE DI DISAPPAIAMENTO: Proteine specifiche correggono errori sfuggiti alla correzione di bozze. 3. RIPARAZIONE PER ESCISSIONE: Le basi danneggiate vengono rimosse e sostituite da nuove sequenze. RNA L’RNA è l’intermediario fra DNA e proteine, rendendo possibile la codifica e l’espressione dell’informazione genetica nei meccanismi di trascrizione e traduzione ipotizzati da Crick. Esistono tre tipi di RNA: RNA messaggero (mRNA): copia le informazioni genetiche in una sequenza lineare. RNA transfer (tRNA): posiziona gli amminoacidi in sequenza grazie alla sua struttura. RNA ribosomiale (rRNA): costituisce i ribosomi responsabili della sintesi proteica. Nonostante sia anch’esso un acido nucleico, presenta alcune differenze rispetto al DNA: È a filamento unico invece che doppio. Ha come zucchero il ribosio invece del desossiribosio. Usa l’uracile (U) al posto della timina (T), che si appaia comunque con l’adenina (A). Trascrizione La trascrizione avviene nel nucleo e codifica l’informazione genetica in un filamento complementare di mRNA, che dirige la sintesi proteica nel citoplasma. È responsabile anche della sintesi di tRNA e rRNA e si divide in tre fasi principali: INIZIO Richiede un promotore, una sequenza specifica di DNA che indica all’RNA polimerasi dove iniziare. Negli eucarioti, l’RNA polimerasi si lega al DNA solo dopo che varie proteine regolatrici, i fattori di trascrizione, si sono associate al TATA box, formando il complesso di trascrizione. ALLUNGAMENTO L’RNA polimerasi apre il DNA (circa 10 basi alla volta), legge il filamento stampo e aggiunge nucleotidi all’estremità 3’ (direzione 5’→3’). TERMINAZIONE Avviene grazie al segnale di terminazione, una sequenza di basi che interrompe il processo. Il prodotto della trascrizione è un filamento singolo di mRNA (trascritto primario), complementare al filamento stampo che è stato usato per la trascrizione. Prima di migrare nel citoplasma, l’mRNA immaturo (hnRNA) subisce modifiche: Splicing: rimozione degli introni e unione degli esoni per formare l’mRNA maturo. Protezione dell’estremità 5’: aggiunta di un cappuccio di 7-metilguanosina. Poliadenilazione: aggiunta di una coda di poli-A (100-250 nucleotidi di adenina) all’estremità 3’, che facilita il passaggio al citoplasma e l’inizio della traduzione. Il fatto che il DNA (e quindi i geni) sia discontinuo, implica che vi siano sequenze codificanti (esoni) e sequenze non codificanti (introni). Un gene comincia sempre e finisce sempre con un esone, mai con un introne. Questo DNA discontinuo viene trascritto interamente, copiando esoni e introni, quindi prima di lasciare il nucleo, l’mRNA va incontro a splicing, ossia la rimozione degli introni e la saldatura in sequenza degli esoni per formare mRNA maturo. Inoltre, lo protegge dalla degradazione, e nel processo di poliadenilazione, favorisce il passaggio al citoplasma e un corretto inizio della traduzione. Codice genetico Per mettere in relazione la sequenza di mRNA con gli amminoacidi che compongono le proteine, occorre un codice genetico che specifichi l’amminoacido da utilizzare di volta in volta. L’informazione dell’mRNA è una serie lineare di triplette di basi, dette codoni, i quali specificano ognuno un particolare amminoacido. Con le quattro basi esistenti si possono ottenere 64 combinazioni, sufficienti per codificare i 20 amminoacidi. Il codice genetico ha varie caratteristiche: 1. Contiene un codone di inizio (AUG): avvia la traduzione e che specifica la metionina e tre codoni di stop, che non specificano nessun amminoacido, ma arrestano la traduzione; 2. È ridondante ma non ambiguo: un amminoacido è specificato da più codoni (i codoni sinonimi abbassano la probabilità di inserire amminoacidi sbagliati ,provocando mutazioni, durante la sintesi proteica), ma ogni codone codifica un solo amminoacido. 3. È universale: in tutte le specie un codone specifica lo stesso amminoacido (eccetto DNA mitocondriale, cloroplastico e alcuni protisti). All’estremità 5’ viene aggiunto un “cappuccio” di 7-metilguanosina. All’estremità 3’ viene aggiunta una coda di 100-250 nucleotidi di adenina (poli-A). Traduzione La traduzione delle informazioni portate dall’mRNA ha come risultato la produzione di una catena polipeptidica. Avviene nel citoplasma, e necessita della mediazione del tRNA che mette in relazione l’informazione contenuta nei codoni dell’mRNA con gli specifici amminoacidi. I ribosomi (fatti di rRNA) sono la sede in cui avviene la traduzione. Lo stesso mRNA può essere tradotto da più ribosomi simultaneamente (polisoma). La catena polipeptidica sintetizzata assume la sua conformazione funzionale grazie a proteine chaperonine (sono anche adibite a ripristinare questa forma su quelle proteine che l’avessero perduta per vari stress.). Fasi di traduzione: INIZIO Nella fase di inizio, l’mRNA si lega alla subunità minore (estremità 5’), si associano poi la subunità maggiore e il primo tRNA carico (amminoacil-tRNA), che si appaia con l’anticodone al codone di inizio e va a occupare il sito P. Il codone di inizio è sempre AUG che specifica la metionina, che è il primo amminoacido di ogni catena polipeptidica (N-terminale), anche se spesso dopo la traduzione viene rimossa da un enzima. mRNA, le subunità ribosomiali e l’amminoacil-tRNA sono tenuti insieme da proteine dette fattori di inizio; ALLUNGAMENTO L’allungamento inizia con l’inserimento nel sito A di un secondo amminoacil- tRNA, a questo punto si forma un legame peptidico fra i due amminoacidi, e il tRNA che occupava il sito P esce dal ribosoma, il quale si sposta di un codone lungo l’mRNA (direzione 5’→3’), di modo che il secondo tRNA che lega i due amminoacidi vada ad occupare il sito P. Nel sito A tornato libero si porta un terzo amminoacil-tRNA, e il processo si ripete finché la catena polipeptidica è completa. TERMINAZIONE Un fattore di rilascio si lega all’mRNA, la traduzione si interrompe, la proteina si stacca dal tRNA e le due subunità si dissociano. Lo stesso filamento di mRNA può essere letto contemporaneamente da più ribosomi, in tal caso si parla di polisoma. L’energia per la traduzione è fornita dall’idrolisi dell’ATP. Mutazione Le mutazioni sono cambiamenti nel DNA e possono essere classificate in base al tipo di cellula colpita: MUTAZIONI SOMATICHE: colpiscono le cellule del soma e non sono ereditabili. MUTAZIONI DELLA LINEA GERMINALE: interessano i gameti e possono essere ereditate. A livello molecolare, una classificazione ulteriore distingue le mutazioni in: mutazioni puntiforme, mutazioni cromosomiche e mutazioni genomiche. MUTAZIONI PUNTIFORME Coinvolgono un solo gene, e comportano la perdita, aggiunta o sostituzione di un solo nucleotide. Si distinguono in: → Silenti: non alterano la sequenza amminoacidica. → Missenso: sostituiscono un amminoacido con un altro. → Non senso: introducono un codone di stop prematuro. → Frame-shift: alterano la cornice di lettura aggiungendo o eliminando nucleotidi. MUTAZIONI CROMOSOMICHE Alterazioni estese che modificano segmenti di DNA, che può subire un cambiamento di posizione o ordinamento, o essere duplicato o eliminato. Si distinguono in: → Delezioni: perdita di un segmento di DNA. → Duplicazioni: duplicazione di segmenti di DNA. → Inversioni: riarrangiamento di un segmento di DNA in senso opposto. → Traslocazioni: spostamento di un segmento di DNA su un cromosoma diverso. MUTAZIONI GENOMICHE Riguardano il numero dei cromosomi, che possono essere in più o in meno rispetto alla norma. Si distinguono in: → Aneuploidie: numero anomalo di cromosomi (es. trisomie, monosomie). → Euploidie: numero di set cromosomici aploidi interi (es. triploidie, tetraploidie). Es. alterazioni genetiche: - sindrome di Down (trisomia 21) - sindrome di Turner (45, X0) - sindrome di Klinefelter (47, XXY) Codominanza e gruppi sanguigni Talvolta i due alleli di un locus producono due diversi fenotipi che compaiono entrambi negli eterozigoti, un fenomeno definito codominanza. Un buon esempio di codominanza è osserva- bile nel sistema ABO dei gruppi sanguigni umani (che costituisce anche un caso di poliallelia). I globuli rossi che non reagiscono con gli anticorpi rimangono uniformemente sospesi. I globuli rossi che reagiscono con gli anticorpi si agglutinano. Questo schema mostra i risultati della mescolanza di globuli rossi di tipo A, B, AB e 0 con siero contenente anticorpi anti-A o anti-B. Seguendo le singole colonne, puoi notare che ognuno dei tipi di sangue, quando viene mescolato separatamente con siero contenente anti-A o anti-B, dà origine a un unico abbinamento di risultati. Determinanza cromosomica del sesso Sono dioici i vegetali e animali in cui alcuni individui producono soltanto gameti maschili e altri soltanto gameti femminili. In molti organismi dioici il sesso di un individuo è determinato da differenze cromosomiche. Per esempio, in molti animali, compresi gli esseri umani, il sesso è determinato da una coppia di cromosomi sessuali; tanto i maschi quanto le femmine possiedono, invece, due copie di ciascuno degli altri cromosomi, che sono detti autosomi. I cromosomi sessuali delle femmine di mammifero sono costituiti da una coppia di cromosomi X; i maschi, invece, hanno un solo cromosoma X accompagnato da un altro cromosoma sessuale che non si trova nelle femmine: il cromosoma Y. Maschi e femmine possono pertanto essere indicati rispettivamente come XY e XX. I geni situati sui cromosomi sessuali non seguono gli schemi mendeliani di ereditarietà. Gli individui che hanno una sola copia di un dato gene sono detti emizigoti. I geni che si trovano sul cromosoma X e sono assenti sul cromosoma Y vengono ereditati in rapporti che differiscono da quelli mendeliani, tipici dei geni situati sugli autosomi. I caratteri corrispondenti a questi geni sono detti caratteri legati al sesso. Patologie, ereditarietà e X-Linked Differenze tra Cromosoma X e Cromosoma Y Il cromosoma Y ha una disponibilità limitata di geni ed è principalmente coinvolto nella determinazione del sesso, grazie al gene SRY (Sex-determining Region Y). Il cromosoma X, invece, contiene un numero significativamente maggiore di geni, il che lo rende associato a una vasta gamma di mutazioni e patologie genetiche. Ereditarietà Legata al Cromosoma X Malattie X-Linked Recessive L’ereditarietà legata al cromosoma X di tipo recessivo è particolarmente rilevante: Donne portatrici sane: Nessuna figlia femmina sarà affetta, ma potrà essere portatrice. I figli maschi hanno il 50% di probabilità di essere affetti dalla malattia. Espressione della malattia: Le donne possiedono due copie (alleli) dello stesso gene sul cromosoma X, riducendo la probabilità di sviluppare la malattia rispetto agli uomini, che hanno un solo cromosoma X. Eccezioni: In malattie meno gravi, come il daltonismo, è più comune che una donna sia affetta, ad esempio se eredita un allele mutato da un padre malato e uno da una madre portatrice sana. Nelle malattie gravi e rare, la trasmissione alle donne è meno probabile poiché tali condizioni spesso causano infertilità maschile o una bassa prospettiva di vita. Caratteristiche delle Malattie X-Linked DOMINANTI Le malattie X-linked dominanti si manifestano quando una sola copia di un allele mutato è presente: Femmine: Possedendo due cromosomi X, una copia mutata è sufficiente per sviluppare la condizione. Generalmente sono eterozigoti; i casi di omozigosi sono rari. Maschi: Con un solo cromosoma X, un allele dominante mutato causa sempre la malattia. Probabilità di ereditarietà: Madre affetta: Ogni figlio, maschio o femmina, ha il 50% di probabilità di ereditare la condizione. Padre affetto: Tutte le figlie erediteranno la condizione. Nessun figlio maschio sarà affetto, poiché eredita il cromosoma Y dal padre. Gravità: La gravità può essere maggiore nei maschi (emizigoti), che non hanno un secondo cromosoma X per compensare la mutazione, rispetto alle femmine che possono beneficiare della compensazione data da un cromosoma X sano. Caratteristiche delle Malattie X-Linked RECESSIVE Le malattie X-linked recessive si manifestano solo in presenza di: Due copie dell’allele mutato nelle femmine. Una copia mutata nei maschi (che non hanno un secondo cromosoma X per compensare). Femmine: → Devono ereditare l’allele mutato da entrambi i genitori per sviluppare la malattia. → Se ereditano un solo allele mutato, saranno portatrici sane e potranno trasmettere l’allele mutato. Maschi: → Con un solo cromosoma X, erediteranno la malattia se ricevono un allele mutato da una madre portatrice. Probabilità di ereditarietà: → Madre portatrice: I figli maschi hanno il 50% di probabilità di sviluppare la malattia. Le figlie femmine hanno il 50% di probabilità di essere portatrici, mentre quelle che ereditano entrambi gli alleli mutati saranno affette. → Padre affetto: Tutte le figlie erediteranno l’allele mutato e saranno portatrici. Nessun figlio maschio sarà affetto, poiché eredita il cromosoma Y dal padre. Frequenza e gravità: Le malattie X-linked recessive sono più comuni e gravi nei maschi, poiché una singola mutazione è sufficiente a scatenare la condizione.