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Università Telematica San Raffaele Roma

Maria Luisa Savo Sardaro

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birra maltazione acqua produzione

Summary

Questo documento descrive il processo di produzione della birra, soffermandosi in particolare sulla maltazione, un processo fondamentale per la creazione del malto da orzo, e sul ruolo dell'acqua. Il testo analizza le diverse fasi del processo e gli elementi chiave per ottenere una buona birra.

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Professore Maria Luisa Savo Sardaro Argomento La birra 2 Maria Luisa Savo Sardaro La Birra La birra 2 2 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro...

Professore Maria Luisa Savo Sardaro Argomento La birra 2 Maria Luisa Savo Sardaro La Birra La birra 2 2 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro Fasi di Processo 1) Maltazione o maltificazione dell’orzo (e succedanei) 2) Macinazione 3) Ammostamento o saccarificazione 4) Filtrazione delmosto 5) Cottura e luppolamento 6) Fermentazioneprimaria 7) Fermentazione secondaria o “stagionatura” 8) Filtrazione 9) Pastorizzazione e confezionamento La birra 2 3 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro Fasidi processo La birra 2 4 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro Maltazione Un tempo molte birrerie avevano la propria malteria annessa ma oggi questa industria alimentare è nella quasi generalità dei casi indipendente dallabirreria Il processo di maltazione consiste nell’indurre grazie all’idratazione del seme, la germinazione del cereale che è successivamente interrotta mediante un trattamento termico di essiccazione La maltazione può essere riassunta in tre fasi: bagnatura, germinazione ed essiccamento La birra 2 5 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro Maltazione Gli scopi del processo sono principalmente di natura tecnologica e sono rappresentati da: Produzione di enzimi amilolitici e proteolitici, assenti nell’orzo non germinato, la cui azione è indispensabile in fase di ammostamento per idrolizzare (saccarificare) l’amido delmalto Maggiore facilità di lavorazione del malto, molto più friabile dell’orzo non germinato Sviluppo del profilo aromatico e colore caratteristici e dipendenti dal programma di essiccamentoadottato La birra 2 6 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro Maltazione L’orzo per essere utilizzato nella birrificazione deve subire una serie di trasformazioni che consistono in: pulitura e calibratura dell’orzo serve per ottenere i chicchi d’orzo tutti della stessa grandezza Bagnatura o macerazione Le cariossidi sono immerse in vasche contenenti acqua alla temperatura di 10-16°C per il tempo necessario a che l’umidità interna delle cariossidi raggiunga valori oscillanti tra il 42 e il 46%. Solitamente sono richiesti da 6 a 9 gg durante i quali avviene la germinazione e la liberazione degli enzimi amilacei Germinazione o maltatura i chicchi macerati vengono posti in germinatoi a griglie e in essi vengono tenuti per 5- 12 gg sotto un’areazione continua per permettere la rimozione dell’anidride carbonica formatasi. Allo stesso tempo la radichetta cresce e nell’embrione si sviluppano le α e le β-amilasi (attaccano l’amido e lo idrolizzano a destrine e maltosio) e le proteasi(demoliscono le proteine). Oltre alla componente enzimatica si formano anche sostanze oleose che vengono allontanate per evitare che agiscano da antischiuma. Questa fase si considera conclusa quando la radichetta ha una lunghezza due o tre volte superiore a quella del seme e il chicco ha assunto una colorazione verde intensa (malto verde) La birra 2 7 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro La birra 2 8 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro La birra 2 9 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro Leamilasi β-amilasi (58-63°C) maltosio e maltotriosio (fermentescibili) + alcol α-amilasi (68-73°C) destrine (non fermentescibili) + corpo La birra 2 10 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro Maltazione Essiccazione e torrefazione: L’essiccamento oltre alla rimozione dell’acqua, a seconda delle modalità con cui è condotto il processo, porta alla formazione di composti che contribuiscono al colore e all’aroma caratteristico dei diversi malti Nelle fasi iniziali dell’essiccamento, quando l’umidità del seme è ancora elevata, la temperatura dell’aria calda non deve superare i 50°C per evitare l’inattivazione degli enzimi presenti. Solo quando l’umidità scende sotto il 25% la temperatura dell’aria è elevata a circa 70% Per ottenere un’umidità finale del 4% il malto viene infine sottoposto al cosiddetto “colpo di fuoco” durante il quale la temperatura raggiunge circa 80 - 85°C (malti chiari) La birra 2 11 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro Maltazione Secondo le condizioni tecnologiche adottate nel processo di maltazione è possibile ottenere malti molto diversi sia per colore che per caratteristiche aromatiche Per definizione, tutti i malti diversi dal malto chiaro tipo Pilsner (malto base), oppure ottenuti da cereali diversi dall’orzo, sono malti speciali. I malti speciali sono classificati in tre categorie: malti scuri,malti caramello e malti torrefatti pulitura del malto consiste nell’allontaneamento della radichetta dal malto e in successive operazioni di pulizia La birra 2 12 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro Tipologie di malto: Malti additivi: sono malti di colore scuro, dall'ambrato al nero, che sono stati cotti parecchio e che hanno perso tutto il loro potere enzimatico. In genere vengono usati in piccole quantità per influire sul colore o sul gusto della birra,. Malti misti: si tratta di malti che sono tostati maggiormente rispetto ai malti di base, tuttavia conservano proprietà enzimatiche sufficienti in modo da poter essere usati sia come base, sia come additivi. In questa categoria incontriamo i malti color caramello o quelli ambrati conosciuti in Inghilterra come "cristal". Malti di altri cereali, a volte “non maltati “come frumento, farro, avena, grano saraceno... possono venire usati in quantità variabili per caratterizzare la birra. La birra 2 13 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro L’orzo maltato viene macinato La birra 2 14 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro e miscelato con acqua calda dentro il tino di ammostamento La birra 2 15 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro Riassumendo il risultato della maltazione è: 1. un chicco altamente friabile, dovuto alla sintesi durante la germinazioni di: - amilasi (a e b), enzimi in grado di degradare l’amido; - b glucanasi, in grado di idrolizzare la parete polisaccaridica dell’endosperma; - proteasi, in grado di idrolizzare proteine. 2. formazione di sostanze aromatiche e coloranti per via non enzimatica durante l’essicazione (composti di Maillard). Questi sono derivati di anelli pirazinici e pirrolidinici; La birra 2 16 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro Riassumendo il risultato della maltazione è: 3. Eliminazione del dimetil solfuro (DMS) che lascia nella birra un odore di uova marce. 4. Produrre e/o liberare sostanze nutritive che sono indispensabili per il lievito, come vitamine, amminoacidi, etc.; La birra 2 17 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro ACQUA L’acqua svolge un ruolo importante nel determinare la qualità del prodotto finito (90 - 92%) I sali minerali in essa contenuti influenzano tutti i parametri organolettici, le reazioni enzimatiche e gli equilibri delle sostanze colloidali del mosto nel corso dell’intero processo. La durezza dell’acqua influenza il pH del mosto e il gusto della bevanda(pH >5,5 durante le fasi di ammostamento e di filtrazione provoca una maggiore estrazione delle sostanze polifenoliche e tanniche facendo imbrunire la birra e dandole un sapore astringente) La birra 2 18 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro L’ ACQUA Ogni acqua conferisce alla birra un profilo organolettico caratteristico. Molti sono i parametri di cui bisogna tener conto per avere una buona acqua, tra questi è importante sottolineare il ruolo di due ioni: Lo ione calcio è importantissimo perché favorisce: - un corretto ripiegamento strutturale delle amilasi che coordinano uno ione calcio; - Reagiscono con i fosfati presenti nel malto e ne abbassano il pH; Lo ione Magnesio: - Partecipa in reazioni di acidificazione del mosto con una reazione simile a quella del Calcio; - È un cofattore indispensabile dell’enzima enolasi nella via glicolitica. La birra 2 19 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro Il differente contenuto dei sali (in particolare quelli di Calcio e Magnesio) caratterizza fondamentalmente i tipi di acqua e conferisce, a seconda della "durezza", l'adattabilità a produrre determinate birre. Acque troppo dure hanno un alto contenuto di sali (carbonati) che, durante l’ammostamento, interferiscono con le sostanze solubili del malto e del luppolo ed influenzano negativamente l'attività enzimatica di trasformazione dell'amido in zuccheri. Con un' acqua dura inoltre, si producono birre più scure nel colore e grezze nell'amaro. Per ovviare a questi inconvenienti le acque molto "dure" vengono "addolcite" cioè impoverite dei sali fino ad avere una durezza di 4-7°dH (gradi di durezza Tedeschi, 1°dH corrisponde a 1 mg CaO/l). D’altra parte acque troppo tenere possono favorire una eccessiva solubilizzazione delle resine del luppolo apportando un sapore troppo amaro. Durezza Catalogazione 7° dH acque tenere da 7 a 14° dH acque medio dure da 14 a 21,3° dH acque dure >21,3° dH acque molto dure La birra 2 20 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro I principali tipi di birra sono caratterizzati dall'acqua della regione in cui vengono prodotti: le acque tenere di Pilsen (CZ) sono adatte alla produzione di birre molto chiare, leggere e caratterizzate dal consistente aroma di luppolo. Acque dure, come quelle tipiche delle regioni di Dortmund e Monaco (D) sono contraddistinte da un'alta durezza di carbonati sono adatte alla produzione di birre scure e forti come le tipo Monaco, e medio forti come quelle prodotte a Dortmund. La birra 2 21 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro Ammostamento Consiste nel miscelare il malto macinato con l’acqua calda per solubilizzare ed estrarre la maggior quantità possibile di sostanze. La miscela è riscaldata fino alle temperature ottimali per l’attività enzimatica, raggiunte le quali si effettuano opportune soste in cui le sostanze originariamente insolubili del malto vengono idrolizzate 45 - 55°C per la formazione di peptidi e aa Si effettuano soste a: 60 - 65°C per l’azione della β-amilasi 70 - 75°C per l’azione dell’α-amilasi Enzimi amilolitici che portano alla formazione di maltosio e maltotriosio (fermentescibili) destrine (non e fermentescibili) La birra 2 22 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro L’AMMOSTAMENTO Ø lo scopo principale dell'ammostamento è quello di rompere le proteine e gli amidi che non sono stati trasformati durante il processo di maltazione. Questo lavoro viene fatto da vari gruppi di enzimi che degradano differenti substrati se attivati a determinate temperature. L’ammostamento è la procedura che permette: Ø la saccarificazione, ad opera degli enzimi, degli zuccheri complessi (amido) presenti nel malto. Tutte le sostanze che passano in soluzione vengono indicate come estratto; La birra 2 23 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro L’AMMOSTAMENTO Gli Enzimi del malto e il ruolo nell’ammostamento. Ø Gli enzimi prodotti durante la maltazione ed utili per la produzione della birra sono: Ø Si può osservare come variano nel mosto gli intervalli di temperatura e pH. Ø Per avere una buona saccarificazione è necessario avere un pH compreso tra 5.1 e 5.8. La birra 2 24 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro La birra 2 25 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro L’AMMOSTAMENTO La fitasi. Ø È importante per far si che tutti gli enzimi del malto lavorino correttamente che il pH sia acido e tra i valori 5.1 – 5.8. Ø La miscela di acqua e malto ha un pH di circa 6 unità, per abbassare questo valore si sfrutta l’attività catalitica delle fitasi. Ø Le fitasi agiscono ad una temperatura tra i 30-52°C,e degradano la fitina, sale insolubile in cui gran parte dei fosfati del malto sono legati all’acido fitico. Ø Rilasciando fosfati nel mosto avremo la reazione vista precedentemente, con conseguente riduzione del pH. + 5 La birra 2 26 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro L’AMMOSTAMENTO La b- glucanasi Ø Il b- D-glucano è un polimero del D glucopiranosio con legami b-(1®3) e b- (1®4) ed è uno dei componenti della parete cellulare degli amiloplasti. Ø La b- glucanasi è un enzima idrolitico in grado di tagliare i legame b-(1®3) e b- (1®4) facilitando così la liberazione dei granuli di amido. Ø I granuli di amido risulteranno così più accessibili alle amilasi consentendo la saccarificazione del mosto. La birra 2 27 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro L’AMMOSTAMENTO Proteasi e peptidasi. Ø Gli enzimi proteolitici hanno il ruolo di degradare una buona quantità di proteine presenti nel malto. - per avere un mosto con un buon contenuto di amminoacidi liberi necessari per la crescita del lievito - ridurre la quantità di proteine. Le proteine in eccesso danneggiano la birra finita; Ø La percentuale finita del rapporto tra proteine degradate/proteine totali dovrebbe essere pari al 36%-40%, una riduzione eccessiva della quantità di proteine potrebbe portare un impatto negativo sul prodotto finito (schiuma). La birra 2 28 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro L’AMMOSTAMENTO La degradazione dell’amido ad opera delle amilasi L’amido è un polisaccaride di riserva caratterizzato dalla presenza di una miscela di glucani. Viene depositato dalle cellule delle piante sottoforma di: Ø amilosio cosituito dalla ripetizione di n unità di glucosio, legate mediante legami a (1-4). Ø amilopectina, è costituita da residui di glucosio uniti da legami a (1-4) e ogni 24-30 residui presenta dei punti di ramificazione generati da legami a (1-6); La birra 2 29 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro L’AMMOSTAMENTO a e b-amilasi Questi due enzimi sono in grado di idrolizzare i legami a (1-4) dell’amilosio e dell’amilopectina, ma con modalità di azione leggermente diversa: Ø a amilasi, agiscono tagliando i legami a (1-4) a caso all’interno della molecola di amilosio o amilopectina, formando inizialmente molecole di destrine (oligosaccaridi contenenti ramificazioni) riducendo quindi il peso molecolare delle molecole con conseguente diminuzione della viscosità. Successivamente le a amilasi possono idrolizzare le destrine a molecole ancora più piccole. Non intaccano minimamente i legami a (1-6); Ø b amilasi, agiscono tagliando i legami a (1-4) alle estremità riducenti delle molecole di amilosio e amilopectina, formando quindi principalmente maltosio (zucchero fermentescibile). Non intaccano minimamente i legami a (1-6); Gli oligosaccaridi contenenti ramificazioni non vengono degradate ulteriormente e vengono dette “destrine limite”, queste costituiranno gli zuccheri non fermentescibili della birra per la loro difficoltà di internalizzazione nella cellula di lievito durante la fermentazione. Le destrine sono responsabili del “corpo” del prodotto finito. La birra 2 30 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro L’AMMOSTAMENTO La degradazione dell’amido nella produzione della birra Si possono distinguere tre fasi principali: 1. Gelatinizzazione, è il rigonfiamento dei granuli di amido in acqua calda. L’amido viene più facilmente attaccato dalle amilasi 2. Liquefazione, riduzione della viscosità dell’amido gelatinizzato ad opera delle alfa-amilasi; 3. Saccarificazione, completa degradazione dell’amido a maltosio e destrine ad opera delle amilasi (a e b ). La birra 2 31 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro Ammostamento L’ammostamento è un processo diviso in due parti ben distinte: 1) riattivazione degli enzimi del malto 2) filtrazione (il malto ormai esausto, trebbie, è separato dal mosto) La birra 2 32 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro Viene separata la parte solida dalla parte liquida, grazie ad un filtro all’interno del tino di ammostamento, le trebbie (buccie) contribuiscono all’azione di quest’ultimo La parte liquida viene introdotta in un bollitore dove avviene una bollitura per un ora che serve per sterilizzare, concentrare e durante questa fase si contribuisce a migliorare l’aroma con l’aggiunta di luppolo e spezie La birra 2 33 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro La birra 2 34 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro Le spezie vengono macinate e....inserite in un sacchetto permeabile La birra 2 35 di 36 Maria Luisa Savo Sardaro La birra 2 36 di 36 Professore Maria Luisa Savo Sardaro Argomento La birra 1 Maria Luisa Savo Sardaro La birra “Prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica con ceppi di Saccharomyces carlsbergensis (S. pastorianus) o di Saccharomyces cerevisiae di un mosto preparato con malto, anche torrefatto, di orzo di frumento o di loro miscele ed acqua, amaricato con luppolo o suoi derivati o entrambi....” Art. 1, D.P.R. N. 272 del 30/6/1998, G.U. n. 185 del10/8/1998 La birra 1 2 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Labirra “. La fermentazione alcolica del mosto può essere integrata con una fermentazione lattica. Il malto d’orzo o di frumento può essere sostituito con altri cereali, anche rotti o macinati o sottoforma di fiocchi, nonché con materie prime amidacee e zuccherine nella misura massima del 40% calcolato sull’estratto seccodel mosto” Art. 1, D.P.R. N. 272 del 30/6/1998, G.U. n. 185 del10/8/1998 La birra 1 3 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Labirra In base al grado saccarometrico del mosto di partenza si distinguono legalmente cinque categorie di birra Birra Gradosaccarometrico* Gradoalcolico Analcolica 3-8 max 1.2% Leggera/light 5-10.5 1.2%-3.5% Normale >10.5 >3.5% Speciale >12.5 nessun limite Doppiomalto >14.5 nessun limite *Per grado saccarometrico, espresso in gradi Plato (°P) si intende il contenuto in sostanze disciolte nel mosto dalla cui fermentazione si è ottenuta la birra espresso in percentuale (%p/p) Art. 2, D.P.R. n 272 del 30/06/1998 La birra 1 4 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Materie prime impiegatenella produzione dellabirra Per la produzione della birra sono utilizzate le seguenti materie prime: -Acqua -Orzo o suoi succedanei (avena, frumento, mais, miglio, riso, sorgo e pseudocereali) -Luppolo -Lieviti La birra 1 5 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Acqua costituisce un ingrediente fondamentale (90%). Si impiega acqua potabile non eccessivamente dura econ un pHal di sotto della neutralità I sali minerali in essa contenuti influenzano tutti i parametri organolettici, le reazioni enzimatiche e gli equilibri delle sostanze colloidali del mosto nel corso dell’interoprocesso La durezza dell’acqua influenza il pH del mosto e il gusto della bevanda (pH>5,5 durante le fasi di ammostamento e di filtrazione provoca una maggiore estrazione delle sostanze polifenoliche e tanniche facendo imbrunire la birra e dandole un sapore astringente) La birra 1 6 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Luppolo (Humulus lupulus) pianta perenne, rampicante, dioica, che porta cioè i frutti pistilliferi e staminiferi su piante diverse. Per la produzione della birra sono utilizzate le infiorescenze femminili, dette coni Il costituente dei coni è rappresentato dalla luppolina, una polvere gialla di consistenza resinosa che contiene resine amare (60%) e oli essenziali (1- 3%). Le varietà di luppolo sono suddivise in amaricanti e aromatizzanti sulla base dei diversi contenuti in resine amare e oli essenziali La birra 1 7 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro I Lieviti I ceppi utilizzati per la fermentazione del mosto appartengono al genere Saccharomyces, tradizionalmente suddivisi in: lieviti per la fermentazione bassa (8-15°C) S.pastorianus lieviti per la fermentazione alta(15-23°C) S.cerevisiae La birra 1 8 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Perché il lievito fermenta gli zuccheri? La risposta è semplice: per crescere e vivere. Il lievito produce energia per crescere, moltiplicarsi e sopravvivere. Il metabolismo del lievito può seguire due percorsi: - aerobico, molto più efficiente (viene prodotta più energia a partire dalle stesse sostanze) avviene in presenza di ossigeno; - anaerobico, meno efficiente per il lievito e quindi non il suo preferito, avviene in assenza di ossigeno. Il primo processo si chiama più propriamente respirazione, il secondo fermentazione. La respirazione produce essenzialmente acqua e CO2 come prodotti di scarto La fermentazione alcol e CO2 (oltre a tanti altri sottoprodotti minori). La birra 1 9 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Cerchiamo di seguire questi due percorsi. Partiamo dall’alto, dalla glicolisi, che rappresenta il punto di partenza del metabolismo del lievito sia in condizioni aerobiche che anaerobiche. La glicolisi trasforma gli zuccheri in piruvati. Da qui, il percorso si scinde. In presenza di ossigeno, i piruvati passano per il ciclo di Krebs (chiamato anche ciclo degli acidi tricarbossilici) che produce energia in maniera molto efficiente. Questa energia è utilizzata dal lievito per crescere e moltiplicarsi. Attenzione: il ciclo di Krebs si attiva in presenza di ossigeno ma solo se la concentrazione degli zuccheri è molto bassa (Crabtree effect). La birra 1 10 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Il ciclo di Krebs viene sfruttato in laboratorio per la propagazione del lievito: controllando il contenuto zuccherino del mosto e insufflando costantemente ossigeno si ottiene una crescita cellulare costante senza produzione di etanolo (tossico per il lievito in eccessive quantità). La respirazione produce una crescita cellulare in condizioni ottimali di efficienza energetica (grazie all’attivazione del ciclo di Krebs). In questo modo vengono quindi prodotte più cellule a parità di nutrienti perché il lievito si concentra sul suo ciclo vitale senza perder tempo nella produzione di etanolo. Condizioni ovviamente ideali per la propagazione cellulare ma non per la produzione di birra. La birra 1 11 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Nel mosto della birra, di fatto, non si passa mai per la Il metabolismo del lievito respirazione ma sempre e solo per la fermentazione alcolica. Questo percorso produce due composti importanti: etanolo e Acetyl CoA Ovviamente, pur non attivandosi il ciclo di Krebs, tutte le reazioni nella parte sinistra dell’immagine avvengono ugualmente ma con una efficienza minore: dai piruvati si arriva al diacetile, e dalla sintesi degli amminoacidi si arriva alle aldeidi e agli alcoli superiori. i principali sottoprodotti della fermentazione sono anche acetaldeide, esteri, composti sulfurei, acido acetico etc. La birra 1 12 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Alcuni, come l’etanolo, vengono sempre espulsi dalla cellula; altri, come l’acetaldeide, in genere vengono impiegati nel percorso metabolico ma a volte, in condizioni particolari, possono uscire dalla cellula. Ce li ritroviamo così nella birra finita dove vanno a sporcare il profilo organolettico (si pensi al difetto mela verde/vernice provocato, appunto, da un eccesso di acetaldeide). La birra 1 13 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro PRODOTTI METABOLICI DELLA FERMENTAZIONE ETANOLO Sicuramente il più famoso tra i composti che vengono prodotti dal lievito durante la fermentazione alcolica (sia in assenza che in presenza di ossigeno). Come si vede chiaramente dal disegno, si arriva all’etanolo passando per l’acetaldeide. ESTERI Dall’acetaldeide si forma anche acido acetico che a sua volta viene trasformato in Acetyl CoA. Questo è un attore importantissimo nel processo di esterificazione, ovvero nel percorso di sintesi degli esteri (aromi fruttati). FATTY ACIDS In presenza di ossigeno, ovvero all’inizio della fermentazione, l’Acetyl CoA viene trasformato in acidi grassi. Questi sono utilizzati dal lievito per rinforzare le membrane cellulari durante la crescita. L’apporto iniziale di ossigeno è quindi molto importante per creare cellule sane e forti con membrane cellulari resistenti. Cellule con membrane deboli lasciano fuoriuscire composti indesiderati dalle cellule durante la fermentazione, generando difetti nel profilo organolettico della birra. La birra 1 14 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Quando l’ossigeno finisce, l’Acetyl CoA in eccesso viene “catturato” dall’enzima Alcol O-acetiltransferasi (AAT). Questo enzima catalizza la reazione di esterificazione (acidi grassi + alcoli = esteri). Nascono così gli esteri, ovvero quegli aromi fruttati che caratterizzano fortemente le birre belghe (banana, pesca, pera, … ) e in maniera minore tutte le alte fermentazioni. Diverse tipologie di esterasi e di alcoli (etanolo o alcoli superiori) danno luogo a diversi esteri, ma l’Acetyl CoA rimane centrale nella formazione di questi aromi fruttati. Se l’ossigenazione è scarsa, la produzione di acidi grassi si interrompe precocemente facendo sì che una quantità maggiore di Acetyl CoA entri nel percorso di esterificazione aumentando la produzione di esteri. Ecco perché una scarsa ossigenazione porta a cellule meno forti (sono stati prodotti meno acidi grassi e steroli) e a un livello più alto di aromi fruttati La birra 1 15 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro ACIDO ACETICO Nel ciclo di fermentazione è un prodotto di sintesi intermedia che non troviamo in quantità significative nella birra finita DIACETILE Interessante il percorso del diacetile, un composto che tutti conosciamo per l’aroma burroso che conferisce alla birra (quasi sempre indesiderato). Viene prodotto per ossidazione dell’acetolattato, un composto derivato dai piruvati utile per la sintesi degli amminoacidi. Parte di questo acetolattato fuoriesce dalla cellula e si trasforma in diacetile per ossidazione. In condizioni normali, il diacetile viene quindi prodotto e successivamente riassorbito dalla cellula di lievito. GLICEROLO Questo composto, dal sapore vagamente dolciastro, contribuisce a irrobustire il mouth feel della birra grazie alla sua viscosità. Viene prodotto da tutti i lieviti Saccharomyces La birra 1 16 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro VINILFENOLI I fenoli sono una classe di composti dal caratteristico aroma speziato. La produzione degli aromi fenolici avviene grazie all’enzima Phenolic Acid Decarboxylase (PAD) che catalizza la reazione di trasformazione degli acidi fenolici in vinilfenoli, sostanze volatili che producono sfumature aromatiche di pepe, chiodo di garofano o addirittura medicinale La birra 1 17 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Orzo (Hodeum vulgare L., fam. Graminaceae) E’ il cereale principalmente impiegato per la produzione della birra (anche se esistono birre di frumento, riso e mais), previa trasformazione in malto (maltazione o maltificazione) L’orzo è colonizzato da vari m.o. che rimangono attivi nella fase di germinazione, fino alla fase di essiccazione Lieviti: Ascomiceti (Candida, Clavispora, Galactomyces , Saccharomyces, Hanseniaspora, Pichia,); Basidiomiceti (Cryptococcus, Rhodotorula, Filobasidium) Batteri gram-negativi: Pseudomonas, Erwinia, Rahnella, Enterobacter La birra 1 18 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Questa flora microbica interagisce attivamente con l’orzo: Produce metaboliti che favoriscono la germinazione Producono enzimi responsabili della degradazione della parete La birra 1 19 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro GLI INGREDIENTI Riassumendo le materie prime usate nella produzione della birra sono essenzialmente: Ø Acqua (Ogni birra è costituita da 90-94% di acqua); Ø Malto di orzo, in alcuni casi quello di frumento, (“anima e corpo della birra”, fornisce l’amido e gli enzimi necessari per la degradazione dello stesso); Ø Luppolo (è importante per l’amaro e l’aroma della birra); Ø Lievito (converte con la fermentazione gli zuccheri in etanolo e anidride carbonica); Ø Succedanei (mais, grano non maltato, etc… sono fonti amidacee); Ø Spezie (Sono usate per aromatizzare la birra). La birra 1 20 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro IL MALTO L’orzo è da sempre il cereale più idoneo nella produzione della birra, questo perché: Ø Il malto d’orzo è il grano dell’orzo fatto rigerminare in particolari condizioni di umidità e successivamente riessiccato all’interno di forni; Ø nel corso della germinazione produce una quantità di enzimi maggiore rispetto agli altri cereali; Ø la composizione chimica dell’orzo, considerando le più importanti classi di composti (amidi, proteine e grassi), è la più conveniente fra tutti i cereali per la produzione della birra; Ø il seme dell’orzo è protetto dalle glumelle e questo è un aspetto morfologico estremamente importante perché significa che il seme è protetto dagli urti, da tutti i danneggiamenti cui potrebbe andare incontro; Ø Ultimo, ma non meno importante, il fatto che l’orzo è una pianta rustica, può essere coltivata in climi estremamente differenti con caratteristiche del suolo molto diverse e quindi ha trovato un areale di diffusione della coltivazione molto più ampia rispetto ad altri cereali. La birra 1 21 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Osservando la struttura dell’orzo si capisce il motivo per cui non viene impiegato direttamente nella produzione della birra. La scorza (Glumella) assieme agli altri strati denominati pericarpo (tessuto ceroso e impermeabile) e testa (agisce da membrana semipermeabile) proteggono l’interno del chicco. La birra 1 22 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Lo strato Aleuronico racchiude la riserva d’amido e lascia libera la parte embrionale. Queste cellule sono ricche di sostanze nutritive come proteine, grassi, minerali, ma prive di amido e sono in grado di sintetizzare le gibberelline. La birra 1 23 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Endosperma Costituisce la porzione contenente la parte amidacea. La birra 1 24 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro Amiloplasto. Costituito da cellule contenenti granuli di amido (amilosio o amilopectina) separati da pareti polisaccaridiche di b- glucani. Queste pareti rendono l’endosperma una struttura molto compatta e rigida. La birra 1 25 di 26 Maria Luisa Savo Sardaro La birra 1 26 di 26 Professore Maria Luisa Savo Sardaro Argomento Patogeni Gram positivi 2 Maria Luisa Savo Sardaro GRAM PHYLUM GRUPPO GENERE / Batteri acetici Brucella Acetobacter MICRORGANISMI PATOGENI: PROTEOBACTERIA alfa Gluconobacter Pseudomonas PROTEOBACTERIA gamma Pseumonadi Xhantomonas Zymomonas Gram+ sporigeni Escherichia Salmonella Proteus GRAM - Batteri enterici Enterobacter Shigella Yersinia PROTEOBACTERIA gamma Serratia PROTEOBACTERIA gamma / Vibrio / Campylobacter PROTEOBACTERIA epsilon / Helycobacter / Aeromonas PROTEOBACTERIA delta / Moraxella Lactobacillus Leuconostoc Pediococcus Lactococcus non sporigeni Batteri lattici Streptococcus FIRMICUTES (basso GC) Carnobacterium Enterococcus Oenococcus Weissella GRAM+ non sporigeni / Staphylococcus non sporigeni / Lysteria / Bacillus FIRMICUTES (basso GC) sporigeni / Clostridium Corinebatteri Corynebacterium Propionici Propionibacterium FIRMICUTES (alto GC) / Brevibacterium / Mycobacterium / Bifidobacterium Patogeni Gram positivi 2 2 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro CLOSTRIDIUM BOTULINUM Microrganismo Gram+ sporigeno anaerobio (rispetto al genere Bacillus) RESPONSABILE DI INTOSSICAZIONE (insieme a S. aureus) In passato i casi di intossicazione da C. botulinum erano per lo più sostenute da carne e derivati oggi invece i prodotti più importanti sono rappresentati da vegetali e prodotti ittici Patogeni Gram positivi 2 3 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro Il nome deriva dal fatto che le prime intossicazioni descritte furono conseguenti all’ingestione di salsicce (botulus in latino) infatti tra il 1815 e 1828 Kerner riferì di 234 casi di botulismo con 110 morti per ingestione di salsicce di fegato e sangue senza tuttavia isolare l’agente eziologico. L’agente eziologico è stato isolato per la prima volta nel 1895 da un prosciutto prodotto in casa da Von Ermengen. Patogeni Gram positivi 2 4 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro § Tassonomia Tutti gli organismi che producono tossine botuliniche sono assegnati al genere Cl. botulinum : è Sulla base della specificità antigenica dell’esotossina prodotta si distinguono 7 sierotipi che producono altrettanti tipi di tossine A E’ la più tossica!! B C Ca Cb botulismo animale D E riclassificato in Cl. argentinense: mai stato ritrovato negli alimenti. E’ stato isolato da F persone morte improvvisamente ma il suo ruolo G come causa di morte rimane dubbio Patogeni Gram positivi 2 5 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro Un’importante caratteristica dei ceppi di C. botulinum è che possono essere proteolitici o non proteolitici in base alla capacità di idrolizzare la caseina, la carne, l’uovo coagulato, il siero coagulato. PROTEOLITICI SIEROTIPO A Hanno spore più SIEROTIPO G termoresistenti! Alcuni sierotipi B e F Sono meno esigenti NON PROTEOLITICI SIEROTIPO E Alcuni sierotipi B e F I SIEROTIPI C e D possono essere sia proteolitici che non proteolitici Patogeni Gram positivi 2 6 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro DISTRIBUZIONE DEI SIEROTIPI A Si rinviene con maggior frequenza in USA, Cina, Argentina e gli alimenti più frequentemente incriminati negli episodi di intossicazione sono quelli di origine vegetale B E’ quello che determina il maggior numero di episodi di intossicazione in Europa e gli alimenti incriminati sono quelli carnei. Sembra che nel suino possa vivere in maniera saprofitica a livello intestinale e passare alle masse muscolari nel corso della macellazione per il mancato rispetto delle norme igieniche. Questo potrebbe spiegare la sua presenza nei prosciutti E Predomina nelle regioni fresche dell’Emisfero del Nord (Giappone, Canada). Gli alimenti responsabili sono prodotti ittici (es: trote in Finlandia; pesci d’allevamento..) Patogeni Gram positivi 2 7 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro § Condizioni di sviluppo e caratteristiche La termoresistenza delle spore è variabile e influenzata da: - sierotipo - numero di spore presenti (in generale le più termoresistenti sono quelle del sierotipo A) - substrato Patogeni Gram positivi 2 8 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro § Habitat H ubiquitario H terreno (soprattutto A e B ) H acque (tipo E) H sedimenti marini (tipo E) H residui vegetali H nelle carcasse di animali e volatili H nelle feci di animali Patogeni Gram positivi 2 9 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro § PATOGENICITÀ Le TOSSINE BOTULINICHE sono proteine neurotossiche La tossina viene prodotta durante la crescita vegetativa, ma rilasciata solamente in concomitanza con la lisi delle cellule, che avviene durante la sporulazione. La tossina libera non viene inattivata dal pH acido dello stomaco e viene, quindi, assorbita intatta dall’apparato gastrointestinale per essere trasportata per via ematica fino alle cellule nervose, dove agisce sulla placca motrice nervosa. La tossina viene internalizzata e successivamente trasportata a livello delle giunzioni neuromuscolari, dove viene bloccato il rilascio dell’acetilcolina. DOSE INFETTIVA: Sono sufficienti pochi nanogrammi di neurotossina Patogeni Gram positivi 2 10 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro In condizioni normali la trasmissione dell’impulso nervoso al muscolo avviene grazie all’interazione dell’acetilcolina con un recettore muscolare. La tossina botulinica inibisce il rilascio dell’acetilcolina dalle vescicole presinaptiche con conseguente assenza di stimolo della fibra muscolare e rilassamento irreversibile dei muscoli (paralisi flaccida). Terminazioni neuronali Placca motoria TOSSINA BOTULINICA Patogeni Gram positivi 2 11 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro La produzione di tossine segue lo sviluppo del microrganismo e di conseguenza tutte le condizioni che favoriscono questo influenzano positivamente anche la produzione di tossine EFFETTO TEMPERATURA EFFETTO pH EFFETTO Aw EFFETTO potenziale red-ox EFFETTO flora competitiva Ad eccezione di qualche alimento conservato (es: conserve acide) dove uno solo di questi fattori è in grado di controllare lo sviluppo microbico, C. botulinum in genere viene inibito dal contemporaneo intervento di più fattori Patogeni Gram positivi 2 12 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro EFFETTO TEMPERATURA § Il congelamento, così come la temperatura < a quelle minime di crescita (10°C- 3°C) prevengono la produzione di tossina ma risultano privi di effetto su spore (per cui quando queste tornano a trovarsi in condizioni favorevoli germineranno e daranno origine alla produzione di tossina) § La tossina preformata non presenta grande resistenza al calore venendo distrutta a temperature > 80°C (la bollitura per 15 min. di cibi sospetti la distrugge) quindi contrariamente a S. aureus la tossina botulinica è distrutta da trattamenti termici § La termoresistenza delle tossine è influenzata dal pH del substrato e decresce quando questo si abbassa Patogeni Gram positivi 2 13 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro EFFETTO pH § Lo sviluppo del microrganismo è favorito da pH prossimi alla neutralità § In genere la massima produzione di tossina si osserva in substrati con pH compreso tra 5 e 8. § I limiti minimi che consentono ancora la germinazione della spora e la produzione di tossina sono 4.6 per i ceppi proteolitici e 5 per i ceppi non proteolitici §L’ambiente acido favorisce l’effetto delle alte temperature sulla distruzione di spore di C. botulinum. Questo permette di ridurre le temperature di sterilizzazione di conserve e semiconserve acide Patogeni Gram positivi 2 14 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro EFFETTO Aw § I valori di Aw che permettono ancora la germinazione delle spore, lo sviluppo e la produzione di tossina sono 0.94 per i ceppi proteoilitici e 0.97 per i ceppi non proteolitici § Le richieste di Aw aumentano a pH acidi e al diminuire della temperatura § Il sale è uno dei fattori più importanti per il controllo dell’intossicazione da C. botulinum, anche se questo microrganismo è dotato di una certa alotolleranza. § Le concentrazioni inibenti di NaCl sono del 10% per i ceppi proteolitici e 5% per quelli non proteolitici Patogeni Gram positivi 2 15 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro EFFETTO potenziale red-ox § C. botulinum è un microrganismo anaerobio che è in grado tuttavia di svilupparsi anche in presenza di modeste concentrazioni di O2 § Il confezionamento sottovuoto degli alimenti pertanto non è elemento indispensabile perché si verifichi la produzione di tossina (è stato dimostrato che pesci infettati sperimentalmente con il TIPO E e confezionati in contenitori sottovuoto e non, diventavano tossici nello stesso periodo di tempo) § Tuttavia il confezionamento sottovuoto anche se non indispensabile risulta sempre più pericoloso perché in queste condizioni vengono inibiti altri microrganismi che hanno effetto antagonista su C. botulinum (batteri lattici) § E’ stato invece dimostrato che un’atmosfera che circonda l’alimento costituita da 100% CO2 rallenta lo sviluppo del microrganismo e questo effetto è potenziato dalla conservazione del prodotto in ambiente refrigerato Patogeni Gram positivi 2 16 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro EFFETTO flora competitiva La presenza di microrganismi contaminanti normalmente presenti nell’alimento influenzano lo sviluppo di C. botulinum ESEMPI I batteri lattici sono quelli che influenzano maggiormente data la loro caratteristica di produrre sia ac. lattico che un antibiotico naturale (nisina) Lieviti e muffe svolgono un’azione sfavorevole perché mantenendo il pH elevato o utilizzando i vari acidi rendono il substrato idoneo allo sviluppo di C. botulinum e alla produzione della tossina Alcuni enzimi prodotti da batteri proteolitici (C. sporogenes, B. cereus) metabolizzano la tossina preformata Patogeni Gram positivi 2 17 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro § MALATTIA Sono tre le principali forme di botulismo: ALIMENTARE, dovuto alla presenza della tossina nei cibi INFANTILE, perché C. botulinum è presente nel tratto intestinale di un certo numero di neonati DA FERITA o lesione, dovuto all’infezione di ferite da parte del batterio. Botulismo infantile e botulismo da ferita sono diversi dalla definizione di intossicazione vera e propria Patogeni Gram positivi 2 18 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro BOTULISMO ALIMENTARE Si manifesta dopo 2 ore - 8 giorni dall’ingestione del pasto contaminato di tossine, in genere tuttavia il periodo di incubazione è compreso tra 12 e 36 ore. La malattia generalmente inizia con manifestazioni a carico dell’apparato gastroenterico (nausea, vomito) e solo in un secondo tempo, in genere 12- 24 ore dalla comparsa dei primi sintomi, fanno la comparsa i caratteristici sintomi nervosi (vertigini, disturbi della visione, seguiti da difficoltà di parola, disfonia e perdita del riflesso della deglutizione fino a ipotermia, paralisi muscolare flaccida) nei pazienti non trattati si arriva al decesso per insufficienza respiratoria acuta. Patogeni Gram positivi 2 19 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro BOTULISMO INFANTILE Vengono ingerite spore vitali, che germinano e sintetizzano la tossina nell’intestino. Si pensa che ciò sia possibile nei bambini tra i 6 e i 24 mesi, nei quali la flora intestinale non è ancora stabilizzata e quindi incapace di contrastare la colonizzazione del clostridio Tale sindrome è caratterizzata da costipazione, anoressia, sonnolenza e mancanza di controllo dei movimenti della testa. Il botulismo infantile è stato messo in relazione con l’assunzione di miele. BOTULISMO da ferite Si ha uno sviluppo del microrganismo in lesioni traumatiche infette (con presenza di terriccio), con conseguente produzione di tossine in vivo. Patogeni Gram positivi 2 20 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro § ALIMENTI Per quanto riguarda gli alimenti incriminati nei casi di intossicazione da C. botulinum va ricordato che sia i prodotti ittici e vegetali possono veicolare la tossina botulinica; in genere si tratta di prodotti lavorati, per lo più preparazioni per uso domestico (conserve fatte in casa) i quali sono stati sottoposti a lavorazione inadeguata soprattutto trattamenti termici insufficienti e conservazione ad alta temperatura Tra i prodotti incriminati non vengono riportati cibi congelati, tuttavia è bene ricordare che le spore sopportano bene il congelamento per cui possono rinvenirsi anche nei prodotti congelati e quindi se la conservazione dopo lo scongelamento non viene eseguita correttamente le spore possono germinare e produrre tossina Patogeni Gram positivi 2 21 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro Patogeni Gram positivi 2 22 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro § PREVENZIONE La profilassi di questa intossicazione deve mirare ad impedire che la tossina preformata sia presente negli alimenti quindi serve l’inibizione della moltiplicazione piuttosto che la morte M Trattamenti termici per eliminare le spore, che possono essere più blandi se gli alimenti vengono addizionati di NaCl, nitriti (es. negli insaccati) o acidificanti. M Riscaldamento dei cibi preparati (la tossina viene disattivata a 85°C x 5-6min) M Refrigerazione a T°< 4°C M Controllo dell’attività dell’acqua: i clostridi non crescono a livelli inferiori di 0.93 M Corretta preparazione e conservazione degli alimenti Patogeni Gram positivi 2 23 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro CLOSTRIDIUM PERFRINGENS Microrganismo Gram+ sporigeno anaerobio (rispetto al genere Bacillus) ma in grado di tollerare anche buoni livelli di ossigeno RESPONSABILE DI TOSSINFEZIONE (insieme a B. cereus) Generalmente collegate alla ristorazione collettiva Patogeni Gram positivi 2 24 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro § Tassonomia In base alla produzione delle 4 tossine maggiori letali (alfa, beta, epsilon, iota) la specie viene suddivisa in 5 differenti tipi (A,B,C,D,E) I ceppi appartenenti al gruppo A, ma anche C e D sono patogeni per l’uomo. Patogeni Gram positivi 2 25 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro § Habitat H largamente distribuito in natura H fa parte della normale flora del suolo molto diffuso nella polvere H è parte costitutiva della normale flora intestinale degli animali, uomo compreso. Patogeni Gram positivi 2 26 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro § Condizioni di sviluppo min optimum max T° (C°) 12 43-47 55 pH 5.5-5.8 7.2 8.0-9.0 Aw 0.97 0.95-0.96 0.93 CONSIDERAZIONI: - è un microrganismo esigente nutrizionalmente - è sensibile alle basse temperature - in prossimità della temperatura minima di sviluppo si hanno fasi lag lunghe (2-4 ore) mentre alle temperature massime la fase lag è inesistente e il tempo di duplicazione basso (quindi alta velocità di crescita). Questo spiega la ragione per cui vengono incriminati cibi cotti e raffreddati lentamente - sensibile al calore (la forma vegetativa và incontro a morte a 60°C) Patogeni Gram positivi 2 27 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro Il fenomeno della sporificazione è importante perché: la spora permette la sopravvivenza del germe nel corso della conservazione è durante il processo di sporificazione che avviene la massima produzione di enterotossina La sporificazione è abbastanza difficile e dipende dal ceppo microbico e dal substrato. Per la sporificazione è richiesto: - temperatura compresa tra 35 e 40°C - pH compreso tra 6 e 8. La presenza di zuccheri fermentescibili, abbassando il pH ostacola il processo - Aw superiore a 0.98 Patogeni Gram positivi 2 28 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro § PATOGENICITÀ Dose infettante: 5 x 105ufc/g di alimento contaminato Le tossine a, b, e e i, sono responsabili di gangrene gassose, coliti necrotizzanti e setticemie i tipi A e C producono anche un’enterotossina la cui formazione avviene durante la sporulazione del germe (che può avvenire nell’alimento o nell’intestino dell’uomo) e il rilascio in seguito alla lisi cellulare. Tale tossina, che è la maggiore causa delle gastroenteriti alimentari, è termolabile: perde la sua attività biologica a 60°C x 5min, ma a 4°C può mantenersi attiva per settimane. Patogeni Gram positivi 2 29 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro § MALATTIA I sintomi causati dall’enterotossina compaiono 8-12h dopo l’ingestione dell’alimento (anche 2-3h se il cibo contiene tossina preformata) e durano per 24-48h: h forti dolori addominali h diarrea acuta h nausea h mai vomito Patogeni Gram positivi 2 30 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro § ALIMENTI ä Prodotti carnei o a base di carne, la cui caratteristica comune è quella di essere stati sottoposti a trattamenti termici e raffreddati a temperatura ambiente. § PREVENZIONE ³ Rapido raffreddamento dei cibi cotti ³ Riscaldamento di almeno 75°C al cuore del prodotto ³ Rispetto scrupoloso della catena del freddo (conservazione a temperature < 10°C) Patogeni Gram positivi 2 31 di 32 Maria Luisa Savo Sardaro Buono studio Patogeni Gram positivi 2 32 di 32 Professore Maria Luisa Savo Sardaro Argomento La birra 3 Maria Luisa Savo Sardaro IL LUPPOLO E LA BOLLITURA Ø Terminato l’ammostamento e dopo aver filtrato il mosto e recuperato il “liquore” si procede con la bollitura. Ø La bollitura ha vari scopi: - Sterilizzare il mosto; - concentrare il mosto; - amaricare il mosto dopo l’aggiunta del luppolo; - far precipitare le proteine e le impurità dovute alla filtrazione. La birra 3 2 di 25 Maria Luisa Savo Sardaro Cottura e luppolamento La bollitura (cottura) e aggiunta di luppolo: Con le alte temperature il mosto viene sterilizzato e concentrato; l’acqua in eccesso evapora; gli enzimi e i m.o. vengono inattivati; le sostanze amare del luppolo isomerizzano; le proteine e i composti polifenolici coagulano; il colore del mosto diventa più intenso in seguito alla caramellizzazione degli zuccheri, alla formazione di melanoidine e Luppolo:(Humulus lupulus) le cui infiorescenze all’ossidazione dei fenoli femminili contengono sostanze aromatiche tra cui delle resine (umulone e lupolone) e dotate di attività antisettiche conservanti, dal caratteristico sapore amaro. Grazie a queste resine il mosto diviene più stabile e la birra assume quel caratteristico sapore amarognolo che la contraddistingue La birra 3 3 di 25 Maria Luisa Savo Sardaro Finita la fase di cottura, viene effettuato una blanda centrifugazione, che permette così di separare il mosto dal luppolo, che si sedimenta sul fondo formando un cono centrale Una volta chiarificato, viene raffreddato, con scambiatori di calore a piastre o a cilindri , a 8-15°C per la bassafermentazioneea16-25°Cper l’alta fermentazione einfine viene introdotto nelfermentatore La birra 3 4 di 25 Maria Luisa Savo Sardaro Fermentazioneprimaria Trasferito nei tini di fermentazione dove viene aggiunto il lievito starter (1,5- 2,0·107cellule/ml) e dove avverrà la fermentazione primaria (2-10 gg) Quantità di inoculo: Un milione di cellule per grado Plato per mL di mosto ES.: 12x106 cell/mL in un mosto a12°C La birra 3 5 di 25 Maria Luisa Savo Sardaro Fermentazioneprimaria All’interno del serbatoio dopo circa sei, dodici ore dall’inoculo del lievito e in funzione della temperatura, si evidenziano ai bordi della superficie le caratteristiche schiume bianche dette “Kreüsen” che indicano l’avvio della fase principale della fermentazione. Già al secondo giorno l’intera superficie è ricoperta dalle schiume; queste continuano a ispessirsi e al terzo giorno si presentano “frastagliate”, questo particolare sta ad indicare che la fermentazione è al suo massimo La birra 3 6 di 25 Maria Luisa Savo Sardaro Fermentazioneprimaria Allo stesso tempo la temperatura tende ad aumentare in seguito all’intensa attività del lievito ed è quindi necessario regolarla in modo da non superare il valore massimo previsto Le specie considerate più importanti per la vinificazione e la birrificazione sono raggruppate nel Saccharomyces sensu stricto complex che comprende 4 specie: S. cerevisiae, S. paradoxus, S. pastorianus, e S.bayanus S. cerevisiae e S. paradoxus crescono a T>37°C S. pastorianus e S.bayanus crescono a T

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