Summary

Questo documento presenta un riassunto di concetti di base in genetica, focalizzandosi sugli esperimenti di Mendel e le leggi dell'ereditarietà. Vengono illustrati i concetti di geni, alleli, genotipo, fenotipo e diverse tipologie di incroci. Sono descritti i metodi di calcolo delle probabilità per prevedere i risultati di incroci genetici, e il ruolo del crossing-over nella ricombinazione.

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impollinare l’organo riproduttivo femminile (carpello) del fiore con un altro fiore (ponendo sui suoi stami il polline del primo fiore preso con un pennello)  es: fiore bianco + fiore viola le piante ottenuta (prima generazione filiale, F1) presentano tutte un carattere da uno dei genitori...

impollinare l’organo riproduttivo femminile (carpello) del fiore con un altro fiore (ponendo sui suoi stami il polline del primo fiore preso con un pennello)  es: fiore bianco + fiore viola le piante ottenuta (prima generazione filiale, F1) presentano tutte un carattere da uno dei genitori  es: tutte con fiori viola Mendel ripeté la cosa per tuti i tratti, ottenendo sempre lo stesso risultato. Mendel impollinò i fiori della F2 tra di loro, ottenendo una seconda generazione filiale (F2) che presenta tre piante con lo stesso tratto della F1 e una con l’altro tratto  es: tre fiori viola, un fiore bianco (rapporto 3 : 1) La conseguenza è che nella F1 c’è uniformità, e nulla cambia se si invertono i sessi. Pertanto, a differenza di ciò che si pensava fino a quel momento, non c’è un rimescolamento dei tratti, ma essi si trasmettono in maniera indipendente (segregano). Le innovazioni metodologiche di Mendel furono: - analizzare un solo carattere alla volta - analizzare quantitativamente la progenie Spiegazione che si può dare oggi: Mendel stava studiando un solo gene (abbiamo coppie di geni, che sono sui cromosomi in punti specifici chiamati loci). Il gene è sempre nella stessa posizione (locus), ma ci sono forme alternative (alleli). La linea pura è una pianta che ha gli stessi alleli su due cromosomi  linea omozigote (con alleli identici). Dopo l’incrocio, in F1 un cromosoma ha il viola, l’altro il bianco  linea eterozigote (un allele – il viola è dominante sull’altro – il bianco) Terminologia: Gene: l’unità fondamentale della trasmissione ereditaria. Locus: posizione occupata da un gene sul cromosoma. Alleli: rappresentano varianti alternative di uno stesso gene. Genotipo: quali alleli la pianta, l’uomo o l’animale porta sui geni. Fenotipo: la manifestazione visibile dei geni. Ipotesi di Mendel dopo gli esperimenti: - I fattori responsabili della trasmissione ereditaria di particolari tratti sono unità discrete (alleli) che compaiono a coppie e si separano (segregano) durante la formazione dei gameti. Queste unità sono in grado di mantenere la propria integrità anche in presenza di altre unità. Gli alleli sono le forme alternative di un gene. - Ogni pianta di pisello è provvista di due alleli per ogni carattere, uno proveniente da ciascun genitore. Durante la formazione dei gameti solo una delle due unità passa a un gamete. - Se i due alleli sono identici tra loro: linea pura per quel carattere. - Se i due alleli non sono identici, uno può mascherare l’altro: tratto recessivo: il tratto non espresso nelle piante F1, ma espresso nella F2 tratto dominante: il tratto presente nelle piante F1. - Nonostante il loro aspetto identico, le piante P1 e F1 dovevano essere geneticamente differenti; è importante distinguere l’aspetto di un organismo (fenotipo) e il suo patrimonio genetico (genotipo). Simbologia genetica: Allele dominante con la sua lettera iniziale maiuscola (es: Y = yellow) Allele recessivo con la lettera iniziale dell’allele dominante minuscola (es: y = green). Enunciati delle due leggi formulate in seguito agli esperimenti: Legge dell’uniformità della prima generazione filiale: dall’incrocio tra individui che differiscono per un carattere, appartenenti a linee pure, si ottiene una prima generazione filiale (F 1 ) costituita da individui tutti uguali tra loro, che possono manifestare il carattere di uno dei due genitori. Legge della segregazione dei caratteri: alla seconda generazione filiale (F 2 ), i caratteri, controllati da coppie di alleli, segregano (si separano) l’uno dall’alto durante la formazione dei gameti e si manifestano in rapporti numerici definiti e costanti. Terminologia genetica: Gamete: cellula aploide Incrocio: unione dei gameti di 2 individui diversi. Omozigote: individuo che per un dato gene presenta alleli identici (AA, aa) Eterozigote: individuo che presenta due alleli diversi per un dato gene (Aa) Mendel ha studiato una situazione semplice, ma una tale situazione non si verifica praticamente mai nell’uomo. Infatti il fenotipo è influenzato da: - genotipo - altri geni e loro prodotti - ambiente esterno ed eventi casuali durante lo sviluppo. Incrocio monoibrido (considero un solo gene): La F1 è un monoibrido: - ottenuta da 1 solo incrocio - considero 1 solo gene. Quadrato di Punnett: consente di prevedere i rapporti tra i discendenti di un incrocio: Individui con gameti Aa e AA hanno lo stesso fenotipo, ma genotipi diversi! Incrocio diibrido: Mendel estese i suoi studi sull’eredità a incroci diibridi, cioè incroci fra individui entrambi doppi eterozigoti, ovvero eterozigoti per due geni diversi.  Esempio dei topi: - pelo nero/marrone (dominante: nero) - pelo lungo/corto (dominante: corto) Il rapporto è sempre lo stesso: 9:3:3:1 Mendel dedusse che i due caratteri vengono trasmessi in modo indipendente l’uno dall’altro: Legge dell’assortimento indipendente: nell’incrocio tra individui che differiscono per due o più caratteri, controllati ciascuno da coppie alleliche localizzate su cromosomi diversi, ogni coppia allelica si assortisce (segrega) indipendentemente. L’assortimento indipendente avviene perché durante la meiosi i cromatidi dei cromosomi omologhi si separano (anafase II) secondo il caso. Loci: su un cromosoma ci sono tanti loci (uno per gene), ma i geni hanno, su tutti i cromosomi, lo stesso locus. Con 3+ geni usare il quadrato di Punnett sarebbe troppo lungo. Si considerano allora numero di gameti e di classi fenotipiche e genotipiche attesi da incroci di individui eterozigoti per geni con dominanza completa. Ad esempio, da AaxAa sono attesi 2 tipi di gameti (A e a), 2 classi fenotipiche nella progenie (A e a) e 3 classi genotipiche (AA, Aa e aa). Per n geni: - gameti: 2n - classi fenotipiche: 2n - classi genotipiche: 3n Metodo degli schemi ramificati o branching system: questo schema è stato creato in funzione del fatto che il Quadrato di Punnett, quando aumenta il numero di gameti, rende difficile fare lo schema, perché ci sarebbero troppi risultati diversi da inserire manualmente. La base dello schema ramificato è rappresentata dai principi elementari della probabilità. Probabilità: rapporto tra il numero di volte in cui un particolare evento è atteso verificarsi e il numero totale di casi possibili. Questo schema quindi serve a calcolare la probabilità che un evento avvenga. Questo tipo di calcolo delle probabilità si può applicare a un evento casuale come il lancio di una moneta così come agli incroci in genetica. Anche la segregazione degli alleli e la fecondazione sono eventi casuali! Due leggi fondamentali della probabilità utili per risolvere i problemi di genetica con il metodo dello schema ramificato: Regola del prodotto: la probabilità di due eventi indipendenti che si verificano contemporanea- mente è il prodotto delle singole probabilità.  es. un ragazzo vuole una moglie bella e ricca (due eventi indipendenti). La probabilità di trovarla sarà data dal prodotto della probabilità di trovare una moglie bella per la probabilità di trovare una moglie ricca  moltiplicazione. Regola della somma: la probabilità che si verifichi o uno o l’altro di due eventi mutualmente esclusivi è la somma delle singole probabilità.  es. un ragazzo vuole una moglie bella o ricca (due eventi mutualmente esclusivi). La probabilità di trovarla è la somma di trovare una donna bella più la probabilità di trovare una donna ricca  somma. Per calcolare le probabilità di formazione di un dato gamete quando sono coinvolti più di due geni si usa il metodo dello schema ramificato: Per calcolare le probabilità di un dato fenotipo quando sono coinvolti più di due geni si usa lo stesso schema. Si analizza ogni gene separatamente; le probabilità associate a ogni coppia allelica sono indipendenti da quelle di ogni altra coppia.  Es. probabilità del genotipo AABbcc: ¼ x ½ x ¼ Test cross o reincrocio: incrocio che serve per capire che genotipo hanno individui a fenotipo dominante (potrà avere due tipi di genotipi diversi: omozigote o eterozigote). Si incrocia un individuo con fenotipo dominante (almeno un allele dominante) con individuo con fenotipo recessivo omozigote (entrambi gli alleli recessivi); si potrà così scoprire l’allele ignoto del primo individuo attraverso il risultato di questo incrocio. Ad esempio, si potrà capire a seconda del colore del pelo di un topo, perché se si avrà un solo tipo di risultato sarà omozigote; in caso contrario, se si vedono due risultati diversi, sarà eterozigote. Questo metodo si può attuare sia con monoibridi che con diibridi.  Reincrocio di un monoibrido: Il fenotipo della progenie è identico al genotipo dei gameti prodotti dall’individuo che si sta analizzando.  Reincrocio di un diibrido: Il fenotipo della progenie è identico al genotipo dei gameti prodotti dall’individuo che si sta analizzando. Crossing-over e ricombinazione: Mendel ha studiato un’eccezione rispetto alle altre possibilità; non tutti i caratteri si trasmettono così facilmente. Mendel infatti non studiò il fatto che possa avvenire una ricombinazione (geni indipendenti). Esistono infatti dei geni che si trovano sullo stesso cromosoma, che non sono dunque indipendenti tra di loro, ma concatenati. Alcuni ricercatori osservarono che alcuni geni non seguono un assortimento indipendente, ma vengono quasi sempre ereditati insieme: geni associati o concatenati Geni associati o concatenati: geni che si trovano sullo stesso cromosoma Esistono due tipi di geni associati: associazione in cis: tutti gli alleli dominanti sono su uno stesso cromosoma; associazione in trans: gli alleli dominanti sono ciascuno su uno dei 2 omologhi. I caratteri associati segregano insieme, a meno che non vengano separati mediante crossing-over: la concatenazione assoluta è estremamente rara (ci deve essere poca distanza tra un gene e l’altro, più la distanza aumenta più aumenta la probabilità che avvenga il crossing-over). Un cromosoma si può spezzare determinando ricombinazione genica. C’è sempre almeno un evento di ricombinazione per ciascuna coppia di cromosomi. Lo scambio che può avvenire in qualsiasi punto del cromosoma coinvolge, di regola, soltanto due dei 4 cromatidi fratelli, uno per ciascun membro della coppia cromosomica. Se non avviene il crossing-over, tra geni associati in cis, si ottengono gameti con tutti gli alleli dominanti o tutti alleli recessivi. Se invece avviene il crossing-over tra gli stessi geni, si ottiene uno scambio di materiale tra i due gameti interni e si avrà come risultato due gameti senza ricombinazione (tutti alleli dominanti o recessivi) e due gameti con alleli ricombinati (un allele dominante e uno recessivo). Il crossing-over non avviene sempre nello stesso punto quindi ci saranno risultati diversi. Conseguenze del crossing-over: ricombinazione: i frammenti scambiati hanno uguale lunghezza, entrambi i cromatidi coinvolti diventano ricombinanti (ogni cromatide contiene alcuni geni di derivazione materna e altri di derivazione paterna). Il numero di cromosomi parentali nel totale delle cellule è maggiore del numero di cromosomi ricombinanti, perché non sempre avviene il crossing-over. Quando c’è una ricombinazione si avrà un ribaltamento di risultati (se si parte da geni in cis si otterranno geni in trans e viceversa). Con il crossing-over si formano nuove combinazioni di alleli. Usando il reincrocio si può capire se due geni sono indipendenti o associati/concatenati. Frequenza di ricombinazione: la distanza tra i geni associati viene misurata in termini di frequenza di ricombinazione. La frequenza di ricombinazione può essere usata per determinare l’ordine e la distanza tra geni su un cromosoma e per tracciare la mappa genetica. In essa i geni sono posizionati in ordine lineare e la distanza tra due geni è misurata dalla frequenza di ricombinazione tra loro. La distanza genetica viene espressa in unità di mappa. Due geni distano 1 unità o 1 centimorgan (cM), quando fra i 2 geni avviene ricombinazione e la frequenza di ricombinazione è uguale a 1%. Il valore di frequenza di ricombinazione è compreso tra 0 (non ci sono geni ricombinanti) e 50% (geni definiti indipendenti tra loro pur essendo sullo stesso cromosoma, perché si ottengono tutti e 4 i risultati entrambi con il 25% di probabilità e si comportano quindi come geni indipendenti). L’altro 50% non prende parte alla ricombinazione. Le distanze genetiche sono additive.  es: si ha una distanza che va da A a C con un punto B lungo il tratto  si può stimare che la distanza tra A e C sia la somma tra le altre due distanze. Si definisce “stima” perché non sempre questa stima è confermata. Quando c’è una doppia ricombinazione, non si vede quest’ultima, si sottostima la ricombinazione. Si capisce se i geni sono associati o indipendenti a seconda della frequenza di ricombinazione: se ci sono gli stessi numeri di ricombinazione saranno geni indipendenti, se invece ci sono numeri diversi saranno geni associati. Caratteri legati al sesso Nelle situazioni riguardanti la trasmissione dei caratteri legati al sesso le teorie di Mendel vengono utilizzate, ma superate (Mendel infatti studiò il caso più semplice). Caratteri legati al sesso: geni posizionati sui cromosomi del sesso. I caratteri legati al sesso sfuggono alle leggi di Mendel, perché ci sono differenze a livello quantitativo per i geni coinvolti. Nella specie umana:  la femmina possiede i cromosomi XX (il cromosoma X del padre è trasmesso solo alle figlie femmine)  il maschio possiede i cromosomi XY (il cromosoma Y del padre è trasmesso solo ai figli maschi). Mendel non aveva previsto una situazione del genere: si tratta di due corredi cromosomici diversi per geni e struttura, che però dànno luogo allo stesso individuo (l’essere umano). → il sesso femminile ♀ (XX) è il sesso omogametico: produce un solo tipo di gamete (che contiene il cromosoma X) → il sesso maschile ♂ (XY) è il sesso eterogametico: produce due tipi di gameti (che contengono o il cromosoma X o il cromosoma Y). Struttura del cromosoma X: - cromosoma molto grosso - possiede tanti geni - il centromero è visibile Struttura del cromosoma Y: - cromosoma più piccolo - contiene pochi geni - il centromero è quasi alla testa Quando furono visti per la prima volta i cromosomi XY nel maschio sorsero alcuni dubbi: a) come fanno due cromosomi così diversi (XY) ad appaiarsi durante la meiosi? b) come fa il maschio (XY) ad essere lo stesso individuo della femmina (XX)? Appaiamento: le regioni terminali dei cromosomi X e Y sono uguali in entrambi i cromosomi sessuali; sono dette pseudoautosomiche (sono le uniche regioni sui cromosomi sessuali che si comportano come autosomi). Ciò consente l’appaiamento in meiosi I del cromosoma X con il cromosoma Y a livello delle regioni pseudoautosomiche.  a livello genotipico: i geni legati alla X sono presenti in doppia dose nella femmina e in singola dose nel maschio. Una femmina (XX) può avere genotipo: Un maschio (XY) può avere genotipo: XAXA XAY X X A a X aY X aX a  un maschio è emizigote  N.B.: nell’ambito dei caratteri legati al sesso è importante guardare quale sesso trasmette quale allele! Per un carattere autosomico, gli incroci reciproci dànno lo stesso risultato con il rapporto 1 : 2 : 1 (cfr. Mendel)  è indifferente che il carattere sia portato dal maschio o dalla femmina. Per un carattere legato al sesso, gli incroci reciproci dànno risultati diversi: Se un allele recessivo d è patologico: Le femmine portatrici sane (1/3) possono trasmettere ai figli femmine e maschi la malattia, ma non la manifestano in prima persona. Se invece un maschio possiede l’allele malato, benché recessivo, è sempre malato. Le malattie sui geni X sono più frequenti nei maschi che nelle femmine (infatti nascono più maschi che femmine, ma muoiono più maschi che femmine in fase embrionale). Perché una femmina sia malata con genotipo aa, i genitori devono essere:  madre: - Aa portatrice - aa malata  padre: aY malato. Eredità: i caratteri legati al sesso presentano un’eredità diaginica o a zig-zag o criss-cross: Caratteri X-linked: i caratteri X-linked sono alleli recessivi sul cromosoma X. Se patologici possono portare a varie malattie: 1. emofilia B (mancanza del fattore IX coagulazione) 2. daltonismo 3. gruppo sanguigno Xg 4. favismo (mancanza di G6PD, cioè glucosio-6-fosfato deidrogenasi) 5. retinite pigmentosa. Come possono due individui con cellule così diverse (XX e XY) funzionare allo stesso modo? Perché, nonostante la diversità cromosomica (i maschi ottengono una singola “dose” di ogni gene X- linked, mentre le femmine due “dosi”), tra i prodotti genici (proteine) non c’è distinzione tra maschi e femmine. Questo fenomeno viene spiegato con l’ipotesi di Mary Lyon (inattivazione del cromosoma X)  “compensazione del dosaggio” Ipotesi di Mary Lyon: nelle cellule somatiche delle femmine uno dei due cromosomi X viene inattivato trascrizionalmente (= i geni non vengono trascritti), così da avere una uguale quantità finale di prodotto genico tra maschi e femmine. Il cromosoma X inattivato prende il nome di corpo di Barr. L’inattivazione consiste nella compattazione della cromatina (è eterocromatica, cioè inattiva trascrizionalmente). La scelta di quale cromosoma X inattivare è casuale, e avviene precocemente durante lo sviluppo, a livello dell’embriogenesi. Una volta avvenuta l’inattivazione, tutte le cellule discendenti mantengono inattivato lo stesso cromosoma X. L’inattivazione è reversibile. Ciò avviene nelle cellule germinali durante la meiosi (oogenesi): nella meiosi tutte le cellule germinali femminili riattivano l’X inattivo. Per sapere se è avvenuta l’inattivazione del cromosoma X bisogna guardare i cromosomi (cariotipo): si vede che il cromosoma inattivo viene lasciato nel nucleo. Esistono sindromi legate a numeri sbagliati dei cromosomi del sesso, ma la cellula “conta” i cromosomi X e ne attiva quanti necessari di conseguenza: donne con X0  nessun corpo di Barr (sindrome di Turner: bassa statura, ovaie iposviluppate) donne con XXX  due corpi di Barr uomini con XXY  un corpo di Barr (sindrome di Klinefelter: gonadi iposviluppate). Mosaicismo funzionale/variegazione: una femmina esprime uno solo degli alleli in circa la metà delle cellule e l’altro allele nell’altra metà. Esempio del gatto con il pelo a tartaruga: - femmina con genotipo Oo - allele X-linked O = colore arancione - allele X-linked o = colore nero Alla fine il gatto sarà un mosaico funzionale per quel carattere, ovvero presenta il pelo un po’ bianco (l’allele o è attivo) e un po’ arancione (l’allele O è attivo). Nel mosaicismo funzionale, alcune cellule esprimono un allele, altre un altro allele. Ci possono essere patologie. Mosaicismo funzionale con patologie: se ad esempio un allele con una patologia epatica viene espresso da cellule epiteliali, allora la malattia non si manifesta; se l’allele viene espresso dalle cellule epatiche, allora la malattia si manifesta. Mosaicismo funzionale nella femmina: l’inattiva- zione dell’X può causare l’espressione di alleli recessivi X-linked in femmine eterozigoti  se eterozigote, la femmina è un mosaico funzionale. Eccezioni ai postulati di Mary Lyon: 1° inattivazione preferenziale del cromosoma X con un’anomalia strutturale (es: delezione) 2° inattivazione preferenziale del cromosoma X normale in individui con traslocazioni X/autosoma. Quando avvengono traslocazioni X/autosoma si inattiva il cromosoma normale e si lascia attivo il cromosoma traslocato, portando a una ricombinazione tra cromosomi non omologhi (cosa che normalmente sarebbe un errore). Ciò avviene perché, se non facesse così, la cellula avrebbe 2 copie attive di Xp distale e parte di autosoma inattivato, ovvero una situazione letale. Scegliendo di inattivare il cromosoma X normale e mantenere attivo quello traslocato, invece, la cellula attua la soluzione migliore per sé. Cromosoma Y umano:  trasmesso dal padre al figlio maschio  è fondamentale per la differenziazione sessuale in senso maschile e la produzione di spermatozoi  sono stati identificati circa 250 geni sul cromosoma Y con il Progetto Genoma Umano  molti di questi geni sono necessari per la fertilità. Una loro mutazione impedirebbe la fertilità, impedendo la trasmissione alla generazione successiva.  il gene più importante è il gene SRY (o TDF, Testis Determining Factor), che induce il differenziamento in senso maschile (se c’è SRY, allora il bambino sarà un maschio). Ogni zigote è programmato per diventare femmina; se c’è il gene SRY il processo devia dallo standard e nasce un maschio (= si sviluppano i testicoli e non le ovaie). Estensioni dell’analisi mendeliana A volte si osservano discrepanze tra i risultati osservati e quelli attesi in base alle leggi di Mendel. Questo perché Mendel non osservava il prodotto dei geni, cioè le proteine, ma considerò solo la trasmissione => le leggi di Mendel regolano la trasmissione dei geni e non la loro espressione! Nei casi delle estensioni dell’analisi mendeliana la legge di Mendel viene rispettata, ma cambiano i numeri e i rapporti attesi a ogni incrocio. Le estensioni dell’analisi mendeliana sono: 1. interazione tra alleli Genotipo Fenotipo Dominanza AA A completa Aa A aa a Dominanza AA A incompleta Aa intermedio aa a A1A1 A1A1 Codominanza A1A2 A1A2 A2A2 A2A2 a) dominanza completa: una singola “dose” dell’allele selvatico (normale) è sufficiente a produrre il fenotipo selvatico (normale): aplosufficienza. Esempio: fenotipo roller/non roller (capacità di arrotolare la lingua). - RR e Rr: roller - rr: non roller. L’allele R fa produrre un enzima in grado di far sviluppare il muscolo per arrotolare la lingua: - DNA (allele R)  mRNA  enzima  prodotto metabolismo  sviluppo muscolo  roller. - DNA (allele r) mRNA  enzima difettoso/assente  non roller. La quantità di prodotto anche di un solo allele R è sufficiente a dare il fenotipo. b) dominanza incompleta/intermediarietà/semidominanza: il fenotipo dipende dalla quantità di enzima funzionale. L’etero- zigote mostra un fenotipo intermedio. Esempio: colore del fiore bocca di leone (l’allele R produce pigmento rosso, l’allele r no). I rapporti tra genotipi e fenotipi sono identici. c) codominanza: entrambi gli alleli si manifestano fenotipicamente. Esempio: il gruppo sanguigno MN. Gli antigeni cono nel sangue e riconoscono le cellule proprie dell’individuo e le cellule estranee (es: se il sangue è del gruppo A, l’antigene uccide tutti tranne A). Gli antigeni cono codificati da geni. L’interessato è il gene L (locus MN). Fenotipi parentali Fenotipi progenie MxM tutti M NxN tutti N MxN tutti MN MN x M ½ MN, ½ M MN x N ½ MN, ½ N MN x MN ¼ M, ½ MN, ¼ N 2. allelismo multiplo: quando ci possono essere più di due allei per un unico locus genico (es: genetica di alcuni gruppi sanguigni, MN, AB0, RH). Il gene A può avere tanti alleli diversi: - l’allele più frequente è detto allele selvatico o wild type o normale; - l’allele (o gli alleli) che si origina da un allele selvatico è detto allele mutato o mutante. Esempio: gruppo sanguigno AB0: Gruppo Antigene Anticorpo sanguigno AB A, B - A A anti-B B B anti-A 0 - anti-A, anti-B L’interessato è il gene I, che ha 3 alleli: - IAIA  fa produrre antigene A - IBIB  fa produrre antigene B - I0I0 / ii  non fa produrre nessun antigene.  0: omozigote recessivo ii  AB: ci sono l’antigene A e l’antigene B, tra loro codominanti ed entrambi dominanti sul recessivo  B: ci possono essere gli alleli: IBIB e IBIb  A: ci possono essere gli alleli IAIA e IAIa Incompatibilità trasfusionale: reazione tra anticorpi del ricevente e antigeni del donatore: DONATORE RICEVENTE (anticorpi) (antigeni) AB A B 0 AB + - - - A + + - - B + - + - 0 + + + + (+: trasfusione possibile | -: t. non possibile) AB: ricevente universale | 0: donatore universale) Esempio: gruppo sanguigno Rh Fenotipo Genotipo Rh+ DD  antigene Rh Dd Rh- dd  no antigene Rh 3. pleiotropia: capacità di un gene di avere alleli multipli. È evidente in molte malattie genetiche: un difetto genetico causa un effetto fenotipico molteplice su più organi dell’organismo. Esempio: anemia falciforme/mediterranea: - legata a mutazione genetica: difetto alla beta-globina - comporta che i globuli rossi abbiano una forma a falce - la superficie utile per trasportare ossigeno è ridotta, sia a causa della forma dei globuli rossi, sia a causa del fatto che gli spigoli dei globuli rossi possono rompere i vasi o creare trombi - effetto fenotipico a cascata: vengono coinvolti quasi tutti gli organi. Effetti dell’anemia falciforme possono essere: 4. letalità: esistono alcuni alleli dovuti a mutazioni genetiche che portano la morte dell’individuo. alleli letali dominanti: causano letalità in singola dose (sono più gravi, ne basta 1) alleli letali recessivi: causano letalità in doppia dose (perché l’individuo muoia ne servono 2) L’esistenza di alleli letali di un gene indica che il prodotto del gene normale è essenziale per il funzionamento dell’organismo; quindi il gene è un gene essenziale. Esempio di allele letale recessivo: gatto senza coda (fenotipo Manx, dall’isola di Manx) L’allele letale recessivo “Manx” è legato al gene M, che può esistere come allele normale (M) o in forma codominante letale recessiva ML. L’allele ML interferisce con lo sviluppo della spina dorsale: → gatto eterozigote MLM: assenza di coda (parte terminale della spina dorsale) → gatto omozigote MLML: morte all’embrione. MLML x MLML: 2/3 senza coda, 1/3 normale (rapporto non considerato da Mendel). Esempio di allele letale dominante nell’uomo: corea di Huntington: malattia degenerativa in cui il gene malato funziona solo negli individui adulti, quindi l’individuo vive normalmente fino ai 50 anni circa, quindi muore a causa della malattia. Esempio di allele letale recessivo nell’uomo: malattia di Tay Sachs: accumuli di gangliosidi nelle cellule nervose. 5. interazione tra geni  epistasi: l’epistasi è una forma di interazione genica in cui la presenza di determinati alleli in un locus può impedire o mascherare l’espressione di un altro locus esprimendo invece il loro specifico fenotipo, risultando in rapporti mendeliani modificati.  gene mascherato: gene ipostatico  gene che maschera: gene epistatico Esempio: colore del pelo dei Labrador: nero, marrone o biondo Sono coinvolti un gene per il pigmento (allele B = nero; allele b = marrone) e un gene per la deposizione del colore nel pelo (allele E; allele e = biondo), che detta la capacità delle cellule di produrre pigmenti. L’allele e è epistatico su B e b. Il fenotipo presenta un rapporto che Mendel non aveva considerato: 9 : 3 : 4 nero marrone biondo Il genotipo rispetta i rapporti di Mendel: 9 : 3 : 3 : 1 BE Be bE be nero biondo marrone biondo 6. penetranza 7. espressività Genetica molecolare All’inizio del Novecento erano note le leggi di Mendel, ma non erano ancora correlate all’esistenza di geni e alleli. Ci si chiese quindi quale molecola fosse la responsabile della trasmissione genetica dei caratteri; inizialmente si pensava che fossero le proteine, le più abbondanti nell’organismo umano. Tuttavia cellule diverse possiedono cellule diverse, anche nello stesso organismo, mentre un composto che sia depositario dell’informazione genica deve avere le seguenti caratteristiche: a) essere presente in tutte le cellule b) avere una struttura che gli consenta di contenere una grande quantità di informazione c) avere una struttura che gli consenta di essere duplicato con facilità d) essere una molecola sufficientemente stabile e) essere presente nelle cellule di un dato organismo in quantità costante, indipendentemente dalle condizioni ambientali, dall’età, etc f) se introdotto, in opportune condizioni, in una cellula deve essere in grado di modificarne le caratteristiche genetiche. Si iniziò quindi a pensare agli acidi nucleici. La prova che il DNA è il materiale ereditario 1) 1928, esperimento di Griffith (medico) Griffith studiò due ceppi del batterio della polmonite (Streptococco pneumoniae): ceppo S (liscio, perché rivestito da una parete): virulento  se iniettato nel topo, il topo muore; se iniettato nel topo con cellule uccise al calore, il topo vive. ceppo R (ruvido): avirulento  se iniettato nel topo, il topo vive. Iniettando però nei topi una miscela (creata per sbaglio) di batteri del ceppo R vivi e batteri del ceppo S uccisi al calore, i topi morivano. Griffith fu poi in grado di isolare batteri vivi del ceppo S nel topo morto  trasformazione: cambiamento genetico permanente in cui le proprietà delle cellule morte di un ceppo venivano conferite a cellule vive di un altro ceppo. Gli scienziati ipotizzarono quindi l’esistenza di una sostanza chimica, il principio trasformante, che veniva trasferita dai batteri morti a quelli vivi e ne determinava la trasformazione 2) 1944, esperimento di Avery, McLeod e McCarty Questi tre scienziati identificarono chimicamente il fattore trasformante di Griffith nel DNA. Avery McLeod e McCarty: - uccisero (lisarono) batteri del ceppo S e separarono chimicamente il loro contenuto cellulare in lipidi, carboidrati, proteine, acidi nucleici (RNA e DNA) - misero una a una le singole frazioni nell’ambiente delle cellule del ceppo R - iniettarono le soluzioni nei topi: morivano quelli in cui venivano iniettati ceppi R + DNA. Non tutti gli scienziati del tempo accettarono questi risultati; molti obiettarono che i risultati si potevano riferire solo alle cellule batteriche, ma non alle cellule eucariotiche. 3) 1952, esperimento di Hershey e Chase I due scienziati non utilizzarono più i batteri, ma i virus, e in particolare usarono batteriofagi. Gli studi di genetica infatti avevano dimostrato che solo una parte del fago entrava nelle cellule batteriche, inducendo a pensare che il materiale genetico dovesse essere incluso in quella porzione. I fagi furono fatti crescere in soluzioni diverse per marcare radioattivamente componenti diverse:  fagi con l’isotopo radioattivo 35S: vengono marcate le proteine, perché lo zolfo è contenuto solo in cisteina e metionina  fagi con l’isotopo radioattivo 32P: vengono marcati gli acidi nucleici, che contengono fosforo. Procedimento: - i fagi di ognuno dei due campioni furono messi a contatto con i batteri, permettendone l’adesione - successivamente i fagi furono staccati mediante agitazione in omogeneizzatore - i campioni furono quindi centrifugati per far sì che le componenti, in base al peso, si separassero. Risultati: - nel caso dei batteri infettati da fagi con 35S, tutta la radioattività fu trovata nel liquido surnatante = le proteine dei fagi non erano entrate nelle cellule - nel caso dei batteri infettati dai fagi con 32P, la radioattività era associata alle cellule batteriche (nel pellet) = il DNA fagico era entrato nelle cellule. La replicazione del DNA Stabilito che è il DNA a portare l’informazione genica, e ormai nota la struttura del DNA a doppia elica di Watson e Crick, si pone il problema della replicazione del DNA. Arthur Kornberg dimostrò che il DNA poteva replicarsi in provetta in assenza di cellule, ma in presenza di una semplice soluzione contenente uno specifico enzima (DNA polimerasi) e una miscela di 4 nucleosidi trifosfati: dATP, dCTP, dGTP e dTTP. In assenza di solo uno dei nucleotidi, il DNA non si replica. Era il DNA stesso a servire da stampo per la reazione servire da stampo per la reazione. Le ipotesi circa la modalità di replicazione erano tre: 1) conservativa: manterrebbe integra la molecola originaria generando una molecola interamente nuova 2) semiconservativa: produrrebbe molecole costituite da DNA sia nuovo che vecchio, tuttavia ciascuna molecola conterrebbe un intero filamento vecchio e un intero filamento neosintetizzato. 3) dispersiva: produrrebbe due molecole i cui filamenti sarebbero costituiti da frammenti di DNA vecchio e neosintetizzato dispersi lungo ogni filamento  esclusa subito, perché troppo complicata e passibile di troppi errori.  1958, esperimento di Meselson e Stahl Questo esperimento ha provato che la replicazione del DNA avviene mediante il meccanismo definito semiconservativo: un filamento parentale è utilizzato come stampo per la sintesi di un nuovo filamento  le due eliche di DNA di nuova sintesi contengono ciascuna un filamento parentale e un filamento neosintetizzato. Meselson e Stahl usarono il batterio Escherichia coli: - fecero crescere delle cellule di E. coli in un terreno di coltura contenente 15N (in forma di cloruro di ammonio NH 4 Cl), pesante: le cellule utilizzavano 15N per sintetizzare basi azotate, poi incorporate nel DNA  il DNA era pesante e tutto marcato 15N. - da alcune cellule vennero estratte molecole di DNA contenenti azoto pesante che, poste sul gradiente di densità, si accumularono nella regione ad alta intensità (in basso) - le rimanenti cellule batteriche (anch’esse con DNA marcato con 15N) vennero trasferite in un terreno di coltura con cloruro di ammonio con atomi di 14N, più leggero, e lasciate replicare per alcuni cicli. Risultati: - le molecole di DNA isolate dalle cellule dopo 20 minuti, cioè una sola replicazione in terreno di coltura con 14N, mostravano tutte una densità intermedia (contenevano metà 15N, parentale, e metà 14N, neosintetizzato), quindi si disponevano a metà del gradiente  questo risultato era in accordo con il modello semiconservativo e quello dispersivo - le molecole di DNA isolate dalle cellule dopo 40 minuti, cioè dopo due replicazioni in terreno di coltura con 14N, mostravano una densità minore (DNA solo con 14N), quindi si disponevano verso l’alto del gradiente  questo risultato era in accordo con il modello semiconservativo ed escludeva quello dispersivo. Replicazione nei procarioti Il DNA comincia ad aprirsi a livello dell’origine di replicazione (nei procarioti è una) caratterizzata da una particolare sequenza. I due filamenti si allontanano: si forma così una bolla di replicazione con delle forcelle di replicazione. La DNA polimerasi copia i filamenti; la replicazione procede poi in entrambe le direzioni. Replicazione negli eucarioti Inizio: la replicazione inizia a livello dei siti detti origini di replicazione (ogni cromosoma ne possiede molte), dove piccoli segmenti della doppia elica si svolgono. - Le DNA elicasi rompono i legami a idrogeno separando i due filamenti fino a quando non incontrano un’altra elicasi che procede in senso opposto. - I filamenti vengono duplicati contemporaneamente a livello della giunzione tra i filamenti separati, che è una struttura a forma di Y detta forca di replicazione. - I filamenti, aperti dalle elicasi, tendono a richiudersi: per evitarlo, le proteine che legano il singolo filamento (SSBP, single strand binding protein) si legano ai singoli filamenti di DNA e li stabilizzano, evitando che la doppia elica si richiuda finché non è avvenuta la copiatura. - Per evitare che si creino superavvolgimenti o nodi in alcune regioni del DNA e che il DNA si aggrovigli speciali enzimi, le topoisomerasi di tipo II o girasi, che girano il DNA in senso contrario. Copiatura bidirezionale: la DNA polimerasi copia il DNA solamente in direzione 5’  3’, ha bisogno di inneschi per poter partire a copiare e ogni tanto sbaglia a copiare. Questi errori sono alla base della variabilità di specie, e sono stati sfruttati per l’evoluzione della specie. - La DNA polimerasi necessita di inneschi per partire: a livello del punto di inizio della replica viene inizialmente sintetizzato un piccolo tratto di RNA che funziona da innesco, detto RNA primer, sintetizzato dalla DNA primasi. La DNA polimerasi III (polimerasi δ negli eucarioti) usa l’innesco per iniziare a sintetizzare il DNA e aggiunge nucleotidi alla sua estremità 3’. Dopo pochi nucleotidi aggiunti, la primasi è spiazzata dalla DNA polimerasi, che può quindi aggiungere le subunità all’estremità 3’ del primer di RNA e quindi copiare il filamento stampo. - La DNA polimerasi procede solo in direzione 5’  3’ (i nucleotidi sono sempre aggiunti all’estremità 3’, che presenta un OH libero), quindi il filamento che viene copiato deve essere letto in direzione 3’  5’. Un filamento quindi, il filamento guida o leading, viene copiato in maniera continua e senza interruzioni; l’altro filamento però, il filamento in ritardo/ritardato o lagging, si allunga nella direzione opposta all’avanzamento della forca di replicazione. La sintesi è quindi discontinua: possono essere sintetizzati solo dei corti frammenti di 100-200 nucleotidi, chiamati frammenti di Okazaki. Quando un frammento di Okazaki neosintetizzato raggiunge quello sintetizzato precedentemente, il primer di quest’ultimo è degradato dall’azione esonucleasica della DNA polimerasi I e sostituito con DNA dall’attività polimerasica dello stesso enzima. Una DNA ligasi riunisce i vari frammenti ricostruendo il legame fosfodiesterico tra l’estremità 3’ di uno e l’estremità 5’ dell’altro. Telomeri: i telomeri consistono in brevi e semplici sequenze di DNA non codificante, ricche di guanina, ripetute per molte volte (circa 1000-10000 ripetizioni della sequenza 5’ TTAGGG 3’), che “incappucciano” le stremità dei filamenti in modo che le informazioni genetiche importanti vengano mantenute. Dopo la rimozione del primer a RNA dalle estremità dei cromosomi (telomeri), non vi è alcun gruppo 3’ OH disponibile come punto di inizio per la sintesi di DNA per riempire l’interruzione, pertanto rimangono delle interruzioni (“buchi”) alle estremità dei cromosomi, che non possono essere riempite. Ne consegue che a ogni ciclo di replicazione il cromosoma si accorcia; quando i telomeri si accorciano troppo ne consegue apoptosi. Il problema dei telomeri interessa le cellule eucariotiche, che hanno cromosomi lineari, e non le cellule procariotiche, il cui cromosoma è circolare. L’enzima telomerasi impedisce la perdita di DNA telomerico, catalizzando l’aggiunta di sequenze telomeriche. La telomerasi è un enzima in cui sono associate sequenze di RNA lunghe circa 150bp e contenenti la sequenza 3’ AATCCC 5’, complementare alla sequenza telomerica ripetuta. L’RNA associato alla telomerasi serve da stampo per la sintesi della sequenza telomerica all’estremità del cromosoma. Negli organismi pluricellulari, la telomerasi è attiva quasi esclusivamente nelle cellule germinali (uova e spermatozoi), mentre in genere nelle cellule somatiche non si trova attività telomerasica o è presente a livelli molto bassi. L’accorciamento dei cromosomi a seguito della perdita di DNA telomerico porta all’invecchiamento e poi alla morte della cellula per apoptosi. I telomeri possono essere un fattore limitante nel determinare la lunghezza della vita di un organismo. La telomerasi è stata identificata in quasi tutti i tipi di tumore nell’uomo (oltre il 90%), dove è espressa a livelli elevati. Un allungamento anomali del DNA telomerico può permettere alle cellule cancerose, diventate immortali, di sfuggire ai normali meccanismi di invecchiamento. Meccanismi di danno e riparo del DNA (proofreading) Una sequenza di DNA può subire una modificazione (mutazione) quando vengono copiati errori introdotti dalla DNA polimerasi durante la replicazione o da agenti ambientali quali mutageni chimici o radiazioni. La DNA polimerasi sbaglia una volta ogni 1 x 107 basi che inserisce (moltissimi errori). Se non vengono corretti, questi cambiamenti possono interferire con le funzioni della cellula. Tutti i carcinogeni causano errori nella sequenza del DNA e quindi il danno al DNA e gli eventi riparativi sono aspetti importanti nello sviluppo del cancro. I danni al DNA possono essere riparati da diversi meccanismi (i sistemi di riparazione procariotici ed eucariotici sono analoghi). Gli errori della DNA polimerasi (uno ogni 1 x 107 basi) vengono riparati da meccanismi che abbassano il tasso di errore a circa uno ogni 1 x 109 basi inserite. Sono: a) correzione di bozze: corregge gli errori man mano che vengono commessi dalla DNA polimerasi. La polimerasi ha una capacità di autocorrezione: controlla prima di procedere ad aggiungere nucleotidi. Possiede attività polimerasica 5’  3’ e attività esonucleasica (degradativa dell’acido nucleico) 3’  5’. b) riparazione dei disappaiamenti: provvede a effettuare una scansione del DNA neosintetizzato correggendo ogni appaiamento sbagliato tra basi (un insieme di proteine individua le coppie sbagliate, taglia via il pezzo dalla catena neoformata e risintetizza il pezzo mancante). c) riparazione per escissione: basi anomale formatesi in conseguenza di danni chimici vengono allontanate e sostituite con basi corrette. Principali danni alla molecola di DNA: oltre agli errori durante la replicazione, ci possono essere anche altre circostante in cui il DNA viene danneggiato. In seguito a riparazione per escissione può subire modificazioni chimiche:  depurinazione: perdita spontanea di basi puriniche  deaminazione: perdita spontanea di un gruppo amminico (citosina si trasforma in uracile)  dimeri di timina: dovuta alle radiazioni solari ultraviolette. Malattie dell’uomo causate notoriamente o ipoteticamente da difetti nella riparazione del DNA: benché energeticamente costosi e in qualche modo ridondanti, i meccanismi di riparo sono cruciali per la sopravvivenza della cellula. Malattie: Malattia Caratteristiche Ataxia-telangiectasia - disordini neurologici - deficienze immunologiche - elevato rischio di sviluppo di linfomi. Sindrome di Cockayne - sensibilità della pelle alla luce solare - nanismo - ritardo mentale - invecchiamento precoce Retinoblastoma ereditario elevato rischio di sviluppo di tumore agli occhi Xenoderma-pigmentosum elevato rischio di sviluppo di cancro alla pelle, occhi e lingua in seguito ad esposizione alla luce solare. Trascrizione del DNA (= sintesi dell’RNA) Nel nucleo delle cellule eucariotiche (nei procarioti avviene tutto nel citoplasma, ed è tutto più breve) sequenze di DNA (geni) vengono utilizzate, indipendenti l’una dall’altra, come guida per la sintesi di una molecola di RNA complementare. La sequenza delle basi nel filamento di RNA è determinata dall’appaiamento di basi complementari con uno dei due filamenti del DNA, definito filamento stampo o filamento trascritto. a) La trascrizione inizia dove i due filamenti si separano (ma viene trascritto solo un gene, non tutto il DNA), con l’apertura e la despiralizzazione di un breve tratto della doppia elica e uno dei due filamenti funge da stampo. L’elica rimane aperta in punti piccoli e appena il gene viene copiato si richiude. b) La sintesi viene fatta dalla RNA polimerasi, che si muove in direzione 5’  3’ e non necessita di inneschi. I ribonucleotidi si aggiungono alla catena di RNA in crescita uno alla volta in base alla complementarietà di basi. Il nuovo ribonucleotide si lega covalentemente alla catena in crescita. c) I prodotti possibili sono tre tipi specifici di molecole di RNA: RNA messaggero (mRNA): un singolo filamento che porta l’informazione per la sintesi di una proteina (va nel citoplasma e fa formare le proteine) RNA di trasferimento/transfer (tRNA): un singolo filamento che si ripiega su se stesso per assumere una forma specifica (va nel citoplasma) RNA ribosomale (rRNA): si trova in forma globulare, rappresenta una porzione della struttura dei ribosomi e presenta funzioni catalitiche essenziali nel corso della sintesi proteica (va nel nucleolo e fa formare i ribosomi). RNA polimerasi: è l’enzima chiave nella trascrizione: catalizza la formazione dei legami fosfodiesterici della catena di RNA avanza lungo il DNA, svolgendone l’elica quel tanto che basta per esporre una regione del filamento stampo la catena si allunga in direzione 5’  3’ come energia utilizza i legami ad alta energia dei nucleosidi trifosfati riconosce una sequenza (promotore) a monte del gene (= vicino al 5’), tipica per ogni RNA polimerasi, e vi si lega per iniziare la trascrizione. Nei procarioti, una sola RNA polimerasi trascrive mRNA, tRNA, rRNA. Negli eucarioti ci tre polimerasi: → RNA polimerasi I: trascrive gli rRNA → RNA polimerasi II: trascrive geni codificanti proteine e snRNA → RNA polimerasi III: trascrive i tRNA e alcuni snRNA. Promotore: contiene informazioni che determinano quale dei due filamenti di DNA deve essere trascritto, il sito da cui iniziare la trascrizione (sito di inizio della trascrizione) e la direzione da prendere dal sito di inizio. Esiste almeno un promotore per ogni gene. L’RNA polimerasi ha un’affinità relativamente ridotta per qualsiasi sequenza di DNA, ma si lega molto saldamente ed efficacemente all’inizio della trascrizione soltanto a livello dei promotori. L’RNA polimerasi riconosce il promotore anche se il DNA si trova nella conformazione a doppia elica. Il promotore è asimmetrico e lega la polimerasi solo in una certa orientazione in modo che quando l’enzima è posizionato, può trascrivere solo in direzione 5’  3’. Un pezzo di DNA può essere trascrivibile solo se preceduto da una sequenza promotrice. Terminatore: sequenza nucleotidica specifica riconosciuta come fine del gene: l’RNA polimerasi si ferma. Fasi della trascrizione 1) Inizio: l’RNA polimerasi riconosce il promotore, vi si lega solo in presenta di proteine dette fattori trascrizionali, si lega al DNA, legge il filamento stampo e inizia a copiarlo 2) Allungamento: la polimerasi aggiunge nuovi nucleotidi al 3’ del filamento in via di sintesi. Il nuovo RNA si accresce i direzione 5’  3’ in base alla complementarietà di basi (C-G, A-U). Il trascritto di RNA è antiparallelo al filamento di DNA stampo. Man mano che la trascrizione va avanti, l’RNA polimerasi riavvolge il segmento di DNA appena trascritto e svolge il segmento successivo. In questo modo, una volta che il gene è stato liberato, si può attaccare al suo promotore un’altra RNA polimerasi (possono copiare geni contemporaneamente, sempre in maniera indipendente  veloce) Sintesi di mRNA: il filamento di DNA trascritto (stampo) è detto filamento non senso, mentre il filamento non trascritto è detto filamento senso o codificante, perché, anche se non è coinvolto nella trascrizione, possiede una sequenza nucleotidica identica a quella dell’mRNA. Si possono fare molte copie dello stesso gene in tempi relativamente brevi (un gene di 1500 bp 50 secondi per la trascrizione) e si possono trascrivere più geni contemporaneamente. 3) Fine: l’RNA polimerasi, quando incontra il terminatore, ne riconosce la sequenza e si stacca. La trascrizione è meno accurata della replicazione: errori nei trascritti hanno conseguenze relativamente trascurabili, e infatti non ci sono sistemi di riparazione per gli errori. L’RNA polimerasi fa un errore ogni 104 nucleotidi copiati. Questi errori infatti sono meno gravi di quelli nel DNA:  RNA: cellule che hanno un periodo di vita molto breve e quindi un ruolo temporaneo. Inoltre un gene solo può essere letto da tante RNA polimerasi, e difficilmente tutti saranno letti in maniera sbagliata, ma ce ne saranno tanti giusti e qualcuno sbagliato.  DNA: si tramanda alle cellule figlie  è una molecola essenziale e stabile nel tempo, quindi è importante che sia corretta. Prodotto della trascrizione: → nei procarioti: l’RNA è già maturo e quini pronto per essere letto e tradotto in proteina → negli eucarioti: l’RNA non è pronto né per uscire dal nucleo, né per essere tradotto: deve seguire un processo di maturazione (ha sequenze che non devono essere tradotte, gli introni) Struttura del gene eucariotico: i geni eucariotici contengono sequenze: introni: sequenze nucleotidiche – dei geni codificanti – che vengono trascritte, ma non tradotte in sequenze amminoacidiche. Gli introni possono variare in numero (da 0 fino a 75 e più) e possono avere grandezza molto diversa (100 - > 100 000 nucleotidi). esoni: sequenze codificanti espresse. L’esone comprende la parte codificante degli aminoacidi e le UTR (regioni regolatorie trascritte ma non tradotte) al 5’ e al 3’. Le sequenze codificanti (esoni) sono inframmezzate da sequenze non codificanti (introni) che devono essere eliminate. Il numero di introni ed esoni varia a seconda del gene. Differenze tra procarioti ed eucarioti riguardo agli mRNA:  Nei procarioti la traduzione avviene contemporaneamente alla trascrizione. negli eucarioti, la trascrizione e traduzione sono separate parzialmente e temporalmente.  Solo negli eucarioti gli mRNA devono essere modificati dopo la trascrizione (maturazione degli mRNA)  Nei batteri si ritrovano mRNA policistronici (mRNA che contengono l’informazione di più geni), egli eucarioti ad ogni mRNA corrisponde un solo gene. Maturazione degli mRNA negli eucarioti (capping al 5’): Il trascritto originale, detto trascritto primario (pre-mRNA) deve essere modificato mentre è ancora nel nucleo. Va quindi incontro a un processo di maturazione e modificazione post- trascrizionale: la modificazione al 5’ avviene quando l’RNA polimerasi ha appena cominciato a trascrivere i primi 25 nucleotidi. All’estremità 5’ viene inserito un nucleotide codificato, detto cappuccio (cap): è 7-metil-guanosina, unita con un insolito legame 5’  5’ (invece del normale legame 3’  5’). Le funzioni del cap sono: - contribuire alla stabilità dell’mRNA, proteggendo dalla degradazione da parte di nucleasi - posizionare l’mRNA sul ribosoma per l’inizio della sintesi proteica. Poliadenilazione: all’estremità 3’ dell’mRNA viene aggiunta una “coda” di molte adenine, nota come coda di poli-A (poliadenilata), circa 100-250 nucleotidi di adenina. La sequenza consensus AAUAAA è detta segnale di poliadenilazione. Funzioni della poliadenilazione: - proteggere l’mRNA dalla degradazione ad opera di nucleasi - favorire l’export dell’mRNA dal nucleo (la “coda” è riconosciuta da alcune proteine coinvolte nell’export. Splicing (taglio e ricucitura): un complesso di proteine e RNA (spliceosoma) identifica inizio e fine degli introni, vi si lega, ne determina un ripiegamento, degli enzimi tagliano il trascritto alle giunzioni tra esoni e introni, quindi gli esoni vengono legati insieme a formare un mRNA maturo. Siti importanti per lo splicing sono i siti di splicing al 5’ e al 3’ dell’esone: regola “GU-AG”. Lo splicing avviene nel complesso di splicing o spliceosoma, costituito dal pre-mRNA legato a complessi RNA-proteine, noti come snRNP (si legge snurps), piccole particelle nucleari ribonucleoproteiche che riconoscono i siti di splicing. Sono le molecole di RNA che formano gli snRNPs che riconoscono il confine introne-esone dove sono presenti delle sequenze consenso (complementari), e che poi partecipano alle reazioni chimiche di ripiegamento, taglio e cucitura. Tali RNA funzionano da “enzimi” pur non essendo proteine! Splicing alternativo (processamento differenziale dell’RNA nucleare): un dato trascritto può essere maturato in modi diversi (ad esempio alcuni esoni possono essere eliminati insieme agli introni). Da un singolo gene si possono quindi generare parecchi mRNA diversi e quindi proteine diverse. Lo splicing alternativo è possibile perché i siti di splicing sono gli stessi per tutti gli introni; ciò consente di assemblare gli esoni in combinazioni diverse. Da un singolo gene si possono ottenere proteine molto diverse in seguito a diversa poliadenilazione e diverso splicing. Controllo dell’espressione genica: in un organismo pluricellulare con cellule e tessuti specializzati, ogni cellula possiede tutti i geni di quell’organismo. Perché lo sviluppo proceda normalmente e ogni cellula acquisti e mantenga la propria corretta funzione, certe specifiche proteine devono essere sintetizzate al momento opportuno e solo nelle cellule giuste. Ad esempio il neurone e il linfocita hanno alcune proteine in comune (proteine housekeeping manutenzione ordinaria) mentre altre sono specifiche delle une e delle altre. A differenza della replicazione del DNA, che in genere in ogni cellula è regolata secondo il principio del “tutto o nulla”, l’espressione genica è un processo altamente selettivo. L’attività di un gene può quindi essere modificata attraverso diversi meccanismi: 1° rimodellamento della cromatina (cromatina compatta: no trascrizione | cromatina più lassa: trascrizione): la compattazione dipende dallo stato chimico di DNA e istoni: l’attivazione trascrizionale di un gene è accompagnata a decondensazione locale della cromatina che “scopre” il DNA. Gli istoni si dissociano dal DNA temporaneamente. Intervengono 2 tipi di complessi proteici: - uno si lega a monte del sito di inizio della trascrizione e disaggrega i nucleosomi per favorire il legame del complesso di inizio - l’altro si lega una volta che la trascrizione è avviata, favorendo il movimento della macchina trascrizionale. Il grado di condensazione della cromatina è controllato da: acetilazione/deacetilazione degli istoni (istoni): se gli istoni subiscono modificazioni che ne riducono la carica elettrica si staccano dal DNA. Acetilazione degli istoni: aggiunta di gruppi acetile (- COOH 3 ) a certi aminoacidi. Questo porta a un cambiamento di forma negli istoni che si legano meno strettamente al DNA (la compattazione diminuisce  attivazione geni). Deacetilazione degli istoni: rimozione dei gruppi acetile, favorisce il riformarsi dei nucleosomi (la compattazione diminuisce  disattivazione geni). metilazione del DNA (DNA): aggiunta di gruppi metilici (-CH 3 ) alle basi del DNA dopo la sua sintesi provoca una inattivazione dell’espressione (la compattazione aumenta) poiché l’apparato trascrizionale non riesce ad attaccarsi. Stessi geni sono maggiormente metilati nelle cellule nelle quali essi non vengono espressi (es: nel corpo di Barr il DNA, inattivo, è fortemente metilato). 2° regolazione trascrizionale: la cellula non produce fattori trascrizionali, quindi l’RNA polimerasi non può legarsi. La maggior parte dei promotori trascritti dalla polimerasi II (trascrive geni che codificano per proteine) hanno una sequenza chiamata TATA box localizzata circa 25 bp a monte del sito di inizio della trascrizione. La polimerasi II di per sé non è in grado di legare il DNA al sito di inizio e di dare il via alla trascrizione, ma si lega dopo che si sono associate varie proteine regolatrici i fattori generali della trascrizione (GTF). L’interazione dei fattori generali e dell’RNA polimerasi al promotore determina una trascrizione basale (poco efficace, una bassa velocità d’inizio e pochi trascritti di RNA). Negli eucarioti la chiave per arrivare ad alti livelli di trascrizione è la presenza delle sequenze di regolazione a cui si legano i fattori trascrizionali. Esse possono essere: - a livello dei promotori (elementi di controllo prossimali): sono raggruppati subito a monte del promotore. Si legano un numero variabile di proteine diverse che attivano il complesso dei fattori trascrizionali. - lontane dal gene (elementi di controllo prossimali): intensificatori (enhancer) e silenziatori (silencer). Gli enhancers legano proteine attivatrici che stimolano la trascrizione. I silencers arrestano la trascrizione legando proteine dette repressori. In tutte le cellule dell’organismo lo stesso tipo di gene presenta le medesime sequenze regolative, ma non tutte le cellule posseggono un identico corredo di fattori trascrizionali. L’espressione genica è dipendente dal tipo di fattori trascrizionali presenti in un dato momento all’interno del nucleo. Controllo combinato: azione combinata di tanti fattori insieme: quando tutte le condizioni sono ottimali, quando serve, la cellula ha tutti i fattori trascrizionali, quindi opera la trascrizione. Vantaggi del controllo combinato: - con pochi fattori trascrizionali (alcune centinaia) in combinazioni diverse si può controllare l’espressione di tutti i geni - geni che devono essere “accesi” insieme condividono elementi di regolazione e proteine di regolazione - possibilità di regolazione dine del livello di trascrizione: l’attivazione della trascrizione è il risultato dell’integrazione di molteplici segnali provenienti da proteine regolatrici posizionate su molteplici siti di regolazione. - negli eucarioti i geni la cui regolazione deve essere coordinata possono occupare posizioni molto lontane anche su cromosomi differenti. NB: nei procarioti, invece, i geni che devono essere regolati insieme (poiché ad esempio intervengono nello stesso processo) sono vicini e formano l’operone, ovvero una regione di DNA contenente diversi geni la cui trascrizione è però comandata da sequenze regolatorie condivise. 3° regolazione post-trascrizionale: se l’mRNA non serve, può essere degradato o possono entrare in azione diversi meccanismi: maturazione differenziale: poliadenilazione alternativa e splicing alternativo.  Esempio: nello splicing alternativo della mielina vengono rimossi anche alcuni esoni, per far sì che con un unico gene ( risparmio di DNA)si possano tradurre proteine diverse.  Esempio: il gene della calcitonina ha 5 esoni, ma il trascritto primario è diverso a seconda delle cellule che si prendono in considerazione: - tiroide: trascritto primario con esoni 1-2-3-4 + poliadenilazione  prodotto: proteina calcitonina - cellula neuronale: trascritto primario con esoni 1-2-3-4-5 + poliadenilazione  prodotto: proteina CGRP. stabilità degli mRNA: il tempo di permanenza di un RNA maturo nella cellula determina la quantità di proteina che ne deriva, dato che la stessa molecola di mRNA rappresenta un altro meccanismo di regolazione post-trascrizionale spesso controllato da livelli ormonali. 4° regolazione traduzionale: se la cellula non ha bisogno di tradurre mRNA, questo può essere degradato o silenziato con microRNA, il modo che diventi a doppio filamento. Alcune proteine possono legarsi alle molecole di mRNA presenti nel citoplasma e regolare la traduzione. Particolarmente importante per gli mRNA a lunga vita.  Esempio: gli ioni ferrosi nelle cellule di mammifero sono legati alla ferritina. Quando c’è poco ferro un repressore si lega all’mRNA della ferritina ne impedisce l’attacco dei ribosomi. Quando c’è tanto ferro, il ferro in eccesso si lega al repressore e ne causa il distacco dall’mRNA. Esiste anche la regolazione post-traduzionale: si tratta della regolazione della funzionalità delle proteine (vedi indietro). Traduzione Il flusso dell’informazione genetica consiste in tutti i processi che portano dal DNA alle proteine (di questo, la traduzione è il penultimo passaggio; segue l’assemblaggio delle proteine). Il genotipo si esprime nel fenotipo e le proteine sono intermedi tra geni e fenotipo. Il fenotipo quindi è esplicato dall’azione di prodotti genici: proteine (nella maggior parte dei casi) o RNA. Geni che codificano per proteine:  ipotesi un gene – un enzima: inizialmente si pensava che i geni codificassero enzimi: la funzione di un gene sarebbe quella di controllare la produzione di un singolo specifico enzima.  ipotesi un gene – una proteina: non tutte le proteine però sono enzimi, quindi è meglio “un gene- una proteina”.  ipotesi un gene – una catena polipeptidica: molte proteine però sono costituite da più di una catena polipeptidica (es: emoglobina) e ogni catena è codificata dal proprio specifico gene. L’ipotesi più corretta è quindi “un gene – una catena polipeptidica”. Poiché le proteine sono i prodotti dei geni e i geni sono fatti di DNA (nucleotidi), l’informazione codificata dal DNA deve controllare il tipo e la quantità di proteine presenti nella cellula. Come fanno i geni, costituiti da DNA, a controllare la produzione di proteine? Se il DNA è formato dalla combinazione di 4 nucleotidi (A T C G) e ci sono 20 aminoacidi che formano le proteine, come viene tradotta l’informazione genetica a partire da 4 nucleotidi?  se 1 nucleotide codificasse per un singolo aminoacido, si potrebbero avere solo 4 aminoacidi  se fosse una sequenza di 2 nucleotidi a codificare per 1 aminoacido si avrebbero 16 aminoacidi (42)  una sequenza di 3 nucleotidi permetterebbe 64 combinazioni (43), ovvero 44 combinazioni in più rispetto alle 20 necessarie per la sintesi degli aminoacidi esistenti. Il codice genetico umano è sintetizzato e decodificato in triplette di nucleotidi: sul nostro DNA e mRNA ogni 3 nucleotidi c’è l’informazione per un aminoacido. Le 44 triplette in più vengono utilizzate per codificare sempre aminoacidi: degenerazione del codice. Codice genetico: l'insieme dei meccanismi attraverso i quali viene tradotta l'informazione codificata negli acidi nucleici costituenti i geni per la sintesi di proteine nelle cellule. Una sequenza di 3 nucleotidi (codone) sull’mRNA (e quindi sul DNA) codifica per un aminoacido. Ad ognuna delle 64 triplette di nucleotidi corrisponde un aminoacido codificato a livello proteico. Gli aminoacidi possono essere codificati da più di un codone (codice degenerato). Il grado di degenerazione non è lo stesso per tutti gli aminoacidi. L’appaiamento specifico avviene tra il codone dell’mRNA e l’anticodone del tRNA (due sequenze complementari). Codone di inizio: è AUG e codifica per una metionina. Tutte le proteine neosintetizzate iniziano con metionina, ma non tutte le proteine mature; prima della fine del processo le proteine neosintetizzate infatti possono subire cambiamenti. AUG potrebbe essere anche all’interno della sequenza dell’mRNA. Codone di stop: UAA, UAG e UGA sono codoni che non codificano per aminoacidi: quando il ribosoma arriva a una di queste proteine, la traduzione finisce. Caratteristiche del codice genetico: 1. a triplette: ogni codone sull’RNA codifica per un aminoacido o per un codone di stop. 2. universale (con alcune eccezioni): gli stessi codoni codificano per gli stessi aminoacidi in tutti gli organismi. L’universalità del codice genetico dimostra come sia stato definito all’inizio della vita evolutiva di questo pianeta. Tutti gli organismi hanno un’origine in comune e si sono evoluti da un unico antenato. Eccezioni: - il codice “nucleare” di alcune specie (es: protozoi, alghe cellulari: organismi poco evoluti) è diverso per alcuni codoni da quello “Nucleare” della maggior parte delle specie. - il codice genetico mitocondriale è diverso da quello nucleare. 3. ridondante (degenerato): ogni tripletta codifica un aminoacido specifico (ad eccezione dei codoni di stop), ma un singolo aminoacido non è codificato da una singola tripletta. Il grado di degenerazione non è lo stesso per tutti gli aminoacidi (alcuni aminoacidi sono codificati da più codoni rispetto ad altri). Il codice è degenerato ma non ambiguo. 4. lineare: quando il ribosoma legge l’mRNA legge una tripletta alla volta, spostandosi man mano in avanti, facendo spostamenti di tre in tre nucleotidi (non può sovrapporre codoni diversi tra di loro). 5. “senza virgole”: è senza punteggiatura. Se si toglie un nucleotide, la sequenza da quel punto in poi cambia (cambia il “senso della frase”), il ribosoma non se ne accorge: gli aminoacidi che si inseriranno nella proteina saranno sbagliati, quindi si verifica scivolamento del codice di lettura. La proteina quindi perde senso, pertanto non funzionerà o funzionerà di meno. 6. vacillante: spesso un aminoacido è codificato da codoni che differiscono solo per il terzo nucleotide. La terza posizione è vacillante: il terzo nucleotide del tRNA a volte, per errore, si appaia male sulla terza base (forma legami idrogeno con più di una base azotata dell’mRNA), ma la cellula può tollerare la cosa: pur avendo la terza base diversa, l’aminoacido è lo stesso. Vacillamento: tolleranza da parte della cellula di appaiamento anomali sulla terza base del codone. Sono tollerati i seguenti appaiamenti: Base all’estremità 5’ Base all’estremità 3’ dell’anticodone (sul tRNA) del codone A può appaiarsi con U C può appaiarsi con G U può appaiarsi con AoG G può appaiarsi con CoU Traduzione Gli mRNA procariotici sono pronti per essere tradotti non appena si staccano dal filamento stampo del DNA e vengono degradati nell’arco di minuti. Nei procarioti trascrizione e traduzione possono avvenire contemporaneamente Negli eucarioti la situazione è più complessa: - esiste una separazione spaziale tra trascrizione e traduzione - il prodotto della trascrizione è un pre-mRNA che deve subire delle profonde modificazioni prima di diventare mRNA maturo traducibile, dopodiché continuano a funzionare per un tempo variabile da molti minuti ad alcune ore. In entrambi i casi la traduzione è molto rapida, la sintesi di un polipeptide di centinaia di aminoacidi richiede un tempo di pochi minuti. Gli “attori” della sintesi proteica: - aminoacidi - mRNA - tRNA: adattatori che traducono i codoni dell’mRNA nella sequenza di un polipeptide - ribosomi - fonte di energia - fattori proteici per l’inizio, l’allungamento e il rilascio della catena polipeptidica. I tre ruoli dell’RNA nella sintesi proteica:  mRNA (RNA messaggero): porta l’informazione copiata dal DNA sotto forma di una serie di “parole” di tre basi dette codone  tRNA (RNA transfer): decifra il codice mediante uno specifico anticodone, al quale è associato un particolare aminoacido  rRNA (RNA ribosomale): si associa con una serie di proteine per formare i ribosomi, le fabbriche che sintetizzano le proteine. tRNA È una molecola di RNA piccola (circa 75-80 nucleotidi) a singolo filamento ripiegato su se stesso, con formazione di legami idrogeno tra nucleotidi della stessa catena, formando delle anse. La sua conformazione permette una triplice funzione: a) il legame con l’aminoacido appropriato (CCA al 3’): questa coda è il punto in cui verrà agganciato l’aminoacido corrispondente b) il riconoscimento del corrispondente codone dell’mRNA (zona dell’anticodone) c) l’interazione con i ribosomi. Il tRNA e l’mRNA entrano in contatto in modo reciprocamente antiparallelo. Ciascun tipo di tRNA presenta uno specifico anticodone che gli permette di associarsi mediante appaiamento delle basi con il complementare. la complementarietà delle basi è il fondamento della specificità della traduzione del messaggio genetico.  Esempio: se l’anticodone è 3’-ACC-5’ all’estremità 3’ si legherà l’aminoacido triptofano e il tRNA legherà il codone 5’-UGG-3’ sulla molecola di mRNA. Caricamento di una molecola di tRNA con un aminoacido: esiste una famiglia di enzimi attivanti, l’aminoacil-tRNA sintetasi. Ogni enzima attivante, a livello del citoplasma, è specifico per un determinato tipo di aminoacido e per il corrispondente tRNA. Ogni enzima quindi ha il sito per il tRNA, il sito per l’ATP e il sito per l’aminoacido. Il caricamento avviene così: 1° si lega l’ATP nel suo sito specifico. 2° si lega l’aminoacido nel suo sito specifico. 3° l’ATP viene idrolizzato e legato all’aminoacido sotto forma di AMP 4° si lega il tRNA nel suo sito specifico: la reazione viene catalizzata e l’aminoacido si lega al tRNA (sarà poi rilasciato). STRUTTURA DI UN RIBOSOMA Ogni ribosoma è costituito da due subunità, una maggiore e una minore. Negli eucarioti, la subunità maggiore è formata da 3 differenti molecole di rRNA e da circa 45 molecole proteiche diverse. La subunità minore: formata da 1 molecola di rRNA e da 33 diversi tipi di proteine ribosomiche. Le molecole proteiche e dell’RNA sono tenute insieme da forze ioniche e idrofobiche, ma non da legami covalenti. Le due subunità sono legate solo se impegnate nella traduzione. Sulla subunità maggiore del ribosoma sono presenti tre siti: - sito A: sito di legame dell’aminoacil-tRNA (si agganciano gli aminoacidi portati da tRNA) - sito P: sito di legame del peptidil-tRNA (si aggancia la catena polipeptidica man mano che viene prodotta) - sito E (exit): sito di uscita (in cui viene a trovarsi il tRNA dopo aver ceduto l’aminoacido, prima di abbandonare il ribosoma per tornare nel citosol a caricarsi di un altro aminoacido). Sulla subunità minore c’è il sito di legame dell’mRNA. Può partire la traduzione. 1. formazione del complesso di inizio: è richiesta la partecipazione di proteine, dette fattori di inizio; l’energia è fornita dal GTP. 2. riconoscimento tra mRNA e una subunità minore: quando inizia il processo è solo la subunità minore che si aggancia all’mRNA; la subunità maggiore si aggancia dopo (quando è stato riconosciuto il codone d’inizio). La subunità minore si lega al 5’ cap. 3. riconoscimento di AUG: il ribosoma scorre sull’mRNA fino a quando non incontra e riconosce il codone di inizio AUG: nei procarioti iene riconosciuto grazie alla presenza di una particolare sequenza al 5’ dell’mRNA negli eucarioti il meccanismo per riconoscere il codone d’inizio è diverso ed è basato: - sul riconoscimento del cap all’estremità 5’ dell’mRNA da parte di un complesso multiproteico - sul fatto che il codone d’inizio AUG è inserito all’interno di una corta sequenza che indica che si tratta del vero codone d’inizio. All’AUG di inizio viene agganciato il primo tRNA che porta metionina sul sito A; in questo momento si aggancia la subunità maggiore, e in questo momento parte la vera e propria traduzione. la subunità maggiore si aggancia con il sito P sovrapposto al tRNA che porta la metionina, mentre il sito A è vuoto, a cavallo della seconda tripletta 4. allungamento: nel sito A arriva un nuovo tRNA che porta l’aminoacido codificato dalla seconda tripletta. L’allungamento è mediato dai fattori di allungamento (EF, elongation factor). L’energia è fornita dall’idrolisi del GTP. La direzione della traduzione va da N-terminale a C-terminale. 5. attività peptidil-transferasica: la metionina si stacca dal primo tRNA e si aggancia con un legame peptidico sul secondo aminoacido. Questa attività enzimatica viene svolta dall’RNA ribosomale stesso, che rompe il legame tra il tRNA nel sito P e l’aminoacido a esso legato e catalizza la formazione di un legame peptidico tra tale aminoacido e quello legato al tRNA presente nel sito A. A questo punto il primo tRNA è scarico. Per anni si è ritenuto che la formazione del legame peptidico fosse mediata da una proteina ribosomale, detta peptidil-transferasi. Nel 1992 è stato dimostrato che questa attività rimane anche dopo la rimozione delle proteine ribosomali, mente viene distrutta dal trattamento dei ribosomi con una ribonucleasi. Questo suggerisce che sia l’rRNA, e non una proteina, il responsabile della formazione del legame peptidico. L’energia è fornita dalla rottura del legame ad alta energia che unisce l’aminoacido o la catena peptidica al tRNA situato sul sito P. 6. fasi di terminazione: la struttura del ribosoma si sposta in avanti di 3 nucleotidi, gli altri tRNA rimangono indietro: il primo, staccato, va nel sito E ed esce, il secondo corrisponde al sito P; nel sito A non c’è nulla. Il codone successivo viene riconosciuto dallo specifico tRNA, che porta il terzo aminoacido; avviene attività peptidil-transferasica, e così via. 7. fine: la traduzione si arresta quando nel sito A si presenta un codone di stop che non specifica aminoacidi né lega alcun tRNA. Intervengono anche i fattori proteici di rilascio (RF, release factor). A questo punto il ribosoma si disassembla e libera la proteina formata sotto forma di proteina primaria, che poi diventerà proteina matura. Lo stesso ribosoma poi si può riassemblare o sullo stesso tratto di mRNA o su un altro, e sintetizzare altre proteine. Una singola molecola di mRNA può essere tradotta contemporaneamente da più ribosomi, producendo numerose catene polipeptidiche pressoché simultaneamente (perché il ribosoma, andando avanti sull’mRNA, libera il 5’ cap e quindi il punto di inizio, rendendolo disponibile). Ciò consente di produrre tante proteine più velocemente (dato anche il fatto che l’mRNA è una molecola instabile).  Polisoma (= poliribosoma): complesso formato da un filamento di mRNA unito ai ribosomi che lo traducono e alle molecole polipeptidiche in via di sintesi. Mutazioni genetiche Mutazione: cambiamento raro, casuale ed ereditabile del materiale genetico. Gli errori (in duplicazione, meiosi…) avvengono 1 volta ogni 107 basi, e solo alcuni vengono corretti. Ruolo evolutivo: la mutazione è la fonte principale di variabilità genetica, indispensabile alla specie per adattarsi ai cambiamenti ambientali e potersi evolvere. Dove insorge: una mutazione può insorgere in qualunque tipo di cellula, in qualunque momento della vita e in qualunque organismo. Mutazioni germinali Mutazioni germinali: l’errore è presente o formato già alla formazione dei gameti che formano l’individuo, quindi è già presente allo zigote, che lo dà a tutte le cellule. Si tratta di un tipo di mutazione che viene ereditato e che dà luogo a individui mutanti.  Esempi di mutazioni genetiche: albinismo, anemia falciforme, fibrosi cistica, distrofia muscolare… Mutazioni somatiche Mutazioni somatiche: gli errori insorgono dopo la formazione dello zigote. Dalla cellula in cui l’errore insorge in poi, tutte le cellule derivanti da quella mutata saranno anch’esse mutate, mentre le altre saranno normali. Si tratta quindi di un tipo di mutazione che dà luogo a individui mosaico. Gli individui che sono mosaici genetici presentano due o più tipi cellulari geneticamente distinti derivati da un unico zigote. Non è detto che nell’individuo sia visibile il fenotipo della mutazione; ad esempio, se una patologia epatica si manifesta sulle cellule epiteliali, il fenotipo non sarà manifesto.  Esempi di mosaicismo somatico: - capelli castani con una ciocca bianca. - tumore, la maggior parte dei quali deriva da mutazioni somatiche spontanee (non si hanno alla nascita). LE MUTAZIONI: COME SI CLASSIFICANO  Le mutazioni si classificano in base al livello a cui avviene il cambiamento: → mutazione genomica: variazione del numero di cromosomi (es: sindrome di Down  effetto “grosso”) → mutazione cromosomica: variazione della struttura di 1, massimo 2 cromosomi (effetto “medio”) → mutazione genica: variazione della struttura di un gene (effetto “piccolo”) Mutazioni geniche Mutazioni puntiformi: modificazioni di pochi nucleotidi di un gene. Le mutazioni puntiformi possono essere:  sostituzioni di basi: basi sbagliate in un singolo punto (le più frequenti)  inserzioni di basi: aggiunta di basi alla sequenza  delezione di basi: mancanza di alcune basi (in generale pochi nucleotidi) sulla frequenza del gene. Inserzioni/delezioni di tratti lunghi: aggiunta/rimozione di tratti estesi di basi. Meccanismi di insorgenza: → mutageni chimici: sostanze chimiche creano mutazioni modificando il DNA → mutageni fisici: agenti fisici (es: raggi UV) creano mutazioni modificando il DNA → mutageni biologici: agenti biologici (es: i virus) creano mutazioni modificando il DNA → mutagenesi in vitro e in vivo: introduzione volontaria, in laboratorio, di mutazioni in cellule (in vitro) o in modelli, ad esempio animali (in vivo). Tasso di mutazione: numero di eventi mutazionali/gamete/generazione. Uomo: 10-5 – 10-6 Incidenza di mutazione: frequenza con cui si verificano nuovi casi di mutazione sui nuovi nati; rimane più costante, anche se si può variare. Es: incidenza alla nascita 1:1000. Prevalenza: porzione di individui affetti in una popolazione in un qualsiasi momento; cambia nel tempo e cambia in base alla popolazione studiata (es: in Italia è diversa che in USA).  Classificazione delle mutazioni in base agli effetti sul fenotipo: 1) letali o subletali: determinano la morte prima dell’età riproduttiva oppure la mancata ripro- duzione di tutti (mutazioni letali) o del 50% (mutazioni subletali) degli individui con la mutazione.  Esempio: distrofia muscolare di Duchenne (DMD); gatto Manx (letale): se è omozigote, muore 2) condizionali: si esprimono solo in alcune condizioni (restrittive o non permissive) e non in altre, dette permissive.  Esempio: favismo (deficit di G6PD  si manifesta solo se mi mangia G6PD) 3) neutre: non hanno effetti né vantaggiosi né svantaggiosi. Sono le più frequenti: non vengono corrette, quindi si diffondono nella popolazione con facilità  polimorfismo del DNA 4) vantaggiose: causano cambiamenti che favoriscono gli organismi dal punto di vista evolutivo e nell’adattamento ambientale (detto fitness) 5) svantaggiose: determinano fenotipi che sfavoriscono gli organismi dal punto di vista evoluzionistico e nell’adattamento ambientale e/o inducono l’insorgenza di malattie ereditarie 6) pleiotropiche: causano molteplici effetti fenotipici (pleiotropia).  Classificazione delle mutazioni in base all’età di insorgenza del fenotipo mutato: in base all’età in cui compare il fenotipo associato alla mutazione, le mutazioni sono suddivise in mutazioni a: a) insorgenza precoce (epoca pre- o neonatale): si manifestano precocemente, alla nascita o addirittura durante la vita embrionale o nel feto b) insorgenza tardiva: si manifestano dopo un periodo di tempo più o meno lungo, anche nell’età adulta. Esempio: corea di Huntington. I motivi possono essere che il gene colpito è essenziale non nelle prime fasi della vita, ma dopo, oppure che si tratti di una malattia da accumulo. Effetti di una mutazione genica: dipendono da dove la mutazione colpisce il DNA. Possibili conseguenze di mutazioni in un gene: Mutazioni: 1. sostituzione di basi (mutazione puntiforme): possono generare molti codoni diversi e quindi anche la sequenza di aminoacidi in una proteina. Possibili effetti: Codone selvatico Codone mutato Tipo di mutazione Esempio nell’uomo CTA (Leu) CTG (Leu) silente nessun effetto GAG (Glu) GTG (Val) missense anemia falciforme AAG (Lys) TAG (Stop) non senso talassemia β TAA (Stop) CAA (Gln) allungamento Hb Constant Spring a) mutazione silente: cambia una tripletta in un’altra che codifica lo stesso aminoacido  nessun effetto; sono frequenti. b) missense: la tripletta viene cambiata e anche l’aminoacido cambia: la proteina può non funzionare, oppure può funzionare lo stesso. Esempio: anemia falciforme. c) non senso: la tripletta viene sostituita con una tripletta che codifica un codone di stop. La è proteina quindi è più corta, quindi può non funzionare oppure, se magari è corta di poco, funziona lo stesso. Esempio: talassemia β allungamento: una tripletta di stop viene sostituita da un altro aminoacido, quindi si avrà una proteina più lunga. Esempio: Hb Constant Spring 2. inserzione o delezione di un numero di basi non multiplo di 3: dal momento che i codoni sono formati da 3 basi, qualsiasi cambiamento del numero di basi di un codone modifica la composizione di tutti i codoni successivi nella sequenza nucleotidica  scivolamento del codice di lettura (frameshift): dal punto della mutazione in poi cambia totalmente il senso della proteina. Se si aggiungono o tolgono 3 basi si aggiunge o toglie un amminoacido, quindi non si tratta di frameshitf. 3. mutazioni di splicing (mutazione genica puntiforme): la mutazione elimina o crea un sito di riconoscimento che lo spliceosoma usava per rimuovere gli introni (suto di splicing). Questo causa la produzione di mRNA aberranti, come conseguenza di un processo di maturazione degli mRNA difettosi  proteine con introni, quindi sbagliate. 4. mutazioni dinamiche = da espansione di triplette (importanti a livello psicologico): meccanismo di mutazione basato sull’espansione instabile di tratti di DNA costituiti da una ripetizione di nucleotidi la cui lunghezza varia da individuo a individuo. Queste mutazioni sono dovute alla DNA polimerasi, che è infedele nella copiatura del DNA quando si trova di fronte a ripetizioni dello stesso gruppo di nucleotidi (es: CACACACACACACA…). Partono come slippage della replicazione: in presenza di sequenze ripetute possono verificarsi appaiamenti errati fra l’elica stampo e l’elica nascente, con la formazione di molecole di DNA di lunghezza diversa da quella originaria. Questo perché durante la creazione del nuovo filamento i due filamenti si possono disappaiare e riappaiare; quando il filamento si riappaia può avvenire che un pezzo non si appai, portando a un disappaiamento sul DNA neoformato. Questa mutazione si può correggere, ma quado la cellula va a tagliare il DNA dove è appaiato male la cellula non sa qual è il filamento nuovo, quindi potrebbe tagliare il filamento stampo (giusto) e non quello sbagliato, aumentando il numero di ripetizioni e portando quindi all’espansione. Esempi di instabilità delle espansioni di ripetizioni trinucleotidiche: il numero di ripetizioni della tripletta tende ad aumentare, cioè va incontro ad espansione con l’aumentare delle generazioni. Se il numero di ripetizioni è inferiore a un certo valore, l’allele è stabile e non patologico. Conseguenze:  perdita e/o cambiamento della funzione del gene, se il numero di ripetizioni è troppo elevato  anticipazione (abbassamento dell’età di insorgenza e aggravamento della sintomatologia con il passare delle generazioni), a causa del ripetersi del processo di espansione.  Esempi di malattie determinate da espansione di triplette: Malattia Tripletta ripetuta Copie normali Copie nella malattia Corea di CAG 9-35 37 - 100 Huntington Distrofia CTG 5-35 40 - 4 000 miotonica Sindrome CGG 6-59 200 - 1 000 dell’X fragile X fragile = fragile X mental retardation: è causata dal gene FMR-1, che contiene ripetizioni di basi: - gene con 6-52 ripetizioni: sano - gene con 60-200 ripetizioni: permutato (i figli hanno alta probabilità di essere malati; il genitore è sano) - gene con più di 230 ripetizioni: malato (il DNA viene metilato  no trascrizione). Il numero di ripetizione tende ad aumentare ad ogni generazione. Effetti di una mutazione genica sulla funzione di una proteina: 1) perdita di funzione (loss of function) - riduzione nel dosaggio genico, variazione quantitativa - perdita completa o parziale della funzione, variazione qualitativa - mutazioni non senso, frameshift e alcune missense - mutazioni recessive 2) acquisizione di funzione (gain of function) - aumentata funzionalità della proteina, per aumento nel livello di espressione oppure acquisizione di nuove funzioni - mutazioni dominanti Errori congeniti del metabolismo: se una mutazione blocca un punto preciso di una via metabolica tutte le reazioni a valle saranno impedite perché non ci sarà più substrato disponibile. Errori congeniti del metabolismo degli aminoacidi: per sintetizzare tutte le proteine, abbiamo bisogno di tutti i 20 aminoacidi. Alcuni aminoacidi non possono essere sintetizzati, ma devono essere assimilati mediante la dieta. Questi sono gli aminoacidi essenziali. Nell’uomo sono 9: istidina, isoleucina, leucina, lisina, metionina, fenilalanina, treonina, triptofano e valina. L’incapacità di convertire la fenilalanina in tirosina determina una malattia genetica, la fenilchetonuria.  Fenilchetonuria (PKU): incidenza: 1/3000 nati vivi Screening neonatale: test di Guthrie (semplice ed economico) Terapia: dieta fenilalanina-priva, così da evitare o limitare gli accumuli Gene: PHA, localizzato sul cromosoma 12. Se i neonati affetti non vengono curati diventano gravemente ritardati, mostrano riflessi accentuati che li portano a muovere braccia e gambe in modo convulso, hanno attacchi epilettici e non imparano a parlare. In che modo l’incapacità di convertire la fenilalanina in tirosina determina ritardo mentale? Quando la fenilalanina si accumula nel fluido che circonda le cellule nervose, le sue molecole superano di numero quelle degli altri aminoacidi e questo significa che più fenilalanina verrà trasportata all’interno della cellula. Il risultato è il danneggiamento del cervello. Dal momento che anche la melanina viene prodotta dalla via metabolica bloccata, la maggior parte degli individui affetti ha capelli e pelle di un colore più chiaro dei loro familiari. N.B.: tutti i bambini nati da madri omozigoti per la PKU che durante la gravidanza seguono una dieta normale saranno malati, qualunque sia il loro genotipo. Questo perché la donna in gravidanza che segue una dieta normale accumulerà livelli alti di fenilalanina nel sangue che passeranno attraverso la placenta e danneggeranno il sistema nervoso del feto. Cariotipo umano normale Cariotipo umano patologico  mutazioni cromosomiche: variazioni nella struttura dei cromosomi (generalmente 1, massimo 2 cromosomi)  mutazioni genomiche: variazioni nel numero dei cromosomi → poliploidie: coinvolgono tutti i cromosomi (tutti i cromosomi sono in numero diverso) → aneuploidie: cambia il numero di un tipo solo di cromosoma (es: sindrome di Down: ci sono 3 cromosomi 21  trisomia 21, la trisomia meno grave). Frequenza delle mutazioni cromosomi e genomiche: su 1 000 000 di concepimenti: - 150 000 sono gli aborti spontanei; di questi, 75 000 sono dovuti ad anomalie cromosomiche: soprattutto per le trisomie (la trisomia 21 è la meno grave), poi sindrome di Turner (femmine con X0), in seguito triploidie (tutti i bambini muoiono), tetraploidie. - 850 000 nati vivi, 17 000 casi di morte perinatale, 833 000 bambini. Di questi, 5165 presentano anomalie cromosomiche, soprattutto aneuploidie di cromosomi del sesso o trisomie autosomiche (trisomia 13, 18, 21 sono quelle compatibili con la vita, la trisomia 21 è la più frequente e la meno grave di tutte), poi mutazioni cromosomiche (traslocazioni bilanciate, inversioni, aberrazioni strutturali sbilanciate). Conseguenze delle variazioni nella struttura e nel numero di cromosomi: ogni organismo è il risultato di un processo evolutivo, attraverso il quale è stato raggiunto un equilibrio nell’espressione dei geni che controllano il suo sviluppo. Un corretto sviluppo dipende dal numero di geni e dalla loro posizione sui cromosomi, in quanto la fisiologia normale di ogni cellula dipende da un corretto rapporto tra prodotti genici. Ogni cambiamento del dosaggio genico (perdita o aggiunta di un cromosoma o di una parte di cromosoma) determina uno squilibrio fisiologico di vie metaboliche  anomalie dello sviluppo  letalità. Un dosaggio genico superiore al normale comunque è più tollerato rispetto a uno inferiore. Sono più tollerate le anomalie geniche che riguardano pochi geni. Principali mutazioni cromosomiche: a) delezione: una porzione di cromosoma viene persa, quindi vengono persi i geni contenuti in esso. Le conseguenze saranno più o meno gravi a seconda di quanti geni erano contenuti nella parte persa. Spesso è associata a una duplicazione sul cromosoma omologo. La delezione può essere terminale o interstiziale. Le delezioni sono generalmente letali o comunque provocano patologie molto gravi.  Sindrome del Cri-du-chat: questi bambini, quando piangono, fanno un verso simile a quello del pianto del gatto. Si tratta di una delezione terminale (deleto parte del braccio corto del cromosoma 5). Gli effetti sono ritardo mentale, anomalie fisiche che portano a morte precoce. L’incidenza è di 1 su 15 000 - 50 000 nati. b) duplicazione: una porzione del cromosoma viene raddoppiata; questa porzione acquistata viene presa dal cromosoma omologo. La duplicazione è correlata alla delezione perché un cromosoma cede una sua porzione (deleto) all’omologo. È durante il crossing-over in meiosi che avviene la ricombinazione genica: talvolta però si verifica crossing-over ineguale, ovvero i due cromosomi che dovrebbero appaiarsi tra di loro si appaiano in maniera sfasata, non perfettamente allineata. I due cromosomi omologhi quindi si rompono i punti diversi, quindi può verificarsi contemporaneamente duplicazione e delezione. Il problema si manifesterà nei gameti. In alcuni casi possono verificarsi contempo- raneamente duplicazioni e delezioni. Si verificano quando 2 cromosomi omologhi si rompono in punti diversi. c) inversione: anomalie bilanciate che interessano un solo cromosoma: un tratto di cromosoma si scambia, invertito, con l’altro cromosoma. Le conseguenze possono essere difetti nei geni a livello dei punti di rottura. L’inversione può determinare conseguenze fenotipiche nei portatori. Un individuo eterozigote può produrre gameti sbilanciati. Le inversioni possono essere: - pericentriche: è coinvolto il centromero del cromosoma nel tratto invertito - paracentriche: non è coinvolto il centromero nel tratto dell’inversione. d) traslocazione: scambio di porzioni tra due cromosomi non omologhi (sono le uniche

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