Summary

Questo documento presenta domande su concetti chiave di chimica fisica, come l'equilibrio termico, lo zero-esimo principio, i punti fissi, le scale di temperatura empirica e l'equazione di stato del gas perfetto. Vengono illustrate le isoterme dei gas perfetti e reali, spiegando le differenze nei comportamenti e le interazioni tra le particelle.

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Domanda 15: la temperatura empirica (da p. 20 a 28) a. Definire l’equilibrio termico tra due sistemi - l’equilibrio termico è lo stato complessivo che due o più sistemi raggiungo quando vengono messi in contatto attraverso parete diatermica, ovvero una parete che consente passagg...

Domanda 15: la temperatura empirica (da p. 20 a 28) a. Definire l’equilibrio termico tra due sistemi - l’equilibrio termico è lo stato complessivo che due o più sistemi raggiungo quando vengono messi in contatto attraverso parete diatermica, ovvero una parete che consente passaggi di calore ma non di materia b. Descrivere le evidenze sperimentali che portano allo Zeresimo principio - se consideriamo 2 sistemi separati da una parete adiabatica questi si trovano in uno stato di equilibrio individuale quindi abbiamo f(xa, ya) = 0 e f(xb, yb) = 0 - se consideriamo 2 sistemi separati da una parete diatermica questi sono in uno stato di equilibrio complessivo f (xa, ya, xb, yb) = 0 - se consideriamo 2 sistemi A e B separati da parete adiabatica e messi in contatto con un 3° sistema C tramite una parete diatermica, A e B saranno in equilibrio con C > se la parete adiabatica viene sostituita con una parete diatermica non avviene alcuna variazione poiché i sistemi A e B erano già in equilibrio termico tra loro c. Enunciare lo Zeresimo principio e discuterne le implicazioni - zeresimo principio = “due sistemi, ciascuno separatamente in equilibrio termico con un terzo, sono in equilibrio termico tra loro” - l’implicazione fondamentale di questo principio è che ci sia una proprietà termodinamica intrinseca di ogni sistema (la temperatura) che se assume stesso valore in due sistemi allora vuol dire che questi sono in equilibrio d. Introdurre i punti fissi e discutere la scala Celsius e la scala Kelvin della temperatura - punti fissi > sono particolari stati di equilibrio facilmente individuabili caratterizzati da una temperatura costante e servono per associare dei valori numerici di temperatura empirica ai diversi stati del sistema, cosa che fa attraverso le scale di temperatura > i più comuni sono: 1. Punto di fusione —> coesistono solido e liquido 2. Punto di ebollizione —> coesistono liquido e vapore 3. Punto di sublimazione —> coesistono solido e vapore 4. Punto triplo —> coesistono tutte e tre le fasi 1 - scale di temperatura > per determinare la scala di temperatura, ovvero per associare diversi valori di temperature empiriche agli stati del sistema, si possono seguire due strade: 1. Scala Celsius —> si scelgono due punti fissi che sono il punto di fusione (0 °C) e il punto di ebollizione (100 °C) dell’acqua > per stabilire le altre unità della scala bisogna attuare passaggi matematici che mettono in relazione il coefficiente angolare della retta (a) con determinati valori di X e di θ 2. Scala Kelvin —> si sceglie un solo punto fisso, che è il punto triplo dell’acqua, a cui viene assegnato un valore arbitrario di temperatura di 273,15 K, preso come punto di riferimento per l’intera scala > per stabilire gli altri valori della scala mantenendo il sistema in equilibrio termico con l’acqua nel suo punto triplo vengono attuati una serie di passaggi matematici 2 Domanda 24: il termometro a gas (da p. 23 a 26) a. Descrivere l'apparato di un termometro a gas a volume costante, anche con un disegno - sono i termometri più importanti per la determinazione delle scale di temperatura - il gas è contenuto in un bulbo, collegato a un manometro a mercurio tramite un capillare, e il suo volume può essere mantenuto costante variando la p di mercurio in modo che la sua superficie tocchi sempre la punta di un indicatore che resta fisso - la caratteristica termometrica, ovvero la grandezza X che varia al variare della temperatura, è proprio la pressione - indipendentemente dalla natura del gas, tutti i termometri a gas posti in equilibrio termico con un sistema a temperatura fissa forniscono lo stesso valore di temperatura quando la pressione del gas tende a zero - mentre lo si utilizza bisogna sempre tener conto di vari errori: 1. al variare di T e p varia il volume del bulbo e del capillare 2. il gas contenuto nel capillare ha un gradiente di temperatura e di pressione 4. una certa quantità di gas è assorbita sulla superficie del bulbo e del capillare 5. vi sono effetti dovuti alla compressibilità del mercurio del manometro b. Descrivere l'esperimento che permette di definire la scala di temperatura del gas perfetto - supponiamo di voler misurare la temperatura di un sistema costituito da zolfo liquido e solido all’equilibrio con un termometro a gas: > inseriamo nel bulbo una certa quantità di gas in modo che al punto critico dell’acqua la pressione misurata sia p3 = 1000 mmHg e con lo stesso bulbo mettiamo il termometro a contatto con lo zolfo solido/liquido —> otteniamo un certo valore p il cui corrispondente valore di temperatura empirica misurato per il sistema sarà dato da θ(p) = p/p3 x 273,15 K dove andiamo a sostituire il valore di p3 con quello sopra > ora togliamo dal bulbo un po’ di gas in modo che al punto triplo dell’acqua p3 = 500 mmHg e con lo stesso bulbo mettiamo il termometro a contatto con lo zolfo liquido/solido —> otteniamo il valore p il cui corrispondente valore di temperatura empirica sarà θ(p) = p/p3 x 273,15 K dove p3 va sostituito con 1000 + 500 mmHg > continuiamo a togliere gas dal bulbo in modo da associare a p3 e p valori sempre più piccoli e misuriamo sempre la temperatura empirica > una volta esplorati i diversi valori di pressione, si riportano su un grafico quelli ottenuti in funzione dei valori di p3 e infine di ripeta l’esperimento con un gas diverso - possiamo definire la temperatura del termometro a gas perfetto come 3 Domanda 12: l’equazione di stato del gas perfetto (da p. 32 a 36) a. Descrivere l’esperimento di Boyle e mostrare come permetta di ricavare l’equazione di stato del gas perfetto > viene inserita una mole di gas in un contenitore con pareti diatermiche e una parete del contenitore è costituita da un pistone regolabile - esperimento consiste nel: 1. Fissare temperatura ambiente 2. Sperimentare diversi volumi e misurare le corrispondenti pressioni esercitate dal gas con un manometro 3. Ripetere le misure cambiando tipo di gas e in seguito fissando valore diverso di temperatura dell’ambiente - fatto tutto ciò si riportano su grafico i valori di pV in funzione della pressione e si osserva che tutti i gas tendono ad un valore identico di pV quando la pressione è bassa > il valore osservato però è diverso a diverse temperature quindi si ipotizza una prima formula lim p—>0 pV =A(T)* - si scopre che la dipendenza di A da T è una dipendenza lineare dove A(T) assume la forma di R ovvero la costante universale dei gas che a seconda delle unità di misura utilizzate può assumere diversi valori > il rapporto di questa grandezza valutata a due temperature coincide con il rapporto tra le due temperature: A(T1)/A(T2) = RT1/RT2 = T1/T2 > si identifica poi il valore del coefficiente R studiando il rapporto tra la grandezza ad una generica temperatura e la temperatura del punto triplo dell’acqua: R = A(T3)/T3 = 22,4 L atm mol-1/ 273,15 K = 0,0820568 L atm mol-1 K-1 > alla luce degli ultimi sviluppi relativi alla forma di A(T) = RT si può tornare alla relazione * e si ottiene lim p—>0 pV =nRT relazione che ci dice che qualunque gas reale, nel limite delle basse pressioni, si comporta secondo l’equazione di stato pV = nRT - a questo punto si può dare definizione termodinamica di gas perfetto ovvero ipotetico gas che ubbidisce all’equazione di stato per qualunque valore di pressione b. Rappresentare graficamente e discutere il comportamento del gas perfetto in sezioni isobare, isocore e isoterme dello spazio delle fasi - l’equazione di stato dei gas perfetti può essere rappresentata da una curva in uno spazio 3D definito spazio delle fasi - nel caso dell’equazione di stato del gas perfetto ci sono 3 spazi delle fasi possibili: 1. Sezioni isobare —> viene fissato valore p, V e T sono direttamente proporzionali (legge di Charles) 2. Sezioni isocore —> viene fissato valore volume e pressione e temperatura sono direttamente proporzionali (legge di Gay-Lussac) 3. Sezioni isoterme —> viene fissato valore T, p e V sono inversamente proporzionali (legge di Boyle) 4 Domanda 8: le isoterme dei gas (da p. 32 a 57) a. Discutere la legge che descrive le curve isoterme per un gas perfetto e darne una rappresentazione grafica nel piano p-V - la legge che descrive le curve isoterme per un gas perfetto è la legge di Boyle e viene definita così in quanto descrive una variazione di p e V di un gas ideale a temperatura costante - cambiando i valori di T si ottengono rami di iperbole diversi b. Discutere aspetti generali delle curve isoterme nel piano p-V per un gas reale (in cosa si discostano dal gas perfetto?) > comportamento di un gas reale - temperature molto basse = isoterma è quasi piatta - T < Tc = si forma di liquido - Tc = non c’è più separazione tra vapore e liquido - T > Tc —> c’è fluido supercritico che è un’unica fase gassosa che può essere molto più densa di un gas - temperature molto alte —> si ritorna a condizioni di iperbole che possono avvicinarsi a un comportamento ideale > la deviazione dall’idealità è dovuta al manifestarsi delle interazioni tra le particelle: 1. forze repulsive —> sono a corto raggio quindi entrano in gioco quando le molecole sono a contatto e quindi quando c’è alta densità/pressione 2. forze attrattive —> sono a lungo raggio ovvero entrano in gioco quando c’è minore densità/pressione > quando la pressione è bassissima abbiamo l’approssimazione a gas ideale perché non entrano in gioco né le forze attrattive né quelle repulsive dato che le molecole stanno la maggior parte del tempo lontane c. Discutere la forma delle isoterme nel piano p-V relative all'equazione di stato di van der Waals - a T > Tc il primo termine è dominante rispetto al secondo quindi p è inversamente proporzionale a V e le isoterme sono delle iperboli come per il gas perfetto (inoltre la pressione del gas reale è più grande del gas perfetto perché le interazioni repulsive dominano su quelle attrattive) - alla Tc l’isoterma presenta un flesso orizzontale al punto critico - per T < Tc le isoterme presentano delle oscillazioni dette anse di Van der Waals, a livello matematico questo vuol dire che l’equazione è di forma cubica nel volume > conclusione: equazione di Van der Waals è compatibile con il principio degli stati corrispondenti ovvero, qualora espressa in termini di variabili ridotte, assume la stessa forma per ogni gas 5 Domanda 1 e 43: rapporto di compressione di un gas (da p. 40 a 57) a. Definire il rapporto di compressione di un gas e indicarne valore per il gas perfetto > il rapporto di compressione Z di un gas è definito come Z = pV/ RT - il rapporto di compressione per un gas perfetto equivale a Z = 1 b. Descriverne andamento in funzione della pressione e della temperatura per i gas reali (facendo riferimento alle interazioni attrattive e repulsive tra le particelle del gas) - andamento in funzione della pressione > a basse pressioni tutti i gas hanno un rapporto di compressione Z = 1 circa quindi si comportano come gas perfetto > ad alte pressioni Z > 1 ovvero sono più difficilmente comprimibili rispetto a un gas perfetto a causa delle interazioni repulsive > per pressioni intermedie alcuni gas hanno Z < 1, quindi predominano le interazioni attrattive che ne favoriscono la compressione - andamento in funzione della temperatura > all’aumentare della temperatura la deviazione dall'idealità diminuisce e a temperature sufficientemente alte la deviazione è sempre positiva; in questo caso l’energia cinetica delle molecole vince sulle forze attrattive, quindi prevalgono quelle repulsive e così la comprimibilità sarà minore rispetto a un gas perfetto > al diminuire della temperatura invece l’energia cinetica delle molecole è minore e si possono sviluppare interazioni attrattive per pressioni limitate quindi la comprimibilità sarà maggiore di quella di un gas perfetto d. Scrivere l'espressione dell’equazione di stato di Van der Waals e discutere come si pervenga a questa tenendo conto delle interazioni attrattive e repulsive nel gas reale > equazione di Van der Waals: [p + a(n/V)2 ] (V - nb) = nRT - nel modello del gas perfetto atomi/molecole sono considerati puntiformi quindi si può supporre che le molecole siano sfere rigide impenetrabili che occupano un certo V molecolare quindi il volume sarà quello del sistema meno quello della sfera quindi V-nb - la p dipende dalle collisioni molecolari e dalla variazione della quantità di moto però in caso di interazioni attrattive questi fattori vengono ridotti e quindi p diminuirà di un valore proporzionale a (n/V)2 - partendo dall’equazione dei gas perfetti pV = nRT avremo quindi P (V - nb) = nRT che diventa p = nRT/ (V - nb) - a (n/V)2 c. Definire il punto critico di un gas reale ed introdurre le variabili ridotte > il punto critico di un gas reale è definito da 𝑇c , pc e Vc - 𝑇c rappresenta il punto più basso di temperatura alla quale la sostanza può essere sottoposta a compressione isoterma senza subire trasformazione di condensazione - al punto critico si è osservato che molti gas hanno rapporto di compressione 𝑍0 = 0.3 > per descrivere il comportamento dei gas reali vengono introdotte delle variabili ridotte che sono p = p/pc ,T = T/Tc, V = V/Vc 6 d. Discutere il principio degli stati corrispondenti > gas reali con lo stesso V ridotto, alla stessa T ridotta, esercitano la stessa p ridotta - questo principio è detto principio degli stati corrispondenti ed implica che un gruppo di gas simili possa essere descritto da una sola equazione di stato espressa secondo solo variabili ridotte 𝑓(𝑝r , Ṽr , 𝑇r ) = 0 Domanda 19: l'equazione di stato del Viriale (da p. 44 a 48) a. Se ne introduca l'espressione sia in termini della pressione che del volume > vogliamo ottenere un’equazione di stato anche per i gas reali e per farlo si può partire dalle osservazioni fatte sul rapporto di compressione - la dipendenza di Z dalla pressione può essere rappresentata con delle curve regolari descritte in termini di polinomi di potenze crescenti della pressione Z = pV/RT = 1 + Bp × p + Cp × p2 + Dp × p3 + … dove Bp, Cp, etc. sono i coefficienti del viriale, i quali dipendono sia da T che dalla natura del gas > per basse T i primi coefficienti sono negativi, quindi Z < 1 a basse p > il coefficiente Dp è sempre positivo ed è il cubo della pressione quindi, diventerà il termine dominante anche a basse T ma ad alte pressioni portando Z > 1 > ad alte T i coefficienti sono tutti positivi quindi Z > 1 per ogni valore di p - possiamo riscrivere l’equazione come pV = RT (1 + Bp × p + Cp × p2 + Dp × p3 + …), questa prende il nome di equazione di stato del viriale per i gas reali > in generale tanto è maggiore la pressione quanto è maggiore il numero di termini necessario per descrivere il comportamento del gas b. Se ne discuta la versione troncata al primo ordine (in quali condizioni è valida? Che rapporto si ha tra secondo coefficiente del viriale e rapporto di compressione?) > per i gas reali tra 0 e 40 atm la relazione tra pV e p è lineare quindi i termini significativi sono pV = RT (1 + Bp × p) ovvero Z = 1 + Bp × p - se Bp > 0 allora Z > 1, se Bp < 0 allora Z < 1, se Bp = 0 allora Z = 1 > se si analizza il rapporto di compressione in funzione di 1/V allora si avrà Z = pV/RT = 1 + Bv x 1/V + Cv x 1/V2 + Dv x 1/V3 + … - anche in questo caso tra 0 e 40 atm la relazione tra pV e 1/V è lineare quindi si può scrivere pV = RT(1 + Bv × 1/V) > ne consegue che se Bv > 0 allora Z > 1, se Bv < 0 allora Z < 1 se Bv = 0 allora Z = 0 - le due formulazioni dell’equazione di stato del viriale sono legate dall’equazione: Bp circa uguale a Bv/RT c. Si definisca la temperatura di Boyle > temperatura di Boyle = temperatura in cui si annulla il secondo coefficiente del viriale - a questa, nei limiti di validità delle equazioni precedenti, l’isoterma del gas reale coincide con l’isoterma del gas perfetto quindi il gas ubbidisce alla legge di Boyle (da qui deriva il nome) 7 Domanda 28: espansione (e compressione) isoterma di un gas (da p. 68 a 73) Si descriva il processo, lo si rappresenti schematicamente e se ne calcoli il lavoro associato all'espansione (ed alla compressione necessaria a riportare il sistema nello stato di partenza) a. nel caso di espansione libera contro il vuoto > espansione: abbiamo sistema nello stato iniziale a V1 e p1 e in cui è presente un pistone al di sopra del quale c’è il vuoto - il gas si espande spingendo il pistone verso l’alto e quando si blocca si hanno dei nuovi valori di V e p - la p esercitata dall’ambiente sul sistema è 0 quindi si ha > compressione: per tornare allo stato iniziale bisogna applicare una p uguale a quella iniziale del gas dall’esterno premendo sulla parete del pistone (processo di compressione) - quest’azione NON è reversibile perché è necessario modificare l’ambiente esterno che ha dovuto fornire energia sotto forma di lavoro - il sistema attraversa quindi stati di non equilibrio e non è possibile rappresentare questa trasformazione nello spazio delle fasi - in questo caso abbiamo una pressione esterna costante per cui il lavoro sarà b. nel caso di espansione contro una pressione costante > espansione: sistema si trova in uno stato iniziale di V1 e p1 - muovendo un pistone senza attrito contro la p costante applicata dall’ambiente esterno arriva a uno stato finale con V2 e p2 > compressione: per tornare allo stato iniziale si applica una pressione esterna in cui p1 > p2 e anche in questo caso il processo NON è reversibile perché è stato modificato l’ambiente esterno - in questo caso il lavoro è dato da c. nel caso di espansione reversibile > espansione: abbiamo un cilindro in condizioni di equilibrio, se riduciamo un po’ alla volta la p esterna si ha l’espansione del gas finché non si raggiunge nuovo equilibrio - se il gas si comporta come perfetto possiamo calcolare il lavoro svolto durante il processo attraverso l’equazione che dà un risultato negativo perché il volume finale è maggiore di quello iniziale 8 > compressione: possiamo tornare alla situazione iniziale aumentando piano piano la p del pistone con delle quantità che ci fanno tornare alle condizioni iniziali - il cammino può essere rappresentato da una curva ben precisa nello spazio delle fasi, infatti per un processo di espansione/compressione isoterma l’equazione di stato è data dalla legge di Boyle che corrisponde a un ramo di iperbole nel piano - il lavoro in questo caso dà risultato positivo Domanda 6: interpretazione microscopica dell’energia interna (da p. 83 a 88) > l’energia interna U è l’energia posseduta da tutte le particelle di un composto, le quali hanno diversi gradi di libertà dovuti a motivi elettronici, traslazionali, rotazionali e vibrazionali a. Discuterne i contributi elettronici > tengono conto delle interazioni elettrostatiche tra elettroni carichi negativamente e nuclei carichi positivamente, ce ne sono di due tipi: 1. intramolecolari = tengono conto delle interazioni tra nuclei ed elettroni della stessa molecola > sono molto stabili e rimangono costanti durante processi non reattivi > a temperature ordinarie non variano al variare di T, infatti per cambiarle bisognerebbe aumentare la temperatura di almeno 1000 K 2. intermolecolari = tengono conto delle interazioni tra nuclei ed elettroni che appartengono a molecole diverse > in questo caso il contributo sarà tanto maggiore quanto più vicine saranno le particelle (quindi si preferiscono fasi condensate, liquide e solide) > l’ordine di grandezza varia da 4 a 40 J/mol a 1 atm e 25°C > per quantificare l’energia interna elettronica intermolecolare si può considerare che tenda a 0 per p che tende a 0, infatti per p molto basse le molecole di gas sono molto lontane e quindi non interagiscono tra loro > i valori tipici per un liquido possono essere stimati per ΔU di evaporazione a bassa pressione, mentre per i solidi possono essere stimati per ΔU di sublimazione a bassa pressione 9 b. Discuterne i contributi traslazionali > tengono conto del moto traslatorio delle particelle - per quantificare il contributo dell’energia interna di queste si ricorre al principio di equipartizione dell’energia secondo il quale “ogni grado di libertà che compone il moto di una particella contribuisce con kBT/2 all'energia interna del sistema che è in equilibrio termico alla temperatura T” - qualunque traslazione lungo una direzione dello spazio 3D può sempre essere descritta come una combinazione di moti lungo le 3 direzioni ortogonali quindi in base al principio di equipartizione, U traslazionale sarà per una molecola (1) e per una mole (2): (1) (2) > esempio: per una mole di gas a 25 °C, l'energia interna traslazionale vale 3.6 kJ/mol, e per un gas monoatomico questo sarà l'unico contributo cinetico all'energia interna, per molecole poliatomiche invece vi sono anche altri contributi dovuti a moti di rotazione e vibrazione c. Discuterne i contributi rotazionali > tengono conto dell’energia cinetica rotazionale delle particelle, vale per molecole poliatomiche perché possono muoversi di moto rotatorio rigido attorno al proprio baricentro - nel caso di molecole NON lineari (come l'acqua, ad esempio), vi sono 3 assi attorno ai quali la molecola può ruotare (x,y,z) e qualunque rotazione può essere espressa come una combinazione di queste rotazioni fondamentali > applicando di nuovo il principio di equipartizione, il contributo rotazionale all'energia interna di una singola molecola non lineare sarà (1) e per una mole (2): > a 25 °C l'energia interna rotazionale di una molecola non lineare vale 3.6 kJ/mol - se la molecola è lineare ha solo un asse attorno al quale può ruotare quindi presenta solamente 2 rotazioni fondamentali > a 25 °C l'energia interna rotazionale di una molecola lineare vale 2.4 kJ/mol d. Discuterne i contributi vibrazionali > tengono conto dell'oscillazione delle molecole attorno alla loro posizione di equilibrio - le vibrazioni sono caratterizzate da un termine cinetico (T) e da uno potenziale (V) dell'energia, per cui potremo scrivere con l’equazione Uvib = Tvib + Vvib 10 - consideriamo per semplicità una molecola lineare, i 2 atomi A e B che la costituiscono potranno dar luogo ad un’unica vibrazione che corrisponde all'allungamento o accorciamento del legame che li tiene insieme > la cosa più semplice che permette di descrivere questa vibrazione è il modello dell'oscillatore armonico classico mono-dimensionale, secondo cui l'energia potenziale del sistema è una funzione quadratica dello spostamento dalla configurazione di equilibrio e assume quindi la forma di una parabola > l’energia vibrazionale di una molecola biatomica sarà descritta dalla formula: Uvib = ½ μv2 + ½ k (x - x0)2 dove > μ = mAmB/(mA + mB) —> massa ridotta della molecola > v —> velocità alla quale si muovono gli atomi > k —> costante di forza del legame (che può essere descritto da una molla) > x-x0 —> deformazione rispetto alla lunghezza di equilibrio del legame x0 - applicando il principio di equipartizione risulta un contributo di kBT/2 sia per il termine cinetico che per il termine potenziale, quindi il contributo vibrazionale all'energia interna è Uvib = kBT > situazione è diversa per molecole più complesse infatti si devono descrivere tutti i possibili “modi” in cui gli N atomi della molecola possono vibrare - ogni atomo della molecola può essere spostato dalla sua posizione di equilibrio secondo tre direzioni ortogonali (x,y,z), tuttavia non tutti gli spostamenti sono indipendenti nella descrizione delle vibrazioni > esempio: se consideriamo caso in cui atomi dell'acqua siano traslati simultaneamente lungo x questo moto risulterà in una traslazione rigida e non in una vibrazione - per calcolare il numero di “modi” distinti in cui gli N atomi di una molecola poliatomica possono vibrare dai 3N spostamenti cartesiani di partenza, bisogna rimuovere i gradi di libertà traslazionali e rotazionali, quindi il numero di vibrazioni per una molecola di N atomi è 3N -6(5) > nel caso dell'acqua, essendo N=3, il numero di modi di vibrazione è 3, che sono lo stretching simmetrico dei due legami O-H, lo stretching asimmetrico dei due legami O-H e il bending dell'angolo di legame H-O-H > ciascuna di queste vibrazioni sarà descritta da un oscillatore armonico classico mono-dimensionale con un termine cinetico ed uno potenziale - applicando ancora il principio di equipartizione, il contributo vibrazionale all'energia interna di una molecola poliatomica di N atomi sarà Uvib = [3N - 6(5)]kBT mentre per una mole sarà: Uvib = [3N - 6(5)]RT - esempio: il contributo vibrazionale all'energia interna di una molecola poliatomica di N=10 atomi a 25 °C vale 57.6 kJ/mol (o 60 kJ/mol) a seconda che la molecola sia non lineare (o lineare) 11 Domanda 9: il calore (da p. 88 a 90) a. Se ne dia la definizione calorimetrica > la calorimetria è la parte della termodinamica che si occupa di studiare i cambiamenti di stato che si verificano quando un corpo con maggiore T entra a contatto con uno a minore T - secondo questa il calore è ciò che viene scambiato tra un sistema e l’ambiente circostante/tra 2 sistemi solo in virtù di una differenza di temperatura b. Se ne dia la definizione termodinamica > secondo questa il calore può essere definito in termini di lavoro, ovvero 1 cal = 4,1840 J che sarebbe la quantità necessaria per innalzare la temperatura da 14,5° a 15,5° di un grammo di acqua a 1 atm c. Se ne discuta la convenzione per il segno > adottando la convenzione secondo la quale il lavoro svolto dall’ambiente sul sistema è positivo ne consegue che il calore è - positivo = calore dell’ambiente sul sistema - negativo = calore del sistema sull’ambiente d. Discutere i passaggi che consentono di pervenire alla formulazione più generale del Primo Principio della Termodinamica - formulazione 1 = il passaggio di un sistema da uno stato termodinamico A ad uno B tramite un processo adiabatico richiede sempre la stessa quantità di lavoro (positivo o negativo), indipendentemente dal suo tipo e dal tipo di cammino percorso - formulazione 2 = si può definire una funzione di stato detta energia interna U, tale che la sua differenza tra uno stato B ed uno stato A corrisponde al lavoro necessario per portare il sistema da A a B in un processo adiabatico - formulazione 3 = la variazione di U di un sistema chiuso per un processo che avviene tra 2 stati di equilibrio è data dalla somma di W e Q scambiati durante il processo - formulazione 4 = l'energia interna di un sistema isolato si conserva nel tempo ΔU = Q + W = 0 - formulazione 5 = in un processo ciclico, il calore scambiato fra sistema ed ambiente è uguale al lavoro scambiato tra ambiente e sistema nel corso del ciclo |Q| A—>A = |W |A—>A 12 Domanda 22: capacità termica (da p. 95 a 100) a. Spiegare che cos’è la capacità termica in generale, ed in particolare definire la capacità termica a pressione costante - capacità termica media è definita come Cm = Q/ΔT dove Q è la quantità di calore scambiato e ΔT la variazione di temperatura - capacità termica istantanea C = δQ/δT (rapporto tra variazioni infinitesime) - capacità termica molare come C = C/n - la capacità termica in generale può essere positiva, negativa, infinita o nulla - se si considera un processo a V costante la Cv = (δQ/dT)V mentre se si considera un processo a pressione costante avremo Cp = (δQ/dT)p b. Riportare e commentare i passaggi che permettono di collegare la capacità termica a pressione costante alla funzione di stato entalpia > si parte dalla formulazione infinitesima del primo principio in assenza di lavoro utile dU = δQ – pappdV, che a pressione costante diventa dUp = δQp – pappdV - dato che CpdT = δQp, l’espressione precedente diventa dUp = CpdT – pappdV - per un processo reversibile a p costante in assenza di lavoro utile sappiamo che la p esterna dell’ambiente è identica alla pressione del sistema, quindi CpdT = dUp + pdV * - a questo punto si introduce una nuova funzione termodinamica detta entalpia H = U + pV, una sua variazione infinitesima a p costante sarà dHp = dUp + pdV - otteniamo così che CpdT = dH > la CpdT è la pendenza della curva che esprime la dipendenza della T dalla H - maggiore la pendenza, maggiore la CpdT, maggiore Q necessario a produrre un incremento di T nel sistema - minore la pendenza, minore la CpdT, minore Q necessario a produrre un incremento di T nel sistema - la capacità termica a pressione costante sarà anch’essa in generale funzione della natura chimica del sistema, della temperatura e della pressione c. Spiegare perché la capacità termica a pressione costante di una sostanza è maggiore della sua capacità termica a volume costante > in un processo a V costante in assenza di lavoro utile il Q somministrato va ad aumentare l’energia interna del sistema, in un processo a p costante invece (sempre in assenza di lavoro utile) una parte di Q viene trasformata in lavoro pV - la conseguenza di ciò è che ∆Uv > ∆Up e dato che la temperatura cresce con l'energia interna anche ∆Tv > ∆Tp - ricordando che Cv = (δQ/dT)V e Cp = (δQ/dT)p e che la quantità di calore passato al sistema è la stessa allora dovrà essere Cv < Cp 13 Domanda 31: variazioni di energia interna ed entalpia per il gas perfetto (da.101 a 103) a. Descrivere e discutere le implicazioni dell'esperimento di Joule - materiale: in questo esperimento si hanno 2 recipienti, connessi attraverso un tubo munito di rubinetto, che sono immersi in acqua e isolati dall’ambiente esterno mediante pareti adiabatiche —> il primo recipiente contiene inizialmente un gas a V1 e p1 e il secondo recipiente è vuoto (p = 0), mentre la temperatura misurata è T1 - esperimento: si apre il rubinetto e il gas compie un’espansione libera nella quale non c’è lavoro, arriva ad occupare un volume V2 > V1 ed esercitare una pressione p2 < p1 mentre > l’energia interna per il gas quindi non dipende da p o V, ma solo da T —> U = U (T) e dato che questa resta costante, in base al primo principio, la sua U non è variata > questa evidenza risulta vera solo nel limite di base pressioni del gas ovvero quando i gas reali si comportano come il gas perfetto, una conseguenza di ciò è che in qualunque processo isotermo, non vi sarà alcuna variazione di energia interna quindi ΔU = 0 b. Ricavare la relazione di Mayer > consideriamo un gas perfetto monoatomico dove il solo contributo all’energia interna è quello traslazionale, quindi Utra = 3/2 nRT, e di conseguenza la Cv, essendo la derivata di U rispetto a T, risulta una quantità costante Cv= (dU/dT)V = 3/2nR - sapendo che pV = nRT, risulta che (dV/dT)p= nR/p quindi si ottiene Cp = Cv + nR che prende il nome di relazione di Mayer, dalla quale si osserva che Cp > Cv - se il gas perfetto fosse poliatomico allora ci sarebbero anche contributi rotazionali e vibrazionali all’energia interna e di conseguenza i valori delle Cp e Cv sarebbero diversi c. Fornire la definizione termodinamica completa di gas perfetto > secondo la definizione termodinamica il gas perfetto è un gas ipotetico che 1. a qualunque p segue l’equazione di stato pV = nRT 2. che ha U funzione della sola temperatura 3. che ha capacità termica costante che è costante d. Discutere le implicazioni dell'esperimento di Joule sull'entalpia del gas perfetto > l’entalpia del sistema è una funzione di T e p e il suo differenziale sarebbe dH = (dH/dT)p dT + (dH/dp)T dp - la prima derivata parziale è la Cp, per cui si ha dH = CpdT + (dH/dp)T dp - si può verificare che per un gas perfetto anche l’entalpia è una funzione della sola temperatura H = H (T) infatti sfruttando la dimostrazione fatta con l’esperimento di Joule abbiamo H(T) = U(T) + pV = U(T) + nRT, di conseguenza l’entalpia è indipendente dalla pressione, quindi (dH/dp)T = 0 e dH = CpdT 14 Domanda 13: trasformazioni adiabatiche reversibili per il gas perfetto (da p. 104 a 108) a. Si enuncino le equazioni adiabatiche TV e pV > equazione adiabatica TV - consideriamo un sistema costituito da un gas perfetto, dal primo principio sappiamo che per un processo reversibile deve essere dU = δQ − pdV ma siccome consideriamo un processo adiabatico δQ = 0 quindi dU = −pdV - allo stesso tempo per un gas perfetto sappiamo essere (dall’esperimento di Joule) dU = CVdT ed eguagliando le ultime due relazioni otteniamo (1) - ora introduciamo la seguente quantità γ, definita come il rapporto tra la capacità termica molare a p costante e la capacità termica molare a V costante γ = Cp/CV, quantità sempre maggiore di 1 (γ > 1) > per un gas perfetto monoatomico abbiamo gli elementi per calcolarne il valore (γ = 5/3) > la (1) diventa dT/T = − (γ−1) dV/V > questa relazione, avendo separato le variabili, può essere integrata in modo definito tra uno stato di partenza (T1,V1) ed uno stato di arrivo (T2,V2) (2) (γ−1) (γ−1) (γ−1) dal quale si ricava T1V1 = T2V2 ovvero TV = costante che è l’equazione della trasformazione adiabatica per un gas perfetto nel piano TV > equazione adiabatica pV - prendiamo sempre un sistema costituito da un gas perfetto per cui si considera un processo adiabatico reversibile 15 - tenendo conto dell’equazione di stato dei gas perfetti pV = nRT potremo esprimere la temperatura iniziale e finale di questo processo in termini delle pressioni e volumi corrispondenti come T1 = p1V1/nR e T2 = p2V2/nR - inserendo queste nella (2) si ottiene dalla quale si ricava p1V1γ = p2V2γ ovvero pVγ = costante che è l’equazione della trasformazione adiabatica per un gas perfetto nel piano pV b. Si ricavi l’espressione per l’equazione adiabatica pT > analizziamo processo adiabatico reversibile di un sistema costituito da un gas perfetto , dalla definizione di entalpia (H = U + pV) una sua variazione infinitesima sarà data da —> perché il processo è adiabatico (δQ = 0) - prendiamo —> dalla quale si ricava l’equazione della trasformazione adiabatica per un gas perfetto nel piano Tp c. Si usi l’equazione adiabatica pT (sopra) per spiegare il fenomeno naturale noto come “fhon” > quando una massa d’aria in movimento orizzontale incontra un rilievo montuoso può risalire lungo questa molto rapidamente - nello spostarsi verso l’alto la pressione diminuisce e si può verificare un raffreddamento dovuto al carattere adiabatico della trasformazione, il quale può portare alla condensazione dell’umidità della massa d’aria (fase “Stau”) 16 - nello spostarsi verticalmente verso il basso, invece, la pressione aumenta e si può verificare un aumento di temperatura (fase “Föhn”) Domanda 34 (da p. 117 a 118) a. Partendo dalla relazione differenziale del volume, ricavare le espressioni generali dei coefficienti di espansione termica e compressibilità isoterma, spiegarne il significato, ricavare il loro valore per un gas perfetto e un gas reale > per il gas perfetto U e H sono solo funzioni di T, mentre per gas reali o fasi condensate è anche funzione di p quindi possiamo scrivere il suo differenziale come - essendo una grandezza estensiva conviene fare riferimento alla sua variazione per 1/V: - la quantità che precede dp rappresenta la velocità con cui varia V al variare di p fissata la T per unità di volume che si definisce coefficiente di compressibilità isoterma: - analogamente, la quantità che precede dT rappresenta la velocità con cui varia V al variare di T, fissata la p per unità di V e prende il nome di coefficiente di espansione termica a pressione costante: - si potrà quindi scrivere dV = -κTVdp + αpVdT > essendo questi coefficienti delle grandezze che dipendono dalla relazione tra p-T-V, si possono ricavare per i gas reali dalle espressioni delle equazioni di stato (del viriale o di Van der Waals) , ma sono facilmente misurabili anche per liquidi e solidi - il problema è che questi due sono poco compressibili o espandibili rispetto ai fluidi gassosi quindi, in intervalli ristretti di T e p i due coefficienti possono essere considerati costanti per le fasi condensate - a T e p costante sarà: 17 Domanda 29: l’espansione adiabatica strozzata di un gas (da p. 120 a 123) a. Definire il coefficiente di Joule-Thompson e descrivere l'esperimento di Joule-Thompson > il coefficiente di Joule-Thomson è una quantità che esprime la variazione di T in funzione di p con H costante e può essere facilmente misurata per i gas reali > il suo valore si può determinare sperimentalmente studiando l’espansione adiabatica strozzata di un gas - consideriamo una massa di gas presente in un contenitore con pareti adiabatiche sul quale agisce un pistone con pressione applicata costante pi ad una temperatura iniziale Ti e volume iniziale Vi - questo contenitore viene messo a contatto con un altro, che ha sempre pareti adiabatiche, attraverso una strozzatura e su esso agisce un pistone con pf < pi - trattandosi di una pressione inferiore rispetto a quella del gas di partenza, il gas si espanderà dal contenitore di partenza a quello di arrivo tramite strozzatura > dato che il primo contenitore è soggetto alla pressione costante pi, essa resterà costante ma volume diminuirà fino ad annullarsi quando tutto il gas sarà nel secondo contenitore e anche la temperatura varierà > anche nel secondo contenitore la pressione rimarrà costante e varieranno volume e temperature raggiungendo i valori di Vf e Tf - la trasformazione che il gas subisce è un’espansione adiabatica strozzata ed è un fenomeno irreversibile perché il gas tra lo stato iniziale e finale passa tra una serie di stati non in equilibrio dovuti alla differenza di pressione b. Dimostrare che si tratta di un processo isoentalpico > considerando lo stato iniziale e finale di equilibrio e applicando il primo principio della termodinamica è possibile verificare che questo processo è di tipo isoentalpico - sappiamo che ∆Ui→f ≡ Uf −Ui = Qi→f +Wi→f = Wi→f - il lavoro compiuto durante il processo può essere calcolato considerando il lavoro svolto dall’ambiente sul sistema nel contenitore di partenza (compressione) e quello svolto dal sistema sull’ambiente nel contenitore di arrivo (espansione) > in entrambi i casi si tratta di lavoro pV contro una pressione costante Wi→f = −pi(0−Vi) – pf (Vf −0) = piVi −pfVf e inserendo questa relazione in quella precedente si ottiene 18 il processo quindi è isoentalpico e la misurazione della temperatura finale del gas Tf in funzione della pressione finale pf del gas permette di determinare il coefficiente di Joule-Thomson c. Discutere cosa si intende per curva isoentalpica e per curva di inversione > immaginiamo di partire sempre dagli stessi dati di pi, Ti, Vi e di ripetere la misura fissando diversi valori di pf e determinando i corrispondenti valori di Tf alla fine dell’espansione strozzata - riportando questi dati su un grafico temperatura-pressione, abbiamo “i” che corrisponde alla coppia di valori di partenza e tutti gli altri valori dai quali si deduce che la temperatura del gas sarà aumentata o diminuita rispetto a quella di partenza - la curva che interpola tutti i punti è detta curva isoentalpica > ad alte e basse temperature le curve isoentalpiche mostrano una pendenza negativa e una positiva - la curva che unisce i punti di pendenza nulla è detta curva di inversione, suddivide il piano Tp in 2 zone > una interna nella quale il coefficiente è > 0 e si ha il raffreddamento del gas per espansione > una esterna in cui il coefficiente è < 0 e si ha il riscaldamento del gas per espansione d. Definire la massima temperatura di inversione per una sostanza pura gassosa e discuterne il collegamento con il processo di liquefazione del gas > il punto in cui la curva di inversione interseca l’asse della T è detto massima temperatura di inversione - affinché il gas possa essere raffreddato per espansione adiabatica strozzata deve trovarsi ad una temperatura iniziale inferiore a questo valore - una volta che il gas si trova ad una temperatura inferiore, la pressione migliore da cui iniziare l’espansione isoentalpica corrisponde a quella di un punto sulla curva di inversione —> terminando alla pressione atmosferica si ha la massima espansione possibile e quindi il massimo raffreddamento possibile - questa unica espansione può portare a raffreddamenti tali da provocare la liquefazione del gas anche se a volte non è possibile liquefare in un’unica espansione e quindi si ricorre ad un processo ciclico detto processo di Linde 19 Domanda 25: processi ciclici e macchine termiche (da p. 135 a 138) a. Si definisca un processo ciclico che corrisponde ad una macchina termica (o frigorifera) > prendiamo in considerazione un ciclo dove 1. Q1 > 0 —> quantità di calore assorbita dal sistema 2. Q2 < 0 —> quantità di calore ceduta all’ambiente dal sistema 3. W —> lavoro compiuto dal sistema - dato che il processo è ciclico e lo stato finale coincide con quello iniziale, dal primo principio sappiamo che dovrà essere ΔU = Q1 + Q2 + W = 0 dalla quale Q1 + Q2 = -W - se in un ciclo il calore in ingresso sul sistema è maggiore del calore in uscita, allora Q1 + Q2 > 0 allora W < 0, ovvero il lavoro scambiato durante il ciclo risulterà compiuto dal sistema sull’ambiente —> macchina termica - quando invece il calore in entrata è minore del calore in uscita, ovvero Q1 + Q2 < 0 allora W > 0, ovvero il lavoro complessivo risulterà compiuto dall’ambiente sul sistema —> in questo caso si parla di macchina frigorifera o pompa termica b. Si definisca il rendimento di una macchina termica e si discuta la Formulazione di Kelvin del Secondo Principio > si definisce efficienza termica/rendimento il rapporto r = - W/Q1 dove W rappresenta il lavoro netto compiuto dal sistema e Q1 il calore assorbito dal sistema durante il ciclo stesso - il rendimento si può anche scrivere come r = Q1 + Q2 / Q1 = 1 + Q2/Q1 > il rendimento sarebbe uguale a 1 solo quando Q2 è nullo, ovvero quando si compie un ciclo che riporta il sistema allo stato iniziale senza cedere calore solo che si tratta di un caso impossibile - queste evidenze sperimentali costituiscono una prima formulazione del secondo principio della termodinamica chiamata formulazione di Kelvin: risulta impossibile realizzare una macchina termica capace di far compiere ad un sistema una trasformazione ciclica il cui solo risultato sia quello di produrre lavoro assorbendo una equivalente quantità di calore da un serbatoio a temperatura costante, ovvero r è < 1 c. Si discuta il Teorema di Carnot e si enunci il Secondo Principio nella Formulazione di Carnot > attraverso il Teorema di Carnot è possibile dimostrare che: 1. Tutte le macchine termiche reversibili che utilizzano due serbatoi hanno lo stesso rendimento di una macchina di Carnot che opera fra la medesima coppia di sorgenti > implica che il r di questi processi dipende solo dalle 2 T quindi rrev = f (θ1,θ2) 2. Le macchine termiche reali (irreversibili) che utilizzano due serbatoi di calore hanno un rendimento inferiore rispetto alla macchina di Carnot quindi rirr < rrev 20 > tutto ciò porta ad un’ulteriore formulazione del secondo principio della termodinamica che è la formulazione di Carnot secondo la quale il rendimento di una macchina termica che opera tra due serbatoi alle temperature empiriche è r < = f (θ1,θ2) dove f (θ1,θ2) è una funzione universale crescente delle due temperature empiriche e il segno di uguaglianza vale per i processi reversibili Domanda 4: il ciclo di Carnot per il gas perfetto (da p. 136 a 142) a. Si descriva in cosa consiste il ciclo di Carnot - é un ciclo costituito da due trasformazioni isoterme e due adiabatiche, tutte reversibili, che viene operato da una macchina costituita da una massa fissa di fluido contenuto in un cilindro dotato di pistone senza peso che possa muoversi in assenza di attrito (quindi che può fare lavoro di espansione/compressione) - nello stato di partenza il sistema ha un volume iniziale V1 in equilibrio termico con serbatoio a temperatura empirica fissa θ1 e ci sono 4 stati: > 1→2 = espansione isoterma, sistema assorbe calore Q1→2 e produce lavoro W1→2 > 2→3 = espansione adiabatica, temperatura decresce da θ1 a θ2, calore scambiato è nullo e sistema produce lavoro W2→3 > 3→4 = compressione isoterma, sistema cede calore Q3→4 e scambia lavoro W3→4 > 4→1 = compressione adiabatica, temperatura aumenta da θ2 a θ1, calore scambiato è nullo e lavoro fatto sul sistema è W4→1 b. Si calcolino le espressioni per le variazioni di calore e lavoro relative a ciascun tratto del ciclo nel caso di un gas perfetto - durante l’espansione isoterma da V1 a V2 a temperatura θ1 non vi è variazione di energia interna dato che dipende solo dalla temperatura quindi ΔU1→2 = Q1 + W1→2 = 0 e siccome il processo è reversibile Q1 = - W1→2 = nRθ1ln (V2 / V1) - durante la compressione isoterma da V3 a V4 a temperatura θ2 avremo ΔU3→4 = Q2 + W3→4 = 0 con Q2 = - W3→4 = nRθ2ln (V4 / V3) - dato che le altre due trasformazioni sono adiabatiche il calore totale scambiato durante il ciclo è dato da Q = Q1 + Q2 = nR [θ1ln (V2 / V1) + θ2ln (V4 / V3)] = nR [θ1 - θ2] ln (V2 / V1) —> guardare immagine - applicando il primo principio all’intero processo avremo ΔU = Q + W = 0 da cui si ricava che il lavoro compiuto sarà W = -Q = nR [θ1 - θ2] ln (V1 / V2) c. Si ricavi e discuta l'espressione per il rendimento del ciclo in questo caso - il rendimento del ciclo di Carnot per un gas perfetto sarà rrev = 1 + Q2 / Q1 = 1 + θ2 /θ1 > il rendimento dipende quindi dalle temperature empiriche dei due serbatoi di calore, minore sarà valore di θ2/ maggiore quello di θ1 e maggiore sarà il rendimento - il rendimento di ogni macchina termica reale che operi tra le stesse temperature con processi irreversibili sarà per forza inferiore (guardare p. 20) 21 - il fatto che rendimento dipenda da rapporto delle due temperature ha ricadute pratiche, ad esempio nei motori a combustione interna la temperatura più alta raggiunta è 3200 K mentre quella più bassa è 1400 K, usando la formula * si ottiene che il rendimento sarà del 56% che si riduce a 25% a causa delle molte dispersioni Domanda 16: dal ciclo di Carnot all’entropia (da p. 143 a 146) a. Discutere i passaggi formali e concettuali che permettono di passare dall’analisi del ciclo di Carnot all’individuazione di una nuova funzione di stato che è l’entropia > facendo riferimento al rendimento calcolato per la macchina di Carnot e avendo stabilito che si può lavorare in termini di T termodinamica assoluta risulta Q2 /Q1 = - T2/ T1 ovvero Q2 / T2 = - Q1 / T1 che è una relazione che lega i rapporti tra calore e temperatura, che è la grandezza che descrive la dispersione dell’energia in un processo spontaneo > introduciamo il rapporto tra una variazione infinitesima di calore che avviene durante un processo reversibile a una determinata temperatura come δQrev / T: - facendo riferimento a ciclo di Carnot e integrando questa formula lungo cammino 1 → 2 otteniamo analogamente, se integriamo su tratto 3 → 4 otteniamo invece l’integrazione sui cammini adiabatici, non producendo alcuna variazione di calore, darà come risultato zero - combinando tutte le formule insieme si ottiene 1 ovvero l’integrazione di x su un cammino ciclico reversibile di Carnot è 0 - tenendo conto della convenzione del segno del calore, ovvero + quando entra nel sistema e - quando esce, si verifica che per ogni trasformazione isoterma 2 infatti questo tratto se percorso nel verso 3 → 4 è una compressione isoterma per la quale si ha una fuoriuscita di calore dal sistema, se invece viene percorso al contrario è un’espansione isoterma che assorbe calore - con queste considerazioni capiamo che l’integrazione di x lungo due cammini diversi fornisce lo stesso valore - le proprietà 1 e 2 sono proprio le caratteristiche di un differenziale esatto e i risultati restano validi per ogni processo reversibile perché se immaginiamo di approssimare un 22 processo ciclico reversibile a una serie di piccoli cicli di Carnot giustapposti, quando li consideriamo sempre più piccoli si avrà una descrizione più fedele del processo - riprendendo i risultati 1 e 2 abbiamo potuto dimostrare che esiste una grandezza chiamata entropia (S), univocamente definita per ogni stato del sistema, che ha come differenziale esatto differenziale esatto è appunto x e la sua unità di misura è J/K > la variazione di entropia durante una trasformazione è la differenza tra l’entropia dello stato finale e quella dello stato iniziale quindi per un processo ciclico reversibile è ΔS = 0 Domanda 27 e 32: la disuguaglianza di Clausius (da p. 146 a 152) a. Partendo dall'analisi di processi ciclici irreversibili, si discutano i passaggi formali e concettuali che permettono di ricavare la disuguaglianza di Clausius > un processo irreversibile è un processo in cui il sistema non si mantiene omogeneo per ogni infinitesimo cambiamento - consideriamo un processo che risulti irreversibile, sappiamo che il rendimento per un processo irreversibile è minore di 1 quindi - introduciamo il rapporto tra una variazione infinitesima di calore scambiato durante il processo irreversibile rispetto alla temperatura come ovvero l’integrazione di questo differenziale su di un cammino ciclico irreversibile del tipo di quello di Carnot è minore di zero quindi quello integrato NON è il differenziale esatto di una funzione di stato > consideriamo un processo ciclico, nel complesso irreversibile, dove il sistema passa da 1 a 2 secondo una trasformazione irreversibile e poi per tutti gli altri passaggi in modo reversibile - possiamo scrivere dove ovvero > tenendo conto sia di processi reversibili che irreversibili possiamo modificare la formula, che prende il nome di disuguaglianza di Clausius, come dS ≥ δQ/T dove l’uguale vale solo per processi reversibili 23 b. A partire dalla disuguaglianza di Clausius, ricavare e discutere il criterio di spontaneità ed equilibrio per una generica trasformazione basato sull'entropia > una conseguenza di questa disuguaglianza è il criterio di spontaneità - bisogna ricordare che la disuguaglianza fa riferimento al solo sistema 𝑑𝑆S ≥ δQS/TS dove δQS calore scambiato tra sistema e ambiente dove le trasformazioni possono essere considerate reversibili e quindi δQS = - δQarev invece T è costante e quindi TS = Ta - combinando quanto appena ottenuto possiamo scrivere dove come al solito l’uguaglianza si applica alle trasformazioni reversibili e la disuguaglianza alle trasformazioni irreversibili - dato che le trasformazioni spontanee avvengono sempre in condizioni di irreversibilità, abbiamo ricavato il criterio per individuare la spontaneità di una trasformazione, basato sull’entropia, secondo il quale una trasformazione è spontanea se la somma delle variazioni di entropia del sistema e dell’ambiente è positiva > per variazioni finite: ∆Ss + ∆Sa ≥ 0 c. L'entropia dell'universo e la freccia del tempo > essendo l’universo la somma di sistema ed ambiente si potrà anche scrivere ∆Su ≥ 0 quindi l’entropia è in continuo aumento visto che si tratta di un sistema disomogeneo all’interno del quale si verificano molti processi irreversibili - ∆Su potrà essere uguale a zero solo quando sarà perfettamente in equilibrio tra tutte le sue parti, ovvero sarà evoluto in uno stato completamente omogeneo > la legge dell’incremento dell’entropia fornisce anche una direzione spontanea alla sequenza degli eventi naturali nel tempo - all’interno della meccanica Newtoniana tutti i processi sono reversibili nel tempo (ovvero le equazioni rimangono inalterate nella loro forma sostituendo t con −t), ma c’è una sequenza nota come freccia del tempo, che non può essere invertita - per questo caso la termodinamica ha fornito un nuovo elemento di interpretazione ovvero la naturale direzione degli eventi è quella per cui l’entropia aumenta così la freccia del tempo è una conseguenza del fatto che non c’è equilibrio termodinamico nell’universo infatti fino a quando ci saranno differenze di temperatura, di composizione e di densità l’evoluzione naturale continuerà e gli eventi saranno diretti in avanti verso l’equilibrio d. Implicazione tecnologica sul lavoro > dalla disuguaglianza vediamo che 24 > facendo uso del primo principio, esprimiamo la stessa variazione infinitesima di energia interna dovuta ad una trasformazione reversibile e ad una irreversibile dU = δQrev + δWrev = δQirr + δWirr dove δWrev < δWirr > tenendo conto dei segni (positivo o negativo) di calore e lavoro: - se si considera un sistema che cede calore (Q < 0) e sul quale viene svolto del lavoro (W > 0), si ha: |δQrev| < |δQirr| e |δWrev| < |δWirr| ovvero il lavoro compiuto su un sistema è minimo in condizioni di reversibilità e anche il calore ceduto dal un sistema - se si considera invece un sistema che assorbe calore (Q > 0) e che svolge del lavoro (W < 0), allora si ha: |δQrev| > |δQirr| e |δWrev| > |δWirr| ovvero il lavoro estraibile da un sistema è massimo in condizioni di reversibilità e pure il calore assorbito da un sistema e. La formulazione di Clausius del Secondo Principio > formulazione di Clausius: non è possibile realizzare una macchina capace di far compiere ad un sistema una trasformazione ciclica il cui solo risultato sia il trasferimento di calore da un serbatoio a temperatura T2 ad un serbatoio a temperatura superiore T1 > T2 Domanda 21: interpretazione microscopica del concetto di entropia (da p. 158 a 161) a. Introdurre la probabilità statistica degli stati W e discuterla nel caso di un’espansione libera di un gas e nel caso di un mescolamento di due gas perfetti > consideriamo un’espansione libera isoterma di un gas perfetto da un contenitore A ad uno A+B caratterizzato da un volume doppio rispetto a quello di partenza (processo spontaneo e irreversibile caratterizzato dalla stessa U sia per lo stato iniziale che per quello finale) - ipotizziamo di avere N molecole di gas che possiamo identificare con un indice i che va da 1 a N, la probabilità di trovare ogni i-esima molecola solo in A è wAi = 0.5 e quella di trovare tutte le N molecole dalla stessa parte del contenitore è 𝑤A = (0,5)N - la probabilità di trovare una o tutte le molecole all’interno di A+B contenitore è 100% ovvero 𝑤A+B = 1 che risulta molto maggiore di 𝑤A, quindi la probabilità statistica nello stato di equilibrio è maggiore, come l’entropia del sistema (ricorda! lo stato di equilibrio di un sistema isolato è quello per cui l’entropia assume il suo massimo valore) > consideriamo ora di avere due gas perfetti distinti, inizialmente separati in due contenitori A e B di egual volume, che poi vengono mescolati tra loro - la probabilità di trovare una molecola del primo gas nella metà A è sempre wAi = 0.5 e stessa cosa per una molecola del secondo gas nella metà B che risulta essere wBi = 0.5 - la probabilità di trovare tutte le N molecole del primo gas nella metà A sarà 𝑤A = (0,5)N, invece per le M molecole del secondo gas nella metà B abbiamo probabilità 𝑤B = (0,5)M > la probabilità che si verifichi questo stato di separazione sarà quindi 25 𝑤sep = 𝑤A x 𝑤B = (0,5)N x (0,5)M = (0,5)N+M che risulta essere una probabilità molto minore rispetto a quella del completo stato di mescolamento che è 100% - in generale stato di equilibrio a cui tende spontaneamente il sistema è quello che corrisponde alla massimizzazione dell’entropia b. Introdurre e commentare la relazione di Boltzmann che lega l’entropia S alla probabilità statistica degli stati W > consideriamo due sottoinsiemi 1 e 2, isolati fra di loro, siano S1 e S2 le corrispondenti entropie e w1 e w2 le corrispondenti probabilità - l’entropia del sistema complessivo sarà data da S1 + S2 e la probabilità da w1 x w2 - la relazione che lega la probabilità statistica con l’entropia è nota come relazione di Boltzmann S = kBlnw + c, dove kB è la costante di Boltzmann e c una costante arbitraria che può anche essere 0 - con questa relazione si può ad esempio calcolare la variazione di entropia nel processo di espansione libera isoterma di un gas perfetto come 𝛥𝑆 = 𝑆A+B − 𝑆A = kBlnwA+B - kBlnwA = kBln (wA+B/wA) dove le w assumono i valori di prima Domanda 3: criterio di spontaneità ed equilibrio in termini del sistema (da p. 166 a 169) a. Per trasformazioni a T e V costanti si ricavi un criterio basato sull’energia di Helmholtz > dal primo principio sappiamo che per trasformazioni che implicano solo lavoro di tipo pV, dU = δQ - pdV ma a V costante rimane sono dU = δQ - la disuguaglianza dS ≥ δQ/T diventa dS ≥ dU/T oppure TdS ≥ dU oppure dU − TdS ≤ 0 - dopo questa sostituzione vediamo che compaiono come differenziali sono U ed S, per far comparire anche differenziale di T facciamo: e se imponiamo temperatura costante abbiamo - a quest’ultima funzione è stato dato il nome di energia di Helmholtz: A = U - TS > riprendendo lo sviluppo per lo studio dei criteri di spontaneità ed equilibrio in sistemi chiusi a V e T costante, da cui d(U − TS) ≤ 0, possiamo scrivere dAT,V ≤ 0, di conseguenza, si ha: - dAT,V < 0: spontaneità del processo - dAT,V = 0: raggiungimento dell’equilibrio - è utile fare un confronto tra i grafici della variazione di entropia e di energia di Helmholtz > l’indicatore di spontaneità basato sull’entropia si riferisce al complesso di sistema + ambiente quindi l’entropia complessiva aumenta durante il processo spontaneo fino a raggiungere un valore massimo costante all’equilibrio 26 > l’indicatore basato sull’energia di Helmholtz si riferisce al solo sistema quindi diminuisce durante la trasformazione spontanea fino a raggiungere un valore minimo costante all’equilibrio b. Per trasformazioni a T e p costanti si ricavi un criterio basato sull’energia di Gibbs > ricordando che dH = δQ + pdV, a p costante abbiamo dH = δQ - dS ≥ δQ/T diventa quindi dS ≥ dH/T oppure TdS ≥ dH oppure dH−TdS ≤ 0 - anche qui notiamo che T non compare come differenziale quindi per cambiarlo: e se imponiamo che la temperatura sia costante abbiamo - quest’ultima funzione prende il nome di energia libera di Gibbs: G = H−TS > riprendendo lo sviluppo per lo studio dei criteri di spontaneità ed equilibrio in sistemichiusi a p e T costanti, da cui d(H − T S) ≤ 0, possiamo scrivere dGT,p ≤ 0 e di conseguenza si ha: - dGT,p < 0: spontaneità del processo - dGT,p = 0: raggiungimento dell’equilibrio - anche in questo caso può essere utile fare un confronto tra i grafici della variazione di entropia e di energia di Gibbs > l’indicatore di spontaneità basato sull’entropia si riferisce al complesso di sistema + ambiente quindi l’entropia aumenta durante il processo spontaneo fino a raggiungere un valore massimo costante all’equilibrio > l’indicatore basato sull’energia di Gibbs si riferisce al solo sistema quindi diminuisce durante la trasformazione spontanea fino a raggiungere un valore minimo costante all’equilibrio Domanda 30: proprietà delle energie di Helmholtz e Gibbs (da p. 170 a 174) a. Si ricavino e discutano le 5 proprietà di A e G 1. Esiste una relazione tra A e G, infatti 𝐺 = 𝐻−𝑇𝑆 dove 𝐻 = 𝑈+𝑝𝑉 , se sostituiamo otteniamo 𝐺 = 𝑈 − 𝑇𝑆 + 𝑝𝑉 = 𝐴 + 𝑝𝑉 2. A e G sono entrambi indicatori della spontaneità di una trasformazione, A per processi a T e V costanti e G per processi a T e p costanti > in realtà essendo funzioni di stato, se per l’energia di Helmholtz T e V non sono mantenute costanti possiamo comunque usare ΔAT,V ≤ 0 per valutarne la spontaneità > stesso discorso vale per l’energia di Gibbs in trasformazioni che non mantengono T o p costanti, per cui si può usare il criterio ΔGT,p ≤ 0 per la spontaneità 27 3. Esiste sempre una variazione di A e G a seguito di trasformazioni che portano il sistema dallo stato iniziale ad un diverso stato finale > ci sono delle trasformazioni che rispecchiano i criteri ΔAT,V ≤ 0 e ΔGT,p ≤ 0 ma se non connettono stati iniziali e finali a T e V o a T e p costanti allora non è possibile trarre nessuna indicazione sulla spontaneità o sulla condizione di equilibrio 4. Dal primo principio sappiamo che 𝑑𝑈 = 𝛿𝑄 + 𝛿𝑊 e dal secondo che dS ≥ δQ/T > se li combiniamo otteniamo 𝑇𝑑𝑆 ≥ 𝑑𝑈 − 𝛿𝑊 e se isoliamo il lavoro abbiamo 𝛿𝑊 ≥ 𝑑𝑈 − 𝑇𝑑𝑆 ma sappiamo che 𝛿𝑊 ≥ 𝑑𝐴T > se consideriamo un processo finito invece che infinitesimo dove quindi 𝑊 ≥ 𝛥𝐴T, questo implica che il lavoro svolto sul sistema in un processo irreversibile è maggiore della variazione di energia di Helmholtz e se reversibile, sono uguali > se al contrario, il lavoro è svolto sull’ambiente vale |𝑊| ≤ −𝛥𝐴T che implica che il lavoro è minore o uguale alla variazione di energia di Helmholtz e quindi −𝛥𝐴T è la misura del lavoro massimo che il sistema può fare 5. Sappiamo che 𝐺 = 𝐴 + 𝑝𝑉 e quindi che 𝑑𝐺 = 𝑑𝐴 + 𝑑(𝑝𝑉) > se ci restringiamo a processi isotermi, per cui vale 𝛿𝑊 ≥ 𝑑𝐴r possiamo scrivere 𝑑𝐺T ≤ 𝛿𝑊 + 𝑝𝑑𝑉 + 𝑉𝑑𝑝 dove il lavoro W può essere separato in lavoro pV e lavoro utile L quindi 𝑑𝐺T ≤ 𝛿𝐿 − 𝑝𝑑𝑉 + 𝑝𝑑𝑉 + 𝑉𝑑𝑝 ma se consideriamo il processo isobaro otteniamo: 𝑑𝐺T,p ≤ 𝛿𝐿 e quindi 𝑑𝐺T,p ≤ 𝐿 e quindi il lavoro utile svolto sul sistema è maggiore della variazione di energia di Gibbs se irreversibile ed uguale se reversibile > nel caso in cui il lavoro è svolto dal sistema sull’ambiente, quindi negativo, allora vale |𝐿| ≤ -Δ𝐺T,p ovvero che il lavoro compiuto dal sistema sull’ambiente è minore (se processo irreversibile) o uguale (reversibile) alla variazione di energia di Gibbs che è il lavoro utile massimo che può svolgere il sistema Domanda 7: equazioni di Gibbs e relazioni di Maxwell (da p. 174 a 187) a. Dalla combinazione del primo e del secondo principio, si ricavi la prima equazione di Gibbs > partiamo dal primo principio secondo il quale dU = δQ + δW - in realtà nè il calore nè il lavoro sono funzioni di stato però, se il lavoro è solo di tipo pV (δW = −pdV) e consideriamo δQ = TdS, possiamo ottenere equazione dU = TdS − pdV1, nota come prima equazione di Gibbs > questa espressione esprime una variazione infinitesima di energia interna in funzione di variazioni di entropia e volume in condizioni di reversibilità - essendo U = U(S,V) e ricordando la definizione di differenziale abbiamo 2 e per confronto tra 1 e 2 si verifica che b. Si ricavi la seconda equazione di Gibbs > partendo dalla definizione di entalpia H = U + pV, dal primo principio e da δQ = TdS, abbiamo 28 che, in assenza di lavoro utile, fornisce l’equazione di Gibbs per dH: dH =TdS+Vdp > è una relazione che esprime una variazione infinitesima di entalpia in funzione di variazioni di entropia e variazioni di pressione in condizioni di reversibilità - essendo H = H (S,p) e ricordando la definizione di differenziale c. Si enuncino la terza e la quarta equazione di Gibbs > la terza è un’equazione che esprime una variazione infinitesima di energia di Helmholtz in funzione di variazioni di temperatura e di volume in condizioni di reversibilità dA = -pdV - SdT > la quarta è un’equazione che esprime una variazione infinitesima di energia di Gibbs in funzione di variazioni di temperatura e pressione in condizioni di reversibilità dG = Vdp - SdT d. Si enuncino le 4 relazioni di Maxwell 29 Domanda 20: il terzo principio della termodinamica (da p. 191 a 194) a. Si discutano gli esperimenti di Richards e le corrispondenti analisi di Nernst e Simon > Richards ha condotto una serie di esperimenti alla p di 1 bar in cui venivano misurati il ΔH° e il ΔG° di reazioni elettrochimiche reversibili effettuate a T costante (le misure venivano poi ripetute per diversi valori della temperatura) - le variazioni H e G si riferiscono alle differenze tra prodotti e reagenti della reazione - Nernst effettuò una rappresentazione grafica degli andamenti dei dati sperimentali di Richards e notò che questi soddisfavano due condizioni ovvero che al diminuire di T la pendenza dei dati si appiattiva fino ad annullarsi - dal primo principio e dalla quarta equazione di Gibbs sappiamo che e di conseguenza - da qui Nernst giunse alla conclusione che 30 per tutte le reazioni delle celle galvaniche considerate - il lavoro di Simon mise poi in evidenza che il comportamento osservato e la relativa razionalizzazione sono comuni a tutti i sistemi in equilibrio interno b. Si diano e discutano i quattro enunciati del terzo principio > enunciato di Nernst-Simon: la variazione di entropia associata ad una trasformazione isoterma tende a zero quando T tende a zero > enunciato moderno: in ogni sistema in equilibrio interno che subisce un processo isotermo fra due stati, la variazione di entropia del processo si avvicina a zero quando la temperatura si avvicina a zero > enunciato 3: non è possibile raggiungere lo zero assoluto di temperatura tramite una serie finita di trasformazioni > enunciato 4: non è possibile trovare un processo, anche ideale, che permetta di ridurre l’entropia al valore di punto zero in un numero finito di operazioni Domanda 10: il potenziale chimico di una sostanza pura (da p. 197 a p. 203) a. Se ne dia la definizione > per descrivere i sistemi aperti dobbiamo introdurre il concetto di potenziale chimico, il quale tiene conto del numero di moli del sistema - il potenziale chimico di una sostanza pura esprime la velocità con cui l’energia di Gibbs del sistema cambia in funzione di una variazione della quantità di sostanza a T e p costanti b. Si discuta il suo legame con l'energia di Gibbs del sistema > se per un sistema chiuso l’energia di Gibbs è funzione solo di T e p, per un sistema aperto vale anche la dipendenza da n quindi il suo differenziale totale assumerà la forma dove nelle prime 2 derivate parziali n del sistema è costante - possiamo a questo punto riscrivere la 4a relazione di Gibbs per sistemi aperti come 31 - il potenziale chimico di una sostanza pura coincide con la sua energia di Gibbs infatti, essendo G una grandezza molare estensiva e dipendendo da due variabili intensive (T e p), deve essere direttamente proporzionale ad n - l’utilità di G in un sistema è quella di fornire un criterio di spontaneità ed equilibrio c. Si ricavi la relazione che esprime la dipendenza dalla p del potenziale chimico di un gas perfetto > per dimostrare che il potenziale chimico dipende da T e p si parte dalla quarta equazione di Gibbs per un sistema chiuso ed omogeneo e siccome μ = G per una sostanza pura allora potremo scrivere - questa relazione permette di valutare la dipendenza del potenziale chimico della temperatura (tenendo fissa la pressione) e viceversa, infatti - entrambe potrebbero essere integrate per ottenere variazioni di potenziale chimico durante trasformazioni isobare e isoterme ma per poterlo fare bisogna conoscere la dipendenza dalla p del V molare a T costante - possiamo fare due osservazioni sulle proprietà del potenziale chimico ovvero: 1. A T costante, il potenziale chimico di una sostanza pura è una funzione crescente di p 2. A p costante, il potenziale chimico di una sostanza pura è una funzione decrescente di T Domanda 5: il potenziale chimico di un gas reale (da p. 203 a 207) a. Si esprima la dipendenza dalla p, a T costante, del potenziale chimico di un gas perfetto > per un gas perfetto vale pV = nRT, che espressa in termini del volume molare è: V = RT/p ovvero V molare dipende dalla pressione quando la temperatura viene mantenuta costante 32 - possiamo inserire quest’espressione in dμT = (Vdp)T e ottenere dμT = (RT/p dp)T, che integrata tra uno stato iniziale alla p di 1 bar ed uno stato finale ad una generica p è - da questa si ottiene un’espressione per la variazione di potenziale chimico in funzione della pressione a temperatura costante dove μ0(T) è il potenziale chimico del gas perfetto alla pressione standard p0 di 1 bar - rappresentazione dell’andamento del potenziale chimico di un gas perfetto in funzione di p ad una generica T, descritto analiticamente dalla relazione precedente b. Si introducano e commentino la fugacità ed il coefficiente di fugacità del gas reale > il comportamento di un gas ideale è diverso da quello di un gas perfetto quindi per esprimere la dipendenza dalla p del potenziale chimico per un gas reale si ricorre all’utilizzo della fugacità f - è una grandezza correttiva che racchiude in sé le deviazioni dal carattere ideale e dipende da T e p - viene espressa in termini di coefficiente di fugacità Φ in questo modo (1) - dipendenza da p del potenziale chimico di un gas reale c. Discutere la relazione che lega il coefficiente di fugacità di un gas reale al suo rapporto di compressione > la relazione che lega coefficiente di fugacità di un gas reale al suo rapporto di compressione è e si ottiene nel seguente modo: - consideriamo la relazione (1), sviluppiamo il suo differenziale 33 e riscriviamo la relazione dμT = (Vdp)T come (dμ*i)T = V*i dp - il confronto tra queste ultime due espressioni fornisce (3) - questa relazione permette di stabilire una relazione tra il comportamento dei gas reali descritto in termini di coefficienti di fugacità e descritto in termini del rapporto di compressione Z, infatti ricordando la definizione del rapporto di compressione Z = pVi/RT e introducendolo nella (3) otteniamo: - questa espressione si presta ad essere integrata in modo definito tra un valore iniziale di p0 ed un valore finale di pf, per una certa T costante da cui otteniamo la relazione scritta all’inizio > il rapporto di compressione potrà assumere valori minori di 1 (Z < 1) quando domineranno interazioni Inter molecolari attrattive, o valori maggiori di 1 (Z > 1) quando domineranno interazioni repulsive > qualora Z < 1 in tutto il campo di integrazione, allora l’integrando sarebbe negativo, così come il coefficiente di fugacità e quindi la fugacità sarebbe minore rispetto alla pressione > qualora Z > 1 in tutto il campo di integrazione, allora l’integrando sarà positivo, così come il coefficiente di fugacità e quindi la fugacità sarebbe maggiore rispetto alla pressione Domanda 23: equilibri di fase per sostanze chimiche pure (da p. 219 a 225) a. Si riporti l'Equazione di Clapeyron > l’equazione di Clapeyron lega la pendenza della curva di monovarianza alle variazioni di S e V per il passaggio di una mole di sostanza dalla fase α alla fase β a p e T costanti in condizioni di equilibrio 34 > possiamo però riscrivere l’equazione in funzione dell'entalpia di transizione che è una grandezza più direttamente misurabile b. Se ne discutano le implicazioni relative alla pendenza delle varie curve di coesistenza tra coppie di fasi nel diagramma di fase nel piano p-T > senza direttamente integrare equazione, si possono fare considerazioni relative alla pendenza delle curve di monovarianza - essendo T una grandezza sempre positiva nella scala Kelvin, il segno di dp/dT dipenderà dal segno relativo di 𝛥𝐻α→β e 𝛥Vα→β infatti se queste hanno entrambe segno + o - la p sarà funzione crescente di T, altrimenti decrescente - quando si passa da una fase a minore mobilità (ad esempio solida) ad una a maggiore (vapore) il calore di transizione è sempre positivo quindi 𝛥𝐻α→β > 0, in questo caso allora il segno della pendenza sarà dato solo dal segno di 𝛥Vα→β > questa considerazione viene applicata a transizioni del tipo solido-vapore (curva di sublimazione), solido-liquido (curva di fusione) e liquido-vapore (curva di evaporazione) > per queste transizioni di fase per sostanze pure quindi - se 𝛥Vα→β > 0 allora dp/dT > 0 (e p sarà una funzione crescente di T) - se 𝛥Vα→β < 0 allora dp/dT < 0 (e p sarà una funzione descrescente di T) - nella maggior parte delle sostanze pure, in tutto l’intervallo di coesistenza, si ha che Vvapore >> Vliquido >> Vsolido il che comporta che 𝛥Vα→β sia positivo per transizioni da fasi a mobilià minore a fasi a mobilità maggiore e di conseguenza che la p sia una funzione crescente di T - ci sono casi anomali in cui durante la fase di solidificazione aumenta il volume, ad esempio per l’acqua Vliquido < Vsolido, in questo caso la pressione è una funzione decrescente della temperatura - sappiamo che il volume molare di una sostanza pura in fase vapore è sempre maggiore quindi la pendenza delle curve p(T) di coesistenza solido-vapore e liquido-vapore è sempre positiva > dall’equazione di Clapeyron possiamo inoltre dedurre un altro aspetto in prossimità del punto triplo ovvero che la pendenza della curva di sublimazione (solido → vapore) è sempre maggiore della pendenza della curva di evaporazione (liquido → vapore) quindi (dp/dT)sub > (dp/dT)evap e quindi essendo l’entalpia una funzione di stato possiamo dire che ΔHsublim = ΔHfus + ΔHevap > possiamo approssimare il volume molare di sublimazione a quello molare di evaporazione a quello molare della sostanza pura nella fase vapore 35 di conseguenza potremo scrivere Domanda 2 e 33: equilibrio liquido vapore per sostanze chimiche pure (da p. 227 a 235) a. A partire dall’equazione di Clapeyron si ricavi l’equazione di Clausius-Clapeyron e se ne discuta il significato; inoltre si ricavino le espressioni per l’equazione di Clausius Clapeyron integrata in modo definito e indefinito e se ne discuta l’utilità > partiamo dall’equazione di Clapeyron e prendiamo in considerazione sistemi che verificano le seguenti ipotesi: 1. Variazione di volume di sublimazione è circa uguale a quella di evaporazione 2. Vapore si comporta come un gas ideale ovvero che V = RT/p 3. Variazione di entalpia di transizione è indipendente dalla temperatura N.B.: queste approssimazioni risultano valide solo se non ci si avvicina al punto critico - in base alle ipotesi 1 e 2 l’equazione di Clapeyron viene trasformata come > questa relazione prende nome di equazione di Clausius-Clapeyron e serve a descrivere il comportamento di una fase condensata in equilibrio con il vapore e ha il vantaggio di essere facilmente integrabile sia in modo definito che indefinito > integrazione definita tra valori di p e T iniziali e finali - ci permette infatti di stimare la pressione di vapore a diverse temperature, data l’entalpia di sublimazione o di evaporazione, e quella ad una temperatura data > integrazione indefinita dell’equazione 36 - questa relazione ci dice che qualora la variazione di entalpia sia indipendente da T allora il diagramma del logaritmo della pressione di vapore in funzione dell’inverso della temperatura è una linea con pendenza - ΔHα—>ν/R - nei diagrammi la pressione in funzione della temperatura ha sempre una pendenza lineare costante b. Discutere il comportamento della curva di evaporazione in prossimità del punto critico > ciò che abbiamo discusso in precedenza è valido solo per intervalli di p e T non lontani da punto triplo e di conseguenza lontani dal punto critico (punto in cui fase liquida non è più distinguibile da quella gassosa, è un fluido) - poiché le densità di liquido e vapore tendono a coincidere nel limite di T che tende a Tc la differenza di volumi molari ΔVevap tenderà a 0 nel punto critico 𝑙𝑖𝑚T—>Tc 𝛥𝑉evap = 0, così viene meno la prima delle ipotesi che ci ha portato all’approssimazione di Clausius-Clapeyron (ovvero che ΔVsub è circa uguale a quella di evaporazione) - sappiamo però che nei pressi del punto critico comunque la curva di evaporazione ha una pendenza finita quindi 𝑙𝑖𝑚T—>Tc (dp/dT)evap = 𝑙𝑖𝑚T—>Tc 𝛥Hevap/T𝛥𝑉evap = valore finito e visto che la differenza di V tende a zero anche la differenza di H deve tendere a zero - questo implica che 𝑙𝑖𝑚T—>Tc 𝛥Sevap = 𝑙𝑖𝑚T—>Tc 𝛥Uevap = 𝑙𝑖𝑚T—>Tc 𝛥Aevap = 0 e ciò vale per tutte le sostanze pure studiate Domanda 11: transizioni di fase del 1° ordine in sostanze chimiche pure (da p. 236 a 240) a. Se ne spieghi il nome - il nome deriva dal fatto che le transizioni di fase sono state classificate in base a come si comportano le grandezze termodinamiche in prossimità di p e T di transizione - in questo caso, le transizioni di fase del primo ordine presentando discontinuità nelle derivate prime del potenziale chimico che sono entropia e volume b. Si discuta il comportamento alla transizione del potenziale chimico del volume e dell’entropia - per il volume si tratta di variazione di potenziale chimico in funzione della pressione mentre per l’entropia è in funzione della temperatura - bisogna ricordare che per ciascuna fase σ = α, β di una sostanza pura in equilibrio interno vale la quarta equazione di Gibbs: dGσ ≡ dμσ=−Sσ dT + Vσ dp quindi avremo > per il volume 37 > per l’entropia c. Si dimostri quali sono le proprietà che corrispondono a derivate seconde del potenziale chimico e se ne discuta il comportamento alla transizione - le proprietà che corrispondono a derivate seconde del potenziale chimico sono 1. Capacità termica molare a pressione costante Cp > sappiamo che ma dal momento che allora la prima relazione sarà anche > andamento Cp in funzione di T nella transizione > per valori di T infinitesimamente più piccoli o grandi della T di transizione la Cp assume valori diversi e finiti nelle due fasi, mentre se le due temperature coincidono Cp tende a infinito 2. Modulo di compressibilità isoterma κT > abbiamo definito il modulo di compressibilità isoterma come: 3. Coefficiente di espansione termica a pressione costante αp 38 > stessa cosa vale per il coefficiente di espansione termica a pressione costante Domanda 17 e 35: sistemi omogenei aperti a più̀ componenti (da p. 245 a 254) a. Definire e discutere il volume di mescolamento - premessa: tutte le volte che abbiamo sistema ideale NON dobbiamo considerare le interazioni tra le varie molecole mentre per un sistema ideale dobbiamo tenerne conto, questo è ciò che differenzia valore del volume normale e del volume di mescolamento > il volume di mescolamento è il volume che otteniamo quando misceliamo più componenti tra di loro - supponiamo di avere un contenitore con pareti diatermiche che si trova in condizioni di T e p costanti e di formare miscuglio miscelando tot moli di componenti diversi > inizialmente li abbiamo tutti separati da paratie quindi il volume totale corrisponde allla somma dei volumi di tutte le componenti V* =n1V*1 +n2V*2 +···+niV*i +···+ncV*c =XniV*i dove V* indica il volume iniziale del sistema costituito dai componenti puri non miscelati > se rimuoviamo tutte le paratie il sistema si mescola finchè non raggiunge l’equilibrio e cosi abbiamo il volume di mescolamento che è diverso dal volume precedente, questo perché le molecole in una miscela si impacchettano > possiamo esprimere quindi il ΔV di mescolamento, che dice quanto il V di mescolamento devia dall’idealita, come V - V* —> in casi particolari ΔV è nullo esi parla di volumi ideali - esempio grafico —> dice che volumi si contraggono, quindi le interazioni tra molecole sono attrattive; se molecole tendessero a respingersi il grafico si scriverebbe al contrario b. Definire i volumi molari parziali e discuterne il significato 39 - i volumi molari parziali sono le velocità con cui V del miscuglio cambiano al variare del numero di moli del componente i-esimo con T, p e il numero di moli di tutte le altre componenti del sistema fissate - volume parziale di un certo componente ci dice quanto volume occupa una mole di quel componente all’interno del miscuglio - i volumi molari parziali sono grandezze intensive e sono quindi funzioni di T, p e delle frazioni molari dei componenti del miscuglio. Vi =Vi(T,p,x1,x2,···,xi,···,xc)≡Vi(T,p,|x⟩) c. Esprimere il volume di mescolamento sulla base dei volumi molari parziali - i volumi molari parziali sono grandezze utili per esprimere il volume totale di mescolamento attraverso la formula e per T e p costanti abbiamo d. Sviluppare la relazione di Gibbs-Duhem nel caso di miscugli binari e discuterne le implicazioni (anche in forma grafica) - la relazione di Gibbs-Duhem è che rappresenta un modo di riscrivere la relazione precedente, infatti questa implica che i potenziali chimici delle varie componenti del sistema non siano indipendenti e che conoscendo i valori di c-1 potenziai chimici in funzione delle frazioni molari, si possa trovare il potenziale chimico dell’ultimo componente - nel caso dei miscugli binari l’ultima relazione della domanda b assume una forma particolarmente semplice x1dV 1 + x2dV 2 = 0 per T, p costanti > essendo il sistema binario, per definizione è x1 = 1−x2, il che comporta che x1 ed x2 NON siano indipendenti, quindi a T e p costanti i volumi molari parziali saranno funzioni della sola x2 (assumendola come variabile indipendente): V1(x2), V2(x2) e i differenziali 40 > se analizziamo espressione appena ottenuta si vede che 1. Quando una delle grandezze tra parentesi diventa uguale a zero, affinché l’espressione funzioni ancora anche l’altra deve essere uguale a zero 2. Se la prima grandezza tra parentesi aumenta con la frazione molare l’altro deve diminuire e viceversa 3. Se V1 raggiunge il suo massimo V2 raggiungerà il suo minimo e viceversa - grafico che riporta andamento dei volumi molari parziali dell’acqua e dell’etanolo in funzione della frazione molare dell’etanolo Domanda 36: miscugli di gas perfetti a. Si ricavi l'espressione per l'energia di Gibbs di mescolamento > affinchè il processo di mescolamento sia spontaneo - μi = potenziale chimico dell’i-esimo componente del miscuglio - μ*i = potenziale chimico dell’i-esimo componente puro, non miscelato > per poter valutare se il processo di mescolamento sia spontaneo o meno ad una certa T, p e composizione chimica, si devono conoscere questi fattori per il potenziale chimico di ciascun componente puro e nel miscuglio - esplicitando quindi le variabili da cui dipendono le grandezze nella relazione precedente: - la dipendenza da p e T per il potenziale chimico di un generico gas perfetto puro è quindi μ0i (T) è il potenziale chimico del gas puro perfetto alla temperatura T ed alla pressione di riferimento p0 =1 bar > analizzando il miscuglio di gas perfetti, siccome alla pressione p ed alla temperatura T l’i-esimo componente gassoso si comporta come fosse perfetto alla p parziale pi, il potenziale chimico μi dell’i-esimo componente del miscuglio sarà 41 ovvero lo stesso potenziale chimico che avrebbe se fosse puro alla temperatura T ed alla pressione pi - tenendo conto che la pressione parziale è pi = xip nella formula prima si avrà: > si potranno usare la formula rosa e quella azzurra per esprimere il potenziale chimico dell’i-esimo componente di un miscuglio di gas perfetti ad una certa T, p e composizione, una in termini della sua pressione parziale e l’altro in termini della sua frazione molare - quando si usa la p parziale, lo stato di riferimento è quello del gas puro perfetto alla stessa T del miscuglio e alla p di riferimento p0 =1 bar - quando si usa la frazione molare, lo stato di riferimento è quello del gas puro nelle stesse condizioni di temperatura T e pressione p a cui si trova il miscuglio. > tenendo conto della formula azzurra si potrà riscrivere quella gialla come —> - dipende solo da temperatura e composizione chimica. Essendo per definizione le frazioni molari 0 < xi < 1, si vede immediatamente che l’energia di Gibbs di mescolamento è per definizione sempre una grandezza minore di zero (si ricordi che il logaritmo di un argomento compreso tra 0 ed 1 è sempre negativo). Questo significa che per un processo di mescolamento di gas perfetti è sempre b. Se ne discutano le implicazioni > dipende solo da temperatura e composizione chimica - essendo per definizione le frazioni molari 0 < xi < 1, si vede che l’energia di Gibbs di mescolamento è per definizione sempre una grandezza minore di zero quindi il processo di mescolamento per un miscuglio di gas perfetti è sempre spontaneo c. Si enuncino e discutano le espressioni per l'entropia, l'entalpia, il volume e l'energia di Helmholtz di mescolamento 42 Domanda 37: miscugli Ideali di Gas Reali (da p. 265 a 267) a. Si enunci formalmente l'approssimazione di Lewis-Randall e se ne discuta significato a livello microscopico > per descrivere la dipendenza da p e T del potenziale chimico di un gas puro reale si deve usare la fugacità e il suo coefficiente (guardare p. 39) > consideriamo un miscuglio di gas reali e usiamo stesso procedimento fatto per gas reale pure - si definisce una grandezza fi tale per cui con - in questo coefficiente di fugacità Φi è quindi concentrata tutta la deviazione dalla idealità, e inoltre è funzione di T, p e composizione dei gas del miscuglio - dato che per basse pressioni i gas reali si comportano come il gas perfetto, si ha > nonostante i coefficienti di fugacità delle componenti di un miscuglio di gas reali possano essere determinati sperimentalmente la loro misura non è molto pratica, infatti andrebbero determinati per ciascuna possibile composizione chimica 43 - si ricorre dunque ad una grande semplificazione nota come approssimazione di Lewis-Randall, che pone il coefficiente di fugacità dell’i-esimo componente del miscuglio uguale a quello del gas puro - quest’approssimazione è molto grossolana perché, da pov microscopico, implica che le forze di interazione intermolecolari (che sono la causa della deviazione dall’idealità) siano le stesse indipendentemente dal fatto che una particella del gas i-esimo sia circondata da altre particelle di uguale o differente natura chimica - tuttavia l'approssimazione può essere usata ai fini pratici per valori di p abbastanza elevati per miscele di gas con molecole di dimensioni e struttura chimica simili, note come miscugli ideali di gas reali c. Si enuncino e discutano le proprietà di mescolamento per miscugli ideali di gas reali > valgono le proprietà di mescolamento per miscugli gassosi perfetti perché il potenziale chimico dell’i-esimo componente dipende dalla frazione molare con una legge analoga a quella prevista per un miscuglio di gas perfetti Domanda 26: sistemi omogenei chiusi a molti componenti reagenti (da p. 277 a 281) a. Si definisca il grado di avanzamento della reazione e se ne discuta il significato > nel corso di una reazione il numero di moli di ciascun componente cambia nel tempo ni = ni(t) - se ni(0) è il numero di moli del componente i-esimo al tempo zero (ovvero all’inizio della reazione), allora la variazione di moli di quel componente ad un tempo generico t è data da ∆ni(t) = ni(t) − ni(0) - le moli dei diversi componenti cambiano secondo proporzioni definite dall’equazione stechiometrica, in particolare, ad ogni istante t, il rapporto tra la variazione di moli di un componente ed il suo coefficiente stechiometrico risulta uguale per tutte le componenti e prende il nome di grado di avanzamento della reazione ξ(t): ∆n1(t)/v1 = ∆n2(t)/v2 = ··· = ∆ni(t)/vi = ··· = ξ(t) > è un parametro che misura di quanto è avanzata la reazione a partire da un tempo iniziale posto arbitrariamente uguale a zero - una variazione infinitesima del grado di avanzamento è data da > quando dξ(t) > 0 allora la reazione procede dai reagenti verso i prodotti > quando dξ(t) < 0 allora la reazione procede dai prodotti verso i reagenti b. Si ricavino e discutano le condizioni di spontaneità ed equilibrio per il sistema reagente > le condizioni di spontaneità ed equilibrio sono sempre date dall’energia di helmholtz e gibbs solo che in questo caso dipendono anche dalla composizione chimica dei reagenti 44 - dato che il sistema è chiuso le condizioni di spontaneità ed equilibrio sono date da - vediamo che il differenziale di G a T e p costanti coincide con il differenziale di A a T e V costanti ed entrambi dipendono solo dalle variazioni infinitesime nel numero di moli delle diverse componenti e dai loro potenziali chimici quindi - si è introdotta l’energia di Gibbs di reazione che rappresenta la velocità con cui l’energia di Gibbs del miscuglio reagente varia al procedere della reazione, infatti: dGT,p = ΔrG x dE > la quantità ΔrG rappresenta quindi la pendenza della retta tangente alla curva G = G (E) per ciascun valore del grado di avanzamento della reazione. - tornando alle condizioni di spontaneità ed equilibrio per il sistema chiuso reagente: > ΔrG < 0 e dE > 0 la reazione procede spontaneamente nel verso scritto > ΔrG > 0 e dE < 0 la reazione procede spontaneamente nel verso opposto > ΔrG = 0 e dE = 0 equilibrio termodinamico corrispondente a minimo di G del sistema > ΔrG = 0 e dE = 0 : equilibrio metastabile Domanda 38: miscugli reagenti di gas perfetti (da p. 281 a 285) a. Si definiscano i quozienti di reazione e le costanti di equilibrio e ne spieghi il significato > il quoziente di reazione Qp è una misura di quanti prodotti ci sono rispetto ai reagenti in ogni istante, infatti più questo è grande più prodotti ci sono e viceversa - se non si è all’equilibrio invece se si è all’equilibrio deve essere uguale a zero e in questo caso il quoziente di reazione prende il nome di costante di equilibrio di reazione Kp che misura l'abbondanza relativa di reagenti e prodotti all’equilibrio, più questa è grande più prodotti ci sono e viceversa - si ottiene una relazione che lega la costante di equilibrio all’energia di reazione di Gibbs dalla quale emerge che sia funzione della sola T > possiamo fare le stesse considerazioni in funzione della frazione molare e ottenere così il quoziente di reazione Qx 45 - anche in questo caso indica quanti prodotti ci sono rispetto ai reagenti e se non si è all’equilibrio l’energia di reazione di Gibbs è diversa da zero, all’equilibrio è uguale - il quoziente di reazione Qx all’equilibrio viene definito come costante di equilibrio Kx anche questo misura l’abbondanza relativa di prodotti e reagenti - la relazione che lega la costante all’energia di reazione di Gibbs è b. Si ricavi la relazione che lega la Kp alla Kx > le due costanti sono legate come > il segno di ∆ν ci dice se Kx è una funzione crescente o decrescente della pressione: - se ∆ν > 0 Kx decresce all’aumentare della pressione ovvero l’equilibrio si sposta verso i reagenti - se ∆ν < 0 Kx cresce all’aumentare della pressione ovvero l’equilibrio si sposta verso i prodotti 46 c. Quali informazioni si possono ricavare dal confronto tra il valore del quoziente di reazione e della costante di equ

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