Economia e Gestione delle Imprese Internazionali 2 PDF
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This document provides a comprehensive overview of international business management concepts. It discusses the impact of globalization on businesses operating in international markets, analyzes competitive dynamics, and outlines strategies for success in a globalized environment. Includes questions and detailed examination of micro and macro-environments.
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Economia e gestione delle imprese internazionali L’impresa è un’organizzazione economica che, mediante l’impiego di un complesso differenziato di risorse, svolge processi di acquisizione e di produzione di beni o servizi, da scambiare con entità esterne al fine di conseguire un reddito. L’impresa pe...
Economia e gestione delle imprese internazionali L’impresa è un’organizzazione economica che, mediante l’impiego di un complesso differenziato di risorse, svolge processi di acquisizione e di produzione di beni o servizi, da scambiare con entità esterne al fine di conseguire un reddito. L’impresa per sopravvivere deve essere in grado di organizzare e disporre le proprie risorse per poterle sfruttare ed ottenere un guadagno economico; deve, inoltre, saper interagire con l’esterno. In un’industria, ossia il settore in cui l’impresa opera, possono essere presenti più imprese. L’impresa deve essere sostenibile, cioè durevole nel tempo; il suo obiettivo non è solo attrarre nuovi clienti, ma fidelizzare quelli già ottenuti, in quanto il cliente diventa il primo promotore dell’impresa, specialmente grazie allo strumento del “passaparola”. Le risorse, che possono essere materiali (fisiche, finanziarie) o immateriali (immagine, conoscenza) sono tutto ciò che consente all’impresa di raggiungere un risultato o un obiettivo, realizzando un prodotto, che può essere a sua volta tangibile o intangibile. I consumatori sono gli utenti finali, coloro che pongono la domanda e usufruiscono del prodotto finale; gli acquirenti o clienti possono essere i consumatori oppure coloro che sfruttano la materia prima per avviarne o incrementarne la produzione. 1. Comprendere il contesto competitivo internazionale La globalizzazione Il fenomeno della globalizzazione ha come risultati: - omogeneizzazione della domanda e dell’offerta = la richiesta degli utenti è sempre più omogenea in diversi paesi, specialmente nella parte occidentale del mondo; - annullamento dei confini = la concorrenza è sempre più imprevedibile, poiché con le nuove tecnologie di acquisto e di vendita si arriva a competere anche con imprese localizzate in zone geografiche molto distanti (mercato ipercompetitivo). La globalizzazione ha cinque tendenze globali: - cambiare l'equilibrio della crescita verso i mercati emergenti. - aumentare l’interconnettività globale = lo sviluppo delle nuove tecnologie favorisce le relazioni nei mercati globali grazie alle interazioni più facili e veloci e alle connessioni in tempo reale; la velocità e l’accuratezza della trasmissione delle informazioni stanno cambiando la natura delle attività dei manager internazionali, favorendo l’abbassamento delle barriere culturali. Anche il mercato delle risorse umane è diventato globale: la forza lavoro è diventata una fonte di vantaggio indicendo le aziende a trasferirsi all’estero per ottenere vantaggi. - necessità di aumentare la produttività e il consumo nei paesi sviluppati. - sfida per i governi = è necessario sviluppare politiche per la crescita economica e la stabilità finanziaria, per cui il governo ha un ruolo fondamentale poiché interviene nei rapporti fra un’impresa estera e una locale al fine di incrementare gli investimenti e la produttività di quest’ultima. - crescente divario tra domanda e offerta di risorse naturali, che da un lato risultano sempre più scarse, dall’altro facilmente accessibili. L’ambiente e i mercati L’ambiente in una prospettiva di business è il luogo che influenza le azioni di un’azienda; un’azienda ha bisogno di conoscere l’ambiente in cui sta agendo per: 1 - prendere decisioni; - agire e valutare le azioni. L’ambiente cambia costantemente: vi sono nuove condizioni, nuovi attori, nuovi obiettivi e altri elementi aggiuntivi che influenzano come le imprese agiscono. L’ambiente è considerato come il contesto generale che ospita un’azienda e le sue attività; i mercati sono contenuti nell’ambiente, rappresentano “l’arena” in cui si svolge la concorrenza e sono costituiti da: - compratori = coloro che puntano a soddisfare un bisogno; - venditori = coloro che offrono soluzioni alle esigenze; - istituzioni e infrastrutture = quelle che influenzano il contesto. Vi sono, poi, altri attori dietro le quinte (fornitori, creditori, funzionari governativi) che supportano le attività di acquirenti e venditori. I mercati sono, dunque luoghi fisici o virtuali in cui acquirenti e venditori si incontrano per ottenere informazioni e scambiare merci. L’impresa agisce in due microambienti principali e un macroambiente secondario: - transazionale = aree di scambio con mercato del lavoro (il dipendente offre il lavoro, l’impresa propone la domanda), mercato di produzione (con i fornitori, materie prime e prodotti finali), mercato finanziario (spostamento del capitale; vi sono gli stakeholders, portatori di interesse, che possono influenzare o essere influenzati attivamente o passivamente dall’attività di un’impresa). - competitivo = ambiente esterno che si impegna per ottenere il favore di clienti serviti (coloro che acquistano il prodotto) contro imprese concorrenti. Per analizzare le principali dinamiche di questo ambiente si utilizzano: analisi delle 5 forze competitive di Porter; analisi SWOT = dall’analisi di contesto emergono due aspetti fondamentali, le opportunità, che potenzialmente permettono di costruire o rafforzare il vantaggio competitivo, e le minacce, che rappresentano un pericolo per la redditività e l’esistenza dell’impresa (opportunità e minacce hanno origine esterna perchè sono cose che l’impresa può cogliere); dall’analisi delle risorse emergono punti di forza, da sfruttare al massimo e che potrebbero contribuire a raggiungere l'obiettivo prefissato, e i punti di debolezza, da eliminare perchè potrebbero ostacolare il raggiungimento dell’obiettivo prefissato. 2 - altri fattori = enti che agiscono indirettamente sull’attività delle imprese. Per analizzare le principali variabili che in maniera indiretta influenzano la vita e l’attività dell’azienda si utilizza l’analisi PEST: considera diversi aspetti, quali: ambiente politico, come la stabilità, il ciclo politico, le politiche di regolamentazione e derogazione, la legislazione del settore… ambiente economico, come la disoccupazione, l’andamento dei prezzi, i tassi di interesse, l’inflazione… ambiente socio-culturale e demografico, come le tendenze socio-demografiche, la distribuzione del reddito, la distribuzione della scolarità, nuovi rapporti di genere e familiari… ambiente tecnologico, l’obsolescenza della tecnologia, le infrastrutture digitali, le nuove tecnologie… Una strategia aziendale efficace utilizza sia l’analisi PEST che la SWOT. Le dinamiche internazionali Le dinamiche internazionali incidono sulle attività d’impresa in base alle caratteristiche di quest’ultima (in quest’ambito ci si riferisce al mercato in termini geografici). Le dinamiche internazionali colpiscono quattro aspetti principali: 1. Mercato = l’impatto è riferito sia ad un contesto geografico, quindi nuove opportunità vista l’espansione della domanda e degli investimenti (consumatori di una stessa area geografica o culturale), che ad un settore di riferimento (Es: abbigliamento). Il consumatore diventa sempre più informato, per cui le imprese scelgono quale approccio adottare per proporre un bene, come equilibrare la standardizzazione di un prodotto in una determinata area geografica, e la differenziazione dello stesso in un'area diversa. 2. Concorrenza = aumenta la concorrenza tra le imprese che operano in una stessa area di business a causa dei “nuovi sfidanti globali”: si tratta di nuove imprese emergenti o in transizione, che, avendo capacità scarse e incontrando un consumatore locale “immaturo”, sviluppano modelli di business di successo, incontrando una rapida espansione locale. Sono cinque i possibili approcci strategici che questi nuovi sfidanti possono adottare. 1. Sviluppo a livello globale della linea di prodotti e del marchio consolidato nel mercato locale grazie ai vantaggi di scala e ai bassi costi di produzione; i prodotti vengono proposti con un costo relativamente basso in rapporto alla qualità offerta, 3 riuscendo, così, a fronteggiare prezzi concorrenziali, e queste nuove imprese diventano avversarie di imprese già consolidate. 2. Elevati investimenti in ricerca e sviluppo (R&S) per garantire continua innovazione dell’offerta, anche grazie alla digitalizzazione del prodotto. 3. Specializzazione in una nicchia di mercato, dove poter raggiungere rapidamente una leadership a livello globale, in quanto la specializzazione nella produrre un particolare prodotto e la presenza in molte aree geografiche consentono di realizzare grandi volumi di produzione e operare a costi unitari relativamente bassi; 4. Sfruttare la grande disponibilità di risorse naturali (specialmente quelle rare) nel proprio Paese per produrre anche per i mercati esteri. 5. Sviluppare il modello di business sperimentato con successo nel proprio mercato geografico, adattandolo alle specificità dei contesti geografici nelle diverse aree geografiche. Vi sono i first movers, ossia coloro che rompono il mercato inserendo qualcosa di nuovo: nella prima fase non incontrano concorrenti poichè entrano in un mercato sconosciuto. I second movers o followers osservano le strategie usate dal first mover e comprendere quali sono le attività che funzionano e quali no; sono, tuttavia, svantaggiati nell’entrare in un mercato già monopolizzato. Il rapporto con i concorrenti è eterogeneo, poiché non vanno soltanto fronteggiati o sfruttati, ma possono anche essere emulati. 3. Organizzazione delle attività produttive = vi sono molte più opportunità di andare all’estero anche per motivi diversi da quelli commerciali, tra cui: - costi più vantaggiosi di realizzazione dell’attività; - disponibilità di risorse rilevanti; - efficienza della logistica; - vicinanza al mercato finale. In questo modo le imprese stabiliscono rapporti con governi e imprese locali. La proiezione all’estero si misura con l’indice di transnazionalità che combina asset, valore aggiunto e occupati all’estero e li proporziona al totale. Molte imprese, ampliando il processo produttivo a livello sovranazionale, acquistano risorse all'estero tramite una propria unità organizzativa dedicata: il processo di acquisizione di risorse dall'estero è detto global sourcing e la sua realizzazione non esclude gli acquisti a livello locale; questo fenomeno è in crescita e così la domanda di risorse dall'estero, quindi bisogna considerare gli sviluppi futuri. Nell'accordo è importante stabilire: - a livello centrale: a) i contenuti generali e gli standard qualitativi, b) il grado di standardizzazione internazionale della fornitura, c) la struttura dei prezzi, d) il grado di esclusività del rapporto di fornitura; - a livello locale: a) i tempi e i modi di esecuzione della fornitura, b) l’organizzazione logistica, c) gli adattamenti locali. 4. Sviluppo del capitale umano e delle risorse immateriali = l’elevata interazione tra mercati e attori (implicita nella globalizzazione) ha determinato una tendenziale omogeneizzazione dei modelli di gestione e delle relative procedure, che regolano il funzionamento complessivo del sistema aziendale: è cruciale il raggiungimento di un equilibrio tra l’autonomia lasciata alle consociate, al fine di far fronte rapidamente alle problematiche del proprio contesto competitivo, e il controllo sul loro operato per garantire che le azioni svolte siano unitarie e coerenti. L'ampliarsi delle attività su scala globale 4 comporta una forte eterogeneità dei dipendenti (soggetti che hanno una forma di collaborazione stabile): si riscontra la presenza di competenze, esperienze e sensibilità diverse, con la possibilità di derivarne condizioni di successo per l'impresa e, dunque, la necessità di gestire i rapporti tra persone con background, tradizioni e competenze diverse, ma spesso complementari; alla globalizzazione del personale deve far seguito quella dei manager. L'eterogeneità è, dunque, una sfida e favorire la coesione può rappresentare il modo per mettere a frutto i vantaggi della diversità: per far ciò, si è sviluppata sempre più una funzione aziendale definita diversity management. 2. Motivazioni per operare a livello internazionale Sono diversi i contributi teorici che si propongono di spiegare le motivazioni dello sviluppo internazionale. Il paradigma eclettico di Dunning è una teoria che spiega i vantaggi di un’impresa ad internazionalizzarsi, fornendo una strategia per l’espansione delle operazioni attraverso gli IDE (investimenti diretti esteri) - strategia che le aziende possono sfruttare per valutare qualsiasi scenario che mostri potenziale: viene adottato un approccio olistico all’esame di intere relazioni e interazioni dei vari componenti di un’azienda. L’obiettivo è determinare se un particolare approccio fornisce un valore complessivo maggiore rispetto ad altre scelte nazionali o internazionali disponibili per la produzione di beni o servizi. Riscontra tre vantaggi: 1. Ownership advantage → vantaggio di disporre il valore di proprietà, di possedere una determinata risorsa di valore o determinate competenze che le permettono di avere un vantaggio competitivo anche nei mercati internazionali. I vantaggi di proprietà includono informazioni proprietarie e vari diritti di proprietà di un’azienda: questi possono consistere in diritti come copyright, marchio o brevetto, più l’uso e la gestione di competenze disponibili internamente; sono, in genere, considerati immateriali e includono ciò che conferisce un vantaggio competitivo, come una reputazione di affidabilità. Es: un’azienda farmaceutica potrebbe detenere un brevetto per un nuovo farmaco che può essere prodotto solo in un paese straniero, dove i costi di produzione sono più bassi: in questo caso, l’azienda avrebbe un vantaggio di proprietà che può sfruttare, istituendo una sussidiaria nel paese straniero per produrre e commercializzare il farmaco. 2. Location advantage → l’impresa trova nell’area estera condizioni favorevoli per il posizionamento della propria attività: le aziende devono valutare se vi è un vantaggio comparativo nell’esecuzione di funzioni specifiche all’interno di una nazione particolare; queste considerazioni si applicano alla disponibilità e ai costi delle risorse, quando si opera in una posizione rispetto a un’altra. Il vantaggio di posizione può riferirsi a risorse naturali o antropiche, ma in entrambi i casi sono generalmente immobili, richiedendo una partnership con un investitore straniero in quella posizione per essere sfruttate al meglio. 3. Internalization advantage → l’impresa, possedendo risorse con valenza internazionale, può decidere quando è meglio produrre un prodotto specifico internamente e scegliere di esternalizzare parte del processo produttivo (rischiando, poiché lo si affida ad imprese estere tramite partnership) oppure mantenere interni questi processi (correndo un rischio minore, poiché si ha il controllo sulla qualità del prodotto anche se l’impresa si sviluppa). 5 Dunning si occupa anche della categorizzazione delle tipologie di investimenti diretti esteri (IDE), che distinguono altrettanti tipi di imprese in base al loro obiettivo: - market seeking = sono finalizzati all’entrata in mercati con elevati tassi di sviluppo nei quali godere di vantaggi competitivi rispetto agli operatori locali → market seekers = nuovi sbocchi; - natural resources seeking = sono volti a garantire all’impresa un accesso privilegiato agli input produttivi che sono difficilmente reperibili in altre aree; → natural resource seekers = acquisire risorse; - low cost seeking = hanno lo scopo di localizzare determinate attività della catena del valore in territori nei quali esse possono essere realizzate a costi ben più bassi, in modo da assicurare all’impresa un vantaggio di costo su scala globale. → efficiency seekers = efficienza internazionale. Un ulteriore contributo teorico apportato da Dunning agli IDE è la teoria del ciclo di vita internazionale degli IDE, secondo cui i flussi di IDE in uscita e in entrata di un Paese tendono ad esere correlati al suo sviluppo economico: - flussi in uscita = si manifestano solo nei Paesi che hanno raggiunto un certo grado di maturazione economica e dispongono di un sistema d’imprese sufficientemente competitive a livello internazionale; - flussi in entrata = si manifestano nelle fasi di consolidamento, dove i costi di produzione sono bassi, il mercato locale è in crescita e vi sono delle facilitazioni a livello amministrativo, per cui il Paese inizia a offrire buone opportunità di insediamento produttivo agli operatori internazionali. Nelle fasi di ulteriore crescita, il saldo tra IDE in entratab e IDE in uscita tende a tornare in equilibrio, poiché la capacità di attrazione diviene analoga alla capacità di andare all’estero. Un ulteriore contributo è dato dalla teoria di Hymer (1970): le imprese si spostano all’estero per utilizzare in nuove aree i propri vantaggi, in quanto «rendono più che nel territorio di origine»: il vantaggio che un’impresa intravede all’estero non è però automatico, poiché la percezione può essere distorta per “effetto prisma” (Valdani, 1991) – secondo questo effetto, lo sfruttamento dei vantaggi competitivi non è un qualcosa di automatico, bensì è importante sapere che le percezioni e il giudizio dei consumatori esteri possono essere deformati; il messaggio di un’azienda, una volta trasmesso, viene interpretato in modo diverso da ciascun individuo in base alla propria percezione e alle proprie esperienze personali: questo effetto implica che le aziende debbano essere consapevoli delle diverse percezioni e delle variabili emozionali dei consumatori, personalizzando i loro messaggi affinché si possa creare un impatto positivo e coerente con le diverse percezioni. Secondo la teoria basata sulle risorse (Mathews, 2006), le imprese si esternalizzano per acquisire risorse e competenze e costruire il proprio vantaggio: - resources linkage → acquisire risorse non disponibili; - resources learning → aumentare le opportunità di apprendimento;+ - resource leverage → far leva sulle proprie risorse per sviluppare nuove competenze più rapidamente. Le imprese, dunque, si spostano all’estero per due motivazioni: a. Motivazioni interne all’impresa = c’è un legame, seppur non diretto, tra dimensione aziendale e internazionalizzazione. In generale sono importanti: la capacità di integrare le proprie condizioni di vantaggio e fattori distintivi con i mercati di destinazione; 6 il vantaggio competitivo acquisibile e incrementabile sul mercato estero; la capacità di trasferimento delle competenze al gruppo aziendale; il grado di esperienza per operare all’estero e l’apertura alla cultura internazionale; il vantaggio di operare all’estero in termini di visibilità e immagine, ma anche per l’acquisizione di relazioni internazionali. - Motivazioni commerciali = si concentrano nel collocare nei mercati internazionali i propri prodotti/servizi e consistono in: ricerca di nuovi mercati (mercato interno saturo); assenza di mercato interno; superare la stagionalità del mercato; contrastare la concorrenza interna forte; ottimizzazione della capacità produttive; eludere una normativa più restrittiva nel paese di origine. - Motivazioni di produttività = si concentrano sulla ricerca di una maggiore efficienza nello svolgimento delle attività aziendali e consistono in: minori costi dei fattori produttivi; minori costi di gestione; efficienza operativa (Es: stabilimenti); efficienza strategica (Es: il monitoraggio). - Motivazioni di ricerca dell’eccellenza = si concentrano sulla ricerca di “occasioni” per migliorare la competitività dell’impresa e consistono in: informazioni; conoscenze → produttive (Es: distretti), gestionali (TQM, JIT)...; relazioni. - Motivazioni d’immagine = si concentrano sull’immagine e consistono in: mercato strategico; contrastare la concorrenza. b. Motivazioni esterne = derivano dai vincoli e opportunità dell’ambiente: - Internazionalizzazione del mercato e della filiera produttiva - insieme di attori che compongono la catena trasforma il prodotto finale. - Espansione internazionale dei principali clienti/industriali (internazionalizzazione “trainata”). - Reazioni a strategie attuate dai concorrenti (detto anche bandwagon effect): imitazione; effetto di “trascinamento”: first mover e follower; scambio di minaccia. - Supporto all’internazionalizzazione = informazione, accompagnamento a fiere, supporto finanziario e incentivi pubblici. - Opportunità commerciali significative = ruolo dei clienti esteri, intermediari, partner, consulenti. Talora il mercato ritiene che sia il first mover a beneficiare di vantaggi rispetto ai concorrenti, in quanto non ha, in realtà, compreso chi fosse realmente il first mover. 7 3. La piccola e media impresa Esistono delle categorie a cui può appartenere un’impresa, in base a: a. Obiettivi e tipologia di attività = si distinguono in: - aziende manifatturiere: producono prodotti tangibili derivati da processi di trasformazione; - aziende non manifatturiere: producono prodotti tangibili e intangibili acquistati all’esterno e possono essere di natura commerciale o di servizi. b. Settore di produzione = si riconoscono quattro tipologie di settore: - settore primario → aziende manifatturiere che lavorano le materie prime per ottenere un prodotto tangibile (Es: aziende agricole, estrattive, di allevamento del bestiamo, di caccia, di pesca); - settore secondario → aziende di trasformazione e di lavorazione di materie prime che, a seconda del settore industriale, possono essere alimentari, tessili o siderurgiche; - settore terziario → aziende mercantili all’ingrosso e al dettaglio, e aziende di servizi come di trasporto, di assicurazione, bancarie, turistiche e studi professionali; - settore terziario avanzato → aziende che sfruttano la tecnologia (piattaforme tecnologiche). c. Soggetto giuridico = si distinguono in: - aziende private, aventi come soggetto giuridico una persona fisica o giuridica con fini privati; - aziende pubbliche, aventi come soggetto giuridico un ente pubblico. d. Forma giuridica = si distinguono in imprese individuali e società. e. Luogo in cui operano = si distinguono in aziende locali, nazionali e multinazionali. f. Dimensione = seguono e si distinguono in base a tre parametri: - fatturato annuo; - totale di bilancio annuo; - numero di occupati: parametro più importante, analizzato sulla base delle classi dimensionali; gli occupati corrispondono al numero di unità-lavorative-anno 8 (ULA) cioè al numero di persone che, durante tutto l’anno in questione, hanno lavorato nell’impresa (o per suo conto) a tempo pieno. Il lavoro dei dipendenti che non hanno lavorato tutto l’anno oppure che hanno lavorato a tempo parziale è contabilizzato in frazioni di ULA. La grande impresa Le caratteristiche principali delle GI sono: - consegue economia di scala, ossia all’aumentare dei prodotti venduti, i prezzi diminuiscono; - la sua gestione integrata di diverse attività (R&S, sistemi informativi) e si occupa della specializzazione delle risorse umane, attuando una divisione del lavoro - sfrutta l’apprendimento organizzativo; - possiede potere contrattuale nei confronti di clienti, fornitori, istituzioni; tende a ridurre rischi ed incertezze e ha la possibilità di influenzare il funzionamento del mercato. - auspica una riduzione dei costi o una presenza di materie prime reperibili a prezzi più bassi, in quanto punta ad ottenere un’importante quota di mercato - più ampio è l’insieme di consumatori di un’impresa, più ampia è la quota di mercato; l’impresa con la quota più ampia è detta leader di mercato. La piccola e media impresa In Italia sono circa 4.500.000, pari al 95% di tutte le aziende italiane e il contributo al PIL nazionale tra un 53-58%. Le caratteristiche principali delle PMI sono: - struttura organizzativa semplice = espressa da organigrammi semplici o orizzontali, formati da un manager - figura a cui il proprietario affida la gestione dell’impresa e che ha un contatto diretto con tutti i dipendenti e le aree operative -, un proprietario - colui che investe il capitale e avvia l’impresa: quando la proprietà è frammentata si ritrova un gruppo di proprietari o azionisti (shareholders). 9 - sovrapposizione tra impresa e famiglia = raramente il manager e il proprietario sono identificati in passato nella stessa poiché in Italia vi sono per lo più imprese familiari, che possono ostacolare l’internazionalizzazione e l’innovazione dell'impresa; il carattere familiare dell’impresa implica, inoltre, un tipo di comunicazione informale. - organizzazione elementare = occupandosi di attività limitate, la gestione è flessibile, il modello direzionale prevalente è paternalistico e autoritario e il processo decisionale è, dunque, accentrato e rapido; si riscontrano poche aree funzionali e una scarsa divisione del lavoro e specializzazione. Internazionalizzazione delle PMI La proiezione internazionale delle PMI europee è aumentata negli ultimi anni: la motivazione principale per cui la piccola impresa sceglie di internazionalizzarsi è trovare nuove opportunità lavorative, contesti in cui vi è meno concorrenza, in quanto nel proprio paese residente incontra molta concorrenza e fa fatica a stabilirsi in maniera fissa sul mercato (market seeking). Le strategie di mercato attuate sono: a. si rivolgono principalmente mercati culturalmente e fisicamente vicini: questa scelta deriva da un processo di screening e dal fatto che risulta più facile rivolgersi a questi mercati sia sulla base logistica, che sulla distribuzione e sul controllo del mercato estero - più probabilità di successo poiché il target è simile a quello del paese residente. b. si riscontra un limitato grado di diversificazione geografica e di business, seppur vi sia una forte spinta verso i mercati emergenti (fenomeno delle born global). c. sfruttano come modalità prevalente di internazionalizzazione l’esportazione, il cui valore è favorito dalla partecipazione delle PMI alle filiere internazionali in qualità di fornitori di imprese italiane, che poi si internazionalizzano, o di imprese estere. In Italia esporta il 3% delle micro imprese, il 29% delle PI, il 49% delle MI. Fattori di spinta - Ambiente competitivo = si riferisce alle caratteristiche del settore e dell’area di business che spingono la PI a divenire internazionale. Questi fattori sono: apertura internazionale del mercato e tasso di crescita della domanda; intensità della concorrenza; il grado di complessità tecnologica; la necessità di presidiare i fattori di vantaggio competitivo; la struttura dei costi e disponibilità di input produttivi. - Obiettivi strategici = scelta strategica espansionistica di internazionalizzarsi alla ricerca di nuove opportunità in mercati più interessanti (ma anche ricerca di vantaggi nei costi di produzione - traffico di perfezionamento passivo). - Fattori di contesto = riguardano sia il contesto di residenza (scarsa quota di mercato, mercato saturo di concorrenti, prodotto considerato obsoleto), sia estero (poca concorrenza, numero di potenziali consumatori più ampio del numero dei concorrenti). Vi sono: fattori di attrattività dell’area che rendono la PI competitiva; politiche di espansione istituzionale, supportano le PI ad andare all’estero (sostegno finanziario, servizi specialistici per il superamento di difficoltà organizzative); intensità delle relazioni con altre imprese e attori istituzionali. 10 Ostacoli Vi sono elementi generalmente posseduti dalla PMI che, in un tentativo espansionistico, divengono limitanti: - la dimensione ridotta; - carenza di adeguate informazioni sui mercati esteri; - scarse risorse finanziarie e costi elevati dell’internazionalizzazione; - risorse umane scarsamente qualificate; - struttura organizzativa poco consolidata e imprenditore che non vuole perdere il controllo a causa dello scarso potere contrattuale posseduto. Le piccole imprese tendono, in una prima fase, ad utilizzare intermediari - conoscono il mercato e possono consigliare una selezione di elementi specifici dal portafoglio (insieme dei prodotti offerti da un’impresa) che potrebbero essere più appetibili per il mercato estero - o autorità giuridiche e ad attuare un internazionalizzazione occasionale, tramite forme semplici di esportazione indiretta. Effetti auspicati Lo sviluppo internazionale determina importanti effetti sulla PI: - acquisizione di nuove risorse (conoscenza); - sviluppo del patrimonio di conoscenze e di competenze; - sviluppo quali-quantitativo delle relazioni di business; - stimolo all’innovazione (di prodotti e processi), per operare all’estero e come conseguenza dell’apprendimento ottenuto dall'internazionalizzazione; - effetto sulla reputazione (visibilità all’impresa, immagine migliore). Processo evolutivo di internazionalizzazione Il percorso di espansione estera di una PMI è caratterizzato dall’alternarsi di fasi di: - impulso = il soggetto imprenditore, sulla base di una certa interpretazione dell’evoluzione ambientale, modifica lo status quo dell’impresa e il suo modo di collocarsi nel contesto competitivo - l’impulso attiva una serie di forze interne ed esterne che generano cambiamenti del sistema aziendale, delle sue dinamiche di apprendimento, degli orientamenti strategici; - stabilizzazione = segue quella di impulso, le nuove modalità di operare sono consolidate per raggiungere adeguati livelli di efficienza e aumentare la coesione del sistema organizzativo. L'internazionalizzazione è all’origine di impulsi rilevanti per l’evoluzione complessiva dell’impresa in quattro ambiti: a. acquisizione di nuove risorse; b. sviluppo del patrimonio di conoscenze; c. sviluppo qualitativo e quantitativo delle relazioni di business; d. rafforzamento della visibilità e reputazione sui mercati e presso i principali stakeholders (una parte che ha un interesse in un’azienda e può influenzare o essere influenzata). Modelli di internazionalizzazione Diversi studi rilevano che l’internazionalizzazione è maggiore per le PMI che: a) appartengono ad un gruppo; b) hanno dimensioni maggiori; c) sperano in settori manifatturieri; d) sono innovative; e) hanno una chiara strategia di espansione. Sono tre i modelli di internazionalizzazione rilevati: 11 - congiunturale = si realizza per una congiuntura o combinazione di fattori, non pianificata ma che si realizza dell’avvenire di determinate condizioni; si sviluppano rapporti positivi tra imprese durante eventi (fiere, reti d’impresa); non necessariamente questa condizione a cui segue una prima fase di internazionalizzazione si svilupperà ulteriormente (rimarrà export occasionale), può anche scegliere di ridimensionare la propria strategia e occuparsi del proprio mercato di residenza. - trainata = l’avvio all’estero è una conseguenza dell’evoluzione di un rapporto preesistente, avviene per le piccole imprese fornitrici di imprese più grandi che hanno già una configurazione internazionale. La seconda impresa cliente decide di internazionalizzarsi, la piccola impresa o si adegua e si sposta all’estero, oppure sceglie di perdere la commessa e mantenere una dimensione esclusivamente locale; ciò dipende dal tipo di rapporto e dalla forza contrattuale dell’impresa cliente (a volte è forzata poiché l’impresa cliente ha un forte potere contrattuale e, internazionalizzazionalizzandosi, trascina dietro di sé il fornitore, che deve adattarsi ma anche mantenere un’offerta e una performance al fine di non perdere il cliente per imprese estere). La PI, in questo modo, ha l’opportunità di evitare i costi di analisi del mercato e garantire la presenza di un’impresa cliente. Può anche essere l’impresa fornitrice ad avere un potere contrattuale più alto (per rarità di materia prima o particolare manifattura): la fornitrice, in questo caso, può avanzare pretese alla cliente, cercando di assicurarsi un contratto che la vincoli il più possibile a sé stessa, creando un rapporto stabile nel momento in cui va ad internazionalizzarsi, anche se può poi cercare altri clienti (rischio contenuto). - progettata = non pianificata, bensì scelta deliberata dell’azienda, frutto di un risultato graduale (basato sulla risposta graduale della clientela e la gradibilità del prodotto) che nasce dalla volontà di un imprenditore (esperto in passaggi generazionali, con esperienze e relazioni consolidate) e viene alimentata nel tempo. Caratteristiche di successo - Variabile aggiuntiva = l’appartenenza ad business network (distretto o rete) è un elemento aggiuntivo che implica accesso a informazioni, risorse, capitale umano, conoscenze specialistiche, e che può aiutare al miglioramento dell’immagine, reputazione e visibilità. - Variabile organizzativa = fondamentale risulta l’allineamento tra strategia e struttura, in quanto quest’ultima spesso rappresenta l’elemento di debolezza delle PI - orientamento della gestione corrente (scarsa capacità di interpretare le opportunità internazionali), mancanza di risorse umane per gestire le attività estere e limitate competenze organizzative - e spiega il perché si ricorre prima all’export indiretto. - Variabile finanziaria = il capitale è la condizione essenziale per lo sviluppo, ma l’impatto è molto diverso da caso a caso: nelle prime fasi di sviluppo, le risorse finanziarie sono importanti; sono meno importanti nella fase di stabilizzazione poiché l’impresa può anche far uso dell’autofinanziamento. Le banche hanno un ruolo importante nell’offrire servizi finanziari per supportare lo sviluppo internazionale. L’internazionalizzazione influenza alcuni elementi che hanno rilievo sulla dimensione: il rischio aumenta per lo sviluppo di attività all’estero, per il paese e il cambio; diminuisce, tuttavia, il rischio sistematico in quanto, grazie allo sviluppo internazionale, l’impresa equilibra le situazioni dei mercati. 12 In sintesi, nel processo di internazionalizzazione delle PMI saranno necessari: nuovi comportamenti di business in grado di migliorare le risorse disponibili, sia quelle tangibili che, soprattutto, quelle intangibili; l’apertura a collaborazioni tra operatori lungo l’intera supply chain dell’impresa - formalizzate (come nel caso di consorzi e alleanze) o non formalizzate (come per i network e le reti d’impresa nazionali e transnazionali) -, che consentono l’acquisizione di risorse ed expertises secondo modelli diversi da quelli proprietari; l’adozione di un approccio interculturale, in quanto il contesto culturale influisce in maniera rilevante sul modo di pensare, di agire, di comunicare e di condurre le attività d’impresa. 13 4. Il processo di internazionalizzazione La teoria di Saraceno degli anni ‘60 presentò l’internazionalizzazione come un processo evolutivo: - Welch e Loustarinen nel 1988 parlarono di crescente coinvolgimento nelle attività all’estero; - Calof e Beamish parlarono nel 1995 di adattamento delle attività al contesto internazionale; - Mathews parlò dell’integrazione dell’impresa nelle attività economiche internazionali. Il processo di internazionalizzazione attuale si ispira al modello di Uppsala, il cui assunto di base è che questo processo segue uno sviluppo incrementale (ossia si assumono man mano delle competenze riguardo il processo di internazionalizzazione): tale andamento riflette la percezione del rischio che l’impresa ha del mercato estero, che nei fatti ne influenza il livello degli investimenti. Si articola in diverse fasi: - export occasionale; - export sperimentale (partner commerciali): testare la gradibilità del prodotto all’estero; - export regolare: si consolida l’esportazione del prodotto testato; - filiali e delocalizzazione. Nel processo di internazionalizzazione l’impresa sviluppa 3 condizioni: Commitment nei contesti geografici in cui è presente: dipende dalle risorse impiegate in un paese estero e dal ruolo di tale impiego - ciò richiama il modello di Uppsala e l’indice di transnazionalità -; all’impegno si lega il peso attribuito a un mercato rispetto agli altri e rispetto a quello d’origine. Conoscenze per la competizione internazionale: maturano durante la presenza all’estero e riguardano condizioni competitive, organizzazione e strategia per la concorrenza internazionale, modalità di acquisizione delle competenze per il successo (dipendono da relazioni e coopetition). 14 Relazioni con gli attori all’estero, incluse le proprie sussidiarie: influenzano quanto l’impresa può realizzare all’estero; si sviluppano relazioni rispetto allo scopo dell’internazionalizzazione, quindi a market seeking, low-cost seeking e resource seeking si aggiunge relation seeking. Alcuni dei nodi strategici e organizzativi dell’internazionalizzazione sono: - equilibrio tra espansione in paesi diversi e integrabilità delle posizioni: ciò dipende dai diversi vantaggi ricercati nei mercati; - equilibrio tra autonomia alle controllate e prontezza di risposta alle evoluzioni del contesto: la gestione del capitale umano è direttamente interessata da questo equilibrio; - trade-off tra efficienza produttiva e localizzazione delle attività, quindi i vantaggi competitivi e i benefici dell’esternalizzazione; - equilibrio tra diversificazione del rischio e rischio totale. Le scelte avvengono in un processo “incrementale” per tener conto dei nodi presentati in precedenza: l’impresa dovrà bilanciare i propri fattori con quelli del contesto. I mercati a cui puntare (concentrazione) andrebbero scelti considerando: numero di clienti potenziali e crescita del mercato; valore potenziale conseguibile; non ciclicità della domanda; assenza imprese dominanti; disponibilità di vantaggio competitivo per specifici mercati; forza delle relazioni con gli attori locali. I mercati a cui puntare (diversificazione) vengono scelti se: non sussistono le condizioni precedenti; c’è l’opportunità di standardizzare l’offerta; i costi logistici sono contenuti. L’espansione può essere misurata: Quantitativamente Qualitativamente fatturato realizzato all’estero (anche in rapporto rilievo delle operazioni estere nel piano al fatturato totale) strategico dell’impresa valore aggiunto all’estero (o rapporto col valore articolazione organizzativa delle attività estere aggiunto totale) organizzazione e attuazione dei processi numero di dipendenti all’estero (o rapporto sul produttivi all’estero totale di dipendenti), anche a livello manageriale qualità delle conoscenze disponibili sui mercati investimenti all’estero (o rapporto su esteri investimenti totali) Imprese born global Le born global sono quelle imprese che, sin dalla loro fondazione, cercano di ottenere un vantaggio competitivo significativo, con il preciso intento di internazionalizzarsi entro i primi 3 anni dalla fondazione: nascono internazionali per una propensione culturale verso i mercati esteri e per l’assenza di avversione al rischio di operare nei mercati esteri, confutando tutte le teorie tradizionali che concepiscono un’internazionalizzazione graduale ed incrementale. È un fenomeno che si sta diffondendo sempre di più e Madsen e Servais nel 1997 hanno identificato tre cause alla base: 15 - nuove condizioni di mercato = con la globalizzazione, i confini sono stati abbattuti a livello commerciale, e le richieste si sono sempre più specializzate grazie alla capacità di interpretare i trend di mercato (identificare una nicchia di mercato ristretta in cui inserirsi per creare offerte ad hoc); - digitalizzazione = sono imprese che basano la loro attività su piattaforme tecnologiche (ICT), sia in termini di produzione e trasporto, che di comunicazione; - nuove competenze = si accumulano con più facilità grazie a un’organizzazione dell’intera azienda, anche con coinvolgimenti esterni (reti internazionali). Il processo di sviluppo delle born global segue diverse fasi: a. iniziano le esportazioni entro 3 anni dalla fondazione, applicando dall’inizio strategie di global marketing: prodotto e marchio standardizzato = tendono a replicare l’offerta - principalmente di risorse peculiari o prodotti innovativi rispetto agli anni ‘90 - in più paesi, offrendo un servizio standardizzato talmente vasto e personalizzabile che ciascun consumatore può costruire il servizio sulla base delle proprie esigenze (taylorizzazione); mix promozionale: è variegata la maniera in cui viene promosso il prodotto; strutture del canale di vendita: online; prezzo standardizzato. b. riescono a raggiungere, entro 3 anni dalla fondazione, una percentuale di vendite all’estero pari ad almeno il 25% del fatturato totale (il fatturato estero è posto al centro della propria attenzione sin dall’inizio dell’attività); c. la possibilità di vendita può facilmente essere destinata a numerosi mercati contemporaneamente; d. i mercati di riferimento possono essere molto distanti da quello di origine; e. le modalità di ingresso possono essere di vario genere: esportazione, joint venture, investimenti diretti o licenze; f. in quanto aziende più piccole, le società globali nate tendono a operare in mercati di nicchia che spesso vengono ignorati dalle aziende più grandi. Secondo Knight e Cavusgil (1996) si tratta di «piccole imprese, orientate alla tecnologia che operano sui mercati internazionali sin dalla Fondazione»; secondo Oviatt e McDougall (1994) esse «traggono vantaggio per l’uso delle proprie risorse o per la commercializzazione internazionale». Il fatto che questa tipologia d’impresa nasca internazionale dipende da: - Natura del settore area di business, che comprende: mercati internazionali (segmenti globali) Es: prodotti del lusso sistemi produttivi internazionali (forte innovazione e complessità) Es: Aeronautico. - Caratteristiche dell’imprenditore (attitudine e competenze): spiega anche perché ha scelto di creare un’impresa in un settore globale. - Contesto territoriale: la presenza di alcuni attori (imprese, università, sistema finanziario, istituzioni) con forte orientamento culturale verso l’estero. Limiti I limiti delle born global sono simili a quelli delle PMI: scarse risorse finanziare e umane e la giovane età e piccola dimensione dell’azienda, rischio a riconoscerne l’affidabilità. Questi, tuttavia, non rappresentano un ostacolo all’ingresso precoce perché utilizzano risorse immateriali (know-how, competenze ed esperienze dei manager); i vantaggi, invece, sono il 16 monopolio di prodotto, posizione di mercato propizia, soddisfa le preferenze iniziali dei consumatori. Condizioni di successo L’ orientamento di base utilizzato dalle imprese è l’attenzione verso il cliente, cercando di soddisfare le sue esigenze; ciò guida altri fattori importanti, denominati strategie organizzative, che sono qui classificate come: - qualità del prodotto = i consumatori tendono a privilegiare i prodotti che offrono la massima qualità in un mercato concorrenziale; la qualità è collegata a una migliore competitività e migliori prestazioni nei mercati internazionali. - competenze di marketing = le aziende utilizzano questa abilità per creare vantaggi competitivi con l'intento di massimizzare le prestazioni strategiche e finanziarie, come ad esempio la conoscenza dei clienti, sviluppo del prodotto, distribuzione e prezzi. - differenziazione del prodotto = vengono offerti prodotti percepiti come unici, che porta il cliente ad essere fedele verso il marchio. Vi sono alcuni indicatori di intensità d’internazionalizzazione, che propongono una proporzione tra il fatturato (numero di dipendenti, numero di prodotti venduti) ottenuto nel paese di residenza e quello del paese estero: tanto più sono sbilanciati verso il paese estero tanto più è internazionalizzata. IL CASO SPOTIFY La piattaforma Spotify è stata fondata in Svezia da Daniel Ek e Martin Lorentzon nel 2006 ma lanciata al pubblico nel 2008: offre un servizio di streaming musicale on demand, nel quale è possibile trovare una grande selezione di brani musicali - con come obiettivo l’eliminazione della pirateria musicale in commercio (Napster) - di diverse case discografiche o etichette indipendenti, come ad esempio: Sony, Warner Music Group e Universal. Il servizio è disponibile su una grande varietà di canali ad alta tecnologia, a partire da smartphone e computer fino a smartwatch e console di gioco. Spotify risulta conciliare con la definizione di born global: il settore interessato da questa piccola impresa digitale sembra essere appropriato per una impresa di questo genere permettendo una internazionalizzazione precoce, in quanto è capace di raggiungere un vasto numero di paesi 17 contemporaneamente. In particolare, possiamo notare che la piattaforma musicale dal suo lancio ha raggiunto il mercato internazionale dopo 3 anni, arrivando nel mercato USA e subito dopo anche in Europa (successivamente ad Asia, Nuova Zelanda e Australia, il servizio si espande in tutto il mondo arrivando in Corea del Sud nell’anno 2021) e riscontrando un grande guadagno dal mercato estero già dal 2011 pur non essendo dotata delle risorse finanziarie necessarie. Infine, anche Spotify sfrutta le reti di relazioni, che sembrano avere un effetto positivo sulla redditività dell’impresa e sulla sua internazionalizzazione. Modificare i propri prodotti e analizzare gli interessi dei propri clienti è necessario per adattare il proprio prodotto alle esigenze di un nuovo mercato e ai clienti: la particolare attenzione al cliente ha permesso una rapida diffusione del servizio, in quanto oggi Spotify può vantare più di 170 milioni di utenti attivi mensili e più di 75 milioni di abbonati. I fattori chiave per lo sviluppo di questa attività sono, dunque, stati: - Differenziazione del brand = risulta essere un marchio distintivo nel mercato musicale e capace di offrire ogni tipo di comfort: adatta la musica alle fasi della giornata, stati emotivi dei clienti o brani potenzialmente desiderabili, grazie alla creazione di playlists (Es: Discover weekly) con possibilità di riproduzione illimitata. - Qualità del prodotto = permette di ascoltare musica all’istante e di alta qualità: la grande concorrenza sul mercato spinge questa impresa ad ottenere un prodotto di massima qualità. - Ruolo di internet e social media: l’integrazione con social media come Facebook e Twitter ha permesso una rapida diffusione della piattaforma e una maggiore partecipazione ad essa. 5. Il vantaggio competitivo Il successo che un’impresa può conseguire dipende da condizioni di vantaggio rispetto ai concorrenti che si riversano sulla modalità di generazione di valore per il cliente: il vantaggio può essere l’espressione di variabili endogene o esogene all’impresa. Le imprese si distinguono per risorse e competenze possedute e la strategia impostata è frutto dell’utilizzo delle risorse disponibili / accessibili: quelle immateriali rappresentano l’uso della conoscenza a fini produttivi e il modo in cui l’impresa crea valore, anche mediante l’offerta. Il processo di valutazione aziendale e dei risultati, infatti, non può prescindere da risorse non materiali, individuate in intangibili e immateriali: i beni immateriali sono oggetto di valutazione autonoma, considerando il valore dei benefici futuri, senza trovarne riscontro materiale. Esistono vari gradi di non materialità: fattori produttivi immateriali: oggetto di acquisto all’esterno; risorse immateriali: oggetto di realizzazione interna; risorse intangibili: non autonomamente valutabili. I fattori messi insieme avranno valore se dipendenti tra loro - ne sono esempi la reputazione, la cultura aziendale e l’immagine aziendale. Sarà compito dell’impresa estrarre dalle risorse il potenziale di valore: le aziende incorporano risorse immateriali nell’offerta proposta al consumatore e rendono difficilmente imitabile il valore esperienziale, culturale e imprenditoriale - per le imprese che offrono un’esperienza, le risorse intangibili creano significato, quindi l’impresa creerà un mix di risorse (anche intangibili) di valore per offrire valore. 18 Lo sviluppo su scala internazionale Sviluppare il vantaggio competitivo grazie ai mercati internazionali significa rafforzarsi anche sui mercati interni: in termini di forza competitiva, l’impresa può apprendere come migliorare efficacia ed efficienza all’estero: - può diversificare il rischio (compensazione dei rischi paese, disponibilità di più mercati con cui contrastare gli attacchi dei concorrenti, minimizzare rischi per variazione dei costi d’acquisto o della domanda); - può maturare conoscenze e reputazione; - può dare maggior riconoscibilità alla marca e al prodotto. Questi effetti si amplificano se il consumatore è “mobile” e se ci sono opportunità di standardizzazione. In termini di mercato l’impresa può sfruttare l’effetto made-in, che si manifesta nel fatto che l’area geografica in cui il prodotto viene realizzato ne influenza in modo rilevante le caratteristiche (in base alle percezioni del consumatore). Le tradizioni di un’area come luogo di provenienza di un prodotto incidono per: - capacità di innovazione; - affidabilità della produzione e qualità dei materiali; - inventiva, estetica e qualità; - prestigio accumulato. Effetti della globalizzazione I cambiamenti intercorsi negli ultimi anni hanno reso la strategia produttiva risultato della competitività internazionale - in quanto la globalizzazione ha consentito alle imprese di delocalizzare la produzione in maniera più agevole - e non solo dei confronti locali: ciascuna unità di un’impresa si inserisce in un disegno completo e con uno specifico contributo di valore. Ogni contesto offre un vantaggio specifico, ma è necessario che le conoscenze siano trasferite nel gruppo aziendale per diventare valore. La dimensione locale è quindi strumentale a quella internazionale, perché vengono replicate le strategie adattandosi ad un mercato diverso: il vantaggio competitivo è quindi un vantaggio di sintesi, poiché moltiplica gli effetti dei singoli vantaggi messi insieme e richiede: capacità di gestire la presenza in un’area e le relazioni con gli attori locali, per creare risorse distintive; capacità di trasferire le conoscenze e le risorse nel gruppo. La liberalizzazione del commercio internazionale ha fornito alle aziende l'accesso a mercati aggiuntivi oltre ai propri mercati nazionali per vendere ed esportare i loro beni e servizi, un cambiamento economico che ha portato a una crescita sostanziale del commercio internazionale. Le modalità di ingresso all’estero Secondo la teoria dell’internationalization process (modello della scuola scandinava di Uppsala), il processo di sviluppo procede in modo espansivo (a stadi successivi) che prevede un maggiore impegno e la scelta di forma più complesse. Sei fattori principali sono stati individuati per scegliere la modalità di ingresso in un mercato estero: 1. Obiettivi alla base della strategia di internazionalizzazione. 2. Esperienza maturata nei mercati esteri. 3. Sinergie realizzabili con strategie precedenti. 4. Risorse umane e competenze disponibili per realizzare l’ingresso nel mercato estero. 5. Dimensione dell’impresa e risorse finanziarie a disposizione. 6. Spinte del soggetto imprenditoriale o di altri componenti dell’impresa. 19 L’ingresso in un mercato estero può prevedere: - esportazione; - investimento di tipo commerciale; - insediamento produttivo estero; - collaborazione con partner locali. L’esportazione può essere diretta o indiretta con conseguenze differenti in termini di: investimento da realizzare (e relativo rischio), controllo esercitabile, possibilità di raccogliere feedback dai consumatori, opportunità di monitoraggio dei concorrenti, rapidità di reazione ai cambiamenti. L’esportazione indiretta L’esportazione indiretta: - non richiede volumi minimi; - può essere sporadica o abituale; - presuppone una perdita di controllo da parte dell’impresa produttrice; - presuppone un limitato intervento di modifica delle azioni di marketing; - può rappresentare un primo stadio evolutivo (come da modello di Uppsala). Nelle prime fasi di ingresso all'esterno l'impresa - principalmente quelle che hanno scarsità di risorse primarie, economiche e finanziarie, di esperienza e conoscenza del mercato estero - non gestisce direttamente le operazioni commerciali ma si avvale di intermediari, i quali hanno la funzione di mettere in contatto l'impresa che si lancia su un determinato mercato estero poiché possiede le conoscenze adeguate per proporre nuovi prodotti. Nella fase di screening, al fine di evitare un'indagine preventiva del mercato, l'intermediario offre le proprie conoscenze volte a valutare il target di potenziali clienti e concorrenti e il territorio più adatto dove internazionalizzarsi. Gli intermediari si distinguono per: - complessità delle loro organizzazione, ossia può trattarsi di un singolo individuo o un’impresa che opera su più paesi; - acquisizione della proprietà dei prodotti venduti. L’intermediario può distinguersi in: - buyer = opera per conto di imprese estere interessate ad avviare un contatto diretto e continuo con i potenziali fornitori operanti nella sua stessa area geografica (risiede, dunque, nel mercato d’importazione): è un operatore commerciale indipendente caratterizzato da scarsa complessità organizzativa che in genere rappresenta un certo numero di imprese acquirenti; ha un ruolo più semplice e limitato nel tempo in quanto si concentra solo sull’acquisto della proprietà dei beni in nome proprio per poi rivenderli sul mercato di destinazione per conto dei committenti in forza di contratto di commissione (indica le condizioni basilari della transazione che può concludere con le imprese esportatrici nel proprio Paese). Questi, dopo aver condotto studi di mercato, individua, attraverso fiere e altre manifestazioni, prodotti e marchi da inserire nel portafoglio prodotti dell’impresa per conto della quale opera: sulla base, poi, delle condizioni contenute nel contratto di commissione, il buyer negozia un contratto di fornitura con l’impresa produttrice e si occupa della corretta spedizione. Questa figura, occupandosi personalmente dell’intera catena di distribuzione, costituisce un efficiente veicolo per l’impresa produttrice che intende sviluppare la propria clientela in un Paese estero. Può agire da intermediario con più imprese allo stesso tempo a patto che non siano concorrenti tra loro. Si occupa di: 20 individuare i fornitori; negoziare le condizioni del contratto; predisporre l’ordine; gestire le operazioni di spedizioni e sdoganamento; fornire supporto alla gestione delle problematiche finanziarie Es: le grandi catene di distribuzione utilizzano i buyer per i loro acquisti internazionali - broker = in qualità di semplice mediatore commerciale, svolge la funzione principale di collegare il produttore con il potenziale compratore estero e di fornire eventuale supporto consulenziale per favorire le transazioni tra i due - ha, dunque, una relazione di medio termine con l’impresa produttrice. Ciascun broker è specializzato su specifiche categorie di prodotti: a differenza del buyer, opera sia dal lato delle esportazioni, individuando i potenziali compratori esteri per un produttore del proprio Paese d’appartenenza (agente del produttore nel caso delle esportazioni), e sia dal lato delle importazioni, individuando potenziali fornitori esteri per un compratore del proprio Paese d’appartenenza (agente del compratore nel caso delle importazioni.) Non ha un rapporto continuativo con le imprese per le quali opera ed è spesso presente nel Paese dell’esportatore. Il broker abilita il contatto tra produttori ed acquirente e svolge funzioni di consulenza; può agire da intermediario con più imprese contemporaneamente. Questa differenza di complessità si riscontra anche tra le imprese di intermediazione. - export management company = si tratta di un’impresa volta a cominciare l’esportazione, è una società commerciale che opera sui mercati internazionali come unità di vendita, per un determinato numero di imprese della stessa filiera produttiva - quindi non in concorrenza tra loro -, la cui offerta è integrabile e (ha il potere di acquistare e rivendere un bene, ma solo per conto di terzi): il suo profitto, dunque, consiste nella sola commissione di vendita. Offre ai propri clienti diversi servizi, tra cui: analisi delle opportunità nei mercati esteri; individuazione dei migliori canali di vendita e ricerca di potenziali clienti; gestione delle attività connesse al trasferimento dei prodotti e alla loro distribuzione all’estero; attività consulenziale nelle varie fasi del processo di esportazione; comunicazione e promozione. - trading company = l’intermediario più avanzato, è una società specializzata nel commercio internazionale, nell’acquisto e nella vendita di merci sui mercati esteri per conto proprio e a proprio rischio: il profitto consiste, dunque, non solo nella commissione, ma anche nella vendita stessa del bene. Sono in generale diversificate sia in rapporto ai prodotti trattati sia in relazione ai paesi in cui operano (eccezione per le materie prime e prodotti dell’agricoltura). Cura le diverse fasi del processo di commercializzazione, svolgendo in particolare funzioni o servizi di: acquisti di materie prime; marketing internazionale (ricerca di partner per lo sviluppo di accordi produttivi o commerciali); promozione e sviluppo di canali distributivi; assistenza tecnica (predisposizioni di operazioni di counter trade); 21 stoccaggio, assicurazione e finanziamento delle esportazioni; finanziamento al trasporto e alla distribuzione internazionale; finanziamento alla produzione. Tutti questi intermediari possono lavorare per più imprese contemporaneamente, fatta eccezione per il buyer e la export management company, a cui non è permesso fare da intermediari di imprese concorrenti tra loro - possono, tuttavia, appartenere alla stessa filiera (Es: abbigliamento). Vantaggi I vantaggi dell’export indiretto sono: - ingresso immediato senza eccessivi investimenti e rischi (contenimento dei posti, delegando attività legate all'export a un terzo soggetto); - evitare i costi connessi all’installazione di insediamenti nel paese estero - conseguire economie di esperienza, di scala, di localizzazione. Svantaggi Gli svantaggi dell’export indiretto sono: - scarso controllo del mercato (conoscenza non immediata delle dinamiche di un determinato mercato, ritardo nell'acquisire informazioni che comporta un ritardo nell'elaborare una strategia di vendita); - entità dei costi di trasporto e delle commissioni destinate agli intermediari a carico dell’impresa produttrice (v. valore/peso); - presenza (minaccia) di barriere tariffarie; - possibili problemi nelle esportazioni indirette con i distributori per marketing, vendite e servizi (ritardo da parte dell’impresa produttrice nell’elaborare strategie correttive poiché l’informazione è mediata non diretta). Consorzi Il consorzio è una tipologia di ingresso all’estero preferita soprattutto da piccole e micro imprese che operano nel contesto locale-regionale o sub-regionale: queste imprese decidono di aggregarsi per esportare in maniera tale da raggiungere la cosiddetta dimensione critica, ossia una dimensione adatta per rendere convenienti ed economicamente sostenibili le operazioni necessarie per vendere con successo nei mercati esteri, dimensione che ciascun aderente al consorzio non sarebbe in grado di raggiungere singolarmente. Attraverso l’appartenenza al consorzio, le imprese esternalizzano a tale struttura le attività connesse alle esportazioni, beneficiando delle economie connesse al maggior livello dimensionale a cui tali attività sono realizzate in ambito consortile, e mantenendo al tempo stesso, in certa misura, la propria indipendenza e individualità. Nei consorzi generalmente emerge una guida per le altre consortili, a cui si affidano le pratiche per il processo di esportazione e, dunque, internazionalizzazione: questa guida si concretizza generalmente o in un ufficio, o in un'impresa "capofila". I servizi offerti dai consorzi per l’esportazione sono: servizi di base per l’esportazione (traduzione giurate, ossia la descrizione dei prodotti formalizzate da un soggetto competente e autorevole, pratiche doganali, aspetti fiscali e logistici); consulenza commerciale per i mercati esteri; collegamenti con le istituzioni pubbliche e private locali; azioni promozionali e di pubblicità; intermediazione commerciale finalizzata alla vendita; 22 servizi per partecipazioni a fiere o iniziative di formazione e di acquisto collettivo. I consorzi per l'internazionalizzazione possono presentarsi secondo le seguenti vesti: - monosettoriali/plurisettoriali - territoriali/non territoriali - promozionali/di vendita Un consorzio è pluri-settoriale quando è costituito da aziende operanti in settori diversi; mono-settoriale, invece, quando raggruppa imprese di uno stesso settore e consente al consorzio di specializzare meglio la propria attività e di raggiungere più facilmente la dimensione necessaria per operare in modo efficiente. Inoltre, il rischio di non poter raggruppare aziende che, proprio poiché operanti nel medesimo settore, possano essere concorrenti, viene facilmente evitato attraverso il coinvolgimento di imprese operanti in diverse aree di business o posizionati su segmenti diversi. L’esportazione diretta L’export diretto risulta più efficace soprattutto nei casi in cui sia essenziale gestire la relazione con il cliente, come nella produzione su commessa, nella vendita di impianti e macchinari di elevato valore e complessità o di produzioni ad altissima tecnologia, nonché in un mercato basato su gare pubbliche. I vantaggi sono: - maggior controllo e margini di guadagno per grossi quantitativi di vendita; - maturazione di relazioni e competenze specifiche; - visibilità del marchio aziendale. Vi sono diverse modalità attraverso cui l’impresa può attuare le esportazioni dirette: 1. Rete di vendita all’estero = può essere di due tipi: diretta, costituita dal personale di vendita dipendente dell’impresa. indiretta, costituita dal personale indipendente legato all’azienda da specifici contratti di collaborazione. L’azienda normalmente assume un gruppo di persone inquadrate, organizzate e guidate, chiamate agenti; questi ricercano clienti e negoziano la vendita senza acquisire titolo di proprietà sui prodotti; svolgono sia funzioni legate alla vendita (ricerca di potenziali clienti o acquirenti, comunicazione e la promozione, negoziazione e la chiusura dell'ordine, assistenza al compratore), ma anche attività orientate a trasferire all’azienda indicazioni e suggerimenti provenienti dai clienti e dal mercato di destinazione, che la mettano in grado di acquisire e interpretare le informazioni utili per la propria strategia di espansione. Possono esserci tre tipologie di agenti: monomandatari, che rappresentano una sola azienda e sono remunerati con provvigioni; plurimandatari, che rappresentano più aziende e sono remunerati con provvigioni; con deposito, che gestiscono un magazzino estero (l’agente non acquisisce mai la proprietà). È necessaria un’attenta valutazione dei costi della rete di agenti: se i costi fissi conseguenti agli spostamenti degli agenti risultino eccessivi, l’impresa può modificare la composizione della rete di venditori, attraverso due alternative: - negoziare con gli agenti con caratteristiche adeguate il loro trasferimento stabile nel Paese estero (non abbattendo significativamente i costi); - inserire nella rete di venditori persone già residenti nel Paese straniero; questa strada, organizzativamente più complessa, ha il vantaggio di garantire all'impresa agenti con una conoscenza diretta e molto più profonda del contesto competitivo estero e dotati di una maggiore facilità di muoversi al suo interno. 23 2. Ufficio di rappresentanza = è un ufficio ad hoc creato per gestire la rete di agenti nel caso in cui essa e il volume di vendita raggiungano una dimensione significativa; costituisce il primo nucleo di quella che può successivamente diventare una presenza forte (Es: per clienti pubblici) sussidiaria estera finalizzata a gestire le esportazioni dell’impresa. Generalmente non ha personalità giuridica, né autonomia amministrativa e fiscale; risulta importante in fase di preparazione, di studio e di ambientamento per il futuro insediamento, in quanto realizza: - studi e ricerche sul mercato locale e sulle dinamiche della competizione e predispone rapporti informativi alla casa madre; - sviluppa relazione con gli attori locali rilevanti e porta avanti le attività di lobbying; - coordina le attività della rete di vendita nel mercato estero; - organizza le attività logistiche; - gestisce le problematiche giuridiche e amministrative relative alla presenza dell’impresa e dei suoi prodotti nel Paese estero. 3. Centrale logistica = è una sede per favorire ed ottimizzare la distribuzione dei prodotti nel mercato estero; può anche svolgere alcune funzioni di assemblaggio per l’adattamento dei prodotti. La scelta dell’area dove impiantare la centrale logistica dipende da: - strategicità dell’area rispetto ai mercati da servire; - livello di sviluppo delle infrastrutture dell’area; - regolamentazione, legislazione fiscale, ecc… 4. Sussidiaria commerciale estera = è una società operativa appositamente costituita cui sono trasferite le funzioni di commercializzazione dei prodotti; si caratterizza per: - autonomia societaria e operativa; - obiettivi concordati, strategie definite in autonomia; - evoluzione o rafforzamento strategico. Tale scelta può essere motivata da: necessità di specializzare le competenze; presidiare un mercato strategico; necessità di flessibilità organizzativa e strategica dell’impresa nel suo complesso. Es: l'azienda modenese, legata da ormai 70 anni alla produzione e al confezionamento di ciliegie e liquori, ha avviato la creazione di una nuova società che si occuperà del mercato degli Stati Uniti: la nascitura azienda si chiamerà Toschi Usa e sarà una società commerciale con sede a New York - una scelta maturata in virtù del successo dei prodotti Toschi nel continente americano, anche grazie alla gamma di prodotti a marchio Mr.Donuts. 5. Commercio elettronico = detto anche e-commerce, è costituito dalle transazioni commerciali realizzate attraverso internet e viene adoperato dalle imprese per ridurre i costi, svolgendo comunque l’attività di distribuzione senza spostarsi dalla propria sede. Vi sono diverse tipologie di commercio elettronico: - Business to Business (B2B), ovvero lo scambio di forniture, prodotti o servizi tra aziende trasformatrici o rivenditori intermediari. - Business to Consumer (B2C) attraverso il quale i prodotti vengono offerti a tutti gli utenti della rete e, saltando gli intermediari, i prezzi sono più contenuti rispetto al commercio elettronico tra imprese - dà anche la possibilità di scegliere tra molti prodotti e la velocità di consegna. 24 - Consumer to Consumer (C2C), in cui gli utenti interagiscono tra loro attraverso siti specifici dove la trattativa commerciale è lasciata alle parti. L‘internazionalizzazione digitale riguarda tutte quelle strategie che, nell’ambito del marketing online, si pongono l’obiettivo di promuovere un prodotto o far conoscere un marchio sui mercati esteri, portando nuovi visitatori al sito web al fine di generare contatti da parte di potenziali clienti provenienti dai paesi target. Nella pianificazione della strategia occorre fare attenzione a diversi aspetti. Fattori economici Fattori economici indiretti le dimensioni del mercato individuato; la posizione geografica; lo studio della concorrenza locale online; il fuso orario del paese target; i prezzi medi di vendita; la stagionalità (es estate / inverno); i costi di spedizione; i fattori culturali, sociali e politici. le procedure di sdoganamento delle merci; la legislazione circa il commercio elettronico; A decretare la buona riuscita di una strategia, tra i diversi elementi che concorrono, c’è un aspetto di fondamentale rilevanza che può influenzare e far aumentare le probabilità di successo: la capacità di riuscire con efficienza a elaborare le richieste pervenute e gestirle in tempi rapidi. I vantaggi sono: possibilità, in tempi rapidi e costi contenuti, di stabilire un contatto diretto con i clienti potenziali; ampliamento delle modalità di comunicazione; attivare rapporti di collaborazione con i clienti; aumento della rapidità di risposta; riduzione dei costi della struttura commerciale. Le alleanze strategiche Le alleanze strategiche sono intese formali di medio-lungo termine tra due o più soggetti (non solo imprese) finalizzate al raggiungimento di specifici obiettivi funzionali alle strategie competitive o di crescita dei singoli partner coinvolti. Nel termine rientrano una vastissima gamma di forme organizzative il cui utilizzo varia a seconda del settore. Es: contratti di produzione nei settori dell’elettronica e dell’automotive; il franchising nell’abbigliamento Si distinguono dalle intese tra imprese esportatrici e distributori, in quanto: - hanno contenuti non solo di natura commerciale; - rilevanza temporale di medio-lungo termine; - prevedono da parte di entrambi i partner investimenti di risorse. Vantaggi dell’impresa che internazionalizza - Prevedono un investimento di risorse e di investimenti che viene da parte di tutti i soggetti coinvolti: si parla, dunque di risorse complementari, in quanto completano il capitale di competenze distintive e sono valorizzate; vi è un duplice vantaggio poiché permette all’impresa di accedere a risorse non disponibili - si razionalizza un nuovo portafoglio di business - e consente una divisione del rischio. - Si ha una maggiore conoscenza degli andamenti di mercato, delle dinamiche competitive, dei fattori economici, etc.; di conseguenza, una maggiore flessibilità e 25 capacità di adattamento alle sue specificità e un accesso immediato ai mercati esteri - si estende, dunque, anche la rete delle imprese con cui poter collaborare. - Apprendimento di procedure e metodi (learning by observing) di lavoro sviluppati con successo dall’impresa partner che, possedendo competenze (brevetti) diverse, si rivelerà utile per successivi sviluppi delle alleanze. - Si costituisce un nuovo soggetto impresa (alleanza equity) con una propria forma giuridica. Vantaggi per l’impresa del paese ospitante - Incremento dell’occupazione: l’alleanza comporta una riduzione dei tempi necessari per raggiungere la dimensione critica per essere competitivi e operare ad adeguati livelli di efficienza; dunque, vi è un aumento anche della possibilità occupazionale (posti di lavoro). - Migliori condizioni di lavoro, soprattutto con alleanze effettuate tra imprese dei paesi avanzati e imprese di paesi in via di sviluppo). - Aumento delle esportazioni, sviluppo economico del sistema di produttori locali nel paese che ospita l’alleanza. - Diverse esternalità positive nel paese che ospita l’alleanza (trasferimento delle conoscenze). Criticità - Trovare un equilibrio tra il controllo sulle proprie attività e la necessità di cooperare. - Difficoltà ampliata dalle differenze culturali ed organizzative dei partner. - Adeguata selezione dei partner e sviluppo di fiducia. - Attribuzione chiara delle competenze di ciascun partner. Tipologie di alleanze Possono avere: - finalità produttive; - finalità commerciali. 1. Accordi commerciali - Franchising = accordo di distribuzione dei prodotti tra l’impresa produttrice e/o proprietaria di un marchio (franchisor o affiliante) ed una o più imprese distributrici (franchisee o affiliato): comporta una cooperazione e un coordinamento più intenso di quello generalmente previsto dagli altri tipi di accordi distributivi. Sono diversi gli aspetti gestionali che riguardano il contratto di un franchising, tra cui: a. la gestione dei flussi dei prodotti dal franchisor al singolo franchisee; b. la gestione della rete distributiva. Al crescere del numero dei punti vendita, vengono introdotte figure di intermediazione: franchise broker → soggetto indipendente che si occupa di individuare e selezionare nuovi franchisee; area developer → è una struttura creata per sviluppare la rete di franchisee in una determinata area; master franchisee → è una struttura aziendale cui viene affidato il compito di agire come filtro tra l’impresa ed i vari franchisee. Il franchisor deve: 26 - concedere al distributore la licenza d’uso del suo marchio e della sua formula commerciale (prodotti, assortimento, esposizione, pubblicità, prezzi, ecc.); - trasferire know-how (in esso rientrano l’insieme di informazioni commerciali, che presentano una serie di caratteristiche utili ai fini della loro individuazione ed idonee a distinguerle poi da altre figure con cui presentano tratti in comune) al distributore; - erogare al distributore alcuni servizi complementari (formazione, supporto finanziario, sistemi di gestione, studio del lay-out, etc…). I vantaggi per il franchisor di questo accordo sono: possibilità di penetrare il mercato in tempi brevi con un limitato impegno finanziario; diffusione internazionale del marchio; possibilità di stabilire linee strategiche univoche per tutta la rete distributiva; penetrare in mercati nuovi, dove non ci posseggono le conoscenze per un coinvolgimento diretto; utilizzare le conoscenze specifiche dei mercati locali dei franchisee. Il franchisee deve: - il pagamento di una commissione d’ingresso e di royalties; - uniformarsi a standard di immagine e di servizio stabiliti dal franchisor; - escludere rapporti commerciali con imprese concorrenti del franchisor. - Piggyback = accordo in base al quale un soggetto rider (PMI che vuole internazionalizzarsi) non ha la forza di internazionalizzarsi da sola e vende i propri prodotti affidandosi al carrier (impresa di grandi dimensioni già internazionalizzata), che ha una struttura distributiva consolidata e che già esporta nel paese target - entrambe hanno un proprio core business. Può prevedere anche condizioni di reciprocità, ossia ciascun partner vende sul proprio mercato i prodotti dell’altro: la condizione necessaria è che i prodotti non siano in concorrenza. I vantaggi per il rider sono: avviare l’export senza particolare impegno e risorse; far conoscere i prodotti con il proprio marchio e valutarne la competitività; sviluppare le competenze per un successivo ingresso con forme più impegnative. I vantaggi per il carrier: ampliare la gamma dell’offerta ed essere più attraenti per la grande distribuzione; ottimizzare i costi di distribuzione e la capacità distributiva; “attaccare” i concorrenti. Il rider in una prima fase, dunque, sfrutta mezzi distributivi altrui per comprendere la gradibilità del prodotto evitando i costi: in sostanza, tale accordo costituisce un’alternativa di investimento quando non si ha a disposizione risorse sufficienti per l'investimento diretto, o anche quando è difficile entrare in un determinato sistema distributivo. Il costo della distribuzione avviene sotto forma di provvigione, quando il rider paga il carrier: in conclusione, l’azienda locale riesce a collaborare con un produttore estero, pur rimanendo a suo carico il costo di esercizio. 27 2. Accordi produttivi - Licensing = contratto con il quale un’impresa (licensor) concede a un’altra impresa (licensee) il diritto di utilizzare e sfruttare economicamente in un determinato ambito territoriale specifici prodotti o asset di sua proprietà (un brevetto, un marchio, un logo, delle tecnologie, dei processi produttivi, un know-how o qualsiasi altro importante elemento che costituisce proprietà intellettuale), per realizzare un determinato prodotto e, eventualmente, il diritto di commercializzarlo, dietro il pagamento di un canone (royalty). La struttura delle royalties è oggetto di contrattazione varia; si compone di: somma fissa; percentuale sul valore generato; eventuali fee addizionali. Il know-how consiste in informazioni tecniche, il che le distingue da quelle meramente commerciali presenti nel franchising, segrete (non note o facilmente accessibili) e sostanziali, cioè utili tanto da garantire a chi se ne avvale un reale vantaggio sui concorrenti che non possono sfruttare tali informazioni; vengono descritte in un apposito documento (disegni, assistenza tecnica). È un accordo utile per le imprese che hanno prodotti o asset competitivi, ma non hanno la forza organizzativa e finanziaria per svilupparsi all’estero autonomamente. Le forme più comuni di accordo di licenza riguardano: a. un processo produttivo o un prodotto particolare; b. un marchio o il nome di un prodotto; c. le tecniche di fabbricazione e le tecnologie; d. componenti, ingredienti particolari, materie prime; e. l’assistenza tecnica; consulenza di business e di marketing; f. la formazione del personale. La gestione di questo accordo prevede: a. equa ripartizione degli impegni tra i partner; b. valutare la solidità finanziaria del licensee; c. valutazione dell’estensione temporale dell’accordo; d. chiarezza nel contenuto dell’accordo “che cosa” viene concesso in licenza. Molto diffuso a livello internazionale è il cross–licensing, scambio di licenze tra due partner (Es: settore farmaceutico). Il licensor deve mantenere la massima riservatezza per: - evitare di far crescere i concorrenti con la divulgazione; - lasciarsi aperta la possibilità di sfruttare a pieno il suo know-how, licenziandolo a più licenziatari. L’inserimento di un Confidentiality Agreement (N.D.A.) da parte del licenziante può proprio andare a rispondere a tale esigenza; il licenziatario, tuttavia, non può sub-licenziare a terzi. I vantaggi per il licensor sono: lo sviluppo della presenza in aree internazionale senza ingenti investimenti; rapidità di sviluppo dei prodotti e brand in ambito internazionale, aggirando le barriere all’export; progressiva conoscenza del mercato estero. Gli svantaggi per il licensor sono: 28 perdita di controllo sulla strategia di marketing da adottare nel paese estero: il prodotto o il marchio dati in licenza potrebbero essere posizionati in modo errato danneggiando l’immagine del licensor; rischio che il licensee (licenziatario) diventi un concorrente. 3. Altre tipologie di accordi - Contratto di produzione / Outsourcing internazionale = si affida ad un produttore estero la produzione di un bene o una fase di esso (in genere l’assemblaggio) al fine di di ridurre i costi - si possono offrire anche: il know-how necessario, l’assistenza tecnica e materie prime. La criticità è la relazione con il produttore locale dalla selezione, alla gestione, ai modelli di profitto. I vantaggi per l’impresa sono: avvicinamento graduale al mercato estero; non si sostengono investimenti nel paese estero, difficilmente reversibili, quindi minor rischio; i proventi per la vendita dei prodotti sul mercato locale possono essere utilizzati per pagare il partner locale. Il vantaggio per il partner locale è il trasferimento di conoscenze e assistenza tecnica. - Contratto di gestione = si realizza quando un’impresa internazionale gestisce un’attività costituita e finanziata da un investitore locale in cambio di una remunerazione normalmente commisurata sui profitti conseguiti; il proprietario non coincide più con il manager. Es: nel settore turistico/alberghiero Una particolare tipologia di contratto è il Turnkey contract (“chiavi in mano”): l’investitore locale (generalmente un ente pubblico) fornisce il capitale all’impresa internazionale che costituisce e gestisce l’investimento. I vantaggi di questo contratto sono: per l’impresa internazionale, l’uso delle proprie risorse e competenze in un nuovo mercato geografico (senza dover investire); per l’impresa locale, apporto di competenze esterne per far “fruttare” il proprio investimento; l’accordo può anche prevedere al termine del contratto l’acquisto della struttura da parte dell’impresa internazionale. 4. Alleanze commerciali = consistono nella ricerca di sinergie di offerta tra imprese diverse su scala internazionale per accrescere i ricavi complessivi e/o dividere i costi nello stesso settore (Es: trasporto aereo), o in settori diversi (con il co-marketing): sono, dunque, alleanze finalizzate alla vendita / distribuzione di un prodotto. - Joint venture = un accordo equity che prevede la costituzione di un nuovo soggetto impresa con una propria personalità giuridica da parte di due o più imprese genitrici (parent companies): queste si uniscono, conferendo il capitale per la costituzione della nuova impresa ma anche le competenze tecniche e manageriali; da questa unione deve nascere la competenza distintiva della nuova (di solito gode di un’organizzazione propria). Es: Google e NASA hanno creato Google Earth La joint venture internazionale è la nuova società costituita da due o più partner di nazionalità diversa; sono due i modelli prevalenti: 29 a. verticale: l’impresa estera costituisce con imprese locali una nuova società la cui missione è lo sviluppo commerciale dei prodotti dell’impresa estera (l’impresa estera apporta le sue conoscenze produttive, i partner stranieri le conoscenze del mercato locale); b. orizzontale: due o più imprese estere uniscono le forze per entrare in un nuovo mercato estero. I vantaggi di questo tipo di accordo sono: distribuzione dell’investimento finanziario ed organizzativo; netta separazione dell’impresa dalla joint venture; entrare in un nuovo paese con una dotazione di risorse maggiore di quanto una singola impresa potrebbe disporre; l’evoluzione della joint venture può generare nuove opportunità; se sono coinvolte imprese locali, il governo è più predisposto. Per i promotori (parent companies) occorre valutare: - gli obiettivi che si vogliono raggiungere; - l’entità dell’investimento; - l’orizzonte temporale per raggiungere gli obiettivi; - la compatibilità tra i partner organizzativa e strategica tra imprese del paese di provenienza e del paese di destinazione; tra imprese di paesi di provenienza diversa. Il governo della joint venture si occupa di: - coordinamento e meccanismi di comunicazione tra i promotori e la nuova società (joint venture paritetiche vs joint venture squilibrate); - attribuzione delle posizioni di vertice; - modalità di superamento dei conflitti; - qualità delle procedure operative. Vi possono essere due forme che può assumere la joint venture: societarie, (joint venture corporation) in cui i partecipanti (co-ventures) possono appartenere a paesi diversi: in questo caso i co-ventures si spartiscono oneri e utili della società e sono responsabili esclusivamente per la parte di capitale da loro versato. Es: Sony Ericsson nata dall’accordo tra il gruppo dell’elettronica giapponese Sony e la telco svedese Ericsson nel 2001. contrattuali, in questo caso due aziende danno vita ad accordi per la realizzazione di un progetto comune con l’obiettivo di suddividersi i profitti. Es: l’Opel Corsa Diesel montava il motore 1.3 Multijet di Fiat. Gli investimenti diretti esteri Gli IDE (investimenti diretti esteri) sono investimenti realizzati da un’impresa residente (creata ad hoc o già esistente) in un Paese diverso da quello di origine ed implicano che una filiale dell’azienda, di vendita o di produzione, si sposti all’estero e agisca in quel mercato senza un intermediario. È la modalità più strutturata per l’espansione internazionale e ovviamente anche quella più impegnativa in termini di risorse finanziarie e manageriali: richiede l’assunzione del rischio al paese dell’area dove si effettua l’investimento. Il controllo di un’impresa estera può avvenire in due modi: attraverso operazioni di acquisizione, quando una multinazionale acquisisce una quota sufficiente a garantire il controllo di un’impresa consociata; 30 attraverso operazioni di fusione, quando due imprese, residenti in paesi diversi, decidono di fondersi. Gli IDE vengono realizzati attraverso quattro modalità: 1. Creazione di imprese ex novo in loco investimenti greenfield = si creano nuove strutture produttive in una nuova area geografica che aumentano la capacità produttiva in un paese; sono in minoranza rispetto ai brownfield poiché necessitano del tempo per entrare completamente in funzione, anche se sono stimati in crescita verso Cina, USA, Indonesia, India, Brasile e Germania negli ambiti di ricerca e sviluppo, farmaceutica, servizi IT, chimica, automotive e industria aerospaziale - questa crescita è stata supportata da attori quali private equity, fondi sovrani, fondi di investimento, merchant banks, partnership di investimento ecc…, che hanno offerto gli strumenti finanziari necessari. investimenti brownfield = si acquisiscono in proprietà aziende già operanti all’estero o creando una nuova struttura in un sito precedentemente utilizzato per un altro o riconvertito. Il vantaggio principale di questa tipologia di investimenti è la rapidità di avvio dell’impresa, in quanto non si deve investire nella creazione e organizzazione produttiva dell’azienda, poiché la sede produttiva e i dipendenti sono già presenti. Talvolta gli investimenti vengono realizzati mediante imprese dette special purpose entities, il cui fine è conseguire benefici fiscali. 2. Joint venture di tipo equity. 3. Nuovi investimenti in sussidiarie già esistenti. 4. Acquisizioni di quote capitali di imprese estere già esistenti. Si distinguono due tipologie di IDE: - verticali, quando alcune fasi della produzione vengono trasferite presso controllate che operano all’estero; la scelta di produrre in parte all’estero è legata principalmente alla possibilità di avvantaggiarsi dell’esistenza di differenze internazionali nei costi di produzione rilevanti. - orizzontali, quando le filiali estere producono esattamente gli stessi beni prodotti dalla casa madre (nel caso di imprese monoprodotto) o specifiche varietà dello stesso prodotto (nel caso di imprese multiprodotto); la scelta di produrre all’estero può essere legata soprattutto alla possibilità di ridurre i costi, o di adattare meglio la produzione alle preferenze della domanda locale. Gli IDE possono essere osservati secondo due prospettive: - quella del paese origine, che attua uno screening, ossia individua in un set ampio di paesi quale geograficamente, culturalmente o logisticamente possa essere il più adatto ad espandere il suo mercato; - quella del paese ospitante (host country), in quanto ricevono effetti dagli investimenti: il rapporto non è più conflittuale come negli anni Settanta con le multinazionali e i paesi che si sentivano sfruttati, bensì tale rapporto è migliorato, in quanto i governi valutano positivamente l’intervento sul proprio mercato di imprese estere per favorire lo sviluppo della loro economia. Le aree di confronto dove si determina in concreto l’equilibrio tra gli obiettivi dell’impresa estera e quelli del governo locale sono: valore aggiunto (ricchezza) prodotto nel paese; localizzazione delle attività di R&S (ricerca e sviluppo) 31 buona cittadinanza, ossia un approccio sostenibile al contesto; bilancia commerciale della sussidiaria (acquisti in loco vs fatturato realizzato); occupazione e sviluppo delle risorse umane; trasferimento dei fondi finanziari. Finalità - Presidio diretto del mercato, in termini di relazione con il mercato. - Riduzione dei costi di produzione e logistici. - Migliore accesso e acquisizione di risorse distintive (materie prime, conoscenze tecnologiche) - Razionalizzazione della struttura produttiva internazionale. - Rafforzamento del patrimonio in una società già controllata. Svantaggi Le liabilities of foreignness sono gli svantaggi (es. maggiori costi) derivanti dall'operare all'estero: questi provengono innanzitutto da problemi logistici e di coordinamento operativo ovviamente conseguenti alla distanza geografica tra il paese d'origine e il mercato estero; successivamente anche dalla non familiarità con il contesto locale, per quanto riguarda il comportamento degli acquirenti, i meccanismi distributivi, l'apparato regolatorio. Possono essere intese come “debito” nei confronti del territorio ospitante per aver sfruttato le risorse locali e imposto attività potenzialmente inquinanti: per bilanciare questi svantaggi (ad es. i costi e la danneggiata immagine nei confronti dell’host country), è essenziale rafforzare il proprio radicamento nel contesto locale, migliorando le relazioni con gli attori locali e il proprio ruolo positivo nello sviluppo sostenibile della comunità. Vantaggi per l’host country Per valutare l’impatto che un IDE può avere sull’host country si attua: - identificazione delle esternalità positive e negative; - valutazione dell’effettivo impatto delle suddette esternalità in relazione alle condizioni del territorio; - comprensione dei fattori da cui dipendono tali esternalità. - Trasferimento di conoscenza = questo si verifica prima tra le unità di un’impresa o tra imprese collocate in paesi diversi, poi si estende ai territori, anche tramite le imprese locali. Il trasferimento ai territori ospitanti avviene tramite: learning by observing o demonstration effect; trasferimento di conoscenze per legami contrattuali; spillovers. - Valorizzazione delle produzioni locali = le imprese locali avranno nuove opportunità di business con i nuovi investitori e anche possibilità di esportazione, in quanto l’area viene valorizzata come meta di investimenti per future imprese - Aumento delle esportazioni = vi sono quattro meccanismi che le alimentano: l’impresa produce nel territorio estero semilavorati inviati alla casa-madre, che ne completa la produzione per soddisfare il fabbisogno di altre sussidiarie alle quali vende i prodotti; l’impresa svolge produzioni per unità presenti altrove (flussi intra-company); l’impresa colloca strutture produttive per vendere nel mercato locale ed in quelli limitrofi; l’impresa realizza un’offerta fortemente caratterizzata da fattori locali, facendosi amplificatore dei marchi e delle produzioni locali, e vende nei mercati esteri. 32 - Valorizzazione del capitale umano = può avvenire, in primis, sul piano retributivo, dove si verifica un miglioramento - questo fenomeno, tuttavia, farà ridurre la domanda di lavoro verso le imprese locali e comporta il rischio del dumping sociale (una crescita vorticosa verso i vertici della società); in secondo luogo, verrà attratta manodopera qualificata verso l’area, valorizzandone le capacità, e si stimoleranno le idee imprenditoriali locali, anche attraverso spin-off (processo mediante il quale una società madre crea una nuova entità aziendale, separandola dalla sua struttura principale, al fine di concentrarsi su un settore specifico o su un’attività particolare). - Aumento della concorrenza con le imprese locali - nel caso si tratti di un investimento realizzato tramite acquisizione (ad esempio di un impresa locale leader) l’effetto è opposto. Ruolo dei governi Il compito dei governi è realizzare un’ attività di scouting internazionale per: - attrarre nuovi potenziali investitori in uno scenario competitivo tra i territori; - estendere la presenza degli investitori già operanti; - rendere il territorio attraente (marketing territoriale); - proporre delle agevolazioni economiche e finanziarie. I governi tendono ad attrarre gli investimenti dall’estero per: - migliorare le condizioni ambientali che limitano lo sviluppo locale; - collaborare a progetti di sviluppo con ricadute comuni ai partner; - favorire l’integrazione tra l’impresa estera e gli attori locali. Criteri di scelta delle modalità di realizzazione degli IDE Disposizioni normative del paese ospitante che possono favorire una forma piuttosto che un’altra (pratiche burocratiche, ecc.) Disponibilità concreta delle opportunità (paesi meno avanzati investimenti greenfield