Cenni di Chimica Teorica - PDF

Document Details

WarmPyrite7359

Uploaded by WarmPyrite7359

Tags

atomi elettroni chimica teorica meccanica quantistica

Summary

Il documento presenta i "Cenni di Chimica Teorica". Tratta modelli atomici come quello di Dalton, Thomson e Rutherford, e la meccanica quantistica. Vengono discussi anche i principi fondamentali della fisica classica e la natura delle radiazioni.

Full Transcript

CENNI DI CHIMICA TEORICA Corso di laurea in CTF Atomi e atomismo La materia non è un continuo, ma è costituita da particelle minuscole, indivisibili e diverse tra loro: gli atomi. Quest’idea dà vita alla teoria dell’atomismo. Democrito Lucrezio E...

CENNI DI CHIMICA TEORICA Corso di laurea in CTF Atomi e atomismo La materia non è un continuo, ma è costituita da particelle minuscole, indivisibili e diverse tra loro: gli atomi. Quest’idea dà vita alla teoria dell’atomismo. Democrito Lucrezio Epicuro Modelli atomici: il modello di Dalton (1806) Gli atomi sono piccolissimi, indistruttibili e indivisibili; gli atomi di un elemento sono identici e hanno uguale massa, e si combinano solo con un numero intero di atomi di un altro elemento per formare i composti; gli atomi di un elemento non possono essere convertiti in quelli di un altro elemento. Gli atomi non possono essere né creati né distrutti. Gli atomi sono pensati come sfere piene e indivisibili. Modelli atomici: il modello di Thomson (1897) La scoperta dell’elettrone impone la creazione di un nuovo modello atomico. L’atomo è pieno: è costituito da carica positiva distribuita nell’intero volume e da cariche negative inserite all’interno da questa distribuzione. Gli elettroni sono disposti in modo regolare e si muovono su orbite. Modello cosiddetto “a panettone”. Modelli atomici: il modello di Nagaoka (1904) In opposizione al modello di Thomson, Nagaoka propone un modello «saturniano» dell’atomo: intorno a una sfera carica positivamente (il nucleo) ruotano gli elettroni su «anelli». Per la prima volta si parla di nucleo. Tuttavia questo modello non è in grado di spiegare gli spettri atomici. Modelli atomici: l’esperimento di Rutherford (1909) Venne ideato per verificare la validità del modello di Thomson: se questo avesse effettivamente descritto la realtà, il fascio di particelle α avrebbe dovuto subire una deflessione minima. I risultati però furono molto diversi. 4 Particella α: nucleo di 2 He Marsden, Rutherford e Geiger Una particella α è carica positivamente. Modelli atomici: l’esperimento di Rutherford (1909) Cosa ci si aspettava… Cosa accadde veramente… Modelli atomici: l’esperimento di Rutherford (1909) « Fu l'evento più incredibile mai successo in vita mia. Era quasi incredibile quanto lo sarebbe stato sparare un proiettile da 15 pollici a un foglio di carta velina e vederlo tornare indietro e colpirti. Pensandoci, ho capito che questa diffusione all'indietro doveva essere il risultato di una sola collisione e quando feci il calcolo vidi che era impossibile ottenere qualcosa di quell'ordine di grandezza a meno di considerare un sistema nel quale la maggior parte della massa dell'atomo fosse concentrata in un nucleo molto piccolo. Fu allora che ebbi l'idea di un atomo con un piccolissimo centro massiccio e carico. » (2002) Understanding Physics Harvard Project Physics Published by Birkhäuser, p. 632 ISBN 0-387- 98756-8, ISBN 978-0-387-98756-9 Modelli atomici: il modello di Rutherford (1913) La gran parte della massa e la carica positiva sono concentrate al centro: nasce il concetto di nucleo atomico. Le cariche negative si muovono di moto circolare intorno al nucleo come i pianeti intorno al sole; l’atomo è prevalentemente vuoto. Modello cosiddetto planetario. Limite: non spiega perché gli elettroni (carichi negativamente) non collassino sul nucleo (carico positivamente). Inoltre perché gli elettroni non possono emettere qualsiasi radiazione durante la decelerazione? Modelli atomici: il modello di Bohr (1913) Bohr apporta una modifica al modello di Rutherford: gli elettroni si muovono su orbite fisse sulle quali gli elettroni non scambiano energia. L’energia viene scambiata solo quando essi passano da un’orbita all’altra. E’ il primo modello in cui si parla di quantizzazione dell’energia. I cardini della fisica classica 1. Una particella viaggia lungo una traiettoria, e se ne può conoscere la posizione in ogni istante. 2. Qualunque tipo di moto può essere eccitato a uno stato di energia arbitrario. 3. Onde e particelle sono concetti distinti. La luce è una radiazione elettromagnetica, ossia una perturbazione elettrica e magnetica oscillante che viaggia nel vuoto alla velocità della luce (c, 3 * 108 m s-1) ed è caratterizzata da una lunghezza d’onda λ e da una frequenza ν. c = La crisi della fisica classica: la quantizzazione dell’energia Gli esperimenti mostrano che gli atomi eccitati assorbono ed emettono in una serie di frequenze discrete e diverse per ogni elemento. Bisogna supporre allora che l’energia dei modi interni di atomi e molecole sia circoscritta a valori discreti e che non tutte le energie siano accessibili. E = h Condizione della frequenza di Bohr Spettro: insieme delle frequenze assorbite o dove h è la costante di Planck, emesse da un atomo o da una molecola. 6.626 * 10-34 J*s. La crisi della fisica classica: la natura particellare delle radiazioni L’effetto fotoelettrico (1887) 1. Elettroni vengono espulsi solo quando la radiazione incidente supera una certa frequenza di soglia. 2. L’energia cinetica dei fotoelettroni è direttamente proporzionale alla frequenza della radiazione e indipendente dall’intensità. E ph = h −  Esiste una relazione tra l’energia cinetica del fotoelettrone e la frequenza della radiazione.  è l’energia minima necessaria per strappare un elettrone (funzione lavoro). La crisi della fisica classica: la natura particellare delle radiazioni Pare allora che gli elettroni vengano espulsi tramite un “proiettile” di luce, che viene chiamato da Einstein “fotone” (1925). Einstein propose che l’energia associata a un fotone sia E fotone = h E ph = h −  La crisi della fisica classica: la natura ondulatoria delle particelle Interferenza di onde Onde in fase: interferenza costruttiva Onde in controfase: interferenza distruttiva La crisi della fisica classica: la natura ondulatoria delle particelle Diffrazione La diffrazione è il fenomeno di interferenza che si ha quando un oggetto è posto lungo il percorso di un’onda e ha dimensioni paragonabili alla lunghezza d’onda della radiazione stessa. Ad es.: la luce è diffratta da fenditure; i raggi x sono diffratti dai cristalli. La crisi della fisica classica: la natura ondulatoria delle particelle Schema che illustra la formazione dei coni di diffrazione. La crisi della fisica classica: la natura ondulatoria delle particelle Formazione dei coni di diffrazione sulla lastra fotografica e relativo diffrattogramma. La crisi della fisica classica: la natura ondulatoria delle particelle L’esperimento di Davisson e Germer (1925) Gli elettroni sono diffratti da un monocristallo di nichel: mostrano una variazione di intensità in funzione dell’angolo; si comportano quindi come onde. La relazione di De Broglie (1924) A qualsiasi particella che viaggia con quantità di moto p è associata una lunghezza d’onda secondo la seguente relazione: h = Relazione di De Broglie p L’effetto fotoelettrico e l’esperimento di Davisson e Germer mostrano che su scala atomica i concetti di onda e particella si fondono. Questo concetto va sotto il nome di dualismo onda-particella. La meccanica quantistica Come si conciliano tutti i concetti esposti in precedenza? La quantizzazione dell’energia, la natura ondulatoria delle particelle e particellare delle onde? La meccanica quantistica ha sviluppato equazioni che trattano una particella come un’onda diffusa nello spazio. Bisogna abbandonare il concetto classico di particelle che seguono una traiettoria ben definita nello spazio e nel tempo. Una particella si propaga nello spazio come un’onda; esistono regioni dello spazio in cui è più probabile trovarla e altre in cui è meno probabile trovarla. Questa distribuzione è descritta tramite la funzione d’onda. La funzione d’onda () è una funzione che contiene tutte le informazioni dinamiche relative allo stato di un sistema, per esempio la posizione, il momento e l’energia. L’equazione di Schroedinger (1926)  2 2 − + V ( x ) = E 2m x 2 Energia cinetica Energia Energia con ħ = ℎ/2π potenziale totale *  * Equazione indipendente dal tempo per una singola particella di massa m che si muove in una sola dimensione con energia E. L’equazione di Schroedinger è un’equazione differenziale del secondo ordine (contiene la derivata seconda). L’equazione di Schroedinger  2  2 Operatore: un insieme di − + V ( x ) = E operazioni matematiche 2m x 2 che, applicate a un’espressione, ne In meccanica quantistica, generano un’altra. Ad ogni osservabile (momento, esempio, è un operatore, Ĥ = E posizione, energia) è la derivata prima, la associato a un operatore. derivata seconda, il logaritmo, la moltiplicazione per x, etc. Hamiltoniano del sistema: operatore dell’energia totale. L’interpretazione fisica di  La probabilità di trovare una particella nel volume di spazio V è proporzionale a 2V, dove  è la funzione d’onda in quella regione. Interpretazione di Born 2 è una densità di probabilità: dove è grande è molto probabile trovare la particella, dove è piccola è improbabile. Questa interpretazione probabilistica pone dei vincoli che  deve soddisfare per essere accettabile: a. Deve essere univoca: non può esistere più di una densità di probabilità in ogni punto. b. Non può essere infinita in una regione finita dello spazio: la probabilità di trovare una particella in una regione non può essere >1. Requisiti dell’equazione di Schroedinger  2  2 − + V ( x ) = E 2m x 2 Perché la derivata seconda di  sia definita ovunque, è inoltre necessario che: c.  sia continua ovunque. d. La sua pendenza sia continua ovunque. Le condizioni al contorno I punti a. e b. sono soddisfatti se si impongono le corrette condizioni al contorno. Per ogni equazione differenziale, è possibile un numero infinito di soluzioni. Le condizioni al contorno indicano che solo alcune soluzioni sono fisicamente accettabili. Dato che ogni soluzione è legata a un valore dell’energia, questo implica che solo certi valori di energia sono accettabili. L’introduzione delle condizioni al contorno conduce alla quantizzazione dell’energia. Le condizioni al contorno escludono soluzioni matematicamente possibili ma fisicamente non accettabili. Particella in moto libero Moto libero: V è costante, quindi può essere posto uguale a zero.  2  2 − = E 2m x 2 con A e B che La soluzione generale è  = Asenkx + B cos kx possono assumere qualsiasi valore. Allora una possibile soluzione dell’equazione è: (2mE ) 12  = senkx con k=  Come si può verificare sostituendo l’espressione di  nell’equazione di partenza. Particella in moto libero p2 Dato che V=0, ETOT = Ecin = 2m k 2 2 p = k Poiché E= risulta che 2m  2x  La forma standard di un’onda armonica di lunghezza d’onda λ è  = sen     2 quindi k= Allora:  2 h h Ossia ritroviamo la relazione p= = di De Broglie  2  Condizioni al contorno Dalla trattazione precedente vediamo che l’equazione di Schroedinger ammette infinite soluzioni:  = Asenkx + B cos kx Con = senkx una possibile soluzione. Deduciamo allora che l’energia non è quantizzata: tutti i valori sono accessibili perché A e B possono assumere qualsiasi valore. Tuttavia, se dobbiamo tenere conto di condizioni al contorno che rendono fisicamente accettabile una determinata soluzione o solo determinate soluzioni in base alle caratteristiche del sistema in esame, otterremo la quantizzazione dell’energia. La particella nella scatola (moto traslazionale, una dimensione) Il vincolo fisico (la condizione al contorno) in questo caso è che la particella non si può trovare in una regione in cui il potenziale è infinito: V ==0  2  2 − + V ( x ) = E 2m x 2 La particella nella scatola (moto traslazionale, una dimensione) All’interno della scatola, V=0, quindi:  2  2 − = E 2m x 2 Come visto prima, la soluzione è:  2x   2x  h = = h  = A sin  + B cos  con       p (2mE )1 2 Poiché V =    = 0  dovrà essere uguale a zero anche ai confini della scatola, cioè per x=0 e per x=L, dato che la funzione d’onda deve essere continua. Allora, =0 per x=0 implica che B=0. La particella nella scatola (moto traslazionale, una dimensione)  2L  La seconda condizione, =0 per x=L, impone che  = A sin =0    2L Poiché senx=0 per x=n, con n=0, 1, …, si trova che = n  2L Quindi =n con n=0, 1, 2, … e  n=0 viene scartato perché darebbe  nx  =0 ovunque, cioè la particella  = A sin  con n=1, 2, … non si troverebbe da nessuna  L  parte. Le funzioni d’onda permesse sono tali che un numero intero (n) di mezze lunghezze d’onda è contenuto nella scatola. La particella nella scatola Significato di A Secondo l’interpretazione di Born, la probabilità di trovare la particella tra x=0 e x=L è 1. nx  L 2  L  dx = 1  A   sen  dx = 1 2 2 0 0 L  a Sfruttiamo l’integrale notevole  (senkx )2 dx = 1 a − sen2ka 0 2 4a nx  2 2  L 12 A   sen 2 1  dx = A L = 1 2 Allora A= N =  0 L  2 L N è detta costante di normalizzazione La particella nella scatola Livelli energetici consentiti h 2L = e = (2mE )1 2 n h2 h2 E= = ( ) Segue che cioè 2m 2 2m 4 L2 n 2 n2h2 E= con n=1, 2, … 8mL2 La particella nella scatola Considerazioni 1. Tutte le funzioni d’onda a parte quella con n=1, possiedono dei nodi, ossia dei punti in cui la  passa per lo zero; il numero di nodi è n-1. In generale, la  corrispondente allo stato energetico più basso non possiede nodi. 2. Poiché in questo sistema n non può essere uguale a zero, l’energia minima 2 della particella non è zero, ma E = h 2 8mL Questa energia si chiama energia di punto zero. L’origine quantistica risiede nella necessità di  di Livelli energetici consentiti e essere curva, per passare da x=0 a x=L in modo relative funzioni d’onda. continuo. La curvatura è segno della presenza di energia cinetica. La particella nella scatola Considerazioni La quantizzazione dell’energia traslazionale è importante per masse molto piccole e regioni di confinamento molto piccole. Ad esempio atomi e molecole in recipienti di laboratorio possono essere considerati come sistemi con energia traslazionale non quantizzata, poiché L è molto grande. La differenza di energia tra livelli adiacenti infatti è h2 h2 h2 E = En +1 − En = (n + 1) −n = (2n + 1) 2 2 2 2 8mL 8mL 8mL2 cioè tende a zero quando L ed m tendono all’infinito. La particella nella scatola Considerazioni 2  nx   2( x ) = sin 2   L  L  Secondo l’interpretazione di Born, questa è la densità di probabilità di trovare la particella entro i confini di L: all’aumentare di n la distribuzione diventa più uniforme. Al crescere di n, si arriva al risultato classico: una particella che oscilla tra due pareti Densità di probabilità. passa lo stesso tempo in ogni punto. Rosso: n=1; blu: n=50 Questo è un esempio del principio di corrispondenza: la meccanica quantistica si riduce ai risultati della meccanica classica quando le grandezze in gioco (numeri quantici, masse, periodi, etc.) sono “grandi”. La meccanica quantistica descrive allora il mondo del “molto piccolo”. L’effetto tunnel Se abbiamo una particella nella scatola i cui confini sono caratterizzati da un potenziale non infinito, i risultati della meccanica quantistica dicono che in determinate condizioni la particella può sfuggire dalla scatola: è l’effetto tunnel. La funzione d’onda cioè non decade bruscamente a zero, ma segue un andamento di questo tipo. Se: a) la barriera “non è troppo alta”; b) la barriera “non è troppo spessa”; c) la massa della particella “non è troppo grande”, esiste una probabilità non nulla che  assuma un valore diverso da zero anche al di fuori dei confini della scatola. L’effetto tunnel La soluzione dell’equazione di Schroedinger fornisce una probabilità di trasmissione della particella (T). ( ) −1  T = 1 + e −ekW − kW 2  k= 2m(V − E ) 1 2 −1  16 (1 −  ) con    e W lo spessore della barriera. Effetto tunnel e barriera di attivazione E’ chiaro quindi che l’effetto tunnel è rilevante per particelle di massa piccola come gli elettroni, meno per i protoni e trascurabile per le particelle più pesanti. Le reazioni di trasferimento protonico raggiungono molto rapidamente l’equilibrio poiché i protoni possono attraversare la barriera di attivazione per effetto tunnel pur senza essere dotati dell’energia sufficiente per superarla. A temperatura molto bassa questo effetto può essere dominante. Lo si può verificare vedendo che un grafico di Arrhenius a bassa temperatura si discosta da una linea retta. Il principio di indeterminazione di Heisenberg (1927) Una delle versioni del principio di indeterminazione afferma che : Non si possono conoscere contemporaneamente sia il momento sia la posizione di una particella. O in altre parole: nota la posizione della particella, non si può conoscere contemporaneamente anche il suo momento. Se la particella è in una certa posizione,  dovrà essere diversa da zero solo in quel punto. Questo effetto può essere prodotto tramite una sovrapposizione di funzioni d’onda con λ diverse, che crea una  molto localizzata. Ma poiché ogni  è associata a un momento diverso (relazione di de Broglie), la localizzazione della particella produce una perdita di informazione sul momento. 1 px   2 La particella nella scatola (moto traslazionale, due dimensioni) Immaginiamo una scatola rettangolare Lx x Ly. ħ2 𝜕2 Ψ ħ2 𝜕2 Ψ − 2 − 2 =EΨ 2𝑚 𝜕𝑥 2𝑚 𝜕𝑦 La particella nella scatola (moto traslazionale, due dimensioni) La funzione d’onda varia a seconda delle dimensioni della scatola e può essere espressa come il prodotto delle funzioni d’onda nelle due direzioni: 12  nxx  2   n yx  12  2  ( x , y ) = X (x )Y ( y ) =   sin   sin    L    Lx   Lx  Ly   y  2 2 nx2 h 2 n y h  nx2 n y2  h 2 con energia: Ex ,y = Ex + E y = + = 2 + 2  8mLx 8mLy  Lx Ly  8m 2 2 La particella nella scatola (moto traslazionale, due dimensioni) Funzioni d’onda per una particella confinata in una regione rettangolare. Ognuno dei due numeri quantici assume valori indipendenti. Se invece la regione è quadrata, cioè Lx=Ly=L, allora ( ) 2 h Ex ,y = nx2 + n y2 8mL2 La particella nella scatola (moto traslazionale, due dimensioni) = (n + n ) 2 2 h2 Ex ,y x y 8mL2 In questo caso funzioni d’onda diverse possono corrispondere alla stessa energia. 2  x   2y   ( x , y ) = sin  sin  per nx=1 e ny=2 L L  L  2  2x   y   ( x , y ) = sin  sin  per nx=2 e ny=1 L  L   L Funzioni di questo tipo si dicono degeneri. La degenerazione è sempre legata alla simmetria. La rotazione in due dimensioni I: momento d’inerzia; Moto lineare Moto rotazionale : velocità angolare J è un vettore: nella p = mv J = I rotazione in due dimensioni (x,y), J ha direzione coincidente Momento o quantità di moto Momento angolare con l’asse z e verso dipendente dal verso di rotazione della particella. J z = pr secondo la meccanica classica La rotazione in due dimensioni Moto rotazionale in due Moto lineare Moto rotazionale dimensioni 2 2 1 2 p J 2 Jz E= mv = E= E= 2 2m 2I 2I Energia cinetica Se λ potesse assumere qualunque valore, la funzione non sarebbe hr Usando la relazione J z = pr = univoca.  di De Broglie La funzione d’onda in =2 e in =0 deve assumere lo stesso valore, altrimenti la funzione non sarebbe univoca: condizione al contorno ciclica. La rotazione in due dimensioni La particella è libera di muoversi lungo la circonferenza, quindi poniamo V=0. 2r La condizione al contorno ciclica impone che = n dove il numeratore è la circonferenza dell’anello. Quindi hrml hr J z = pr = = = ml  con ml=0, 1,  2, …  2r Il numero quantico ml può avere valori positivi o negativi a seconda del segno di Jz, cioè a seconda del senso di rotazione della particella. Si trova quindi che anche il momento angolare è quantizzato. La rotazione in due dimensioni 2 Jzml2  2 E= = con ml=0, 1,  2, … 2I 2I 1. La degenerazione (stesso valore dell’energia per ml e –ml) deriva dal fatto che la stessa energia è associata alla rotazione in senso orario e in senso antiorario. Cioè l’energia è indipendente dalla direzione del moto. Solo lo stato con ml = 0 non è degenere. 2. La particella non ha energia di punto zero: se ml=0, E=0. Livelli energetici di una particella che si muove di moto circolare in due dimensioni. Giallo: livelli permessi dalla meccanica classica. La rotazione in tre dimensioni E’ il moto degli elettroni intorno al nucleo. La posizione della particella è determinata da  e , quindi la funzione d’onda sarà funzione di questi due angoli. Per la separazione delle variabili sarà il prodotto di due funzioni, analoghe a quella già trovata per il moto in due dimensioni. Due sono le condizioni al contorno cicliche:  = 2r sia per la rotazione intorno all’equatore sia intorno ai poli. Inoltre la nparticella è libera di muoversi sulla sfera: poniamo V=0. La rotazione in tre dimensioni Da queste condizioni discendono due numeri quantici: il numero quantico orbitale (𝑙) e il numero quantico magnetico (𝑚𝑙). Si conclude che: 𝑙 = 0, 1, 2, … 𝑚𝑙 = 0, 1, 2, 𝑙 2 E = l (l + 1) 2I J2 Poiché E= discende che 2I J = l (l + 1)  12 L’energia dipende da 𝑙: 𝑙 determina il modulo del momento angolare. La rotazione in tre dimensioni Il modulo del momento angolare è indicato dalla lunghezza della freccia; 𝑚𝑙 è la sua proiezione sull’asse 𝑧. Nulla si può dire sulle componenti 𝑥 e 𝑦 del momento angolare; per questo il vettore che rappresenta il momento angolare giace su un cono con una certa componente lungo 𝑧 (che è legata a 𝑚𝑙). Il moto vibrazionale Moto armonico in una dimensione Un oscillatore armonico è una particella che vibra trattenuta da una molla. F = −kx Forza di richiamo di una molla secondo la legge di Hooke; 𝑘 è la costante di forza. L’espressione contiene il segno meno perché uno spostamento verso destra corrisponde a una forza di richiamo verso sinistra. La forza è la pendenza negativa (la derivata prima cambiata di segno) dell’energia potenziale. x x V ( x ) − V (0 ) = −  F ( x )dx = −  − kxdx = kx 1 2 0 0 2 Energia potenziale di un oscillatore armonico. Il moto vibrazionale Moto armonico in una dimensione  2  2 1 2 − + kx  = E 2m x 2 2 Equazione di Schroedinger per l’oscillatore armonico; il potenziale della molla non è costante lungo 𝑥, quindi deve essere incluso nell’equazione di Schroedinger. Condizioni al contorno: la funzione d’onda deve andare a zero per 𝑥 molto grandi, perché V(x) tende a infinito per 𝑥 che tende a infinito. Quindi:  (  ) = 0 Quindi anche il moto vibrazionale è quantizzato. Il moto vibrazionale Moto armonico in una dimensione  1 E v =  v +  h con v=0, 1, 2, … numero quantico  2 vibrazionale 12 1 k =   Frequenza di oscillazione di un oscillatore armonico 2 m Sequenza dei livelli energetici di un oscillatore armonico. Maggiore è 𝑘 e minore è la massa dell’oscillatore, maggiore è la spaziatura tra livelli adiacenti. Giallo: livelli permessi dalla meccanica classica. Il moto vibrazionale Moto armonico in una dimensione a) funzioni d’onda; b) densità di probabilità 1. La funzione d’onda corrispondente a 𝑣 = 0 è una funzione gaussiana (e-x2), priva di nodi. E’ molto probabile trovare la particella a 𝑥 = 0, cioè nel punto di scostamento zero. 2. La funzione d’onda con 𝑣 = 1 ha un nodo. E’ quindi probabile che la particella abbia la molla allungata o compressa. E’ «più curva» perché ha un’energia maggiore. 1 3. Esiste un’energia di punto zero: Ev = 2 h Quest’energia non può essere rimossa. 4. Tutte le funzioni d’onda si estendono oltre i confini del moto di un oscillatore della meccanica classica: esiste un effetto tunnel. Il moto vibrazionale Moto armonico in una dimensione Densità di probabilità per una funzione d’onda con v=25. Più grande è il numero quantico vibrazionale, più grande è la probabilità di trovare la particella a valori di 𝑥 alti. Questo risultato somiglia a quanto si osserva in un pendolo, che si muove più lentamente alla fine dell’oscillazione. Questo è un altro esempio del principio di corrispondenza: quando il numero quantico è grande, il comportamento è quello descritto dalla meccanica classica. Gli atomi idrogenoidi Sono atomi idrogenoidi tutti quelli che hanno un solo elettrone intorno al nucleo, come l’idrogeno: He+, Li2+, C5+,… U91+. Per loro (e solo per loro) si può risolvere esattamente l’equazione di Schroedinger. Il moto dell’elettrone è quello su una sfera, con tre condizioni al contorno: 1. e 2. Le condizioni al contorno cicliche già viste. 3. La funzione d’onda deve assumere valore zero a distanza infinita dal nucleo. Inoltre, dato che nel nucleo è presente la carica positiva 𝑧𝑒, l’elettrone è sottoposto a un’energia potenziale pari a ze 2 V (r ) = − 1 4 0 r con 𝜀0 la permittività del vuoto e 𝑧 la carica del nucleo. Il segno meno indica che l’elettrone sente un’attrazione verso il nucleo. Un po’ di ripasso… q q1q2 E= F= 4 0 r 2 4 0 r 2 Campo elettrico Forza elettrostatica q q1q2 V= En = 4 0 r 4 0 r Potenziale elettrico Energia elettrostatica Gli atomi idrogenoidi Dall’esistenza di tre condizioni al contorno ci aspettiamo tre numeri quantici. La soluzione dell’equazione di Schroedinger fornisce: Z2 e 4 me mN E = −A 2 A= = n 32 2 02  2 me + mN Massa ridotta 𝑍: carica del nucleo 𝑛: numero quantico principale Gli atomi idrogenoidi: l’energia Z2 E = −A 2 n L’energia dipende solo dal numero quantico principale. I livelli sono molto distanziati per bassi valori di 𝑛 e si avvicinano quando 𝑛 cresce. Cioè serve molta energia per strappare l’elettrone quando questo si trova vicino al nucleo, meno quando questo è lontano. Quando l’elettrone è vicino al nucleo, è come se fosse in una scatola stretta. L’energia porta il segno meno: l’elettrone nell’atomo Livelli energetici ha un’energia inferiore rispetto a quando è libero. dell’atomo di idrogeno. Gli atomi idrogenoidi: l’energia Z2 E = −A 2 n L’energia è pari a zero per 𝑛 infinito, cioè a distanza infinita dal nucleo. Nello stato energetico più basso (𝑛=1) E = − AZ 2 Z2 Nel primo stato eccitato (𝑛=2) E = −A 4 Allora possiamo calcolare la differenza di energia tra due livelli contigui nell’atomo di idrogeno:  1   1   1 1  E =  − A 2  −  − A 2  = A 2 − 2   n2   n1   n1 n2  Gli atomi idrogenoidi Lo spettro dell’atomo di idrogeno Possiamo allora prevedere che l’elettrone nell’atomo di idrogeno se passa dal livello con 𝑛 = 2 al livello con 𝑛 = 1, emetta un’energia di grandezza: 1 1  3 E = A −  = A che viene portata via da un fotone di energia E = h 1 4  4 Questo è stato sperimentalmente verificato! Se si fa attraversare un gas da una scarica elettrica, si produce uno spettro di emissione discontinuo, che si può interpretare come dovuto all’emissione di radiazione degli elettroni che dopo l’eccitazione tornano nel loro stato fondamentale. Lo spettro dell’atomo di idrogeno è fatto da righe che compaiono in corrispondenza delle energie previste dall’equazione di Schroedinger. Le righe sono raggruppate in serie che prendono il nome dal loro scopritore. Il valore teorico di A è molto vicino alla costante di Rydberg RH=109677 cm-1 osservata sperimentalmente. Gli atomi idrogenoidi Gli orbitali atomici La funzione d’onda di un elettrone dentro un atomo si chiama orbitale e rappresenta la regione in cui è massima la probabilità di trovare l’elettrone stesso. Dalle tre condizioni al contorno ci aspettiamo tre numeri quantici. Negli atomi idrogenoidi (e solo negli atomi idrogenoidi) l’energia è determinata solo da 𝑛, quindi esistono diversi orbitali degeneri per ogni valore di 𝑛. Gli atomi idrogenoidi Gusci e sottogusci Orbitali degeneri appartengono allo stesso guscio atomico. n 1 2 3 4 Nome del guscio K L M N Orbitali con lo stesso valore di 𝑛 ma diversi valori di 𝑙 appartengono a sottogusci differenti. l 0 1 2 3 Nome del sottoguscio s p d f Gli atomi idrogenoidi Gusci e sottogusci Per ogni guscio esistono 𝑛 sottogusci. Per ogni sottoguscio esistono (2𝑙 + 1) orbitali degeneri. Il sottoguscio viene indicato con un numero, che è pari al valore di 𝑛, e da una lettera, che corrisponde al valore di 𝑙 secondo la tabella precedente. Orbitale con 𝒍 = 𝟎: orbitale 𝒔 Orbitale con 𝒍 = 𝟏: orbitale 𝒑 Orbitale con 𝒍 = 𝟐: orbitale 𝒅 Orbitale con 𝒍 = 𝟑: orbitale 𝒇 Gli atomi idrogenoidi Forma degli orbitali La funzione d’onda assume forme diverse nello spazio a seconda del valore di 𝑙. Orbitale 𝒔 (𝒍 = 𝟎) Ha simmetria sferica e dipende solo dal raggio (distanza dal nucleo). Orbitali 𝒑 (𝒍 = 𝟏, 𝒎𝒍 = − 𝟏, 𝟎, +𝟏) Hanno forma bilobata e un piano nodale attraverso il nucleo (lì la probabilità di trovare l’elettrone è nulla). Tutti gli orbitali, ad esclusione degli 𝑠, hanno un piano nodale attraverso il nucleo. Gli atomi idrogenoidi Forma degli orbitali Orbitali 𝒅 (𝒍 = 𝟐, 𝒎𝒍 = − 𝟐, −𝟏, 𝟎, +𝟏, +𝟐) Ogni sottoguscio 𝑑 ha cinque orbitali degeneri. In questo caso ogni orbitale ha due piani nodali che si intersecano sul nucleo. Gli atomi multielettronici L’approssimazione orbitalica Non è possibile risolvere esattamente l’equazione di Schroedinger neanche per il più semplice degli atomi multielettronici, cioè l’elio, perché tutti gli elettroni interagiscono tra loro. Ci si avvale allora dell’approssimazione orbitalica: si assume che ogni elettrone occupi il “proprio” orbitale, ossia non «veda» gli altri elettroni. La funzione d’onda complessiva di particelle non interagenti è il prodotto delle funzioni d’onda delle singole particelle.  (1,2 ,...) =  (1) (2 )... I singoli orbitali sono simili a quelli degli atomi idrogenoidi, ma con una carica nucleare che deve tenere conto della presenza di tutti gli elettroni. In questo modo si può scrivere la struttura elettronica di un atomo tramite la sua configurazione elettronica, cioè una descrizione dei suoi stati occupati. Gli atomi multielettronici Lo spin elettronico Quando si parla di atomi multielettronici, bisogna considerare anche lo spin elettronico, ossia il suo momento angolare intrinseco. E’ una caratteristica ineliminabile di qualunque particella (come la massa e la carica), e per elettroni, protoni e neutroni è descritto dal numero quantico di spin (𝒔), pari a 1/2. Non ha una grandezza corrispondente nella meccanica classica. L’orientazione dello spin rispetto a un campo magnetico esterno si esprime tramite il numero quantico magnetico di spin (𝒎𝒔), che può assumere valore +1/2 o -1/2. Gli atomi multielettronici Lo spin elettronico Le particelle di cui è costituita la materia (elettroni, protoni, neutroni) hanno spin semi- intero, mentre quelle che trasmettono le forze che le tengono insieme (forza nucleare forte, forza nucleare debole, forza elettromagnetica, forza gravitazionale) hanno spin intero. I fotoni ad esempio hanno spin pari a 1. Le prime si chiamano fermioni, le seconde bosoni. La materia è fatta da fermioni che interagiscono attraverso lo scambio di bosoni. Tutti i fermioni possiedono una massa e sottostanno al principio di esclusione di Pauli. Gli atomi multielettronici Il principio di esclusione di Pauli (1924) Qualsiasi orbitale non può essere occupato da più di due elettroni, e se è occupato da due elettroni, i suoi spin devono essere accoppiati, ossia devono avere momento angolare di spin netto pari a zero. O in altre parole: In un atomo non possono esistere due elettroni caratterizzati dagli stessi quattro numeri quantici (𝒏, 𝒍, 𝒎𝒍 e 𝒎𝒔). Prendiamo come esempio l’atomo di Li, in cui devono essere sistemati 3 elettroni. I primi due vanno nel guscio K (orbitale 1𝑠), che così si satura. L’altro dove si sistema? Su 2s o 2p? Gli atomi multielettronici Schermatura La carica nucleare sperimentata dagli elettroni negli atomi multielettronici dipende non solo dal numero di protoni nel nucleo, ma anche dal numero di elettroni. Negli atomi multielettronici gli orbitali 𝑠 e 𝑝 appartenenti allo stesso guscio non sono degeneri come negli atomi idrogenoidi perché sperimentano una diversa carica nucleare efficace, dovuta alla presenza di tutti gli elettroni. La carica degli elettroni sentita da un elettrone a distanza 𝑟 dal nucleo si può immaginare come una carica puntiforme posizionata sul nucleo e pari al numero di elettroni presenti entro il raggio 𝑟. Un orbitale che penetra più profondamente verso il nucleo sperimenta quindi una carica nucleare efficace superiore a quella sperimentata da un orbitale più esterno. Dato che gli orbitali 𝑝 sono mediamente più distanti dal nucleo degli orbitali 𝑠, questi ultimi hanno un’energia minore e vengono riempiti prima. Il principio di Aufbau In generale l’energia degli orbitali segue questo ordine: s

Use Quizgecko on...
Browser
Browser