L'educazione sociale (S. Tramma) PDF

Summary

This document provides a general overview of social education, emphasizing that education is not limited to formal settings, but encompasses informal processes, community interactions, and everyday experiences. It also notes the role of education in shaping individuals and society. It covers a range of topics including the concept of social education, its various expressions, and factors that impact it.

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# L'EDUCAZIONE SOCIALE (S. Tramma) L'educazione non può essere considerata tale solo quando è connessa a processi che raggiungono, o intendono raggiungere, alcuni esiti di apprendimento ritenuti positivi e auspicabili in un dato contesto storico. Educazione è tutto ciò che produce apprendimento, i...

# L'EDUCAZIONE SOCIALE (S. Tramma) L'educazione non può essere considerata tale solo quando è connessa a processi che raggiungono, o intendono raggiungere, alcuni esiti di apprendimento ritenuti positivi e auspicabili in un dato contesto storico. Educazione è tutto ciò che produce apprendimento, in termini di acquisizione, scoperta, trasformazione e produzione di saperi, atteggiamenti, comportamenti, valori, e ciò a prescindere dall'auspicabilità individuale o sociale di quegli stessi apprendimenti. Esiste un'educazione definibile informale/sociale/ diffusa nella quale sono compresi: gli aspetti informali delle esperienze formali e universalmente riconosciute come educative, i mezzi di comunicazione di massa, i gruppi dei pari, le associazioni, le Chiese, ecc.; inoltre l'educazione sociale comprende l'assetto urbanistico e l'organizzazione territoriale dei quartieri, le migrazioni, le trasformazioni dei ruoli connessi alle appartenenze di genere, le trasformazioni del lavoro, il web, la comunicazione politica, il "galateo" informale, eсс. ## 1. L'educazione è dappertutto <start_of_image> - A prescindere dal senso e dalle funzioni che le vengono attribuite, l'educazione ha due dimensioni, quella universale e quella particolare. Per quanto riguarda la sua dimensione universale, l'educazione è sempre riconducibile all'apprendimento di qualcosa che, per quanto riguarda la sua dimensione particolare, è collocato in un certo tempo e in un certo luogo, quindi con obiettivi, didattiche, intenzioni, modi, luoghi, soggetti coinvolti, contraddizioni storicamente situati. - Tutto ciò prescinde dal tema della valutazione e del giudizio di non auspicabilità esprimibile nei confronti degli obiettivi, dei contenuti e delle modalità di apprendimento. Infatti, bisogna considerare educative anche quelle esperienze che producono apprendimenti considerati non virtuosi e socialmente non compatibili. - Secondo una definizione più ampia, educazione sociale è l'insieme dei processi educativi che coinvolgono gli individui, gruppi e collettività per tutta la durata della loro esistenza, un insieme al cui interno sono presenti e interagiscono esperienze con forti connotazioni di formalità e intenzionalità, e altre esperienze con intenti educativi meno espliciti, consapevoli e dichiarati. - Secondo una definizione più circoscritta, l'educazione sociale viene fatta coincidere con l'educazione informale, ossia quella che, a prescindere da una scelta intenzionale, si realizza nello svolgimento, da parte di ogni persona, di attività nelle situazioni di vita quotidiana, con l'educazione diffusa, con quella comunitaria e con quella extrascolastica. L'educazione non è riconducibile totalmente alle due esperienze considerate fondamentali, la scuola e la famiglia, poiché esse costituiscono solo in parte a costruire le storie formative dei soggetti a cui si rivolgono. Una parte rilevante dello scenario generale di apprendimento degli individui è costituita dalle esperienze educative non ufficiali, informali e comunitarie (sistemi relazionali con esiti apprenditivi tra soggetti stabilmente residenti in un territorio limitato e legati da vincoli reciproci). L'educazione sociale agisce poiché fornisce ai soggetti coinvolti in qualità di educatori o educandi alcuni saperi e competenze strutturali di base che interagiscono con quelli formalmente loro assegnati, per quanto riguarda sia l'essere formatori, sia l'essere formandi. Essa infatti fornisce saperi e competenze che possono allearsi o confliggere con quelli previsti dal mandato sociale o reclamati dall'opinione pubblica. ## Riflettere sull'educazione sociale significa domandarsi quali sono quei luoghi, quei tempi e quelle azioni che ospitano esperienze che possono risultare educative, cioè che producono apprendimenti, partendo dal presupposto che ogni luogo può esserlo. Così come per i luoghi, ogni tempo può risultare educativo, anche il più apparentemente debole. L'educazione sociale diffusa non sempre si dichiara e/o è immediatamente percepibile in quanto tale, e solo a seguito di un disvelamento voluto o casuale la si riconosce come educazione. Un'educazione che si manifesta in forme e modi non sempre percepiti anche da chi di essa professionalmente si occupa e i cui esiti processuali si manifestano in piccoli e grandi cambiamenti che interessano soggetti individuali e collettivi. È un'educazione che riesce a fornire credibilità alle proposte di apprendimento senza che si renda necessario ricorrere a luoghi, soggetti e metodologie impositive. È democratica perché si tratta di sapere diffuso accessibile a tutti. Quello informale-sociale è sapere prodotto, immagazzinato e trasmesso diffusamente da molteplici soggetti ed è estraneo a quei luoghi in cui il sapere è trasmesso unidirezionalmente. ## L'esperienza educante: L'esperienza educativa è caratterizzata da elementi e processi dichiarati, espliciti e decodificabili, rispetto ai quali è possibile azzardare ricerche che tendano arintracciare nessi causa effetto. Nello stesso tempo, ha sempre in sé qualcosa di non del tutto decifrabile. Alcune dimensioni del processo di apprendimento possono cioè essere anche quantificate, cosi come i nessi causa-effetto possono essere ragionevolmente individuati, alcuni anche quantitativamente dimostrabili, cioè basati sull'evidenza dei fatti. La ricerca sull'educazione sociale comprende l'analisi dei nessi causa-effetto, ma anche la ricerca attorno a quelle esperienze che, in concorso con altri, possono, con significativa probabilità, produrre apprendimenti attraverso dinamiche poco chiare. L'educazione intenzionale ridimensionata: per esperienze educative intenzionali si intende quelle in cui è presente e operante la volontà di attivare processi che producano nei destinatari degli apprendimenti auspicati da chi li opera. La principale esperienza intenzionale è la scuola, che tramite i saperi e le competenze che tenta di far acquisire e le didattiche attraverso le quali tenta di farlo, attua il mandato sociale ufficiale che le è stato assegnato. La scuola però non rielabora e trasforma meccanicamente in progetto formativo dettagliato l'intenzionalità delle normative, ma rielabora anche i contenuti dell'educazione sociale diffusa, innanzitutto attraverso l'agire quotidiano dei lavoratori della scuola e degli studenti, entrambi interessati di esperienze di educazione sociale. All'interno della scuola, infatti, si sviluppano apprendimenti informali riguardanti la percezione e la concezione della scuola stessa, l'immagine di essa e le aspettative che vi ripongono i soggetti che la frequentano, e non è detto che tali immagini e aspettative coincidano con il ruolo attribuito all'istituzione e ai percorsi scolastici. ==End of OCR for page 1== <start_of_image> え # L'EDUCAZIONE SOCIALE (S. Tramma) L'educazione non può essere considerata tale solo quando è connessa a processi che raggiungono, o intendono raggiungere, alcuni esiti di apprendimento ritenuti positivi e auspicabili in un dato contesto storico. Educazione è tutto ciò che produce apprendimento, in termini di acquisizione, scoperta, trasformazione e produzione di saperi, atteggiamenti, comportamenti, valori, e ciò a prescindere dall'auspicabilità individuale o sociale di quegli stessi apprendimenti. Esiste un'educazione definibile informale/sociale/ diffusa nella quale sono compresi: gli aspetti informali delle esperienze formali e universalmente riconosciute come educative, i mezzi di comunicazione di massa, i gruppi dei pari, le associazioni, le Chiese, ecc.; inoltre l'educazione sociale comprende l'assetto urbanistico e l'organizzazione territoriale dei quartieri, le migrazioni, le trasformazioni dei ruoli connessi alle appartenenze di genere, le trasformazioni del lavoro, il web, la comunicazione politica, il "galateo" informale, eсс. ## 1. L'educazione è dappertutto - A prescindere dal senso e dalle funzioni che le vengono attribuite, l'educazione ha due dimensioni, quella universale e quella particolare. Per quanto riguarda la sua dimensione universale, l'educazione è sempre riconducibile all'apprendimento di qualcosa che, per quanto riguarda la sua dimensione particolare, è collocato in un certo tempo e in un certo luogo, quindi con obiettivi, didattiche, intenzioni, modi, luoghi, soggetti coinvolti, contraddizioni storicamente situati. - Tutto ciò prescinde dal tema della valutazione e del giudizio di non auspicabilità esprimibile nei confronti degli obiettivi, dei contenuti e delle modalità di apprendimento. Infatti, bisogna considerare educative anche quelle esperienze che producono apprendimenti considerati non virtuosi e socialmente non compatibili. - Secondo una definizione più ampia, educazione sociale è l'insieme dei processi educativi che coinvolgono gli individui, gruppi e collettività per tutta la durata della loro esistenza, un insieme al cui interno sono presenti e interagiscono esperienze con forti connotazioni di formalità e intenzionalità, e altre esperienze con intenti educativi meno espliciti, consapevoli e dichiarati. - Secondo una definizione più circoscritta, l'educazione sociale viene fatta coincidere con l'educazione informale, ossia quella che, a prescindere da una scelta intenzionale, si realizza nello svolgimento, da parte di ogni persona, di attività nelle situazioni di vita quotidiana, con l'educazione diffusa, con quella comunitaria e con quella extrascolastica. L'educazione non è riconducibile totalmente alle due esperienze considerate fondamentali, la scuola e la famiglia, poiché esse costituiscono solo in parte a costruire le storie formative dei soggetti a cui si rivolgono. Una parte rilevante dello scenario generale di apprendimento degli individui è costituita dalle esperienze educative non ufficiali, informali e comunitarie (sistemi relazionali con esiti apprenditivi tra soggetti stabilmente residenti in un territorio limitato e legati da vincoli reciproci). L'educazione sociale agisce poiché fornisce ai soggetti coinvolti in qualità di educatori o educandi alcuni saperi e competenze strutturali di base che interagiscono con quelli formalmente loro assegnati, per quanto riguarda sia l'essere formatori, sia l'essere formandi. Essa infatti fornisce saperi e competenze che possono allearsi o confliggere con quelli previsti dal mandato sociale o reclamati dall'opinione pubblica. ## Riflettere sull'educazione sociale significa domandarsi quali sono quei luoghi, quei tempi e quelle azioni che ospitano esperienze che possono risultare educative, cioè che producono apprendimenti, partendo dal presupposto che ogni luogo può esserlo. Così come per i luoghi, ogni tempo può risultare educativo, anche il più apparentemente debole. L'educazione sociale diffusa non sempre si dichiara e/o è immediatamente percepibile in quanto tale, e solo a seguito di un disvelamento voluto o casuale la si riconosce come educazione. Un'educazione che si manifesta in forme e modi non sempre percepiti anche da chi di essa professionalmente si occupa e i cui esiti processuali si manifestano in piccoli e grandi cambiamenti che interessano soggetti individuali e collettivi. È un'educazione che riesce a fornire credibilità alle proposte di apprendimento senza che si renda necessario ricorrere a luoghi, soggetti e metodologie impositive. È democratica perché si tratta di sapere diffuso accessibile a tutti. Quello informale-sociale è sapere prodotto, immagazzinato e trasmesso diffusamente da molteplici soggetti ed è estraneo a quei luoghi in cui il sapere è trasmesso unidirezionalmente. ## L'esperienza educante: L'esperienza educativa è caratterizzata da elementi e processi dichiarati, espliciti e decodificabili, rispetto ai quali è possibile azzardare ricerche che tendano a rintracciare nessi causa effetto. Nello stesso tempo, ha sempre in sé qualcosa di non del tutto decifrabile. Alcune dimensioni del processo di apprendimento possono cioè essere anche quantificate, cosi come i nessi causa-effetto possono essere ragionevolmente individuati, alcuni anche quantitativamente dimostrabili, cioè basati sull'evidenza dei fatti. La ricerca sull'educazione sociale comprende l'analisi dei nessi causa-effetto, ma anche la ricerca attorno a quelle esperienze che, in concorso con altri, possono, con significativa probabilità, produrre apprendimenti attraverso dinamiche poco chiare. L'educazione intenzionale ridimensionata: per esperienze educative intenzionali si intende quelle in cui è presente e operante la volontà di attivare processi che producano nei destinatari degli apprendimenti auspicati da chi li opera. La principale esperienza intenzionale è la scuola, che tramite i saperi e le competenze che tenta di far acquisire e le didattiche attraverso le quali tenta di farlo, attua il mandato sociale ufficiale che le è stato assegnato. La scuola però non rielabora e trasforma meccanicamente in progetto formativo dettagliato l'intenzionalità delle normative, ma rielabora anche i contenuti dell'educazione sociale diffusa, innanzitutto attraverso l'agire quotidiano dei lavoratori della scuola e degli studenti, entrambi interessati di esperienze di educazione sociale. All'interno della scuola, infatti, si sviluppano apprendimenti informali riguardanti la percezione e la concezione della scuola stessa, l'immagine di essa e le aspettative che vi ripongono i soggetti che la frequentano, e non è detto che tali immagini e aspettative coincidano con il ruolo attribuito all'istituzione e ai percorsi scolastici. L'educazione intenzionale non scolastica: le esperienze di educazione extra- scolastica sono molteplici, cosi come i promotori e i destinatari, e sono esperienze attrezzate anche da soggetti che hanno intenzionalità considerate poco o nulla virtuose. Un esempio di educazione intenzionale extra-scolastica è quello della chiesa cristiana, la quale ha progressivamente e intenzionalmente espulso le culture religiose precedenti, generando un'egemonia culturale che si è intrecciata con il proprio progressivo farsi Stato. Allo stesso modo quei movimenti e organizzazioni, soprattutto politici e di minoranze religiose, che tendono, consapevolmente e intenzionalmente, a produrre e a far condividere valori, visioni del mondo diversi, se non del tutto antagonisti, rispetto a quelli ufficiali. ## 1.1 il tempo e il luogo Il piano d'analisi. L'esperienza educativa può essere osservata e analizzata ponendosi a distanze diverse. Lo sguardo pedagogico-sociale è grandangolare, cioè esamina e commenta i processi educativi tentano di collocarli all'interno di uno scenario sufficientemente ampio per cogliere le ricadute sulle vite delle persone, che è quello del territorio Il territorio è il luogo dove i processi di urbanizzazione, industrializzazione, globalizzazione, ecc. diventano vita concreta delle persone e anche il piano dove questi processi assumono una forma riconoscibile. Le fonti e gli sguardi. Per tentare di analizzare le caratteristiche e le trasformazioni dell'educazione sociale in questi ultimi decenni è necessario far ricorso a diverse fonti e a diversi sguardi disciplinari. In primo luogo, si fa ricorso alle fonti storiche, ossia alle storie generali del costume, del rapporto tra i generi, delle buone maniere, della produzione, del lavoro, ecc. Inoltre, ci si rivolge alla narrativa intesa come reportage biografico e autobiografico, valorizzandone la capacità di analisi dei vissuti e la capacità degli autori e delle opere di sintetizzare efficacemente e rendere possibile la descrizione e la comprensione di un periodo, un clima, un fatto, un ambiente. (es. si comprende molto della shoah dal Diario di Anna Frank). Oltre alle precedenti, le fonti sono costituite da ricerche in ambito sociologico e psicologico, che consentono di individuare le componenti pedagogiche e educative, esplicite e latenti, degli assetti e dei fatti sociali. Ci si rivolge anche alla storia della pedagogia e dell'educazione, soprattutto in quelle componenti più attente alla dimensione sociale delle idee, delle istituzioni e dei fatti dell'educare. Periodi e periodizzazione. II tentativo di ricostruire parzialmente i processi che hanno portato l'educazione sociale ad essere quella che oggi è non comporta l'individuazione di periodi storici collocati in sequenza o nettamente distinti, caratterizzati da elementi originali e da linee di continuità che attraversano i vari periodi. L'impresa sarebbe sia impossibile per la quantità di materiale che dovrebbe essere rintracciato che inopportuna. È necessario, invece, individuare quelle fasi, quei processi, quegli avvenimenti economici, sociali e culturali all'interno dei quali alcune espressioni dell'educazione hanno preso forma, si sono modificate, si sono mantenute qual erano o sono del tutto scomparse. Il secolo lungo e breve. Eric Hobsbawm ha reso famosa la definizione del Novecento quale "secolo breve", poiché inizia con la Grande Guerra e si conclude con la dissoluzione dell'URSS nel 1991. L'inizio e la fine del Novecento indicati di Hobsbawm suggeriscono che, se la Prima guerra mondiale rese possibile la Rivoluzione d'Ottobre e ciò che ne seguì, il secolo scorso può essere considerato quello della contrapposizione tra due modi di concepire, analizzare e organizzare il mondo e la vita, ognuno dei quali dotato di solide teorie, governo di ampi territori e di strategie educative rivolte tanto al proprio interno quanto all'esterno. Considerando la parte del secolo che segue il conflitto mondiale, potrebbero essere individuati solo due grandi periodi: quello che va dalla sovietizzazione di una parte dell'Europa dell'est alla dissoluzione dell'URSS e il periodo che segue tale dissoluzione. Oltre a quella che ruota intorno all'antagonismo tra capitalismo e comunismo e al conflitto tra USA e URSS, Hobsbawn suggerisce un'altra articolazione del Novecento, basata sul "trentennio d'oro", cioè quella fase di importante sviluppo economico e di diffuso benessere che va dal secondo dopoguerra sino alla metà degli anni Settanta, di particolare importanza per l'edificazione del welfare state, seguito da un periodo di crisi del sistema di garanzie pubblico e universitario. La suddivisione di ogni processo in periodi distinti dipende dalla collocazione disciplinare e dall'obiettivo specifico di chi la compie. Anche per quanto riguarda la scuola esistono, nella seconda parte del Novecento, avvenimenti che danno il senso del prima e del dopo, quali la liberalizzazione dell'accesso all'università (1969), ma il vero spartiacque è rappresentato dalla riforma del 1962, con l'introduzione della scuola media unica e la possibilità per tutti di accedere alla scuola superiore. Il format della mutazione antropologica. II tentativo di ripercorrere alcuni avvenimenti e periodi dell'educazione sociale ha lo scopo di individuare dei periodi in cui l'educazione è stata protagonista di cambiamenti, avendoli generati e/o subiti. Per cogliere alcuni degli aspetti e degli effetti apprenditivi dell'educazione sociale si può fare riferimento alla "mutazione antropologica", così come è intesa da Pier Paolo Pasolini, un processo che avviene contro le due principali autorità politico- educative di quel periodo, il Vaticano e il Partito Comunista Italiano. È una mutazione culturale dovuta a un intreccio di fattori che provocano il genocidio della cultura precedente, una serie di cambiamenti radicali in tutte quelle aree che sono connesse all'educare, intenzionale o non intenzionale che sia (i valori predominanti, i comportamenti auspicati, ecc.). Questi cambiamenti sono dovuti all'interazione di numerosi fattori, tra cui i progetti educativi non dichiarati o non percepiti in quanto tali (es. promozione di certi stili di consumo), l'azione dei nuovi media, l'imitazione diffusa di alcuni comportamenti premiati con l'approvazione pubblica. Guido Mazzoni ritiene che la mutazione attuale sia la continuazione di quella descritta da Pasolini, e individua tre fasi della mutazione antropologica. - La prima è connessa al passaggio dal consumo al consumismo, la seconda in cui sul consumismo si innestano le televisioni private e la terza che ruota attorno alla rete. ==== Per Roberta Carlini, invece, per il mondo industrializzato devono essere considerati due grandi periodi, divisi dall'avvento del neoliberismo. Ciò che è certo è che ogni fase del mutamento ha avuto degli effetti educativi sulle persone. Storie parziali, storie generali. Le storie e i periodi che hanno generato i più importanti cambiamenti educativi sono le trasformazioni dei territori, i processi migratori e lo sviluppo industriale. ## 2. La "grande trasformazione" dal dopoguerra alla società dei consumi ## 2.1 Rifare gli italiani "Fatta l'Italia, bisogna fare gli italiani", è una frase che viene spesso ripetuta per indicare la necessità di creare consenso nazionale attorno a processi trasformativi stimolati da una minoranza o di favorire il sorgere di una adesione sufficiente ad accettare qualche cambiamento di ordine politico, culturale, organizzativo o tecnico. Alle sue origini, questa frase indica il processo di unificazione nazionale, il quale ha reso necessario un programma educativo di massa e di lungo periodo per fare in modo che le persone aderissero a tale progetto e al nuovo status quo politico- istituzionale e culturale. Molte volte, dall'unificazione in poi, si è sentita la necessità di formare gli italiani attraverso azioni educative consapevoli e intenzionali, talvolta dotate anche di progettualità pedagogica dichiarata e visibile: dall'unificazione alla Grande Guerra, dopo il "biennio rosso", durante la dittatura fascista. Nell'immediato dopoguerra e durante la Resistenza, si attiva una fase di disordine educativo-sociale nella quale interagiscono più soggetti, intenzioni, esperienze, in cui nessuna istituzione o organizzazione possa esercitare un'egemonia culturale e educativa sulla società. Da questo periodo in poi si dissolve progressivamente la pensabilità di un progetto educativo generale e si attivano progetti educativi di massa attuati da diversi soggetti promotori, tra cui l'associazionismo a carattere politico e sindacale indipendente dal potere statale. Dopo il ventennio fascista e la guerra si è trattato non solo di formare dei cittadini con un sufficiente senso di appartenenza a una nazione diversa da quella precedente, ma di ri-formare tali cittadini attraverso una serie di azioni che li indirizzasse verso un modello di cittadinanza moderatamente democratica. A questo proposito la Costituzione della Repubblica ha assunto una grande importanza. La Costituzione, oltre ad essere la legge fondamentale dello stato, è un progetto politico di lungo periodo che scaturisce dai conflitti e dalle mediazioni delle forze politiche e culturali che avevano combattuto il fascismo, ed è anche un manifesto educativo che indica quali valori e comportamenti debbano essere appresi dagli italiani. Un progetto educativo importante, diffuso principalmente attraverso la scuola, e affiancato da altri progetti educativi palesi, dotati di una certa intenzionalità, come quello della Chiesa e quello delle organizzazioni socialiste e comuniste di massa. Si è trattato di un'educazione alla modernità, che ha però riscontrato delle resistenze tanto da parte di organizzazioni tradizionali, come la Chiesa cattolica, quanto da parte di organizzazioni più recenti, come quelle di sinistra, che criticavano i primi cenni di americanizzazione. Il diritto di voto alle donne. Un importante cambiamento del primo periodo post- bellico è stato l'acquisizione del diritto di voto per le donne. A partire dall'estensione dello Statuto albertino al nuovo Regno d'Italia, c'è stato un progressivo allargamento del diritto di voto, fino ad arrivare nel 1918 a riconoscerlo a tutti i cittadini maschi di età superiore ai 21 anni o che avessero prestato servizio militare durante la guerra. Per le donne bisognerà attendere la fine del gennaio 1945, con il riconoscimento legislativo, e il 1946, prima con le amministrative e poi con il referendum istituzionale, per poterlo praticare. L'importanza dell'acquisizione del diritto di voto delle donne sta in quanto possa essersi rivelata educativa l'esclusione prima e l'inclusione poi nella partecipazione alle elezioni. Non trascurabile è il valore educativo della persistenza dello status quo, di quell'esistente che conferma se stesso, il proprio senso e la propria validità per il solo fatto di esistere, così come il valore educativo di qualcosa che costituisce la rottura di una normalità autolegittimante, che produce una nuova normalità di segno opposto, un nuovo status quo educativo. Nel caso del diritto di voto alle donne sono riconoscibili più fasi educative: una fase dell'esistente che educa sé stesso solo per il fatto di esistere, una fase di crisi in cui l'esistente è messo in discussione da stimoli che superano la soglia della compatibilità, e una fase dell'innovazione che genera in una successiva fase una nuova normalità. ## 2.2 La grande trasformazione Gli anni Cinquanta-Settanta si verifica una grande mutazione, veloce e universale. Sul piano pedagogico, si tratta di una trasformazione educativa in grado di generare consapevolezza(sapere) e modalità di conoscenza (competenze) su se stessa. In quel periodo diventano accettabili cose che erano state proibite dalla legge, dalla religione, dalla morale corrente, dalle convinzioni sociali e dall'esperienza dei vicini e dei conoscenti. Sono movimenti, anche educativi, che concorrono con l'educazione ufficiale, producendo concezioni della legge, quadri di riferimento morali, relazioni, esperienze completamente diverse dalle precedenti. Le cose che diventano accettabili rivestono una particolare importanza nei percorsi di crescita individuali e collettivi poiché si tratta di cambiamenti che riguardano l'ambiente in cui si svolgono le vite della maggior parte delle persone. La rivoluzione culturale degli anni Cinquanta-Settanta è un processo di trasformazione generale che toccò ogni aspetto della vita quotidiana e ha conseguenze educative su molte dimensioni delle esistenze individuali e collettive, costituito da molti processi particolari come la motorizzazione di massa, il miracolo economico dovuto al basso costo del lavoro in associazione con l'aumento della domanda interna ed estera e i processi migratori interni. Trasformazioni che hanno contribuito a generare l'atomizzazione della società civile e il logoramento dei tessuti sociali. In particolare, il miracolo economico ha creato "benessere", e quindi consentito l'accesso della gran parte della popolazione a un maggiore consumo, attivando quel processo che parte dal godimento del valore d'uso del bene (consumo "accettabile") al godimento dell'acquisto e del possesso del bene (consumismo "di massa"). Questo fenomeno per anni non ha riscontrato opposizioni e resistenza fino a quando non è stato investito da critiche "controeducative", per i costi ambientali e l'alienazione che produce. L'educazione della miseria, l'educazione oltre la miseria. Nel primo e secondo dopoguerra una parte importante degli italiani viveva in condizioni economiche disagiate, cioè quella condizione in cui non si dispone di un reddito in grado di consentire l'accesso a beni e servizi ritenuti individualmente e socialmente minimamenti sufficienti. La miseria educa chi la subisce ad accettare la propria condizione, a non avere alternative, fino a quando tali alternative non siano intraviste all'interno di periodi di cambiamento, come è stato nella fase della grande trasformazione. La trasformazione di quegli anni è autoriflessiva, e genera riflessività anche su povertà e benessere, grazie anche all'aumento delle opportunità da parte delle persone di comparare il proprio reddito e la propria possibilità di consumo con altri luoghi e tempi, possibilità dovuta ai mezzi di comunicazione di massa e alle informazioni veicolate dai migranti. La povertà non è più concepita come condizione destinata e immutabile, ma condizione generata soprattutto da ingiustizie sociali, e quindi condizione modificabile. La miseria smette di educare a se stessa quando si verifica un'alterazione che genera una discontinuità nella aspettative, che consente di prospettarsi una condizione futura diversa da quella attuale, raggiungibile attraverso diversi progetti individuali e collettivi. L'americanizzazione. II Novecento è stato definito, oltre che il "secolo breve", il "secolo americano". Quella statunitense è un'influenza che in Europa inizia a prendere piede con l'apporto militare americano a una delle parti coinvolte nella Grande Guerra. Saranno poi le dittature fascista e nazista a interrompere quel processo di americanizzazione del continente, che riprenderà in maniera massiccia e continuativa alla fine del secondo conflitto mondiale. Anche in Italia si è verificato un processo di americanizzazione, favorito in modo particolare dalla cultura economica e produttiva statunitense e dal diffuso uso dell'inglese quale lingua di collegamento mondiale. Questa americanizzazione è l'altro nome della modernizzazione, a volte esaltata per la sua capacità di emancipare le persone da una condizione di arretratezza penalizzante, altre volte temuta poiché ritenuta un processo nel quale sarebbero stati messi in discussione tradizioni, valori, aspettative nei confronti della vita, rapporti tra i generi, comportamenti consolidati in tema di sessualità, ecc. L'americanizzazione non si esprime solo attraverso la collocazione dell'Italia nello scenario geopolitico internazionale e nel sistema produttivo capitalistico di stampo statunitense. Paradossalmente, anche una parte delle culture e delle politiche antagoniste a quelle statunitensi e al processo di americanizzazione nel mondo erano "made in USA". Infatti, l'americanizzazione ha anche il volto dell'opposizione a se stessa, allo stile di vita americano e alla guerra del Vietnam. È dunque un'americanizzazione che si impone anche perché produce una parte degli antidoti a se stessa. I 1968. II 1968 è considerato l'anno simbolo di un periodo di svolta tra un'epoca e un'altra. È considerato infatti da alcuni l'anno in cui iniziano tutti i guasti dell'educazione formale e delle sue istituzioni, dall'altra il risultato della crisi della scuola. Da alcuni è valutato positivamente come l'anno di avvio della laicizzazione del paese, da altri negativamente come la fine di ogni riferimento morale. È inteso come il trionfo dell'individuo e della sua libertà e anche come la crisi finale delle appartenenze e dei legami comunitari. È un anno molteplice, nel quale confluiscono processi precedenti e a partire dal quale se ne attiveranno di nuovi, tutti caratterizzati da trasformazioni complesse e contraddittorie. Possiede connotati propri e distintivi, tra cui la partecipazione, il protagonismo studentesco, l'antiautoritarismo. È un periodo di profonde trasformazioni e cambiamenti, nel quale si verifica anche un rimescolamento delle appartenenze sociali e si attivano forme di comunicazione tra persone e gruppi che precedentemente non avevano nessun contatto, una contaminazione diffusa che non elimina le separazioni precedenti, ma non le considera più come una distinzione naturale immodificabile. Nel 1968 si verifica una parziale contaminazione tra classi e culture diverse. Questo anno è stato fondamentale sul piano pedagogico-educativo per diversi motivi: ha interessato la scuola, che d'ora in poi non sarà più capace di trasmettere la stessa credibilità, e la famiglia, accentuando il processo di desacralizzazione e laicizzazione che troverà il suo punto di svolta nella legge sul divorzio del 1970 e della sconfitta del tentativo di abrogarla con il referendum del 1974. Quella che era considerata la famiglia per definizione diviene la famiglia "tradizionale", alla quale si affiancheranno quelle ricomposte eterosessuali e successivamente quelle omosessuali. ## 3. La seconda grande trasformazione (o quasi) ## 3.1. Dopo il trentennio II cosiddetto trentennio d'oro termina nel 1973, con l'aumento da parte dei paesi dell'OPEC del prezzo del greggio, quando si verifica l'inizio di un decennio di stagnazione e diffusa disoccupazione. La crisi del petrolio ha delle ricadute educative, soprattutto perché interrompe l'idea di un processo di sviluppo-progresso perenne che avrebbero interessato l'Occidente a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale. Inoltre, impone nello scenario mondiale alcuni paesi del Medio Oriente in posizione non del tutto subalterna alle politiche nazionali ed economiche dei paesi industrialmente sviluppati, più di quanto era successo sino a quel momento. Nei decenni successivi si avvia un'ulteriore mutazione, in cui all'idea di benessere viene sostituita quella di prosperità, una mutazione che può essere interpretata come il progressivo espandersi del modello di vita americano che penetra anche nei paesi dell'ex blocco sovietico e in altri territorio, diventando il modello di vita di riferimento. È una seconda mutazione (originale, o proseguimento di quella precedenti) educativa, poiché trasmette valori e modelli di comportamento in parte in continuità e in parte in discontinuità con quelli precedenti. Dagli anni '80 in poi si verifica una sostanziale modificazione degli ambienti educativi, con una trasformazione dei comportamenti nel quotidiano che riguardano l'insieme dell'esistenza, e che generano la necessità di individuare nuovi criteri per l'analisi e la riprogettazione della propria vita. ## 3.2 I cambiamenti negli stili di consumo Uno dei cambiamenti più significativi si verifica sul piano degli stili di consumo della popolazione. I molteplici settori della popolazione, pur avendo diverse possibilità di spesa, possono essere ispirati dallo stesso modello di vita, al quale tentano di adeguarsi. Per quanto riguarda le abitudini alimentari, il consumo etnico dovuto all'incremento del numero di immigrati e alla loro stabilizzazione, comporta un cambiamento nelle abitudini alimentari, allargando le possibilità di scelta e diminuendo il consumo dei prodotti italiani. Oltre alla riduzione del consumo di prodotti italiani, si verifica un'alterazione del rapporto tra il lavoro e il momento dell'assunzione del cibo. Il cambiamento negli stili di consumo trave nei modi e nei luoghi d'acquisto la sua massima esplicitazione. Il centro commerciale rappresenta una parziale riduzione della frammentazione, in quanto strumento indicatore dell'identità prevalente, cioè quella di consumatore. Inoltre, è una riduzione della distinzione dei tempi di vita, che fa coincidere una parte del tempo della riproduzione della forza lavoro con una parte del tempo dedicabile allo svago e alle relazioni. La tendenza all'acquisto a distanza non fa che aumentare i livelli di solitudine-individualità del consumatore. Gli abiti. Uno degli aspetti più espliciti ed evidenti delle modificazioni negli stili di consumo è legato all'abbigliamento. Fino all'epoca della grande trasformazione, la prevalente funzione dell'abbigliamento nei rapporti sociali era quella di mostrare la propria condizione sociale con sobrietà e una certa uniformità. L'abbigliamento comunicava l'appartenenza di classe o riconduceva a un gruppo sociale, lasciando prevedere i comportamenti associati a tali appartenenze. Quello dell'abbigliamento è uno dei piani sui quali il rapporto tra generazioni è maggiormente cambiato: non adeguamento dei giovani ai modelli delle generazioni precedenti e imitazione dei modelli giovanili da parte delle generazioni più anziane. Identità e appartenenze collettive. L'identità individuale può essere definita come ciò che fornisce il senso del proprio essere continuo in relazione al trascorrere del tempo e consente di percepirsi come entità distinta da tutte le altre. L'identità sociale è il passaggio dall'io al noi, da "io sono entità distinta con elementi di continuità che resistono al tempo" a "noi siamo entità collettiva distinta con elementi di continuità che resistono al tempo". L'identità collettiva si basa su appartenenze religiose, di classe, di genere, di etnia, territoriali, sportive, ecc., quindi implicano ricerche attorno alle caratteristiche distintive di tali appartenenze e alla configurazione di permeabilità e impermeabilità di tali confini. Invitano a riflettere sulle esperienze educative che portano a sviluppare i rapporti tra l'io e il noi. In questi ultimi decenni, l'educazione ha cercato di creare identità più deboli, frammentarie e ridotte rispetto alle precedenti. Tuttavia, il bisogno e la domanda di identità sufficientemente forti sono aumentati, perché sono in corso processi di ridimensionamento e trasformazione delle identità "tradizionali". Quella nazionale, anche a causa della globalizzazione; quella di classe, a causa dei cambiamenti della struttura produttiva; quella religiosa, a causa della secolarizzazione e della laicizzazione dell

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