Summary

Questi appunti trattano i concetti fondamentali di genetica, inclusi concetti come l'ereditarietà, il genotipo, il fenotipo, le leggi di Mendel e diverse eccezioni alla dominanza. L'obiettivo è quello di fornire una panoramica dei principi essenziali della genetica.

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Ereditarietà → Trasmissione di particolari caratteristiche individuali da una generazione all’altra. Tali caratteristiche sono sotto il controllo dei geni. Genetica → È la scienza dell’ereditarietà, in altre parole studia la trasmissione delle caratteristiche ereditarie che distinguono un soggetto d...

Ereditarietà → Trasmissione di particolari caratteristiche individuali da una generazione all’altra. Tali caratteristiche sono sotto il controllo dei geni. Genetica → È la scienza dell’ereditarietà, in altre parole studia la trasmissione delle caratteristiche ereditarie che distinguono un soggetto dall’altro. La genetica nasce tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo ed inizia a svilupparsi proprio all’inizio del secolo scorso, avendo come base gli studi del monaco naturalista Johann Gregor Mendel. Genotipo → Costituzione genetica di un organismo (insieme dei geni). Fenotipo → Insieme delle caratteristiche sia strutturali che funzionali di un organismo (aspetto, manifestazione dei caratteri). Mentre il genotipo indica la costituzione genetica di ciascun individuo, in pratica il complesso del proprio patrimonio ereditario, il fenotipo, invece, è l’aspetto dell’individuo che si manifesta per indicazione dello stesso genotipo. Si tratta, quindi, della manifestazione del genotipo che risulta “condizionata” dall’ambiente, infatti, il fenotipo costituisce il prodotto dell’interazione del genotipo con l’ambiente. In genere, tutti gli organismi che hanno differenti fenotipi, hanno diversi genotipi, cioè presentano differenze, anche se non facilmente individuabili, nelle loro informazioni genetiche. Mendel è stato molto fortunato nei suoi esperimenti perché è andato ad analizzare caratteristiche semplici, ovvero caratteristiche per le quali a un certo genotipo corrisponde un fenotipo. I geni determinano le caratteristiche fisiche ereditarie dell’uomo, degli animali, delle piante e di ogni organismo vivente. Essi sono responsabili della trasmissione dei caratteri ereditari e sono localizzati in una zona specifica di un cromosoma (locus); è costituito da una sequenza di DNA che codifica una specifica proteina. Negli organismi diploidi è presente in due forme alternative (chiamate alleli) che determinano quale carattere si manifesterà nell’individuo. Ogni carattere ereditario è controllato da una coppia di geni (uno materno ed uno paterno). Le differenti caratteristiche che può assumere lo stesso gene si chiamano alleli. Tutti gli individui possiedono una coppia di alleli per ogni carattere ereditario: quando la coppia responsabile di un carattere è formata da alleli identici l’individuo è detto “geneticamente puro” o omozigote. Quando la coppia è formata da alleli diversi, l’individuo è detto “misto” o eterozigote. Se per una determinata caratteristica genetica sono presenti due alleli diversi (eterozigoti), quella che si manifesta nell’individuo è detta dominante, mentre quella che non si manifesta è detta recessiva. 1 Gene dominante, il cui carattere si manifesta quando è presente sia allo stato omozigote sia allo stato eterozigote. Gene recessivo, il cui carattere si manifesta solo nella condizione di omozigosi, in quanto la sua azione allo stato di eterozigote è mascherata da un allele dominante. M → Allele dominante “Occhi marroni” m → Allele recessivo “Occhi azzurri” Fenotipo Occhi azzurri Occhi marroni Occhi marroni mm MM Mm Genotipo Omozigote recessivo Omozigote dominante Eterozigote Quali saranno le possibili caratteristiche dei figli di una coppia formata da madre eterozigote con occhi marroni e padre omozigote con occhi marroni? Tutti i figli (100%) avranno gli occhi marroni: il 50% omozigote MM e il 50% eterozigote Mm. 2 Lo studio dell’ereditarietà iniziò verso la metà del XIX secolo con il lavoro di Gregor Mendel (1822-1884), il primo scienziato che applicò con efficacia metodi quantitativi allo studio dell’ereditarietà. Egli non si limitò a descrivere le sue osservazioni, ma programmò accuratamente i propri esperimenti, registrò i dati e sottopose i risultati ottenuti all’analisi matematica. Il suo lavoro fu completamente ignorato dalla comunità scientifica contemporanea e venne riscoperto solo 35 anni dopo, all’inizio del 900. Mendel condusse i suoi studi senza avere alcuna conoscenza delle basi molecolari dell’ereditarietà e dei processi biologici connessi con la riproduzione e la formazione dei gameti. Gli studi di Mendel costituiscono la base di tutta la genetica che oggi conosciamo. Utilizzò il Pisello da Giardino, Pisum sativum (pisello odoroso), come organismo sperimentale perché: Auto impollinante Facile da incrociare Rapido tempo di generazione Facile da crescere e maneggiare Per condurre efficacemente le sue prove, Mendel selezionò le cosiddette linee pure, cioè popolazioni di soggetti che, opportunatamente incrociate tra di loro, molte volte, mostravano sempre lo stesso carattere. Si trattava, quindi, di popolazioni omogenee per i caratteri analizzati. Gli incroci erano condotti grazie ad una semplice procedura tecnica di trasferimento del polline, spesso per evitare la possibile contaminazione si realizzava l’autofecondazione. Le piccole variazioni che Mendel osservava in queste popolazioni pure furono, correttamente, interpretate come dovute alla capacità dell’ambiente di incidere o modulare la manifestazione dei caratteri. Infatti, egli evidenziò che all’interno di tali popolazioni, casualmente e sporadicamente, si producevano delle variazioni capaci di affermarsi e di diffondersi. Osservò anche che le caratteristiche del soma degli individui non hanno rilievo nella trasmissione ereditaria, mentre risulta fondamentale la natura e la qualità degli “elementi” coinvolti nei processi ereditari (la costituzione genetica). Praticamente, Mendel osservava, negli organismi in studio, la trasmissione di quel “qualcosa”, di quegli “elementi”, che una volta ereditati determinavano la comparsa di caratteristiche facilmente osservabili e catalogabili, cioè i caratteri. Essi sono determinati da unità ereditarie, che egli definì fattori o determinanti, portati dalle cellule germinali: un fattore dal granulo di polline ed uno dalla cellula uovo. I “fattori” di Mendel, nel 1909, saranno denominati “geni” da Johannsen e successivamente, per la loro valenza genetica, “alleli”. Secondo Johannsen i determinanti costituiscono il genotipo, cioè la struttura genetica dell’organismo, mentre l’aspetto, cioè la manifestazione dei caratteri, costituisce il fenotipo. Mendel ottenne ceppi puri per sette caratteristiche visibili con due forme alternative. 3 Gli esperimenti di Mendel portarono alla scoperta e alla spiegazione dei principi fondamentali dell’ereditarietà. 1° Legge di Mendel o Principio della segregazione Durante la formazione dei gameti, i membri di una coppia genica (alleli) si separano. I soggetti della prima generazione (F1) incrociati tra di loro producono una progenie dove compaiono entrambi i fenotipi parentali (praticamente riappare il fenotipo scomparso nella F 1). Pertanto, incrociando due individui omozigoti per un carattere, ma con un carattere dominante e uno recessivo, si ottiene una prima generazione con individui eterozigoti, ma che mostrano tutti il carattere dominante, mentre quello recessivo non compare 2° Legge di Mendel o Principio dell’assortimento indipendente Durante la formazione dei gameti, i geni (cioè gli alleli) che controllano caratteri diversi si distribuiscono in modo indipendente l’uno dall’altro cosicché ciascun gamete riceve soltanto una copia. Nell’incrocio di due soggetti che differiscono per due caratteri, ciascuno di essi viene trasmesso ed ereditato indipendentemente l’uno dall’altro. Nella progenie, infatti, i caratteri compaiono in tutte le possibili combinazioni in quanto le due coppie di alleli risiedono su due diverse coppie di cromosomi omologhi. 3° Legge di Mendel o Legge della dominanza Quando facciamo un incrocio di due linee pure che differiscono per un carattere, alla prima generazione (F1) solo uno dei caratteri della generazione parentale si manifesta, vale a dire quello dominante. Tutti i soggetti di F1, prodotti dall’incrocio di due individui parentali di linea pura, che differiscono per un carattere e mostrano cioè due fenotipi alternativi, presentano solo uno dei due caratteri (fenotipo) che viene detto dominante. La forma alternativa che rimane latente è detta recessiva. Le espressioni “dominante” e “recessivo” si riferiscono ai caratteri, cioè ai fenotipi e non ai geni. 4 Le forme alternative di un “fattore” (gene) sono alla base delle variazioni osservabili nei caratteri ereditati. I caratteri ereditari sono trasmessi dai genitori ai figli in forma di fattori non modificati. Ogni individuo possiede due set di fattori, uno ereditato dal padre e l’altro dalla madre. I fattori appaiati si separano durante la formazione dei gameti (principio della segregazione). I fattori possono essere espressi o nascosti in una data generazione, ma non vengono mai persi. Ogni fattore viene trasmesso alla generazione successiva indipendentemente da tutti gli altri fattori (principio dell’assortimento indipendente). I “fattori” di Mendel sono i geni. I geni sono localizzati sui cromosomi. 5 Dominanza incompleta → L’eterozigote ha un fenotipo intermedio tra quello dei due omozigoti. La legge della dominanza appare non categorica in quanto la dominanza può essere più o meno completa in cui i caratteri si dicono a dominanza incompleta e la loro modalità di trasmissione ereditarietà intermedia; in questo caso, nell’ibrido, si esprime l’allele dominante determinando la colorazione intermedia che consente la netta distinzione tra eterozigoti ed omozigoti. Codominanza → L’eterozigote ha il fenotipo di entrambi gli omozigoti. Gli alleli di uno stesso gene possono differire per le mutazioni che portano. Un’ulteriore eccezione al principio della dominanza si verifica quando due alleli si esprimono in eguale misura, producendo un fenotipo rappresentativo di entrambi gli omozigoti; in questa situazione i due alleli, o meglio i loro prodotti, sono funzionalmente indipendenti l’uno dall’altro. Questa condizione è indicata con il termine di codominanza ed i due alleli sono detti codominanti. Esempi di codominanza sono i gruppi sanguigni AB0, MN e il sistema HLA. Allelia multipla → È stato osservato che molti geni sono presenti nelle popolazioni in più di due forme alleliche: possono esservi tre o più alleli per uno stesso locus (serie allelica multipla) ed è proprio questa condizione che viene denominata allelia multipla o poliallelia. Il concetto di allelia multipla può essere messo in evidenza solo in una popolazione; infatti, ciascun individuo diploide, per ciascun carattere, presenta soltanto due loci genetici omologhi, uno su un cromosoma e uno sull’omologo. Ciascuno di questi due loci può contenere forme alleliche uguali o differenti dello stesso gene. Il caso più semplice di allelia multipla è quello in cui esistono tre alleli per uno stesso gene; ad esempio, la Drosophilia. Con il termine genoma umano si intende l’intero contenuto informazionale delle cellule umane. Esistono due genomi, quello mitocondriale – abbastanza semplice – e quello nucleare – esteso e complesso. Il genoma mitocondriale è una singola molecola di DNA circolare. La sua peculiarità è che i due filamenti componenti differiscono significativamente per la composizione in basi e quindi si distinguono un filamento pesante ed uno leggero. Il genoma nucleare diploide si distingue in sequenze codificanti (geni) e sequenze non codificanti. È costituito all’incirca da 6,4 miliardi di coppie di basi, organizzate a costituire 46 cromosomi. 6 1. Miglioramento delle diagnosi delle malattie; 2. Identificazione precoce di predisposizione alle malattie; 3. “Disegno” razionale delle terapie; 4. “Gene therapy” e sistema di controllo dei farmaci; 5. Farmacogenomica e “personal drugs”. 1. Diagnosi clinica; 2. Identificazione dei geni-malattia; 3. Genomica dei tumori; 4. Trattamento delle malattie; 5. Diagnosi prenatale. L'albinismo è una malattia genetica rara caratterizzata da una riduzione o dall'assenza congenita della melanina nella cute, nei capelli, nei peli e negli occhi o quasi esclusivamente negli occhi; La sindattilia è la malformazione congenita caratterizzata dalla fusione di due o più dita della mano o del piede. In altre parole, i medici parlano di sindattilia, quando almeno un paio dita delle mani e/o dei piedi di un individuo sono fuse tra loro, anziché essere normalmente separate; L'acondroplasia è una malattia genetica ereditaria caratterizzata da uno sviluppo anomalo dello scheletro, caratterizzata da ipostaturalità con arti sproporzionatamente brevi, capo voluminoso e tronco di dimensioni normali. È causata da una mutazione del gene FGFR3, situato sul cromosoma 4 e si trasmette con modalità autosomica dominante, di conseguenza basta un genitore che trasmetta un gene mutato per manifestare la malattia. 7 I cromosomi sono strutture all’interno delle cellule che contengono i geni di una persona. I geni sono contenuti in cromosomi, che hanno sede nel nucleo cellulare. Il cromosoma contiene da centinaia a migliaia di geni. Il corredo cromosomico o cariotipo umano, contenuto in ciascuna cellula somatica del singolo individuo, consiste di 46 cromosomi, suddivisi in 23 coppie di omologhi, di cui 44 autosomi ed una coppia di cromosomi sessuali; questi nella femmina sono una coppia di omologhi indicati come XX e nel maschio due cromosomi parzialmente omologhi indicati come XY. Tale correndo cromosomico è diploide non soltanto nelle cellule somatiche, ma anche in quelle cellule della linea germinale che si sono differenziate. Generalmente, in un cariotipo, i cromosomi sono mostrati come essi appaiono in metafase, quando sono costituiti da 2 cromatidi fratelli uniti a livello del centromero; infatti, la metafase è quel momento del ciclo cellulare in cui i cromosomi sono più facilmente evidenziabili perché hanno raggiunto il massimo grado ci compattamento. Attraverso livelli successivi di avvolgimento della cromatina i circa 2 metri di DNA a doppia elica formano i cromosomi. Le proteine della cromatina possono compattare il DNA circa 10.000 volte. I cromosomi si possono osservare durante la divisione cellulare e distinguere per forma e dimensioni. Ogni cromosoma metafasico è costituito da due cromatidi, uniti a livello del centromero. Le due parti sono chiamate bracci. Le estremità sono dette telomeri, cappucci che comprendono ripetizioni multiple della sequenza TTAGGG. Funzione dei telomeri: ❖ Protezione delle estremità dei cromosomi dalla degradazione e dalla fusione coda-coda con altri cromosomi; ❖ Invecchiamento cellule somatiche: accorciamento dei telomeri. p = braccio corto Eucromatina (ricca di GC): Struttura meno condensata q = braccio lungo formata da sequenze ricche di geni; presenta colorazione meno intensa. Eterocromatina (ricca di AT):struttura altamente condensata formata da sequenze ripetute per lo più non trascritte; presenta colorazione intensa. Nell’uomo tutte le cellule (ad eccezione delle cellule germinali) hanno: 46 cromosomi. 22 coppie di autosomi 1 coppia di cromosomi sessuali. 8 Il cariotipo è l’assetto cromosomico di un individuo, cioè l’insieme dei suoi cromosomi. Il cariotipo di una cellula eucariotica è dato dal numero e dalla morfologia dei suoi cromosomi. L’esame del cariotipo comporta la visualizzazione al microscopio dei cromosomi. Il cariogramma è la rappresentazione ordinata del corredo cromosomico. Per poter ricostruire il cariogramma ed analizzare i singoli cromosomi, le piastre metafasiche vengono fotografate e i cromosomi ritagliati uno ad uno, per essere sistemati in coppie secondo la loro grandezza; oggi, comunque, si fa uso di un analizzatore di immagini collegato ad un computer che ricostruisce il cariogramma con uno specifico programma informatico. Trisomia 21 (Down) 45, X (Turner) 47, XXY (Klinefelter) È possibile osservare al microscopio ottico i cromosomi di un individuo in cellule metafasiche, quando il DNA è duplicato e condensato. Le tecniche di colorazione consentono di ottenere il cosiddetto bandeggio, determinato dalla diversa intensità di colorazione assunta dalle regioni eterocromatiche ed eucromatiche. Si visualizzano così le bande cromosomiche caratteristiche per ogni coppia di omologhi. I cromosomi vengono ordinati e numerati in base a: 1. Dimensioni; 2. Lunghezza relativa dei due bracci; 3. Posizione del centromero; 4. Bandeggio. I cromosomi umani sono stati morfologicamente distinti e denominati in funzione della posizione del centromero in: Metacentrici → Se il rapporto tra la lunghezza dei due bracci del cromosoma è all’incirca uguale a 1; Submetacentrici → Se il centromero è posto in posizione submediana; Acrocentrici → Se il centromero è quasi terminale. 9 Le tecniche di bandeggiatura permettono di distinguere un cromosoma dall’altro in base alla colorazione di ciascuno di essi secondo un’alternanza di bande adiacenti, trasversali, chiaramente distinguibili, che appaiono scure o chiare. In questo modo ogni cromosoma presenta un suo specifico pattern di bandeggiatura che rende inequivocabile la sua identificazione. Le tecniche di bandeggio permettono di discriminare i vari cromosomi. Banda Le bande vengono numerate con numeri progressivi dal centromero verso i telomeri. Le bande prossimali sono quelle più vicino al centromero, quelle distali sono quelle verso i telomeri. I 23 cromosomi dell’assetto aploide vengono suddivisi in 7 gruppi (A-G) sulla base delle dimensioni e della posizione del centromero. CARIOTIPO UMANO Gruppo A Metacentrici lunghi (1, 2, 3) Gruppo B Submetacentrici lunghi (4, 5) Gruppo C Submetacentrici medi (6, 7, 8,9, 10, 11, 12) Gruppo D Acrocentrici lunghi (13, 14, 15) Gruppo E Metacentrici relativamente corti (16, 17, 18) Gruppo F Metacentrici corti (19, 20) Gruppo G Acrocentrici corti (21, 22) Le cellule più comunemente usate per studiare i cromosomi sono: Linfociti; Fibroblasti; Cellule del liquido amniotico; Cellule dei villi coriali. 10 1. Coltivare le cellule in presenza di un mitogeno → Sostanza che promuove la divisione; 2. Bloccarle in metafase; 3. Romperle mediante shock osmotico (Immettendole in una soluzione ipotonica); 4. Fissare i cromosomi; 5. Essiccare; 6. Colorare. La FISH è stata sviluppata da ricercatori biomedici nei primi anni ’80. L’ibridazione in situ fluorescente (FISH), è una tecnica di citogenetica molecolare che permette di visualizzare la localizzazione e il numero di copie di una sequenza specifica di DNA sia su preparati di cromosomi metafasici, sia su nuclei interfasici mediante l’utilizzo di sonde marcate con fluorocromi. L’applicazione di strumenti molecolari alla citogenetica ha designato l’ibridazione in situ fluorescente come un’importante tecnologia diagnostica. Essa utilizza delle sonde a fluorescenza che si legano in modo estremamente selettivo per via di una sequenza complementare ad alcune specifiche regioni del cromosoma. Per individuare il sito di legame tra sonda e cromosoma si utilizzano tecniche di microscopia a fluorescenza. L’utilizzo di sonde cromosoma specifiche, permette di determinare il numero di copie di un dato cromosoma presente all’interno del nucleo o di regioni presenti su specifici cromosomi e l’utilizzo di fluorocromi diversi consente di marcare le sonde specifiche, rendendo possibile la visualizzazione simultanea di bersagli cromosomici differenti nello stesso nucleo. La versatilità di questa tecnica consente un ampio utilizzo diagnostico trovando applicazione nella diagnosi prenatale, diagnosi preimpianto, diagnosi di sindromi cromosomiche e mosaicismi in epoca postnatale e nella diagnosi e monitoraggio alla risposta terapica dei tumori. La FISH rappresenta un importante strumento per la diagnosi rapida di anomalie in epoca prenatale. Attualmente La FISH su cellule di liquido amniotico non coltivato che utilizza sonde specifiche per i cromosomi 13, 18, 21, X e Y è entrata nella routine dei laboratori per la diagnostica prenatale e permette di accertare la presenza delle principali trisomie autosomiche e aneuploidie sessuali nel feto. Generalmente questa analisi viene eseguita qualora vi sia necessità di una diagnostica d’urgenza dopo il riscontro di anomalie strutturali del feto in ecografia del secondo trimestre oppure può avere un’ applicazione facoltativa nel caso in cui uno screening preliminare evidenzi un rischio aumentato di anomalia cromosomica. Una volta che lo stato di ploidia dei 5 cromosomi indagati è dimostrato normale, il rischio per le rimanenti anomalie cromosomiche è significativamente ridotto (Palomaki et al., 1994; Pergament et al., 2000). 11 L’anomalia cromosomica non costituisce l’eccezione nella divisione meiotica. Le mutazioni geniche vengono trasmesse alle generazioni successive attraverso i gameti. Da cellula diploide, tramite la meiosi, si formano i gameti. I gameti contengono un solo cromosoma di ogni coppia di omologhi. I due cromosomi omologhi portano geni che controllano le stesse caratteristiche ereditarie nella stessa posizione o locus ma possono avere alleli diversi. Di ogni coppia di cromosomi uno e uno solo viene trasmesso ai figli. Malattie genetiche: classificazione Le anomalie cromosomiche (dovute ad un’alterazione del numero o struttura dei cromosomi. Sono coinvolti molti geni) sono classificabili per origine e sede (costituzionale o acquisita) e per tipo (di numero e di struttura). Classificazione per sede Si definisce costituzionale un’anomalia presente in tutte o quasi tutte le cellule di una persona: 1. Omogena, cioè presente in tutte le cellule; 2. In mosaico, cioè presente solo in una parte delle cellule. Si definisce acquisita un’anomalia presente in un solo tessuto. Monogeniche → Dovute alla mutazione di un singolo gene. Eredità semplice o mendeliana. Multifattoriali → Dovute all’effetto combinato di alcuni geni e dell’ambiente. Eredità complessa o non mendeliana. Mitocondriali → Dovute a mutazioni nel DNA mitocondriale. Eredità matrilineare. Epigenetiche → Dovute a modificazioni del DNA che non riguardano la sequenza nucleotidica. L’anomalia cromosomica non costituisce l’eccezione nella divisione meiotica. L’incidenza dei difetti cromosomici è approssimativamente di 1 su 154 bambini nati vivi, il loro impatto è enorme, sia in clinica sia nel sociale. In tabella è riportata la frequenza alla nascita delle principali anomalie cromosomiche. Questi valori si riferiscono all’epoca pre-diagnosi prenatale. Attualmente la maggior parte delle anomalie cromosomiche di numero degli autosomi e delle anomalie strutturali sbilanciate è identificata in epoca prenatale e la gravidanza interrotta ai sensi di legge. 12 Tipo di anomalia Definizione Poliploidia Set di cromosomi extra Aneuploidia Un cromosoma in più o in meno Monosomia Un cromosoma assente Trisomia Un cromosoma in più Delezione Parte di un cromosoma mancante Duplicazione Parte di un cromosoma presente in duplice copia Traslocazione Scambio di tratti (regioni)tra due cromosomi Inversione Un cromosoma con un segmento invertito Isocromosoma Un cromosoma con due bracci identici Cromosoma ad anello Un cromosoma che forma un anello dovuto alla delezione dei telomeri che permettono l’adesione delle due estremità Nelle cellule somatiche i cromosomi sono presenti in coppie. Cellule diploidi 2n = 46 Un’anomalia di numero è un eccesso o un difetto del numero modale: Poliploidia: Cioè multiplo del corredo aploide (3n = 69 cromosomi per cellula, 4n = 92) Comune nelle piante, ma rara nell’uomo se non in alcune popolazioni cellulari (megacariociti del midollo osseo) ed in alcuni tipi di tumore. Aneuploidia per iperploidia: Presenza di un numero di cromosomi diverso da un multiplo del corredo diploide. 47 cromosomi ovvero trisomia, 48, 49 o più cromosomi per cellula o ipoploidia (45 cromosomi). Le poliploidie, comuni come triploidia nelle primissime fasi dello sviluppo, sono solitamente letali in epoca embrionale e meno frequentemente fetale. Le aneuploidie si producono per non-disgiunzione o per ritardo all’anafase. La non disgiunzione è la mancata separazione dei due cromosomi omologhi, che vengono così trasportati insieme ad un solo polo della cellula in anafase. Se l’evento è meiotico, la fecondazione del gamete che possiede il cromosoma soprannumerario con un numero normale comporta la formazione di uno zigote trisomico. La non disgiunzione mitotica nelle prime fasi dello sviluppo comporta un mosaicismo cromosomico con tre linee cellulari: una con corredo normale e due con aneuploidia (monosomia e trisomia). Questo è il meccanismo più frequente che produce le iperploidie (Sindrome di Down). Le trisomie autosomiche (ad eccezione di T13, T18 e T21) sono di norma letali in epoca embrio-fetale. Il ritardo all’anafase è un errore di migrazione di un singolo cromosoma che viene perso, dando luogo a due cellule figlie di cui una normale ed una monosomica. Questo è il meccanismo che produce la monosomia X. Le monosomie (ad eccezione della monosomia X) sono letali in epoca embrionale. 13 Casi di POLIPLOIDIA TRIPLOIDIA 69, XXY – 69, XXX – 69, XYY L’ 1% circa dei concepimenti è triploide. Situazione svantaggiosa per lo sviluppo embrionale che esita nel 99% dei casi in aborto precoce. La frequenza della triploidia alla nascita è inferiore a 1:10000 (morte entro 1 mese di vita). TETRAPLOIDIA 92, XXXX – 92, XXYY Mancata divisione del citoplasma di uno zigote diploide dopo la prima duplicazione del proprio DNA. Situazione non compatibile con la vita che esita in aborto precoce. Le aneuploidie originano per non-disgiunzione cromosomica lag anafasico. Le più frequenti sono: Le monosomie che consistono nell’assenza di un cromosoma di una coppia di omologhi (2n-1 = 45); risultano letali in epoca prenatale ad eccezione della monosomia del cromosoma X (Sindrome di Turner). Le trisomie che consistono nella presenza di un cromosoma in più di una coppia di omologhi (2n + 1 = 47). Le trisomie possono interessare tutti gli autosomi, ma solo poche sono compatibili con la vita postnatale (trisomia 21 o Sindrome di Down, trisomia 18 o Sindrome di Edwards e trisomia 13 o Sindrome di Patau. I cromosomi 21, 13 e 18 sono quelli con il contenuto genetico più basso). Sono relativamente comuni le trisomie dei cromosomi sessuali che presentano fenotipi variabili (XXY e XYY nei maschi e XXX nelle femmine). La causa della non-disgiunzione meiotica non è nota. La non-disgiunzione meiotica (soprattutto durante la meiosi I) aumenta con l’età materma. Utile analizzare il cariotipo fetale nelle madri di età superiore a 35 anni (diagnosi prenatale). Nelle madri con età avanzata, il mantenimento delle cellule uovo in uno stato di meiosi sospesa per un tempo troppo lungo può portare ad un deterioramento dell’apparato del fuso meiotico con conseguente non-disgiunzione (principalmente in meiosi I). 14 Durante la divisione cellulare possono verificarsi fenomeni di non disgiunzione e le conseguenze saranno diverse a seconda che si tratti di mitosi o meiosi. Quando tali fenomeni hanno luogo durante la mitosi, il problema resterà circoscritto solo alle linee cellulari derivanti dalle prime cellule con contenuto cromosomico sbilanciato; ne consegue che nel soggetto in questione vi sarà una situazione di mosaicismo cellulare. Nel caso della meiosi, sia che la non disgiunzione si verifichi in prima o in seconda divisione meiotica, invece, le conseguenze saranno più importanti: Se la non-disgiunzione ha luogo durante la meiosi I, i gameti prodotti saranno tutti sbilanciati ovvero la metà presenterà due copie di uno stesso cromosoma e l’altra metà nemmeno una copia; Se si verifica durante la meiosi II, la metà dei gameti sarà regolarmente aploide e l’altra metà sarà sbilanciata, più precisamente ¼ con due copie dello stesso cromosoma e ¼ con nessuna copia. La fecondazione di un gamete sbilanciato da parte di un gamete normale genererà uno zigote avente un corredo cromosomico con un cromosoma in più (condizione di trisomia) o in meno (condizione di monosomia). Si conosce da tempo un importante fattore di rischio, costituito dall’età materna: vi è infatti una stretta correlazione positiva tra non-disgiunzione ed età materna. Tale fattore è presente in quasi tutte le trisomie. La causa della non-disgiunzione non è nota. L’età materna avanzata renderebbe più probabile la non-disgiunzione qualora lo scambio tra omologhi sia in posizione anomala. Ritardata migrazione di un cromosoma durante l’anafase con conseguente perdita del cromosoma per mancata incorporazione in una delle cellule figlie. Es: Separazione dei cromatidi fratelli in Meiosi II 15 È la più conosciuta sindrome cromosomica e la più importante causa di ritardo mentale, con fenotipo riconoscibile sin dalla nascita, a cui è associata un’alta mortalità prenatale per la presenza di frequenti malformazioni, soprattutto cardiovascolare. Il fenotipo si manifesta qualora sia presente una trisomia del cromosoma 21. Nella massima parte dei casi è presente un intero cromosoma 21 soprannumerario dovuto ad una non-disgiunzione meiotica. Non comune è il mosaicismo. La non-disgiunzione è un evento sporadico che non comporta aumento di rischio di ricorrenza per una coppia che ha avuto un figlio con trisomia 21 come risultato di tale errore di ripartizione cromosomica. Per questo motivo la sindrome di Down non è in genere familiare. La sindrome di Down si riscontra in circa 1:800 neonati in tutti i gruppi etnici ma la sua incidenza aumenta notevolmente con l’età materna. Particolarmente nota è la trisomia 18 che provoca la cosiddetta sindrome di Edwards. La sindrome, caratterizzata da un complesso di malformazioni rilevanti e diffuse nell’organismo, con gravi condizioni di ritardo mentale e motorio, è a prognosi infausta e sopravvivenza intorno ai 3 mesi per i maschi e circa 9 mesi per le femmine, soprattutto a causa delle marcate condizioni di grave cardiopatia ed encefalopatia. I soggetti con sindrome di Edwards presentano microcefalia, cranio allungato, orecchie malformate e con un basso punto di inserzione, mandibola e cavità orale più piccole della norma, ed altre malformazioni somatiche. La non disgiunzione, causa della trisomia 18, può essere meiotica e mitotica. I genitori di soggetti con tale sindrome hanno un’età media tra i 32 ed i 34 anni ma il loro cariotipo è sempre normale. 16 Si manifesta con delle gravi malformazioni congenite, evidente ritardo psicomotorio, con aspettativa di vita di circa 3-4 mesi sebbene alla nascita si assista ad una crescita all’apparenza normale. Gli individui con trisomia 13 presentano il cranio e gli occhi più piccoli della norma, le orecchie malformate, labio-palato-schisi, dita malformate e polidattilia, separazione degli emisferi cerebrali incompleta o assente, irregolarità nello sviluppo delle strutture scheletriche, molto frequentemente difetti intestinali, cardiaci, renali e sordità. Gli individui con sindrome di Turner sono fenotipicamente femminili, perché presentano le gonadi femminile anche se ipoplasiche o, più frequentemente, costituite soltanto da strisce di stroma connettivale; sono quindi sterili, con amenorrea primaria, hanno utero ipoplasico ma normali genitali esterni femminili. Si tratta di soggetti che presentano aspetti somatici caratteristici: bassa statura, collo taurino con pterigio, rime palpebrali rivolte verso il basso, irregolarità scheletriche, costrizione aortica, capezzoli rivolti lateralmente, tono della voce cupo e mascolino. Non sono evidenziabili condizioni di ritardo mentale significative. Spesso è stato evidenziato che l’uno cromosoma X sia di origine materna. Pertanto, l’errore di non disgiunzione avverrebbe durante la spermatogenesi, indifferentemente alla I o alla II divisione meiotica. 17 La facies caratteristica ed il relativo quadro clinico sono evidenziabili in epoca successiva alla pubertà e sono praticamente riconducibili a difetti dello sviluppo sessuale. I soggetti sono di sesso maschile, in quanto presentano gonadi maschili, i testicoli, anche se di ridotte dimensioni e spesso vincolati all’addome o addirittura alla cavità; sono sterili perché il mancato sviluppo dei testicoli non consente la produzione di spermatozoi. Ancora una volta l’errore che porta alla trisomia sembra sia da correlare all’età della madre; la maggior parte dei Klinefelter sarebbero generati da uno spermatozoo normale (23, Y) e da un ovocita 24, XX. Pertanto, la maggior parte degli errori di non disgiunzione sarebbero prodotti durante la ovogenesi. Questa anomalia del numero dei cromosomi sessuali si manifesta con condizioni somatiche alterate di lieve entità, il più delle volte senza conseguenze cliniche. I soggetti sono di sesso maschile, presentano un secondo cromosoma Y e quindi di cariotipo 47, XYY; in genere sono caratterizzati da un’altezza superiore alla media, senza sintomi fisici apprezzabili. Nella trisomia X, il cromosoma X in più viene di solito ereditato dalla madre. La probabilità che il feto sia affetto dalla sindrome aumenta proporzionalmente con l’età della madre. La trisomia X causa raramente anomalie fisiche evidenti. Le bambine con trisomia X possono sviluppare un’intelligenza lievemente inferiore, disturbi del linguaggio e avere maggiori problemi di rendimento scolastico rispetto ai fratelli. Talvolta la sindrome causa irregolarità mestruali e infertilità. Tuttavia, alcune donne con trisomia X hanno partorito bambini fisicamente sani e con cromosomi normali. L’aneuploidia è una caratteristica comune del cancro e la decifrazione dei meccanismi di segregazione cromosomica è di grande interesse clinico. Tale segregazione dipende dall’assemblaggio/disassemblaggio di quali strutture? A. Microfilamenti B. Microtubuli C. Lamine nucleari D. Desmosomi E. Fasce di adesione 18 Sono dovute a perdita o aumento di segmenti cromosomici con conseguente cambiamento della costituzione e, quasi sempre, della morfologia dei cromosomi. I riarrangiamenti sono definiti: ❖ Intracromosomici se interessano lo stesso cromosoma; ❖ Intercromosomici se interessano cromosomi diversi; ❖ Bilanciati qualora non si abbia apparentemente acquisto o perdita di materiale genetico; in genere non sono correlate ad un fenotipo anomalo; ❖ Sbilanciati quando si ha un aumento o perdita di cromatina; sono generalmente correlate ad un fenotipo anomalo (malformazioni congenite multiple e/o ritardo mentale). La gravità è correlata al tipo di cromosoma e alla quantità di geni interessati. Nella popolazione generale circa 1 individuo su 200 è portatore di un riarrangiamento strutturale bilanciato. La perdita di un segmento cromosomico, che può interessare un tratto intermedio di un braccio cromosomico (interstiziale) o un tratto terminale (vara terminale, rara in quanto la perdita del telomero comporta uno svantaggio replicativo, o come risultato di una segregazione sfavorevole di una traslocazione (familiare). Il fenotipo, sempre anomalo, dipende dal segmento perso. L’anomalia è in genere de novo, con l’eccezione dei casi da segregazione sfavorevole di una traslocazione reciproca familiare, che rappresentano il 10-15% delle delezioni. 19 I punti di rottura interessano ambedue i bracci, che si riuniscono ad anello causando la perdita dei segmenti distali. La mitosi è disturbata se i due cromatidi si riuniscono incrociati; si formano infatti anelli doppi o un grosso anello che si perdono nelle successive mitosi. L’effetto clinico, variabile, interessa fenotipo e fitness: il fenotipo dipende dal tipo e dall’entità dei segmenti terminali persi (delezione) e dall’instabilità del cromosoma ad anello, che può perdersi nelle successive divisioni mitotiche; la fitness è quasi sempre ridotta o nulla. L’anomalia è in genere de novo. Duplicazione di un segmento cromosomico che può essere interstiziale o terminale. Il fenotipo sarà sempre anomalo, con differenze dovute alle dimensioni del segmento cromosomico. Pericentrica (rottura a livello del braccio corto e del braccio lungo con ricongiunzione dopo inversione del segmento intermedio) o paracentrica (doppia rottura a carico di un solo braccio). Le inversioni modificano l’ordine dei geni sul cromosoma; ma se la rottura cromosomica non interessa alcun gene, l’inversione non ha alcun effetto fenotipico e quindi può essere trasmessa alla prole. 20 Nel caso del gene del fattore VIII questo avviene tra sequenze distanti 500 coppie di basi: una a monte del gene e l’altra nell’introne 22 e genera l’inversione degli esoni da 1 a 22. L’emofilia è una malattia di origine genetica, dovuta ad un difetto della coagulazione del sangue. In condizioni normali, in caso di fuoriuscita dai vasi sanguigni, il sangue forma un “tappo” che impedisce l’emorragia. Questo processo comporta l’attivazione di numerose proteine del plasma. Due di queste proteine, prodotte nel fegato, il fattore VIII ed il fattore IX, sono carenti o presentano un difetto funzionale nelle persone affette da emofilia. A causa di questo deficit gli emofilici subiscono facilmente emorragie esterne ed interne, più o meno gravi. Fusione a livello centromerico di due cromosomi acrocentrici omologhi (ad es. due cromosomi 13) o non omologhi (ad es. un cromosoma 14 ed un 21), con presenza in genere di due centromeri (il cromosoma neoformato in questo caso è detto dicentrico) e perdita del frammento acentrico costituito da parte dei bracci corti (senza conseguenze cliniche). 21 Le anomalie cromosomiche sono normalmente presenti in una percentuale di gameti maturi Queste anomalie originano nella gametogenesi di soggetti a corredo cromosomico normale. Circa l’11% degli spermatozoi presenta un’anomalia cromosomica, prevalentemente strutturale. Circa il 24% degli oociti presenta un’anomalia cromosomica, prevalentemente di numero aneuploide. Sospetta sindrome cromosomica Genitori e familiari di pazienti con patologia cromosomica Ritardo mentale non sindromico (40% degli individui con QI Malformazioni non sindromiche Ritardo di accrescimento non sindromico Genitali ambigui Maschi con oligospermia o azospermia Amenorrea primaria Aborti ripetuti (nel 5-10% dei casi uno dei due partner è eterozigote per un anomalia bilanciata 22 La mutazione è definibile come un evento casuale e stabile che produce un cambiamento del patrimonio genetico ed è quindi ereditabile. Le variazioni possono essere di estensione diversa, dall’alterazione di un’unica base di DNA alla perdita o acquisizione di decine, centinaia, migliaia o addirittura milioni di basi. Le mutazioni possono insorgere per un errato appaiamento in fase di replicazione del DNA, o per danni causati da fattori fisici o chimici. Se la mutazione è ristretta ad una sequenza codificante, o in generale è di dimensioni ridotte, viene definita mutazione genica o puntiforme (Le mutazioni puntiforme sono dovute in gran parte alla sostituzione di una singola base nucleotidica del DNA oppure alla delezione o alla inserzione di una singola base), se invece è più estesa ed arriva ad alterare la struttura dei cromosomi, viene definita mutazione cromosomica, infine, se coinvolge il numero dei cromosomi, viene definita mutazione genomica. Le mutazioni possono manifestarsi senza alcuna causa apparente e sono, in questo caso, definite spontanee oppure in seguito a sollecitazione ambientale o sperimentale, con agenti fisici e chimici, e sono definite indotte. Qualunque elemento presente nell’ambiente che aumenti significativamente il tasso di mutazione al disopra di quello spontaneo viene detto mutageno. Oggi siamo in grado di interpretare come insorgono molte mutazioni spontanee: nella maggior parte dei casi si tratta di errori che si verificano durante la duplicazione del DNA e che sfuggono ai meccanismi di riparazione, i quali hanno il compito di controllare il buon andamento della polimerizzazione del DNA e, ove necessario, “correggere le bozze”; si tratta quindi, di eventi casuali non prevedibili. Errori si possono anche verificare durante i meccanismi di ricombinazione e di segregazione di cromosomi, o per eventi di trasposizione di sequenze. Le mutazioni indotte sorgono invece a causa di: Agenti mutageni fisici; Agenti mutageni chimici; Agenti mutageni biologici. 23 La duplicazione del DNA è un momento molto delicato durante il quale l’apparato biosintetico non è solo impegnato nella polimerizzazione dei nucleotidi ma anche del controllo qualitativo dell’intero processo. Se durante la sintesi si inseriscono nucleotidi che contengono basi azotate in forma tautomerica, l’errore è garantito! In genere intervengono efficienti sistemi di riparo, ma in media un errore su un miliardo non viene corretto durante la replicazione. Un cambiamento nella sequenza di basi del DNA che non venga riparato costituisce una mutazione. La replicazione semiconservativa fa sì che le mutazioni vengano tramandate alle cellule figlie. Un altro meccanismo di insorgenza spontanea di mutazione è l’appaiamento errato per slittamento dell’elica stampo o dell’elica di nuova sintesi a livello della forcella di replicazione. Nella cellula esistono numerosi meccanismi per la riparazione del DNA alcuni diretti altri per escissione di nucleotidi (nucleotide excision repair). I sistemi di riparo sono in grado di distinguere la catena alterata di DNA da quella intatta in quanto quella che porta il danno in genere assume una struttura non presente normalmente. Esistono alcune malattie genetiche relative a difetti nei geni che codificano per le proteine coinvolte nei sistemi di riparazione del DNA (es: Xeroderma pigmentosum). Normalmente molte mutazioni si generano durante la replicazione del DNA; ciò avviene a causa di errori commessi dalla DNA polimerasi, nonostante una certa percentuale di tali errori venga riconosciuta e riparata ad opera di una subunità dell’enzima con funzione di correzione, denominata correttore di bozze o attività proof-reading. 24 Una mutazione è detta di senso (o missense, di significato diverso) quando la sostituzione ha come conseguenza il cambiamento di un codone e quindi del suo significato, tanto che nella proteina, in fase di sintesi, verrà inserito un amminoacido diverso da quello nativo. La mutazione è detta non senso (o nonsense, senza significato) quando la sostituzione di base nel DNA determina su messaggero, al posto di una tripletta codificante, la formazione di un codone di stop (UAA, UGA, UAG); ciò produrrà la terminazione prematura della catena polipeptidica. Le conseguenze di un simile cambiamento sono spesso gravi perché il danno è più esteso rispetto ad una mutazione missense; certamente la gravità di tale mutazione è legata alla lunghezza del frammento di proteina sintetizzata che potrebbe essere sufficientemente lungo da garantire l’assunzione di una corretta, o quasi, struttura terziaria e quindi lo svolgimento della corrispondente funzione, o al contrario troppo corto e quindi non funzionale. Una mutazione nonsenso porterà alla sintesi di una proteina tronca. 25 La sostituzione di base nel DNA provocherà, sul messaggero, la comparsa di un nuovo codone (con la sostituzione nella terza, e per alcuni casi anche nella seconda base) che però, grazie alla degenerazione del codice genetico, codifica sempre lo stesso amminoacido. Questo tipo di mutazione è detta dello stesso senso (o samesense, dello stesso significato), ma non producendo un fenotipo mutato, opportunatamente, è stata definita anche mutazione silente. Essa non porta ad un cambiamento della sequenza degli aminoacidi della corrispondente catena polipeptidica, a causa della degenerazione del codice genetico. Le mutazioni silenti NON sono causa di malattia. Le mutazioni frameshift, o per scivolamento della cornice di lettura, sono provocate dall’inserzione o delezione di uno o più nucleotidi (non in multipli di tre), per cui avremo, nella molecola del DNA coinvolto (in seguito a duplicazione), rispettivamente, coppia/e di nucleotidi in più o meno. Queste mutazioni sono denominate frameshift perché al semplice inserimento o all’eliminazione di uno o più nucleotidi ne consegue, durante a traduzione sui ribosomi, una lettura del messaggio “fuori fase”, a partire dal punto della mutazione in poi; questo perché il messaggero, mRNA, viene letto a triplette continuativamente da un estremo all’altro. Pertanto, in entrambi i casi la lettura di tutta la sequenza che segue viene completamente alterata. Delezione di una singola base Inserimento di una singola base 26 27 Le malattie geneticamente determinate sono storicamente suddivise in tre principali categorie: 1. Malattie determinate da un’anomalia cromosomica → Non sono ereditarie; 2. Malattie determinate da una mutazione di un singolo gene (monogeniche) → Prese singolarmente sono molto rare ma nel loro insieme sono frequenti; 3. Malattie determinate da un’interazione tra più fattori genetici e più fattori ambientali (malattie multifattoriali o complesse) → Sono frequenti. Soltanto una piccola parte delle mutazioni è causa di malattia, le altre portano a polimorfismi genetici, cioè variazioni comuni. Lo 0,1% del DNA mostra variabilità genetica; il 99,9 del genoma è identico in tutti gli individui. Le mutazioni geniche vengono trasmesse alle generazioni successive attraverso i gameti. I gameti contengono un solo cromosoma di ogni coppia di omologhi. I due cromosomi omologhi portano geni che controllano le stesse caratteristiche ereditarie nella stessa posizione o locus ma possono avere alleli diversi. Di ogni coppia di alleli, uno ed uno solo viene trasmesso ai figli. A differenza di quelli normali, gli eritrociti falciformi non riescono a passare agevolmente attraverso i capillari. Grave malattia emolitica caratterizzata da cellule falciformi (in condizioni di bassa tensione di ossigeno). Particolarmente frequente nell’Africa equatoriale e negli Afroamericani (1/400). Porta a morte in giovane età. L’anemia falciforme è un esempio di come la mutazione di una singola base nel DNA possa essere causa di una malattia molto grave. Esistono centinaia di diverse emoglobine mutanti nella popolazione umana. Molte di queste sono dannose e danno origine a patologie; altre sono “neutre”. Eterozigote: Individuo con alleli diversi allo stesso locus (Aa); Omozigote: Individuo con alleli identici ad uno stesso locus (AA o aa); Dominante: Carattere che si esprime anche negli eterozigoti (lettera maiuscola); Recessivo: Carattere che si esprime solo negli omozigoti (lettera minuscola); Genotipo: Costituzione genetica di un individuo (combinazione degli alleli); Fenotipo: Insieme delle caratteristiche visibili di un individuo. 28 Esistono geni con più di due alleli alternativi (geni con alleli multipli). Anche se un locus può avere molti alleli, un individuo diploide ne possiede solo due. Il sistema AB0 è un classico esempio di allelia multipla e codominanza. Il locus del sistema AB0 è localizzato sul cromosoma 9; Gli alleli A e B sono codominanti (codificano enzimi ad attività glicosil- trasferasi); L’allele 0 non codifica alcun enzima. GENOTIPO FENOTIPO A inizio Novecento Landsteiner si dedicò allo studio dell’agglutinazione, il fenomeno che si verifica quando viene a contatto il sangue di due esseri umani. Semplificando: nel sangue ci sono anticorpi specifici a seconda del gruppo sanguigno, che contrastano le cellule sanguigne estranee se non sono dello stesso gruppo, facendole solidificare (precipitazione). Sulla base delle sue osservazioni, tra il 1901 e il 1903, Karl Landsteiner concluse che le caratteristiche del sangue fossero ereditarie, e che si potessero utilizzare per i casi di dubbia paternità. Egli lavorò alla classificazione dei gruppi sanguigni identificandone quattro principali: A, B, AB e O. Questa distinzione fu importante per migliorare e rendere più sicure le trasfusioni, evitando i casi di incompatibilità. 29 Gruppo Antigene Anticorpo Frequenza O Nessuno Anti A,B 45% A A Anti B 40% B B Anti A 10% AB A,B Nessuno 5% Il gruppo sanguigno è determinato geneticamente ed è ereditato sia dalla madre che dal padre. I gruppi sanguigni sono quattro: A, B, AB e 0 (zero) e ciascuno di essi è identificato in base alla presenza di alcune sostanze (antigeni A e B) sulla superficie dei globuli rossi. Se su un globulo rosso è presente l'antigene A si ha il gruppo A; se è presente l'antigene B si ha il gruppo B; se sono presenti entrambi il gruppo sanguigno sarà AB. Nel caso in cui non fosse presente nessuno dei due antigeni, allora si tratta del gruppo "zero", indicato nel sistema ABO con la lettera O, dall'iniziale della parola tedesca "Ohne", che significa "senza". I gruppi A, B, AB e 0 si dividono ulteriormente in base alla presenza o meno di un particolare antigene, il fattore Rh che può essere positivo (Rh+) o negativo (Rh-). Se entrambi i genitori appartenessero al gruppo sanguigno A potrebbero avere un bambino di gruppo A oppure 0 a seconda che i loro alleli siano dominanti o recessivi. Il gruppo A, come è possibile osservare nella prima tabella, è formato da due alleli di tipo A (IA) oppure da uno di tipo A (IA) e uno di tipo 0 (i). Nel caso in cui entrambi i genitori avessero un allele recessivo (i) c'è il 25% di possibilità che il bimbo sia di gruppo 0. Il gruppo sanguigno del bambino di due genitori di gruppo B dipenderà dalla presenza o meno di alleli recessivi. Se entrambi i genitori hanno alleli recessivi c'è un 25% di possibilità che il bimbo nasca con gruppo sanguigno 0. Invece, se entrambi i genitori presentano alleli dominanti (IB), o se solo uno dei due genitori presenta un allele recessivo (i), nascerà sempre un bambino di gruppo B. Se entrambi i genitori sono di gruppo sanguigno 0, il loro bimbo potrà nascere solamente con il gruppo 0 perché eredita da mamma e papà gli alleli recessivi (i). Nel caso in cui un genitore fosse di gruppo sanguigno A (oppure B) e l'altro fosse di gruppo 0, si possono determinare gruppi differenti a seconda degli alleli dominanti e recessivi del genitore di gruppo A (o B). Facciamo un esempio con il gruppo A, ma che vale anche con il gruppo B: Se un genitore di gruppo A ha entrambi gli alleli dominanti, il bambino nascerà di gruppo A perché gli alleli dominanti del genitore di gruppo A "si impongono" sugli alleli recessivi del genitore di gruppo 0. Invece, se un genitore di gruppo A ha un allele dominante e uno recessivo, c'è un 50% di possibilità che il bambino nasca di gruppo 0. 30 Nel gruppo AB si esprimono entrambi gli alleli dominanti che "mettono a tacere" gli alleli recessivi del genitore con gruppo 0. In questo caso può nascere solo un figlio di gruppo A oppure uno di gruppo B. Nel caso in cui sia la mamma che il papà appartengano al gruppo AB, potrà nascere un bambino di gruppo A (25% dei casi), di gruppo B (25%) o di gruppo AB (50%). Tutto dipende dalla combinazione degli alleli dei genitori. Il test di Coombs è un esame di laboratorio che si esegue sul sangue per verificare la compatibilità del gruppo sanguigno della madre con quello del feto, per valutare la compatibilità prima di eseguire una trasfusione di sangue o per accertare (diagnosticare) alcune forme di anemia. 31 Monogeniche → Dovute alla mutazione di un singolo gene. Eredità semplice o mendeliana. Cromosomiche → Dovute ad una alterazione del numero o struttura dei cromosomi. Sono coinvolti molti geni. Multifattoriali → Dovute all’effetto combinato di alcuni geni e dell’ambiente. Eredità complessa o non mendeliana. Mitocondriali → Dovute a mutazioni nel DNA mitocondriale. Eredità matrilineare. Epigenetiche → Dovute a modificazioni del DNA che non riguardano la sequenza nucleotidica. Le malattie monogeniche sono quelle che riguardano i caratteri semplici, definite anche mendeliane perché seguono nella loro trasmissione, dai genitori ai figli, le regole descritte dagli esperimenti di Mendel, effettuati alla metà dell’800. Le malattie monogeniche sono causate da alterazioni di un singolo gene su uno specifico cromosoma. Ogni gene, portatore dei caratteri ereditari, è presente in doppia copia, sulla coppia di cromosomi autosomici, uno di provenienza materna ed uno di provenienza paterna; tale coppia di cromosomi è detta omologa. Mentre i cromosomi del sesso presentano geni diversi tra loro. Le due copie dei geni genitoriali vengono dette Alleli, se sono uguali si dice che l’individuo è omozigote per quel gene; invece, se sono differenti si dice che l’individuo è eterozigote per quel gene. L’insieme dei geni presenti sui cromosomi formano il genotipo di una persona, mentre il l’allele del gene che si manifesta come carattere espresso forma il fenotipo di una persona. Un allele di un gene si dice dominante quando prevale sul suo omologo manifestandosi, l’allele che non si manifesta e quindi non si vede si chiama recessivo. Le patologie genetiche mendeliane sono dovute alla mutazione di un singolo gene e vengono distinte in autosomiche dominanti, recessive e legate ai cromosomi del sesso. Il pedigree è la descrizione delle relazioni tra gli individui di una famiglia. La loro modalità di trasmissione si distingue in: 1. Trasmissione autosomica dominante; 2. Trasmissione autosomica recessiva; 3. Trasmissione X-Linked dominante e recessiva. 32 Quando anche uno solo dei geni trasmessi è mutato e trasmette una patologia ed è dominante, si avrà la manifestazione della malattia. Questo tipo di trasmissione coinvolge il 50% dei propri figli indipendentemente dal sesso. Se in una coppia sono in entrambi presenti due geni dominanti portatori di patologia il 25% dei figli che nasceranno riceveranno entrambi i geni malati, saranno quindi malati omozigoti, il 50% saranno malati eterozigoti, quindi con un solo gene malato ereditato e il restante 25% saranno sani perché avranno ereditato da entrambi il gene sano. Si verifica quando due genitori sono entrambi eterozigoti per un gene recessivo mutato. Nei genitori la patologia non si manifesta perché coperta dall’altro gene dominante sano presente, ma quando entrambi i membri della coppia passano il gene malato, il figlio manifesterà la malattia. La probabilità che questo accada è del 25%. Mentre il 50% sarà sano ma portatore di patologia ed il restante 25% sarà sano. La probabilità di due persone in popolazione di incontrarsi e trasmettere ai figli una patologia di tipo recessivo dipende dalla frequenza di questa patologia in popolazione. Questa aumenta se ci si sposa tra consanguinei o si vive in zone isolate dove alcuni geni sono maggiormente presenti e quindi diventa più facile che due persone che li posseggono si incontrino Es: Anemia falciforme; Fibrosi cistica; Talassemia; La maggior parte delle malattie metaboliche; Molte forme di sordità congenita. Non ci sono gravi patologie legate alla trasmissione di geni posti sul cromosoma Y, per cui quando si parla di trasmissione di patologie legate al sesso si intende sempre il cromosoma X. La trasmissione di una patologia recessiva legata al cromosoma X colpisce i figli maschi. La madre portatrice di un gene malato su una delle sue due X, trasmetterà al 50 % dei suoi figli maschi la patologia, per cui nasceranno malati, perché il cromosoma Y non può essere in grado di coprire il danno non avendo una copia sana di quello stesso gene. Trasmetterà il gene malato al 50% delle figlie femmine che saranno quindi portatrici della malattia, ma non malate perché la X ereditata da padre sarà in grado di coprire il danno. Un uomo che è affetto da patologia X-linked trasmetterà la patologia a tutte le figlie femmine che saranno quindi portatrici della patologia ma non malate. Invece avrà tutti maschi sani perché trasmetterà solo il cromosoma Y. Le donne possono essere affette da una patologia X- linked solo quando questa è di tipo dominante. 33 Donne affette da una patologia X- linked dominante trasmetteranno la patologia al 50 % delle figlie femmine ed al 50 % dei figli maschi. La trasmissione X-linked di un gene malato dominante è letale 𝑛. 𝑑𝑖 𝑖𝑛𝑑𝑖𝑣𝑖𝑑𝑢𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑒𝑠𝑝𝑟𝑖𝑚𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑙 𝑓𝑒𝑛𝑜𝑡𝑖𝑝𝑜 𝑚𝑎𝑙𝑎𝑡𝑡𝑖𝑎 𝑛. 𝑑𝑖 𝑖𝑛𝑑𝑖𝑣𝑖𝑑𝑢𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑖𝑒𝑑𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑙 𝑔𝑒𝑛𝑜𝑡𝑖𝑝𝑜 𝑚𝑎𝑙𝑎𝑡𝑡𝑖𝑎 Penetranza completa: Tutti gli individui che portano l’allele malattia presentano i sintomi clinici della malattia Es: Acondroplasia (Penetranza = 100/100 = 1). Penetranza incompleta: Non tutti gli individui che portano l’allele malattia presentano i sintomi clinici della malattia Es: Cardiopatia Congenita (Penetranza = 9/12 = 0.75). Se la penetranza del carattere è completa (100%), i figli di genitori non affetti non sono a rischio di essere affetti. Se la penetranza del carattere è ridotta (es: 70%), i figli di genitori non affetti sono a rischio di essere affetti. La penetranza esprime la frequenza con cui un carattere si manifesta tra gli individui che portano il gene per quel carattere. È del tipo tutto o nulla (a differenza dell’espressione variabile). È una caratteristica della malattia. L’espressività variabile si riferisce al grado di manifestazione del carattere. 34 È una malattia autosomica dominante a penetranza completa. È la più comune forma di nanismo (incidenza ~ 1/25000). È una malattia genetica caratterizzata da una grave alterazione dello sviluppo delle cartilagini di accrescimento, specialmente delle ossa lunghe degli arti. Al di là della bassa statura le persone con acondroplasia possono soffrire di forti dolori cronici e andare incontro a gravi complicazioni di carattere non solo ortopedico ma anche neurologico e respiratorio. È causata da mutazioni nel gene che codifica l’FGFR3 (4p16.3 → Banda 16.3 sul braccio corto del cromosoma 4), uno dei recettori per i fattori di crescita dei fibroblasti. In più del 99% dei casi è presente la sostituzione della glicina 380 con l’arginina nel dominio transmembrana di FGFR3, dovuta a sostituzioni nucleotidiche nel corrispondente codone (il nucleotide 1138 di FGFR3 viene considerato il più mutabile di tutto il genoma umano). Negli acondroplasici l’attivazione costitutiva di FGF3 (dovuta alla mutazione) inibisce in maniera non appropriata la proliferazione dei condrociti e determina accorciamento delle ossa lunghe. Più del 80% dei casi di acondroplasia sono sporadici, dovuti a mutazioni de novo di origine paterna. Qual è la probabilità per i genitori di un acondroplasico di avere un secondo figlio affetto? a) Se i genitori non sono affetti, il rischio di un secondo figlio affetto è basso, ma superiore all’incidenza della malattia nella popolazione a causa di un possibile mosaicismo della linea germinale. b) Se un solo genitore è affetto, il rischio di un figlio affetto è 50%. c) Se entrambi i genitori sono affetti, 25% dei figli sarà omozigote per la mutazione 50% eterozigote affetto 25% normale. Sono dovute alla ripetizione di tri nucleotidi in tandem che insorgono per errori durante la replicazione del DNA. La malattia compare quando il numero di triplette supera determinati valori. 35 La malattia di Huntington è causata da un gene localizzato su un cromosoma autosomico, e cioè presente in entrambi i sessi. Per questo motivo colpisce in egual misura gli uomini e le donne. È una malattia di tipo dominante: quindi, basta una sola copia del gene mutato, derivante da uno dei due genitori, per ereditare la malattia. In parole semplici, ciascun figlio (maschio o femmina) nato da un genitore malato ha un rischio del 50% di ereditare la malattia di Huntington. Il gene mutato e patologico, infatti, prevale su quello sano, essendo presente in tutte le cellule dell'organismo sin dal momento del concepimento. È una malattia degenerativa del sistema nervoso caratterizzata da movimenti involontari di un qualsiasi segmento corporeo (córea), disturbi cognitivi e psichici con progressiva disabilità ed infine morte. La distrofia miotonica è una malattia muscolare autosomica dominante rara. Ne vengono riconosciuti due tipi. Entrambi colpiscono i muscoli volontari e un tipo colpisce anche i muscoli involontari. I sintomi iniziano durante l'adolescenza o nella prima età adulta e comprendono miotonia, debolezza e atrofia dei muscoli degli arti distali e dei muscoli facciali. Localizzazione della ripetizione: 3’ non tradotto del gene miotonina protein chinasi sul cromosoma 19. La diagnosi si basa sull'analisi del DNA. I farmaci che stabilizzano la membrana sono utili per la miotonia, ma non esiste alcun trattamento per la debolezza, che è ciò che di solito rende disabile il paziente. Nelle persone sane la tripletta è ripetuta un piccolo numero di volte. Nelle persone affette la tripletta è amplificata un numero elevato di volte. Maggiore è il numero di triplette, maggiore è la probabilità che si abbia una espansione nel passaggio dai genitori ai figli. Alla progressiva espansione del numero di triplette corrisponde, nelle generazioni successive, un esordio più precoce e una maggiore gravità della malattia. Ad ogni generazione la malattia si presenta prima e in forma più grave. 36 La fibrosi cistica (FC) è una patologia ereditaria che altera la funzionalità di polmoni, pancreas e ghiandole sudoripare. La FC determina la produzione di muco denso e appiccicoso e può essere associata ad infezioni respiratorie frequenti e alterazioni pancreatiche. La fibrosi cistica è causata da una mutazione presente in ognuna delle due copie del gene CFTR (sia quello di origine materna che paterna); perché si abbia fibrosi cistica è infatti necessario che entrambe le copie (alleli) di questo gene siano mutate. Il gene CFTR è composto da 27 esoni ed è caratterizzato da una elevata eterogeneità allelica. La presenza della mutazione in una sola delle copie del gene identifica lo stato di portatore di CF. I portatori non sono malati e non presentano sintomi, ma possono trasmettere la loro copia mutata del gene alla prole. È la malattia autosomica recessiva più comune nella popolazione italiana, con una frequenza di 1/2500 circa (portatori sani ~ 1/25). Le mutazioni individuate sono più di 1500, associate a diverse forme cliniche. In Italia, le 30 più frequenti caratterizzano l’80% circa degli alleli mutati, con differenze regionali di rilievo. Il canale del cloro influenza quello del sodio e il movimento dell’acqua. Nella cellula normale il cloro esce e il sodio entra nella cellula. Anche l’acqua esce e si dispone intorno alle ciglia, che muovendosi eliminano muco e batteri. Nella FC il canale del cloro manca o non funziona e molto più sodio entra nella cellula. Da ciò segue che poca acqua esce dalla cellula, il liquido periciliare è scarso, il battito ciliare inefficace ed il muco, che è anche più viscoso, si accumula lungo la parete bronchiale. Ne deriva una ostruzione dei bronchi e una minore eliminazione dei batteri che favorisce l’instaurarsi di infezioni broncopolmonari. Autosomica dominante Autosomica recessiva Una persona affetta ha almeno un genitore affetto, Gli individui affetti di solito sono figli di individui salvo eccezioni non affetti In media il 50% dei figli è affetto (presumendo un Dopo la nascita di un figlio aff3tto ciascun figlio solo genitore affetto ed eterozigote) successivo ha il 25% di probabilità di essere affetto Entrambi i sessi sono colpiti con uguale frequenza Entrambi i sessi sono colpiti con uguale frequenza e gravità e gravità Trasmissione verticale Trasmissione orizzontale Espressione variabile Espressione intrafamiliare costante Effetto dell’età paterna sulle nuove mutazioni Effetto della consanguineità 37 Presenza di fenotipi simili o identici dovuti a meccanismi genetici diversi. Può essere di due tipi: 1. Eterogeneità allelica; 2. Eterogeneità di locus o non allelica L'eterogeneità genetica è il fenomeno per cui mutazioni in loci genetici diversi possono avere lo stesso effetto fenotipico. Per questo fenomeno una stessa patologia genetica può avere origine da anomalie multiple e diverse del DNA. La presenza in un individuo di due diverse mutazioni determina un fenotipo affetto. Es: fibrosi cistica, βtalassemie Vi sono oltre 1500 mutazioni lungo l’intero gene CTFR. La mutazione più comune è ▲F508. Tutte le mutazioni determinano una disfunzione della proteina CFTR attraverso numerosi meccanismi molecolari, in base ai quali è possibile raggrupparle in cinque differenti classi. Mutazioni in loci diversi determinano lo stesso fenotipo o fenotipi molto simili. La presenza in un individuo di due mutazioni (una per locus) determina un fenotipo non affetto Es: Sordomutismo 38 Il gene la cui mutazione determina la malattia è localizzato sul cromosoma X. La maggior parte delle malattie legate all’X si trasmette come carattere recessivo. Avendo un solo cromosoma X, i maschi vengono detti emizigoti. La maggior parte dei geni localizzati sull’X non sono presenti sull’Y e quindi i maschi hanno soltanto una copia della maggior parte dei geni X-linked. La maggior parte degli affetti sono maschi, figli di una femmina eterozigote (portatrice sana). Da una femmina portatrice: Probabilità che un figlio maschio sia malato = ½ Probabilità che una figlia femmina sia portatrice = ½ Prima di conoscere il sesso il rischio di un figlio affetto = ¼ Assenza di trasmissione della malattia da padre a figlio maschio. Presenza in tutte le figlie dell’X del padre. Presenza in tutte le figlie dell’X del padre. Tutte le figlie di un padre malato sono eterozigoti per la stessa mutazione. 39 In genere la malattia viene trasmessa da madri eterozigoti (non affette) alla metà dei figli maschi. I maschi affetti trasmettono la mutazione a tutte le loro figlie, che sono eterozigoti obbligate e perciò a rischio di trasmettere la mutazione ai loro figli. Meccanismo di compensazione del dosaggio genico nelle femmine. Avviene precocemente (circa 16 cellule). È un fenomeno casuale: inattivazione attesa 50% XM e 50% XP. L’inattivazione materna o paterna si mantiene nelle successive divisioni mitotiche (processo clonale). Fenomeno prettamente somatico: nei tessuti germinali, per una corretta gametogenesi, si esprimono entrambi i cromosomi X. L’organismo femminile è un mosaico di due tipi cellulari che hanno una diversa inattivazione del cromosoma X. L’inattivazione del cromosoma X assicura che nel sesso femminile e maschile sia presente la stessa quantità di prodotti codificati da geni presenti sul cromosoma X. Maschi emizigoti costituzionalmente Femmine emizigoti funzionalmente I cromosomi X inattivati sono riconoscibili come masserelle scure note come “corpi di Barr”. Il numero di corpi di Barr è uguale al numero dei cromosomi X meno uno. Donna portatrice malata (XAXa) Femmina eterozigote in cui si manifesta una malattia recessiva legata all’X a causa di una inattivazione non casuale. L’inattivazione preferenziale dell’X che porta l’allele non mutato avviene in una percentuale di cellule superiore al 50%. 40 La prevalenza dell’X mutato attivo dà origine ad alcuni aspetti del quadro clinico Fenomeno osservabile nella distrofia muscolare di Duchenne, nell’emofilia A ed in altre malattie recessive legate all’X. Colpiscono in maniera prevalente ma non esclusiva il sesso femminile. Le malattie che sono caratterizzate da questo tipo di ereditarietà non sono numerose: ne sono noti con certezza pochissimi esempi. Tra questi una forma di nanismo, una forma di rachitismo vitamina D-resistente e, tra le malattie neuromuscolari, una forma di neuropatia. Malattie genetiche semplici Malattie genetiche complesse Malattie rare Malattie frequenti Eredità mendeliana Eredità non mendeliana Mutazione in singoli geni: alleli rari Molte varianti comuni in più loci: polimorfismo (Geni causativi) (Geni di suscettibilità) 100% ambiente: Raffreddore; Tubercolosi; Traumi 100% geni: Paraparesi spastica; Fibrosi cistica; Distrofia muscolare di Duchenne Malattie poligeniche o complesse: Autismo; Asma; Obesità; Cancro; Diabete 41 Hanno frequenza superiore a quelle delle malattie monogeniche Cosa sono i geni di suscettibilità? I geni che conferiscono un rischio modificato di contrarre una specifica malattia ma non sono, di per sé, sufficienti a causare la malattia. Chi eredita geni di suscettibilità ad una data malattia, non eredita la certezza di ammalarsi, bensì un rischio maggiore rispetto alla popolazione generale di svilupparla. Caratteristiche delle variazioni genetiche responsabili di malattie complesse Variazioni in molti geni; Variazioni con scarso effetto fenotipico; Le stesse variazioni sono presenti anche in individui sani; Interazione tra geni diversi e tra geni ed ambiente; Eterogeneità dei geni coinvolti in differenti individui. La comparsa o meno della malattia dipende dal bilanciamento tra fattori predisponenti o di rischio (Genetici + Ambientali) e fattori protettivi o di protezione (Genetici + Ambientali). Ricorrenza nella famiglia di una malattia genetica 1. Identificazione dei portatori; 2. Confermare la diagnosi basata sul quadro clinico; 3. Accertare la condizione presintomatica di patologie ad esordio tardivo; 4. Accertare la suscettibilità a sviluppare patologie complesse; 5. Diagnosi prenatale. In certi casi l’indagine è limitata ad una specifica mutazione (saggi diretti) o ad un polimorfismo associato al gene (saggi indiretti) In altri casi si deve analizzare un gran numero di mutazioni note o cercare mutazioni sconosciute. 42 ❖ Diagnostici → Fatti su persone che hanno o possono avere una particolare malattia: consentono di confermare un sospetto clinico o di formulare una diagnosi ❖ Presintomatici → Fatti su persone a rischio di una patologia di solito ad esordio tardivo; un risultato positivo predice che quella persona svilupperà la malattia ❖ Per l’identificazione di portatori non-affetti di geni malattia → Fatti in una popolazione dove la mutazione è comune (screening di popolazione) oppure nei familiari di una persona affetta (screening a cascata) ❖ Di suscettibilità → Consentono l’individuazione di genotipi che non sono di per sé stessi causa di malattia ma comportano un aumento del rischio di svilupparla; ❖ Farmacogenetici → Identificano variazioni genomiche in grado di predire una risposta a farmaci; ❖ Per la caratterizzazione individuale → Basati sull’analisi di regioni genomiche altamente variabili, sono diretti a caratterizzare un profilo individuale. Il test deve garantire: 1. Specificità; 2. Sensibilità; 3. Esecuzione rapida; 4. Bassi costi. Un metodo è inaffidabile se ci sono: 1. Falsi positivi → Il test indica che la mutazione è presente anche se non lo è; 2. Falsi negativi → Il test non individua la mutazione che è presente. 43 Offre la possibilità di prevedere il rischio statistico che un soggetto sviluppi una malattia e di rispondere con un intervento terapeutico mirato sulla base del genotipo per una o più mutazioni geniche. La presenza di una mutazione patogenica determina un aumento dell’incidenza del tumore della mammella di 6 volte, per mutazioni nel gene BRCA1, e 4 volte, per mutazioni in BRCA2, rispetto alla popolazione generale. Non vi sono per ora interventi efficaci per migliorare le conseguenze di buona parte delle malattie ereditarie. Il risultato può porre la persona (o la coppia) di fronte a scelte difficili e coinvolgere ignari consanguinei. Per i test di suscettibilità Il risultato negativo non esclude la successiva comparsa della malattia; Il risultato positivo non significa che la malattia sicuramente si svilupperà; Non consentono (per ora) di prevedere né quando compariranno i primi segni clinici né la gravità; Non si conosce (per ora) il reale effetto delle misure preventive che possono essere prese. La diagnosi prenatale comprende una serie di tecniche strumentali e di laboratorio finalizzate all’accertamento dell’eventuale presenza nel feto o nell’embrione di una condizione patologica geneticamente determinata. Ultrasonografia; Amniocentesi; Villocentesi; Prelievo sangue materno La principale indicazione alla diagnosi prenatale è il monitoraggio del cariotipo fetale. Lo studio del cariotipo ha negli amniociti il tessuto di elezione. 44 Le indicazioni all’esecuzione della diagnosi prenatale sono: Età materna avanzata (>35 anni); Precedente figlio affetto da una anomalia cromosomica; Anomalia cromosomica di uno dei partners; Anomalie fetali e segni ecografici predittivi; Indagini biochimiche sul siero materno suggestive di un aumento del rischio di patologia cromosomica nel feto; Storia familiare di malattia genetica; Storia familiare di difetti del tubo neurale (come la spina bifida); Altre situazioni di rischio elevato (consanguineità, aborti spontanei ripetuti, patologie materne); Indicazioni teratologiche (assunzione di farmaci, malattie infettive, radiazioni); Malattie infettive insorte in gravidanza. È una tecnica non invasiva ❖ Periodo ottimale 16-20 settimane; ❖ Diagnosi difetti strutturali del feto; ❖ Valutazioni placenta e liquido amniotico. ❖ Periodo ottimale 16-18 settimane; ❖ Liquido amniotico (20-30 ml), amniociti (cute, mucose); ❖ Via transaddominale sotto controllo eco; ❖ Tecnica di elezione per la diagnosi citogenetica (parte corpuscolata) e dosaggio alfa fetoproteina (parte non corpuscolata); ❖ Rischio aborto 0.5, tempi più lunghi. ❖ Periodo ottimale 10-11 settimane; ❖ Trofoblasto (villi coriali); ❖ Via transaddominale o transvaginale sotto controllo eco; ❖ Tecnica di elezione per la diagnosi molecolare (precocità diagnosi e quantità adeguata DNA); ❖ Rischio aborto 1%; ❖ Cariotipo 1% falsamente positivi. 45 È una tecnica non invasiva ❖ Analizza il DNA fetale circolante nel sangue materno. Valuta la presenza di aneuploidie dei cromosomi 21, 18, 13 e dei cromosomi sessuali; ❖ Età gestazionale di almeno 10 settimane. La fenilchetonuria è una malattia a trasmissione autosomica recessiva che ha una frequenza di 1/10000 nati vivi. Il gene della fenilalanina idrossilasi, le cui mutazioni sono responsabili della malattia, è stato clonato e localizzato sul braccio lungo del cromosoma 12. Il neonato affetto dalla malattia appare normale alla nascita ma nei primi mesi di vita si comincia ad osservare un ritardo nell’acquisizione delle tappe dello sviluppo psicomotorio. Le urine del paziente emanano un caratteristico odore, simile a quello di muffa. La diagnosi si basa sulla dimostrazione di un aumento dei livelli plasmatici di fenilalanina. Lo screening neonatale si effettua mediante un dosaggio biochimico. Il trattamento della malattia consiste in un apporto ridotto di fenilalanina con la dieta che consente di prevenire i danni sul sistema nervoso centrale La consulenza genetica è il processo attraverso il quale pazienti o parenti a rischio per una malattia che possa essere ereditaria sono informati sulle conseguenze del disturbo, la probabilità di svilupparlo o trasmetterlo e dei mezzi per prevenirlo, evitarlo o migliorare la condizione clinica. 46

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